Opinione scritta da Cambè

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Cambè Opinione inserita da Cambè    21 Luglio, 2018
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poco feroce, tanto già visto qua e là

Premetto che sono arrivata quasi a 100 pagine del libro e questo con una certa fatica, ma mi riservo di terminarlo presto. Questa è una mia considerazione parziale dunque. Molto consigliato da amici che mi hanno convinta a leggerlo. Sia chiaro parliamo di uno scrittore di einaudi, direttore di minimum fax e capo della fiera del libro, insomma uno che conta. Ma queste 100 pagine che spesso si avvitano su se stesse mi hanno ricordato spesso cose già lette e già viste, sopra tutte Twin Peaks. Non entro in merito alla lingua, anche se ci sarebbe da dirne. Non si è mai sentito se non in un ambulatorio di chirurgia estetica che la pelle "si rilascia"... e via così, cose talmente forzate da privare la storia, proprio a causa di una lingua forzatamente "colta" di quell'empatia che si chiederebbe a un romanzo che parla di una saga familiare. In tutta onestà dopo 100 pagine di Vittorio, Annamaria, Michele, Gioia, Clara... a uno non gliene può interessare di meno, spera che muoiano tra atroci torture... Meglio i teleromanzi di Canale 5 perchè li ricorda molto, solo che qui c'è la spocchia dell'intellettuale che irrita ogni pagina e mezzo, forse anche a ogni pagina. E le descrizioni notturne? Insopportabili, nemmeno fossimo in un film americano ma pensando di essere pasolini. Sigh

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Cambè Opinione inserita da Cambè    29 Ottobre, 2014
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L'angelo della fame veglia su tutti noi

Premetto che questo è il primo libro di Herta Muller che leggo. Incurisita dal suo premio Nobel ho comprato il libro per il titolo che definirei senza esitazione spettacolare. Fin da subito però vedendo citato il poeta Oskar Pastior mi sono chiesta quanto realmente fosse opera esclusiva della Muller. Questo non saprei dirlo, anche se per certo il poeta nel lager ci è finito veramente e la Muller tiene a precisare nelle ultime pagine che il libro doveva essere scritto a quattro mani ma poi Pastior è morto e in genere se un autore precisa una cosa del genere vuol dire che sotto sotto probabilmente il romanzo andava anche firmato con il doppio nome... A parte ciò, nel romanzo di una potenza notevole ci troviamo di fronte a una storia di deportazione, un giovane tedesco finisce in un campo di lavoro russo e là rimane per 5 anni. Le descrizioni sono di una durezza e crudeltà uniche, crudeltà che solo chi ha vissuto il lager può replicare sulla pagina. Elementi di una bellezza ineguagliabile sono le descrizioni del cibo di fortuna e di come procurarselo, su tutti il pane distribuito a "misura" con gli scambi ossessivi tra i deportati o le piante che crescono lungo le strade e l'angelo della fame che veglia in ogni momento sul protagonista e dei suoi compagni di lavoro e la morte che si affaccia sui volti con la sua peluria bianca. E' difficile dire se sia un bel romanzo, è talmente coinvolgente anche se in alcune parti sembra non andare in nessun luogo che alla fine si cerca di perdonare la Muller per l'omissione del secondo autore. Bellissima l'immagine delle 273 patate.

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Tamburo di latta di G. Grass e a tutti i ragazzi che fanno i capricci perchè non gli piace ciò che trovano in tavola, dopo aver letto questo libro ogni cibo sarà visto come una grazia divina.
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Racconti
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    05 Agosto, 2014
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SE LE DONNE SONO QUESTE, BUGARO E FRANZOSO NON NE

Occorre premettere che questo non è un libro riuscito. Spesso è talmente finto e patetico da risultare irritante, almeno per una donna ma anche per un buon lettore. Racconti raffazzonati alla ricerca del consenso delle donne appunto... Ma che non riescono mai a sollevarsi dalla banalità, dallo scontato, da una visione televisiva e sconcertante che è la visione che questi uomini/autori hanno delle donne che incontrano e credono di Capire. Ma la comprensione è ben lontana. Almeno uno dei racconti era apparso all'interno di un'antologia intitolata "I Nuovi Sentimenti" curata dai due autori e anche là ci sarebbe da dire parecchio. Un'occasione sprecata per analizzare un mondo complesso come il nostro.

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I Nuovi Sentimenti (Curati dagli stessi autori)
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Classici
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    15 Luglio, 2014
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Scarafaggi allo Specchio

Non particolarmente curata questa edizione Newton Compton ha però il pregio di costare 99 cent e dare la possibilità ad un numero consistente di persone di conoscere la straordinaria opera di un narratore che se non fosse per l'amico Max Brod avrebbe destinato all'oblio veri e inestimabili capolavori.
La potenza e l'eterna modernità della "Metamorfosi", edita per prima volta nel 1915, sta oltre che nella narrazione e ambientazione surreale, nei temi che pone in campo: prima tra tutte l'alienazione dell'individuo e il ruolo che esso ricopre nella società, poi l'insetto come metafora del diverso e l'emarginazione a cui la società lo condanna, l'angoscia presente in molti altri testi di Kafka e da non sottovalutare il rapporto tra genitori e figli e nello specifico una proiezione di Kafka del suo rapporto conflittuale con la famiglia da cui è, da una parte dipendente, dall'altra vittima di una grettezza che soffoca le aspirazioni artistiche perennemente vacillanti. Kafka esteriorizza nel racconto la sua dimensione di artista: è lo scarafaggio che sta dietro alla porta, compatito poi disprezzato e odiato dai suoi cari, il parassita che si ciba con il vil sudore dei familiari, che rischia di farli emarginare a loro volta. Kafka sembra dirci: la scrittura non da da mangiare, l'arte serve solo a passare momenti ludico-ricreativi e borghesi ma non è utile alla vita. Un testo universale che dovrebbero leggere tutti.

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J. Kafka, Ovidio (ovviamente), "Colpo d'oppio" Ugo Sette, "Il pasto nudo" W. Burroughs, "I Giganti della Montagna" L. Pirandello, "Lo straniero" A. Camus,"la schiuma dei giorni" Boris Vian, la letteratura surrealista (alcune cose), fantascienza (alcuni filoni)
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    13 Giugno, 2014
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Il nostro Orrore quotidiano

Recente e inaspettato regalo giunto in casa, ho letto "Lunar Park" di B.E.Ellis senza troppa convinzione. Confesso che mi ero allontanata da Ellis dopo la lettura di "Glamorama" che ho trovato senza esitazione stucchevole, privo di guizzo vitale, sebbene con qualche trovata esilarante, segno del declino di uno degli autori che più avevo apprezzato durante la gioventù.
E allo stesso modo confesso di essermi ricreduta e che "Lunar Park" è stata per me una piacevole scoperta.
Ritrovare Ellis vivo, un Ellis dalla penna nuovamente pulsante, che cambia registro e che tesse un romanzo che gioca con la verità e con la finzione, si rende personaggio lui stesso per un autobiografismo in cui la caricatura di Bret Easton Ellis scrittore (il "clown" dell'incipit) si muove ancora tra college (questa volta è un insegnante di scrittura), sesso (una ipotetica relazione con una sua studentessa), una moglie attrice famosa e due figli "acquisiti" che non gli rivolgono la parola, i personaggi e le ambientazioni dei suoi precedenti romanzi che tornano a fargli visita, e i luoghi e le persone reali della sua vita (il padre così incombente nella vita di Ellis, ecc.), si intrecciano senza soluzione di continuità, caricando il tutto di plus valenze meta narrative, di drammaticità e di un'autoironia che mai gli era appartenuta. La dimensione domestica della famiglia approcciata attraverso una storia dalla potente svolta "horror" (per semplicità, alla King) decisamente azzeccata, l'orrore quotidiano servito tra colazioni familiari, festini e cene, paure, paranoie, passato e presente, condito di mostri reali o immaginari. Alcune immagini sono talmente coinvolgenti da essere riuscite a farmi provare i brividi. Un romanzo estremamente riuscito con un finale fortemente evocativo.

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Ellis, King
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Narrativa per ragazzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    13 Giugno, 2014
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I libri della giungla e della vita

"Il libro della Giungla" o forse sarebbe meglio dire "I libri della Giungla" in quanto in origine sono stati pubblicati più libri, è una raccolta di storie apparse su vari giornali alla fine intorno al 1893/94 dello scrittore indo- inglese Rudyard Kypling.
Ricorre spesso il personaggio del cucciolo d' uomo, Mowgli, detto il ranocchio, dalla sua nascita e adozione da parte di un branco di lupi fino alla maturità. La riduzione del cartone di Dysney e del film di Sommers del 1994 è decisamente parziale occupandosi esclusivamente della vicenda di Mowgli.
Tra i racconti infatti oltre alla vicenda di Mowgli spiccano infatti Rikki-tikki-tavi la mangusta (tra i racconti in assoluto più belli), Toomai degli elefanti piccola guida di elefanti, la foca bianca, Quiquern autentico capolavoro e se non l'avete letto lo consiglio davvero.
Ritornando al personaggio di maggior successo, Mowgli, e alla sua vicenda umana insieme ai suoi fratelli Lupi, assistiamo ad una vera e propria educazione alle "Leggi della Giungla" e "della Vita" assistita dagli animali e dalla giungla stessa. In effetti proprio per questo aspetto "pedagogico" Baden-Powell fondatore dello Scoutismo fece richiesta diretta a Kipling di utilizzare nomi e libro come modello per i suoi "Lupetti" e l'autore acconsentì. Inevitabilmente questa decisione ha legato e relegato il libro all'adolescenza, ma "Il libro della Giungla" oltre che per il suo valore tematico ed educativo, ha un grande valore letterario e nulla ha da invidiare ai capolavori della letteratura universale tant'è che R. Kipling ricevette successivamente per questo libro il Premio Nobel.
I personaggi che contornano la storia sono conosciuti da tutti: Akela il lupo capo del branco, Bagheera la pantera nera, Baloo l'orso, Kaa il pitone, Bandar-log la tribù di scimmie, Shere Khan la terribile tigre del Bengala cha ha un conto in sospeso con Mowgli che li porterà ad un terribile scontro.
Nessuno dei personaggi è Buono, nessuno è Cattivo. Esistono le leggi della Giungla, il rispetto, l'amicizia la "fratellanza", ed emergono da una parte attraverso la narrazione che si fa decisamente appassionante e sfido chiunque a dire non gli interessa cosa accadrà a Mowgli e agli altri personaggi dei racconti. Dall'altra grazie a massime derivate probabilmente da Kipling dalla conoscenza della cultura indiana; leggerete i vari animali che incarnano ciascuno una dote e un carattere "umano" ripetere spesso al cucciolo d'uomo: «la forza del lupo è nel branco, la forza del branco è nel lupo», «un cuore leale e una lingua cortese ti porteranno lontano nella giungla», «siamo dello stesso sangue, fratellino, tu ed io», «la legge della giungla è vecchia e vera come il cielo e chi la rispetta vivrà lieto e prospero». I racconti sono intervallati da canti o poesie epigrammatiche che legano le storie tra loro o anticipano i contenuti. E' bene precisare che i racconti non sono buonisti, anzi racchiudono spesso una massiccia dose di drammaticità, lo stesso rapporto di Mowgli con gli uomini o le vicende del branco di lupi ne sono esempio, o negli altri racconti come Quiquern e la foca bianca, e in alcuni punti i personaggi si trovano a confronto diretto con la Morte e proprio come accade nella Vita, non arriva delicata ed edulcorata, ma esplode come uno schiaffo potente che ti lascia stordita. Grande narrazione per tutti, non solo per i ragazzi.

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Poesia straniera
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    23 Aprile, 2014
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Maledetto e ilare, appeso ad una forca

Faccio premessa. Francois Villon è uno dei più controversi e sconosciuti autori della letteratura e poesia universale. Leggerlo in lingua originale è pressochè impossibile senza essere laureati in lingua francese e soprattutto aver compiuto degli studi sull'evoluzione della lingua francese. Dell'autore colpisce che da un certo anno in poi non si sa più nulla di lui. Ma anche per il prima è difficile capire quanto appartenga alla realtà e quanto alla leggenda. Ne fa menzione anche De Andrè che scrive l'introduzione a questo troppo piccolo libro dal titolo Poesie, edito da Feltrinelli, con testo a fronte e nota critica di Luigi de Nardis, testo che però ha il vantaggio di avere un prezzo contenutissimo e questo giova alla scoperta di un autore per chi volesse cimentarsi con la poesia di Villon.
Per chi invece volesse approfondire consiglio il Meridiano che Mondadori ha dedicato all'autore e la raccolta corposa ed economica che Bur pubblicò in Italia intitolata Lascito e Testamento, con testo a fronte.
Per chi invece volesse leggere la sua vita romanzata e inventata a volte di sana pianta, consiglio il volume, Io francois villon di t. jean edito da neri pozza.
Tornando a questo autore leggendario che cantò dei diseredati, di malavita, di sesso e turpitudine, di maledetti, ma pure di madonne che arrecano dolore e donano gioia, e beffeggiò nei suoi versi Clero e Potere, nel libro troverete la celebre ballata degli impiccati e basta questa a giustificare l'acquisto. Ad una timida riflessione nel 1400 era difficile che un poveretto potesse scrivere poemi di alto livello che andassero a scomodare e citare testi sacri, che conoscesse i testi di sommi poeti dell'epoca, ma ciò che conta è la poesia che si è conservata fino ai nostri giorni. Villon giocando a citarsi e a creare la leggenda di sè stesso tra amor cortese e scortese, cocquillard, coltelli, bastoni e vita grama ha inventato la poesia "volgare" in lingua francesce (non parlo di langue d'oc e oil già esistenti) e ci lascia la sua triste ironia in pegno, quel fardello terribile che è d'ogni uomo di fronte alla morte, un fardello troppo pesante per non lasciarsi scappare un sorriso e una pernacchia. Villon ne sarebbe felice. D'altra parte lo dice lui stesso, Villon nasconde una rima nella sua lingua.

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Poesia Francese Sacra e Profana dal IX al XV secolo, Provenzali, Ginsberg e avanguardie, ma pure Bukowski, Sette, Charms, Nove
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Racconti
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    23 Aprile, 2014
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Caro Raymond riposa in pace.

Principianti è la versione integrale dei racconti apparsi nei due primi volumi di Raymond Carver sotto l'egida "dittatoriale" del suo editor e mentore Gordon Lish. Confesso che da lettrice appassionata di Carver avevo disdegnato questo libro alla sua uscita, reputandolo una "confezione racimola soldi" da parte dell'editore intenzionato appunto a guadagnare ancora sopra ad un nome ormai logoro per quanto lo si è speso in questi anni. Ma dico subito che è valsa la pena di acquistarlo, foss'anche esclusivamente per le lettere di Carver indirizzate a Lish presenti nel volume che valgono moltissimo, anche più della premessa dei curatori. E' bello rileggere Carver in versione "lunga", anche se a volte si fatica un po' a riconoscerlo. Il Carver di noi appassionati è il Carver di Lish, secco, crudo, perfetto. Il Carver che ha riecheggiato dalla fine degli anni 80 per tutti i 90 trascinandosi fino al 2000. Qui invece troverete lo scrittore prima dell'editor (poi sia chiaro, io non so se davvero sia una mossa commerciale per vendere ancora libri di Carver e non saprei quanto scientificamente siano reali e illegittimi tagli e controtagli, anche perchè autore e editor lavorano a braccetto per la pubblicazione di un libro). Toccanti di certo i commenti di Tess Gallagher che convinse Carver a pubblicarli come voleva Lish per poi riprenderli in forma integrale in seguito. Carver purtroppo non è riuscito a farlo.Lo ha fatto l'editore per lui... In fondo al libro trovate una nota bibliografica fatta molto bene per ricostruire pubblicazioni e modifiche. Consigliato a tutti i lettori e appassionati di Carver e a chi piace ricostruire i cambiamenti in un testo.

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Carver, Ford, Yanowitz, Leavitt
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Romanzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    13 Agosto, 2013
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Cenere alla cenere

Parto con i complimenti a Todaoda. Un'analisi superba del romanzo di Roth a cui con calma e in altra occasione risponderò punto per punto. Qui mi limiterò a dire che Pastorale Americana è stato il secondo romanzo di Roth che ho letto e mi sono accostata a questo romanzo un po' scettica per chi me l'aveva consigliato (meglio dimenticarlo... non mi riferisco al romanzo). Sulle prime la storia dello svedese giovane promettente del basket collegiale mi ha lasciato piuttosto basita e fredda, ma con lo scorrere delle pagine è emersa la potenza del romanzo, della lingua di Roth, di personaggi che non stanno fermi sulla pagina e raccontano la "fine di un sogno" sia esso familiare, americano, personale... Non ho trovato noioso il procedere del romanzo, anzi, l'ho trovato maturo e complesso, a tratti fortemente psicanalitico come in altri romanzi di Roth, i personaggi delineati a tutto tondo e spesso le ambientazioni mi hanno ricordato certi luoghi dei romanzi di De Lillo (visualizzo ancora i mattoni della fabbrica e altre cose come la cassetta delle lettere dell'ufficio postale). Ho trovato geniale la descrizione della famiglia dello Svedese. Franzen sfiora appena questo livello nelle sue Correzioni. Spesso mi pareva di sentire la voce del narratore Zuckerman che ha vissuto all'ombra dell'immagine impressa nella sua memoria, l'immagine effimera e "falsa" di un'uomo che sta via via sgretolando ogni sicurezza nella sua esistenza e in tempo reale. La scena al ristorante è un capolavoro. Merry un personaggio sublime. Non lo so, così su due piedi vorrei dire di più, ma ho paura di non riuscirci. Pastorale Americana è un romanzo che è rimasto con me, mio malgrado e solo pochi romanzi hanno avuto questa forza. Lo immagino come il fuoco sulla copertina che brucia lento. Ti accorgi della fiamma e forse non riesci a trovare le parole ma di certo bruci insieme a quella carta. E'inutile cercare le cause dell'incendio, stai bruciando, è questo che conta e sarai cenere perchè questo è ciò a cui siamo destinati.

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roth, de lillo, ballard, pynchon, salinger, chomsky, vonnegut, franzen, leavitt, safran foer
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Romanzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    09 Agosto, 2013
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TRA ROTH E THOREAU DOVE SI TROVA LA LIBERTA'

Che Franzen sia un grande scrittore non v’è alcun dubbio. Che Franzen nutra una sincera ossessione per Pastorale Americana è ormai palese anche alle nonne, già le Correzioni erano un chiaro tributo, ma qui in Libertà ritroviamo ancora una volta e massicciamente i rimandi al capolavoro di Roth.
Ho finito stanotte questo volumone dopo un bel periodo di lettura.
Più volte mi sono interrogata su come approcciarmi a questo romanzo, a volte demotivata, a volte sinceramente commossa e partecipe.
La vicenda. Ci troviamo nuovamente di fronte ad una famiglia americana. Lui, Walter, porta con sé la sua storia pregressa, erede di “migrazioni” dal vecchio continente e nello specifico la Svezia e votato all’ambientalismo tra alti e bassissimi e una devozione per le specie in estinzione di uccelli. Lei, Patty, benestante di origine ebrea, sembra aver dimenticato il suo background e si è dedicata anima e corpo allo sport, il basket, ma che poi ha abbandonato. Dall’unione di queste due anime complesse e confuse (in base alla pagina) nascono Jessica e Joey, anch’essi complessi e distorti. Una famiglia liberal, progressista, democratica. Il terzo incomodo, l’amico del liceo che diventa rockstar al pari degli U2 ma che soffre assurdamente della sua fama e crea la tensione e la frattura nella coppia… La folle idea di decrescita demografica idealizzata da Walter e dalla sua assistente Lalitha in paesi occidentali dove la nascita è già pari allo zero… Una casa al lago che mi sono immaginata meravigliosa, oggetto di fughe, contese, dolore e piacere. Walden ovvero Vita nei boschi di Henry David Thoreau ad aleggiare di continuo in tutto il libro e ad esplodere nel finale.
E’ sapiente il gioco di digressioni e incastri che Franzen innesta per porci di fronte alle varie tipologie di Libertà. Questo è il titolo e sembra che l’autore tenda a chiarircelo ogni tot pagine se mai l’avessimo dimenticato. Fantastiche le sferzate contro l’amministrazione Bush, la guerra nel golfo e la politica che serpeggia in quasi ogni pagina del romanzo.
Ma spesso in queste 600 e più pagine ci si chiede dove l’autore voglia realmente condurci. Se da un lato i personaggi come Walter, Richard e Joey risultano totalmente riusciti, a tutto tondo, coinvolgenti (Jessica è evanescente, Connie poco meno), dall’altro la figura che regge l’intera storia, Patty, dona al lettore spesso e volentieri l’irritazione più sincera, con fisime che potrebbero appartenere ad un’adolescente e che il lettore tende a non perdonare perché inevitabilmente questo è un romanzo in cui si parteggia. Ma queste fisime, questo turbamento esistenziale interno a Patty che si trasferisce nel rapporto con Walter e in quello con i figli e il mondo intorno, è dovuto ad un sincero problema psicanalitico che ha per fondamento l’assenza d’amore che la protagonista ha subito nella sua famiglia d’origine, cioè i suoi genitori e soprattutto sua madre non hanno mai dimostrato amore per lei.
Franzen per tenere insieme la storia, in modo geniale, ricorre ad un espediente. Patty che durante il suo percorso vitale fa ricorso ad uno psicoterapeuta, viene invitata a tenere un diario. In questo diario ci sarà annotato non solo ciò che succede o è successo, ma pure emozioni, pensieri, proiezioni e dubbi. Questo diario scatenerà la più grande frattura all’interno della famiglia, ma non spiego come.
E questo funziona fino ad un certo punto, o meglio fino a quando si arriva al prefinale. Quando cioè ritroviamo Patty che si rimette a scrivere, dopo alcuni reali drammi e dopo sei anni…
Un amico giornalista a cui avevo parlato della mia lettura non sempre positiva di Libertà, mi aveva consigliato di leggere anche un altro libro che utilizza un metodo simile e che in qualche modo assomiglia alla narrazione di Franzen e che inserisce la politica e la società all’interno della pagina, Fratture di Massimiliano Nuzzolo, in cui la narrazione procede in profondità proprio attraverso una specie di narrazione epistolare e funziona perfettamente facendo interagire i personaggi tra loro e il mondo che li circonda e che irrompe nelle loro storie in maniera totalmente credibile. Perché lo cito? Primo perché è italiano e troppo spesso sminuiamo i nostri talenti semplicemente perché troppo votati ai libri stranieri, secondo perché in quel romanzo poi i personaggi interagiscono realmente e costruiscono una vera storia, mentre in Libertà quando si arriva all’epilogo sembra di essere di fronte ad una favoletta. Tutto va a posto magicamente e senza un perchè lasciando nel lettore parecchie perplessità. Senza mettere in dubbio la qualità di Franzen e dei suoi romanzi, che amo nel modo più totale e profondo, dopo più di seicento pagine e drammi devastanti non può esserci un happy ending risolutorio di poche pagine. Il lettore seppur commosso dalle vicende che si susseguono nelle ultime cento pagine, rimane smarrito da una simile svolta “buonista” e istantanea che viene giustificata solo dal diario di Patty: nel libro in quel punto è bene ricordarlo c’è un salto temporale di sei anni. E ci si chiede davvero, ok che abbiamo analizzato insieme ogni forma di libertà e coercizione, ok che abbiamo parlato di ambientalismo e di politica, ok che abbiamo analizzato per filo e per segno le vicende delle famiglie originarie di Walter e Patty, che abbiamo condiviso le avventure e disavventure di ogni singolo personaggio Berglund (Joey è sicuramente il personaggio più interessante all’interno dell’intero romanzo, quello capace di incarnare il sogno americano al 100%, quello che sa gestire meglio la Libertà che fregia la bandiera degli Stati Uniti), ma da Franzen mi sarei aspettata qualcosa in più dopo 600 pagine… Resta indiscutibilmente una bella lettura, sia chiaro. Esilarante la vicenda del gattino Bobby…

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Roth, Franzen, Nuzzolo, Americana di De Lillo, Tom Robbins
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    30 Luglio, 2013
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Un thriller adatto a tutti

Può uno scrittore per ragazzi scrivere un thriller coinvolgente e adatto a tutti? La risposta si trova nell'enorme successo che ha avuto questo romanzo. Sia chiaro che la lingua non affonda mai in modo incisivo nel lettore e si ha spesso l'impressione che il narratore sia abituato a portare per mano il lettore come si farebbe in un libro per ragazzi, ma l'ambientazione, il periodo storico, i personaggi sono stupendi, persino il finale un po' scontato risulta però piacevolissimo. Qualche pecca di credibilità si ha forse sulla vicenda della penna stilografica e sul manoscritto "perduto" ma il romanzo si legge tutto d'un fiato e sembra la sceneggiatura un film.

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Romanzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    22 Luglio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Cristiano ovvero la caduta

Grande romanzo di Ammaniti. Ti prendo e ti porto via può essere considerato la piantina su cui germoglierà il fiore di questo romanzo. Situazione generale da servizi sociali. Padre "nazista" autoritario e alcolista. Cristiano antieroe moderno in "formazione" alla ricerca della normalità ma vittima di ciò che la vita gli pone davanti. Tutto è grottesco, gli amici del padre a cui la vita sembra aver già tolto ogni cosa, il folle progetto di rapinare un bancomat, le relazioni scolastiche, la stessa casa in cui Cristiano e suo padre vivono. Ancora un amore impossibile che può trascendere le classi sociali e salvare la vita di un giovane... Bella la trasposizione cinematografica con un magistrale Timi, che riesce però solo a lambire le profondità che sono proprie di questo romanzo. L'epilogo poi è una magia di incastri con una progressiva caduta nell'orrore quotidiano, sotto la pioggia battente, in una notte buia. Ciò che ci attende toglie ogni speranza.

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Ammaniti, Nuzzolo, Vinci, Monina
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Romanzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    16 Luglio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

la sublime opera di un grande narratore

Premetto che De Lillo per me è uno dei più grandi narratori degli ultimi 40 anni. Questo libro è molto diverso dalla produzione precedente. Sicuramente una lettura impegnativa, da una parte per la quantità di pagine, dall'altra per il cerebrale procedere delle pagine, ma mi permetto di dire che rasenta il capolavoro assoluto. Sublime la descrizione nelle prime 100 pagine del volo della palla da baseball e il susseguirsi di immagini di una potenza ineguagliabile: già solo per questo il romanzo meriterebbe onori e gloria. Geniale la vicenda della palla che passa di mano in mano. Geniale il lavoro del protagonista che attraverso ciò che sta nel "sottosuolo" e la "spazzatura" fa un'analisi dettagliata e crudele della società americana e occidentale.

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Pynchon, Ballard, Robbins, D.F. Wallace, Roth, Leyner, Tolstoj
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Romanzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    08 Luglio, 2013
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Una storia italiana

Uno dei migliori romanzi di Niccolò Ammaniti. Scritto con una lingua semplice e allo stesso tempo preziosa che mi ha ricordato il romanzo di un altro autore italiano,Massimiliano Nuzzolo e il suo L'ultimo disco dei Cure, non per la trama ma per il modo di delineare i personaggi e per il nome del protagonista. Pietro un ragazzetto alle prese con una famiglia sgangherata e la sua storia immersa nella provincia italica ricca di bizzarri personaggi a dir poco. Impossibile non affezionarsi e non soffrire per le sue vicende. Per chi lo ha già letto cito la "testa di gorilla"... Un ragazzetto alle prese con un amore impossibile eppure così vicino per tutto il tempo, un amore che resta indelebile malgrado tutto. Difficile non pensare a Justine di De Sade per come le vicende si sviluppano. Divertente il personaggio di Graziano, sembra di vederlo tronfio di ormoni e ormai sul viale del tramonto. Quanti ne abbiamo conosciuti noi donne? Basta uscire una sera e ritrovarseli addosso come mosconi, tali e quali a Graziano. E Flora, la prof? Chi non ha mai avuto una professoressa così? Pagina dopo pagina si compone e si intreccia una storia amara e verosimile come poi spesso Ammaniti ci ha presentato, se avete letto Come Dio comanda sapete di che parlo, sembra di conoscerli sul serio i personaggi. E ciò che resta dopo quel bagno nel canneto e la lettura della lettera più strappacuore al mondo è una sensazione di dolore e tenerezza per quanto la vita possa essere assurda e ingiusta proprio con chi non se lo merita ma diventa agnello sacrificale dei peccati di tutti.

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Ammaniti, Nuzzolo, Mancassola, Vinci
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Fantascienza
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    25 Giugno, 2013
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Quando l'informazione sostituisce il pensiero

Inizio con una rettifica. 1984 è l'avveniristico romanzo di George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (Motihari, 25 giugno 1903 – Londra, 21 gennaio 1950), giornalista, saggista, scrittore e attivista britannico. Si tratta quindi di Letteratura Britannica e non statunitense.
Di questo romanzo si è detto molto e mai romanzo è stato più profetico. La dimostrazione sta nei fatti che abbiamo davanti agli occhi quotidianamente e che pure Orson Welles rappresentò in Citizen Kane personalizzandolo. Sostanzialmente un romanzo che fa capire all'uomo i rischi che corre, quando l'informazione e l'immagine diventano tutto. Il romanzo, come gli altri di Orwell è estremamente piacevole da leggere ed è difficile non provare un forte senso di empatia con il protagonista che scopre poco a poco il senso della rivolta e pure le emozioni. Il finale resta qualcosa di estremamente aperto. Da leggere sicuramente.

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Racconti
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    05 Marzo, 2013
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sublime e doloroso

Premetto che il mio libro preferito di Carver è Di cosa parliamo quando parliamo d'amore, ma Cattedrale è un libro sublime che dona al lettore un perfetto equilibro tra dolore, smarrimento, pace indotta, come uno sguardo sul nulla, frammenti silenziosi, sospesi, dilatati proprio accanto al vuoto, angoli di vite spesso anonime che la foto di copertina dell'edizione Mondadori ben ritraeva: un quadro di Ralph Goings. Realismo estremo? Minimalismo? Maniera? Ciò che importa è cio che rimane dopo averlo letto, qualcosa che permane anche con il passare del tempo, quando la memoria tenta di colmare i silenzi. I racconti Cattedrale e Una piccola cosa ma buona sono le punte di diamante della raccolta. Peccato che in Italia non esista traccia di letteratura simile, eccettuati i tentativi alterni di Giulio Mozzi, emulo di prestigio del buon Carver, i cui racconti però non raggiungono l'intensità del minimalista americano, troppo intrisi come sono di un cattolicesimo in cui la maniera si fa più accentuata e probabilmente perchè la lingua anglosassone per il suo dono di sintesi pare essere la naturale madre e balia del minimalismo.

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Richard Ford, Tama Janowitz, Giulio Mozzi
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Romanzi
 
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Cambè Opinione inserita da Cambè    05 Marzo, 2013
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Tyler, Tyler...

Non ho mai amato David Fincher ma confesso che è riuscito a trarre un bel film dal romanzo di Chuck Palahniuk. Il romanzo è stupendo. Ironico, pungente, doloroso, liberatorio. Le regole, lo sdoppiamento, il sapone... Il sonno, la veglia. Il combattimento. Un ritorno ad un "primitivismo" dell'essere umano (chi ha letto alcuni libri di Ballard sa che Palahniuk ne prende a piene mani), l'autolesismo rituale (di natura non psicanalitica o depressiva) portano il lettore tra ironia e crudeltà verso una nuova consapevolezza, lo costringono a chiudere il catalogo ikea, lasciare la macchina in garage e andare in mezzo ai campi ad urlare e reclamare la propria esistenza. Tyler nuovo messia, figura ricorrente nei libri di Palahniuk, Marla psicotica e ipocondriaca, figlia della nostra società, sono personaggi crudelmente e fedelmente reali, impossibile non rimanerne affascinati e coinvolti. A mio avviso il capitolo finale (che è bene precisare non è presente nel film) è un vero capolavoro.

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ballard sopra tutti, houellebecq, carver, df wallace, king, welsh
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