Opinione scritta da Iomilla
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Il Profeta
«Quando l’amore vi chiama, seguitelo,
Benché le sue vie siano faticose e ripide.
E quando le sue ali vi avvolgono, abbandonatevi a esso,
Quantunque la spada nascosta tra le sue piume vi possa ferire.
E quand’esso vi parla, credetegli,
Sebbene la sua voce possa frantumare i vostri sogni come il vento del nord devasta il giardino.»
“Il Profeta” di Kahlil Gibran è uno scrigno di saggezza che scalda il cuore e riempie l’anima di buone intenzioni.
E’ un libro senza tempo, delicato e intriso di poesia, che regala spunti su cui riflettere e offre perle di sapienza che abbracciano i grandi temi esistenziali: la vita e la morte, il bene e il male, l’amore, l’amicizia, la fede.
« … E’ nella rugiada delle piccole cose che il cuore trova il suo mattino e si ristora.»
Da leggere.
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Journal di Matilde Manzoni
«Mi pare che si possa sopportare ogni cosa senza lamentarsi, quando si ha una madre al proprio fianco! E non c’è al mondo dolore più grave che perderla!»
Matilde nella sua breve vita non conobbe che la sofferenza e la morte. Morì tisica a soli ventisei anni fra atroci sofferenze, ma non smise mai di gioire per il poco che la vita le concesse.
Il dolore più grande che dovette sopportare non fu però quello del corpo, ma quello dell'anima. Infatti, l'esperienza più crudele che segnò la sua breve esistenza fu l'abbandono.
Orfana di madre, invocò e bramò per tutta la vita l’affetto del padre, Alessandro Manzoni. Un padre tanto presente nei suoi pensieri, quanto assente nella realtà. Manzoni si limitò a inviare alla figlia lettere cariche di parole, promesse e preghiere, ma prive di ogni sostanza. Accumulò scuse su scuse, rimandando un viaggio che non si compì mai. Manzoni, infatti, non andò mai al capezzale della figlia, negandole l’unico suo desiderio e l’unico sollievo in una vita di stenti.
La purezza d’animo di Matilde la spinse a credere ciecamente alle vane promesse del padre, a non mettere mai in dubbio la sua parola, addirittura scusandosi continuamente con lui per il suo dolore, la sua malattia e il suo bisogno di affetto paterno.
Questo libro è un affaccio sulla vita breve e dolorosa di una ragazza che nonostante tutto non ha mai smesso di sognare, e mostra il lato privato e meno conosciuto di uno degli interpreti più importanti della letteratura italiana, Alessandro Manzoni.
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Niente e così sia
« … La Vita … è una condanna a morte … e proprio perché siamo condannati a morte bisogna attraversarla bene, riempirla senza sprecare un passo, senza addormentarci un secondo, senza temer di sbagliare, di romperci, noi che siamo uomini, né angeli né bestie ma uomini …»
“Niente e così sia” è un libro crudo che racconta la guerra in tutta la sua mostruosità, ma attraverso la sua atrocità glorifica la vita.
Non è un semplice reportage di guerra, ma una mirabile riflessione sulla vita. Infatti, ciò che spinge la Fallaci a trascorrere un anno in guerra in Vietnam è la volontà di capire cosa spinga gli uomini a farsi la guerra l'un l’altro, perché decidano di combattere e di uccidere. Per farlo si spingerà dove nessun altro inviato di guerra è mai stato prima, non esiterà ad andare al fronte, a salire sugli aerei da combattimento e trovarsi faccia a faccia con chi brandisce un fucile e se ne infischia se tu hai solo una macchina fotografica.
E’ un libro che mostra la guerra in tutta la sua brutalità, la sua efferatezza e la sua disumanità, ma lo fa affinché chi lo legge possa apprezzare davvero la vita.
« … Ma ecco cosa ho imparato in questa guerra, in questo paese, in questa città: ad amare il miracolo di essere nata»
(Entrambe le citazioni sono tratte da "Niente e così sia" di Oriana Fallaci).
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Sulla pelle viva
«... La storia del “grande Vajont”, durata vent’anni, si conclude in tre minuti di apocalisse, con l’olocausto di duemila vittime ...»
Questa frase, tratta da “Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso Vajont” di Tina Merlin, riassume perfettamente il libro e la storia che in esso viene raccontata con la rabbia e la caparbietà di chi ha provato in tutti i modi di gridare, invano, la verità. Di aprire gli occhi alla gente e alle istituzioni puntando i riflettori su una strage annunciata, che si è consumata il 9 Ottobre 1963.
E’ un libro di denuncia e io l’ho letto tutto d’un fiato non perché avessi fretta di conoscerne il finale, quello purtroppo è ben noto a tutti, ma per capire fino a che punto possono arrivare gli uomini a ignorare l’evidenza di un’imminente catastrofe pur di tutelare i propri interessi.
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Lettera a un bambino mai nato
Ho letto per la prima volta "Lettera a un bambino mai nato" all’età di dodici anni, ed è proprio grazie a questo capolavoro che mi sono innamorata dei libri e della letteratura.
E’ viscerale, intenso, struggente, scioccante, schietto e poetico come ogni parola scritta da Oriana Fallaci.
All’autrice bastano queste poche pagine per coinvolgere e sconcertare il lettore, affrontare la drammaticità e soprattutto far riflettere su un argomento spinoso come l’aborto. Lo racconta da ogni punto di vista, attraversando i tormenti, i dubbi, le paure, le angosce e le devastazioni dell’anima che sconvolgono una donna costretta a decidere per sé e per il bimbo che porta in grembo.
Tutti quanti, almeno una volta nella vita, dovrebbero leggerlo, soprattutto quelli che sono convinti di avere la verità in tasca.
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