Opinione scritta da Enzobis
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must
Quando si dice un "must"... Terminato Guerra e Pace ci si rende conto che è vero: andava assolutamente letto. Si, certo, sono mille pagine, e alcune di esse – quelle in cui Tolstoj disquisisce di Storia e di filosofia della Storia - sono indubbiamente assai “toste”. E' vero anche che bisogna armarsi di pazienza di fronte alle parti di conversazione in francese; e posso immaginare che qualcuno possa non gradire la pignola (ma coinvolgente!) ricostruzione e descrizione delle battaglie. Ma se tutti parlano del libro come di "un caposaldo della letteratura di tutti i tempi" la ragione c’è, anzi, ce ne sono tante. Eccone qualcuna. Innanzi tutto, la formidabile padronanza della trama, che ti “risucchia” e non ti molla più. Inoltre, in pochissime altre occasioni mi è capitato di essere così immerso in una diversa epoca ed in un lontano Paese. Ma, soprattutto, si resta ammirati davanti alla eccezionale caratterizzazione dei personaggi – dalla dolce (e irresistibile...) Natasa al tragico principe Andrej; dal confuso Pierre alla paziente Marie...e si potrebbe continuare molto a lungo. Personaggi assolutamente indimenticabili - e tra essi occorre anche inserirne alcuni storici come Napoleone o il generale Kutuzov, descritti in modo appassionato e per nulla asettico. Anche lo stile narrativo appare, quando ci si è un po' abituati, semplice, diretto, quasi colloquiale. Insomma Guerra e Pace ti resta dentro e ti lascia la soddisfazione di aver “conosciuto” un libro per molti versi unico ed uno straordinario scrittore. Da non perdere.
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un nuovo mondo
“Q” resta impresso nella memoria per diverse ragioni. La prima è che leggendolo si entra in un nuovo mondo – nuovo ed inaspettatamente intrigante. Siamo sinceri: del XVI secolo, della riforma e di Lutero, la stragrande maggioranza di noi nulla sa, oltre alle poche nozioni imparate a scuola. Per non parlare di tutti gli ulteriori mille fermenti culturali e religiosi di quel periodo, dei vari Thomas Müntzer o Jan Matthys o Jan di Leida e così via, degli Anabattisti o degli Spirituali … persone e vicende del tutto sconosciute - sino a che, appunto, non si legge “Q”. Un altro grande merito del libro è, d’altra parte, il rigore storico: se pignolescamente si consulta, volta per volta, Wikipedia, ci si accorge che, tranne poche eccezioni, i personaggi citati sono effettivamente esistiti ed hanno vissuto nei luoghi e nei modi che "Luther Blisset" descrive. Quindi “Q” è non solo un bel racconto, ma anche un gigantesco puzzle in cui le avventure del multiforme protagonista si incastrano con le vite e le vicissitudini di tantissimi personaggi reali, consentendoci di seguirne le gesta “da vicino”, e così' di comprenderli meglio. Forse il libro non è scritto in modo brillante, intendo proprio dal punto di vista lessicale; ma ciò non impedisce di consigliarlo vivamente, soprattutto (ma non solo) a chi ama i romanzi storici.
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OK
Se si guardasse soltanto alla pura trama, si tratterebbe di un libro in fondo mediocre. Non che manchino i colpi di scena e le sorprese; ma essi concorrono a creare una storia che sa, in qualche modo, di “già visto”. Ciononostante il libro piace, e questo, soprattutto, per i significati che riesce ad esprimere. Attraverso una scrittura pacata ed apparentemente distaccata, la Némirovsky ci invita a meditare sul raffronto tra la vita in gioventù e quella della vecchiaia, sul modo in cui alla vita si guarda dalle diverse età, sugli azzardi della gioventù e sulla necessità di fare i conti, da “vecchi”, con quello che si è stati da giovani, sul fatto che dietro (o dentro) ad ogni persona matura c’è stato un ragazzo… A questo si aggiunga la buona capacità dell’autrice di descrivere gli ambienti ed i personaggi, trasportando il lettore nei luoghi della narrazione ed in compagnia delle persone rappresentate. Il giudizio è, in definitiva, certamente positivo.
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yawn
Leggendo “Chiamami col tuo nome” ci si imbatte, qua e là, in qualche riflessione ed in qualche pagina tutto sommato degne di nota. Ma tutto il resto … è noia! Noia nelle prime 150 pagine, in cui si gira e rigira infinitamente intorno alle meditazioni sentimental-erotiche di un ragazzo invaghito di una persona adulta; e noia anche in seguito, quando la storia prosegue lungo una trama tutto sommato scontata, verso lo sbrigativo finale. Insomma, dov’è l’originalità del racconto? Dove il salto di qualità? Non certo nello stile narrativo, scorrevole ma rallentato da continui ed inutili “forse”, “non per questo” e punti interrogativi. Insomma, a me pare che, con tante storie d’amore che affollano secoli di letteratura, di “chiamami col tuo nome” si possa fare serenamente a meno
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