Opinione scritta da isabella82

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isabella82 Opinione inserita da isabella82    07 Mag, 2012
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Il tempo, questo tiranno

Prima lettura di Benni, prima impressione: divertimento e riflessione al contempo. Impossibile non ripercorrere le follie linguistiche, le caricature, la dialettica canterina di un autore che si fa subito apprezzare per un genio creativo imparagonabile. A questa forte impressione, si affianca l'approfondimento di una certa visione del mondo e l'esperienza personale che matura come una biografia rivista tra le pagine d questo romanzo. C'è la vita tranquilla del paesino di montagna che nell'infanzia del protagonista e dell'autore è puro, incontaminato, scevro da tecnologie e presunte evoluzioni. L'adolescenza segna il distacco e viene affiancata dalla trasformazione, la lotta sociale e politica, gli interessi di pochi che sovrastano le piccole comunità e la modernità che con la violenza soffoca la tradizione e il senso di appartenenza ai luoghi. Qui il divertimento lascia spazio a una denuncia che resta sottesa in tutto il romanzo, nonostante la fantasia e la propensione all'esagerazione dell'autore.

Ho trovato questo libro spettacolare, ma anche intimo. Soprattutto perchè parla a tutti noi dell'inevitabile trasformazione che è da intendersi sia come crescita e passaggio obbligato nella vita di ciscuno di noi, sia come involuzione nel senso politico e sociologico di una cultura massista e industriale che non rispetta i piccoli centri, le tradizioni e la natura, grande protagonista di quest'opera e prima vittima dell'avidità umana.

Consigliatissimo.

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Racconti
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    07 Mag, 2012
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I libri di racconti non vendono...

Questa la frase che è stata detta all'autore da un famose editore. Il perchè è difficile da dirsi, Ammaniti ci spiega che a sua detta " il racconto è la passione di una notte", è un amore breve, fugace, insomma non impegnativo quanto un romanzo.

E in effetti non sbaglia a presentarci in questo modo la sua ultima fatica. Troviamo dei racconti irriverenti e spiritosi, spesso pulp e fantascientifici, ma capaci sempre di strapparci un sorriso. Sono stati scritti in un arco di tempo abbastanza ampio, alcuni già pubblicati in riviste specializzate o in opere precedenti (vedesi il brillante Apocalisse, pubblicato sulla rivista Wired). Il filo conduttore è sempre il sarcasmo con cui l'autore schermisce certe figure umane ampiamente diffuse o piuttosto certi comportamenti individualisti e spregiudicati del nostro tempo. Troviamo il giovane squattrinato senza scrupoli, il chirurgo plastico devastato dalla sua stessa avidità, ma anche una piacevole escursione nel difficile mondo dell'infanzia e dell'adolescenza che Ammaniti sa sempre dipingere con candore e veridicità. Lo stile diretto e senza fronzoli rende la lettura vivida, catapultandoci in un mondo veloce, fatto soprattutto di rabbia, sangue e plastica.

In attesa di un altro romanzo che ci infuochi, "il momento è delicato" resta una relazione fugace ma godibilissima.

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Fango
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Arte e Spettacolo
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    13 Marzo, 2012
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Il verde celato nelle nostre vite

Si tratta del mio primo libro di giardinaggio, non di certo la prima enciclopedia sulla cura delle piante, ma il libro non vuole essere questo. L'autrice Serena Dandini, che già conosciamo come collaudata presentatrice e autrice di programmi satirici e comici, ci conduce per mano attraverso l'umano rapporto con il verde e le bellezze del giardino. Da esempi molto eclatanti (uno per tutti Monet) ai moderni guerrilla gardeners che affondano le loro radici nelle tendenze naturalistiche di Goethe stesso, l'autrice ci accompagna in un viaggio storico e umano, in cui grandi figure dell'arte, della politica, del cinema, vengono associate al mondo verde, svelando una vena naturalistica molto spesso celata in ciascuno di noi. Accanto a questo percorso, Serena Dandini ci rivela le sue personalissime soddisfazioni di giardiniere, oltre agli innumerevoli insuccessi, che sono all'ordine del giorno per il comune mortale, ma che insegnano a migliorarsi e a sperare, dato che la dimensione in cui si proietta il giardiniere è sempre il futuro, l'attesa di ciò che verrà.

Un messaggio apprezzato nel libro è sicuramente quello di non abbandonarsi alle scelte scontate, alle mode dei giardini "bianchi" perchè eleganti e in voga, ma di sperimentare anche in spazi inusuali e ridotti, per cercare sempre di approfondire e prenderci il tempo per osservare con attenzione.

Un piccolo manuale di vita.

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isabella82 Opinione inserita da isabella82    08 Marzo, 2012
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Un mistero casalingo

L'odore dell'ospedale è un misto di antisettici e dolore, varechina e lacrime versate da chi sospende la proprio vita a tempo indeterminato. La camera di zia Antonia invece profuma sempre di menta, per la piacevole abitudine dell'anziana di masticare mentine tutto il giorno. Ma quando questo odore viene coperto da un imprevedibile lezzo di aglio, il nipote prediletto Ernesto si insospettisce e comincia a indagare assieme al dottor Fastelli e suor Speranza.

Un libro spassoso e irriverente che incentra la narrazione su tipologie umane tutt'altro che inusuali, il nipote amorevole, il cugino gretto e odioso, la moglie appariscente e avida, la suora che tutto vede e controlla. Quello che distingue la narrazione è la fantasia dello scrittore, la scorrevolezza e l'imprevedibilità delle azioni dei singoli che portano il lettore lontano da un copione che appare scontato dalle prime righe. C'è la comicità di un autore che osserva i suoi protagonisti con occhio sornione e critico, ridendo di loro assieme a noi.

Come primo approccio a Vitali, non posso che promuoverlo, con il beneficio del dubbio. Si, perché la leggerezza che mi è rimasta addosso terminata la lettura, non si risolve del tutto in convinzione.

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isabella82 Opinione inserita da isabella82    21 Febbraio, 2012
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Paura dell'indefinito

Un'autocisterna assassina, che cerca di uccidere un anonimo viaggiatore. Un condominio che si rivela una navicella pronta al decollo. Un'astronave che nelle sue peregrinazioni scopre la sua fine ormai avvenuta in un passato non ben definito. Questi sono solo alcuni episodi di questa godibilissima raccolta, firmata Richard Matheson. Ed è la brevità dei racconti a restituirci più verosimilmente l'innegabile capacità di questo scrittore, nell'instillare nella nostra mente il seme del terrore. Un terrore che spesso si chiama "paura dell'indefinito", il sentimento che assale l'uomo di fronte a causa non ben precise, d'innanzi allo spazio e ai suoi infiniti misteri. Spesso è l'evento banale che fa da propulsore alla macchina infernale della narrazione mathesoniana. E spesso il fantastico fa da cornice per racchiudere debolezze e timori profondamente umani, dissimulando in un futuro non ben precisato situazioni che non si distanziano di molto dalla nostra realtà. Uno per tutti, leggete L'esame.

Per chi non si fosse ancora accostato a Matheson, questa è l'occasione giusta per farsi rapire da un linguaggio secco ma da un immaginario vivido e camaleontico. Per chi lo conoscesse già, è un'occasione ulteriore di godere di tanti brevi viaggi all'insegna del indefinito.

"Sospeso nell'oscurità. Un guscio silenzioso di metallo, che luccica debolmente, tenuto in aria dai cavi antigravità. Al di sotto il pianeta ammantato dalla notte, che si allontana dalla luna. Sulla sua faccia in ombra un animale alza gli occhi resi scintillanti dal panico verso il globo fosforescente sospeso sopra la sua testa. Un guizzare di muscoli. La terra dura trema lievemente sotto le zampe in fuga. Ancora silenzio, stormito dal vento, che evoca solitudine. Ore. Ore nere che mutano in grigio, poi in un rosa maculato. La luce del sole si rovescia sul globo metallico, che irradia una luminosità non terrestre." tratto da Creatura, 1954.

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The box
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Fantascienza
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    20 Febbraio, 2012
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Il dramma dell'impotenza

Ancora una volta Matheson si cimenta con le paure e le ipocondrie tipicamente umane. In questo caso, il timore di scomparire.

Scott Carey è una vittima, vittima delle manipolazioni radioattive e deve scontare il suo personale inferno sulla terra. Con il ritmo ossessivo e inesorabile di tre millimetri al giorno, egli sta scomparendo dalla faccia della terra. Un'aberrazione, una situazione anomala e paradossale quella a cui Matheson ci mette di fronte. E l'occhio è puntato nuovamente sulle relazioni interpersonali, sul rapporto con l'altro, esattamente come in Io sono leggenda. Scott diventerà zimbello dei più, oggetto del ludibrio della società e uno scomodo membro della famiglia. Verrà emarginato, perché il diverso non trova posto nelle fila di una società razionale e ordinata. Allora, esautorato dal ruolo di pater familias, inizierà la lotta per sopravvivere alle mostruose presenze della cantina.

Un romanzo potente, che fatichiamo a ingabbiare nel filone fantascientifico, se non per l'irrealtà della vicenda. Ma il messaggio, l'analisi introspettiva e le tematiche affrontate sono molto sociologiche. Si parla di distanza fisica e morale, del ruolo che riveste la dignità del singolo, della lotta quotidiana per la sopravvivenza, dell'indifferenza dei più. Un romanzo assolutamente attuale, per quanto scritto nel 1956.

Consigliatissimo

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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    13 Febbraio, 2012
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L'altro secondo Matheson


Robert Neville è l'ultimo sopravvissuto della specie umana. Il resto dell'umanità è stato contagiato da un virus misterioso e mortale che trasforma gli organismi in parassiti, non morti. Ma per tutto c'è un'evoluzione, anche per l'ultimo degli uomini, destinato forse a diventare leggenda.

Fortunatamente conosciuto e letto prima dell'uscita cinematografica, Io sono leggenda è una di quelle opere che ti fanno rinascere la voglia di credere che non esista un unico genere narrativo per ogni libro a cui ci avviciniamo. Questo infatti ne è una dimostrazione. Certamente l'involucro richiama la narrativa horror così ampiamente sviscerata da scrittori di genere precedenti allo stesso Matheson, ma sin dalle prime righe ti accorgi che quest'opera è molto di più. C'è l'approfondimento psicologico di un uomo che resta solo con la sua coscienza, che sopravvive alla trasformazione dei suoi simili. C'è l'aspetto relazionale con l'alterità, il mostruoso, il diverso per definirla in termini sociologici. E poi c'è la componente escatologica, il destino della specie, il senso di continuità a cui ogni organismo aspira.

Richard Matheson è unico nella capacità di descrivere, di creare situazioni, non luoghi della mente in cui si insinua il dubbio, il timore che ciò che si vede sia solo un terribile incubo.

Questo libro è sicuramente il biglietto da visita dell'autore, leggetelo.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    09 Febbraio, 2012
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L'ultimo Duca, purtroppo

Donatella è una ragazza dalla bellezza particolare, un donnone che incarna,nonostante le dimensioni, una grazia e una delicatezza uniche nel loro genere. Ma Donatella purtroppo è rimasta piccina, una bimba che gioca con le bambole, una bambola anch'essa che guarda insistentemente gli uomini, che li desidera. Donatella è ninfomane e il padre lo sa. Per questo motivo la custodisce gelosamente dopo la morte della moglie e fa in modo che nessuno, proprio nessuno, venga in contatto con la sua povera figlia. Finchè un giorno, tornando dal lavoro, Amanzio Berzaghi non trova la casa vuota e la figlia scomparsa.

Inizia così l'ultimo capitolo del ciclo Duca Lamberti. Con la stessa capacità di sempre di stimolare il lettore all'immaginazione, Scerbanenco ci regala un nuovo quadro della sua Milano, non meno inquietante e sordido. In una città appena tratteggiata, dove non ci sono chiari riferimenti, ma dimora incessante il grigiore e la squallida natura umana sopraffà anche il più umile pietismo, l'autore ci parla della piccola criminalità, delle bassezze quotidiane, dei vizi dei ricchi e dei sacrifici umani a cui i più deboli sono votati. Non è uno scenario confortante, ma non lo vuole essere.

Ci tiene incollati questo libro, ci divora e ci proietta dove non vorremmo essere, sempre con la speranza di un lieto fine, del trionfo della giustizia, in un modo o nell'altro. Ci conforta Duca perchè prima di essere medico o poliziotto egli è un uomo di principio, che non tollera le bassezze a cui gli individui che speculano sono disposti. Verrebbe da chiedersi cos'avrebbe fatto oggi il Duca, ingabbiato da una burocrazia stringente e dall'impossibilità di agire... fortunatamente Scerbanenco non è vissuto così a lungo.

“C’è qualcuno che non ha ancora capito che Milano è una grande città...Non hanno ancora capito il cambio di dimensioni, qualcuno continua a parlare di Milano come se finisse a Porta Venezia, o come se la gente non facesse altro che mangiare panettoni o pan meino. Se uno dice Marsiglia, Chicago, Parigi, quelle sì che sono metropoli, con tanti delinquenti dentro, ma Milano no, a qualcuno non dà la sensazione della grande città, cercano ancora quello che chiamano il colore locale, la brasera, la pesa, e magari il gamba de legn.”

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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    09 Febbraio, 2012
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Indagine nella Milano violenta

Un canale nella notte nebbiosa di Milano, una macchina si spinge oltre e affonda portando con sè due anziani, mentre la figura di una donna si allontana. Strano modo di morire. Nella stessa città rapace indaga Duca Lamberti, il medico e il poliziotto che riporterà alla luce, con esattezza e soffocata irruenza, la malavita nascosta dietro impalpabili facciate di fumo e grigiore.

E' questo uno dei quattro romanzi del ciclo Duca Lamberti, forse il meno nominato e il meno incisivo. Gli altri episodi portano con sè un'inaudita violenza o comunque un carattere distintivo e unico che ci resta impresso nella mente a lungo. Eppure, queste pagine sono una conferma dell'inverosimile naturalezza di Scerbanenco nel descrivere, dipingere oserei dire, le figure e gli sfondi di una città e di un mondo che in quegli anni stava crescendo prepotente. Il traffico d'armi, la malavita, lo sfruttamento e l'omertà erano parole relativamente nuove all'epoca, così scontate invece oggigiorno. Cresce la rabbia di Duca, già conscio dell'impotenza del poliziotto e del desiderio spesso represso di alzare il pugno contro chi la fa sempre franca, chi tradisce tutti. Ma sarà proprio il suo occhio spietato a far luce sull'intreccio, che porterà come un cerchio alla risoluzione del delitto iniziale. Ci sarà bisogno del buon Carrua, immancabile figura quasi paterna e del fido Mascaranti, il poliziotto cattivo ma onnipresente. E' stupefacente rendersi conto come Scerbanenco sia riuscito a creare una figura tutta nuova di poliziotto, con poche pennellate, senza dire troppo, quasi in silenzio. Eppure è così, Duca è rimasto unico nella storia della letteratura gialla, non potrei paragonarlo a nessun altro. E così è anche per questo romanzo di genere:

"…Guardò la valigia in terra, c’erano anche i caricatori, ma non si può, non si può, la legge proibisce di ammazzare le canaglie, i traditori di tutti, anzi specialmente questi che devono avere sempre un avvocato difensore, un processo regolare, una regolare giuria e un verdetto ispirato alla redenzione del disadattato, mentre invece si può, senza alcun permesso, innaffiare di proiettili due carabinieri di pattuglia, o sparare in bocca a un impiegato di banca che non si sbriga a consegnare le mazzette di biglietti da diecimila, o mitragliare in mezzo alla folla, per scappare, dopo una rapina, questo si può, ma dare un buffetto sulla rosea gota al figlio di baldracca che vive di canagliate, questo no, la legge lo proibisce, è male, non avete capito niente di Beccaria, no, lui, Duca Lamberti, non aveva capito niente Dei delitti e delle pene, era un grossolano e non aveva speranza di raffinarsi, ma gli sarebbe piaciuto incontrare quelle canaglie, lui glieli avrebbe dati, i buffetti sul viso.”

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il ciclo Duca Lamberti e tutta la produzione di Scerbanenco, Fruttero e Lucentini
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Libri per ragazzi
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    06 Febbraio, 2012
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Il grigiore urbano sconfitto dalla fantasia

Scoprire per caso un buon libro e innamorarsene, perchè parla del tuo mondo, di quello che vivi tutti i giorni, quando esci dalle porte della tua grigia ditta e attraversi il traffico delle strade e vieni stordito dai fanali abbaglianti di altri che come te hanno terminato una lunga giornata. Marcovaldo è subito stato un dialogo diretto tra un'autore lungimirante e l'esperienza di vita quotidiana. Calvino ci parla di un uomo qualsiasi e di una città qualsiasi che per comodità chiameremo Torino. E' lì che ambienta i venti episodi che vedono come protagonista un umile manovale italiano, il classico uomo medio che incarna molte delle viltà e dei limiti che ci rendono gli uni simili agli altri. Marcovaldo però ha qualcosa di diverso, egli ricerca la vita oltre il grigiore delle strade, oltre la cortina spessa delle insegne, dei lampioni, dei semafori. Combatte contro il lavoro, il desiderio innato di primeggiare, contro un mondo ostile e spigoloso che egli cerca con la fantasia e l'ingenuità di reinventare.
Gli fanno da contorno una famiglia numerosa, uno scantinato da cui sogna il cielo stellato, un'azienda di fantozziana memoria (o meglio un'azienda a cui Paolo Villaggio si rifarà) e la natura, che spunta timidamente tra l'asfalto e l'indifferenza umana.

Ci fa sorridere Marcovaldo, perchè ci prova sempre, ma non gli riesce mai di uscire dagli schemi. E' una lotta impari tra un'urgenza mediatica globale di informazione, comunicazione e massificazione (che quasi antesignano Calvino aveva già recepito), e il desiderio, il sogno, l'anelito umano verso il paese di Utopia. Questo ritorno all'età dell'oro non avviene per Marcovaldo, ma egli tenta ugualmente di disegnare un mondo nuovo, tutto suo.

Leggetelo, vedrete come parla di tutti noi.

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Romanzi
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    06 Febbraio, 2012
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La paura che si trasforma in maturità

Genuino e diretto, come sa esserlo l'adolescenza, e velato di una malinconia adulta, per dei ricordi che si ammantano di ragionevolezza e maturità. E' il racconto di un'estate, forse l'ultima vera estate da ragazzo per Matteo. Le sue scorribande in bicicletta, l'amore non confessato per la cugina Valentina e l'incapacità di capire i drammi familiari e personali che lo circondano. Sullo sfondo il mare e la collina che si fa ombra di cane e mistero. Questo libro ci appartiene e ci parla da molto vicino con il suo linguaggio semplice, adeguato ai protagonisti, e l'arrendevolezza dello scrittore verso fatti probabilmente autobiografici.
Quella stessa atmosfera di mistero e paura, avventura e desiderio di crescita, si manifesta dalla prima all'ultima pagina, impedendo al lettore di abbandonare il libro. Difficile da ottenere come effetto, sicuramente merito di una buona orchestrazione.

Da leggere.

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JAck Frusciante è uscito dal gruppo, Radiopirata
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Storia e biografie
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    03 Febbraio, 2012
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L'italia che non c'è più

Tra un viaggio a Torino e una tappa nella memoria bambina, ho riscoperto un bellissimo libro, Vestivamo alla Marinara. Trovo che sia uno spaccato ben descritto e socialmente interessante che ci parla di un paese sotto l'urgenza della guerra e del cambiamento, visto con gli occhi di una protagonista della nostra storia. Figlia di una famiglia potente e giovane ragazza piena di sogni e interessi, Susanna Agnelli dipana il racconto dall'infanzia segnata dal rigido distacco con i genitori, fino alla prima maturità, ovvero il matrimonio con Urbano Rattazzi. Nel mezzo troviamo le regole severe del mondo aristocratico e borghese, la ricerca di un'identità personale e il fortissimo legame con il fratello Gianni. La lettura è piacevole e ricca di spunti di riflessione. Chi poteva immaginare che una ragazza giovane e viziata potesse arruolarsi nella Croce Rossa durante la seconda guerra mondiale? Susanna Agnelli ci insegna a guardare oltre le apparenze, aprendoci le porte di un mondo che è stato l'Italia tra le due guerre.

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Classici
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    03 Febbraio, 2012
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L'arte istrionica di raccontare la Russia

Chi avrebbe mai potuto pensare che un romanzo che cela una fortissima critica alla società Russa di inizi '900 potesse rivelarsi un'istrionica opera, sottile e sagace al tempo stesso. L'immaginario corre libero tra le parole, a cavalcioni della scopa assieme a Margherita, alla ricerca del perduto amore e di un ordine da ricostituire. Complesso e di impegnativo approccio, il romanzo è una lunga strada tracciata tra la discesa del diavolo Woland e della sua circense truppa nella città di Mosca, e la disperata ricerca da parte di Margherita del Maestro, di cui è perdutamente innamorata. Il gusto dell'espediente sorprendente tiene l'attenzione sempre viva e conduce amabilmente verso la soluzione della storia. Riuscirà Margherita ad abbracciare il Maestro? Potrà quest'ultimo ritrovare la sua opera, vincendo le resistenze di una cultura immobile e refrattaria al cambiamento? Potrò sbagliarmi, ma Woland non rappresenta alcunché di negativo, egli sovverte l'ordine costituito, svela le piccolezze della borghesia e dei letterati russi, sorprende l'animo della bella Margherita che coraggiosa accetta il compromesso. Il diavolo (non nel significato consueto di antitesi a Dio) è la modernità che si afferma prepotentemente a Mosca e in senso lato in Russia.

Per chi ha voglia di un viaggio fantasioso e al tempo stesso calato in un preciso periodo storico, questo è il libro giusto.

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Cuore di cane
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Letteratura rosa
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    03 Febbraio, 2012
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La malinconia del distacco

Raccontare l'amore e il distacco obbligato della morte è sempre opera ardua. Soprattutto se i protagonisti sono due adolescenti alle prese con il primo amore. Ma il libro non è soltanto questo. Chi si accosta a questa recensione potrebbe avere l'impressione dell'ennesimo libro creato ad hoc, per adescare furbamente una certa fascia di lettori. No, l'opera di Kyoichi Katayama non è nulla di tutto ciò. In essa si respira la purezza del pensiero, il turbamento dell'incognita sentimentale e il lento insinuarsi dell'idea di poter perdere, appena conquistato, un amore che neppure la maturità può offuscare. Queste pagine parlano a tutti noi e ci ricordano qualcosa del nostro passato, con una gentilezza e una delicatezza che solo il Giappone ci sa regalare. Consiglio questa lettura a tutte le età, ad alcuni potrà regalare delle forti emozioni, ad altri il ricordo malinconico di un'età passata.

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Banana Yoshimoto, Yukio Mishima, la letteratura giapponese del periodo Meiji-Showa
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Romanzi
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    01 Febbraio, 2012
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Il senso di Pavese per la terra

Anguilla è tornato al suo paese, dopo un lungo periodo trascorso in America. Lì ritrova lo stesso sapore della sua infanzia, gli stessi odori e colori e l'amico di sempre, Nuto. La terra con le sue amarezze e gli abbandoni gli ricorda che il cuore dell'uomo è girovago ma ha sempre bisogno di un posto in cui tornare. lì apprende la storia della sua gente, conosce i drammi intercorsi durante la sua assenza e conosce il piccolo Cinto, al quale si affeziona, proprio per via di un'assonanza, una somiglianza di sorte. E' un romanzo fatto di miti ancestrali, legato al corso della natura (la luna e i falò si riferiscono alla ciclica vita della terra e dell'uomo), e potente perché scava a fondo nelle ragioni di un'esistenza, indaga le conseguenze delle azioni umane, nell'insensato bisogno di morte che si genera dall'odio. Viaggiando su due tempi, il passato che per Anguilla è ancora attuale e il presente del ritorno, il narratore sospende il giudizio sul destino dei protagonisti, una sorte che non è chiara, ma fragilmente custodita nell'infanzia di Cinto. Lo sfondo sono sempre le Langhe, la terra bruciata dal sole e dai falò estivi o dagli incendi che in una notte distruggono vite intere. La terra e la natura circondano l'uomo, lo condizionano, ne esaltano istinti primordiali e sottopongono al narratore il ricordo dell'infanzia, identificata con la spensieratezza, ma il ritorno non è possibile perchè il passato nella sua imperscrutabile laconicità è irrecuperabile.

Un messaggio forte, un'ultima perla di un grande scrittore.

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Pratolini, tutta la produzione di Pavese, Steinbeck,
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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    31 Gennaio, 2012
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Un buon thriller?

Primo approccio a Fitzeck, lettura estiva "obbligata" dal disinteressato regalo di un'amica. Non male, verrebbe da pensare all'inizio, intrigante la trama e le immagini che si delineano più la narrazione prosegue. La paralisi delle vittime riesce a momenti a diventare paralisi del lettore stesso. La scrittura è volutamente accattivante, tiene legati alla trama e ci spinge, come formiche curiose, nella tela dello scrittore. Eppure, conclusa la lettura, non sono soddisfatta. Sembra di ricordare il primo Saw, caso cinematografico che ha aperto la corsa a una produzione inenarrabile di B-movies splatter e volutamente sanguinolenti. Ma più che l'apripista, questo romanzo sembra la bruta copia di qualcosa di già letto/visto. Alla fine si avrà l'impressione che il castello sia di sabbia, che il labirinto sia solo una miniatura, e che l'autore abbia giocato con il lettore, conducendolo su sentieri dissestati per poi svelargli un banale paesaggio. Insomma, al di là di queste metafore, la costruzione degli ingranaggi è troppo fittizia e i personaggi poco approfonditi, direi bidimensionali. E poi, a ogni paragrafo, ci si dilunga troppo nella descrizione dei luoghi, dei particolari, fino a perdere di vista il risultato ultimo dell'azione dei personaggi.

Ma ci riproverò, come lettura estiva mi ha lasciato abbastanza incatenata.

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Jeffrey Deaver, i giallisti scandinavi
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    31 Gennaio, 2012
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Il mondo patinato di ieri

L'eccesso, una parola per tutte, e che sia questa! Perchè il protagonista vive tutta la sua sconfinata giovinezza di yuppie rampante sotto l'egida della sfrenatezza, della ricerca sempre più perversa ed esausta di un piacere che non raggiungerà mai. Ellis ha compiuto un'operazione significativa, ma ovviamente scomoda. Ha tirato in ballo un mondo odiato, perchè sinonimo di presunzione, alterigia, depravazione, superficialità. Ma non lo fa con l'intento di insegnarci qualcosa, o di punire qualcuno. E questo a mio avviso è proprio la chiave giusta che permette a questo romanzo di sollevarsi dal rischio di cadere nel trash e nella banalità. Cattiva, volutamente cattiva la scrittura compenetra tutte le più brute sperimentazioni stilistiche, accarezzando le agonie formali e reali delle vittime/oggetto. A volte con repulsione o disgusto, altre volte con sopportazione e quasi compassione, il lettore non riuscirà mai ad immedesimarsi nel protagonista, dubbia invece la partecipazione dell'autore.

Resta un affresco a colori vivaci di un'epoca, distante nel tempo e nello spazio, dove il benessere cancellava ogni etica preoccupazione per la vita.

Un'esperienza che consiglio.

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Acid House
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    30 Gennaio, 2012
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Un ritorno sintetico

Poche righe e poche parole, il tempo breve chiuso in uno scantinato, l'emozione di conoscere l'altro e dimenticare la rabbia e le proprie frustrazioni. Sembra che Ammaniti ci chieda questo, com'è possibile nasconderci se il mondo là fuori ci riprende prepotente con la bellezza di una sorella poco conosciuta e il dolore di una sofferenza troppo adulta? Non è possibile, questo impara Lorenzo in pochissimo tempo, una lezione importante e necessaria per sopravvivere. Sicuramente Ammaniti c'è, con il suo stile, il suo disincanto, il suo essere sfrontato e mai volutamente delicato, indiretto. Ma qualcosa manca a quest'opera. l'ho letta velocemente, eppure con una lentezza che non ricordo di aver mai riservato ad alcuna altra opera di questo autore. Sento la fiacchezza di un tema forse già visto, scontato. Come se l'autore fosse stato "costretto" a parlarci di Lorenzo, come se l'entusiasmo e la spontaneità delle storie raccontate altrove mancasse del tutto.

Non lo rileggerei e non lo consiglierei come prima lettura di Ammaniti, potrebbe portare fuori strada. Ma lo consiglio a chi intende segnare le differenze tra una scrittura autentica e una rassegnata.

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Io non ho paura, Come Dio comanda
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    26 Gennaio, 2012
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Intimismo troppo barocco

Anna Marchesini è stata un personaggio fondamentale nella storia televisiva degli anni 80, chi non la ricorda nel famigerato Trio con Lopez e Solenghi. Donna intelligente e sensibile ha trasposto in questa autobiografia della sua infanzia tante ragioni del suo essere donna. La timidezza, il silenzio e la solitudine dominano le pagine di questo breve romanzo. A volte mi è riuscito semplice immedesimarmi in tante situazioni perfettamente descritte (le visite ai parenti, i giochi con il cugino, la malattia materna), ma soprattutto con quel velo di disincanto che è proprio dei bambini, nella loro illogica spiegazione della vita, nella loro totale assenza di strumenti conoscitivi formati, nella loro distanza assoluta dal concetto di morte.

Tuttavia il libro mi ha lasciato un retrogusto amaro e la ragione sta nella poca scorrevolezza delle frasi, nell'utilizzo ridondante ed eccessivo degli aggettivi, a volte volutamente artefatti e ricercati, di modo che la narrazione non risulta immediata e comunicativa come dovrebbe. Non c'è identificazione tra il lettore e la bambina, e il romanzo appare subito la scrittura di un adulto che guarda al suo passato, creando un distacco eccessivo.

Un'opera prima senza dubbio, ma si poteva fare di più.

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isabella82 Opinione inserita da isabella82    26 Gennaio, 2012
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Futuro significa progresso?

Dopo aver letto Saltatempo con grande entusiasmo mi sono avvicinata a Margherita Dolcevita e l'impressione di un autore intelligente ed estremamente ironico è stata confermata. Ironia, non polemica, si badi bene. Perchè Benni non esalta gli uni per affossare gli altri, non esiste la perfezione, nè la ragione in senso assoluto, esiste la vita che con tutte le sue sfumature ci distanzia, ci divide inevitabilmente. Qui si riprende la tematica già affrontata precedentemente del mondo naturale contrapposto alla città/civiltà e al suo supposto progresso. Il mondo di ieri, con la sua semplicità e magia (Maghetta come si fa chiamare Margherita)viene assorbito dal mondo di oggi/domani che corrompe, divora e devasta tutto. Margherita è l'ultimo baluardo che tenta di difendere la sua casa, il suo giardino, il mondo per come lo conosce, ma la sconfitta inizierà proprio dalla stessa anomala famiglia di cui si fida. Il consumismo, l'innovazione, la tecnologia, il cartellone che oscura il cielo di stelle tutte inventate... siamo sicuri che l'uomo abbia preso la giusta direzione? Questo sembra dirci Benni fino alle ultime righe di un romanzo sopra le righe, forse un po' esagerato in un finale degno di "L'ultimo Capodanno" di Ammaniti. Ma convince, come sempre.

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Saltatempo, Achille Piè veloce
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    26 Gennaio, 2012
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Un piccolo romanzo di formazione

Il primo libro adulto che ho letto, una scoperta infinita. Non il solito romanzo noioso, in cui la maturità veniva misurata sulla base di lunghe dissertazioni filosofiche sulla bontà del vivere umano, ma sulle reale problematiche di un mondo sempre avulso dalla mentalità adulta, il mondo degli adolescenti. Con il suo linguaggio diretto e poco "corretto" ci apre una porta su un universo da sempre esistito, fatto di leggerezza, divertimento, disagio, ma anche sensibilità e dolore. Brizzi lo fa con una freschezza che a mio avviso mancherà ad altri suoi romanzi, uno per tutti "Bastogne", in cui la crudezza di un modo di vivere rapace avrà la meglio sull'assenza di colpa e pentimento di questo piacevolissimo scritto. Cultura giovane, turbamenti amorosi, band musicali, e dietro l'angolo l'impossibilità di nascondersi in un piccolo mondo facile. Ci sono tutti gli ingredienti per rispecchiarsi con entusiasmo o malinconia nelle pagine di questo libro.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    26 Gennaio, 2012
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L'eterno mito del vampiro calato nella dolce Ameri

Libro di insolito respiro narrativo che suscita nel lettore la vaga percezione dell’irreale. Le ambientazioni molto realistiche creano un tessuto urbano/narrativo molto sincero che mescola la narrazione alla sintesi esplicativa di una generazione e di un universo. Il Male (fisico, mentale, culturale)permea le vite dei protagonisti così a fondo da renderli più attenti alle manifestazioni di un male ancora più antico che a tratti assume i contorni del temibile terrore dell’ignoto e del sublime ottocentesco. Solo chi ne è immerso totalmente non può che franare in esso fino ad esserne sommerso e distrutto. La volontà d’animo è la caratteristica dei protagonisti che, nonstante i "classici" rimedi antivampiro (aglio, acqua santa, paletti e croci) dismostrano una fede forse più offuscata. Dio rimane celato agli occhi del lettore/narratore. C’è quasi un senso escapologico nelle pagine conclusive del romanzo e la Natura, nella sua verità estrema, solleva Il Sommo Fattore dal gravoso compito di intervenire attivamente. La distruzione fisica del mondo/orizzonte narrativo conosciuto dal lettore diviene l’origine del Nuovo. La diversità dell’opera sta proprio nella totale assenza di messaggio sacrale/religioso che sconfina pertanto nella fiducia in una redenzione umana e solamente tale. Un occhio di riguardo può essere dedicato ai protagonisti: un detective che ha conosciuto in giovane età questo antico flagello e che sembra avere una capacità di percezione superiore alla media; una giovane giornalista insoddisfatta che conosce da vicino l’orrore del quotidiano; un prete condannato da un male incurabile e infine un bambino che incarna in qualche modo le frustrazioni e insoddisfazioni della giovane generazione americana (e non solo).Tutti nella loro diversità conoscono il male e tutti a modo loro si ribellano ad esso con la sola forza della volontà, sfidando la sorte e l’assenza totale di un supporto divino. La sintesi estrema dell’autore viene rappresentata nella grande onda che investe L.A. dove l’acqua, culla della vita e origine della stessa, spazzerà e purificherà il Male.

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Messa di Mezzanotte, Salem's lot
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    25 Gennaio, 2012
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John Steinbech e Cesare Pavese, due voci in coro

Mi piacerebbe spendere due parole su un collegamento piacevolissimo tra il nostro Cesare Pavese e il grande John Steinbech. Nel 1941, pochi anni dopo la pubblicazione di "Uomini e Topi", Pavese dà alla luce un'opera controversa che per molti aspetti richiama alcuni temi trattati negli scritti del collega americano. La natura, la brutalità dei sentimenti, l'ignoranza, il ritmo frenetico e impietoso del lavoro contadino e la speranza, che in entrambi gli autori si rivela un'illusione finale. Non c'è via di scampo per nessuno, nè per Berto e Talino che vivono il dramma della morte sotto l'urgenza del desiderio, dell'incesto e dell'inanità, nè per George e Lennie che si trovano costretti a rinunciare al grande sogno americano, la terra. Due mondi certamente diversi, due contesti distanti, eppure così vicini.

Ecco, mi piaceva dare un affresco limitato di un accostamento vivissimo tra due realtà così diverse, eppure vicine nella drammaticità di alcune tematiche, una per tutte la solitudine incolmabile dell'uomo.

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Paesi tuoi, La luna e i Falò
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    20 Gennaio, 2012
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Gioventù cannibale, astenersi sensibili

Ecco un Ammaniti giovane, impreciso, logorroico, pedante, crudele e sadico, coinvolto in una narrazione escatologica, senza capo nè coda. Si tratta di un divertissement, più che di una riflessione ben precisa su un tema in particolare. Il destino di Marco, la sua fine fantascientifica non sono che una riprova di come all'autore non interessi comunicare qualcosa di reale, sensato. C'è piuttosto il desiderio di colpire, spaventare il lettore, suscitare una forma di repulsione. E certamente ci riesce, a discapito purtroppo del peso intrinseco dell'opera.

Ma possiamo perdonarglielo, si tratta sempre di un'opera prima.

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Che la festa cominci
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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    20 Gennaio, 2012
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Un po' di America in Italia

Si va in scena, il protagonista è il vizio umano nelle sue forme più basse e ghiotte. Ne sa qualcosa Duca Lamberti che con le sue indagini da poliziotto anatomista del cuore umano, scopre piano piano quanti volti abbia la degradazione umana. Come sempre, l'idea originale non lascia presagire alcunché della conclusione. Un povero ragazzo di buona famiglia è vittima della bottiglia, il padre disperato chiama Duca perché lo aiuti a scongiurare il peggio. Da qui partono le indagini che solleveranno il velo che copre un mondo fatto di corruzione, disagio, immoralità.

Ambientato negli anni '60, questo romanzo noir delinea, come pochi hanno saputo fare, il nascere di un'Italia diversa, cosmopolita, dove la campagna viene assorbita dalla periferia e la delinquenza assume toni sempre più delineati e organizzati.

Un libro che consiglio vivamente a chi conosce principalmente la letteratura noir dei maestri americani, potrebbero restare piacevolmente stupiti da una perla troppo nascosta della nostra letteratura contemporanea.

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I ragazzi del massacro, I milanesi ammazzano al sabato, Traditori di tutti
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    20 Gennaio, 2012
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Un'escalation di terrore

Il primo Ammaniti, quello acerbo che usava la crudezza per suscitare il disgusto e la reazione certa da parte del lettore è sempre presente e lo ritroviamo sicuramente in questo libro. A questo suo "cannibalismo" si aggiunge una costruzione più sicura e matura del racconto, creando delle micro situazioni destinate al percorso che ciascuno dei suoi personaggi compie. Forse questa scelta può apparire artificiosa e a tratti forzata, ma è complementare al raggiungimento di un certo climax che altrimenti con una scrittura lineare e consequenziale non avrebbe sicuramente ottenuto.

Personalmente lo trovo un libro avvincente, per nulla banale. Descrive l'abbandono, la solitudine e la disperazione. Ci spiega come può la nostra mente reagire talvolta a situazioni senza via d'uscita, senza davvero esagerare se pensate.

Leggetelo e poi ditemi se non vi ricorda certi casi di cronaca recenti.

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Ti prendo e ti porto via, Fango, Branchie
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    20 Gennaio, 2012
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Troppi luoghi comuni in una bella confezione

Le aspettative su un libro vivamente consigliato e pubblicizzato sono sempre molto alte, ma dovrebbe sempre scattare il campanello d'allarme, quella vocina che ci mette in guardia sull'effettiva bontà dell'opera che andiamo a leggere.

Non è mia intenzione decostruire in toto un prodotto ben rifinito e congeniato, mi limiterò a sottolinearne i punti dolenti. L'eleganza del riccio è un buon libro che narra una storia gracile e tragica al tempo stesso, la storia delle anime buone vestite di stracci e offuscate da miriadi di luoghi comuni che la società per bene non riesce proprio a superare. Ma risulta difficile pensare che una portinaia celi il segreto di una cultura sconfinata che solo una viziata bambina riesce a scoprire, condividendo con la sua nuova amica l'ineffabile dolore per una diversità sostanziale con il resto dell'umanità. Il tutto viene condito con massime filosofiche e repertorio letterario classico, con un occhio politically correct verso l'Oriente e la sua consueta capacità di vedere oltre le apparenze.

Il libro si legge scorrevolmente, ma il problema è che al termine della lettura resta la sensazione amara di essere incappati nell'ennesimo prodotto commerciale.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    19 Gennaio, 2012
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Sempre un grande maestro, ma...

Una casa sulla spiaggia, il classico rifugio di chi è alla ricerca di tranquillità e ristoro, ed è appunto questa la condizione in cui si trovano Ellen e David, coppia di mezz'età in crisi a causa dei soliti tradimenti coniugali. All'interno di questa casa c'è però un mistero che prende le sembianze di una conturbante Marianna.Un mistero che mina il desiderio di ricostruire una quotidianità corrosa dagli anni e dalla gelosia.

Da subito abbiamo l'impressione di tuffarci in qualcosa di già visto, già detto. Forse a causa del soggetto (la solita casa infestata) o dell'abitudine di Matheson alla commistione tra quotidianità e sovrannaturale. Sta di fatto che, dopo le prime pagine, il romanzo ci spinge già a chiederci quanto tempo ci metterà il protagonista a svincolarsi da una situazione tanto assurda quanto macchinosa. Non è uno dei migliori Matheson, questo. Si sente certamente la mancanza di idee (vedesi il più brillante "Io sono Helen Driscoll" opera che precede Ghost di 24 anni), e di carisma.

La consiglierei ugualmente come lettura, data l'innegabile capacità dell'autore di creare un'atmosfera unica, spettrale e incredibilmente convincente. Anche se la pochezza della trama resta il punto dolente di quest'opera.

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La casa d'inferno, Duel e altri racconti, Io sono leggenda
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    19 Gennaio, 2012
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Il lato oscuro di ogni madre

Elena Ferrante ci ha abituati a una narrazione sofferta, difficile, spesso ostica. Non vuole parlare dei buoni sentimenti, delle frivole preoccupazioni del vivere quotidiano. E quando parla delle vite dei suoi protagonisti, lo fa sempre con l'intenzione di scoprire che cosa si nasconde dietro l'apparenza. Le donne di Elena Ferrante sono forti, dure, poco materne. Dietro di loro, aleggia il fantasma di una madre diversa, contrastante con l'ideale di dolcezza che normalmente associamo a questa parola. Leda, la protagonista di questo romanzo, non è da meno. Madre e moglie, improvvisamente si scopre disinteressata al destino dei suoi figli, non avverte quel senso di angoscia che normalmente assale il genitore all'atto di separazione dalla prole. Predilige se stessa, la carriera, la tranquillità. Sarà proprio l'incontro con una giovane mamma e la piccola figlia in villeggiatura sulla medesima spiaggia a risvegliare in Leda quella dicotomica visione di spirito e carne, ideali e necessità fisiche che spingeranno la protagonista a un gesto sciocco, eppure risolutivo.

Ancora una volta è la donna al centro dell'indagine della misteriosa Ferrante. Si potrebbe accusare la scrittrice di ripetitività, ma vorrei spezzare una lancia in suo favore. Le situazioni, i luoghi e le condizioni in cui queste donne si trovano a vivere sono sempre differenti, come diverso è l'occhio che le scandaglia. In questo romanzo affiora principalmente la figura irrisolta della moglie/madre e la fragilità con cui una vita ormai vissuta appieno può essere ridiscussa.

Assolutamente da leggere.

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L'amore molesto
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    19 Gennaio, 2012
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Come la marea che scende e sale la notte

George, ha perso qualcosa alla fine dei suoi pensieri. Non è il compagno tragicamente scomparso, non è la voglia di insegnare o di ricordare cos'era un tempo essere giovani. E' la voglia di vivere perché l'assenza di tutto ciò a cui ci siamo abituati diviene insopportabile. Alla fine di una lunga giornata in cui George sopravvive alle continue coincidenze e agli avvenimenti che lo sanno lambire soltanto, l'autore spiega il perché George sia un uomo solo, sebbene circondato da studenti ammiccanti, prostituti attraenti e dall'amica Charlotte, altro spettro del suo passato. Secondo l'autore, gli uomini sono racchiusi in piccoli golfi, ognuno distinto l'uno dall'altro, irraggiungibili. E la notte, mentre dormono e sognano di tornare, un marea benevola li sorprende nei loro giacigli e li porta al largo, accomunandoli nel sogno di un'unione irrealizzabile. Ma la veglia porta con sé il distacco e la terribile sensazione di aver perso qualcosa, quella stessa mancanza che affligge il protagonista.

E' un libro che lascia il segno, decisamente specchio di un'epoca e di una generazione in cui l'immagine proiettata all'esterno spesso nascondeva un'incapacità di accettare la realtà e suoi cliché.

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Una casa alla fine del mondo
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isabella82 Opinione inserita da isabella82    19 Gennaio, 2012
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Se la vita fosse sogno? E se un angelo ci fosse, n

Due cose contraddistinguono questo libro di Benni, musicalità e grande immaginazione. Il tema della finitezza umana è trattato con malinconia e partecipazione nostalgica, verso una scelta che spesso non ci è concessa, poter tornare indietro. E' un'umanità spenta e senza colore, quella di Morfeo, bambino sfortunato e adulto ipocondriaco, vittima dell'errore, della superficialità e della malattia.
E' un libro differente dalla consueta narrazione dell'autore, un libro intimo, che forse ci racconta le paure di noi uomini, con grande delicatezza e la consueta ironia. Non ne sono rimasta delusa, ma piacevolmente sorpresa e non nego che la tentazione di rileggerlo è stata forte, soprattutto per chiarire alcuni punti molto delicati e volutamente criptici.

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isabella82 Opinione inserita da isabella82    19 Gennaio, 2012
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Il segno del cambiamento sul volto dell'uomo

Un libro che narra la storia delle vite comuni, la storia di tutti noi, l'incapacità sottile di accettare che tutto cambia.E’ un racconto di tempo, interiore ed esterno, vissuto e trascorso. Così come la notte inizia le vite, altrettanto presto le terminerà in un singulto, lasciando solo una speranza, ricordando come la traccia delle nostre azioni non è mai reversibile. Un tempo che scorre inesorabile, impalpabile quasi nella sua voracità, ma sempre vivo nel corpo che cambia, nel dolore fisico, nella gravidanza che ci rende subito madri scrupolose, sebbene compagne distanti di uomini che non sanno accettare il cambiamento. Qui si interrompe il giorno, qui non c’è soluzione perché la distanza creata è ormai un dirupo in cui precipita tutto, in cui non si parla più di domani perché l’oggi nella sua beffarda perfezione ci ha ingoiato inermi.
“Solcheremo i mari come con l'aratro fin nel gelo del Lete ricordando che la terra ci è costata sette cieli “

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A single man, The hours
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