Opinione scritta da ALI77
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IL CAPITOLO CONCLUSIVO DI UNA TRILOGIA
Questa storia, a mio avviso, è stata la più avvincente di tutta la trilogia, siamo a Stoccolma e ormai il Natale è alle porte, le luci illuminano un'atmosfera già magica, come solo i paesi nordici possiedono.
Da una parte il ministro della Giustizia che viene minacciato e gli rimangono solo quattordici giorni, un'ora e dodici minuti da vivere e dall'altra vengono ritrovate delle ossa umane in un tunnel della metropolitana ma non si fermeranno qui, perché verranno trovati altri resti.
Il caso che coinvolge Mina e Vincent sarà intricato e non così semplice, tra enigmi da risolvere e matasse da sbrogliare, seguiamo anche la vita privata dei protagonisti.
Nonostante il libro sia lungo circa seicento pagine, si legge molto velocemente e mi sembrava di aver ritrovato perfino la Läckberg che conoscevo e ammiravo anni fa, il suo stile così unico e coinvolgente che mi aveva fatto appassionare alla serie dedicata ai delitti di Fjällbacka.
Alcuni parti però erano noiose e alcuni personaggi e storie secondarie hanno fatto diminuire il ritmo della storia, per fortuna non erano così rilevanti e non hanno influito sulla narrazione, però a mio avviso potevano essere tranquillamente eliminate.
Alla fine c'è una sorpresa, non c'erano segnali per questo colpo di scena finale, da una parte può essere considerato geniale ma dall'altra può portare un po' di amarezza perché la trilogia è conclusa, pertanto non apporta nulla di più alla storia. Non mi aspettavo che finisse qui la serie ma evidentemente per l'autrice ci saranno dei nuovi progetti.
Vi consiglio di leggere i libri in ordine di uscita, in quanto si racconta anche la vita personale dei protagonisti e leggendoli in disordine non capireste fino in fondo né la storia né l'evoluzione dei personaggi.
Ho apprezzato molto il cambiamento che hanno avuto Mina e Vincent, sono stati scritti in maniera verosimile e sono credibili, non appaiono unidimensionali o statici, questo è sicuramente un aspetto positivo di quando si legge una serie.
Un buon thriller.
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UN BUON DRAMA FAMIGLIARE
Liz Moore è un’autrice che conosce bene, ho già avuto il piacere di leggere alcuni dei suoi romanzi e mi hanno sempre colpito molto, in particolare il suo stile narrativo così coinvolgente e descrittivo, ero sicura che anche questa volta non mi sarei sbagliata su di lei.
Una ragazza di tredici anni di nome Barbara scompare dal campo estivo al quale stava partecipando, le ricerche partono subito anche per il fatto che lei non è una persona qualsiasi ma appartiene alla ricca famiglia dei Van Laar, proprietari del campo.
La cosa curiosa è che anni prima pure il fratello di Barbara, Bear, è scomparso all’età di otto anni e di lui non si è più saputo nulla.
Entrambi sono spariti in questa meravigliosa riserva naturale, dove è ambientata la vicenda, in questo caso il contesto e l'habitat in cui l'autrice ha sviluppato il dramma interagisce bene con la storia dei personaggi che ci vengono presentati.
"Alice guarda verso il lago. La verità è che non ha idea di dove possa essere Barbara. Tutti sembrano insinuare che probabilmente è scappata, ma Alice ha paura che possa trattarsi di qualcos'altro."(cit.)
I capitoli sono molto brevi e ci sono POV differenti con periodi temporali diversi, questo aiuta moltissimo il lettore a capire cosa fosse successo prima, a conoscere i vari personaggi e la loro storia.
Questo continuo andare avanti e indietro potrebbe essere rischioso se l’autore non sa dosare e inserire nei momenti giusti i vari punti di vista e salti temporali, qui però questo non succede, perché la Moore è molto abile e non perde mai il filo della narrazione.
La famiglia Van Laar è molto ricca e da generazioni cerca di tenere alta la reputazione e il loro onore, quando c’è da nascondere, insabbiare e celare delle scomode verità lo fa senza esitazione.
Alice è la madre di Bear e Barbara, cresciuta senza amore e costretta a sposare Peter Van Laar un uomo più grande di lei che non l’ha mai amata ma considerata sono come un mezzo per avere un erede. Alice è sempre stata criticata e giudicata per la sua giovane età e per la sua inesperienza, se prima lo facevano la sua famiglia poi lo fa il marito e lei cerca di accontentarlo e di arrivare al suo livello, ma non riuscirà mai a raggiungerlo.
Non è mai stata amata, si sente completamente sola ma anche impotente nel fare qualsiasi cosa. L’unica sua consolazione è il figlio Bear che ama più di ogni altra cosa, dopo la sua scomparsa non è più la stessa, non riesce a provare lo stesso amore per Barbara.
Alice è il personaggio che mi ha colpito di più si potrebbe scrivere molto su di lei, giudicarla, ma penso che dobbiamo considerare i fattori che l’hanno resa la persona che è nel 1975, cosa o chi l’ha spinta a diventare così, quale dolore ha subito, quante umiliazioni ha dovuto patire, in questo l’autrice la rende molto umana, anche nel suo lato più oscuro e buio, lascia sempre uno spiraglio di luce forse per riuscire a capirla per quanto sia possibile. Alice non si ribella alle varie situazioni che si trova ad affrontare, non è stata educata in quel modo e poi dobbiamo considerare che siamo negli anni settanta.
Peter non si cura dei figli né tantomeno della moglie, solo le apparenze contano, è quello che oggi definiremmo uno yes man, un uomo che obbedisce senza dire nulla, che cerca di ottenere da ogni persona e da ogni situazione il massimo del profitto, senza guardare in faccia a nessuno, né al rispetto, né alla dignità. E’ un uomo che non ha personalità, senza carattere.
"Più che un marito le sembrava di avere un allenatore: uno che cercava sempre di insegnarle qualcosa, di migliorarla, di portarla al suo livello. Non gliene voleva per questo; prima di conoscere Peter non sapeva mai che direzione prendere. Si ripeteva che doveva considerarlo una sorta di mentore."(cit.)
L’ispettore che si occupa del caso è una donna, leggiamo la continua lotta dell’ investigatrice di far capire il suo valore e il fatto che non sia un uomo non cambia nulla nella sua professionalità. E’ una battaglia difficile da vincere, il pregiudizio c'è ancora oggi figuriamoci per una giovane donna che vive negli anni settanta e che fa un lavoro che fino a poco prima era prerogativa maschile.
Barbara è un’adolescente che porta con sé dei grandi fardelli, in primis la famiglia in cui è nata e la scomparsa del fratello Bear, da subito si intuisce che c’è qualcosa che non sappiamo, come si comporta e come cerca ogni notte di andare via dal campo.
La trama è complessa e ben strutturata e si snoda lentamente facendoci conoscere i personaggi e la loro storia, in un continuo viaggio tra il passato e il presente ripercorrendo la storia dal 1951 al 1975, anno della scomparsa di Barbara.
Le tematiche che affronta l’autrice sono varie, i traumi infantili, le dipendenze, la criminalità, i conflitti sociali tra ricchi e poveri.
Quello che mi compisce sempre molto di questa autrice è la sua prosa così vivida e descrittiva, il lettore si immagina quello che legge come se vedesse una serie tv, dalle pagine si riesce a cogliere le varie sfumature della storia, le sensazioni, le emozioni, che provano i vari personaggi.
Il ritmo della storia è incalzante, questo mix tra dramma famigliare e noir mi attira sempre molto e ho trovato che l’ultimo quarto di libro volasse perché tanta era la curiosità di capire cosa sarebbe andato a finire.
Il finale è la parte che mi ha convinta di meno, l’ho trovato poco verosimile, un po’ forzato per essere credibile, un libro di fiction deve avere una componente realistica altrimenti parleremmo di una favola, o di un fantasy ma questo non è il caso. Inoltre non conosciamo come finisce la storia di alcuni personaggi e in particolare avrei avuto piacere di capire cosa succedesse a uno in particolare.
E' un libro che consiglio, un'ottima storia che riuscirà a emozionarvi.
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RIORDINO: PIU' GIOIA E MENO STRESS
Il riordino si svolge di due fasi: scartare e riporre nel luogo giusto.
Marie prima di iniziare ci spiega che non siamo abituati alla "gioia" e in molti casi non riusciamo a riconoscerla, per questo bisogna seguire il processo che l'autrice descrive nel libro.
Prima bisogna partire dal necessario per poi arrivare alle cose che hanno un valore sentimentale, si inizia dal vestiario, poi si prosegue con i libri, le carte, il komono (oggetti misti) e infine i ricordi. Seguire questo ordine è fondamentale, inoltre bisogna riordinare per categoria e non per stanza.
La cosa migliore è quella di darsi una data di scadenza per il riordino non è necessario farlo sempre ma basta una sola volta, certo è difficile in un unico momento sistemare tutta la casa, ma si potrebbe individuare un giorno a settimana, un paio di ore serali ma la deadline dovrebbe essere rispettata.
Il capitolo forse più interessante per me e per noi lettori è quello dedicato ai libri, il segreto di questo riordino è prendere tutti i libri e metterli assieme in una stanza, se riusciamo a farlo naturalmente! Non solo romanzi da leggere, ma anche riviste, manuali, libri di cucina, cataloghi ecc. Se sono troppi affrontateli dividendoli per genere e tenete ciò che vi procura gioia. Come capirlo? Prendeteli in mano, guardate la copertina e sentite che emozione vi dà, non soffermatevi troppo però, non leggete la trama e cercate di immaginare una libreria con solo i titoli che vi procurano gioia.
Un libro può provocarvi gioia a metà? Cioè solo alcune pagine lo potrebbero fare? Marie ci consiglia di tenere solo le pagine che ci interessano, credo che questo sia possibile più con le riviste, i cataloghi che con i romanzi.
Il capitolo dei komono è quello più ostico da realizzare, perché di questa categoria abbiamo tantissimi oggetti da sistemare e organizzarli non è sempre facile, il consiglio è di partire da quella che vi sembra più semplice. Marie ci dice sempre di riciclare e per sistemare i vari oggetti il segreto è quello di utilizzare quello che avete in casa, scatole, contenitori ecc.
I komono da tenere sono quelli che vi procurano gioia e sono utili magari una molletta per i capelli, una piastra ecc, quelli che non sono utili ma vi procurano gioia, magari non so una pianta o un soprammobile e infine quelli che sono utili ma non ci procurano gioia ma gli usate tutti i giorni, sono comodi vi aiutano e non vi procurano stress.
Sull'ultimo capitolo dei ricordi, su questo ognuno credo abbia la propria sensibilità quindi se vi va di tenere tutto tenete tutto, non si deve per forza scartare una cosa che per voi è importante, una foto, un vecchio diario, un regalo magari che non usate più.
Se riuscite a completare questo processo dovreste trovare facilmente dove si trova ogni cosa, senza perdita di tempo e stress, naturalmente anche le nuove cose devono seguire l'ordine che avete stabilito.
Più semplicità e più autostima.
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LA PAZZIA DI UNA COPPIA SPOSATA
La voce narrante di questo libro non ha un nome, è una donna che racconta la sua vita, è ancora innamorata del marito dopo quindici anni di matrimonio, è cresciuta in un quartiere popolare ma ben presto ha imparato le regole della buona società e nell'essere una perfetta moglie. Mio marito, così viene chiamato un centinaio e più di volte non ha un nome, solo un buon lavoro, loro sono una coppia invidiata, senza crisi, senza litigi.
La protagonista sente di non essere una buona madre per i suoi figli, lo dice spesso durante la narrazione, i suoi pensieri sono tutti per il marito che per lei rappresenta tutto e quello che le succede e tutte le sensazioni che prova le scrive in un diario.
Possiamo definire questo libro con un lungo monologo che dura una settimana dal lunedì alla domenica, è stato a volte stancante sentir parlare di come tutto quello che facesse la protagonista fosse solo per compiacere il marito. Non c'è quasi dialogo tra di loro, se la donna si sente offesa o non è d'accordo su quello che dice o fa il marito lo scrive sul diario, fa delle ripicche ma cerca di non rovinare mai il mondo perfetto e finto che ha creato. A volte si arrabbia, vorrebbe essere solo baciata, abbracciata e compresa ma i due non parlano, non discutono sembrano quasi irreali.
Il finale, non farò spoiler, ma a detta di molti era il vero colpo di scena, mi ero immaginata vari scenari, anche quello che alla fine ho letto, ma per me è stato veramente banale.
Quello che ho apprezzato di più di questo libro è lo stile scorrevole, intenso, che ti avvolge e ti fa sentire parte della storia.
La protagonista è ben delineata, sappiamo tutto di lei, di cosa pensi, di cosa fa, a volte diventa paranoica a pensare a quello che il marito prova, a cosa pensa, se la tradisca e non si concentra su se stessa. Possiamo definirla un'ossessione amorosa?
No, forse piuttosto la protagonista vuole essere all'altezza di una vita che però non fa per lei, è ingenua quando basta a scrivere tutto sul diario e non avere un posto segreto o a tenerlo nascosto, tanto ingenua da credere di avere il controllo della situazione. E infatti a volte sbaglia, commette errori però l'importante è non turbare il marito e la serenità del loro matrimonio. E' così cieca da non vedere? Così egoista da far soffrire i figli? Sì.
Un libro che si legge in poche ore ma con un finale che piuttosto che sorprendere lascia l'amaro in bocca.
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INTERESSANTE MA POCA AZIONE
L'idea di questo libro è molto buona, amo sempre leggere qualcosa di nuovo, nuovi autori o nuove ambientazioni, la curiosità prevale sempre sul resto, anche se in questo caso ho trovato anche una trama interessante.
Questo romanzo è una sorta di thriller, di storia familiare con un pizzico di gotico ma il problema per me, è come è stata costruita la storia, non era molto avvincente, con pochi colpi di scena e la parte ambientata ai primi del Novecento era noiosa. Pensavo ci fosse più azione, più mistero, mi è mancata quella magia che sento quando leggo un testo vittoriano, probabilmente questo è dovuto al fatto che l'autore fosse contemporaneo e non è riuscito a creare quell'atmosfera così suggestiva.
Per comprendere al meglio la storia si dovrebbe iniziare la lettura dalla parte di fine Ottocento, che è anche quella che io ho preferito.
E' una stata una lettura piacevole ma mi è mancato anche un vero e proprio approfondimento dei personaggi principali che avrebbe reso la storia più credibile.
E' un testo leggero senza alcuna pretesa, purtroppo sarà un libro che dimenticherò in fretta.
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Come utilizzare tremila yen
La narrazione ruota attorno a come risparmiare nelle varie fasi della vita, probabilmente questo non doveva essere presentato come un romanzo ma più come un saggio di economia domestica giapponese.
Un altro importante aspetto che fa somigliare questo libro a un manuale è il fatto che i personaggi non vengono approfonditi ma vengono presentati in maniera superficiale. Ci troviamo di fronte a una serie di racconti dove la parola chiave è il risparmio ma non c'è nulla di più.
Doveva essere proposto come saggio sull'arte del risparmio giapponese, perché in questo testo non c'è una trama e non c'è nessuna storia da seguire.
Non basta parlare di tre donne della stessa famiglia che in periodi diversi affrontano la vita e le difficoltà economiche, serve anche una narrazione con uno spessore e un filo conduttore. Qui il vero protagonista è il denaro che porta sofferenza o felicità.
Il messaggio che il libro vuole dare è importante, capire il valore dei soldi fin da piccoli è fondamentale, come saperli gestire, ma credo che sia sbagliato presentare il libro come un romanzo è alla fine non lo è.
Non è una saga famigliare o una storia corale, è semplicemente un manuale e in alcuni punti devo dire anche estremamente noioso.
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UNA VERA SORPRESA
Questo romanzo l'ho visto ovunque e ne ho sempre sentito parlare bene da pseudo influencer di libri di cui non mi fido, che sponsorizzerebbero anche le pop corn pur di ricevere qualcosa gratis.
Me lo ha consigliato un'amica e mi ha detto:" proviamo a leggerlo e vediamo se ne vale la pena" e deve dire che è stata una sorpresa e come libro d'esordio è stata una vera scoperta.
Non vi racconterò la trama, la potete trovare dove volete ma preciso subito che il femminismo qui non centra nulla, in questo periodo se ne parla anche troppo, in questo testo si punta l'attenzione sul pregiudizio che da secoli si ha nei confronti delle donne; perché per un motivo o per un altro se una donna non seguiva quello che la società le diceva di fare o non si comportava come ci si aspettava, o era pazza o era una strega.
La storia è interessante, scorrevole, appassiona il lettore per tutta la durata della narrazione, le tre protagoniste sono descritte in maniera credibile e convincente e ogni capitolo è alternato con le storie di queste tre donne. Non ne ho preferita una all'altra, mi sono affezionata a tutte e tre, alle loro sofferenze, paure, emozioni e leggendo questa storia ho capito molte cose.
Il pregiudizio è difficile da cambiare nella mente delle persone, nella società in cui viviamo, alcune volte gli altri sanno di più sulla nostra storia e sul nostro passato di quello che sappiamo noi stessi, bè forse credono di saperlo.
L'autrice Emilia Hart sa scrivere, sa narrare una storia, sa coinvolgere il lettore, sa attirare l'attenzione sui temi di cui vuole parlare, ha un vero e proprio talento.
Ho sempre pensato che i romanzi più venduti siano frutti di due fattori, il primo il marketing, la fortuna o il destino come lo vogliamo chiamare e il secondo il vero e puro dono della scrittura, se vediamo le classifiche quando di questi autori hanno davvero il talento? Per me pochi ma questa autrice ce l'ha, l'x factor della scrittura, quel quid in più per farsi notare in questa marea di falsi scrittori.
Sappiamo tutti come funziona l'editoria oggi, si promuove non ciò che vale ma quello che vogliamo che valga e così siamo attratti da quel libro pubblicizzato che alla fine ci deluderà. Sì così la casa editrice ha vinto, ti ha fatto acquistare un libro mediocre spacciandolo per un capolavoro e ha raggiunto il suo obiettivo quello di vendere e di arrivare al budget fissato e questo succede spesso, forse anche troppo.
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CAMBIARE LAVORO CAMBIARE VITA
Leggendo questo romanzo mi sono chiesta quante volte nel lavoro mi sono sentita così, senza speranza, in un labirinto senza uscita. Molti potrebbero dire se il lavoro non fa più per te o non ti trovi più bene la soluzione è semplice, basta cambiare. Ma anche farlo è difficile, cercare un altro impiego è complicato tanto quanto rimanere in un posto in cui non ci si sente più bene. Al colloquio ti devi "vendere" per quella che non sei, devi essere spigliata, dinamica, autonoma, intraprendente, conoscere le lingue, anche se il lavoro per il quale sei candidata, non lo richiede. Devi sembrare una persona piena di interessi, che simpatizza facilmente, che si adatta alle sfide e che le vince. Anche se il lavoro che devi svolgere è quello di portare dei caffè e organizzare l'agenda del tuo responsabile. Magari la vera te stessa vorrebbe solo alla sera fare un bagno rilassante, indossare una tuta e sdraiarsi sul divano con un plaid e una buona tazza di tè a leggere un libro o a vedere una serie tv. Invece devi sembrare una persona che preferisce fare vita sociale, partecipare a feste, avere mille interessi diversi tra di loro, arrampicata, cucito, cinema altrimenti passi per quella che non deve essere scelta. Perché se non fai le stesse cose che fanno gli altri sei da escludere. Anche se il tuo lavoro è un semplice data entry, anche se fai un part time e non hai nessuna prospettiva di carriera possibile. Sono esagerata? No, è la verità.
E non esiste l'inclusione. Qui non centra essere donna o uomo, non parliamo di differenze di genere. L'importante è "sembrare" felici, partecipare alle iniziative aziendali, aperitivi, team building, essere presenti agli eventi sociali anche se sei invisibile.
Così si sente Sasha, la sua vita ruota attorno a un lavoro che non le piace più, ha attacchi di panico, si sente vuota ed è terribilmente stanca, non ha nemmeno il tempo di praticare sport o di dedicarsi a qualche hobby, così un giorno decide di lasciare tutto e andarsene. Sceglie di andare in un villaggio del Devon, che le ricorda i bei momenti trascorsi nella sua infanzia e di dedicarsi alla riscoperta di se stessa.
Per la protagonista sarà la scelta giusta o l'ennesimo fallimento? Sophie Kinsella con la sua solita ironia punta l'attenzione sul mental breakdown, un tema molto attuale e ci riguarda da vicino. Un argomento da non sottovalutare, difficile da riconoscere e da combattere ma che non possiamo evitare, succede a tutti in un momento della vita e ci sono solo due strade da percorrere: sopravvivere oppure cambiare, reinventarsi ma non a tutti va bene, la maggior parte di noi fallirà.
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UNA NUOVA COPPIA INVESTIGATIVA
All'inizio del libro viene ritrovato il cadavere di Vita Castellá, in una stanza di un albergo di Madrid, lei è stata la presidente della Comunità Valenciana. La vittima è stata avvelenata con un caffè ma per evitare uno scandalo nel partito, la notizia che viene data alla stampa ha una versione ben diversa, è stato un infarto a stroncare la vita della donna.
Le indagini, però non si possono evitare e viene affidato il caso alle sorelle Berta e Marta Miralles, due giovani ragazze inesperte e apparentemente innocue che nessuno crede possano risolvere il caso.
Questi due personaggi sono agli antipodi, Berta è una donna responsabile, molto professionale e amante della lettura mentre Marta ama uscire e divertirsi.
La narrazione scorre veloce, la trama è quanto mai attuale e verte sul mondo corrotto della politica, su quanto la sete di potere possa accecare la mente delle persone e gli "onesti" passano in secondo piano, vengono derisi e sembra che la normalità sia agire illegalmente e senza alcun sano principio.
Questo succede purtroppo però non solo nel mondo politico, ma anche nell'ambito lavorativo e sociale, sembra che per sopravvivere bisogna districarsi in un mondo di bugie e falsità e dove si è perso il senso di umanità, di integrità e di lealtà. Purtroppo, questo lo possiamo vedere ogni giorno.
Queste due protagoniste non mi hanno convinto del tutto, non sono riuscita ad affezionarmi a loro nonostante abbia apprezzato molto la loro determinazione a non mollare e a risolvere il caso.
Lo stile è semplice, i capitoli brevi aumentano il ritmo della storia, un thriller investigativo di fantasia ma che potrebbe benissimo descrivere un fatto di cronaca.
Ho trovato che alcuni sviluppi della trama fossero piuttosto deboli per essere un thriller, ho trovato che l'autrice non abbia ben delineato le protagoniste che sembravano dei personaggi poco verosimili, alcune volte pensavo che fossero delle adolescenti. Probabilmente essendo il primo libro di una serie avranno un'evoluzione nei prossimi romanzi.
Un thriller semplice e scorrevole, per passare qualche ora di spensieratezza.
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UN LIBRO PUO' CAMBIARE LA VITA
In questo romanzo i protagonisti sono cinque, con età e vite diverse ma accomunati da una caratteristica in comune, sono entrati in biblioteca e hanno trovato la signora Komachi, che ha il "potere" di consigliarti un libro che ti cambierà la vita.
Cosi durante la lettura conosciamo Tomoka, Ry?, Natsumi, Hiroya e Masao e chi per un motivo, chi per un altro devono cambiare la propria prospettiva, trovare il coraggio di andare avanti o realizzare i propri sogni, dovranno impegnarsi in questo e la signora Komachi li aiuta solamente ad iniziare il loro nuovo percorso.
Le storie che mi hanno colpito di più sono quelle di Tomoka e Natsumi, la prima è una giovane ragazza che ha lasciato la provincia per vivere a Tokyo, per scappare da un paese che non le offriva nulla e sperava di trovare una sua strada nella grande città giapponese. Però è finita a fare la commessa in un negozio di abbigliamento di un supermercato senza una reale prospettiva.
Natsumi ha quarant'anni e una figlia che va all'asilo e si divide tra la voglia di fare carriera e le sue responsabilità di madre, una donna può essere realizzata nel lavoro ed essere una buona mamma? L'autrice si sofferma su questo tema importante e quanto mai attuale del difficile rapporto tra le donne che devono trovare il giusto equilibrio tra famiglia e professione. Non solo, ci sono ancora posti di lavoro che non accettano le lavoratrici madri e dove molte volte sono le donne che devono rinunciare al lavoro perché trovano difficoltà con i loro capi e colleghi.
In questo libro vengono trattati moltissimi altri argomenti importanti e attuali come la disoccupazione, la realizzazione di un lavoro ideale, la pensione e la depressione di non trovare più un posto nella società, il difficile rapporto casa- lavoro, il ruolo delle donne nella società.
Nei vari quartieri di Tokyo ci sono dei centri dove le persone che risiedono lì possono svolgere gratuitamente dei corsi, per esempio imparare a usare il pc, o un hobby creativo, oppure una lingua e accanto a questi ci sono delle biblioteche, che con una semplice tessera si possono prendere in prestito dei libri.
L'autrice dedica un capitolo ad ogni suo personaggio, li delinea in maniera credibile e autentica, con una prosa semplice ma efficace e il lettore riesce anche a ritrovarsi in alcune situazioni che sono alquanto veritiere.
In realtà non sono dei capitoli staccati l'uno dall'altro ma ritroviamo dei collegamenti con gli altri personaggi all'interno della storia, seguiamo con interesse il percorso di ognuno di loro che reagisce e segue la strada che li renderà più felice.
Un testo interessante e anche piacevole che mette ancora di più in evidenza il potere dei libri e di quanto un romanzo possa cambiarti la vita, oppure "chiamarti" per la lettura in un momento particolare, ti può insegnare molto un libro, ti può cambiare o migliorare la giornata o anche la tua vita.
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UN TESTO EMOZIONANTE
«Signor Hamil, si può vivere senza amore?»
Non ha risposto [...] «Si» ha detto, e ha abbassato la testa come se si vergognasse.
Momo è un orfano musulmano di dieci anni che vive assieme a un'anziana signora ebrea di nome Madame Rosa, che ha avuto una vita molto difficile, è stata prigioniera di Auschwitz e poi si è data al mercimonio a Parigi.
Sarà Momo il narratore di questa storia, la madre lo ha abbandonato, ha trascorso la sua infanzia in questa pensione clandestina dove vive con altri figli di prostitute, racconta del suo rapporto materno con Madame Rose e della malattia della donna che vorrebbe morire naturalmente senza cure.
Il quartiere così come la pensione sono in pessime condizioni, alcuni genitori vengono a trovare i loro figli ma per Momo non viene nessuno.
La storia che ci racconta Momo è pervasa da un senso di ingiustizia e di tristezza verso tutte le persone che sono emarginate, per la religione, per la provenienza geografica, perché sono malate, povere o anziane e vengono trascurate, isolate e derise dalla società. Questi bambini e Madame Rosa che se ne prende cura, si uniscono e si curano a vicenda e questo è sicuramente un bel messaggio di speranza.
Questo romanzo anche se è corto, è molto intenso, credo che l'autore voglia comunicarci che l'unica cosa che conta è l'amore, in ogni forma. Quando la vita è difficile, quando si è senza famiglia, quando anche solo respirare diventa complicato, l'unica cosa che ci tiene vivi è amare e se siamo fortunati essere amati.
Questo testo ci fa anche capire che i sentimenti non hanno confini religiosi o geografici, quello che conta sono le persone, cosa abbiamo dentro non da dove veniamo, che lavoro facciamo o in cosa crediamo.
Un testo amaro e dolce come la vita.
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UNA LETTURA RILASSANTE
Con una trama semplice ma coinvolgente questo libro è riusciti a farmi sorridere e a farmi passare un paio di ore in assoluto relax. .
Adoro gli autori giapponesi sia quando affrontano temi più delicati, sia quando descrivono i problemi della società odierna, ma anche in questo caso quando raccontano una storia normale e riescono a renderla interessante.
Takako è in un momento difficile della sua vita, scopre che la sua relazione è in realtà fittizia perché il suo ragazzo si sta per sposare con un'altra donna che è la sua fidanzata e decide di lasciare il lavoro perché non sopporta più di vedere il suo ex. Si chiude in se stessa, nella sua stanza per giorni senza fare nulla, fino a che suo zio non le chiede di darle una mano nella libreria Morisaki, negozio che ha ereditato dal nonno.
Abitavo sommersa dai libri in una stanza al primo piano, un ambiente buio e angusto, umido, pervaso dell’odore di muffa tipico della carta vecchia.
Ciò nonostante, il ricordo di quelle giornate è ormai parte di me perché è proprio lì che la mia vita, la mia vera vita, è cominciata. Senza quell’esperienza tutto sarebbe stato molto più scialbo, banale, piatto.
Un posto importante, indimenticabile: questo è per me la libreria Morisaki.
I ricordi di quel periodo sono ancora vividi, pronti a emergere dai recessi della memoria.
La protagonista è titubante all'inizio ma accetta, perché non vuole andarsene da Tokyo e tornare nel suo paese Ky?sh? dove è cresciuta e dove la madre le combinerebbe un matrimonio. Dopo aver fatto così tanti sacrifici non può tornare indietro.
La libreria Morisaki è nel quartiere Jinb?ch? che è famoso per essere pieno di libreria, un vero e proprio posto magico per tutti noi lettori. Takako è affascinata da quello che vede, dai libri anche se non è una lettrice, li inizierà ad amare e aiuterà lo zio con il negozio. A causa di alcuni problemi di salute, lo zio deve assentarsi per fare delle terapie.
Takako è un personaggio interessante che ho trovato ben delineato nonostante il libro sia corto, è una giovane ragazza che deve ancora capire cosa vuole e cosa fare della sua vita, sicuramente quello che le è successo l'aiuterà a crescere.
Tutto quello che succede nel libro viene scandito dal passare delle stagioni e di come la natura cambia e così anche le persone possono trovare la loro strada, dopo il buio dell'inverno c'è sempre una nuova primavera.
Lo stile è molto semplice forse in alcuni momenti anche troppo probabilmente se fosse stato scritto da un autore europeo sarebbe stato molto noioso, ma i giapponesi ci sanno fare, riescono a rendere qualcosa di semplice davvero delizioso.
Per apprezzarlo bisogna conoscere come scrivono i giapponesi, il ritmo calmo e lento è tipico della loro letteratura e della loro cultura come l'amore per i libri.
Diciamo che manca la visione pessimista tipica della loro cultura, la trama è leggera e senza pretese anche se in fondo tra le righe si può scorgere un messaggio importante, come la rinascita dopo un momento buio, un amore ritrovato, una seconda possibilità, il potere dei libri e della lettura. Ho amato le descrizione anche se trovo che l'autore sia ancora alle prima armi e possa migliorare molto.
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IL TERZO CASO DI CARL EDSON
Il nuovo caso su cui indaga l'ispettore Carl Edson riguarda il ritrovamento del cadavere di un dirigente di una compagnia mineraria svedese Jens Rudberg Karlsson che era stato rapito otto giorni prima.
Nella stessa casa ci sono altri corpi che probabilmente appartengono ai due rapinatori mentre un terzo è scappato, ma non solo, poco dopo viene trovata anche una persona viva, una donna ricoperta di sangue nascosta nell'armadio.
L'ispettore Carl Edson interroga la ragazza, che si chiama Edith, che sembra essere l'unica testimone ma lei non lo può aiutare perché è cieca, ma capisce subito che quello che gli sta raccontando non è vero e nonostante sia sorvegliata riesce a sparire.
Non è tutto è come sembra e questo caso impegnerà molto sia Carl che l'intera squadra.
Si rese conto di avere paura. Era quello il motivo. L’aveva sperimentata in passato, quando qualche anno prima si era scontrato con un alce, o quando a cinque anni sua figlia era caduta dalla bicicletta sbattendo il viso sul bordo del marciapiede. Ogni senso si affina, così che l’ambiente circostante appaia con maggiore nitidezza. Il tempo sembrava scorrere più lentamente, dandogli più spazio per pensare e prepararsi a ciò che lo aspettava.
L'idea iniziale è buona, è un buon thriller scorrevole nello stile dell'autore che avevo già conosciuto e apprezzato nei precedenti libri. Le descrizioni crude e dirette ricostruiscono in maniera dettagliata la scena e restituiscono al lettore un'immagine vivida di quello che Carl scopre.
Apprezzo sempre quando i thriller ci portano all'interno dell'indagine, quando partecipiamo agli interrogatori, troviamo le prove come se fossimo con Carl e la sua squadra a investigare sul caso.
Durante la narrazione purtroppo la tensione e il ritmo diminuisce molto e riprende verso la fine dove andiamo a scoprire la verità e a risolvere l'indagine.
E' un thriller ben congeniato ma rispetto agli altri di questo genere non lo consiglierei perché manca quel qualcosa in più che fa tenere il lettore incollato alle pagine. La storia è quasi priva di suspense in molti punti, anche se la vicenda è credibile, la costruzione dei personaggi principali di questo caso, non mi ha convinta del tutto gli ho trovato poco verosimili e poco caratterizzati.
Carl Edson credo sia un personaggio riuscito, molto umano ed empatico, percepiamo ogni sentimento che prova, ogni vittoria e ogni sconfitta, è sicuramente ben delineato e in ogni libro scopriamo qualcosa di più sulla sua vita. E' lui che regge l'intera narrazione e conduce per mano il lettore verso la verità, quando la trama non convince c'è sempre lui che è una sicurezza
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NON IL MIGLIORE DELLA KIRINO
"L’amore? Ma certo che c’era. Gliel’ho detto, ci amavamo alla follia… Sí, signora Suzuki, è proprio cosí: quando c’è l’amore, non si può parlare di crimine, mai. Ma lei cosa ne pensa di tutta questa storia? Che idea si è fatta? Crede che io sia stata solo una bambolina, un giocattolo? No, non è cosí, glielo assicuro."(citazione)
Suzuki Tamaki è una scrittrice molto famosa che sta lavorando a un nuovo libro "IN-Oscenità", che ha come protagonista il personaggio di un altro romanzo "L'innocente" dello scrittore Midorikawa Mikio. Quest'ultimo è stato pubblicato circa quarant'anni prima ed era una sorta di autobiografia dove la trama verteva sulla relazione extraconiugale tra il narratore e l'amante Maruko, che nel testo viene chiamata solo con una X. Sarà quest'ultima la protagonista del nuovo romanzo della Tamaki, che si mette sulle tracce di questa donna, per scoprire la sua identità e scoprire qualcosa in più su di lei e di conseguenza indagherà anche sulla vita dello scrittore Mikio. L'autrice si sofferma anche sulla vita privata di Suzuki sulla sua relazione con Abe Seiji il suo editor, per loro questa è una relazione extraconiugale.
"Motoko sorrideva soddisfatta, ma Tamaki pensava che non esiste segreto che non trovi spazio in un romanzo. Uno scrittore finisce sempre col rivelare i propri segreti nelle sue opere." (citazione)
La narrazione ha come trama principale il tradimento, le relazione sentimentale, il matrimonio e di come negli anni l'amore cambi, così anche i sentimenti; ma anche dell'ambiente letterario, del maschilismo che c'è in questo settore ma in generale nel mondo dell'arte. Gli uomini non ne escono bene da questo romanzo, vulnerali, infedeli, deboli e meno forti di quello che pensiamo mentre le donne restano sempre in piedi, nonostante i dolori, le difficoltà riescono sempre ad andare avanti.
Quello che mi ha lasciata perplessa è questo continuo andare avanti e indietro tra il passato e il presente, questo ha reso complicato stare dietro all'autrice e a quello che voleva farci capire con questo libro, sicuramente ha fatto un'indagine sulle relazioni sentimentali e sui rapporti di coppia e di come cambiano le persone, come l'amore si evolva, cresca o si interrompa.
Lo stile della Kirino riesce sempre a coinvolgere il lettore nella storia, con le sue descrizioni vivide e la caratterizzazione mai banale dei suoi personaggi, però rispetto ad altri suoi libri in questo romanzo manca qualcosa.
Il ritmo è molto lento, a volte anche ripetitivo, sembra sempre fermo nello stesso punto, non c'è molta suspense.
L'idea è molto buona, ma lo sviluppo della narrazione è molto confuso, in alcuni punti pesante e ben lontano dal suo più famoso romanzo "Le quattro casalinghe di Tokyo".
E' il quarto libro della Kirino che leggo e solo uno mi ha convinta e mi ha spinto a leggere altro, ed è quello che ho citato sopra le quattro casalinghe, ma se avessi iniziato da un altro suo romanzo non so se avrei continuato a leggerla. Io credo che la Kirino sappia scrivere meglio di così, il talento che avevo visto in quel libro c'è e spero di ritrovarlo in qualche altro testo.
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La difesa migliore non è la verità
"Le persone innocenti volevano sempre strillare ai quattro venti quello che era accaduto per davvero; ma spesso, da un punto di vista legale, la difesa migliore non era la verità."
"La difesa migliore non è la verità" è proprio questo il messaggio che ci vuole lasciare questo romanzo, in alcuni casi la verità viene manipolata, distorta e un buon avvocato può ribaltare le cose. La giustizia però dovrebbe sempre cercare e trovare la verità, almeno si spera che lo faccia, in un moderno sistema giudiziario, quanto è facile cambiare le prove o invernarne di nuove? Quanto è facile cambiare i risultati di un test, quanto i reperti di un caso giudiziario possono essere contaminati?
Io direi che tutto è possibile.
La protagonista Maya Seale è un avvocato penalista in carriera e come ogni giorno è in tribunale e sta partecipando a un'udienza. Ma un incontro inaspettato la attende, trova davanti a lei Rick, una persona che viene dal passato e che vuole dimenticare. Dieci anni prima Maya aveva partecipato come giurata al processo che riguardava la scomparsa di Jessica Silver e il suo professore Bobby Nock, era stato accusato di omicidio,. Era stata Maya a convincere gli altri giurati che Bobby fosse innocente e alla fine del processo l'imputato era stato assolto.
"I tribunali erano tra gli ultimi luoghi in cui tutte le classi sociali si ritrovavano ancora spalla a spalla: ricchi, poveri, vecchi, giovani, persone di ogni sfumatura razziale ed etnica presente a Los Angeles sfilavano insieme sul pavimento di marmo. "
Anche Rick era uno dei giurati e ora vuole coinvolgere Maya in una docu-serie prodotta da Netflix che ripercorre il processo e mette in dubbio l'assoluzione di Bobby, l'uomo dice di essere anche in possesso di alcune importanti prove che proverebbero che l'ex professore era colpevole. Rick aveva scritto anche un libro per raccontare la sua esperienza e si era scusato con la famiglia della ragazza perché si era pentito della sua decisione.
Maya non vuole sapere più niente di quella storia che ha sconvolto la sua vita e quella degli altri giurati ma soprattutto non vuole ripercorrere i lunghi mesi di isolamento, la fine del processo e non vuole ammettere che può aver sbagliato e che Bobby sia effettivamente colpevole. Alla fine però accetta, ma le cose precipitano e non le rimarrà altro che indagare e capire cosa sia successo dieci anni prima.
Maya è un personaggio che può risultare alquanto antipatico e scomodo, oggi è un famoso avvocato penalista che deve l'inizio della sua carriera al processo in cui è stata coinvolta come giurato, sicuramente il duro lavoro, lo studio e la sua bravura l'hanno portata a diventare socia dello studio dove lavora. Non ho trovato una protagonista che abbia avuto un'evoluzione durante la storia è stata un po' trascinata dagli eventi in cui è stata coinvolta e ha dovuto difendersi e salvarsi, non l'ho particolarmente apprezzata.
Oltre all'aspetto legale, il libro affronta anche il razzismo, argomento quanto mai attuale in America, Jessica era bianca mentre Bobby è un uomo di colore e solo questo basterebbe a molte persone per avere un pregiudizio negativo nei confronti dell'ex professore.
Il razzismo è un tema molto vivo e sentito in America quindi averlo inserito ai miei occhi ha dato maggiore credibilità al testo, ho anche apprezzato che l'argomento non sia stato trattato con eccessiva drammaticità.
"Per la prima volta nella storia, un nero a L.A. non è stato condannato per un crimine che ha commesso. Il contrario accade ogni giorno. Ma è questa l’ingiustizia contro la quale vuoi lottare tutta la vita? Davvero? Proprio questa?"
La narrazione risulta molto scorrevole, i capitoli sono alternati al tempo presente e dieci anni prima all'epoca del processo dove si avvicendano le voci narranti dei vari giurati, che ci fanno conoscere e capire come è cambiata la loro vita.
Nonostante la storia sia ben costruita, non mi ha impressionato come mi aspettavo, credo che manchi un po' di suspense sicuramente questo è normale quando parliamo di un legal thriller però credevo ci fosse di più dietro a questa storia. Un romanzo che ho trovato più forte dal punto di vista dello stile e della costruzione della storia piuttosto che nello sviluppo della trama, dove i colpi di scena erano per me molto prevedibili.
Il finale è stato molto interessante, qualcosa l'avevo già intuita durante la lettura ma anche qui pensavo a un qualcosa di diverso, tutta la parte legal mi ha colpito e mi ha fatto riflettere sull'innocenza e sulla verità e di quanto siano "manipolabili" e quanto oggi i social, internet possano far cambiare idea alle persone e distorcere la realtà.
E' un buon thriller che mi sento di consigliare a chi ama quelli legal, ma devo avvertirvi che il ritmo è abbastanza piatto e c'è poca suspense, quindi non tutti lo potrebbero apprezzare.
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UNA DEGNA CONCLUSIONE DELLA SERIE
In questo libro conosciamo Raquel Gimeno, insegnante di ballo e aerobica, che dopo una breve vacanza sta tornano a casa con il marito, i figli e la madre.
Durante il viaggio in macchina si addormenta, quando si sveglia si ritrova da sola, in una strada secondaria a centocinquanta metri dalla superstrada, è spaesata e non sa cosa sia successo ma soprattutto non capisce dove siano i suoi famigliari.
"Come si erano allontanati i suoi figlia da lì? E sua madre? Gridò i loro nomi con la voce rotta dalla paura e dalla disperazione. Si scrollò l'acqua che le copriva gli occhi e gridò di nuovo. Attese impaziente tra un urlo e l'altro, sperando di sentire una risposta, ma solo vento sembrava aver voce. Le su grida si fecero sempre più veloci e stridule, fino a che i nomi dei suoi figli formarono una catena ininterrotta di ululati che si perdevano nella notte."
A indagare sul caso ci sarà l’ispettore Vázquez che sta vivendo un periodo molto difficile della sua vita e della sua carriera. È veramente distrutto, la sua vita è finita e sta attraversando una profonda crisi personale che sta mettendo in pericolo il suo lavoro. Tutto quello che è successo negli ultimi mesi lo ha cambiato per sempre e sembra che non ci sia nessuna soluzione. Non entrò nel dettaglio altrimenti vi potrei fare degli spoiler, ma vi posso dire che è stato veramente triste vedere la disperazione di un uomo innamorato che sa di essere stato ingannato. All'inizio nega la verità, le prove che i colleghi gli presentano, è incredulo da quello che gli hanno detto, ma capisce anche che non potrà fare nulla per cambiare le cose.
Raquel è sempre più confusa su quello che è accaduto, si scopre anche che ha avuto un'intossicazione da droghe e tutto quello che le è successo potrebbe essere premeditato, ma chi è stato? Il suo matrimonio nascondeva dei segreti? E' preoccupata ed è in ansia per la sorte dei suoi famigliari, vorrebbe aiutare la polizia, cercare i suoi figli ma purtroppo deve aspettare che le indagini vadano avanti.
Sia Irene che David sono dei personaggi molto interessanti che abbiamo imparato a conoscere durante questa trilogia, posso dire che li ho trovati molto verosimili, molto umani e non sono completamente bianchi ne’ neri e questo li rende sicuramente più credibili.
Il caso crime di questo libro l’ho trovato interessante e appassionante, il romanzo si legge velocemente perché c'è molta curiosità nello scoprire il colpevole e anche per lo stile scorrevole dell’autrice. Il ritmo e la suspense sono molto buoni, ho trovato anche le descrizioni più macabra ben fatte e adatte ad un noir.
"La vita, ancora una volta, aveva cambiato le regole del gioco senza prima avvisare. Non ci sarebbe stata mai più dolcezza nei suoi gesti, né piacere regalato, né il sentimento grato di sentirsi amata. A partire da allora avrebbe dovuto difendersi da sola. Ancora una volta."
Un commento sulla trilogia intera lo voglio fare, sono dei noir interessanti e abbastanza originali, ma sicuramente molto coinvolgenti. Mi hanno appassionato sia i vari casi crime ma soprattutto il personaggio di Irene Ochoa che ho trovato credibile nella sua lucidità omicida. Sì, paradossalmente è il personaggio che mi ha coinvolto di più, nella sua determinazione a cambiare vita nel modo sbagliato, ma la disperazione può avere anche delle brutte conseguenze. Che dire la sua storia, quello che è successo e quello che ha fatto l'hanno portata a un finale drammatico che mi aspettavo. A un certo punto non poteva più tornare indietro e quindi non c’era soluzione per lei e neanche nessuna giustificazione per quello che ha fatto.
Di libri thriller e noir ne ho letti e ne leggo molti, ma ne consiglio veramente pochi, sono certa e voglio andare avanti a consigliare questa serie che mi ha coinvolto e che ho trovato appassionante.
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LONDRA ANNI NOVANTA
Questo libro è uscito nel 1996, anche se qualche anno prima alcune copie erano state pubblicate come una sorta di saggio ma furono ritirate per l'accusa di diffamazione, forse anche a causa delle accuse di un ex fidanzato dell'autrice che diceva di riconoscersi in uno dei personaggi. Poi sono state apportate delle modifiche per dissipare ogni dubbio o somiglianza con persone o eventi realmente accaduti.
Incontriamo molti personaggi durante la narrazione, partiamo da Mary, una giovane immigrata irlandese che inizia a lavorare come cameriera ma riuscirà, dopo un periodo molto difficile, a entrare nel sfavillante mondo londinese dell'editoria.
"[...]Non voglio dire questo. Le persone sono come i pianeti, orbitano, ma ti mostrano solo la metà di loro stessi. Amare a tutto tondo significa conoscere il lato oscuro."(cit.)
Grace, giovane donna di colore che vive nel quartiere popolare e fatiscente di Queen's Estate a nord di Londra, è da sola con un figlio che ama moltissimo e sta cercando di andarsene da lì e spera in un futuro migliore per il suo bambino.
Amelia è una ragazza viziata, ambiziosa e furba che vive grazie alla ricchezza del padre, Max de Monde ma un giorno rimane senza niente, perché incinta decide di sposare un uomo che non si addice al mondo in cui vive.
Il marito di Amelia sarà Mark Crawley, un giornalista cinico e pienò di sè che è interessato solamente alla posizione sociale, a frequentare le persone e gli ambienti giusti.
Amico di Mark è Ivo Sponge, trentaduenne, redattore di un giornale che incontra Crawley al college.
Entrambi sono entrati nella società londinese che conta, anche se in maniera diversa, Ivo frequentava i locali giusti, le feste che contavano e con il suo fascino e la sua verve naturale aveva cominciato la sua carriera di giornalista.
Mark, invece, aveva studiato la moda, il cibo e l'arte si autoproclamava un intellettuale, non era di bel aspetto ma vestito nel modo giusto e con un po' di sport era riuscito a farcela. Ma furono soprattutto la la sua arroganza e spavalderia ad aiutarlo a emergere.
Poi ancora Tom, medico competente e appassionato del suo lavoro che si troverà a combattere con il peggioramento del sistema sanitario nazionale.
E infine Adam Sands, uno scrittore sempre alla ricerca dell'ispirazione giusta e in attesa di diventare un autore famoso e ben pagato.
"Non vorrei mancare di tatto, ma questo non significa che trova lavoro un sacco di gente che non lo merita? Naturalmente. Ma essere una mediocrità in mezzo ad altre mediocrità è assai gradevole."(cit.)
E' un libro che descrive in maniera accurata e dissacrante il mondo editoriale e la vita dei giornalisti alla fine degli anni Novanta, un racconto crudo, veritiero e in alcuni punti brutale di ciò che accadeva.
Abbiamo una serie di personaggi buoni e altri cattivi, alcuni hanno la loro punizione, altri invece capiscono di aver sbagliato e cambiano, per me la loro evoluzione è stata molto prevedibile.
Nel mondo editoriale e del giornalismo quello che conta è il denaro e se non ce l'hai, devi frequentare le persone giuste e i locali più alla moda e con furbizia e intelligenza cercare di entrare nell'ambiente. Ma bisogna fare attenzione, un minimo errore ti potrebbe far crollare il mondò di sabbia che avevi costruito.
La vita gira prima sei in alto e tutti ti vogliono, ti conoscono, ti aiutano ma se vai giù non troverai nessuno ad aspettarti.
E' un romanzo che ci fa capire che in alcuni ambienti il successo e i soldi sono tutto, e solo chi ha ambizione, audacia e un pizzico di fortuna può riuscire a emergere.
La stabilità professionale è importante sia per vivere bene a Londra sia nel poter scegliere dove abitare, l'autrice ci spiega bene la differenza tra i quartieri popolari e quelli residenziali dedicati all'élite londinese.
Durante la narrazione vengono affrontati molti argomenti: il razzismo verso i neri, la malattia, il suicidio, il tradimento, la bancarotta, la povertà, la depressione.
Lo stile dell'autrice è sempre lo stesso degli altri romanzi che ho letto, intelligente, pungente e ironico e tutt'altro che semplice, la Craig sa scrivere, sa coinvolgere il lettore nella narrazione ed è riuscita a cogliere le varie sfaccettature dell'Inghilterra che evolve e cambia.
Ho apprezzato molto questo libro anche se non è il mio preferito dell'autrice, probabilmente anche l'ambientazione negli anni Novanta ha contributo a farmelo piacere di meno.
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UN VECCHIO CASO DI SARTI ANTONIO
Questo romanzo è uscito per la prima volta circa quaranta anni fa, è l'undicesimo libro della serie dedicata al sergente Sarti Antonio.
Nella prefazione di questa nuova edizione, l'autore espone le proprie perplessità nel ripubblicare quest'opera a distanza di anni, chi li ha vissuti sicuramente se li ricorda e rivive nelle pagine l'atmosfera e i sogni dei primi anni Ottanta del secolo scorso. Nonostante non sia passato moltissimo tempo sembra di essere in un altro mondo, si sente molto la differenza di costumi, di abitudini, oggi la vita è completamente diversa.
Al centro della narrazione c'è il ritrovamento di uno studente americano che è caduto dalla finestra di un palazzo al terzo piano, tutto fa pensare a un suicidio, ma qualcosa non quadra e Sarti Antonio decide di approfondire il caso e continua a indagare nonostante l'ispettore capo lo abbia già archiviato.
La vittima aveva una valigetta piena di dollari non si sa per quale motivo o per cosa gli sarebbe servita ma sicuramente questo è un elemento che insospettisce il protagonista.
"Subito dopo scorrono gli avvenimenti legati a Fiammiferino, senza che manchi nulla, come registrati: è il grande pregio di Sarti Antonio, sergente. Il solo che abbia. Difetti sí, un sacco. Per esempio non è in grado di coordinare i dati che riesce a mettere in memoria e, se vi pare poco, tenete presente che proprio per ciò si prende delle sbandate che lo mandano, sovente, a sbattere il naso su muri di cemento armato; se aggiungete le crisi colitiche che lo lasciano senza forza né volontà, avete il ritratto di una bella tempra di questurino. E non è che io mi diverta a maltrattarlo: riporto le cose come stanno nella realtà. Piú obiettivo di cosí…"(cit.)
Il crime al centro di questo libro abbraccia e ci racconta uno scenario e un periodo storico che si inserisce perfettamente nel contesto italiano di quegli anni. Bologna è la città che fa da cornice alle storie con protagonista il sergente Sarti e in questo caso l'ambientazione è parte integrante della narrazione.
Sarti Antonio è un protagonista che apprezzo per la sua onesta e per il suo senso del dovere e di giustizia che prevale sempre in ogni suo caso, la sua etica e la sua morale nel lavoro lo portano a risolvere i casi con passione e coraggio. Non ha particolari doti investigative, non ha intuito, ma grazie alla sua buona memoria riesce ad assembrare i vari pezzi del puzzle per risolvere l'indagine. E' sicuramente un personaggio particolare, ho apprezzato il suo lato umano, la sua sensibilità che non è così scontata.
Non è privo di difetti, è amante del caffè che forse è una delle pochissime cose alle quali non riesce a rinunciare, soffre di coliti ma è stato costruito dall'autore in maniera molto "normale" e questo che lo rende immediatamente simpatico e caro ai lettori.
Lo stile narrativo l'ho trovato semplice, la storia è scorrevole anche se, a mio avviso, si percepisce subito che è un testo scritto alcuni anni fa; non è un punto a sfavore però è sicuramente un elemento da evidenziare se non si conosce l'autore o la serie letteraria.
Il caso è autoconclusivo, non necessariamente si devono leggere i libri in ordine di uscita, il romanzo si concentra molto sulla parte crime e meno sulla vita del protagonista o dei personaggi che gli sono di supporto.
Questo libro è un tipico giallo soft all'italiana, non mi aspetto nulla di diverso quando leggo questo genere di romanzi. Oggi i crime, soprattutto quelli stranieri, hanno delle descrizioni molto più crude e dirette e anche i casi tendono a essere più macabri e forse anche esagerati in questo, in quanto premono eccessivamente sul lato tragico della storia. E' un testo lineare, scorrevole, che punta l'attenzione sulle indagini del sergente Sarti e sull'operato della sua squadra, quindi in questo l'autore riesce ad essere convincente nel raccontare questa storia.
Però è il protagonista che riesce a sorreggere l'intera narrazione e a rendere piacevole anche un libro scritto quarant'anni fa.
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IL MENO COINVOLGENTE DELLA SERIE
Negli ultimi anni l'appuntamento con la lettura di un romanzo della serie "I delitti Mitford" è diventata ormai un'abitudine.
Mi sono affezionata ai personaggi principali su tutti: Louisa Cannon, ex bambinaia e assistente personale di Nancy Mitford e il marito Guy Sullivan ex poliziotto. Ma soprattutto alla famiglia Mitford e alle sei sorelle che sono realmente esistente.
Sono passati quasi vent'anni dal primo romanzo i protagonisti sono cambiati moltissimo siamo alla soglia della seconda guerra mondiale, Louisa è diventata madre della piccola Maisie e insieme a Guy ha aperto un'agenzia investigativa anche se hanno difficoltà a trovare dei "veri" casi, per il momento si accontentano di divorzi e di tradimenti.
"Tornati in ufficio, Louisa si guardò intorno. C’era già stata parecchie volte, ma quel giorno lo vedeva con occhi diversi. Non era più il posto dove lavorava il marito, adesso era anche il suo ufficio. Sulla porta a vetri era impressa la scritta “Cannon & Sullivan”, un promemoria incoraggiante del fatto che lei, lì, era di casa."(cit.)
Sarà proprio Nancy Mitford ad offrire alla coppia di protagonisti il primo vero lavoro, ritrovare la sorella Jessica, chiamata Decca, che sembra essere scomparsa nel nulla. La ragazza doveva andare a trovare a Deppe, le gemelle Paget, ma loro non ne sapevano nulla e inoltre Decca, la sorella Deborah e una loro amica doveva partire a breve per una crociera.
Come sappiamo e anche la storia ce lo dice, la famiglia Mitford faceva parte della nobiltà inglese e nonostante i genitori delle sorelle fecero di tutto per salvare il buon nome della famiglia, le sei donne fecero delle scelte importanti che crearono degli scandali nell'alta società.
Parallelamente a questo, scompare anche Petunia Atwood, segretaria in un'agenzia assicurativa, che da un giorno all'altro non si presenta più al lavoro e la sorella chiede aiuto a Louisa affinchè la ritrovi.
Siamo nel 1937, in Spagna c'è già la guerra civile e il clima in Europa è molto teso e Louisa inizia a sospettare che la scomparsa delle due donne sia legata alla situazione che si sta vivendo in quel momento. Louisa e Guy iniziano a indagare e partiranno per Bayonne, una cittadina francese di confine con la Spagna dove pensano di trovare le risposte, di cui hanno bisogno, per risolvere il caso.
Jessica Fellowes era riuscita nei precedenti romanzi a unire in maniera semplice e convincente i fatti realmente accaduti nella vita delle sorelle Mitford con la parte romanzata, ma forse in questo libro qualcosa non ha funzionato.
Purtroppo ho trovato che la trama fosse piatta e poco coinvolgente, il ritmo della storia era lento, ci sono state delle parti troppo descrittive, un esempio può essere quando Guy parla del suo ufficio, per me tutte queste parti potevano essere tagliate.
Probabilmente l'ambientazione e il poco mistero attorno alla sorella non mi hanno coinvolto molto, in quanto conoscevo già la storia di Jessica e quindi sapevo cosa le sarebbe successo.
Devo essere sincera e dire che agli ultimi libri è mancato quel qualcosa che invece avevo apprezzato nei primi due, credo che l'idea di base di questa serie sia ottima, parlare delle sorelle Mitford e far conoscere la loro storia sia un omaggio doveroso per un inglese, però probabilmente non tutti i romanzi possano essere interessanti allo stesso modo. Come lettrice cerco qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo mentre l'autrice mi sembra percorrere sempre la stessa strada, per carità sono dei romanzi semplici, scorrevoli ma mi manca quel guizzo in più che me li faccia amare come i primi due.
Lo schema che segue l'autrice è sempre lo stesso e fa bene a farlo, ha trovato il suo gruppo di lettori che si aspettano una lettura di questo tipo, come dicevo all'inizio, è una serie a cui sono affezionata e che continuerò a leggere senza alcuna aspettativa.
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VITTIMA O CARNEFICE?
La storia di Jin-a colpisce fin dalle prime pagine, l'autrice riesce a trasportarci in un mondo dove la violenza sulle donne non conosce limiti e confini e dove non sembra esserci giustizia possibile.
Siamo in Corea del sud come Jin-a ci sono molte altre storie di donne che vengono maltrattate da un uomo che sia il padre, il fidanzato o il titolare dell'azienda dove lavorano.
Il capo del suo dipartimento con cui ha una relazione l'ha picchiata più di una volta e Jin-a, dopo cinque tentativi di violenza crede che non ci sia più via d'uscita e che questa volta morirà. Ma lei è aggrappata alla vita, vuole avere un futuro, ricominciare a fidarsi degli altri e decide di denunciarlo. Il processo non andrà come lei si aspettava, ottiene un misero risarcimento ma, quest'uomo violento, non verrà messo alla gogna ma sarà lei che verrà giudicata e passerà da vittima a carnefice.
"Io sono una persona buona. Tu non riesci a tirare fuori la bonta che ho dentro di me. Non riesci proprio ad aiutarmia essere più buono?»."(cit.)
Mi aveva detto cosi il giorno in cui mi aveva picchiata per la terza volta.Erano sentimenti importanti. Ma io non volevo morire, quello era il sentimento più importante. Me ne ero resa conto quando avevo rischiato per la quinta volta di morire soffocata.
Questo evento drammatico la segnerà per tutta la vita, non uscirà di casa per mesi, invece di avere sostegno troverà solo rimproveri e giudizi negativi, così decide di far conoscere la sua storia su internet ma il risultato sarà ancora peggiore.
In Sud Corea e in molti paesi del mondo esiste ancora un sistema patriarcale dove le società sono comandate da uomini, sia nella famiglia, che nel lavoro ma soprattutto nella sfera politica.
E' il genere maschile ad avere il potere e a decidere cosa le donne possono fare, quanto devono guadagnare, se possono lavorare o meno, come si devono comportare.
Gli uomini si sentono minacciati dalle donne, che sono intelligenti al pari loro, che possono ricoprire qualsiasi ruolo anche manageriale è questa loro paura gli fa commettere queste violenze? E' una sorta difesa?
Nel testo troviamo come questo "uomo" dia la colpa a Jin-a per le violenze, lei doveva essere in grado di cambiarlo, di guarirlo da questo suo malessere interiore, ma la ragazza continua ad avere paura, è convinta che un giorno lui finirà quello che ha iniziato.
Sarebbe bello se fosse possibile scegliere di provare determinare emozioni. Ho paura di essere lasciata, odio la sensazione di essere abbandonata e di condurre un'esistenza senza valore. Avendo scoperto l'importanza di queste sensazioni, se venissi maltrattata o mi ritrovassi trascinata in una situazione indesiderata, voglio smettere di dire a me stessa come consolazione che va tutto bene. Voglio essiccarmi. Non voglio sentire più niente.
Per tutti la colpa è da attribuire solo a lei, Jin- a se l'è cercata, l'ha provocato, voleva avere un ruolo migliore nel suo lavoro e quando non ha ottenuto ciò che voleva, lo ha denunciato facendo credere che il cattivo fosse lui.
Le donne come Jin- a passano sempre per colpevoli, per carnefici, subiscono violenze sia fisiche che psicologiche e poi devono continuare a sentirsi in colpa per i giudizi negativi e ingiusti che ricevono e quindi è meglio tacere e non denunciare?
Dopo tutto quello che ho letto devo dire che me lo sono chiesta, ma credo che far sentire la propria voce sia sempre la soluzione migliore.
L'aspirapolvere? Ah! Dici Ha Yu-ri? Quella è una davvero facile. Accetta qualsiasi invito a uscire. Si dà via così. Non le frega praticamente nulla di che tipo sei e si innamorerà subito di te. Risucchia qualsiasi cosa, come un aspirapolvere.
Quando la avvicini, ti devi comportare come se non avessi mai provato niente del genere per nessun'altra. Le dici che hai perso la testa, per quanto ti piace. E trattala come se fosse lei a scegliere. Non sarà affatto difficile.
Passato qualche giorno si aprirà di botto e le brilleranno gli occhi al pensiero di aver incontrato per una volta un vero uomo che la ami. Le donne con una bassa autostima sono davvero perfette per fare pratica.
Le donne che subiscono gravi molestie e maltrattamenti non vogliono mai passare per vittime, ma dopo quello che hanno dovuto sopportare, non possono anche sentirsi colpevoli e anche giudicate o peggio diffamate pubblicamente.
L'autrice è molto attiva nel denunciare le violenze di genere del suo paese, è una voce contemporanea molto popolare che con un stile semplice ma curato descrive alla perfezione cosa provano Jin-a ma anche le altre donne del libro. Riesce con la sua prosa a portarci nelle loro vite, a soffrire con loro e a trasmetterci tutto ciò che provano con estrema veridicità.
Io l'ho trovato un testo di denuncia della situazione che ancora oggi molte donne stanno vivendo anche da noi qui in Europa, in una società che in teoria dovrebbe essere inclusiva e dare pari diritti a uomini e donne, parliamo ancora di violenza di genere e di diseguaglianze.
Provate a pensare, a chi non è mai capitato di essere discriminato in quanto donna? A sopportare tutte quelle battutine tipiche maschili che sicuramente non fanno piacere? E a sentirsi anche in torto se la donna in questione reagisce? Esiste tuttavia anche una violenza di genere maschile, anche se più rara e meno evidente.
Quello che ho capito negli anni è che ci devono essere libri di questo tipo che parlano di verità, di storie drammatiche ma reali, che dobbiamo continuare a scrivere e a leggere queste testimonianze, che non dobbiamo arrenderci.
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NON IL MIGLIORE DELLA HEYER
A Darracott Place sta per arrivare il nuovo erede del lord, l'uomo si chiama Hugo, è un militare, figlio del secondogenito dell'uomo, ma nessuno lo conosce perché il padre era stato cacciato dopo essere entrato nell'esercito e aver sposato una tessitrice.
Lord Darracott ha un brutto carattere, vuole che tutti i membri della famiglia si comportino come lui pensa sia giusto ed è costretto ad accogliere Hugo, dopo aver perso anche il suo primogenito e suo nipote che dovevano ereditare il titolo e i suoi beni.
Hugo sembra essere un pesce fuor d'acqua, non si comporta come un gentiluomo del suo status dovrebbe fare, dice ciò che pensa, ha un forte accento del Nord, non viaggia in carrozza e non ha nemmeno un cameriere personale.
Il protagonista è un personaggio divertente e ironico, che sembra non avere dei difetti così eclatanti, non ha pregiudizi, non commette errori, cerca di farsi accettare e di creare un rapporto d'amicizia con gli altri membri della famiglia.
Hugo non viene accolto molto bene, i Darracott si aspettano una persona ignorante, rozza ma così non è e quando Hugo capisce che loro lo hanno giù giudicato, cerca di dimostrare il contrario e di guadagnarsi la loro fiducia.
Cinque paia di occhi lo osservarono con vari gradi di stupore, ostilità e disapprovazione. Si guardò intorno, una comica espressione di sgomento negli occhi di un azzurro intenso, mentre un acceso rossore si diffondeva sotto l’abbronzatura. Tre dei gentiluomini lo stavano scrutando attraverso l’occhialino; e uno, che ritenne essere suo nonno, lo osservava corrucciato da sotto le folte sopracciglia.
Come personaggio l'ho trovato poco verosimile e non l'ho apprezzato molto anche se non fa nulla per farsi odiare allo stesso modo non è riuscito a convincermi del tutto, questo suo essere apparentemente privo di difetti non lo ha reso interessante ai miei occhi.
Lord Darracott vorrebbe che Hugo imparasse le buone maniere dai nipoti che ritiene più idonei e preparati e che sposi sua nipote Anthea, ma la ragazza non è d'accordo anzi non è proprio interessata all'uomo venuto dal nord.
L'anziano Darracott ha anche un figlio più giovane ma non lo contempla come erede né lui né i suoi nipoti, che invece si aspettavano di avere una possibilità al posto di Hugo.
“[... ]Il suo orgoglio è di un tipo particolare, che non viene intaccato da debiti e proprietà ipotecate. Pensate di ereditare una fortuna oltre al titolo? Sarete tristemente deluso!”
Ho trovato che la narrazione fosse in alcuni punti molto lenta e ci fosse poca azione e più dialoghi e tutto accadesse per caso senza uno schema ben congeniato, anche la storia d'amore è stata un po' improvvisata. In alcuni momenti ho ritrovato la Heyer che mi era piaciuta in altri libri, ma forse erano veramente pochi per apprezzare questo romanzo.
La trama è buona nella prima parte, mi aspettavo un po' di suspense, di ironica e di romanticismo solamente che questi elementi sono davvero marginali e la narrazione risulta alquanto noiosa, ma le ultime cinquanta pagine risolvono un po' tutto quello che era rimasto in sospeso.
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UN THRILLER MEDIOCRE
Siamo a New York nel 1998 e durante la parata per il giorno del Ringraziamento la piccola Kiera Templeton di appena tre anni sparisce nel nulla, saranno vani tutti i tentativi dei genitori di cercarla e anche poi quelli della polizia.
Passano gli anni, il matrimonio di Aaron e Grace, il padre e la madre della bambina, si sgretola e la loro vita è cambiata molto da quel giorno. La speranza di poterla ritrovare rimane sempre viva e nel 2003 arriva una videocassetta, dove c'è una bambina che gioca e sembra proprio la loro figlia scomparsa. I filmati non finiranno qui e ne arriveranno degli altri ma Kiera non si trova da nessuna parte.
"Aaron e Grace, invece, non si sarebbero fermati che un’ora più tardi quando, dopo aver perso la voce e il cuore nelle ricerche della figlia, la loro vita sarebbe cambiata per sempre."
Miren Triggs si appassiona al caso fin da subito, prima da studentessa e poi da giornalista e deciderà di non fermarsi fino a quando non arriverà a trovare la bambina.
Mi fermo qui con la trama perché di più non posso dire, però sono di fronte all'ennesimo thriller lento e con poca suspense con una struttura narrativa confusa e con decisamente troppi piani temporali.
L'autore utilizza dei capitoli brevi che conclude spesso con un cliffhanger, per tenere alta la tensione della storia, che poi però viene smorzata o annullata quando per ritornare allo spazio temporale che abbiamo lasciato in sospeso, passano tre o quattro capitoli.
E' una storia simile ad altri thriller, sicuramente è molto difficile essere originali in questo genere, non ci sono colpi di scena eclatanti, si legge velocemente ma non si rimane attaccati alle pagine, non capisco il successo di questo libro e mi chiedo quanti lettori di thriller leggendolo lo possano apprezzare.
La scrittura di questo autore è semplice ma dispersiva, si perde in dettagli che non interessano al lettore e inoltre in alcuni punti l'ho trovato poco verosimile.
I personali sono delineati in maniera approssimativa, l'autore si sofferma di più su Miren perché sarà la protagonista anche dei prossimi capitoli, visto che la serie porta il suo nome.
La polizia che dovrebbe indagare non riesce a mettere insieme due prove e trovare delle piste valide, mi è sembrato che come molti altri bambini scomparsi ci fosse l'intenzione di trovarli ma che alla fine i molti casi e il poco personale, abbia influito molto e non abbiamo fatto nulla per Kiera.
"In quel video Kiera mi fece pena. Durante l’intero minuto di registrazione scriveva su un quaderno, indossando un brillante e scomodo vestito arancione. Era una bambola rotta, come lo ero stata io. Se facevi attenzione, potevi immaginare le lacrime che cadevano sui fogli. Anch’io avevo avuto un periodo così, in cui mi sentivo sola, prigioniera dell’universo, e in realtà forse lo ero ancora, per quanto avessi cercato di rimettere insieme i pezzi con una colla fatta di rabbia e disperazione."
E' un thriller debole, piatto e poco avvincente che anche volendo non riesco proprio a salvare, prevedibile e poco originale e questo non è un giudizio personale perché per chi ama i thriller non può rimanere colpito in positivo da questo testo.
L'autore è spagnolo, mi sono chiesta più volte perché ambientare la storia a New York, trovo sempre, la scelta di cambiare paese da parte di uno scrittore, come un qualcosa di sbagliato che toglie autenticità alla storia. Non metto in dubbio che Castillo conosca New York e magari la apprezzi, però era meglio ambientarla in Spagna.
Il finale è la parte che mi ha delusa di più, mi aspettavo una conclusione degna di questo nome, speravo che ci fosse un colpo di scena e invece niente.
Ho letto questo romanzo perché avevo sentito parlare bene di questo autore spagnolo, ma ancora una volta ho capito come si promuova un libro con leggerezza senza una vera critica costruttiva, sì è un thriller scorrevole ma la storia è banale e molto prevedibile, di romanzi così ne ho letto centinaia quindi non è nulla di che. Sono sicura che questo autore abbia scritto o scriverà qualcosa di meglio.
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UN THRILLER SOTTOTONO
Il caso crime di questo libro è ispirato ai grandi gialli del Novecento, quelli della camera chiusa cioè una stanza dove non si può né entrare né uscire, quindi è chiusa dall'interno e inspiegabilmente avviene una morte.
La vittima è Judith Pombo, ricca imprenditrice e presidente del più prestigioso tennis club di Santander nella regione della Cantabria in Spagna, oltre che persona molto influente nell'ambiente sportivo. Era stata organizzata una cena nella nave di proprietà del circolo di tennis, dove erano state invitate alcune personalità del territorio, imprenditori, giocatori e soci del club.
Il corpo viene ritrovata nella sua camera con una ferita al cuore, però nessuno può essere entrato o uscito e in più non è stata trovata nessuna arma del delitto.
Valentina Redondo è l’ispettore della Guarda Civil incaricato delle indagini, è un personaggio che ha subito di recente un grave lutto, è ancora ferita sia fisicamente che emotivamente da quello che è successo.
E' molto brava nel suo lavoro, in particolare nella sezione investigativa criminale dove è la leader, è stata reintegrata da poco dopo aver dovuto affrontare un momento difficile della sua vita. E' conosciuta da tutti per la sua caparbietà e freddezza, ha la mania per l'ordine e il suo corpo, la sua faccia ma soprattutto la sua anima sono piene di cicatrici.
"Il suo unico occhio verde cercava la bellezza, ma trovò solo cicatrici. Una di queste, sul lato destro della mandibola, era nuova; le altre due disegnavano profonde linee sul ventre, testimoni delle recenti operazioni d’urgenza."
La vittima ha urlato, questo però non significa che abbia visto qualcuno o qualcosa, perché la paura ti ferma, ti paralizza piuttosto che aspettare e strillare di paura. Non si capisce come sia successo, chi potesse avercela con lei ma Valentina si rende conto che tutte le persone presenti alla cena potevano avere un motivo per ucciderla e quindi sono tutti dei sospettati. Judith sembra non essere stata una bella persona, non era affatto umile, era una donna che aveva molte conoscenze e le poteva usare sia a favore ma anche a sfavore delle persone che le erano vicine o che erano coinvolte nel club.
"La maggior parte dei giorni su questa terra trascorre solamente per essere dimenticata, poi arrivano momenti che cambiano tutto, che fanno svanire quello che siamo, per obbligarci a percorrere altre strade."
Il personaggio di Valentina come commissario non è originalissimo diciamo che sia per i problemi che ha vissuto che per la mania dell’ordine è simile ad altri ispettori che ho già incontrato nei crime, di solito hanno sempre delle problematiche di questo genere e alcune volte non ne capisco il perché.
"Un omicidio della camera chiusa, come quei romanzi di inizio Novecento che intrattenevano i lettori giocando a immaginare quale poteva essere il limite dell’impossibile."
Il problema di questo libro credo sia che la narrazione è poco interessante e molto lenta per essere un crime. La protagonista utilizza la tecnica del sommario per fare un piccolo riassunto del caso e dei vari sospetti che aveva, forse anche l'argomento tennis mi ha, personalmente, coinvolto poco però avrei sorvolato su questo mio gusto personale se ci fosse stato più ritmo e suspense.
Ogni capitolo inizia con una citazione tratta dai libri di Agatha Christie, di Edgar Allan Poe, di Arthur Conan Doyle e di altri autori classici quindi penso che questo romanzo fosse un omaggio alla loro narrativa.
Lo stile dell'autrice è molto semplice quasi colloquiale, ho contato la parola "ca**o" più di ottanta volte, credo che questo fosse voluto ma penso sia eccessivo, anche se io non sono una purista della lingua italiana, però mi ha disturbato ad un certo punto. Non so se sia dovuto alla traduzione o per volere dell'autrice.
María Oruña viene considerata in Spagna la nuova regina del crime, non voglio dire nulla a riguardo di questa affermazione, dovrei leggere di più di questa autrice per poterla giudicare, sicuramente avrei preferito leggere la serie dal primo libro.
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UN ROMANZO RIUSCITO A META'
Al centro del romanzo "Il caso Agatha Christie" c'è la vicenda della scomparsa della famosa scrittrice inglese e cosa è successo in quei undici giorni secondo la versione dell'amante del marito, Nan O'Dea. Ma non solo conosceremo meglio chi era Nan, com'era la sua vita prima di incontrare Archibald.
La Christie scomparse il 3 dicembre 1926, dopo aver saputo che il marito la voleva lasciare, la sua auto venne ritrovata abbandonata e si pensò subito al peggio, tanto che venne avviata una ricerca a livello nazionale. Agatha non era ancora famosa come la conosciamo oggi, ma il decennio che va dal 1929 al 1939 la consacrò come una delle migliori autrici di crime del Novecento.
"Archie aveva violato il patto che c’era fra loro, e si aspettava che lei reagisse in modo razionale leccandosi le ferite in silenzio. E le chiedeva addirittura di proteggere la reputazione della rivale. Era davvero troppo! Agatha strinse i pugni e proruppe in un urlo ferino."
Anni fa aveva letto una sua biografia che parlava proprio di questo "Agatha Christie e il mistero della sua scomparsa" di Jared Cade, vi lascio qui il link della recensione, l'avevo trovata molto interessante sia per capire meglio chi era Agatha Christie, sia per gettare una nuova luce sui giorni in cui lei se ne andò.
La Christie fu ritrovata nel lussuoso hotel ad Harrogate nello Yorkshire, che nel libro è stato chiamato Hotel Bellefort, Agatha si è sempre chiusa nel silenzio e non ha mia raccontato il perché si sia fuggita dalla sua famiglia. Varie le ipotesi, un allontanamento volontario, una vendetta nei confronti del marito oppure un modo per farsi pubblicità per la sua nascente carriera. Questo rimarrà un mistero per noi.
"Sappiamo tutte e due che non possiamo raccontare la nostra vera storia senza rivelare quella dell’altra."
L'amante Nan O'Dea è molto lucida nel suo racconto, non ama Archibald Christie ma lo vuole sposare per un motivo preciso che scopriremo durante la narrazione, da questo testo sembra che Agatha fosse una donna fredda sia nei confronti del marito che della figlia, elegante ma snob. In contrapposizione con la storia di Nan, che andremo a conoscere, fatta di povertà, di sacrifici, di eventi molto dolorosi, ma non sono riuscita a entrare in empatia con lei e a capire le ragioni di quello che ha fatto.
La storia è romanzata quindi non tutto quello che abbiamo letto corrisponde a quello che è accaduto, ma l'autrice è partita da fonti reali per rendere la storia verosimile.
La narrazione si concentra principalmente su Nan, in alcuni punti l'andare avanti e indietro con i salti temporali ha creato un po' di confusione e la cosa che mi ha lasciato perplessa è il fatto che la O'Dea ci raccontasse come pensasse Agatha e quali fossero, secondo lei, i motivi della sua scomparsa. Non era amiche e quello che sa le è stato raccontato da Archibald, che francamente non è una fonte attendibile ma è sempre stato accecato solo dal fascino e dalla giovinezza di Nan e ha cercato di "denigrare" la figura della moglie. Non era preoccupato che le fosse successo qualcosa, ma solamente di divorziare e di risposarsi con la sua amante. In ogni testo che leggo dove si parla di lui, ne esce male come persona, nullafacente, traditore e nella storia rimarrà solo il suo cognome, con il quale Agatha ancora oggi viene ricordata.
«Non tutti possono essere felici» aggiunse. «C’è sempre qualcuno che non lo è, e questa volta non sarò io!»
L'idea di partenza è buona, soprattutto per chi non era a conoscenza della scomparsa della Christie e potrà conoscere un fatto vero della sua vita privata di cui non sapremo mai la verità.
Il problema della narrazione è che la storia viene raccontata da punti di vista diversi usando la prima persona, quando il POV cambia dovrebbe anche iniziare un nuovo capitolo altrimenti il lettore viene colto di sorpresa.
Lo stile dell'autrice è quello che mi è piaciuto di più, semplice ma coinvolgente come dovrebbe essere un romanzo, ma bisogna leggerlo senza pensare alla veridicità dei fatti, farsi trasportare dove la De Gramont ci vuole condurre. Devi però seguire bene la narrazione, alcune volte è necessario tornare indietro per riprendere il discorso e stare attenti ai cambi di POV.
"La memoria cuce insieme ciò che sappiamo, ciò che ci è stato riferito e ciò che immaginiamo. Non è molto diverso dal metodo investigativo che unisce fra loro i tasselli di un crimine."
Agatha Christie sarà sempre una grande scrittrice di crime e ogni volta che un autore moderno vuole scrivere su di lei, è inevitabile che si parlerà del romanzo nel bene o nel male.
Diventerà presto una serie tv, quindi spero un giorno di poterla vedere.
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UN THRILLER LENTO
Alice e Leo sono fidanzati da due anni e si sono trasferiti a Londra nella loro nuova casa che fa parte del quartiere chiamato "The Circle", un posto esclusivo nella capitale inglese composto da dodici abitazioni con un giardino, una piazza e delimitato da una recinzione.
La protagonista cerca di conoscere subito i suoi vicini e organizza una festa ma un'amara sorpresa sta per coglierla alla provvista, la casa in cui vive ha fatto parte di una scema del crimine, l'ex proprietaria Nina è stata uccisa proprio lì. Alice è turbata da quello che ha scoperto ma soprattutto dal fatto che il suo ragazzo Leo non le abbia detto nulla. Iniziano ad accadere delle cose strane, pensa che qualcuno la stia spiando e inizia a indagare sulla morte di Nina, lo stesso nome della sorella che ha perso.
*
La prima, il numero 1, era sulla sinistra del cancello e l’ultima, il numero 12, sulla destra. La nostra, il numero 6, era a metà, esattamente di fronte al cancello, ma dall’altra parte della piazzetta.
«Che te ne pare?» mi ha chiesto Leo, mentre scendevamo dalla macchina.
Ho osservato i muri bianchi, il tetto spiovente di tegole rosse, il prato ben curato, il vialetto di cemento, il sentierino lastricato che portava dal garage alla porta. Le case erano tutte identiche.
«Sembra un orologio fatto di villette.» Ho sorriso per nascondere l’incertezza.(citazione)
*
Sospetta di tutti, persino di Leo, si rivolge a un investigatore privato ma nessuno sembra aiutarla, i suoi vicini non parlano di quello che è accaduto, ma Alice scoprirà delle verità celate che la porteranno ad allontanarsi da tutti.
Cosa sarà accaduto a Nina?
La protagonista gira attorno al problema, non ci sono degli indizi concreti perché, per la maggior parte del tempo, l'autrice si sofferma sulla descrizione della sua quotidianità e sul rapporto con i vicini e la parte thriller è marginale rispetto a tutto il resto. Questo per me è un grande difetto del libro, preferisco i thriller psicologici rispetto ai domestici, dove non riesco proprio a empatizzare con la protagonista. La parte crime è in secondo piano e relegata nell'ultima parte credo che questo sia un punto a sfavore per l'autrice che è conosciuta come autrice di thriller e qui siamo più di fronte a un titolo di narrativa. Alcuni piccoli colpi di scena che troviamo lungo la narrazione erano molto prevedibili e quindi è veramente difficile salvare qualcosa in questo libro, se non la parte finale e la buona penna dell'autrice.
Sono da sempre una fan di B.A. Paris i suoi thriller mi tengono compagnia quando voglio staccare un po' da altri tipi di letture, li leggo senza nessuna aspettativa. In questo libro ho trovato che la prima parte fosse molto lenta, verso la fine il ritmo è decisamente aumentato anche se è troppo poco per definire questo libro un buon thriller. Sì è un romanzo piacevole che si legge tutto d'un fiato ma non è tra i miei preferiti di questo genere.
L'autrice ha molto talento e l'ho visto nei suoi primi due libri, poi secondo me gli altri sono a un livello più basso come tensione, suspense e ritmo e sono sicura che lei possa scrivere qualcosa di migliore e dovrebbe osare di più. Probabilmente si è creata una schiera di lettori che si aspettano un thriller discreto e lei ne è consapevole e continua su questa strada.
Spero che B.A Paris torni ai livelli dei suoi primi libri, non so se farne uscire uno all'anno sia a causa del contratto con il suo editore o per un'altra ragione, ma io preferirei che ne scrivesse uno in meno ma che tornasse l'autrice che avevo conosciuto anni fa.
Se continua così, a malincuore, la dovrò abbandonare e spostarmi su altri autori.
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IL SESTO CASO DI VANINA
La storia è ambientata in Sicilia tra Catania e Palermo e la mattina del sei di febbraio la festa di Sant'Agata è ormai terminata ma una notizia sta per sconvolgere tutti, viene ritrovato il cadavere di un uomo, nel Municipio, in una delle Carrozze del Senato.
A fare questa terribile scoperta sono due ragazze francesi: Estelle e Nina in Sicilia con il programma Erasmus, erano curiose di vedere cosa ci fosse all'interno della ricca e antica berlina e dopo aver scavalcato il cordone hanno trovato la vittima sgozzata in una pozza di sangue.
Viene chiamata, per indagare sull'accaduto, il vicequestore Giovanna Guarrasi, detta Vanina, il personaggio che dà il nome alla serie.
Questo evento drammatico scuote tutta la comunità catanese, il cadavere appartiene a Vasco Nocera, classe 1946 e fervente devoto; spetta a Vanina il compito di scoprire cosa è successo all'uomo, la donna dovrà scavare a fondo nella vita della vittima, nelle relazioni famigliari e di amicizia.
Mi fermo qui con il caso giallo altrimenti rischio di fare degli spoiler e non ci sarebbe più la curiosità nel continuare la lettura.
Vanina è un personaggio che sembra forte e combattivo ma dentro di sé ha molte fragilità, si fa prendere dal lavoro anima e corpo e ha una personalità che mi incuriosisce. Ha molta esperienza nel suo lavoro, è corretta e cerca sempre la verità, lotta con tutta se stessa per trovarla e punire il colpevole; ma anche nel capire le ragioni che lo hanno spinto a commettere il reato.
Vaniva non è da sola, ha attorno a sé una serie di personaggi comprimari che la sostengono e danno rilievo ancora di più al suo personaggio. Ricordiamo, tra gli altri, il vero mentore della protagonista, il commissario in pensione Biagio Patanè, una vera risorsa e aiuto per Vanina.
Quello che manca secondo me è un personaggio veramente cattivo, un vero antagonista qualcuno che metta un po' di pepe nella storia.
"Quanti anni erano che aveva a che fare con cadaveri di ogni genere e provenienza? Una quindicina, all’incirca. Eppure ogni volta la reazione era la stessa. Repulsione, pena, rabbia. Un miscuglio di sensazioni che all’istante innescavano un meccanismo inarrestabile. La fretta di capire, di scoprire, di punire." (cit.)
Il caso crime è centrale nel libro però è anche quello che mi entusiasmata di meno, lineare senza grandi colpi di scena; la narrazione scorre velocemente ma il ritmo e la suspense sono quasi inesistenti e questo purtroppo è importante per me quando leggo un libro di narrativa di questo genere.
Ho apprezzato molto l'ambientazione della storia divisa tra Palermo e Catania, l'importanza delle tradizioni e delle feste popolari e mi è piaciuta anche l'idea dell'accostamento del dialetto siciliano all'italiano che secondo me ha dato maggiore credibilità e autenticità al testo. Forse alcune volte è stato enfatizzato troppo ma, per me, è stato sicuramente una scelta azzeccata.
Lo stile dell'autrice è molto semplice, traspare l'amore che ha per la sua Sicilia, per la sua terra, ma avrei preferito più mistero, più curiosità nello scoprire il colpevole; in alcuni punti la lettura è risultata un po' noiosa. Si parla moltissimo di cibo, che sbagliato non è, però quando è troppo diventa stucchevole.
E' un libro che diventerà presto una serie tv, ma purtroppo per me, questo sarà un crime che dimenticherò facilmente.
Rispetto ad altri autori italiani e contemporanei che scrivono lo stesso genere della Cassar Scalia, ho trovato che questa scrittrice fosse più debole e credo ci siano dei nomi con più talento nel giallo.
Lo consiglio a chi ama il genere crime prevedibile e leggero, io preferisco qualcosa di più cruento e in generale gli autori scandinavi, ma sono sicura che ci saranno dei lettori che lo apprezzeranno soprattutto chi non è molto avvezzo al genere.
Vanina è un personaggio costruito in maniera convincente e anche la sua squadra è un bel gruppo credibile e abbastanza verosimile, per questo avrei preferito leggere un caso giallo più solido e con un po' di suspense in più.
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MARTHA E LA SUA MALATTIA MENTALE
Questa storia ha come protagonista Martha, una giornalista quarantenne sposata con Patrick e che apparentemente, ha una vita perfetta ma la realtà è molto diversa.
A diciassette anni, dopo un malore, le viene diagnosticata la mononucleosi anche se in realtà nel corso del libro veniamo a conoscenza che si tratta di una malattia mentale; ma l'autrice non specifica mai quale sia.
Questo condizionerà il resto della sua vita, i rapporti con la famiglia, con i due mariti, con la sorella e il suo non voler essere madre per paura che suo figlio possa avere la sua stessa patologia.
Martha cura una rubrica di cucina su una rivista, vive con suo marito Patrick, a Oxford, lui è uno specialista in terapia intensiva e un giorno, dopo la sua festa di compleanno, la lascia.
"[...]e dissi che Patrick era un po’ come il divano della casa in cui passi la tua infanzia. «La sua esistenza è un dato di fatto. Non ti chiedi mai quando o come sia arrivato lì, perché non hai ricordi di un momento in cui non ci sia stato."(citazione)
Martha inizia così a ripensare alla sua vita, alla sua infanzia, ai primi lavori, al primo matrimonio e a tutte le esperienze che ha vissuto e le descrizioni dei sentimenti di ciò ha provato sembrano davvero autentici e verosimili.
Si sente inadeguata, non capisce come migliorare ma soprattutto non sa se lo potrà mai fare, se potrà mai essere diversa da ciò che è, essere una brava moglie, rispettare e amare come merita l'unico l'uomo che c'è sempre stato nella sua vita, Patrick.
Martha e la sorella Ingrid sono simili tra di loro fisicamente, lo dice l'autrice all'inizio, ma le loro vite sono agli antipodi, da un lato Martha che combatte contro la sua malattia e dall'altro Ingrid che si crea la sua famiglia e mostra, inconsapevolmente, alla sorella la vita che non potrà mai avere.
La sua malattia inizialmente sembra essere la mononucleosi, poi passiamo a una forte depressione e infine sembra essere un disturbo mentale, i farmaci e la terapia non aiutano Martha che si sente in trappola: «È come entrare al cinema mentre fuori c’è luce e rimanere scioccata quando esci, perché non ti aspetti che sia già calato il buio.»
Oppure: «È come trovarsi su un autobus seduta in mezzo a due estranei che iniziano improvvisamente a urlarsi contro litigando sopra la tua testa e tu non puoi scendere. Inizialmente non riesce ad alzarsi dal letto, è molto suscettibile, si arrabbia con chi le vuole più bene."
Martha è un personaggio difficile da comprendere e da apprezzare, lei stessa non capisce come affrontare quello che le succede, è confusa come lo siano noi in alcuni parti del libro, perché non riusciamo fino in fondo a capire il disagio che prova e che purtroppo non riesce a trovare una soluzione; se fosse un dolore fisico dei medicinali o una terapia la potrebbe far guarire, ma in questo caso niente di tutto questo sembra funzionare.
"Nessuno immaginerebbe che per la maggior parte della mia vita adulta, e per tutta la durata del mio matrimonio, io abbia cercato di diventare l’opposto di me stessa."(citazione)
La rabbia è un sentimento che la consuma durante il romanzo, sia verso la madre scultrice e alcolizzata, che verso il suo primo marito e poi con il secondo e anche nei confronti del suo medico. Martha non ha filtri dice e fa ciò che vuole, è logorante vederla così, lei soffre, vorrebbe essere "l'opposto di se stessa" ma non riesce a cambiare. E' intrappolata in se stessa in questa malattia che non ha nome ma con la quale deve convivere ogni giorno.
Patrick è da sempre innamorato di Martha, l'ha sempre assecondata, è un personaggio passivo e questo sicuramente non aiuta la protagonista nel suo matrimonio ma anche in generale nella sua vita. Dall'altra parte capisco l'uomo, perché non è di certo facile relazionarsi con una persona che ha questo tipo di disturbo e sua moglie lo tratta malissimo, è a tratti crudele perché sa che lui ci sarà sempre per lei. Quando Patrick se ne va, forse per la prima volta, Martha si renderà conto di ciò che ha perso.
Lo stile dell'autrice è semplice, in alcuni parti la narrazione un po' si perde nel racconto del passato di Martha, fermandosi su alcuni dettagli che a mio avviso non sono così importanti.
Una storia intensa e a tratti straziante che affronta un problema di cui si oggi si parla poco.
E' anche un libro che ci pone di fronte la realtà di una famiglia britannica particolare, di un matrimonio e di una serie di relazioni che combattono e convivono con la malattia mentale e forse sulla voglia di Martha di ricominciare o di cominciare a vivere davvero.
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CALL THE MIDWIFE
Questo romanzo è una sorta di diario di anni e anni di duro lavoro che l'autrice ha svolto come levatrice nell’East Side di Londra.
Prima di farci scoprire alcune delle donne che ha aiutato a partorire, di raccontarci le sue giornate e come vivevano le levatrici, ci dà una sorta di quadro generale di com'era la situazione sociale e sanitaria negli anni Cinquanta.
Jennifer Worth si trasferisce nel convento di Nonnantus House per diventare un'ostetrica, si ritrova a lavorare tra la gente più povera delle Docklands di Londra, non avrebbe mai pensato di fare una scelta di vita così radicale, ma le circostanze l'hanno portata a scappare da un'infanzia segnata dalla guerra e da un amore finito male.
Il libro è strutturato come una serie di racconti dove i protagonisti sono sempre le gravidanze, i bambini e le loro madri, è un romanzo che ti farà sorridere ma allo stesso tempo anche piangere e riflettere.
"Un lavoro infaticabile, disinteressato, al quale avevano consacrato la loro vita, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione degli abitanti delle Docklands. Tutti parlavano di loro con sincero affetto. Queste erano le Levatrici di St. Raymund Nonnatus [...]"(citazione)
La vita in questa zona di Londra era davvero dura, gli uomini lavorano al porto moltissime ore e con page misere, i sindacati cercavano di migliorare le loro condizioni ma la situazione era davvero difficile. I matrimoni precoci era molto diffusi, una coppia di innamorati si doveva sposare quasi subito, la vita famigliare era difficile ma raramente ci si separava. Le donne non avevano assistenza durante la gravidanza, molto diffuse erano le malattie e le complicanze durante la gestazione e il dottore o la levatrice vedevano la paziente solo durante il travaglio.
Il medico era molto costoso e quindi si preferiva chiamare un'ostetrica, questa professione non poteva essere improvvisata ma ci volevano anni per fare esperienza e i pericoli erano sempre presenti perché il parto poteva avere delle complicanze e le conseguenze potevano essere davvero imprevedibili.
" Nessuno oserebbe toccarci. Perché anche il più rozzo e burbero dei portuali nutre un profondo rispetto, quasi una riverenza, nei confronti delle levatrici di quartiere. E così possiamo andare dove ci pare, da sole, di giorno o di notte, senza nessuna paura." (citazione)
Prima di questo libro in nessun testo veniva menzionata l'importanza delle levatrici, un lavoro duro che poteva durare perfino diciott'ore al giorno, pieno di responsabilità, una professione che per queste donne diventava vita, dove impiegavano tutte le loro energie giorno e notte.
"Gli uomini sono cortesi e rispettosi con noi levatrici, ma completamente restii a ogni forma di familiarità, per non parlare di amicizia. C’è una separazione netta tra ciò che sono i doveri dell’uomo e quelli della donna."(citazione)
L'autrice non ci risparmia nulla perché lo stile è molto diretto e crudo, ci racconta come avveniva il parto, com'era la vita all'epoca, la difficoltà delle donne di vivere in una società che continuava ad escluderle e che non dava loro la giusta dignità.
Nel libro non si parla solo di pazienti ma anche delle colleghe levatrici, con questo testo l'autrice delinea e ci fa scoprire che le ostetriche avevano un cuore, erano essere umani e non sono state descritte con i soliti cliché, non c'era solo il bianco o il nero, ognuna di loro aveva pregi e difetti e questo ha sicuramente dato maggiore veridicità al testo.
L'ambientazione è ben descritta e interagisce con i personaggi, l'autrice è riuscita a ricreare l'atmosfera che si respirava nell' East End negli anni Cinquanta.
E' una ricostruzione veritiera e credibile che ci trasmette tutto quello che ha vissuto l'autrice con estrema autenticità, deve essere stato difficile per lei rivivere quello che aveva provato soprattutto in alcuni parti molto drammatiche. Un lavoro davvero lodevole e ben strutturato che ci dona un quadro completo di come si viveva nell'East End, come le levatrici dedicassero davvero se stesse per compiere al meglio il loro lavoro e per loro l'unica cosa che contava era far nascere dei bambini sani e che anche le loro madri stessero bene.
La narrazione è stata molto coinvolgente, da questo testo traspare tutta l'umanità e l'amore che l'autrice aveva per questa professione alla quale ha donato tutta la sua vita, con impegno, con amore e con dedizione.
Questo è il primo volume della serie "Call the Midwife", non posso che segnarmi di leggere anche gli altri due volumi e la serie tv della BBC che ho sempre rimandato perché volevo prima affrontare il libro.
Un romanzo che ho letto senza nessuna aspettativa, la scrittura di Jennifer Worth mi ha da subito trascinata nella vita di queste levatrici e alla fine sento di essermi un po' affezionata a loro.
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UNA BIOGRAFIA CORALE
L'autrice sceglie di raccontare una biografia corale, non c'è una sola storia o una sola protagonista, queste spose sono tutte insieme l'anima di questo libro, ci fanno sorridere, soffrire, provare rabbia e disgusto ma ad un certo punto, vorremmo solo abbracciarle.
Sono donne che sperano in una vita migliore, lasciano il loro paese, la loro famiglia di origine, la loro casa, le loro tradizioni per sposare un uomo che hanno visto solo in fotografia. Per loro il viaggio che le portò in America, è di speranza in un futuro diverso, in una persona che le possa amare e proteggere, in un lavoro meno doloroso di quello dei campi.
"Di notte sognavamo i nostri mariti. Sognavamo sandali di legno nuovi e lunghissime pezze di seta color indaco, e sognavamo di vivere, un giorno, in una casa con il camino. Sognavamo di essere belle e alte. (cit.)"
I loro sogni erano semplici in fondo, volevano solo condurre una vita dignitosa, lavorare, essere delle bravi mogli e poi anche delle madri, costruirsi un futuro migliore di quello che sarebbe stato il loro destino, se fossero rimaste in Giappone.
"Sulla nave ciascuna di noi doveva compiere delle scelte. Dove dormire, di chi fidarsi, con chi fare amicizia e come."(cit.)
Arrivate a San Francisco, però la realtà fu molto diversa da come se l'erano immaginata, entrarono in un mondo di bugie e di castelli di sabbia che a poco a poco crollarono sotto ai loro piedi. I loro mariti erano tutt'altro che teneri, non era facile integrarsi in un paese così diverso dal loro, imparare la lingua, farsi accettare ma anche affrontare delle lunghe giornate di duro lavoro e sapere che non sarebbero potute tornare indietro. Potevano scappare ma con quali soldi? I loro mariti non le mantenevano e sperperavano tutto il poco denaro che c'era al gioco, alcune non ce la facevano a sopportare tutto questo, altre vennero "comprate" da alcuni marinai incontrati sulla nave e così potevano andarsene e altre ancora resistettero.
La maggior parte di loro erano poco più che bambine, vergini e ingenue, vendute dalla loro famiglia come oggetti, nulla le poteva riportare indietro, nulla avrebbe potuto alleviare il loro dolore.
"Se torni a casa, ci avevano scritto i nostri padri, recherai onta all’intera famiglia. Se torni a casa, le tue sorelle minori non si sposeranno mai. Se torni a casa, nessun uomo ti vorrà più. "(cit.)
Sono delle storie strazianti e commuoventi, il racconto dei vari soprusi subiti, delle umiliazioni, della solitudine, della vergogna, dell'accettazione di essere state ingannate, delle false speranze ma anche del dolore, della fatica e della nostalgia della loro infanzia e della loro casa.
L'autrice con questo testo vuole raccontare un argomento storico poco conosciuto ma soprattutto ridarà dignità a quelle donne, che erano delle persone con dei sentimenti, dei sogni e delle speranze.
L'utilizzo della prima persona plurale può essere stata azzardata ma non in questo caso, i verbi vengono ripetuti molte volte nel giro di poche righe, proprio per sottolineare le varie esperienze e i vari punti di vista delle donne, non c'è solo una versione della storia ma ce ne sono molte e diverse tra di loro.
Un testo breve ma potente, intenso, drammatico e crudo che non si perde in giri di parole e colpisce il lettore nel profondo, per quanto il racconto sia a volte così schietto e atroce e ti fa capire la disperazione e poi la rassegnazione di queste donne di fronte alla realtà della loro vita. Quando si perde anche la voglia di combattere non ci resta altro che arrendersi al proprio destino.
L'autrice si è documentata molto per scrivere questo libro, che è una sorta di omaggio alla vita difficile di queste donne, perché altre persone possano ricordarle e sapere quello che hanno subito.
Un libro e una parte della storia recente che dovrebbe essere conosciuta da tutti.
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LA STORIA DI YOELA E LEAH
L'incipit di questo romanzo è molto forte e toccante, una donna di nome Yoela è fuori in strada, davanti alla casa dove abita la figlia. E' lì ferma, da sola, che la guarda attraverso la finestra, vede anche il genero e le nipoti che non ha mai conosciuto. Ha compiuto un viaggio di oltre cinquemila chilometri per vedere da lontano l'amata figlia Leah che vive a Groningen, in Olanda.
La donna non si azzarda ad avvicinarsi a loro, a bussare alla porta ma osserva quello che accade da lontano, quasi si vergogna di essere riuscita a trovare la figlia, a vedere dove vive, come era andata avanti con la sua vita senza di lei. Non avrebbe nemmeno saputo come giustificare la sua presenza lì in quel momento e ad un certo punto decide di tornare a casa in Israele.
Leah ha abbandonato la sua casa e i suoi genitori molti anni prima, era successo qualcosa di drammatico che l'aveva portata a scappare via e a ricominciare una vita altrove. Cosa aveva spinto la ragazza ad andarsene? Cosa si era spezzato nel rapporto di complicità e reciproca fiducia che avevano sempre avuto le due donne?
Yoela non si aspettava nulla e non pretende di rientrare nella vita di sua figlia ma vuole solo assicurarsi, con i propri occhi, che Leah stia bene e che sia felice.
Inizia così la narrazione che viaggia tra il presente e il passato della vita di Yoela, il suo matrimonio con Meir, il rapporto con l'unica figlia, la paura della gravidanza, il suo essere madre, la voglia di un altro figlio, le preoccupazioni per la crescita e l'educazione di Leah.
"Voglio scrivere tutto di Leah ma è come se le parole dovessero passare attraverso la cruna di un ago.
Vorrei scrivere di lei senza parole ma è impossibile." (cit.)
Yoela ha un amore incondizionato per la figlia, a volte eccessivo e possessivo, ma l'amore di una madre non si può spiegare, questo traspare dalle pagine e attraverso il racconto della vita di questa donna capiamo quanto forte, disperato, potente sia questo sentimento. Un legame unico e speciale che lega una madre al proprio bambino.
Per Yoela, la paura inizia quando capisce di essere incinta, ma tutto il dolore e le preoccupazioni passano quando nasce Leah, non sa se il suo amore sarà mai abbastanza, se la figlia sarà felice, se come genitore fallirà o meno. Ma ci prova lotta contro se stessa, contro l'ansia che la pervade, con la paura che succeda qualcosa a sua figlia, la vorrebbe proteggere e salvare da ogni dolore, cerca di rassicurarla, di consolarla, la rimprovera raramente e cerca di darle una buona educazione e farla diventare una brava persona.
"La maternità cancellò tutto ciò che l’aveva preceduta. Non ricordavo piú cosa avessi programmato, cosa mi aspettassi, cosa temessi. Niente mi faceva piú paura." (cit.)
Nel corso della storia assistiamo al racconto di un dramma famigliare, Yoela non ha una famiglia perfetta, lei e Meir si amano però lei vorrebbe un altro figlio ma il marito no, i loro vent'anni di differenza si sentono molto, la protagonista cerca di tenere insieme la sua famiglia, di fare sempre la cosa giusta.
I legami famigliari sono difficili, a volte la famiglia può rappresentare un ostacolo, può essere un rifugio nel quale tornare nei momenti difficili ma non sempre è così. In una famiglia si commettono degli errori, ci sono litigi e incomprensioni ma di base c'è sempre l'amore, ma quando questo diventa eccessivo può intrappolare. E allora l'unica soluzione è scappare e forse un giorno tornare e ritrovare il calore di un abbraccio tra genitore e figlio.
"Non appena Leah finí di raccontare le cercai il viso, gli occhi, e vidi solo dolore. Una morsa di gelo le stringeva il cuore. Non capivo di che materiale fossa fatta mia figlia. La amavo in maniera insopportabile, forse impossibile, e odiavo quel ragazzo con la stessa intensità." (cit.)
L'autrice riesce a delineare la protagonista in maniera verosimile, trasmettendo al lettore tutte le sensazioni, le emozioni, i sentimenti e le paure che ha provato e le difficoltà del rapporto madre-figlia. E' una storia molto profonda e delicata e molte persone potranno identificarsi in essa, nelle difficoltà dei genitori ma anche in quelle di Leah.
E' un racconto sincero, senza filtri, che racconta una famiglia come tante, ma allo stesso tempo unica, della paura di amare troppo, di questo sentimento così difficile da controllare, di questa protezione eccessiva, che a un certo punto porta a una forte rottura.
Lo stile dell'autrice è lento, a volte un po' prolisso soprattutto nella prima parte, con frasi e capitoli brevi e pochi dialoghi.
E' un romanzo impegnativo a livello emotivo che ti dona una serie di emozioni differenti, ma che ho trovato molto intenso, profondo e che fa riflettere sul rapporto genitori e figli guardando e considerando entrambi i punti di vista.
Un libro che porta anche un messaggio di speranza, che può essere interpretato in maniera differente, un rapporto si può ricostruire e migliorare sempre se lo si vuole, si può perdonare e amare un figlio o un genitore anche lasciando che commetta qualche errore e c'è un momento in cui la separazione è necessaria per far crescere un rapporto, per recuperalo o per ricucirlo.
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UN ROMANZO MOLTO TOCCANTE E PROFONDO
"La sensazione di vuoto che si prova nel momento in cui lo si capisce, non assomiglia a niente di ciò che avete provato fino a quell'istante."
Adalet è una giovane ragazza di ventinove anni e un giorno la sua vita prende una direzione inaspettata quando il medico le comunica che sta per morire.
Si incolpa per quello che le è successo, pensa al suo passato a quello che ha fatto di male per meritarsi questa punizione, infatti Adalet pensa che questa malattia sia la pena che deve scontare per i suoi peccati.
Inizia così un percorso molto personale, dove si legge dentro e ripensa agli anni della sua infanzia e adolescenza, al primo vero peccato che ha commesso nella sua vita: prendere l'unico giocattolo che aveva un bambino con un handicap, che viveva nel suo vicinato e non restituirglielo più.
Ora la sua missione è trovare quel ragazzo e chiedergli scusa per quello che ha fatto.
Adalet ha un mondo interiore molto complesso, lei non ha mai vissuto veramente, non ha mai amato ne se stessa ne qualcun altro, forse perché non sa come fare.
Affronta un viaggio per scusarsi per quello che ha fatto nella sua vita e si lascia andare come non aveva mai fatto prima, lei non ha mai vissuto veramente rimaneva in disparte, sempre un passo indietro, isolata dal resto del mondo; "senza toccare", come ci suggerisce il titolo, senza afferrare la sua vita vita e capisce di aver sbagliato.
"D'altra parte, mentre vivo non sapevo di amare la vita. Quando ho saputo di avere un piede nella fossa, l'ho capito, infatti pare proprio che la ami."
Adalet scrive una sorta di diario, dove oltre a parlare di se stessa e della sua famiglia, commenta anche quello che succede nella società, le notizie di cronaca, le molestie nei confronti delle donne e il silenzio delle vittime. Come quando succede un lutto in una famiglia, il dolore è solo "dentro le mura di quella casa" ma gli altri continuano la loro vita come se nulla fosse; in questo ho trovato sicuramente una critica dell'autrice verso la società e le persone che sono concentrate solo su se stesse.
"Il valore di una persona non consiste certo in ciò che ha causato l'errore, sapevo che sarebbe stata la vittima a giudicare."
La parte iniziale è stata molto interessante, la riflessione sulla vita e sulla morte, nessuno di noi sfugge al proprio destino, così ci dice l'autrice, nonostante tutto quello che possiamo fare lui ci trova sempre e non possiamo cambiare le cose.
Quando una persona sta perdendo qualcosa è in quel momento che capisce che è importante per lei e che l'ama. Il problema sorge quando non sai come amare perché non sei mai stato amato e Adalet non sa cosa sia l'amore.
"Se l'intenzione non è quella di farsi seppellire vivi nella propria oscurità che si è impadronita della vostra anima, non perderete nemmeno troppo tempo a pensare alla morte e, a patto che non sia lei a bussare alla vostra porta, non andrete di persona a indagare. Si accetta l'esistenza di alcune cose nella vita, solo se non ci pensa troppo a lungo."
Ho trovato questo romanzo molto vero e sincero, toccante in alcuni punti e avendo più o meno l'età della protagonista alcune paure che ha e che ha vissuto le ho provate anch'io e quindi questo libro è stato, per me, anche emotivamente forte.
I personaggi sono pochi ma ben delineati, il ritmo del libro è stato incalzante soprattutto nella prima parte, poi verso la fine è un po' calato.
L'autrice sa scrivere e molto bene, ha un vero e proprio talento, ha uno stile fluido e la narrazione è convincente e appassionante.
E' un libro che sa di realtà, di dolore, di sofferenza, di amore ma anche di una ricerca interiore per trovare se stessi, è un inno alla vita a "toccare" le cose, a non avere paura di fare delle esperienze, ad amare una persona anche se poi questa tradisce la tua fiducia, ti delude ma aver provato quel sentimento, anche una volta sola, ne varrà comunque la pena.
"Il modo più semplice per sopportare il tempo e il dolore, è non dimenticare che alla fine tutto inevitabilmente, passerà. Sì ogni cosa passa. Persino l'amore, persino la sofferenza, persino l'angoscia, persino la vita, persino il mondo finisce, senza aspettare che si riduca. Il dolore si attenua."
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ISTANBUL: TRA MODERNITA' E TRADIZIONE
"Il dolore per essere stata cacciata da casa sua due giorni prima e lo stupore per ciò che le era capitato avevano gettato un'ombra sul viso di Leyla Han?m, al contrario di ciò che aveva dato a vedere in macchina. Non riusciva a pensare a nulla."
Leyla è la protagonista di questo romanzo ed è un'anziana signora discendente di una prestigiosa famiglia ottomana che viene sfrattata ingiustamente dalla casa in cui era vissuta tutta la vita.
Purtroppo non può fare nulla per cambiare le cose ed è costretta ad andarsene.
Leyla non capisce cosa sia successo, la casa è di sua proprietà ma sembra che ci sia un certificato che attesti la sua infermità mentale e quindi la sua yal? è stata venduta a un uomo ricco.
La protagonista è impotente e sconcertata da tutto quello che le è accaduto e Yusuf, il figlio dell’ex giardiniere della villa, cerca di aiutare Leyla, i due si conoscono già da molti anni. Il ragazzo decide di ospitarla nella sua umile casa nel quartiere di Cihangir, nel lato europeo di Instabul quello più moderno, molto diverso e lontano da quello a cui Leyla è abituata.
Con Yusuf, vive anche la sua fidanzata, Roxy (Rukiye ), una cantante hip hop figlia di immigrati turchi in Germania, che non vede di buon occhio l'arrivo di Leyla.
Con il proseguimento della narrazione, scopriamo la vita e la storia che c'è dietro ognuno dei personaggi, i loro ricordi, le loro esperienze dolorose e felici e buona parte del loro passato.
Questo libro vive di contrasti, da una parte la vita di Leyla e delle sue origini antiche e benestanti e dall'altra quella di Roxy, che ha una famiglia umile alla spalle e un presente di difficoltà, due storie molto diverse ma ugualmente emozionanti.
E poi la differenza che troviamo a Istanbul, la tradizione che si scontra con la modernità, ho adorato le descrizioni della città, la meraviglia dei colori, la nebbia, il mare del Bosforo, i rumori, gli odori, dopo questa lettura è aumentata ancora di più la voglia di andare a visitare la Turchia.
"I turisti insistono a identificare le due sponde di Istanbul con Europa e Asia. Dal ponte sul Bosforo Yusuf passò sulla sponda anatolica, che gli istanbulioti non hanno mai considerato come l'Asia."
Istanbul è una città ricca di vita, di culture e religioni diverse che si incontrano e si scontrano, ma cercano di convivere e trovare un equilibrio, questo rende questo paese uno dei più affascinanti al mondo.
La narrazione è abbastanza scorrevole, la trama l'ho trovata lenta in alcuni punti e prevedibile però quello che ho apprezzato di più è l'analisi della società moderna, l'accuratezza della ricostruzione storica e l'ambientazione.
"Quella notte il Bosforo fu avvolto ancora una volta da una delle sue fitte nebbie, e tutto si colorò di un bianco lattiginoso. Le navi suonarono fino all'alba le sirene da nebbia che ricordavano lo stridio degli animali feriti sulle vette dei monti. I piantoni del ponte sospeso erano simili a immense ghigliottine che si stagliavano nel cielo. "
La storia è molto interessante e affascinante, anche i personaggi sono ben delineati ma tra tutti ho preferito quello Leyla e avrei voluto un ulteriore approfondimento.
Ho trovato utile il glossario all'inizio del testo e le varie spiegazioni all'interno, molte le conoscevo già, perché dopo due anni che seguo le dizi turche molti termini e abitudini dei turchi sono diventate famigliari; ma per i lettori che non ne sanno nulla, penso sia un ottimo strumento per capire meglio il testo.
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La Dubbiosa, la Peccatrice e la Devota
Il libro inizia parlandoci di Peri, una giovane donna turca che sta andando ad una cena lussuosa, ha 35 anni, tre figli, un marito e una vita agiata nella città in cui è nata, Istanbul.
"Una brava moglie, una brava madre, una brava massaia, una brava cittadina, una brava musulmana moderna, ecco cos’era."(citazione)
La donna incontra dei ladri, fin ad ora è stata una brava moglie, una brava madre e anche una brava cittadina e non aveva mai fatto male a nessuno ma in questo caso reagisce, le prendono la borsetta e cade una vecchia foto di quando studiava a Oxford, con lei c'erano un uomo e altre due donne. Questo vecchio ricordo sarà il punto di partenza della storia, con capitoli alternati tra presente e passato conosciamo la storia di tre donne: Peri, Shirin e Mona, che nel testo vengono anche chiamate la Dubbiosa, la Peccatrice e la Devota. In particolare la narrazione si concentra maggiormente sulla vita di Peri sul suo passato da bambina, poi adolescente e sugli studi a Oxford e poi al presente con la sua vita apparentemente perfetta. I suoi sogni sono finiti quando Peri torna in Turchia, decidendo di adeguarsi al modello sociale di donna musulmana moderna e fa la fine della madre, si sposa e ha dei figli, cosa che non si sarebbe mai aspettata anni prima.
"[...]da qualche anno Peri aveva deciso di accontentarsi di quello che aveva. Perciò rimase sorpresa quando, in un giorno normalissimo di primavera, all’età di trentacinque anni, sistemata e rispettata, si ritrovò a fissare il vuoto che aveva nell’anima."(citazione)
Le tre figlie di Eva del titolo sono: Shirin un'iraniana, atea, molto determinata, Mona un'egiziana ma naturalizzata americana, osservante, porta sempre il suo hijab e poi appunto Peri, l'eterna indecisa incapace di schierarsi tra il padre laico e la madre devota alla religione islamica.
Peri è sempre stata dubbiosa sulla fede, sull'essere una brava musulmana, non prega come avrebbe dovuto e non capisce se la religione aiuti le donne a essere autonome o sia l'ennesimo strumento per assoggettarle al volere degli uomini e quindi le sottometta. La protagonista ha un buon rapporto con il padre, ma è sempre in conflitto con la madre che vorrebbe che lei osservasse le regole dell'Islam e le tradizioni turche, anni dopo le cose si ribalteranno sarà la figlia di Peri, Deniz, a dichiarare guerra alla madre.
L'uomo nella foto è Azur, il professore di filosofia che incontrano le ragazze a Oxford, è un'anticonformista e sostiene la possibilità che una persona abbia dei dubbi, che si possa anche non credere in un "dio" qualsiasi sia la religione.
Per una persona è difficile staccarsi dalle proprie origini, dalle proprie radici e tradizioni, ma questo può succedere, la vita può portarti a fare scelte diverse ma la propria famiglia, il luogo dove si nasce influenza tantissimo questo aspetto. Alcune volte credere in qualcosa che fin da piccoli si pensa sia giusto è un porto sicuro, forse è più facile non seguire altre strade e percorrere l'unica che si conosce.
Per Peri ripensare al suo passato, a quello che è successo a Oxford è terapeutico anche per il suo presente, per sistemare alcune cose che sono ancora in sospeso, per guardare la donna che è diventata, ma anche gli errori che ha fatto in passato e forse per perdonare se stessa.
"Per qualche tempo aveva provato a non spendere un centesimo in titoli occidentali, ma il proposito si era rapidamente infranto: un bel libro era un bel libro, e l’unica cosa che contava era quella."(citazione)
La Turchia è sicuramente uno dei paesi più tolleranti del Medio Oriente e Istanbul ci viene descritta come un paese frenetico, pieno di vita che non si ferma mai, pieno di rumori, di luci e di colori, in contrapposizione alla tranquillità di Oxford. A Istanbul non c'è tempo per fermarsi e stare da soli con se stessi, succede sempre qualcosa. Oggi possiamo dire che la Turchia sia il paese dei contrasti divisa tra il lato europeo e quello asiatico, tra tradizioni e modernità; questo come ho detto altre volte lo vedo nelle dizi turche, in alcune c'è un forte scontro tra le regole da seguire e invece una tolleranza più occidentale, ma questo non significa che non ci possa essere una sorta di equilibrio tra questi due punti.
"Non c’è spazio per l’introspezione, gli orologi non riescono a tenere il passo degli eventi. Chi abita a Istanbul passa da un’ultim’ora alla successiva, correndo e consumando in fretta, finché succede qualcos’altro ancora che esige la sua attenzione."(citazione)
Il tema delle discriminazioni viene trattato in maniera molto decisa nel testo, sia le discriminazioni nei confronti di chi ha un orientamento religioso, sessuale o una cultura diversa sia nelle società islamiche chiuse e poco tolleranti sia nei paesi occidentali.
Perché mai alle radici si dovesse dare tanto più valore che ai rami e alle foglie, Peri non lo aveva mai capito. Gli alberi gettavano virgulti e filamenti in ogni dove, sotto e sopra gli antichi suoli terrestri. Se perfino le radici si rifiutavano di star ferme dove stavano, perché pretendere l’impossibile dagli esseri umani?
Un altro argomento di cui si parla nel testo è il ruolo della donna nella società e nella famiglia, di quanto le donne siano ancora legate alle tradizioni da rispettare, lo vediamo quando il fratello di Peri si sposa e di quanto la donna sia ancora un oggetto, che deve sposarsi e fare la madre, la moglie, ka cittadina e la musulmana perfetta. La dignità femminile viene calpestata continuamente.
Nel testo ci viene descritto anche l'amore per i libri che hanno i turchi, quando Peri ci racconta della sua prima relazione, ci dice che per lei non conta chi avesse scritto il libro ma se il testo fosse valido, quindi leggeva di tutto mentre il suo fidanzato era contrario a certi tipi di romanzi, ma soprattutto all'ideologia occidentale e in particolare a quella che riguardava il femminismo.
"Avrebbe preferito starsene a casa e, alle ore piccole, trovarsi immersa in un romanzo: leggere era il suo modo per rimanere connessa con l’universo. Ma la solitudine è un privilegio raro, a Istanbul." (citazione)
Verso la fine del libro ci sono dei colpi di scena che scombussolano il lettore, che attirano l'attenzione quando pensiamo di aver capito tutto e poi il finale un po' in sospeso mi ha sorpreso positivamente.
L'autrice ha uno stile molto coinvolgente e personale, scava nelle crepe dell'animo umano, realizzando un'indagine psicologica delle tre donne, precisa e attenta, non rimanendo in superficie ma andando in profondità e non avendo paura di trattare determinati temi.
E' un libro sullo scontro tra culture differenze, sulle discriminazioni delle minoranze, sul femminismo, sui rapporti famigliari, sulle tradizioni e sull'integrazione.
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NON LASCIATEVI INGANNARE DALLA COPERTINA
La narrazione è incentrata sul quadro "L'improbabilità dell'amore" dell'artista francese Watteau, una delle sue prime opere che ha lanciato il movimento rococò.
Il libro inizia con l'asta per la vendita di questo quadro, mentre poi la storia torna indietro di alcuni mesi e troviamo tra i molti personaggi, Annie McDee, una giovane donna che sta affrontando un momento difficile della sua vita, si è lasciata con il fidanzato e ha un lavoro molto umile che non le permette di migliorare il suo tenore di vita. Lei vorrebbe fare la cuoca ma le manca l'esperienza.
Un giorno partecipa a uno speed-dating e pensa di aver trovato l'uomo giusto per lei, Robert, ma la sera del suo compleanno gli organizza una cena ma lui non si presenta, gli aveva preso anche un regalo.
Curioso il fatto che lei acquisti un quadro per regalarlo all'uomo e sia lo stesso protagonista della nostra storia, finito chissà come a prendere polvere in un negozio di secondo mano. E' chiaro che né il proprietario del negozio né Annie sanno il valore dell'opera, che la donna paga solo 75 sterline.
Visto che Robert l'ha lasciata, Annie vuole restituire il quadro ma scopre che il negozio è bruciato e purtroppo anche il proprietario è morto e da questo momento per la ragazza iniziano una serie di guai.
Nessuno deve sentirsi sconfitto, perdente; devono avere la sensazione che un’inezia abbia cospirato contro di loro, ma che la prossima volta sarà un successo.
I personaggi in questo libro sono tanti, forse troppi, sono di varie nazionalità, ricchi, mercanti d'arte, accademici e ci sono molte sotto trame, mi sono concentrata sulla storia di Annie perché ho trovato fosse più interessante da seguire.
In questo romanzo c'è di tutto e di più, si parla d'arte, dell'Olocausto, di problemi famigliari e perfino di cucina, la narrazione è in alcuni punti confusa e difficile da seguire; in più ci sono dei capitoli dove il quadro è la voce narrante e parla della sua storia, all'inizio mi sembrava un'idea interessante ma poi mi ha annoiato.
Ho amato il prologo che mi ha incuriosita molto ma soprattutto mi aspettavo grandi cose da questo libro dopo questo inizio scoppiettante, mentre poi i capitoli successivi sono stati completamenti diversi e avrei preferito che l'autrice mettesse meno carne al fuoco perché ad un certo punto la narrazione era troppo complicata e contorta.
Lo stile di scrittura è semplice ma diretto, l'autrice sceglie di far narrare la storia da vari punti di vista, ma credo che una buona revisione del testo sarebbe stata indicata, per tagliare alcune sotto trame che ai fini della storia non avevano alcuna importanza.
Il finale è molto deludente, mi sono chiesta chi abbia scritto il prologo e chi il resto del libro perché sembravano veramente due cose diverse.
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UN CLASSICO INGLESE DIMENTICATO
Flora Poste è la protagonista di questo romanzo, ha perso i genitori che sono morti a causa dell'influenza spagnola, ha solo vent'anni e ha avuto un'educazione esemplare, basata sullo sport, ma scopre che il padre aveva molti creditori e le rimangono solo cento sterline all'anno e nessuna proprietà.
Flora ha una volontà di ferro ereditata dal padre e delle caviglie sottili come la madre, ma questo non le permetterà di guadagnarsi da vivere, non sa come fare, decide per il momento di andare a visitare per qualche giorno l'amica Mrs Smiling a Lambeth. La donna cerca di farla ragionare, le propone di studiare dattilografia e stenografia, così da poter diventare una segretaria e affittare un appartamento.
“Nessuno ti ha proposto di andare a vivere da loro? Volevo proprio metterti in guardia su questo. I parenti vogliono sempre che uno vada a stabilirsi da loro,” disse Mrs Smiling.
“No. Ricordati, Mary, che adesso ho solo cento sterline all’anno; e non so giocare a bridge.”
Ma Flora vuole andare a vivere con qualcuno dei suoi parenti e per questo invia delle lettere, alla fine decide di andare da Mrs Judith Desoladder, nel Sussex, alla Fattoria delle Magre consolazioni. C'è un segreto, un torto che i Desoladder avrebbero fatto al padre di Flora e vorrebbero rimediare ospitando e aiutando la protagonista.
"Le scriverei stasera, ma penso che dovremmo cenare fuori, non credi? Per celebrare l’inizio della mia carriera di parassita."
Flora arriva alla Fattoria e la trova in rovina, le persone che incontra sono molto strane, parlano poco, hanno modi di fare alquanto bizzarri ma soprattutto non possono lasciare la fattoria e andare altrove, perché la matriarca Ada Funesta li tiene tutti legati a loro.
Ada è la zia di Flora, nonché la sorella maggiore di sua madre, vive da più di vent'anni nella sua stanza, esce solo due volte all'anno e vuole vedere tutte le spese della fattoria, tutti credono che sia matta e se qualcuno vuole andarsene per cambiare vita, lei perde completamente la testa e si ammala. Ada Funesta dice di aver visto qualcosa di terribile da bambina nella legnaia, una superstizione o forse qualcosa di vero, ma con questo clima di terrore e di paura tiene insieme tutti gli abitanti della fattoria.
Flora è sconcertata non crede a quello che sente e a quello che tutti le raccontano, si rifiuta di sottostare a delle regole assurde che impone una vecchia zia alquanto bizzarra.
Quindi decide di cambiare le cose e cerca di migliorare anche la situazione alla Fattoria.
"Le piacevano i romanzi vittoriani. Erano romanzi che si potevano leggere mangiando una mela."
Stella Gibbons crea dei personaggi davvero particolari e credibili, la storia è verosimile e la narrazione intreccia le vite dei vari abitanti della Fattoria in maniera coerente, anche se forse verso la fine del libro, tutto diventa abbastanza prevedibile. La parte finale è sicuramente quella che ho preferito di meno.
L'autrice prende spunto dai grandi classici dell'Ottocento, li cita molte volte nel testo e la sua scrittura è sicuramente influenzata da loro, è una sorta di omaggio.
Questo libro mi ha fatto divertire, mi sembra tutto alquanto strano ma allo stesso tempo così piacevole e allegro che ho adorato quasi ogni pagina.
Lo stile è coinvolgente, tagliente e diretto e Flora è una protagonista che non si dà per vinta, è testarda nel raggiungere ciò che si è prefissata ma anche ostinata nel capire cosa succeda alla Fattoria e nel voler cambiare le cose. Non vuole lavorare, cerca di "sfruttare" ciò che la sua educazione le ha insegnato e quel poco che la vita le ha lasciato, per cercare di migliorare il posto in cui decide di vivere. E' una ragazza molto realista, non crede alle superstizioni e cerca di trovare un modo per sistemare le cose a suo favore, è giovane ma ha già una personalità ben definita. Flora è una protagonista che ti conquista fin dalle prime pagine, non puoi odiarla, ma nessuno dei personaggi è "negativo" sono un po' tutti strani, a volte esagerati; l'autrice pone l'attenzione su come "l'ignoranza" ci porti a credere a delle superstizioni popolari che provocano paura e terrore, solo in chi non ha la possibilità di capire o conoscere o di vedere qualcosa di diverso.
E' un romanzo che consiglio di leggere, per passare qualche ora in spensieratezza, non è neanche lungo, se vi piace la letteratura inglese e volete cimentarvi in qualcosa di divertente e un po' strano, questo è un romanzo che potrebbe fare per voi.
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LA FUGA DI OSVALDO
Osvaldo è il protagonista del romanzo, è un uomo di mezza età che per soddisfare l'ultimo desiderio della madre ruba un camoscio che era di proprietà dei gemelli Legnole.
La madre poco prima di morire vorrebbe mangiare del brodo e Osvaldo non ci pensa due volte e questo gesto cambierà la sua vita, perché i gemelli Legnole, Gildo e Gianco non conoscono il perdono e la compassione, sono persone semplici ma anche ignoranti.
I due vogliono vendicarsi del furto e inseguono Osvaldo che è costretto a fuggire e nascondersi per un anno.
Nel paesino dove loro tre abitano tutti si conoscono, le persone sono umili ma sono animate da sentimenti forti, la visione delle cose è bianca o nera non c'è una via di mezzo; niente si dimentica, un torto subito, un errore commesso, anche le "problematiche" più semplici si trasformano in una questione di onore e di rispetto.
L'autore, con l'espediente narrativo di far fuggire il protagonista, ci racconta la bellezza della natura, la parte selvaggia e incontaminata, l'alternarsi delle stagioni, il cambiamento delle montagne e dei boschi.
"Io sto attento a come guarda la gente. Impari molte cosa, capisci i caratteri studiando gli sguardi."
Questo viaggio non è solamente reale ma anche metaforico, Osvaldo lo compie per salvare la sua vita ma è anche un vero e proprio percorso interiore, con se stesso, un dialogo con la sua parte più profonda.
E' un mondo duro quello della montagna, faticoso, che non fa sconti, è una continua sfida con i propri limiti, ma questo paesaggio incontaminato, selvaggio e crudele ti porta anche a isolarti, ad apprezzare il valore delle piccole cose, la solitudine e a capire quanto tutto possa cambiare in pochi minuti.
"Non ti fidare del bello fuori, cerca di vedere dentro. Resta pulito senza vermi."
La montagna, come ci dice l'autore non perdona, è meravigliosa ma implacabile, pericolosa e piena di insidie e l'unica legge che è riconosciuta, in questo paesaggio, è quella della natura.
Con il passare dei mesi e delle stagioni vediamo come cambiano i colori e i suoni, ho apprezzato moltissimo le descrizioni che ho trovato molto suggestive e d'effetto.
Credo che questo libro abbia al suo interno un messaggio, quello di ritrovare il valore delle cose semplici, tornare alle origini, essere se stessi e cercare di andare oltre quello che vediamo, perché il mondo di oggi è pieno di filtri che ti fanno sembrare e fanno credere agli altri, che la tua vita sia perfetta. Ma dietro c'è il dolore, la sofferenza e la solitudine che nessuno conosce, è quando vai a dormire in quei minuti prima di addormentarti sei solo con te stesso, in questo momenti ti guardi dentro e rifletti sulla giornata, sul futuro, su quello che sei.
La vita è frenetica, non c'è mai il tempo di fermarsi e pensare a se stessi e conoscere veramente chi abbiamo di fronte.
La narrazione, attraverso il POV in prima persona del protagonista, utilizza un linguaggio molto semplice, quasi parlato in alcuni momenti, se avete visto qualche intervista dell'autore sembra proprio lui che ci racconta questa storia e questo l'ho trovato sia un limite che un pregio. Probabilmente ha deciso di scrivere in questo modo, per rendere più credibile il personaggio che non sarebbe stato tale, se avesse usato uno stile più ricercato e forbito.
Questo romanzo è un cerchio, che torna al punto di partenza, Osvaldo parte e conclude nello stesso posto il suo viaggio, non posso dirvi se il finale sarà drammatico o meno ma è un percorso che farà prendere maggiori consapevolezze all'uomo e ne uscirà cambiato. Si aprirà un nuovo capitolo della sua vita o si concluderà per sempre?
Lo stile dell'autore cerca di essere il più personale possibile, apprezzerete di più questa storia se amate la natura e la montagna e il ritrovare la semplicità della vita e tornare ai valori di una volta.
Un libro che è una sorta di ricerca personale e interiore per superare se stessi, i propri limiti, le proprie paure e per cominciare a vivere davvero.
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Un romanzo senza eroe
"La fiera delle vanità - un romanzo senza eroe" è una delle opere più famose dell'Ottocento inglese di William M. Thackeray, da alcuni critici è considerato uno degli autori tra i più talentuosi del suo secolo, al pari di Dickens.
Anche se devo dire che io preferisco Charles.
Questo romanzo non è tra i più letti, almeno qui da noi, ma quando fu pubblicato a puntate tra il 1847 e il 1848 ebbe un enorme successo, ancora prima della pubblicazione completa dell'opera.
In questo libro come ci suggerisce il titolo, non c'è un vero e proprio eroe, tutti i personaggi sono privi di virtù ma pieni di difetti, le loro imperfezioni li dovrebbero rendere più umani e verosimili ma con il passare delle pagine tutto è diventato una grande forzatura.
L'accento che pone l'autore sull'ipocrisia e sull'avidità dei vari personaggi credo sia stato, ad un certo punto, veramente eccessivo.
Le protagoniste principali del libro sono Amelia Sedley e Becky Sharp, due ragazze agli antipodi che si conoscono alla scuola femminile per giovani donne di Miss Pinkerton e diventano amiche.
"La Sharp con un freddo sorriso e un inchino, incrociò le mani, declinando così l'alto onore che le veniva offerto [...]. Vi fu una specie di piccola battaglia fra la ragazza e la vecchia, e quest'ultima dovette dichiararsi vinta. Dio ti benedica figlia mia! disse abbracciando Amelia, ma nello stesso tempo gettando uno sguardo irato sulla Sharp."
Amelia è una ricca borghese, ingenua, un po' sciocca che ha sempre vissuto negli agi e l'unico obbiettivo della sua vita è quello di sposarsi.
Becky, invece, è figlia di un pittore e di una ballerina, è povera e vuole migliorare la sua posizione sociale e su suggerimento di Miss Pinkerton va a servizio dai Crawley come istitutrice. E' ambiziosa, intelligente, arguta e priva di scrupoli e raggiungerà i suoi scopi senza guardare in faccia a nessuno.
E' un personaggio che sfrutta le sue qualità, la sua bellezza per ottenere ciò che vuole e guarda con occhio critico la buona società inglese di cui vuole far parte.
"Non è forse ammirevole questo sentimento di gratitudine in un'orfana priva di protezione? E se nei suoi calcoli entrava una punta d'egoismo, chi nn si senterebbe in grado di giustificare una simile prudenza?"
Thackeray punta l'attenzione soprattutto sul personaggio di Becky, non è un'eroina, è molto lontana dalla figura femminile vittoriana, tutt'altro che devota alla famiglia, in cerca solo del suo benessere personale.
Becky è una donna che desidera sempre qualcosa che non ha e quando la ottiene, si sente vuota tanto da trovare subito qualcos'altro che appaghi se stessa e il suo forte ego, lei ha da sempre invidiato la vita di Amelia e gli agi del suo status sociale.
"E' forse necessario dire che, quando una donna vuole qualcosa, trova senz'altro il modo di raggiungere lo scopo?"
Nonostante sia una donna fuori dal comune per l'epoca e anche se è molto intelligente e arguta, commette durante il romanzo degli errori che le provocheranno dei problemi.
Thackeray attraverso il personaggio di Becky Sharp, critica le contraddizioni della società dell'epoca, di quali sentimenti siano animate le persone avide e arriviste e per ottenere ciò che vogliono farebbero di tutto e di quanto un essere umano possa cadere in basso per raggiungere i suoi obiettivi.
Lo stile dell'autore l'ho trovato abbastanza semplice da seguire, alcune parti sono state più avvincenti di altre, in generale è stato un libro che però non mi ha entusiasmata e colpita come pensavo.
Quello che mi è piaciuto di più è che l'autore si rivolge direttamente al lettore, introducendo il capitolo con una sorta di "spoiler" di quello che accadrà, dicendo per esempio che quello che stiamo andando a leggere sarà noioso, oppure romantico o sarà importante ai fini della storia. Una sorta di piccolo promo al capitolo stesso.
Personalmente capisco subito se un autore dell'Ottocento inglese mi piace oppure no, negli anni ne ho affrontati molti e credo, ma lo dico a malincuore, che Thackeray non sia uno dei miei preferiti nonostante ne riconosca il talento.
Ho apprezzato molto che le protagoniste fossero delle donne, e che Becky fosse così distante dalla classica donna vittoriana, però non sono riuscita ad affezionarmi a nessuna delle due.
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NON E' UN CLASSICO PER TUTTI
Martin Eden è un giovane marinaio che è cresciuto in una famiglia povera e ha dovuto lasciare molto presto la scuola.
Vive a Oakland e spera in futuro di poter migliorare la sua posizione sociale, un giorno mentre lavora su un traghetto aiuta e difende Arthur Morse da un'aggressione. Arthur per ringraziarlo lo invita a cena e lì conosce la famiglia Morse, che è molto lontana da tutto quello che ha conosciuto fino ad ora.
La casa che si trova davanti è piena di cultura, di libri, di dipinti, di musica tutto quello che lui ha sempre sognato.
Martin Eden è da una parte a disagio ma dall'altra è profondamente affascinato e colpito da un mondo che non conosce. Quando incontra la sorella di Arthur, Ruth, ha subito un colpo al cuore, capisce di provare qualcosa per lei e vorrebbe essere alla sua altezza.
"E gli riusciva di seguirla, sebbene turbato dalle parole sconosciute che lei usava, dalle critiche e dal processo del pensiero, tutte cose nuove per lui, ma che però gli stimolavano la mente e lo facevano vibrare."(citazione)
In questo momento c'è il primo errore che commette Martin, lui vuole cambiare, studiare e avere una posizione migliore ma solo per essere degno di lei. Non per se stesso ma per piacere a un'altra persona.
L'unione tra i due sembra impossibile, Martin si impegna, studia, vuole diventare uno scrittore famoso, ma gli editori rifiutano tutto ciò che scrive. Ruth lo incoraggia inizialmente, ma con l'andare del tempo anche se vede dei cambiamenti questi non possono essere sufficienti per il loro futuro.
La donna è abituata agli standard dell'alta società, ha una visione differente rispetto a quella di Martin che per quanto si sforzi non potrà mai cambiare completamente. Ruth avrebbe dovuto apprezzare gli sforzi che lui ha fatto e accettarlo per quello che è, se il suo sentimento fosse stato vero.
Ruth è più grande di tre anni rispetto a Martin, rimane affascinata da lui per la sua forza, il suo coraggio e per le tante esperienze che l'uomo ha avuto. Non ho apprezzato come è stato sviluppato il personaggio di Ruth che rimane sempre una ragazza ingenua, banale nonostante la sua istruzione sembra che rimanga sempre più indietro rispetto al protagonista. Questo rispecchia il periodo in cui è stato scritto il romanzo.
"Si trovava in quello stato raro e meraviglioso di chi vede i sogni svincolarsi dai limiti della fantasia e acquisire corpo."(citazione)
Ho trovato il protagonista veramente antipatico, nonostante abbia apprezzato la sua voglia di cambiare e migliorarsi ma il motivo per cui lo fa è sbagliato.
Vengono descritti in maniera veritiera gli sforzi che Martin fa per raggiungere la pubblicazione della propria opera, di quanta ansia, tristezza e disperazione ci sia dietro a un autore quando viene costantemente rifiutato.
E cosa succede dopo?
Quando riesce ad avere una copia del suo libro tra le mani?
Lo stile è semplice, alcune parti erano troppo lunghe e non sempre era necessario conoscere tutto ciò che pensasse Martin, con il passare delle pagine diventata tutto un po' eccessivo e noioso.
Nonostante abbia trovato molti spunti di riflessione importanti, non ho amato moltissimo questa storia e il suo protagonista.
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BUON THRILLER, FINALE DELUDENTE
Le voci narranti del romanzo sono due e sono quelle dei protagonisti: Anna e Jack, "His and Hers" come indicato nel titolo originale sono le due versioni della stessa storia, la verità cambia in base alla persona che la racconta.
"A volte mi sento come il narratore inaffidabile della mia vita. A volte mi sembra che lo siamo tutti."(citazione)
Anna Andrews è una giornalista del "One O'Clock News", che ama molto il suo lavoro e dopo anni da inviata ha la sua grande occasione di diventare conduttrice, quando sostituisce la collega titolare del ruolo perché va in maternità; gli anni passano perché dopo il primo figlio ne ha subito un altro. Anna continua senza problemi il suo lavoro e si sente orgogliosa di quello che è diventata.
Ma un giorno tutto finisce quando la collega Cat si riprende il suo posto e Anna si deve "accontentare" di fare l'inviata e per un servizio torna nel paese dove è cresciuta, Blackdown. Nel bosco della cittadina è stato ritrovato il cadavere di una donna, le hanno tagliato le unghie fino alla carne ed è morta dissanguata e stretto alla lingua aveva un braccialetto dell'amicizia.
Anna conosceva la donna che è stata uccisa e questo la potrebbe mettere in una brutta situazione.
La protagonista ha un vizio, quello dell'alcool, che la aiuta ad andare avanti dopo la separazione dal marito e la scomparsa della figlia.
"A volte i ricordi cambiano cornice, per mostrarci quadri più gradevoli del nostro passato, qualcosa di meno atroce cui ripensare. Altre volte invece abbiamo bisogno di ridipingerli del tutto, per fingere di non ricordare cosa c'è sotto." (citazione)
Jack Harper è l'ispettore capo della divisione Reati Gravi è tornato a Blackdown dopo anni di lavoro a Londra e pensa che avrà a che fare solo con furti e piccoli crimini, invece deve affrontare una situazione che non avrebbe mai pensato di vivere: la notte precedente al ritrovamento del cadavere lui aveva incontrato la vittima.
Sono due personaggi a cui non mi sono affezionata ma che ho trovato verosimili e delineati in maniera credibile, descritti con le loro fragilità e i loro punti di forza, durante la narrazione conosciamo anche il loro passato e come sono cambiati negli anni.
"A volte ho l'impressione che l'unico modo per alleviare il dolore più atroce sia ferirmi in altre maniere."(citazione)
Tra di loro c'è un legame che evito di dire per non fare spoiler, ma che si intuisce fin dal principio.
La storia è narrata in maniera convincente e molto scorrevole, ci sono altre vittime oltre alla prima donna e mano a mano andremo a scoprire i legami che c'erano tra di loro, ho fatto molte ipotesi sul colpevole che però non erano corrette.
Indubbiamente questa autrice sa scrivere molto bene e creare la giusta dose di suspense e mistero, alcuni colpi di scena però erano molto prevedibili.
"La verità non interessa più a nessuno: non porta like, non attira follower. Posso capirlo, ma una vita fatta solo di apparenze può essere molto pericolosa."(citazione)
Il finale mi ha però lasciata molto perplessa non è assolutamente credibile, è contorto ed esagerato e difficile da intuire perché secondo me è proprio campato in aria, un effetto sorpresa che ci potrebbe stare ma non per questo thriller.
L'autrice non ha posto delle basi per arrivare a un finale del genere e la valutazione finale è scesa purtroppo perché un po' ha annullato il buono che avevo letto in precedenza. Io sono sempre dell'opinione che tutto deve avere un filo logico, soprattutto nei thriller e che il lettore alla fine della storia dovrebbe collegare tutti i pezzi.
Forse l'autrice ha voluto un po' esagerare nel finale, ottima la prima parte, buona quella centrale e deludente la conclusione.
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Yuriko e Kazue
Le protagoniste di questo libro sono Yuriko e Kazue, due prostitute di Tokyo, che sono state uccise in maniera crudele e misteriosa, cosa è successo nella loro vita per decidere di vendere il proprio corpo? E' questa una delle domande chiave che si pone l'autrice.
Yuriko è figlia di madre giapponese e di padre svizzero, è una donna di una bellezza incredibile, quasi irreale e per questo è sempre stata isolata dalle altre donne. Fin da quando era piccola, ha sempre utilizzato questa dote come strumento per manipolare gli uomini. La bellezza a un certo punto è diventata un problema, che le ha impedito di amare e dal raggiungere altri obiettivi magari a livello professionale.
"Continuo a fissare con insistenza l'uomo che mi trovo davanti, illudendolo di provare simpatia nei suoi confronti e innescando situazioni anomale che talvolta si concludono con ridicoli malintesi, ma che non bastano a dissuadere la mia singolare curiosità."(citazione)
Kazue, invece, è una donna insignificante e invisibile ma ha molta forza d' animo e tenacia, non essendo bella, punta tutto sullo studio, anche se a scuola le sue compagne non perdevano occasione di prenderla in giro.
Il libro è diviso in capitoli e ognuno dei quali ha un narratore diverso, sono tutti inaffidabili e la prospettiva della storia cambia a seconda di chi ce la racconta.
Una parte della storia vede come voce narrante la sorella maggiore di Yuriko, che ha molto invidia per la bellezza della sorella e ha cercato di studiare per farsi notare e per dimostrare che poteva diventare qualcuno di importante e ottenere un buon lavoro.
Yuriko e Kazue, nonostante siano così diverse tra di loro, vogliono solo una cosa non essere più sole e mercificando il loro corpo vogliono essere guardate, attirare gli sguardi di ammirazione degli uomini.
"E alla fine, sarò io-io donna-l 'unica responsabile della mia distruzione."(citazione)
Yuriko quando era molto giovane ha lavorato nei club e aveva una clientela esclusiva, ma passati i trent'anni, per essere notata deve accontentarsi di mercificare il proprio corpo per strada.
Kazue, nonostante la sua intelligenza e il suo rispettabile lavoro di giorno, vuole essere guardata e per farlo si trucca e si veste in maniera appariscente e fa la prostituta di notte per attirare l’attenzione.
Per la società giapponese una donna entra nella vecchiaia dopo i 35 anni ed è condannata all'indifferenza più assoluta, se non è mai stata sposata e non ha figli, nessun uomo si fermerebbe a guardare una donna così.
In questo libro la donna passa per essere un soggetto debole, costantemente alla ricerca di attenzione, di un briciolo di amore e considerazione.
Questo libro critica la società giapponese solo in apparenza perfetta, ma che invece è ingiusta, classista e ipocrita.
Devo dire anche che questo romanzo è ben distante dalle "Quattro casalinghe di Tokyo" (recensione qui) che io ho amato e che mi ha coinvolta e appassionata moltissimo.
Lo stile dell'autrice è sempre molto scorrevole e lineare, solo lei riesce ad intrecciare così bene tante storie una dietro l'altra, ma ho trovato che rispetto ad altri testi questo facesse fatica a decollare e alcune parti erano decisamente troppo lunghe.
Questo non è un classico noir, i vari narratori ci fanno vedere la realtà in maniera differente, questo libro ha lo scopo di porre l'attenzione su una società che condanna la donna, che crea delle diseguaglianze e delle differenze e che non è equa.
Il romanzo si ispira a una storia vera.
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EMMA UN PERSONAGGIO AFFASCINANTE
"Lei stessa a volte si meravigliava delle ipotesi atroci che le passavano per la testa... e intanto bisognava continuare a sorridere, sentirsi ripetere che era felice, fingere di esserlo lasciarlo cadere."(citazione)
Emma è un personaggio veramente particolare ma allo stesso che mi ha fatto riflettere, non è sicuramente facile stare dalla sua parte e capire il suo comportamento.
E' come un uccello ingabbiato che non riesce mai a trovare quello che vorrebbe, è come se non riuscisse ad afferrare il suo obiettivo.
Emma è una ragazza molto ambiziosa vorrebbe trasferirsi a Parigi, nella grande città e sogna un amore romantico, è anche molto egoista, non si cura né del marito né più avanti della figlia.
L'amore che cerca è quello che aveva letto nei romanzi rosa, un sentimento che lei ha idealizzato e non è reale, Emma non si arrende e lo cerca per tutta la durata del libro.
Per lei non ci sono altre forme d'amore ma solo quelle che lei ha conosciuto nei libri, vorrebbe un uomo che le faccia vivere una serie di avventure, una persona appassionata della vita e motivata nel fare nuove esperienze.
Suo marito Charles è tutt'altro che un eroe senza macchia e passionale ma è un borghese che vive la sua vita "tranquilla" in campagna ed è privo di ambizione.
Emma ha sete anche di cultura, di viaggi, di abbracciare e conoscere nuovi mondi, nuove città ma con Charles tutto questo non è possibile e questo le provoca un profondo senso di tristezza e di turbamento.
Charles non riesce a stare "al passo" di una donna forte come Emma che cerca di più dalla vita, mentre lui si accontenta di quella che ha, non vuole migliorarsi o crescere. E ' un uomo semplice, umile ma anche ingenuo.
Emma sperava che sposandosi la sua vita sarebbe cambiata, avrebbe conosciuto qualcosa di nuovo, avrebbe fatto parte della buona società e avrebbe vissuto il grande amore. Ma non sarà così purtroppo per lei.
Emma pretende un amore che non esiste, un amore romantico e travolgente da romanzo appunto. Ma l'amore è anche quotidianità, conoscersi, andare d'accordo imparare a capire e comprendere l'altro con i propri difetti. Il principe azzurro non esiste.
La protagonista doveva accettare la propria vita, la propria condizione sociale e il proprio matrimonio, non averlo fatto l'ha portata alla distruzione.
Ho trovato le descrizioni della campagna un po' tediose ma probabilmente rispecchiavano il suo stato d'animo quando Emma guardava fuori dalla finestra.
Ho trovato che Emma sia un personaggio reale e ben costruito, rappresenta una donna dell'epoca forte da una parte, con la voglia di cambiare ma anche fragile dall'altra con la sua incapacità di fermarsi e accontentarsi della sua vita. Non cresce mai e rimane per tutto il romanzo egoista, capricciosa e quando capisce che ha sbagliato cerca una vita d'uscita, forse la più facile chi lo può sapere.
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AMBIZIOSO E POCO CREDIBILE
Questo romanzo segue la vita di quattro donne: Henny, Käthe, Ida e Lina e copre un periodo temporale che va dal 1919 fino al 1948.
La prima guerra mondiale è stata devastante e dolorosa, ha lasciato molta sofferenza e delle ferite profonde difficili da rimarginare, sia per il popolo tedesco che per le nostre protagoniste.
Queste quattro donne sono molto diverse tra di loro: Hennie è dedita al lavoro ed è un ostetrica, la sua migliore amica è Käthe che nel corso degli anni si avvicinerà moltissimo alla politica.
Ida è una ragazza molto ricca, è viziata e capricciosa, incapace di amare, non vuole rinunciare al proprio status sociale e le sue scelte saranno sempre dettate dall'ottenere un vantaggio per se stessa e non seguirà mai il suo cuore.
Lina è la quarta protagonista è un personaggio anticonformista, la sua storia provocherà un forte scandalo per la società dell'epoca.
"Forse idealizzava il suo ricordo. Forse chi non è più in questo mondo ha più possibilità di essere amato senza riserve."(citazione)
Durante la narrazione seguiamo la vita di queste quattro donne, le vediamo crescere, innamorarsi, realizzarsi sul lavoro e vediamo anche come si evolve la scena politica della Germania che si preparava alla Seconda Guerra Mondiale.
La narrazione introduce, non solo le protagoniste, ma moltissimi altri personaggi e all'inizio è stato davvero difficile seguire tutto ed entrare nella storia, pensavo che le cose cambiassero, purtroppo però non sono riuscita ad affezionarmi a nessuna delle quattro donne.
Questi numerosi personaggi, però, vengono descritti in maniera superficiali e risultano piatti, neanche le protagoniste vengono analizzate dal punto di vista psicologico.
L'autrice decide di utilizzare molti dialoghi e le scene risultano essere molto brevi e veloci, forse troppo; la parte descrittiva è veramente marginale tranne alcune parti dove si parla della città di Amburgo, che è l'ambientazione della storia.
La parte più interessante, per me, doveva essere quella dedicata alla seconda guerra mondiale, però non è stato così perché credo che manchi un po' di profondità e di veridicità. Vengono introdotti dei personaggi ebrei, comunisti e omossessuali ma il lieto fine sembra essere ovvio, mi chiedo perché? Gli orrori della guerra ci sono stati purtroppo, credo che un libro anche se di fiction debba avere un fondo di verità.
La struttura narrativa è troppo caotica, in particolare all'inizio ci sono troppi personaggi insieme a tantissimi eventi uno dietro l'altro ed è difficile stare dietro a tutto senza fare confusione, era preferibile che l'autrice si concentrasse solo sulle quattro donne. Paradossalmente le protagoniste sono diventate quasi secondarie rispetto a tutti gli altri personaggi.
Durante la lettura mi sono sentita stanca e davvero frustata perché speravo che cambiasse qualcosa e che alla fine questo libro mi piacesse. Pensavo anche che fosse un mio problema di concentrazione mentre andando avanti, ho capito che non dipendeva da me, ma da come era stata concepito dall'autrice il progetto narrativo.
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UN CASO DI COSCIENZA
L’Amministratore è il primo dei sei romanzi della serie delle “Cronache del Barsetshire”, pubblicato per la prima volta nel 1855.
Il protagonista di questo libro è il Reverendo Septimius Harding, primo cantore nella cattedrale di Barsetshire e amministratore del ricovero per anziani di Hiram.
Al centro della vicenda c'è l'azione legale che il dottore John Bold intraprende nei confronti di Harding, sulla scia di molti casi simili che fecero scalpore nell'Inghilterra dell'Ottocento.
L'accusa era quella di aver incassato una rendita eccessiva rispetto a quanto era stato destinato agli anziani del ricovero.
Il reverendo Harding viene descritto come una persona di cuore, un uomo buono, gentile e affettuoso, è molto stimato e apprezzato dalla comunità in cui vive, quando il signor Bold gli lancia questa accusa inizia a sentirsi in colpa e a mettersi in discussione; che sia davvero giusto aver ricevuto per anni questa rendita? Gli spettava veramente?
John Bold è un medico molto giovane, coraggioso, di bell'aspetto, appassionato e divertente e che dispone di una discreta fortuna lasciata in eredità dal padre. E' animato dal forte senso di giustizia nei confronti dei più deboli, non ha nessuna intenzione di danneggiare il reverendo Harding, che conosce e stima come persona. Per lui è una questione di onestà e di imparzialità.
John non esercita la sua professione di medico per vivere perché non ne ha bisogno visto che è molto ricco e potrebbe vivere tranquillamente senza lavorare.
"E' così Bold si sedè sul terreno morbido ad ascoltare, o meglio a pensare a quale fosse, dopo tanta armonia, il modo migliore di introdurre un argomento ricco di tanta discordia, tale da turbare la tranquillità di chi era così, pronto ad accoglierlo con gentilezza."(citazione)
A sostenere il reverendo Harding è suo genero l'Arcidiacono Grantly, figlio del vescovo, che ha sposato la figlia maggiore del Reverendo, Susan.
L'uomo difende il suocero non perché è convinto della sua buona fede, ma per tutelare e salvaguardare l'immagine della Chiesa e ad andare contro Bold, per un' antipatia nei suoi confronti.
La situazione si complica quando la notizia viene pubblicata sul quotidiano Jupiter, che è un chiaro riferimento al più famoso Times.
"E se fosse stato provato agli occhi del mondo che lui, la cui vita era stata così felice, così tranquilla, così tranquilla, aveva fagocitato ottocento sterline, a cui non aveva diritto e che non avrebbe mai potuto ripagare?"(citazione)
Sia Harding che Bold sono nel giusto, John non ha nessun rancore o altro interesse nel danneggiare il Reverendo che conosce fin da quando era piccolo, inoltre prova anche dei sentimenti molto forti per la figlia minore dell'uomo, Eleanor. Sia quest'ultima che la sorella di Bold, Mary, cercheranno di farlo ragionare affinché lui ritiri l'accusa. Però Bold pecca di impulsività, di eccessiva sicurezza ma anche di inesperienza nei confronti della vita, è troppo concentrato sul senso di giustizia e va a colpire un uomo onesto e che sicuramente non si merita un'accusa del genere.
Trollope è un maestro nel descrivere i personaggi, li delinea in maniera credibile e veritiera e la personalità più complessa credo sia quella del protagonista il signor Harding.
L'uomo è profondamente addolorato dall'accusa che gli viene mossa, quella di ricevere un compenso più alto del dovuto come amministratore del ricovero, a discapito degli anziani che ci vivono. La cosa che gli fa più male è che sia John Bold a muovere queste causa contro di lui, Harding era amico del padre di Bold e ha un sincero affetto per lui.
Il signor Harding dubiterà di se stesso e avrà una forte crisi di coscienza, anche se è sempre stato un uomo onesto, stimato da tutti e con buone intenzioni.
"John Bold sentiva di non poter andare alla festa dell'amministratore: non aveva mai amato Eleanor più di allora, non era mai stato desideroso di fare di lei sua moglie più di quanto lo fosse in quel momento, quando così tanti ostacoli a far ciò gli comparivano davanti."(citazione)
Un altro personaggio interessante è l'arcidiacono Grantly che è molto severo e duro nei confronti di Bold, esprime ciò che pensa in pubblico, è molto rigido e rigoroso nelle sue posizioni, però nel privato è influenzato molto dalla moglie e alla fine segue ciò che lei gli dice.
Eleanor Harding è la figlia minore del Reverendo, è la tipica donna vittoriana remissiva, ingenua e devota al padre, lo difenderà sempre, senza un minimo di esitazione.
Nel corso della storia vediamo come la stampa possa influenzare negativamente l'opinione pubblica e di come possa distruggere la reputazione delle persone coinvolte. E' un'informazione sempre pronta a fare "notizia" accusando, senza mezzi termini e senza appello, la persona oggetto dello scandalo.
Tutti i personaggi a loro modo pensano di agire e di essere nel giusto delle loro posizioni però in loro nasce il dubbio che possano aver sbagliato e che forse l'altra persona ha ragione e loro invece torto. Questa la trovo una visione molto matura e diversa rispetto ad altri autori vittoriani che creavano dei personaggi, che a volte, erano inflessibili e fermi nelle loro ragioni e/o convinzioni. Qui troviamo dei "characters" reali perché pieni di sfaccettature, nè del tutto bianchi o neri ma grigi, pieni dubbi, incertezze, appassionati nella proprio causa ma anche deboli, con aspirazioni e desideri.
Lo stile dell'autore è molto semplice e diretto ma anche appassionante e coinvolgente, mai banale, tratta molti temi interessanti che ancora oggi sono attuali.
Quello che mi ha stupito è la sua ironica e critica nei confronti delle contraddizioni della società ma anche nel descrivere la vita di persone normali che lui delinea in maniera credibile.
Ho voluto partire da questo romanzo breve perché non conoscevo l'autore, visto che questo era il primo romanzo di una serie, mi sembrava perfetto per iniziare a leggere Trollope. Inoltre essendo un libro corto era l'ideale per capire se mi piacesse o meno il suo modo di scrivere. Non avevo nessuna aspettativa ma devo dire che mi ha sorpreso e l'ho apprezzato molto.
Trollope è riuscito a catturare la mia attenzione in un periodo di letture non troppo felici, questo è sicuramente un punto a suo favore. Forse questo è un romanzo poco conosciuto ma che io ho trovato all'altezza di molti altri autori vittoriani ben più noti.
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UN GIALLO ATIPICO
"Ormai è la sola cosa che li spaventi, che li commuova profondamente: la pura di un possibile tradimento dovuto alla propria biologia."
Siete ossessionati dalla vostra forma fisica, perennemente in dietra e in balia delle calorie? Allora questa lettura vi potrebbe mettere di buon umore, vi potrete identificare con i problemi dei protagonisti che animano questa storia ma il problema è proprio questo, non siamo di fronte ad un libro di self help, o a un manuale che aiuti a dimagrire. Questo libro dovrebbe essere un giallo, ma non lo è o almeno non è quello "classico" che ci potremmo aspettare, la trama non verte sul trovare il colpevole dei vari delitti ma è piuttosto una sorta di critica nei confronti della società e delle differenze di classe sociale.
"Le terme" è un libro che era stato pubblicato nel 1986 e che Feltrinelli ha fatto uscire in una nuova edizione a febbraio di quest'anno; fa parte di una serie con protagonista l'ispettore Pepe Carvalho, questa in particolare è la sua ottava indagine.
Non conoscevo questo autore, Carvalho ci viene presentato come una persona pigra, in soprappeso e introversa che si reca in un centro termale nel sud della Spagna per mettersi a dieta. Oltre a questo sappiamo poco di lui, tranne che brucia i libri e su questo stendiamo un velo pietoso perché per noi booklovers questo gesto è un vero sacrilegio.
I giorni alle terme passano molto lentamente ma vengono ravvivati da alcuni pettegolezzi che escono tra i vari ospiti del centro termale, fino a quando arriviamo a scoprire il primo cadavere e poi via via gli altri.
"Se il denaro non serve ad avere un'educazione, si domandavano, a cosa serve?"
Carvalho si limita a osservare le persone che lo circondano e che animano le giornate monotone del centro termale, oltre a criticare i metodi per rimanere in forma, la sua analisi verte anche sul cambiamento politico in atto in quegli anni. La società è erede della cosiddetta "transizione spagnola" che alla fine degli anni settanta, segna il passaggio da un sistema politico dittatoriale franchista a uno democratico.
Pertanto c'è tutto un discorso politico di destra e sinistra che a me, personalmente non è interessato e non ho neanche delle conoscenze approfondite in merito per poterne parlare adeguatamente, ma credo che questo argomento rispecchi il periodo in cui è stato scritto il libro.
Troviamo all'interno di questo centro termale un gruppo eterogeneo di persone di differenti classi sociali, con un unico obiettivo comune che è il perdere peso. Ci sono, per esempio, dei clienti molto ricchi che vogliano sia dimagrire che scappare per un po' dalla loro vita frenetica. Gli ospiti delle terme si affidano alle cure del centro che promette dei risultati miracolosi, alternando digiuno, attività fisica e bevande vegetali.
Tutta la storia viene narrata in maniera leggera e c'è una sorta di critica nei confronti della società, della vita, del mondo in quel periodo e le varie vittime che vengono trovate, fanno solo da contorno e non diventano protagoniste del libro.
Carvalho non indaga ma rimane a guardare, questo impedisce alla narrazione di prendere ritmo, tutto rimane un po' lento e senza forti scossoni, non c'è nessuna curiosità nello scoprire la verità e chi ha ucciso le varie vittime perché la parte gialla della storia è molto superficiale e marginale.
Il protagonista stesso ci dice che alla terme il tempo si ferma e che nulla sempre essere urgente, in teoria dovrebbe essere un luogo di benessere fisico e mentale non lo vedo come un posto ideale per ambientare un giallo.
Il finale del libro è aperto, rimangono molte domande senza una risposta e questa è sicuramente la parte che mi è piaciuta di meno, perché non amo la libera interpretazione e mi piacerebbe sempre avere una conclusione chiara.
Lo stile di scrittura è molto semplice, diretto e anche esplicito, viene utilizzato un linguaggio eccessivamente colloquiale, che alcune volte ho trovato veramente pesante da leggere. Il protagonista è un po' sopra le righe, di lui ho capito davvero poco e non l'ho trovato molto credibile e l'avrei preferito più investigatore e meno intrattenitore.
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The Wonder
Questo libro mi aveva incuriosito moltissimo fin dalle prime pagine.
La protagonista è Lib Wright, un'infermiera di trent'anni che è rimasta vedova e che è stata l'allieva di Florence Nightingale. E' chiamata dalla famiglia O'Donnell, per osservare la figlia Anna per quindici giorni, la bambina non mangia dal giorno del suo undicesimo compleanno e sono passati quattro mesi.
Molti credono che nella bambina ci sia qualcosa di prodigioso e che questo sia legato alla religione, Anna si sente bene, legge, cuce, canta e prega, anche se per il momento non va a scuola.
Lib arriva nella piccola cittadina di Athlone e si trova davanti una famiglia umile e molto devota che crede che il digiuno di Anna sia legato unicamente alla religione, mentre ci sono una serie di persone che invece credono che tutto sia un imbroglio e una truffa. Per questo hanno chiamato Lib, non tanto per le sue capacità ma per il fatto che abbia lavorato con Florence Nightingale.
La cittadina è molto povera, gli abitanti sono stremati da sette anni di carestia e pestilenza e il caso della bambina potrebbe migliorare le condizioni di vita del paese, visto l'interesse che sta suscitando.
Lib farà a turni con Suor Micheal per osservare la bambina per quindici giorni, 24 ore su 24, la protagonista non crede assolutamente che Anna possa essere sopravvissuta senza mangiare.
"Cosa aveva questa bambina viziata per coinvolgere nella sua messinscena tutti gli adulti che le stavano intorno?"(citazione)
La bambina riceve molte visite, anche di persone che vengono da altre cittadine, la famiglia non sembra interessata ai soldi e tutte le donazioni che vengono fatte sono destinate ai poveri.
Lib è una donna che ha vissuto molti dolori e cerca in tutti i modi di capire cosa c'è dietro a questa storia, pensa inizialmente sia tutto opera della bambina poi però scava più in fondo e uscirà una storia del tutto diversa da quella che immaginiamo all'inizio.
"Le disgrazie che aveva subito l'avevano resa temeraria."(citazione)
Lib è molto ligia al suo lavoro e non si lascia intimorire dal pregiudizio nei suoi confronti, per l'essere inglese e protestante e va avanti per scoprire la verità, instaurando anche un rapporto di amicizia con la bambina.
"Le brave infermiere seguono le regole[...] Ma le migliori capiscono quando è il momento di ignorarle [...]"(citazione)
Questo romanzo si ispira alle storie vere delle "Digiunanti", delle bambine e delle donne che nelle isole britanniche, nell'Europa occidentale e nel Nord America tra il XVI e XX secolo vivevano per lunghi periodi senza mangiare, alcune lo facevano per motivi religiosi.
Questo libro racconta del conflitto tra la scienza e la religione, Lib in questo caso è la voce della razionalità, si base sui fatti e sulle condizioni della bambina e non crede dietro ci sia un qualcosa di prodigioso, ma rimane sempre lucida e cerca di capire cosa è veramente successo.
Molto abitanti della cittadina, invece, credono che Anna abbia qualcosa di speciale e si affidano alla religione e non ai dati medici.
La scrittura è molto buona ma ho trovato che nella prima parte del libro la narrazione è stata molto lenta, ci sono moltissimi dettagli che si devono assimilare e la lettura deve essere molto attenta e quindi meno scorrevole.
Però è un libro che mi ha tenuto incollata alle pagine perché volevo sapere che cosa sarebbe successo alla bambina.
Il personaggio di Lib è ben caratterizzato, il suo scetticismo era anche il mio, quindi ho compreso il suo disagio quando è arrivata in Irlanda e ho apprezzato il suo coraggio e la sua forza d'animo nel continuare a fare il suo lavoro di infermiera, anche se in alcuni casi non era compresa o capita.
Presto questo libro diventerà un film per Netflix con il titolo "The Wonder"
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PER NON DIMENTICARE
L'autrice del libro è anche la protagonista di questa storia, è figlia di genitori che sono sopravvissuti all'Olocausto, lei è cresciuta non conoscendo la sua vera data di nascita o il luogo dove fosse nata.
In casa non si parlava mai del passato, era un argomento tabù, dopo il suicidio del padre la madre non ha mai voluto rispondere alle sue domande sulla guerra.
Ora Esther è una donna adulta e non può più aspettare di sapere la verità, nonostante sia affermata sul lavoro, sia sposata e abbia dei figli si sente incompleta e vuole ricostruire il suo passato e i pezzi del puzzle che mancano nella sua vita.
"E' stato detto che gli ebrei sono un popolo astorico, più interessato alla memoria che alla storia. Un fatto curioso nella lingua ebraica manca una parola precisa che connoti la storia. Zikaron e Zakhor, usate al suo posto, si traducono «memoria»". (citazione)
Un giorno alla domanda di Esther la madre si lascia sfuggire un dettaglio e capisce che deve indagare e parte per un viaggio per scoprire dove il padre aveva vissuto durante la guerra e conoscere cosa fosse successo veramente.
Esther sa che è doloroso scoprire la verità, è consapevole che questo viaggio le procurerà molto sofferenza ma è anche necessario conoscere per andare avanti e per capire le proprie origini.
"La storia è pubblica. La memoria è personale. Riguarda racconti ed esperienza selezionate. La storia è la fine di qualcosa. La memoria, l'inizio."(citazione)
Da queste pagine si intuisce quanto l'autrice tenga alla sua famiglia e quanto la memoria sia importante e ricordare il passato è necessario per non dimenticare.
Nonostante il tema molto interessante, la struttura narrativa non è stata altrettanto facile da seguire, la scrittura di Esther non è affatto scorrevole e alcune parti erano veramente noiose.
"I ricordi non sono statici; cambiano con il tempo, spesso fino al punto da conservare solo una vaga somiglianza con ciò è realmente accaduto."(citazione)
Mi è sembrato che questo libro fosse più una sorta di diario personale o un quaderno per gli appunti, in quanto i fatti erano slegati tra di loro, probabilmente questa storia è molto personale e doveva rimanere solamente come "memoria" per la sua famiglia.
Probabilmente sarebbe stato meglio che questi ricordi venissero trasformati in un romanzo dove veniva raccontata la storia, prendendo spunto da quella vera della sua famiglia.
"Così i miei antenati avrebbero avuto la certezza che non li aveva dimenticati. Che ci siamo ancora."(citazione)
La prima parte del libro e la conclusione sono state le parti migliori, questo però è davvero troppo poco per consigliare la lettura di questo romanzo.
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NON E' UN GIALLO
Maisie Dobbs è una giovane donna che nel primo dopoguerra a Londra sta cercando di aprire la propria agenzia investigatrice e risolvere il suo primo caso.
La storia sembra concentrarsi, almeno nella prima parte, nel risolvere il caso che le viene affidato, il commerciante Christopher Davenham vuole che la Dobbs, scopra se sua moglie Celia lo tradisca.
Le prime cinquanta pagine sono state molto coinvolgenti, volevo sapere cosa nascondesse Celia, però il mistero si è rivelato alquanto semplice.
"La voce di Maurice le riecheggiò nella mente.-La verità ci viene incontro sul sentiero delle nostre domande.-"(citazione)
Marie indaga, segue la donna e risolve parzialmente il caso dopo pochi capitoli, poi la narrazione viene bruscamente interrotta da un lungo flashback (ben dodici capitoli ) dove torniamo indietro con la storia, a quando Maisie aveva appena tredici anni e proveniva da una famiglia umile e il padre le ha trovato un lavoro a casa di una ricca signora, Lady Rowan.
Questa parte l'ho trovata eccessivamente lunga e alquanto noiosa, essendo il primo libro di una serie è chiaro che dobbiamo conoscere il personaggio di Maisie, però potevamo scoprire il suo passato mano a mano che si andava avanti con la storia.
Il caso investigativo diventa secondario rispetto alla vita dell'autrice ecco perché credo che il titolo originale "Maisie Dobbs" fosse più adatto e la traduzione italiana non abbia alcun senso. Se avessi saputo che la storia si concentrava maggiormente sulla protagonista non lo avrei letto.
Maisie è una ragazza umile, il padre vendeva frutta e verdura, poi diventa la cameriera a casa di Lady Rowan, che la aiuterà sia nella sua istruzione che poi nell'avviamento della sua attività. Decide di frequentare l'università e presta anche servizio come infermiera durante la prima guerra mondiale.
Maisie sembra una protagonista determinata, però è troppo gentile e compassionevole dovrebbe tirare fuori un po' di carattere, perché il suo personaggio è troppo "buono" e non sembra reale. Lei cerca di risolvere il caso non facendo male a nessuno, ma sinceramente non credo che questo sia possibile, qualcuno si ferirà.
Sembra una storia scritta per degli adolescenti, troppo sdolcinata e quasi priva di veridicità, la narrazione manca di ritmo e il mistero del tradimento è veramente troppo semplice e relegato in un ruolo marginale rispetto alla vita della protagonista.
Lo stile è molto pulito e semplice, trovo che sia più una storia di narrativa per ragazzi e nulla di più, questo romanzo fa parte di una serie che conta ben diciassette libri che non continuerò.
La prima edizione di questo romanzo è del 2003 anche se la traduzione italiana è del 2021.
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UN THRILLER POCO CREDIBILE
Vi è mai capitato di leggere la trama di un libro e istintivamente acquistarlo senza pensarci troppo?
Mi sono sempre chiesta se chi scrivesse le quarte di copertina, leggesse effettivamente prima il libro e soprattutto perché, si tende sempre a inserire determinati romanzi nel genere thriller, quando non lo sono affatto.
Sono domande di cui ancora ignoro la risposta.
Passiamo ora a questo thriller, Georgina Shaw è una giovane trentenne che si sta per sposare, è una donna in carriera e si ritiene una persona felice, ma ha un segreto che si porta dal passato e che sta per riaffiorare e cambierà il corso della sua vita.
Quattordici anni prima, la migliore amica di Georgina, Angela Wong scompare nel nulla, ora il suo corpo è stato ritrovato e la protagonista non può più fare finta di niente, la donna sapeva cosa era successo a Angela ma ha sempre taciuto continuando la sua vita.
Georgina viene condannata e finirà in carcere per cinque anni, questo periodo sarà molto difficile e la cambierà moltissimo, ma dovrà essere forte per sopravvivere.
Perde tutte le persone che le era vicine tranne il padre che le rimane accanto, la sua vita e la sua carriera sono rovinate per sempre.
"L'unica differenza è che le ossa in questa foto sono vere, appartengono a una ragazza che è morta decisamente troppo giovane e di una morte fin troppo violenta perché si possa comprendere."(citazione)
Il colpevole dell'omicidio di Angela, è l'ex fidanzato di Georgina, Calvin James, che sembra essere responsabile anche di altri delitti.
La protagonista troverà a capo delle indagini il suo ex amico, Kaiser, che all'epoca dell'omicidio era innamorato di lei e anche ora continua ad avere un debole per la donna.
Lo stile dell'autrice è molto semplice e diretto, ma la storia è debole e molto prevedibile anche se come libro si legge velocemente.
"Continua a tenere le mani in grembo e rigira l'anello attorno al dito, sentendone il peso, il senso di sicurezza che le dà."(citazione)
Le scene dei crimini sono descritte con dovizie di particolari e questo non mi ha disturbato quello che ho trovato eccessivo sono le violenze fisiche e psicologiche sulle donne.
Inoltre ho trovato moltissime scene esplicite che, a mio avviso, non era necessario descrivere con un linguaggio così crudo.
La narrazione va avanti e indietro, alcune volte questo continuo cambio temporale mi ha disturbato,
anche se in alcuni casi era necessario per spiegare meglio quello che era accaduto.
Georgina è un personaggio molto antipatico e assieme a Kaiser sono le principali voci narranti, quest'ultimo l'ho trovato sicuramente più interessante della protagonista ma entrambi non sono stati ben sviluppati dall'autrice e risultano alquanto superficiali.
Questo thriller manca di ritmo e di suspense e la storia è prevedibile e poco credibile.
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"Il dolore c'era, c'era sempre stato"
Il dolore c'era, c'era sempre stato in tutti quegli anni, un colore vago, sopportabile ma costante"(citazione)
Questo libro è pervaso dalla malinconia, dal rimpianto, dalla nostalgia per un amore interrotto, da un'amicizia finita e da una perdita.
Il dolore rimane sempre, sembra scomparire e invece è lì sempre pronto ad uscire e sconvolgerci di nuovo.
Nei vari racconti che compongono il libro, i personaggi hanno età diverse, vite differenti però è comune il tema principale dell'addio, i sentimenti che animano queste storie sono la paura, la rabbia, il tradimento, il dolore e l'amore finito.
In vari momenti leggendo le storie la domanda che mi è venuta in mente è la seguente: riusciremo a perdonare il torto che abbiamo subito? Oppure ancora, riusciremo a superare una perdita e andare avanti a vivere?
Sicuramente questo libro apre molti punti di riflessione sulla vita, sulle relazioni, sui sentimenti, sulle amicizie e soprattutto che alcune volte dobbiamo convivere con il passato e con i nostri errori, con i nostri fallimenti.
Trovo che i racconti siano stati troppo corti per riuscire ad affezionarsi ai personaggi e alla storia narrata, alcuni sono stati più interessanti di altri e ho preferito: Il medaglione, Daniel my brother, Macchie senili e Anniversario.
"Mi dispiace, Sabina, per quanto è successo, per ciò che ho fatto e non ho fatto, mi dispiace davvero. ma più che altro mi mette tristezza. E' questa mia tristezza che si stende su tutto e mi stanca, è come un'acqua nera, un lago nero nel quale annego, annego di continuo."(citazione)
Ho trovato che i vari protagonisti della storia non fossero molto approfonditi e delineati, sicuramente per il fatto che i racconti sono troppo brevi e tutto rimane un po' in sospeso.
Ho apprezzato molto lo stile dell'autore molto chiaro e diretto, in alcuni racconti l'autore è riuscito a essere più convincente e a creare una narrazione più avvincente e interessante; in altri casi probabilmente qualche pagina in più sarebbe servita per rendere la storia più appassionante.
Un libro che mi ha trasmesso molta tristezza e malinconia, ma ho capito che alcune volte bisogna accettare il dolore e cercare di conviverci.
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UN THRILLER NELLA LONDRA VITTORIANA
Siamo nella Londra vittoriana, nel 1882 e il protagonista è il famoso e stimato avvocato Cage Lackmann, che non ha mai perso una causa nella sua carriera. Ha difeso i peggiori criminali ma l'ha sempre spuntata lui.
Ora però uno scandalo rischia di travolgere la sua vita, cinque anni prima Cage aveva difeso con successo Moses Pickering, accusato di aver ucciso un ricco quindicenne appartenente alla facoltosa famiglia Crewler dove lui stesso alloggiava. Il ragazzo è stato trovato strangolato, aveva dei segni di violenza ed era vestito da donna.
Moses fu accusato più per il fatto che preferisse le amicizie maschili a quelle femminili, perché era uno scapolo poco virile e un artista, ma non perché avessero trovate delle prove importanti che lo incriminassero.
Ora è stato trovato ucciso un altro ragazzo con le stesse modalità.
Gli indizi conducono ancora una volta a Moses, perché il giorno dell'omicidio non era in città e nessuno sapeva dove fosse. Così l'ispettore Jake Cross, chiede a Cage di scoprire la verità.
Inoltre Pickering scompare e a Cage non resta che trovarlo e capire chi sia il vero assassino.
La sua reputazione di avvocato è stata macchiata, Cage dovrà difendere anche la sua carriera, l'integrità della sua professione; che possa anche lui aver commesso un errore e aver difeso una persona colpevole?
Cage in tribunale recita una parte, ha imparato l'arte della finzione dalla madre che è un'attrice famosa, ha il vizio del vino e delle meretrici; fa di tutto per vincere, oltre ad ammaliare con le sue parole, produce prove e testimoni falsi.
Cage ha un amore importante nel suo passato che ancora non ha dimenticato quello per Emma Kenward una donna sposata che però aveva lasciato cinque anni prima.
"Le parole potevano rovinarti la vita e persino ucciderti. Cage Lackmann lo sapeva fin troppo bene."(citazione)
L'autrice non ci racconta subito tutto del protagonista Cage, lo fa durante la narrazione facendoci scoprire un uomo difficile, complicato, con le sue mille zone d'ombra, la sua infanzia difficile, i primi casi e ancora oggi quando decidi di difendere degli innocenti senza ricevere nulla in cambio.
Whitechapel è un'ambientazione perfetta, una città oscura piena di criminali dove regna la misera, la sporcizia, la povertà, che è stato uno dei grandi problemi dell'epoca vittoriana.
Il sistema legale dell'epoca era corrotto, Cage riesce a studiare grazie a un criminale Pincott che lo tiene in pugno, infatti il protagonista ha difeso molti uomini vicini al boss.
Il ritmo della storia è altalenante in alcuni punti è avvincente in altri meno, lo stile dell'autrice è accurato e attento e ha realizzato una buona ricostruzione storica. Anche se ci sono stati dei momenti in cui la narrazione era davvero troppo lenta per essere un thriller.
La difficoltà maggiore che ho avuto leggendo questa storia è stata l'inizio del libro dove non riuscivo ad entrare nella narrazione, poi mano a mano che andavo avanti invece il thriller è diventato più coinvolgente.
Mi ha colpito molto il protagonista Cage, è un personaggio imperfetto, con un passato non facile alle spalle, ha vissuto la povertà sulla sua pelle, è ossessionato da un amore passato, ha dei vizi, ma questo non gli impedisce di risultare simpatico agli occhi del lettore.
L'ispettore Cross invece è sospettoso, determinato a scoprire il colpevole, è testardo, autorevole, non mi è piaciuto come si rapporta con Cage e non l'ho apprezzato come personaggio.
E' una lettura che nonostante qualche perplessità mi sento di consigliare sia a chi ama il thriller storico sia a chi adora l'epoca vittoriana.
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per gli amanti dell'epoca vittoriana
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