Opinione scritta da Zoroastror
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Pessimismo antropologico
La lettura del romanzo di Golding inevitabilmente mi ha riportato alla mente la riflessione filosofica che tra il 1600-700 si interrogò sull'essenza della natura umana e sulla condizione dei primi uomini, gli uomini dello stato di natura. Se da una parte Rousseau esaltava la bontà e la semplicità dei primitivi, contribuendo con il suo pensiero alla creazione del mito del buon selvaggio, dall'altra parte l'antropologia di Hobbes in maniera cruda e brutale rappresentava una condizione del tutto diversa. Ebbene a mio parere il modello antropologico di Golding è molto simile a quello di Hobbes. L'uomo lontano dalla civiltà è l'apoteosi dell'egoismo e della violenza, la stessa ragione (nel senso lato del termine) è usata per finalità perverse, per perseguire quasi scientificamente i propri intenti malvagi. Venendo meno la legge, l'arbitrio si erge ad unica legge. Questo è quello che accade ne Il signore delle mosche. All'inizio i giovani naufraghi cercano di ricreare una società civile con ben precise regole da rispettare e compiti da svolgere, per poi degenerare alla fine nella barbarie, nell'ordalia, nel furore orgiastico della cieca violenza.
Un romanzo crudo, spesso ansiogeno ma comunque da leggere. L'unica nota negativa è legata ad alcune pecche stilistiche, spesso i dialoghi infatti sono concitati e confusionari, probabilmente l'intento dell'autore era quello di trasmettere la confusione dei personaggi, ma la comprensione spesso è messa a dura prova.
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La dissoluzione del mondo umano
La legge del sospetto sembra regnare sovrana nel mondo creato da Orwell. I legami di amicizia, l'amore familiare, la fratellanza del genere umano, tutto si dilegua davanti alla paura e al sospetto. Chiunque può essere denunciato alla Psicopolizia, basta un' espressione diversa dal solito, uno sguardo di troppo. Chiunque può denunciarti, i tuoi figli, tua moglie. In questo mondo i bambini sono indottrinati dal regime fin dalla più tenera età, la verità non esiste ma muta secondo le esigenze manipolatorie del regime stesso. Persino la lingua è stata alterata, semplificata fino all'inverosimile. L'unico scopo è quello di controllare l'individuo, non soltanto nei suoi comportamenti esteriori ma persino nella più intima sfera dei pensieri. E se pensiero e linguaggio sono intimamente collegati, allora il modo più semplice per operare questo controllo è quello di "disumanizzare" la lingua, rendendola talmente semplice e artefatta tale da inibire e semplificare il pensiero stesso. Un controllo scientifico delle masse dunque.
Gli spunti di riflessione sono veramente tanti, su ogni elemento di 1984 si potrebbero scrivere fiumi di parole, ed è proprio questa la forza del romanzo, aprire gli occhi all'ingenuo lettore. Magari il nostro mondo non è ancora giunto a questo estremo punto di non ritorno ma il passo potrebbe essere davvero breve. Dunque consiglio questa lettura a tutti, nonostante spesso sia terribile e inquietante. Ma infondo la strada che ci porta alla conoscenza non è mai la più semplice!
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Una lezione di SpiritualitA'
Inquadrare l'opera di Gibran in un genere ben preciso è piuttosto difficile. Non si può parlare di un romanzo, visto che la trama è quasi del tutto assente, non lo si può definire un trattato per la sua brevità e per il particolare linguaggio simbolico utilizzato dall'autore.
Almustafa, l'eletto di Dio, il profeta, prima di fare ritorno all'isola natia, lasciando la terra che per dodici anni l'aveva ospitato, vuole concedere agli abitanti di Orphalese una lezione di spiritualità.
Interrogato a turno dagli abitanti della città, dai più in vista ai più semplici, fornirà la propria soluzione agli interrogativi che assillano da sempre l'uomo, dall'amore alla morte, dal lavoro alla bellezza. Il linguaggio è scorrevole ma denso di metafore, un vero e proprio linguaggio profetico. Sebbene spesso le risposte di Almustafa siano più o meno condivisibili, in alcuni casi la matrice religiosa è molto evidente, il merito di questo libro è quello di farci riflettere, magari trovando soluzioni alternative rispetto a quelle proposte dall'autore; e per questo lo definirei un vero e proprio motore di pensiero. Magari il genere non piacerà a tutti, ma essendo molto breve (si legge in un paio d'ore) consiglio almeno di provare!
Concludo con una citazione:
"E io dico che la vita è davvero oscurità se non c'è slancio,
e ogni slancio è cieco se non c'è conoscenza,
e ogni conoscenza è vana se non c'è attività,
e ogni attività è vuota se non c'è amore."
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Solo per appassionati
L'anello dei Borgia è un thriller che intreccia presente e passato, in cui il filo conduttore che unisce luoghi e tempi anche molto distanti tra loro è proprio l'anello di Lucrezia Borgia. Secondo la tradizione la bella nobildonna si serviva dell'anello per avvelenare i nemici politici, l'autore amplia ulteriormente la credenza popolare immaginando che l'anello e il suo potente veleno non siano scomparsi con Lucrezia ma siano giunti fino ai nostri giorni. Ritrovato per caso nel corso di uno scavo, l'anello ben presto cade nelle mani di un misterioso serial killer che ispirandosi a Lucrezia seminerà una scia di sangue. Il thriller alterna continuamente presente e passato, la scoperta della storia dell'anello si rivela importante per risolvere i misteri presenti. L'idea all'inizio sembra interessante, peccato che l'originalità venga progressivamente meno fino ad arrivare ad un finale, a mio avviso, anche un po' scontato. Mi sento dunque di consigliarlo solo agli appassionati del genere, specificando che non ci troviamo certo davanti ad un capolavoro ma piuttosto ad una classica lettura da spiaggia.
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Un Romantico da riscoprire
Utilizzando un classico espediente narrativo l'autore ci presenta l'epistolario di Werther, giovane appartenente alla borghesia tedesca e intriso di profondi ideali romantici. Nonostante la vicenda amorosa occupi un ruolo di primo piano nel romanzo, sarebbe un errore limitare la nostra percezione solo a quest'ultima. Nell'opera di Goethe infatti sono presenti tutti i classici temi del pensiero romantico, dal rapporto armonioso e quasi di perfetta fusione col mondo naturale, al sentimento dello "Streben", quest'ultimo rappresentato dalla perenne inadeguatezza alla vita borghese, fatta di affari ed economia, e dal continuo sforzo di superamento che ne consegue. Un romanzo dunque da riscoprire per comprendere al meglio i sentimenti e gli stati d'animo che ispirarono i primi romantici, nonché per confrontarsi con un linguaggio denso di lirismo che presenta la passione (in ogni sua veste) della giovinezza.
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