Opinione scritta da 2UC4
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Generazione Indecisione
Il protagonista del romanzo d'esordio di Benjamin Kunkel è un esponente particolarmente rappresentativo di una generazione cresciuta in un contesto socio-economico particolarmente favorevole, in una parte del mondo in cui il benessere e la cultura del consumo sono abbastanza diffusi. Una generazione a cui è stata data la possibilità di percorrere strade precluse fino a pochi anni orsono, sempre in bilico tra il delirio di onnipotenza e l'apatia, consapevole che quasi tutto sia raggiungibile ma nell'incapacità di muoversi. Uomini e donne proiettati nel mondo ma atterriti dalla propria immagine riflessa milioni di volte come se fosse collocata tra 2 specchi, individui che vivono una lunga adolescenza senza scelte importanti tra slanci subitanei e profonde depressioni, tra piaceri vacui ed effimeri dolori, tra incantevoli sballi e distrutti e tragici day after, da eterni principianti.
L'autore sembra suggerire che l'unico modo per crescere e uscire da una situazione di abulia sia quello di amare e di comprendere il male senza lasciarsene corrompere e svilire.
Il senso predominante nel romanzo ritengo sia la vista. La bellezza, il piacere, la sofferenza, la solidità e la tranquillità, la solitudine, l'inutilità e lo spreco, la sessualità, l'amore e il terrore: tutto si rivela attraverso le immagini.
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Incanto universale
Ci sono persone, incontri, che hanno il potere di rimetterti in pace col mondo. E ci sono anche libri che riescono a fare lo stesso.
Una persona può farlo anche solo con la propria presenza mentre ad un libro occorrono molte parole.
Nel romanzo La ragazza delle arance di Jostein Gaarder in realtà le parole non sono poi neanche tantissime, tant'è che in un primo momento può venire da pensare ad un romanziere di successo che abbia esaurito l'ispirazione.
In realtà non è così: il romanzo contiene diversi sprazzi di verità, diverse immagini vivide e intense, diversi riferimenti al mondo reale e al mondo ideale.
E come ho scritto: ti rimette in pace col mondo. Come fa a farlo? "Semplicemente" parlando di incanto (l'amore, la giovinezza, il mistero della vita) e di disincanto (la verità, la morte, il mistero dell'universo) e facendolo con una poesia e un tatto magistrali. Quasi con ingenuità.
Insomma, è come se l'autore rimanesse magicamente sospeso tra la bellezza, la gioia, la purezza, la generosità della vita, della natura, del mondo e la tristezza, il dolore, l'inutile avidità e caducità del tutto, con lo sguardo e l'animo attenti, ricettivi e fantasiosi.
Un romanzo che parla di colori e forme, del mistero della natura. Come un dipinto che si sveli allo spirito ottenebrato e arido di emozioni che non siano di paura di individui adagiati sul grigio e la sporcizia, sull'ovvietà dell'angoscia e della delusione donando una speranza, un'illusione che va oltre la consapevolezza della corruzione e del male che ci circondano.
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Ridicolmente adulti
Diventare adulti forse significa perdere il coraggio, la forza di opporsi e la speranza?
Leggendo questo romanzo per ragazzi scritto da un autore di thriller verrebbe da rispondere affermativamente a questa domanda.
Quale adulto nel XXI secolo potrebbe anche solo immaginarsi di impedire ad una grossa catena di ristorazione di aprire un nuovo ristorante perché il terreno prescelto è la dimora di alcune famiglie di civette?
La forza di questo romanzo, oltre al fatto che la storia è piacevole e a tratti spassosa, è quella di far sentire gli adulti piccoli di fronte ai bambini: accecati, disillusi, arresi, impauriti di fronte all'ovvietà e all'inarrestabilità del progresso.
Quasi che le nostre città, i nostri spazi, le nostre vite siano terreno di conquista alla mercé del più svelto, del più ricco, del più furbo e il semplice gesto di alzare la mano e dire: "Sì, ma non è giusto!" sia oltre che inutile anche ingenuo e ridicolo.
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