Opinione scritta da lilith shadows

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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    05 Marzo, 2013
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Intrigante esordio

Brillante esordio di Gloria Scaioli, che ci propone un’avvincente storia fantasy dai tratti classici ma con un’ambientazione che affonda radici nella storia antica, e in una mitologia greco-romana (da cui traspare il background di studi dell’autrice, qui sfruttato al meglio), più che prettamente celtica e arturiana. Decisamente apprezzabile dai lettori con basi classiche ma non solo, anzi il target d’interesse è ampio e si estende tranquillamente oltre gli amanti del fantasy classico. Infatti ogni riferimento è la base per la creazione di un mondo fantastico originale, con una sua struttura sociale ben definita, ricca di particolari e dinamiche ma facilmente comprensibile, e molto accattivante.
Uno dei pregi della costruzione narrativa sta proprio nell’immergere direttamente il lettore nel mondo delle Città Millenarie, svelandone gli antefatti e la struttura in maniera graduale nel procedere della storia, senza mai dilungarsi troppo in complesse spiegazioni, così come in ridondanti e prolisse descrizioni dell’ambiente; che avrebbero minato il ritmo d’azione e avventura che non manca all’interno romanzo, e che si mantiene invece costante dimostrandosi in grado di accaparrarsi l’attenzione del lettore fino alla fine. All’obiettivo primario e fulcro della storia: la ricerca del principe Euno da parte di fazioni opposte che si contendono le sorti delle Città Millenarie, s’intrecciano e si legano le vicende dei diversi personaggi, in maniera naturale ed efficace, contribuendo a una struttura narrativa scorrevole e piacevole. Che dà vita a storia di spessore, non banale ma intrigante. La stessa figura di mago proposta nasce da un approfondimento psicologico interessante (che personalmente ho apprezzato soprattutto nella figura della maga –mezza maga- Eco).
Un altro dei punti forti de La Radice di rubino sono i personaggi, molti tra protagonisti e secondari e tutti tratteggiati con maestria, dalle personalità forti e ben definite, che s’imprimono nel cuore del lettore, che li scopre gradualmente con il procedere della storia attraverso il loro passato, le azioni e i pensieri. In alcuni casi, infatti, bastano poche battute ben congegnate per introdurre nella particolare psicologia del personaggio (sempre abbastanza complessa da non risultare mai superficiale o standardizzata). Come nel caso del mago Sosigene, dove basta una battuta sagace nel prologo per inquadrarlo e farsene un’idea piuttosto precisa (una delle mie battute preferite). Il cacciatore di taglie Manfredi è senza dubbio uno dei protagonisti di questo primo volume della saga, uno tra quelli che si fa notare per il suo passato particolarmente misterioso e intrigante. Anche se i fratelli Metelli non son da meno (e gli amanti della psicologia non faticheranno a intuirne la particolare situazione e a restarne intrigati). Ammetto comunque di avere una particolare affezione per Palla (nonostante sospetti che nel secondo volume ci riserverà sorprese, e forse non belle).
Lo stile narrativo non è colloquiale, ma con un registro di sicuro più raffinato ed elegante che dimostra una notevole padronanza della lingua italiana in sintonia con l’atmosfera e l’ambientazione propria del romanzo. In ogni caso scorrevole e fluido. Il testo, un altro dei pregi del romanzo, è ricco di battute ironiche e sagaci che contribuiscono alla piacevolezza della lettura.

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Romanzi storici
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    05 Gennaio, 2013
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Corte Badia

Bell’affresco di un periodo storico critico per l’Italia – tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, con l’ascesa di Mussolini e il partito fascista – rappresentato dalla tipica vita nella corte, Corte Badia, dove si respira uno stile sociale comunitario che pare ormai perso nel tempo, assorbito dalle trasformazioni socio-culturali che traspaiono nitide nello scorrere della narrazione.
Maria Luisa Busti è stata capace di creare un’ambientazione vivida e ricca di sfumature (la sua conoscenza personale e l’amore per i luoghi descritti è evidente), che non solo fa da sfondo alle storie dei personaggi che in essa si muovono, ma ne è coprotagonista. Immergersi nella Milano dell’epoca e poi nella Corte è immediato. È facile Immaginarsi il calore di un vicinato vivace e attivo, che si riunisce la sera nel portico, condividendo gioia e dolore, l’incertezza e l’emozione dei cambiamenti in atto nel paese. Uno stile di vita che è mostrato nei suoi diversi aspetti, positivi e negativi, in una ricostruzione molto realistica, interessante e coinvolgente. Un’ambientazione decisamente efficace, considerando anche la brevità del romanzo. Tuttavia, però, se da una lato è di sicuro un pregio riuscire a rappresentare bene un contesto storico-sociale così ricco senza cadere in eccessive descrizioni con il rischio di annoiare il lettore, disperdendone l’attenzione, dall’altro per quanto riguarda l’avvio dell’Italia verso la Seconda Guerra Mondiale qualche accenno in più, maggiormente calato nell’evolversi della storia stessa e non soltanto per spiegarne il contesto, non avrebbe guastato.
Anche i personaggi, alcuni in maniera più forte di altri, sono tratteggiati bene e resi credibili, tutti dinamici e in continua evoluzione. Così come le loro vicende, che travalicano i confini del periodo storico per raccontare esperienze di fondo comuni a tutti, universali. Storie comuni ma non banali, che a volte riservano impreviste sorprese nell’evolversi dell’intreccio narrativo e che riescono ad assumere connotazioni moderne in cui i lettori facilmente si possono immedesimare e restarne coinvolti.
A partire da Olga e Dario, per proseguire con i loro figli, il tema preponderante è l’amore: legami interpersonali raccontati sotto diversi punti di vista e in varie situazioni. Non quei sentimenti romantici epici, vagheggiati ed estremizzati, ma piuttosto rapporti concreti, vissuti nella quotidianità e portati avanti tra sfide, nelle delusioni e nelle piccole grandi vittorie. Rapporti che cambiano, si trasformano, nascono e muoiono, talvolta rinascono, insieme ai loro attori.
Il romanzo si avvia con il matrimonio di Olga e Dario, anche se i personaggi che emergono con prepotenza tra tutti - non pochi – sono Gesuina e Magda, le figlie. Figure femminili diverse tra loro, forse agli antipodi, ed entrambe interessanti. Gesuina soprattutto ispira una simpatia immediata; il suo carattere si evince fin da bambina, a iniziare dalla rivalità con la compagna e vicina di casa, introdotta da una divertente vicenda molto esaustiva. Magda invece ha forse la storia e l’evoluzione psicologica più imprevista e originale.
Lo stile narrativo della Busti, un registro medio che si adatta e contribuisce a calare il lettore nella giusta atmosfera spazio-temporale, è in generale scorrevole e piacevole. “Corte Badia” è una lettura piacevole che si legge in un soffio, e non soltanto per la relativa brevità del romanzo.

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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    04 Gennaio, 2013
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Bellissima Favola onirica

‘L’altro colore dell’inverno’ è una favola. Una favola piena di sentimento, amore, speranza che s’intrecciano indissolubilmente a realtà dure, violente. Descritte con semplicità, naturalezza, senza fronzoli a mitigarne la crudezza.
Un racconto reale e visionario insieme, dove immaginazione e realtà non si scontrano ma s’intrecciano fino a diventare una sola dimensione indistinguibile, dai toni cupi e vividi. In un baluginare di sfumature che si susseguono in diversi tempi e luoghi, attraverso la narrazione di un’intera vita, quella di Ilana.
Con un registro colloquiale perfetto, Ilana racconta se stessa e la sua avventura, dall'abbandono del minuscolo villaggio nel cuore di una foresta innevata (dalla descrizione riconducibile alla Russia /Est Europa, una vera ambientazione da racconto dark) al viaggio d’emigrazione che la poterà in una terra nuova e immensa, completamente diversa dalla piccolissima porzione di mondo fino allora conosciuta. E mentre gli anni passano, ricchi di avventure, incontri, situazioni a volte surreali, alla sua voce si aggiungono quelle della figlia, della nipote, della bisnipote. Altre generazioni di donne che vivono cambiamenti socio-culturali diversi, che sono tanto diverse tra loro da scontrarsi l’una con l’altra; eppure tutte legate da un filo indistruttibile, quello dell’eredità del sangue e di un passato che un intero oceano di distanza non ha potuto cancellare. Di origini che affondano in una terra lontana, vaga e fumosa, che solo Ilana ha davvero conosciuta.
Nella loro caratterizzazione è facile cogliere i tratti personali e distinguibili di ciascuna, ma ne è ugualmente chiara la radice comune, trasparente anche nella loro fisicità (come i bellissimi capelli corvini).
Tra tutte è proprio Ilana che spicca, non solo perché è la voce predominante che ci guida dall'inizio della storia, ma perché è impossibile non restare affascinati da questo personaggio che non è esattamente il modello dell’eroina classica (e forse proprio per questo). Un personaggio dinamico ma al tempo stesso sempre fedele a se stesso. Con le radici ben salde in quella cultura lontana che ha voluto abbandonare raggiungendo un altro paese, ma che invece ha soltanto fatto emigrare con sé.
Il romanzo non è diviso in capitoli ma in punti di vista che si susseguono nella narrazione, alternandosi in modo efficace e mantenendo uno stile omogeneo, per mostrare di una stessa vicenda più prospettive e con l’effetto di coinvolgere sempre di più e trascinare in una lettura frenetica fino all'ultima pagina.
La Budnitz ha creato un mondo intenso, imprevedibile, che rapisce e conquista. Una storia complessa, ricca di sfumature originali e straordinarie, raccontata con una semplicità disarmante. Uno stile molto scorrevole e piacevole, grazie anche all'ottima traduzione di Martina Testa; un racconto ricco di immagini e frasi incisive che colpiscono e affondano in profondità. Un romanzo ipnotico come la sua copertina (fotografia di Andrea Hübner).

“Si amavano molto, i mie genitori. Ma all'epoca l’amore era una cosa diversa. La gente non ne parlava, non pensava nemmeno la parola, ma era lì, in ogni boccone di cibo condiviso. Era una cosa semplice, sicura, di cui non occorreva stare a discutere. Sicura come quando si soffia su una candela per spegnerla. C’è forse bisogno di chiedersi se la stanza resterà al buio?”.

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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    03 Dicembre, 2012
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Visione diversa del mondo vampiresco

La McKinely propone un punto di vista diverso sul mondo dei vampiri, almeno rispetto le direzioni editoriali degli ultimi anni. Tenendo conto che la prima edizione USA risale al 2003 ha merito di originalità, nonostante sia per l’ambientazione sia per il personaggio principale Rae-Raven-detta anche Sunshine, di primo impatto ricorda la saga di Sookie (True Blood) di Charlaine Harris. Ma solo superficialmente poiché Rae è molto diversa e, malgrado le sue grandi abilità di maga e concessioni vampiresche create nell'evolversi della storia, è una ragazza dalle caratteristiche comuni, in cui il lettore si può facilmente identificare. Non troppo bella (non tanto da essere contesa dal paese intero), discretamente coraggiosa, un po’ introversa, è felice nella sua routine quotidiana e soddisfatta del lavoro nella caffetteria di famiglia in New Arcadia. Ha un normale fidanzato e l’ultima cosa che cerca è un amore di stampo gotico.
Quando tutta la sua vita è completamente stravolta dalla scoperta (o meglio ri-scoperta) di un pesante fardello familiare sovrannaturale, è confusa e disorientata. E ancor di più all'instaurarsi di un legame proibito e di certo non voluto. Perché Constantine, il co-protagonista, non è un adone di fascino né un master in simpatia. La sua razza, i vampiri - gli “Altri”, nel mondo di Rae incarna il male puro, senza le sfumature attrattive che il lato oscuro può esercitare. I vampiri, a iniziare dalle caratteristiche fisiche, sono diversi dagli uomini e non particolarmente belli; sono spietati assassini da tenere alla larga, senza distinzioni. Quella in cui vive Rae è una realtà post-guerra tra esseri sovrannaturali e umani, uno sconvolgimento da cui ancora il mondo si deve riprendere e dove la legge più ferrea è proprio la separazione tra le razze, soprattutto umani-vampiri.
Il legame che s’instaura tra Rae e Constantine è casuale e dovuto a pura necessità di sopravvivenza. Inizialmente nessuno dei due lo desidera e la fatica e le difficoltà ad accettarlo sono tante da ambo le parti, non solo per un qualche risvolto romantico, che non è al centro della storia ed è comunque un tema non molto sviluppato, ma poiché difficile soltanto prenderne in considerazione l’esistenza. Tutto il romanzo s’incentra sull'interiorità di Rae, come la ragazza affronta una situazione per lei impensabile, una diversità ritenuta inconciliabile da una società intera. In che modo vive il cambiamento, prima di tutto dentro di sé. E la responsabilità che essere appieno se stessi comporta. Tutto il resto passa in secondo piano.
Il libro è un viaggio nella mente di Rae, che ci mostra attraverso il suo unico punto di vista il susseguirsi di eventi ; lo stile narrativo usato è la prima persona e rispecchia in pieno la personalità del personaggio: un po’ logorroica. Attraverso la sua vena ironica, la McKinely riesce a dare un’impronta divertente e piacevole alla storia, che è anche uno dei punti maggiori di forza del romanzo. Al tempo stesso, però, è anche una delle sue pecche. Infatti le immagini divertenti e insolite con cui la protagonista descrive fatti e persone sono troppe e a volte un po’ troppo complicate - probabilmente anche di difficile traduzione nella nostra lingua. Susseguendosi nei paragrafi all'interno di una stessa pagina, finiscono col rallentare la fluidità e la scorrevolezza della lettura. In alcuni punti contribuisce a confondere il lettore, soprattutto nei capitoli dove sono date una quantità, di per sé eccessiva, di informazioni importanti sul background in cui è ambientata la storia. In alcuni casi i fatti non sono narrati in modo lineare: anticipa l’evento per poi spiegare l’antefatto e arrivare solo dopo nel vivo dell’azione. Così, se la scelta narrativa stuzzica la curiosità, quando il racconto è continuamente interrotto e frammentato da commenti ironici e personali, l’attenzione invece di mantenersi viva ne è forviata. Anche perché la società proposta è complessa, particolareggiata e interessante.
Il libro è diviso in quattro parti che potevano essere più omogenee nello sviluppo della trama. La prima è particolarmente bella e coinvolgente; si legge in un soffio. Ma per tre quarti della seconda e in alcune altri punti della terza, l’azione è totalmente interrotta per descrivere, sempre e solo attraverso le parole di Rae e in modo un po’ da manuale benché sarcastico, la realtà in cui vive. L’azione è concentrata quasi esclusivamente nei primi e ultimi capitoli. Alcuni sviluppi della storia si perdono un po’, purtroppo, nelle elucubrazioni della protagonista.
Sunshine è un romanzo di base originale e molto interessante, di grande potenziale anche se non sviluppato a pieno. Le critiche ricevute alla sua uscita in Italia (2010), tuttavia, credo siano state suscitate soprattutto dal clamore e dalla pubblicità, per l’ennesima volta, forviante. Non è un paranormal romance per adulti, ma un urban fantasy che ha come tema centrale il percorso interiore di una donna che si trova ad affrontare una parte sconosciuta di sé, costretta a cambiare punto di vista sulla realtà che la circonda e capace di sfruttare l’occasione che le è data, a dispetto dei pregiudizi e delle convenzioni sociali.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    28 Novembre, 2012
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Senza infamia né lode

Romanzo senza infamia né lode. La costruzione narrativa riprende il modello del thriller-storico che ricorda molto lo stile di Dan Brown, anche nella scelta del finale “bomba” che dovrebbe essere particolarmente scioccante, ma senza ottenere lo stesso risultato di suspense e coinvolgimento. Il tema su cui si incentra l’indagine investigativa è molto interessante e, benché per i cultori di William Shakespeare le teorie sulla sua vera identità non saranno nuove - trattate contemporaneamente nel recente film Anonymous diretto da Roland Emmerich (2011) -, ha comunque una sua originalità e intriga il lettore.
La parte investigativa è l’aspetto migliore del libro e il motivo per cui lo consiglierei agli amanti del genere e del Bardo. Tuttavia la lettura non è sempre scorrevole, a tratti, forse per colpa della traduzione, alcuni dialoghi e passaggi narrativi risultano un po’ confusi. Inoltre, anche se l’idea di base è ottima, alcune situazioni nello svolgersi della storia paiono ripetersi, come a dover allungare per forza il libro, col risultato di appesantire a lettura fino a farla diventare a tratti quasi noiosa e rallentandone il ritmo.
La caratterizzazione dei personaggi, poi, non sempre aiuta. Alcuni, e non i protagonisti, sono degni di nota: il libraio Blodgett, per esempio, è facile immaginarselo e simpatizzare con lui. Così come l’insolito fisico Sunir. Il protagonista Jake Fleming, invece, giornalista del San Francisco Tribune con un passato dissestato e una gastrite cronica ma un fiuto da segugio, benché sia in parte interessante ed efficace nel suo ruolo, dall'altro scade un po’ di mordente, soprattutto quando si trova a interagire con la figlia Melissa. Melissa, giovane studentessa di lettere e aspirante attrice di teatro, viene coinvolta nell’indagine e assume il ruolo di eroina femminile, ma da come si presenta e si comporta, nonostante la fulgida bellezza da rintronare qualsiasi uomo e mettere persino in imbarazzo il padre, il suo livello culturale e quella che dovrebbe essere intelligenza, risulta più altezzosa e arrogante che furba. Suscita profonda (ma davvero profonda) antipatia.
Il rapporto conflittuale e complicato tra padre e figlia è un altro elemento che in alcuni punti rallenta il procedersi dell’inchiesta investigativa, per il modo, anche in questo caso, ripetitivo con cui viene inserito nel racconto (spesso sono usate identiche espressioni per descrivere la comunicazione e le reazioni dei due, e gli stessi concetti), senza però che serva a dare maggiore spessore ai personaggi o alla storia.
Altro punto di forza è invece l’ambientazione: una Londra descritta in modo impeccabile, capace di creare e immergere il lettore in un’atmosfera adatta al genere di storia.
Nel complesso non si può dire che sia la migliore pubblicazione della Newton Compton, anche all'interno della stessa collana, ma nemmeno la peggiore; il romanzo è strutturato su di una buona idea di base in grado di accattivarsi l’attenzione del pubblico, ma certo non è una thriller molto scorrevole, veloce, né una lettura leggera, per stile di scrittura. Personalmente mi ha deluso, forse anche per le aspettative create dalla pubblicità che ne ha preceduto l’uscita.

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Storia e biografie
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    07 Novembre, 2012
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Di grande interesse

Ljudmila Ulickaja è una delle più grandi scrittrici russe contemporanee, ma in questo libro la sua mano si percepisce appena, se non per la scorrevolezza del testo che rende veloce la lettura e l’efficace struttura narrativa che la rende interessante. La vera voce protagonista, infatti, quella che permane la narrazione, è quella dei testimoni: volontari, dottori, pazienti, genitori e bambini che hanno contribuito a creare e sviluppare la clinica pediatrica R.D.K.B. di Mosca o ne hanno usufruito. E per dare un volto alle voci, il volume è corredato da diverse fotografie, ritratti di persone e luoghi. Il racconto dell’Associazione è un collage di esperienze vere, testimonianze che rendono viva, coinvolgente, la cronaca di un progetto nato dall'impegno di un solo uomo, Padre Aleksandr Men, e perseguito negli anni da un gruppo sempre più vasto di volontari.
Lasciare che siano i diretti protagonisti a parlare è senza dubbio il mezzo più efficace per coinvolgere il lettore e aiutarlo a calarsi nella realtà descritta. Dà vita e calore a storie che parlano sì, di grande sofferenza, ma sono anche la testimonianza di ciò che l’uomo è in grado di fare con la propria volontà. Persone comuni come Lina Saltykova (presidente del gruppo volontari, attiva in prima linea quando ancora nemmeno esisteva un vero progetto), Kostja Sedov (uno dei primi volontari che hanno portato la clown therapy nella clinica, cosa impensabile fino ad allora), Serëža ed Elena piccoli pazienti che a distanza di anni descrivono le loro esperienze in modo semplice, diretto, narrando la loro realtà così com'è: con il suo lato crudo, duro, ma anche nelle esperienze di crescita personale, gioia, gratitudine. Una cronaca di vita e morte, o meglio, di vita in tutte le sue molteplici sfumature.
Il centro del volume è lo sviluppo della clinica pediatrica, ma non solo. Il punto di vista che ci viene mostrato si allarga e travalica i confini delle mura della struttura. L’intento di far conoscere il lavoro della clinica e soprattutto dell’associazione “Aiutateci a salvare i bambini Onlus” è evidente, ma l’importanza del libro, come enuncia lo stesso Ennio Bordato nella prefazione italiana, e anche ciò che contribuisce a rendere maggiormente interessante la lettura, è lo spaccato storico e sociale della Russia che viene mostrato e che è difficile anche solo da immaginare, per chi non l’ha vissuto direttamente. Qui traspare dal primo impatto con una struttura nuova ma abbandonata a se stessa, dove i bambini e le loro famiglie sono mandati dallo Stato quando affetti da malattie sconosciute o incurabili, anche per mancanza di medicine; dall'assassinio, a tutt'oggi irrisolto, del primo fondatore del gruppo volontari della clinica all'avvento dei primi cambiamenti e passi avanti; dallo sviluppo, con progressi discontinui, a tentoni, di una clinica ed un’associazione diventata oggi un punto di riferimento, fino alla scoperta di una Russia, citando gli stessi protagonisti: solidale, e fin ad allora sconosciuta dai suoi stessi cittadini. Un intero capitolo è dedicato agli eventi tragici di Beslan (2004).

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Fantasy
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    26 Settembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Primo volume

Il romanzo parte bene come una ventata d'ilarità e innovazione che merita una lode. Purtroppo però si perde un po' soprattutto negli ultimi capitoli.
Jane True è senza dubbio il personaggio carismatico che domina la storia. Dotata di un'ironia aggressiva e divertente, è facile apprezzarla. Ben tratteggiata, è schietta, dura nei suoi commenti pungenti e sarcastici. Ma la sua è un'asocialità forzata, dovuta al rifiuto della sua comunità devota all'apparenza, che non le concede perdono né requie da un passato che è di per sé un tremendo castigo. Dietro alle irresistibili battute di spirito, la sofferenza e l'amarezza, mascherate da una corazza d'indifferenza, traspaiono chiaramente e contribuiscono a renderla una figura femminile credibile, vera, che si discosta dalle classiche eroine dai contorni femminili fragili, almeno in apparenza, che incontriamo in molti romanzi contemporanei dello stesso genere.
Anche i personaggi delle due colleghe-amiche hanno lo stesso spessore e uguali pregi: una simpatia irresistibile che coinvolge il lettore nell'immediato.
Il mondo magico, descritto anch'esso con la vena ironica della protagonista, presenta novità interessanti: miti rivisti con buona dose fantasia che si discosta dall'interpretazione classica. Alcuni a cui mai nessuno aveva ancora pensato.
Stessa sorte per la trama, che inizia con un mistero da risolvere poi mischiato alla scoperta di Jane del suo passato e di se stessa. Interessante essere partecipi dell'evoluzione del suo personaggio, il suo aspetto di creatura magica e la sua riacquistata fiducia in sé come donna e persona.
All'evolversi della narrazione, però, manca lo sviluppo di parte delle buone premesse ventilate nei primi capitoli. Il protagonista maschile risulta piuttosto banale, a volte quasi irritante, soprattutto nei dialoghi e nelle reazioni. Anche se questo non fa che risaltare il valore della figura femminile di Jane, che in fin dei conti è l'unica a contare davvero nella storia. Purtroppo anche lei nell'evoluzione narrativa subisce qualche contraccolpo, a iniziare dalla sua ironia, che diventa quasi monotematica e rischia di farle perdere un po' di spessore.
La trama stessa subisce dei contraccolpi verso la conclusione, così come le stesse creature mitologiche appaiono forse un po' troppe e alcune potevano essere tratteggiate meglio. Ma essendo il primo volume di una saga, ci si può aspettare ulteriori sviluppi in seguito.
Lo stile è scorrevole, veloce e immediato, in grado di catturare l'attenzione del lettore risaltando il punto di vista ironico, vero punto forte del libro, che in generale è godibile e di facile lettura per chi ama il genere: urban fantasy per adulti (compresa una buona fetta YA, ma non adatto ai più giovani per il linguaggio usato e le scene di sesso descritte).

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Romanzi
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    10 Settembre, 2012
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Un libro che mantiene le promesse

Per una volta, un libro che non delude, ma supera le attese create dalla promozione pubblicitaria e dal retro di copertina.
La trama non è particolarmente complessa, e a ben guardare nulla di così originale. Il tema principale che fa da veicolo all’idea di base proposta dall’autrice, la maternità “defraudata”, è già stato ben sfruttato sia nel settore cinematografico oltre che letterario.
Ma qui, la capacità di tratteggiare i personaggi e renderli reali, di facile immedesimazione per il lettore, rende questo romanzo di grande impatto. È immediato l’immergersi nella storia e immaginarsi i protagonisti in tutte le loro sfumature umane, con le loro caratteristiche peculiari; pregi e difetti. È facile simpatizzare con loro e seguirne a passo a passo l’evolversi delle storie, il loro incrociarsi e scontarsi. E proprio per l’efficacia con cui sono presentati al lettore, con cui ce li fa amare, è ancor più difficile distinguere gli antagonisti dai protagonisti. Infatti, non ci sono buoni o cattivi, ma persone normali che compiono scelte in situazioni estreme. E ne vivono le conseguenze. Esseri umani in cui giusto e sbagliato oscillano in continuazione, rendendo difficile prendere la parte di uno piuttosto che dell’altro, pur quando gli effetti di tali scelte sono palesemente terribili e crudeli, ancor di più trattandosi di uno dei temi più delicati e di maggior impatto emotivo quale il rapporto madre-figlia.
Si è portati naturalmente a riflettere, a struggersi, a vivere l’emozione forte attraverso gli occhi dei protagonisti, la cui voce è tanto intensa che pare quasi narrata in prima persona, malgrado il punto di vista del narratore sia esterno. Ma difficilmente si condanna e biasima. In questo senso l’obiettivo primario della Stedman, da lei stessa esplicato nell’intervista riportata alla fine del libro: riflettere sulle diverse sfumature di bene e male, giusto e sbagliato nell’uomo, è perfettamente centrato. Grazie soprattutto all’ottimo uso sia dei punti di vista, che dei tempi narrativi. L’intercalare del presente che serve a rafforzare i tratti dei personaggi e dargli carattere, oltre che a coinvolgere maggiormente il lettore, è stato di sicuro un’ottima scelta.
Per il resto la storia scorre senza intoppi su di una solida struttura narrativa. Non sempre lineare, con rimandi al passato dei protagonisti, ne racconta la storia in modo coinvolgente e facile da seguire. Lo stile narrativo è scorrevole e sempre fluido. Immediato e ricco, ma non eccessivamente, d’immagini del mondo marittimo in perfetta coerenza con le ambientazioni, di cui dà un quadro non troppo descrittivo ma più che sufficiente a calarsi nell’atmosfera.
Tra i personaggi di maggior spicco risalta Tom, col suo pesante passato di eroe di guerra, uomo introverso ma di gran cuore, la cui perseveranza nel rimediare alle scelte compiute lo riscatta. E una nota va anche al sergente Knuckey e al capitano Ralph, che vanno di là dal puro giudizio, criticando i fatti e non l’uomo.
Nemmeno la conclusione del romanzo, affatto scontata, delude.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    31 Agosto, 2012
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Un thriller dai toni pulp

Romanzo ben congegnato sotto il punto di vista narrativo, capace di mantenere l’attenzione e la tensione del lettore dal primo all’ultimo capitolo senza mai rallentare il ritmo e scadere in tempi morti o superflui. Una storia che ha la sua originalità, almeno nel panorama del thriller italiano, e in cui si evidenzia in modo chiaro il background di studi cinematografici della Bertuzzi. Pur dipingendo il quadro di una piccola provincia italiana come tante, l’ambientazione e lo stile narrativo peculiare dell’autrice ricordano molto il genere pulp di matrice americana, da cui pare attingere a piene mani, con un rimando a Quentin Tarantino.
Senza mai scadere però nell’eccessivo e nello splatter, riesce a descrivere con efficacia una piccola realtà fatta di tranquilla abitudine e apparenza, sgretolandola poi in una spirale di eventi che mostrano una realtà cruda, brutale, toccando argomenti scabrosi e attuali; mantenendo una struttura della storia lineare e facile da seguire. L’intercalare tra il passato di Danny e i fatti del presente, le diverse situazioni vissute dai protagonisti che si intrecciano confluendo in un’unica destinazione fino a chiarire il mistero, l’enigmatica apparizione di Bonnie e la sua crescente importanza nella vicenda, l’attrazione nata e sviluppata tra la donna e la protagonista, l’azione, la psicologia e il thriller, sono tutti elementi ben calibrati fra loro che contribuiscono alla riuscita di un libro piacevole che si divora in fretta.
Interessanti i rimandi a documentari o immagini della Tv che raffigurano situazioni vissute o caratteri di alcuni personaggi.
Tuttavia una pecca la si può riscontrare nella credibilità di alcune situazioni che paiono risolversi con eccessiva facilità, scadendo a volte quasi nell’inverosimile. Lo stesso vale per i comportamenti e le reazioni di alcuni personaggi, che sono comunque per la maggior parte ben studiati, con una loro storia e peculiarità che li rende credibili e accattivanti. Danny, protagonista e narratrice della sua storia, è una donna singolare, aggressiva, forte. Una donna d’azione con un passato abbastanza oscuro alle spalle da accattivarsi l’interesse del lettore e indurlo a seguirla. Sempre coerente nei pensieri e nelle azioni. Come il migliore amico e compagno d’avventura Drug Machine, uno dei personaggi di maggior spicco dal carattere perfettamente delineato, tanto da renderlo subito riconoscibile. Facile immaginarseli e immergersi nella loro storia.
Lo stile narrativo è fluido, scorrevole, veloce. Senza virtuosismi, ma con azzeccate immagini figurative che rendono bene il carattere e la peculiarità della voce narrante, come già detto, Danny stessa.

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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    03 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Incantatore

Romanzo intenso, poetico e al tempo stesso crudo. Onirico e perfettamente calato nella realtà contemporanea, di cui ci mostra uno spaccato attraverso la penna e gli occhi di Veronica: personaggio singolare, affascinante, dalle mille sfaccettature e tuttavia così semplice nel suo modo di concepire il mondo: originale e accattivante, che a volte non può non strappare un sorriso, pur nella descrizione di esperienze dure, tra una carrellata di personaggi spesso squallidi e meschini. Umani nelle molteplici sfumature non sempre ben definite. Una visione che seppur distorta e sfumata dalla particolare percezione di Veronica non è difficile da reinterpretare. Non è difficile riconoscere la vera Veronica e un frangente di società desolante tra colori baluginanti e fatti stravaganti che contraddistinguono la sua visione del mondo, dove nulla è mai come appare, eppure capace di cogliere quelle sfumature che alla maggior parte della gente sfuggono. Innocenza e fantasia, sono le lenti di cui la protagonista si serve. Ciò che difende con tutta se stessa.
Veronica Soffici è un personaggio tangibile e credibile, come tutti gli altri, altrettanto ben tratteggiati: la nonna-tata, Olga, “Il Ratto” Anton, e Cecilia, in un qual modo specchio delle paure e dei desideri di Veronica stessa, che è forse uno di quegli ingranaggi che si muove per primo verso l’inevitabile cambiamento cui la protagonista resiste strenuamente. Perché il cambiamento che le è concesso da chi la circonda non ha come fine la sua felicità, al contrario è una normalizzazione che porterebbe a una maggiore costrizione della sua personalità.
La genialità e la bellezza del romanzo hanno radici proprio nel modo visionario di narrare la storia, ben equilibrato e unito all’uso del diario come strumento narrativo, che contribuisce a creare tensione e invogliare alla lettura, che scorre senza interruzioni dall’inizio alla fine. Lo stile è veloce, conciso e incisivo, grazie a un uso efficace delle parole e d’immagini originali ed evocative che s’imprimono facilmente nella mente, e nel cuore, del lettore.
La trama è ben congegnata e la storia si evolve in modo efficace senza sbavature e interruzioni. Anche in questo caso è il particolare punto di vista a creare momenti di suspense, che non lesina colpi di scena che contribuiscono a rendere la storia di per sé semplice per nulla banale. Fino a un finale che lascia l’amaro in bocca, ma che è coerente e molto credibile.
È facile condividere il mondo così diverso delle sorelle Soffici e restarne risucchiati. Il libro, infatti, si legge in soffio, ed è forse l’unica pecca. Non sorprende che sia stato finalista al Premio Calvino 2011.

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Romanzi storici
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    27 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

coinvolgente

Celia Rees è una storica, e la sua conoscenza approfondita dei fatti e della psicologia dell’epoca trasuda in ogni pagina del libro. "Il viaggio della strega bambina" è una storia dura, ambientata in un famoso periodo di persecuzione e repressione, il cui eco risuona ancora fino a noi. E tuttavia la Rees riesce a descriverlo con una semplicità incisiva, raffinata, cruda e nello stesso tempo delicata; attraverso Mary e il suo diario, e ancor prima dagli occhi della ricercatrice moderna che ne trova le pagine nascoste in una vecchia trapunta, riportandole alla luce. Una voce fuoricampo, quest'ultima, che resta ai margini, introduce e conclude, perché l'unica vera protagonista è Mary, la strega bambina, e il suo viaggio verso la salvezza che non è mai comunque una vittoria, ma un'esistenza di costante timore, dove è costretta a nascondere ciò che è: una ragazzina di quattordici anni intelligente, perspicace e con il dono di poter vedere il mondo da più prospettive. Lo stile è fluido, semplice, pregno di emozioni, che rispecchia perfettamente la psicologia della protagonista. E in questo l'autrice dimostra grande maestria. E' facile immaginare questo personaggio forte, dal carattere eccezionale per la sua giovane età ma sempre credibile, in ogni pensiero e azione. E' facile immedesimarsi in Mary, essere coinvolti nella sua avventura, partecipare al suo viaggio. Tifare per lei e provare rabbia di fronte al suo dolore e alla sua frustrazione. Indignazione per la sua condizione, costretta a trattare un dono come una maledizione, impedita dall'esprimere il suo potenziale sfruttando la sua abilità per il bene altrui. Perché è proprio il desiderio di aiutare il prossimo, gli amici, che alla fine tradisce la discrezione di Mary. Difficile non amare questo personaggio femminile ed essere risucchiati dal suo mondo, soprattutto per le donne che, in Mary, si rispecchiano. Così com'è ben caratterizzato ogni altro personaggio, ben descritto e reso vivido e interessante. La trama è oltremodo avvincente e dal ritmo incalzante, sviluppata efficacemente durante tutta la narrazione, dove non mancano i colpi di scena e le attese, insieme alle esperienze dell'adolescente Mary che comunque affronta la sua crescita. Geniale l'epilogo, il passaggio dalla conclusione del diario alla postfazione. Il viaggio della strega bambina è un libro che l'autrice ha reso di facile lettura, appassionante sicuramente, ma né frivola né tanto meno leggera. Qualcosa che ti lascia dentro ben più di qualche spunto di riflessione.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    15 Giugno, 2012
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Piacevole paranormal thriller

Narrata in prima persona, è un storia piacevole e di facile lettura che un lettore accanito può divorare in un paio di giorni. Lo stile è davvero molto semplice e fluido, che riesce comuqnue a essere coinvolgente esprimendo bene le emozioni della giovane protagonista e il suo punto di vista. In ciò si riconosce la destrezza della Chandler, navigata scrittrice per ragazzi.
La trama segue il modello stilistico della narrazione: semplice e lineare ma ben congegnata, in modo da mischiare con efficacia suspence, elemento paranormale, azione, sentimenti e un pizzico di romanticismo. Quest'ultimo, tuttavia, poteva essere sviluppato forse maggiormente. Infatti, benché presente e pubblicizzata come una dei temi chiave, la storia d'amore non è il centro del romanzo. Almeno non quanto l'elemento Thriller, che fa da padrone nell'evoluzione della trama ed è la parte più sorprendente e avvincente del libro.
Più che un paranormal romance è infatti un paranormal thriller, ben strutturato secondo i canoni classici del genere. Pur non essendo complessa come potrebbe esserlo un romanzo poliziesco per adulti, come quelli ad esempio di Mary Higgins Clark, regina indiscussa del giallo internazionale, se ne sente molto l'inluenza - gli amanti del thriller lo noteranno facilmente - e la costruzione narrativa è di tutto rispetto, tenendo conto anche della brevità del libro in sé.
Lo stesso elemento paranormal, davvero originale rispetto alle odierne tendenze, resta un poco in ombra rispetto all'indagine stile poliziesco che compie la protagonista, anche se è lo stesso un elemento portante che contribuisce a rendere la miscela finale più intrigante. I personaggi sono ben tratteggiati e di spessore, di facile immedesimazione e affezione da parte del lettore. Benché in alcuni casi, protagonista a parte, proprio perché interessanti, avrebbero potuto essere maggiormente caratterizzati.
In complesso lo stile narrativo, così come la trama, è indicato a un pubblico giovane, target base cui è indirizzato, non necessariamente del genere paranormal.

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paranormal thriller/ thriller YA
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Romanzi storici
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    06 Giugno, 2012
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Piacevole sorpresa

Buon esordio letterario: romanzo piacevole, scorrevole, capace di coinvolgere il lettore e indurlo rapidamente a terminare la lettura.
La trama è semplice e lineare, congegnata in maniera efficace sia per quanto riguarda la miscela di elementi tipici del sottogenere “cappa e spada” – avventura, duelli, amor galante ed eroi gentiluomini d’altri tempi –, sia per lo sviluppo dei temi centrali nella narrazione della storia, che mantiene un buon equilibrio fino alla fine del libro; intrighi e misteri si svelano poco a poco, evitando di concentrare tutta la suspense nei primi o negli ultimi capitoli. Il che contribuisce a mantenere vivo l’interesse.
Con una cura del dettaglio che evidenzia un’approfondita conoscenza storico-letteraria, come dimostra il suo curriculum vitae, Gandolfi è stato capace di trasportare il lettore nella vera Milano dell’epoca, senza però servirsi di descrizioni eccessive e ridondanti che avrebbero smorzato il ritmo dell’azione. Anche se, d’altro canto, qualche tratto in più non avrebbe guastato, soprattutto per chi Milano non la conosce.
Allo stesso modo lo stile, pur conservando un linguaggio consono al contesto temporale, è fluido, semplice e molto scorrevole, con una connotazione moderna riscontrabile anche nella costruzione narrativa. L’indagine investigativa che affrontato i protagonisti, infatti, si avvicina quasi ai thriller polizieschi di matrice contemporanea, restando tuttavia fedele al suo genere e mantenendosi credibile.
Finale a sorpresa degno di nota, che tocca un tema molto attuale, a conferma di una buona costruzione della suspense e dell’uso degli elementi del genere giallo.
Questo permette a “Il Dragone” di valicare il target di base del romanzo storico, rendendolo accessibile a un pubblico più ampio, anche con altre preferenze.
Benché i personaggi rientrino in categorie fin troppo delineate di protagonista-antagonista/eroe-cattivo, considerando il genere d’appartenenza e il fatto che incarnino valori e modelli ben definiti, insieme alla cura nella loro caratterizzazione, risultano comunque credibili e simpatici, coerenti nei loro pensieri e nelle loro azioni. Così il protagonista Xavier Dancey, che è esattamente il tipo d’uomo che tutte le donne sognano e gli uomini invidiano, è una figura simpatica e accattivante.
La figura femminile di maggiore spicco, la marchesina Cristina Frascati, che risalta sulle altre per il carattere anticonformista e l’educazione singolare per l’epoca, ricorda Sofia, il modello di fanciulla aristocratica descritta da Jean Jacques Rousseau nell’Emilio, il suo più famoso trattato pedagogico. E, anche in questo caso, è capace di attirarsi le simpatie del lettore.
Unico appunto forse, che non lede in ogni caso la piacevolezza della lettura, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Cristina e negli ultimi capitoli, è qualche descrizione dello stato d’animo del personaggio che appare superflua poiché già intuibile dal lettore.
Oltre ai protagonisti, il romanzo è costellato di altre interessanti figure che li accompagnano nell'avventura e sono altrettanto ben caratterizzati: ad esempio il prigioniero scozzese Stevenson, il tenente Brignac e il giovane poeta innamorato Vittorio.
Non so se rientri nel piano dell’autore, ma altre avventure del capitano Dancey e compagni sarebbero molto gradite.

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Fantasy
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    04 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

UN FANTASY ONIRICO

"L’isola dei Liombruni" è un sogno e lo stile narrativo ne segue le pieghe e gli intrecci. Anche se non sempre gli elementi della trama e i concetti sono espliciti e ben definiti -risultato ricercato volontariamente per rendere l'atmosfera onirica del romanzo- la narrazione risulta scorrevole e piacevole.
Il linguaggio, che spesso ricalca la parlata giovanile, si avvale di termini e modi di dire territoriali che rendono vivida e subito comprensibile, senza bisogno di preamboli, la realtà di Smiccio e Zenzero; la realtà della banda di Primo, il bambino che sogna l'isola e ne è l’artefice, in un tempo e un luogo d’estate che rimandano alla spensierata gioventù trascorsa in una piccola comunità mediterranea.
Il periodo descritto è quello in cui si convive e si fanno esperienze, tra giochi, amicizie e passioni leggere come l’età dei protagonisti. Un periodo che forma il carattere e acuisce la consapevolezza di se stessi e del monto circostante, attraverso snodi cruciali del vissuto e riti di passaggio verso una fase di crescita successiva.
Il sogno di Primo è tutta una rappresentazione della crescita, e come tale non manca di confusione, incertezza, ribellione nei confronti di una realtà da cui i ragazzi si sentono schiacciati; una realtà rappresentata da personalità a loro “superiori”, cui possono rivolgersi solo alzando lo sguardo, gli adulti, chiamati proprio Alti e in cui identificano la morte dell’innocenza e della spensieratezza.
È una ribellione violenta e cruda, questa, che culmina nella Carnara, la notte di lotta e sangue in cui bambini e ragazzi si sono impossessati dell’Isola, quando ha avuto inizio il sogno di Primo e l’avventura dei protagonisti.
La vita spensierata dell’isola dei Liombruni, misteriosi animali che scorrazzano liberi sulla terra dei bambini e intoccabili per legge, si fonde così, in maniera efficace, a toni cupi, più che dark tipici dell’horror, che richiamano l’atmosfera de "I figli del grano" di Stephen King (racconto compreso nella raccolta "A volte ritornano", da cui è tratto il famoso film diretto da Fritz Kiersch "Grano Rosso Sangue") e raffigurano bene il travaglio della crescita pre-adolescenziale e adolescenziale. Elementi mischiati ad altri che riecheggiano antichi miti - ad esempio la figura degli Scalzi, sorta di semidei in cui si trasformano i bambini che muoiono nel sogno - che si sposano bene con l’ambientazione dell’Isola e la caratterizzano.
E' un periodo che rifiuta l’autorità e chi la incarna, ma di cui gli stessi compagni di Primo non possono fare a meno di sentirne il bisogno, come dimostra la nascita spontanea dei Baroni, ruoli autoritari giocati dai ragazzi più grandi. Come non posso fare a meno di provare il bisogno d’interrogarsi, comprendere, varcare la soglia di una tappa esistenziale. Almeno Zenzero, uno dei punti di vista maggiormente sfruttati nella narrazione e motore dell’evolversi della vicenda. E in modo diverso anche il suo amico Smiccio.
"L’isola dei Liombruni" non è una lettura frivola, ma una trama ben congegnata, intrigante, piena d’azione e suspense che la rende avvincente e scorrevole. Piacevole e intensa. Onirica fino all’ultima riga. Un libro che merita attenzione così come il suo autore Giovanni De Feo.

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Narrativa per ragazzi
 
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3.3
Stile 
 
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4.0
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3.0
lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    03 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

vampiri che si distinguono

Eternity è una storia di vampiri che riesce a ritagliarsi una sua fetta d'originalità all'interno di un tema contemporaneo abusato. Tralasciando l'aspetto gotico romantico, più sfruttato nella letteratura contemporanea di genere, mette in risalto la mancanza di sensibilità, non soltanto emozionale ma fisica, motore principale che porta al desiderio di un ritorno all'umanità.
Lo stile è fluido e scorrevole, e l'intreccio narrativo riuscito. La trama è ben strutturata e abbastanza intrigante da invogliare la lettura, anche grazie a passaggi sufficientemente riusciti tra il presente e il passato di Lena, che mettono a confronto i due lati del personaggio: vampiro e ragazza adolescente. In questo la Maizel mette efficacemente a frutto gli studi di scrittura creativa.
Tuttavia alcuni elementi potevano essere sfruttati meglio, come la parte di thriller-azione che poteva essere fusa in modo più efficace col romanticismo e l'esperienza di Lena nel mondo adolescenziale. C'è poi la mancata caratterizzazione di alcuni personaggi, o perlomeno non in modo sufficiente per darne un quadro preciso e creare un'affinità col lettore. Anche se il problema principale è imputabile alla coerenza, soprattutto nell'evoluzione della protagonista - uno dei pochi personaggi descritti meglio, anche perché unica narratrice della storia e quindi principale e punto di vista.
Il tema centrale è il passaggio dalla condizione di vampiro crudele al ritorno d'umanità di Lena, ma il suo modo di sentire e i suoi pensieri sembrano a volte incoerenti: ad esempio prova più rimorso per aver baciato il ragazzo di un'altra che per la sua crudeltà di vampiro e di fronte al cadavere di un gatto. Nonostante alla fine si riscatti, il passaggio della sua presa di coscienza è un po' confuso e non ben visualizzato durante il procedere della storia. Inoltre il tono della narrazione ondeggia fra descrizioni che dovrebbero impressionare per crudezza oppure risaltare per ironia, ma non sortiscono nessuno dei due effetti. Decisamente più facile affezzionarsi al personaggio maschile Rodhe.
Ottimo invece il finale, in parte inaspettato.
In complesso comunque il romanzo è una lettura gradevole e leggera. Peccato che tutto il suo potenziale non sia stato sfruttato al meglio e una lettura ricca di significati profondi appaia forse più frivola di quanto non sia in realtà.

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paranormal romance, storie di vampiri YA
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Fantascienza
 
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4.5
Stile 
 
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Contenuto 
 
4.0
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    31 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Quando vedere le fate non è bella cosa

Melissa Marr ci rivela un mondo fatato che affonda radici nei veri miti celtici, soprattutto irlandesi, di cui dimostra un'ottima conoscenza. Riesce allo stesso tempo a unire il classico con una visione moderna e accattivante del popolo fatato, tinteggiandolo di lievi sfumature dark fantasy. Una realtà contemporanea in cui si assapora il gusto della visione tradizionale non privo di lati oscuri, ma che non sfociano mai nel macabro.
Wicked Lovely ci regala una trama ben congegnata, fresca, originale per certi versi, e soprattutto coinvolgente. Una storia che è ben strutturata, abbastanza complessa e particolareggiata da risultare intrigante, e che si sviluppa sempre in modo fluido e chiaro. Infatti, malgrado non manchi anche qui il triangolo amoroso, per come si sviluppa il tema nella narrazione non risulta un cliché tanto scontato. Azione e suspense non mancano e sono amalgamate in modo efficace alle scene più romantiche e all'evoluzione dei legami tra i ragazzi, soprattutto quello di Aislinn e Seth, i protagonisti.
Sia Aislinn che Seth sono personaggi ben tratteggiati, capaci di attirare le simpatie del lettore. Le loro azioni e pensieri li rendono generalmente coerenti e credibili. Anche Donia, ragazza dell'inverno per coraggiosa scelta e triste sorte, è una figura che spicca, dalle sfumature interessanti e dalla personalità ben caratterizzata e sufficientemente approfondita. Tutti i personaggi, allo stesso modo dell'ambiente, sono ben delineati, anche se in alcune creature fatate si riscontrano dei tentennamenti.
Keenan, da considerarsi un coprotagonista maschile, col suo atteggiamento altezzoso un po' troppo estremizzato diventa quasi irritante più che attraente; benché quest'effetto, rientrando comunque nel ruolo svolto di "semi-antagonista" anche se privo di una vera connotazione negativa, sia nel complesso perdonabile. Meno credibile invece la regina d'Inverno, la vera antagonista della storia, i cui dialoghi a volte risultano un po' troppo artificiosi, così come avviene per la caratterizzazione del personaggio. Una Crudelia De Mon non del tutto efficace.
Tuttavia ciò non lede quello che nel complesso è un romanzo piacevole, che scorre facilmente anche grazie al buon stile narrativo della Marr: semplice, fluido, con un buon utilizzo dei punti di vista.
Azzeccata, anche se non nuova, la scelta di aggiungere all'inizio di ogni capitolo una citazione tratta da fonti calssiche del mito e inerente al capitolo stesso.
Wicked Lovely è una lettura godibile che invoglia alla scorrere con voracità le pagine dalla prima all'ultima pagina. Con una conclusione forse un poco scontata ma che non delude.

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Consigliato a chi ha letto...
paranormal romance YA e urban fantasy con spiccato tema romance.
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Romanzi
 
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3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
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3.0
lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    28 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

La mappa dei luoghi giusti

Bisogna premettere che sia il titolo italiano sia il retro di copertina non sono rispondenti al reale contenuto e genere del romanzo, che prospettano quasi come un thriller psicologico.
Il titolo originale "The map of true places-La mappa dei luoghi giusti,veri"- rispecchia certamente di più la vera anima del libro. Infatti "La ragazza che rubava le stelle" del thriller ha poco. Il tema fondamentale della narrazione è individuabile in un dialogo nei primi capitoli: le figlie cercano di realizzare il grande sogno insoddisfatto delle madri.
È una storia dolorosa e intensa, centrata sulla ricerca e crescita personale della protagonista per trovare finalmente la sua identità come donna e persona. Scandagliando il passato e gli eventi traumatici che l'hanno segnato, soprattutto il difficile rapporto con la madre affetta da disturbi mentali, innesca un processo di cambiamento che la farà raggiungere una diversa prospettiva della realtà e dei rapporti interpersonali.
L'elemento thriller compare, ma resta in sottofondo ed è sviluppato principalmente verso la conclusione. Così come l'elemento romantico, che si sviluppa all’interno del racconto del rapporto madre-figlia e fa parte del percorso personale di Zee.
Detto questo, lo stile di Brunonia Berry è fluido e piacevole. La narrazione scorre veloce, anche se a tratti rallentata e appesantita da una dettagliata descrizione delle malattie prese in causa e rispettive cure. Malgrado ciò, considerando la storia nel suo complesso, non si può dire che stonino ma possono rientrare nell'intento del romanzo.
La storia di Zee e dei suoi genitori si sviluppa tra passato e presente. La loro storie personali si possono considerare storie nella storia, approfondite e intrecciate tra loro in modo sufficientemente chiaro.
Il punto di vista predominante è quello di Zee, la protagonista; un una donna all'apparenza pratica e realizzata che nasconde, però, ed è subito evidente, la perdita di consapevolezza più profonda del proprio essere, facendosi trascinare dagli eventi e dalle scelte altrui, come dimostra il suo fidanzamento. Soltanto quando costretta, inizia un cammino interiore che dalle radici del suo passato irrisolto la porterà verso un presente scelto più consapevolmente. Rinascita credibile e intensa, dove non mancano le sorprese e gli spunti di riflessione, e in cui, nonostante la particolarità della protagonista, non è difficile immedesimarsi.

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Narrativa per ragazzi
 
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5.0
Stile 
 
5.0
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5.0
Piacevolezza 
 
5.0
lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    26 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Brillante partenza per la saga della Condie

Una storia d'amore dalle tinte delicate che risalta su di uno sfondo argento metallico, una società perfetta che ha raggiunto la massima efficienza semplificando il più possibile la vita dei cittadini: eliminando la possibilità di sbagliare, massificando le scelte attraverso un sofisticato sistema statistico che reprime, però, la creatività.
Il contesto traspare chiaramente dalle emozioni, dalle azioni, e dai dialoghi della protagonista Cassia, che è la sola narratrice e unico punto di vista. Con molta semplicità ci trasporta direttamente nel suo mondo. Senza minuziose descrizioni dell'ambiente e dello stile di vita, sono date al lettore le nozioni sufficienti per impadronirsi del contesto e farle proprie; così come per i personaggi, resi vivi dalle impressioni di Cassia e comunque ben caratterizzati. Per questo verso lo stile narrativo della prima persona è ben sfruttato.
Accusato di avere una trama poco originale, attinta a piene mani dalla precedente letteratura di genere fantascientifico, il romanzo possiede invece quel quid che non permette al lettore di sospirare; perché lo conduce in una lettura senza fiato dalla prima all'ultima pagina. La trama si svela poco a poco in maniera efficace, evitando di condensare i punti di svolta della storia all'inizio o alla fine del romanzo, come a volte accade.
Il merito va anche allo stile dell'autrice: semplice e fluido, che riesce a essere poetico e al tempo stesso incisivo, sfruttando al meglio anche il genio altrui: Dylan Thomas, i cui versi della famosa "Do not go gentle into that good night" diventano il simbolo del sentimento che lega i due protagonisti. Un amore che nasce e cresce tra il normale battito del cuore giovanile e uno struggente conflitto interiore, nato dal condizionamento sociale e dall'impossibilità di concepire oltre una statistica. Sono emozioni che hanno il sapore dell'innocenza e della scoperta adolescenziale, ma che riescono a raggiungere un'intensità più profonda e matura. Proprio perché diventa il simbolo di un altro tema centrale della narrazione: la crescita consapevole, che porta alla Libertà e al vero potere dell'uomo. La capacità di Creare.
La presa di coscienza di Cassia nasce e si fortifica a partire dalla scoperta del vero amore - della passione nata da sentimenti spontanei, irriducibili quanto le decisioni della Società cui appartiene - per confluire in un bisogno più interiore di consapevolezza, propria e del mondo circostante. In questo s'intravede forse l'esperienza d'insegnate ed educatrice della Condie.
Un altro YA apprezzabile anche da un pubblico più maturo e una di quelle saghe di cui si aspetta con ansia il seguito.

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Fantascienza
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
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5.0
lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    24 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Darwinista o un cigolante?

Si è molto discusso sul fatto che questo si possa o meno definire un vero steampunk, in ogni caso
l'autore catapulta il lettore nell'ambientazione di "Leviathan" dalla prima pagina, trascinandolo in un mondo dove fantasia e storia si mescolano bene. Non è difficile farsi coinvolgere da quel mondo fatto di scienza, invenzione e avventura. L'ambientazione ci regala una realtà fantastica affascinante, comunque verosimile.
E' un libro che avvince anche gli amanti della storia ed è completo di postfazione dove sono elencati gli eventi realmente accaduti e quelli invece romanzati all'interno della narrazione. Gli amanti della scienza possono invece perdendosi nelle descrizioni dettagliate dei meccanismi dei cigolanti, e ancor di più in quelle delle creature dei darwinisti, assolutamente spettacolari.
La trama è abbastanza semplice, una bella fiaba cui non manca una piccola componente romantica (di cui ci si aspetta l'evoluzione nei volumi successivi), ma la narrazione è fluida e strutturata in modo da essere sempre avvincente. Non delude la prima impressione e continua invogliando la lettura fino all'ultima parola. Degna di nota la prima scena, il gioco di guerra che prelude e anticipa ciò che accadrà nella realtà di Alek e del loro mondo.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati, che non faticano a farsi amare dai lettori. Dai tratti caratteriali opposti, Alek e Deryn in un certo senso si completano, e proprio dalla loro diversità scaturiscono battute e scene divertenti, ben intrecciate con quelle d'azione, di storia e fantasia.
I due ragazzi percorrono strade parallele vivendo esperienze diverse ma che riguardano un percorso di crescita personale simile, coinvolgente, che si evidenzierà quando si troveranno uniti a condividere la stessa sorte, in un'unica avventura. Entrambe le linee narrative sono intriganti e ben sviluppate, e finisco per fondersi in maniera naturale. Irresistibile anche la “signora scienziata”.
La storia ha spessore, ma è certamente supportata da un ottimo stile narrativo: fluido, scorrevole, procede senza intoppi calibrando bene il sapore di un secolo passato con una scrittura moderna. Può essere apprezzata sicuramente da un ampio target che sconfina lo YA, restando perfetto per quest'ultimo. La vena ironica riesce a essere divertente senza bisogno di scadere nel volgare. Le esclamazioni e i modi di dire semplici e unici dei personaggi contribuiscono ad affezionare il lettore rendendolo parte del mondo di "Leviathan".
Come contribuiscono le numerose e bellissime illustrazioni a matita di Keith Thompson, che danno vita ai personaggi e alle ambientazioni, soprattutto aiutando a visualizzare il maestoso Leviathan.
In complesso è un libro dalla storia piacevole e gradevole alla lettura, adatto per passare ore di relax. Un libro di ampio respiro, adatto ai ragazzi ma fruibile per tutti gli appassionati di fantasy.

L'unica pecca, e non è poco: in Italia non è ancora disponibile, e chissà se mai lo sarà, la trilogia completa.

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Narrativa per ragazzi
 
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    23 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Lotta per la vita e scoperta di sè

Tradotto diversamente in italiano è in realtà "The forest of Hands and Teeth" (La foresta delle mani e dei denti). Il titolo così dissonante dal contenuto effettivo del romanzo è forse un tentativo di addolcirne i toni. Ma La foresta degli amori perduti non è affatto dolce. Inizia immediatamente descrivendo una tragedia brutale, immergendo il lettore in una realtà cupa. Ancora più che dark, per alcuni cliché utilizzati assume connotazioni tipiche dell'horror.
La società di Mary è costrittiva ma non dispotica. Tutto il suo mondo è costruito su di un unico obiettivo: la sopravvivenza. Non c'è spazio per i sogni, i sentimenti, nemmeno per i pensieri che portano alle domande e in conseguenza al cambiamento. Il cambiamento è caos. E al contrario per convivere al di là delle recensioni degli Sconsacrati la remissione del proprio io è fondamentale. Si percepisce dalla prima all'ultima pagina.
Tutto il racconto è pervaso da sentimenti intensi e graffianti di frustrazione, rabbia, paura. Una costante lotta tra desideri e doveri. Lotta per la vita. Ma soprattutto la costante che aleggia serpentina nella foresta delle mani e dei denti, nella storia di Mary, è la mancanza. La necessità di qualcosa di impalpabile e indefinibile che travalica il desiderio d'amore romantico e di sicurezza, persino di sopravvivenza: la necessità di realizzare prima di tutto se stessi. I propri sogni e le proprie ambizioni. Perseguendo un ideale con un'ostinazione quasi ossessiva, malgrado le difficoltà sembrino smentirne una possibile realizzazione. Questo è il nodo centrale di The forest of Hands and Teeth, alias La foresta degli amori perduti. Benché per tre quarti del libro venga descritta la contrastata relazione fra due giovani, con una delicatezza e un'intensità che stride contro la lotta serrata agli infettati, l'amore romantico non ne è il vero protagonista. Anche l'amore è frustrato nella narrazione. Anche l'amore schiuma di rabbia. Anche l'amore è per lo più doloroso, malgrado i momenti di dolcezza. Anche il desiderio per l'altra persona non basta.
Lo stile di Carrie Ryan è sintetico: con uso di farsi brevi, molti punti e poche subordinate. Quasi a sottolineare la freddezza e la crudezza del paesaggio e delle situazioni. Usando il punto di vista della protagonista, a volte la narrazione assume i connotati di cronaca più che di racconto personale; ma adatto nella descrizione dell'azione serrata. Inoltre, dove necessario, soprattutto nei topic sentimentali e relazionali tra i personaggi, le brevi frasi sono incisive e coinvolgenti. A fare presa sul lettore, ben calibrate e intessute in essa, ci sono diverse frasi a effetto che riassumono i nodi centrali della narrazione.
La trama non è però molto originale: non si può negare un rimando saliente a "The Village" di Stephen King (soprattutto per l'ambientazione e la tipologia di villaggio) e "La notte dei morti" viventi di George A. Romero. Tuttavia la lettura concede diversi interessanti spunti di riflessione, toccando temi profondi ed evidenziandoli: la ricerca della propria identità, la scoperta e accettazione - sofferte - che non sempre ciò che si desidera è ciò di cui si ha bisogno. Che ai desideri a cui ci aggrappiamo, a volte, non corrisponde la felicità. E il coraggio di scegliere.
Per questo verso, se la trama forse non lo è del tutto, i temi trattati sono interessanti non soltanto per il target di prima destinazione: young adult.
Il finale, poi, benché di primo acchito possa risultare frettoloso e sospeso, riscatta la prevedibilità di alcuni snodi . Onestamente, non potrebbe essere diversamente.

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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    22 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

PIACEVOLE LETTURA

La giovane età dell'autrice si evidenzia nella freschezza dello stile utilizzato, immediato e di facile lettura; molto dialogo diretto e un linguaggio prettamente giovanile che rispecchia pienamente l'identità adolescenziale della protagonista e del suo punto di vista sul mondo. Compresi i richiami alla musica contemporanea, che servono ad avvicinare ulteriormente i lettori del target principale.
Le stesse descrizione dei personaggi, soprattutto di Guglielmo, a volte enfatizzate eccessivamente e ridondanti, se considerate sotto questa luce non stonano e si amalgamano bene nel contesto della storia. Lo stile narrativo è la prima persona, di una ragazzina della scuola superiore, la cui realtà è espressa in modo molto credibile.
La quotidianità è intrecciata efficacemente con gli elementi più classici del paranormal, rendendola adatta non soltanto ai cultori del genere, ma a chi ama il romanzo rosa. Infatti la trama è prettamente incentrata su di una storia d'amore, arricchita e resa più accattivante dal tema fantasy. Ma che punta sempre, dall'inizio alla fine, sull'aspetto romantico.
Angel è un urban soft, che non manca di momenti oscuri e tensione, ma che mantiene costantemente toni delicati anche nelle scene più drammatiche.
Benché la storia sia semplice, i nodi centrali della narrazione non particolarmente originali, che evidenziano gli influssi di altri grandi successi contemporanei young adult, sono personalizzati dall'autrice in modo sufficiente, tanto da rendere la lettura piacevole e non scontata. Inoltre la trama è arricchita dell'elemento thriller, che avrebbe potuto essere però ulteriormente sviluppato; come altri temi accennati e la caratterizzazione stessa di alcuni personaggi, che potevano essere approfonditi rendendo il romanzo più interessante anche per i lettori più esigenti e maturi. A ogni modo i personaggi principali sono bene strutturati, soprattutto Vittoria, dotata di un'ironia che la rende simpatica e di facile identificazione con i lettori più giovani.
Adatta alla parte più young del target young adult, è comunque una lettura nel complesso molto scorrevole e piacevole.

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Consigliato a chi ha letto...
Twilight,
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lilith shadows Opinione inserita da lilith shadows    21 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Caldamente Consigliato

Brillante esordio letterario di Deborah Epifani. Il mondo di Aron è un luogo incantato, ricco e ben descritto. Pur prendendo spunto dai classici epici, se ne discosta attingendo dall’immaginazione dell’autrice: Irisya e le altre ambientazioni conservano una loro peculiarità, dovuta all’evidente impegno e studio del dettaglio al fine di regalare al lettore un paesaggio incantato in cui perdersi con piacevolezza. Non si trovano elfi, gnomi, o altre creature tipiche del genere, ma nuove figure che mischiano in modo efficace elementi mitologici e la fantasia dell’autrice; né è un esempio la mezza ninfa Nephele. L’originalità, in questo caso, traspare soprattutto dall'attenta caratterizzazione della storia personale dei personaggi principali – una moltitudine di personaggi dall’apprezzabile varietà e spessore –, che li rende più o meno simpatici secondo il ruolo svolto nella storia, e reali; coerenti e credibili. Soprattutto umani e di facile identificazione per il lettore. Anche per quelli appena accennati, che non hanno comunque ruolo predominante in questo primo volume, sono messe le premesse per una maggiore caratterizzazione con l’evolversi della saga.
A riguardo, è evidente il background di studi dell'autrice: educatrice professionale, è riuscita a esprimere attraverso il protagonista Aron il normale percorso di crescita di ogni ragazzo. Le esperienze, i cambiamenti, le paure che tutti i preadolescente-adolescenti affrontano. In particolare il conflitto interiore di un’identità in formazione che si appresta a comprendere le molte sfumature esistenti tra il bene e il male, prima di tutti in se stessi. Le leggende di Aron è una di quelle saghe che accompagneranno, volume dopo volume, il giovane lettore nel suo percorso di crescita; affrontato qui con delicatezza ed efficacia attraverso l’elemento fantasy. Aron crescerà insieme al lettore – come spiegato dall’autrice stessa durante la presentazione.
La trama, pur assorbendo caratteri tipici del genere, è ricca e complessa. Si rileva ancora quell'originalità capace di non annoiare, e si sviluppa senza particolari intoppi durante l’evoluzione della storia. Gli elementi prevalenti sono azione, avventura, magia, ben miscelati tra loro; miscela capace di coinvolgere il lettore e indurlo a continuare la lettura fino alla fine del volume, e aspettare la pubblicazione dei successivi. Ancora una volta, si notano la cura nel dettaglio e nella coerenza di personaggi e snodi narrativi. Non manca elemento ironico e comico, a iniziare dal comportamento e dalle gaffe di Aron stesso; il che lo rende, come già detto, molto umano e per cui credibile, vicino ai lettori.
Lo stile narrativo è adatto al target di riferimento e al genere: fluido e sufficientemente veloce, senza però tralasciare un’adeguata descrizione evocativa delle ambientazioni e dei personaggi. È da notare l’impegno nel cercare di utilizzare correttamente i punti di vista nella narrazione in terza persona, non scontato per gli autori esordienti.
Anche se il target di preferenza è l’arco d’età preadolescenza-adolescenza, ciò non toglie che sia una saga adatta a tutti gli amanti del genere fantasy, capace di coinvolgere lettori più maturi, come capita spesso con i buoni YA.

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