Opinione scritta da Cla93
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Sì e no
Purtroppo non sono rimasta pienamente soddisfatta di questo libro.
Non voglio fare una recensione negativa, ma esporre “i fatti” con un po' di chiarezza.
Lo stile dell'autore non è male; è semplice e abbastanza scorrevole.
La trama è “carina”, nel senso che potrebbe stare in piedi come no.
I personaggi sono poco delineati: Frank Corso, un giornalista, e Meg Dougherty, la sua collega ed amante. Purtroppo non si riesce bene ad inquadrarli, ad immaginarli, a dipingerli nella mente. Sono un po' anonimi.
In una tormenta di neve, i due sono in viaggio. Frank deve scappare dalla giustizisa del Texas: ha creato una storia per avere successo e per questo dovrebbe stare in carcere per sei mesi.
Durante la bufera, però, i due finiscono con la macchina contro un albero. Riescono con fatica a recarsi in una cascina abbandonata, dove Meg riesce ad accendere un fuoco per scaldarsi.
E' qua che i due scoprono tre corpi, fasciati in sacchi di plastica e sotteratti sotto le assi del pavimento.
Ecco che allora i due iniziano ad indagare su questo omicidio, e iniziano a dare la caccia a una “donna fantasma”.
Insomma, la trama lascia un po' desiderare. In alcuni punti è proprio lacunosa, pessima, esagerata.
E' tuttavia “leggibile”, nel senso che non è del tutto pessimo.
Lo consiglio, se vi va di leggere un thriller leggero e semplice.
Non lo consiglio, se siete abituati ai “super thriller”, quali Dorn, Grisham, e quant'altro.
Buona (non)lettura!
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- sì
- no
Agghiacciante
Ho una sola parola per ben definire questo libro: agghiacciante.
Anche questa volta, Dorn ha creato una trama finissima e intrigata come una ragnatela.
Il lettore è come un insetto che vola, e che all'improvviso rimane impigliato in questa ordita trama.
E piano piano, una grossa tarantola nera si avvicina per divorarlo.
La tarantola nera è l'insieme delle nostre paure, del nostro Sé nascosto.
In questo libro Dorn è molto bravo a far emergere la complessità della persona umana, della sua interiorità. Un thirller psicologico di prim'ordine!
La psichiatra Ellen si trova ad avere dei contatti con una paziente che non parla, non mangia, non cura il suo corpo; è vestita con una sudicia tuta e sta rannicchiata in un angolo buio di una stanza della Waldklinck. E' piena di ematomi e di lividi.
Chi è stato a ridurla in quel modo?, E' la domanda che Ellen subito si pone. Ellen riuscirà a stabilire un contatto con la paziente, e avrà quindi una risposta alla sua domanda: l'Uomo Nero.
L'uomo Nero prenderà anche te...
E da qui la caduta, nell'oblio, in una voragine buia e terribile, quella della propria coscienza.
La trama, anche se inizialmente può sembrare scontata, non lo è affatto.
Anche se qualche pagina prima del colpo di scena finale, questo si intravede/intuisce, rimane comunque una trovata geniale da parte di Dorn.
Ha veramente un finale agghiacchiante che fa rimanere aggrappati alle pagine come se queste potessero salvarci, e potessero evitarci questo terribile viaggio.
Non ha per me superato “Il Superstite”, che rimane di gran lunga il mio preferito, vale sicuramente la pena di leggerlo.
Buona lettura!
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Piacere e disgusto
Mi sono gettata su questo libro non avendo la minima idea di cosa trattasse.
Ricordavo sì, di aver letto qualche recensione in proposito; ma il ricordo di queste era sfumato e un po' vago. Però ricordavo che erano positive.
Così mi sono detta, Proviamo, sembra narrativa leggera, magari è un bel romanzo.
La trama non spiegava granché, ma prometteva bene.
Sin dalla prima pagina mi sono accorta dello stile splendido dell'autore. La naturalezza con cui le parole sono state depositate sul foglio mi ha sconvolta e catturata.
Ben presto, mi sono accorta che il libro era molto diverso da quel che immaginavo.
Se immaginate di leggere un bel romanzo di narrativa leggera, scordatevelo subito.
Jean-Baptiste Grenouille è un protagonista che non si scorda facilmente. Anzi, credo proprio che non lo scorderò mai. La cosa fantastica, è che non è un protagonista comune. Di tutto si può dire su questo libro, meno che sia scontato.
Trovo che un personaggio come Grenouille sia molto difficile da creare.
Grenouille, povero ragazzo; nasce non voluto dalla madre e cresce non voluto da tutti gli altri. Presto si delinea questo stravagante protagonista: si scopre che ha una caratteristica anomala, che nessun altro essere umano possiede. Grenouille percepisce gli odori in maniera raffinata ed in profondità. Attraverso il suo naso, egli sa cogliere l'essenza più intima delle cose e delle persone.
Ma è un protagonista tutt'altro che dolce, simpatico, umile.
E' quasi rozzo, è superbo e odia il genere umano. Descritto da Süskind come una zecca, che sta quatta in attesa sopra un albero, e che riesce a vivere con una goccia di sangue, e che sa stare in attesa...finché non trova l'occasione giusta per saltare dall'albero e aggrapparsi ad un animale, e succhiare.
Penso che sia una descrizione al contempo meravigliosa e orrida, e sono certa che non la scorderò mai.
Perché il libro è proprio un paradosso in questo senso: attrae e crea disgusto; eccita ma fa paura.
L'ho trovato strabiliante, perché i personaggi sono del tutto originali così come la trama.
Alla fine credo che Grenouille sia una vittima in tutta questa storia. Forse, se avesse ricevuto più amore dalla società, non sarebbe cresciuto senza provare alcun sentimento.
Finita questa piacevole e sgradevole lettura, ho scoperto l'esistenza di un film tratto da questo libro. Non l'ho visto, ma da come mi è stato raccontato credo proprio che rovini l'essenza stessa del libro e di quello che l'autore voleva trasmettere.
Leggetelo, resterete stravolti.
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Impotenza
Non ho mai letto John Grisham. Mi direte che sono un'ignorante, visto che amo i thriller / gialli.
Ho iniziato a leggere questo libro perché mi interessa l'argomento di cui tratta: la pena di morte. E' un tema che mi ha sempre colpita/scandalizzata e ho fatto molte ricerche in proposito.
All'inizio, leggendo la trama di questo libro, non ero molto convinta di leggerlo.
Poi, chi lo sa, alla fine è sempre il libro che ti sceglie, giusto?
Il reverendo Keith Schroeder mi è da subito stato antipatico. Non so perché, ma è così. Leggere un libro dove il protagonista ti sta antipatico è una tortura, ma presto mi sono accorta che il reverendo non era affatto il protagonista.
La storia sembra un classico. Un uomo, Travis Boyette, che confessa al reverendo di essere uno stupratore e un assassino, e che un ragazzo – Donté Drumm, un nero – sta per essere ucciso al posto suo, per un crimine che non ha mai commesso.
La classica lotta contro il tempo per fermare l'esecuzione.
L'avvocato di Donté, Robbie Flak, che non si da pace per salvare il ragazzo.
Il processo ben presto si viene a mostrare assurdo. Niente prove concrete che Drumm sia il colpevole del crimine. Nessun corpo ritrovato. Ma in Texas, questo non conta. Basta un confessione estorta a forza dalla polizia per uccidere un uomo.
Sicuramente è un libro che ti fa diventare di parte. Tutto, tutto sembra così palese e chiaro agli occhi del lettore: è assolutamente impossibile che Donté sia l'omicida!
E qui la rabbia sale, perché lo stato del Texas, con i suoi politici, i suoi governanti, i suoi giudici sembra non vedere, o non voler vedere dove sta la realtà.
I personaggi sono ben dipinti e assolutamente memorabili (la madre della vittima – una ragazza bianca – è resa da Gridham odiosa come non mai).
Sicuramente i temi affrontati in questo libro, sebbene “classici”, sono estremamente attuali: razzismo e pena di morte, due elementi che nel corso della storia americana spesso sono stati in coppia.
Impossibile non sperare che la pena di morte non colpisca più, leggendo questo libro.
Lettura consigliata, soprattutto a chi è interessato a temi sociali.
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Amore a prima lettura
Anticipo: questo è stato il mio primo Wulf Dorn. Non l'avevo mai letto prima, e spesso mi accorgo che il primo libro che leggo di un autore rimane in assoluto il mio libro preferito dell'autore stesso.
Anche con “ Il superstite” è successa la stessa cosa.
Mi sono totalmente innamorata di questo libro e, di conseguenza, di Dorn!
Che dire...le parole per recensire un libro alla fine sembrano sempre vane, ti sembra sempre di non riuscire a trasmettere agli altri quello che hai provato.
E' proprio il contrario per Wulf: è ben riuscito a trasmettere i sentimenti dei vari personaggi. L'immedesimazione in essi è immediata. L'amore per Jan scatta fin dalla prima pagina.
La storia è intrecciata, misteriosa, complessa e per niente scontata ( a mio avviso, anche se non tutti sono della mia stessa opinione). Jan che torna nella sua cittadina natale, il suo passato che torna a galla grazie a flashback incredibili... ed è solo il suo passato che può far luce su una enigmatica vicenda del presente.
Ho letto molti thriller e spesso sono rimasta insoddisfatta, indovinando fin dall'inizio la trama.
Con Wulf non è stato così. La trama intrecciata ti fa perdere per le vie di Fahlemberg e fa rimanere con il fiato sospeso fino alla fine.
La lettura è stata tutta d'un fiato, e alla fine di questa storia agghiacciante sono rimasta piacevolmente stordita.
Le pagine risucchiano completamente il lettore, il rapimento è garantito.
Buona lettura!
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LA VIOLENZA DELL'AMORE MATERNO
L'amore... deve essere qualcosa che ti fa totalmente uscire da te stesso.
Qualcosa di violento, che strappa il tuo Io e mette qualcun altro al centro di te stesso.
Questo libro è la storia meravigliosa di una donna, Grete, che vive la sua infanzia durante l'ascesa di Hitler al potere, e che viene convertita al nazismo dal padre, convinto sostenitore di Adolf Hitler.
Grete si sposerà con una SS, che sente di amare con tuta se stessa.
Ma le vicende del suo matrimonio - la gravidanza, il piccolo Adolf, il programma nazista T4, il manicomio - le fanno comprendere quanto sia sbagliata l'ideologia nazista e quanti orrori sono stati compiuti da questi fanatici.
Allora Grete dovrà fare i conti con questi orrori, con il proprio passato, con un marito che non ama più e con un futuro incerto, di fronte alla continua minaccia di morte che comporta la guerra.
La storia è forte, toccante, interpellante.
Quanto veramente sappiamo di ciò che è stato?
Quanto è giusto ricordare, quanto è giusto rendersi conto?
Lo stile del libro è molto scorrevole; è scritto in prima persona, si apre in medias res e la storia viene raccontata mediante vari flashback.
E' coinvolgente, e ci aiuta a capire quanto sia importante conoscere e soprattutto battersi contro certe violenze...
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IL DRAMMA DELLA STORIA
Cosa è l'Italia? Cosa è la guerra?
Chi siamo noi, che senso ha la nostra vita?
Sono tutte domande molto profonde, e sono domande alle quali non sempre è facile o sappiamo rispondere.
"Piccoli maestri" ci fa riflettere. Ci fa riflettere su chi siamo, e sul significato della guerra.
CI fa capire e penetrare a fondo in quel mistero che è stato la Resistenza.
Meneghello narra infatti la sua vicenda autobiografica da partigiano, nel nord Italia; e tratta della Resistenza in maniera anti eroica, come altri grandi hanno fatto, tra cui: Vittorini, Calvino, Fenoglio (tanto per citare).
Il libro è una meravigliosa sintesi tra ironia e drammaticità. Le parti che fanno sorridere fanno anche rabbrividire; momenti di suspance si confondono con momenti di calma.
Lo stile è quindi molto bello: è piacevole assaporare le parole di questo libro, una ad una, con calma.
E l'autobiografia da un tocco di suggestione in più.
Ci fa pensare: ma queste cose sono realmente accadute? Ma cosa è la guerra?
Noi siamo talmente lontani da una realtà del genere che nemmeno possiamo immaginare cosa siano la fame, la solitudine, il vuoto, la distruzione.
Dobbiamo stare molto attenti. Meneghello fa riflettere sul fatto che la storia non sempre insegna: " Se avessimo letto Mazzini, questo non sarebbe successo", " Se avessimo saputo quest'altro, sarebbe andata diversamente".
Allora mi sono chiesta: ma la nostra storia, la stiamo realmente custodendo?
Riusciamo realmente a renderci conto di ciò che è accaduto, affinché non si ripeta più?
In questo periodo, in questa società, in cui la realtà della guerra è lontana da noi e dai nostri ragazzi nello spazio e nel tempo, dobbiamo far sì che ciò che è successo non venga mai dimenticato.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
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I DISAGI DELLA NOSTRA SOCIETA'
Avete presente Verga?
Certo che sì, come si può non averlo presente.
Ecco, “Niente più niente al mondo” può sembrare, per molti versi, una tipica novella verghiana.
Con un lungo ed estenuante monologo, Carlotto vuole dipingere il disagio della nostra società: la povertà, la solitudine, la paura dello straniero, il consumismo che porta all’infelicità, il tentativo della scalata sociale che – come in Verga – va irrimediabilmente fallito.
A parlare è una donna oramai di mezza età, che vive nella periferia di Torino e fa la colf per guadagnare pochi spiccioli, con i quali deve mandare avanti la famiglia: un marito, e una figlia adolescente.
Una donna che si sente sola e che non ha più niente, e che vorrebbe che il destino della figlia fosse diverso dal suo.
Ma la figlia si vede con un ragazzo straniero – “quei maledetti, ci rubano il lavoro” ( peccato però che a raccogliere i pomodori nei campi gli italiani non ci vogliono andare, per forza poi che ci vanno gli stranieri) e non vuole saperne di provare ad andare in tivù, come invece vorrebbe la madre.
Un libretto di poche pagine, ma con un messaggio estremamente enorme: un piccolo campanello d’allarme, per avvertirci che la vita non è tutta rose e fiori come ci piace pensare, ma che la nostra società è colma di problemi che purtroppo non vengono risolti.
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MIO CARO VECCHIO STEPHEN
Caro, vecchio, Stephen.
Mi hai stregata... quando? Due, tre anni fa.
Mi tenevi compagnia nelle sere piovose,
quelle sere solitarie e melanconiche.
Ti ricordi?
Quante ne abbiamo passate insieme.
Mi tenevi la mano, accompagnandomi con il tuo stile inconfondibile ed inimitabile; e con le tue storie che vanno molto al di là di semplici storie del terrore.
Mi hai sempre dato questa sensazione: la sensazione che tu riuscissi a solcare la psiche umana, alienandone le sue parti più oscure, per poi trarne le tue inimmaginabili storie.
Ti trovo favoloso.
Anche se, devo ammettere, ho letto tue raccolte migliori rispetto ad "A volte ritornano"; non escludo di certo che questa non sia degna di te, il Re del Brivido.
Racconti di vampiri, di macchine assetate di sangue, di topi giganti, di sette terribili, di mostri e fantasmi.
A volte ritornano.
E' vero, mio buon vecchio Stephen.
A volte, quando siamo soli con noi stessi - in quelle serate piovose e malinconiche - nel buio della nostra memoria, i nostri fantasmi tornano a galla.
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AMORE E STORIA
Anche se questo non è esattamente il mio genere – d’amore, intendo – non posso negare che questo sia un buon libro.
Di fatto è un ottimo libro.
Lo stile è semplice e per questo scorrevole; le parole sono leggere e volano nella testa come farfalle.
Leggere questo libro è come uscire un po’ in montagna, respirare un poco di aria sana ed essere travolti da una dolce folata di vento.
Siamo negli anni seguenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Italia.
Rischia di scoppiare una guerra civile tra ex fascisti, ex partigiani / comunisti.
Un clima teso come le corde di un violino stonato.
E’ in questo clima che Mara, sedicenne, si innamora del giovane Arturo, diciottenne, soprannominato Bube il Vendicatore: Arturo è un ex partigiano, che è perennemente immischiato in risse con i filofascisti.
E’ proprio a causa della politica che Bube dovrà scappare in Francia, e lasciare la sua giovane fidanzata da sola.
Su questo sfondo si intreccia la loro storia d’amore: un libro da sfogliare ed apprezzare per gli appassionati del genere.
Non male lo stile, precisa la descrizione dei personaggi; dipinti talmente bene da pensare siano realmente esistiti.
Buona lettura.
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IL GRANDE SHOW
Ecco qua un Baricco del tutto diverso:
è un Baricco critico, attento al mondo che lo circonda, che scruta con occhio vigile tutto ciò che accade attorno a sé.
Barnum è di fatto una raccolta di articoli che Baricco scrisse per un giornale, in una rubrica chiamata per l’appunto Barnum, nel 1993.
Baricco afferma che il nostro mondo è un grande circo, e proprio per questo vuole imprimere sulla carta gli spettacoli che più lo hanno colpito: eventi, persone, libri;
descritti dall’autore in maniera non poco appassionante, critica, pungente.
Nonostante siano articoli, il romanticismo baricchiano non viene meno; le sue parole slittano sul foglio e trapassano come frecce.
Un modo per conoscere meglio questo fantastico autore, per saperne di più del suo punto di vista.
Consigliato a chi lo ama.
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Non so
Ci siamo.
Un altro Baricco.
Un altro OTTIMO Baricco.
Potete pensare che questo libro sia un'aspra critica alla religione cattolica.
Inizialmente, potrete pensarlo.
Ci sono quattro giovani ragazzi, che hanno da poco compiuto diciotto anni.
Sono ragazzi che qualcuno definirebbe "tutto casa e chiesa".
Ma poi, ecco che la situazione dei quattro ragazzi precipita a causa di Andre: Andre è una bellissima ragazza, che strega tutti col suo fascino, e pare che tutti gli uomini pendano dalle sue labbra.
E' forse a causa sua che questi quattro amici imboccheranno la "cattiva strada"?
Baricco lascia una risposta implicita, difficile.
E' un libro complicato.
Scivolando silenziosa sulle parole di Baricco, lasciandomi cullare dal suo stile e dalla sua melodia armoniosa, ho capito che questo romanzo non è come mi era sembrato all'apparenza:
non una critica, né sociale né religiosa: semplicemente: la vita. La Vita, con la V maiuscola:
perché è una delle cose che a Baricco riesce meglio: capire la vita, sapere trasmetterla agli altri.
E chi riesce a cogliere il suo messaggio è fortunato.
Baricco è, a mio parere, uno dei pochi che ben capisce l'animo umano.
Per non parlare poi dello stile: quello mi lascia di stucco tutte le volte.
E' uno stile che, non so, mi riempie.
Disseta la mia sete.
Non so.
Come dice sempre Baricco: Non So.
Nessuno sa.
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Baricco, mon amour.
VORTICE DI DESIDERI
Povertà.
Amore.
Scalata sociale.
Truffa.
Ricchezza.
Odio.
Poche parole per dirvi di quale tema tratta questo libro.
Cosa siamo disposti a fare pur di appagare i nostri desideri? E’ una domanda terribile che Irene si pone, e alla quale risponde con questo triste romanzo.
Il suo stile è un poco lento, ma vi cattura ugualmente: le parole vi rimbalzano in testa e vi danzano intorno come un diabolico vortice; la storia vi trascina in un degrado spirituale che fa star male, e dal quale non sapete uscire.
I personaggi sono dipinti in modo netto e chiaro: le persone sembrano suddivise in tre uniche categorie: coloro che non si fanno scrupoli per ottenere potere, coloro ai quali del potere non interessa e coloro che invece stanno in mezzo a questi due fuochi.
Non l’ho votato pienamente perché non mi ha del tutto stregata; è comunque un ottimo libro da leggere non per rilassarsi ma da leggere per riflettere.
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Dada è libertà
Appena ho iniziato a leggere questo libro, mi è subito venuta in mente un'avanguardia artistica: i Dadaisti.
Avete presente?
La gioconda con i baffi di Duchamp, per intenderci.
Un'avanguardia che mi piace da morire, nata negli anni della Prima Guerra Mondiale grazie a un gruppo di artisti che rifiuta non solo la guerra, ma anche la società in cui vivono. Sono artisti che vogliono ribellarsi a tutto, compresi i valori allora divulgati - patria, onore...-
Ebbene: I Ribelli di Màrai sono molto simili ai Dadaisti.
Siamo nel 1917.
I Ribelli sono un gruppo di ragazzi appena usciti dall'esame di maturità (eh eh, come li capisco:p) che decidono di formare una banda che vada contro a tutto ciò che li circonda.
Questi ragazzi si creano un mondo diverso dal mondo degli adulti, perché sono proprio gli adulti ad essere i nemici: questi ragazzi devono combatterli, perché non vogliono diventare come loro.
Ma le azioni della banda sfoceranno in vandalismo: di fatto inizieranno a rubare, e ad indebitarsi.
Ed ecco che entra in gioco l'attore: un adulto, con l'animo ancora bambino, che ha un'influenza del tutto particolare sulla banda.
Tutto viene poi catapultato in un finale tragico, ma giusto.
Il finale giusto.
Ecco cosa sa sempre trovare Màrai.
Il suo stile ridondante qua si fa sentire poco: è uno stile molto più leggero e scorrevole.
Màrai tratta il drammatico tema della guerra dal punto di vista di ragazzi che non vogliono giustamente accoglierla.
Un ottimo libro, un piccolo capolavoro, da leggere in pochissimo tempo - vi assorbirà del tutto.
Buona lettura.
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Un calice amaro
Quanto, quanto, quanto....
Quanto possiamo essere soli ed egoisti? Quanto la nostra infanzia influisce sulla nostra vita adulta? Quanto Freud aveva ragione?
Questo libro è un calice amaro: il vino della solitudine.
E' un vino che nessuno di noi vorrebbe bere, immagino.
Premetto: è la prima volta che leggo Irène Némirovsky.
Il suo stile è meraviglioso: è come se le parole vi stringessero in un abbraccio disperato, voluttuoso, confuso.
Questo libro ha bisogno di essere amato, custodito.
Hélène vive in una famiglia dove il padre è un accanito giocatore d'azzardo e la madre, Bella, la odia a morte, forse perché vorrebbe essere perennemente giovane.
Hélène riesce a rifugiarsi solo nell'amore di Mademoiselle Rose, la domestica che si prende cura di lei.
Nel frattempo, la madre di Hélène si trova un amante molto giovane, e non un amante qualsiasi: si tratta di Max, il nipote di Bella.
Come se non bastasse la situazione familiare tragica, anche la guerra arriva a minacciare la famiglia russa.
Hélène, per tutte le pagine del romanzo, cercherà di staccarsi dalla madre e dalla propria famiglia; dal rancore, dall'odio e dall'egoismo che l'hanno circondata fin dalla nascita.
Perché oramai Hélène sta diventando adulta. Ha ventun anni. Deve decidere cosa farne della propria esistenza.
E' un libro che vi trasporterà in un ambiente malsano, marcio; ma che riesce a catturarvi dalla prima all'ultima pagina.
Bevete questo calice. Sì, è un pò amaro. Ma non vi nuocerà, anzi, forse vi arricchirà.
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DANZARE CON LE PAROLE
Questo libro è un assoluto capolavoro: sia dal punto di vista stilistico, linguistico che dal punto di vista della trama.
Siamo a Quinnipack.
Il signor Rail è sposato con la bellissima Jun. Ma la cosa più meravigliosa di Jun sono le labbra: labbra che fanno sognare qualsiasi uomo.
E il signor Rail viaggia in continuazione senza svelare mai la propria meta: Jun lo aspetta, sempre. Perché si amano, in un modo bello. Bellissimo.
Pekisch è un compositore che crea l'umanofono: un organo in cui i tasti sono delle persone.
Pehnt è un ragazzino che indossa la giacca del padre, in attesa di riempirla tutta con il suo corpo per poter partire all'inseguimento del proprio destino.
Hector Horeau è un architetto che sogna edifici di vetro. Sarà proprio Hector a costruire il Crystal Palace.
Baricco, che romanticone che sei.... mi fai sognare ogni volta...
Baricco fa in modo che vi appropriate delle storie, dei personaggi; voi possedete le parole che egli scrive; le stringete, le baciate.
E' un tango continuo con un libro.
Meraviglioso, quasi come Oceano Mare (per me il N1 sulla mia lista "baricchiana").
Assolutamente da leggere, se vi piace ballare.
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Crudeltà e amore
Secondo voi, quante pazzie si possono commettere per amore?
Tante. Lo vediamo ogni giorno, intorno a noi; e magari, probabilmente noi stessi ne abbiamo compiute qualcuna.
L'amore fa girare la testa, molto velocemente. L'amore è cieco, dicono.
E un uomo, deluso in amore, cos'è capace di fare?
L'uomo che ci descrive la Nothomb, deluso da una relazione finita male, decide di non provare più niente.
Decide di dedicarsi alla frigidità: non c'è nulla di più disumano: il tedio assoluto. Il tedio realizzato.
E' un uomo che pensa di non aver via di uscita.
Ma poi, ecco che la via di uscita dalla frigidità appare: un nuovo lavoro.
Un lavoro emozionante, che fa salire l'adrenalina a mille; un lavoro orgasmico: il sicario.
Il killer.
E un uomo deluso per amore, secondo la Nothomb, è capace di diventare un killer assolutamente spietato.
Un uomo che quindi uccide a sangue freddo, finché non ottiene un incarico che risulterà fatale per il suo lavoro: uccidere un ministro, con tutta la sua famiglia; che comprende oltre alla moglie due bambini e una ragazza di diciott'anni.
E mettiamo che la ragazza di diciott'anni tenga un diario.
E mettiamo che il killer decida, dopo averla uccisa, di leggerlo.
E mettiamo anche che si innamori della ragazza che egli stesso ha ucciso, grazie alle pagine del suo diario: unica cosa che ancora la tiene legata a questa vita.
La penna della Nothomb è una penna spietata e crudele; è come una lama tagliente.
Immergersi nei suoi libri è un rischio. Buona lettura.
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I vostri occhi sono i nostri assassini
Mi hanno detto: Amélie Nothomb, o la ami o la odi.
Io confermo: è vero.
Era già da qualche tempo che avevo visto questo libro, e le recensioni positive mi hanno dato la spinta per leggerlo.
E' un libro pericoloso.
Pensate: siamo in un luogo e in un tempo non ben definiti, e in televisione trasmettono un reality chiamato "Concentramento".
In questo reality viene ricreata la situazione dei veri campi di concentramento nazisti: i prigionieri sono stati rastrellati a caso, strappati alle loro vite, buttati su un treno merci come animali e deportati in questo campo; dove ci sono i kapò: persone scelte accuratamente dagli organizzatori del reality per interpretare il ruolo dei carnefici.
Sono i kapò che decidono chi deve essere mandato a morte - le persone vengono veramente uccise - e sono i kapò i più disprezzati dal pubblico, il quale ovviamente non stacca mai lo sguardo dalla televisione, né pensa minimamente alla possibilità di cambiare canale.
E' agghiacciante: tra il pubblico, gli organizzatori, i kapò nessuno pensa che questo reality sia una cosa disumana e crudele.
E' normale.
E' quello che la gente vuole vedere.
Pannonique è una bellissima ragazza, descritta dalla Nothomb in una maniera inimitabile, che è stata rastrellata e deportata in "Concentramento".
Sarà Pannonique, ovvero CKZ114, a risollevare l'animo dei suoi compagni, grazie non solo alla sua bellezza ma anche alla sua intelligenza e alla sua forza interiore.
Zdena è una ragazza della stessa età di Pannonique. Vent'anni. Decide di presentarsi alle selezioni per diventare kapò, per far vedere ai suoi genitori ed amici che riesce a fare qualcosa nella vita, a realizzarsi.
Diventerà la più spietata e odiata kapò, che prenderà di mira Pannonique.
Per poi mantenere elevato l'audience, gli organizzatori decidono che sarà il pubblico a scegliere chi condannare a morte.
E' un libro crudele.
Tra amori, odio, vite strappate, bambini mandati a morire, un'umanità che è talmente disumana che non è più umanità, vi assicuro che vi arrabbierete tantissimo.
La Nothomb usa uno stile che ho apprezzato molto: non pesante ma scorrevole, in modo tale da non far passare per noiosa la storia; dipinge i personaggi in maniera quasi soave ed usa vocaboli che adoro.
E' un libro che ha ritmo; ha un cuore e un'anima, al di là del "mi piace- non mi piace".
Penso che la Nothomb abbia voluto farci riflettere su quanto possiamo diventare disumani e crudeli; di fatto mi ha ricordato le teorie di Hannah Arendt: il male è dentro di noi, ed è talmente banale che chiunque può compierlo.
Da leggere, se non avete paura di esplorare la "zona grigia".
Buona lettura!
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“La memoria è calce sui marciapiedi di sangue”
Se vi sentite pronti per rimanere sconcertati, disgustati, delusi, tristi, allora potete buttarvi nella lettura di questo libro, e adesso vi spiego perché.
Il libro si apre su un vasto background storico: la Mazzantini parte dalla conquista italiana della Libia, nel 1911; e parla di un argomento poco conosciuto: i primi campi di concentramento creati dagli italiani in Libia.
Si passa al Fascismo, e alle emigrazioni italiane di massa verso Tripoli, nel 1938.
Si arriva poi al colpo di stato di Geddhafi e, quindi, alla cacciata degli italiani da Tripoli.
Infine, la ribellione: la Primavera Araba, con tutti i profughi che si sono lanciati verso l’Italia, e la conclusione che conosciamo: la morte del dittatore.
Su questi fatti storici sbocciano le due storie parallele narrate in questo libro: da una parte la storia di Jamila e di Farid, madre e figlio; che durante la Primavera Araba decidono di imbarcarsi per l’Italia e devono affrontare un deserto diverso da quello che conoscevano: il mare, un deserto quindi non più di sabbia ma di acqua, che può essere fatale.
Dall’altra parte invece la storia di Angelina e del figlio Vito.
I genitori di Angelina erano emigrati in Libia nel ’38, e lei si sentì araba fino all’età di undici anni, quando fu costretta, con la famiglia, a tornare in Italia.
È di Tripoli che Angelina avrà nostalgia per tutta la vita; per questo tenta di insegnare a Vito di trovare un luogo che gli possa appartenere per sempre.
Due madri, quindi, e due figli; distanti ma al contempo uniti nel tempo dalla Libia e dall’immigrazione.
Un mondo di guerra; terribile, squallido. Un mondo in cui i poveri sono poveri e basta, nessun riscatto; nessuna fortuna.
Le storie fanno venire i brividi, il libro è emozionante e al contempo crudele.
Inizialmente, lo stile della Mazzantini mi ha ricordato Baricco; poi però ho capito che lo stile è diverso: la Mazzantini plasma il suo su un linguaggio diretto, con frasi brevi e metafore e similitudini meravigliose.
Ne risulta un piccolo capolavoro, sia dal punto di vista storico, che narrativo ed emotivo.
Non mi aspettavo tutto questo. Sono rimasta con un nodo in gola alla fine della lettura; un nodo amaro che però è giusto sentire: non è altro che disgusto, verso la guerra, verso l’umanita assetata di potere e di sangue.
Alla fine del libro è inevitabile porsi una pungente e martellante domanda: ma cosa insegna la storia…?
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La vita, che strano mare.
Volando sulle parole di De Luca arrivate a Napoli.
Siete a Napoli, pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Siete un ragazzo che è vissuto senza genitori, e che si sente figlio della città.
Amate la scuola: infatti leggete e studiate tantissimo.
E, come tutti i ragazzi, avete un amore: Anna, una bambina che mentre giocate a pallone nel cortile, vi osserva dalla finestra.
Ma un giorno Anna scompare e di lei altro non vi è rimasto che un ricordo.
Nel frattempo, lavorate nella portineria del palazzo dove viveva Anna, assieme a don Gaetano, un uomo che si prende cura di voi e che vi insegna a vivere; raccontandovi soprattutto dei fatti avvenuti durante la liberazione della città; quando a Napoli arrivarono gli alleati, di fatto la città era già libera grazie alla popolazione che aveva attuato una rivolta.
E voi ascoltate, annuite, comprendete.
E non potete far altro che innamorarvi di Napoli e dei suoi nascondigli di tufo.
Un giorno, però, quando ormai siete quasi uomini – state per compiere diciotto anni! – Anna ritorna, e con lei tutti i sogni dell’infanzia…
E vi chiedete: quando arriva la felicità? Ce ne accorgiamo? Esiste un “giorno prima”?
Lo stile di De Luca rende la storia scorrevole, piacevole, leggera; commovente in alcuni punti e in altri più divertente: infatti spesso vi si dipingerà un sorriso sul volto.
Improvvisamente però tutto viene stravolto e catapultato in un finale tragico, ma comunque speranzoso.
E arrivati al finale, voi continuerete a viaggiare con la mente.
Da leggere se amate De Luca; anche se ho preferito “I pesci non chiudono gli occhi”. Buona lettura!
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La vita, così com’è.
Quanto può essere abissale la vita di ognuno di noi… quanto essa può essere lunga o breve; quanto è profonda l’esistenza di una persona… quanto è immensa, e piena di ricordi, desideri, paure; e quanto siamo veramente soli…
Sono tutte frasi vaghe, sfumati interrogativi che vengono alla mente leggendo Questa Storia. Perché Questa Storia è la storia di ognuno di noi.
Ultimo è poco più di un bambino quando vede le prime macchine circolare sulle strade. La strada… sarà lo scopo di vita di Ultimo. Costruire una strada. Costruire una vita.
Ultimo è poco più di un uomo – un ragazzo costretto a diventarlo – quando va in guerra. La disfatta di Caporetto. La guerra lo segnerà per sempre.
Ultimo è poco più di un uomo invecchiato quando incontra Elizaveta. Elizaveta… un nome che sembra pieno di mistero, di sensualità, di amore…
Elizaveta. Ultimo. La morte.
Ho provato un irresistibile desiderio mentre leggevo questo libro. Un desiderio, una voglia immensa… di cosa?
Di vivere.
Di vivere e di chiedermi – chi sei? Cosa vuoi veramente?
Dio, che abisso, affacciarsi alla vita.
Grazie, Baricco.
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Romantica fantasia
Immaginate. Potete farlo, vero?
Immaginate tutte le cose più belle della vita: l’amicizia, l’amore, il sole, il mare, le vostre passioni, i vostri sogni.
Pensate: avete mai provato il sentimento del sublime? Il puro sublime kantiano: qualcosa che vi attrae ma al contempo vi fa paura.
Lo avete mai provato osservando dentro voi stessi?
L’infinito mondo interiore dell’uomo, i suoi infiniti sogni, le sue infinite passioni. Non vi hanno mai fatto paura?
Ecco, tutto questo è Baricco.
Egli vi fa provare tutte le cose belle e al contempo terribili della vita.
Se vi fate trasportare dalle sue parole e dal suo stile, vi sembrerà di volare su un tappeto magico: e se provate a sporgere un poco la testa, vedrete gli sterminati spazi della vita.
Baricco non scrive romanzi. La sua è pura poesia e filosofia di vita.
Pensate: un uomo che non è mai sceso da una barca. Un uomo che suona il piano come mai nessuno aveva fatto. Un uomo che non ha mai messo piede sulla terra ferma…
Una storia romantica, intrigante, dolce.
Baricco non sta finendo mai di sorprendermi, e di portarmi in un luogo lontano e meraviglioso.
Leggetelo assolutamente, e non finirete mai di godere della sua scrittura; penserete anzi che i suoi libri durano troppo poco.
Ringrazio di cuore coloro che me l’hanno fatto scoprire.
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Solitudine e silenzio
Trovo veramente difficile recensire questo libro.
Mi sono chiesta il perché un paio di volte, e alla fine ho trovato la risposta: perché non sono un genitore.
Isabella, con uno stile scorrevole e incisivo, ci schiaffa in faccia la realtà ed è uno schiaffo che fa male: ci descrive storie vere, di bambini, ragazzi con una difficile situazione familiare e con gravi disagi psicologici.
Isabella sottolinea soprattutto il tema dell’incomunicabilità: tema molto caro nel Novecento, e a quanto pare, non solo.
I ragazzi che Isabella descrive sono ragazzi che non riescono ad esprimersi né ad aprirsi. Sono ragazzi che non riescono ad affrontare i propri genitori e che non riescono a risolvere i propri problemi.
Sono ragazzi che tutti noi conosciamo, perché, bene o male, ognuno ha i propri problemi: chi più gravi, chi meno; chi riesce a superarli, chi invece non ce la fa da solo.
La solitudine è un’altra tematica che Isabella ci fa toccare con mano; con la sua guida, ci immergeremo in essa e vedremo, in fondo a quel nero abisso, la più profonda desolazione dell’animo.
Perché non solo questi ragazzi, i ragazzi di oggi, non riescono a comunicare; ma si sentono anche soli, abbandonati.
E si sentono abbandonati soprattutto dai genitori.
Isabella infatti descrive, nella maggior parte di questi racconti, genitori egoisti che non riescono a vedere le necessità dei propri figli perché guardano solamente alle proprie.
Un libro toccante, che sicuramente può aiutarci a guardare più profondamente chi ci circonda e che può aiutare i genitori a scavare meglio dentro i propri figli.
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Pura filosofia di vita.
Non so da dove cominciare. Non so come sia possibile recensire questo libro.
Non ci sono parole per descrivere quanto sia stato coinvolgente ed emozionante leggerlo: lo stile di Baricco è inimitabile; è come se cambiasse stile quasi ogni pagina: non ho mai letto niente del genere.
Meraviglioso.
Baricco vi fa entrare in un mare di parole e di sogni, e sarà poi duro uscirne: non vorrete più separarvi da questo libro, e dai suoi personaggi buffi e particolarissimi.
Scoprirete le storie degli strani bambini che gestiscono la locanda Almayer; le storie di Bertleboom, un professore che studia i limiti della natura; le storie di Plasson, un pittore che vuole dipingere il mare; di Ewelin, una giovane ragazza malata di paura e del prete che la accompagna; la storia di Ann Deveria e dek suo amante.
Scoprirete la storia del naufragio della Alliance, fregata francese; dove 147 uomini vennero abbandonati su una zattera e lasciati alle intemperie del mare, e di Thomas, un sopravvissuto: è lo stesso naufragio di cui Gericault farà un dipinto romantico, “La zattera della Medusa”.
Baricco vi prende dolcemente per mano e vi fa camminare su parole leggere, con un ritmo di ampio respiro dove si alternano momenti esilaranti a momenti molto tristi.
È come leggere un’armoniosa poesia, è come ascoltare una melodia deliziosa; è come sedersi su uno scoglio in spiaggia e osservare l’immenso mare, l’immenso oceano mare; osservare la vastità dell’infinito e sentire di fronte ad esso la nostra infinita piccolezza.
Vi rimarrà nel cuore.
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Persa tra inchiostro e parole
Ecco, ci siamo. Finalmente ci siamo.
Sapete quando un libro vi fa rabbrividire? Avete provato anche voi una sensazione del genere, immagino: rabbrividire di piacere.
Ebbene: Baricco mi ha fatta rabbrividire.
Lo ha fatto con il suo stile, con il suo linguaggio, con i suoi personaggi che sembrano dipinti da Caspar David Friedrich, in un posto che è “alla fine del mondo”.
Alla fine del mondo, come il Giappone, per il trentenne Hervé che vende bachi da seta, e deve andare in questa terra lontana per prenderne le uova, perché solo in Giappone queste ultime non sono state infettate da una malattia. E in Giappone egli scopre un mondo diverso, si scopre un uomo diverso.
Le parole scivolano via come neve, e scorrono sulla pelle come l’acqua quando si è sotto la doccia. Dalla prima all’ultima pagina ho amato questo capolavoro; le pagine mi hanno risucchiata e rinchiusa tra il loro inchiostro facendomi sognare, immaginare e sperare per qualche tempo (troppo breve) di essere in un altro luogo, in un altro tempo, in un’altra vita.
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NON leggetelo.
Io adoro i libri thriller, sul serio.
E' il genere che mi ha affascinata fin da quando sono piccola.
E questo libro sembra proprio un libro per bambini: frasi corte, essenzialmente dialoghi, zero (e dico zero) descrizioni.
Io credo che un libro debba avere tanti dialoghi quante descrizioni, perché l'eccesso sia dell'uno che dell'altro non va mai bene; solo se uno scrittore sa scrivere bene (ma sottolineo bene) può permettersi più dialoghi che descrizioni.
Inoltre i personaggi non sono affatto ben delineati, ed è impossibile affezionarsi ad essi oppure provare quello che provano loro.
Oltre al pessimo stile, la storia è poco coinvolgente e non nuova; inoltre l'autore sembra basarsi un pò troppo su "Il nome della rosa" che cita in continuazione e con il quale invece non ha nulla a che fare.
Non mi piace fare cattive recensioni ma, credetemi, se vi piacciono i thriller, non leggetelo : la storia non affascina e lo stile fa desiderare. Peggio di così...
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Ingredienti: leggerezza, gabbiani, onde, amore...
Ammetto che non mi sono innamorata di questo libro.
È un libro capriccioso.
Improvvisamente vieni catapultato in Cile, in una casa sull’oceano, dove vive il famoso poeta Neruda.
Mario è un giovane ragazzo che, pur di non pescare con il padre, accetta di diventare il postino personale del poeta: non deve recapitare lettere ad alcun altro, ma solo a lui.
I primi incontri con il poeta sono imbarazzanti: egli si limita a prendere la propria posta e poi sbatte la porta in faccia al ragazzo.
Ma poi un giorno il ragazzo trova coraggio e inizia a parlare al poeta: ha incontrato una ragazza bellissima, Beatriz, e vuole conquistarla a tutti i costi.
Da quel momento si istaura un rapporto di amicizia tra i due, fondato su metafore delle volte esilaranti.
Mario riuscirà a conquistare Beatriz grazie al famoso poeta?
Ed ecco che qui la situazione si blocca.
Inizialmente le pagine scorrono leggere, ma poi il libro diventa meno entusiasmante e coinvolgente.
Forse non mi è piaciuto solo perché non è il mio genere; l’ho trovato troppo allegro e leggero.
Ammetto però che lo stile dello scrittore non è male: trasporta con facilità.
Insomma, ve lo consiglio per un leggero pomeriggio d’estate, magari accompagnato da un buon gelato, sotto l’ombrellone.
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- sì
- no
Una nera tempesta
È buio. Fuori c’è un temporale e la corrente è andata via. Voi siete in salotto, davanti alla portafinestra, con un libro in mano e maledite il brutto tempo perché non vi permette di leggere (magari eravate proprio nel momento più saliente, eh). Poi, all’improvviso, un lampo illumina tutto e, in quel millesimo di secondo, voi vedete quel che mai vorreste vedere: una creatura terribile, mostruosa. E sapete cos’è quella creatura, che pare venire dall’oltretomba?
È la Natura Umana.
Ecco, così mi sento quando leggo i racconti di Stephen King.
Mi sento come nel bel mezzo di una burrasca, con le onde che mi travolgono e la corrente che mi trasporta lontano, dove io non voglio andare.
I suoi racconti sono dei viaggi, dei viaggi terribili che mostrano tutto quello che l’uomo è capace di fare e, ne sono convinta, l’uomo è capace di fare cose orrende.
Il Re del Brivido non si è per nulla arrugginito: questa è la raccolta di quattro racconti, e sono racconti che fanno ben riflettere su quanto l’uomo possa essere egoista.
1922: un contadino decide di uccidere la moglie, perché non voleva vendere ottanta ettari di terra avuti in eredità dal suocero. La uccide, senza pietà, pensando di poter risolvere i suoi problemi ma da quel momento tutto cade in un oblio senza fondo…
Maxicamionista: un uomo stupra una scrittrice, e questa, dopo aver riflettuto a lungo, decide di vendicarsi…
La grande distensione: un uomo è malato di cancro. Un pomeriggio, incontra un venditore ambulante di nome Evild, che gli offre altri quindici anni di vita…
Un bel matrimonio: Darcy è sposata da venticinque anni. Ma, dopo tutto questo tempo, scopre di non conoscere affatto l’uomo con cui ha condiviso la maggior parte della sua vita: suo marito ha un orribile scheletro nell’armadio…
Personalmente, ho preferito gli ultimi due racconti. Il secondo mi ha lasciata un po’ insoddisfatta, ma gli altri hanno compensato questa insoddisfazione.
Vi consiglio, a voi amanti del brivido, di tuffarvi senza esitazione in questo mare di ombre e paura che è l’uomo.
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Immaginate, e rabbrividite.
Personalmente, ammetto di preferire i racconti di King anziché i romanzi, anche se non so bene quale sia la causa di ciò.
In ogni caso, lo stile di King è inconfondibile: le parole scorrono davanti ai vostri occhi come un sorso d’acqua ghiacciata in un giornata afosa; non sarete voi a “divorare” il libro, ma sarà il libro a “divorare” voi.
Sì perché, almeno per quanto mi riguarda, tutte le storie di King hanno un impatto emotivo fortissimo.
La cosa che mi fa rabbrividire più di tutte le altre, è come King riesca a descrivere qualsiasi situazione in ogni minimo particolare, senza tralasciare nulla. Perché è proprio questo il suo scopo: non tralasciare nulla, essere diretto, non giudicare, raccontare e basta.
Immaginate di essere incatenate a un letto perché vostro marito voleva fare un gioco erotico, ma poi è morto d’infarto.
Immaginate di essere in una casa isolata, su un lago, dove nessuno può sentirvi. Immaginate che un cane divori mostro marito, e che, di notte, qualcuno – o qualcosa – vi osservi da un angolo buio della stanza.
Immaginate. Potete farlo? Ci riuscite?
King sì, come al solito, ci riesce e non lascia scampo a niente e nessuno.
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Zàfon, Zàfon, Zàfon
Mio caro Zàfon, cosa devo fare con te?
Non posso farci niente: anche se trovo le tue storie un pò troppo simili tra loro, non posso fare a meno di apprezzarle e amarle.
Il tuo primo libro che lessi fu "L'ombra del vento": mi fece innamorare, piangere, star male. Da allora lessi tutti i tuoi libri, e cominciai ad essere pervasa dalla sensazione che le storie seguissero tutte un ugual filone: u protagonista che si ritrova imprigionato in un problema e per uscirne è costretto a scavare nel passato di un qualche misterioso personaggio.
Non è così, mio caro Zàfon?
Eppure, adoro le tue storie perché ogni personaggio è sempre diverso dall'altro; perché scrivi benissimo e perché evochi nella mia fantasia mondi fantastici pieni di dolore e amore.
Hai uno stile inimitabile e mi fai nascere un senso di angoscia che solo pochi riescono a fare.
Ottimo lavoro!
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Capita di fare dei buchi nell'acqua
Ho comprato questo libro a un mercatino dell'usato, perché la trama prometteva bene e in più ho letto che si trattava di una storia vera e mi interessava scoprirla, dato che non la conoscevo.
Tuttavia, leggendo questo libro non sembra affatto di leggere una storia accaduta realmente. I personaggi sembrano dipinti da un Magritte, ve lo assicuro. Niente sembra reale, e al protagonista, Aimone Canape, viene assegnato un ruolo troppo importante nella storia che invece, a mio avviso, non ha avuto dato che non l'ho mai sentito nominare prima d'ora.
Il libro, la storia stessa, è un pò troppo... spinto. Non dico che sia del tutto da buttar via: lo stile di Foa non è male, anche se ho letto di meglio.
Non lo consiglio soprattutto perché rischiereste di perdere tempo per una storia che poi potrebbe non appassionarvi affatto; ma ve lo consiglio se proprio non avete altro da leggere.
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- sì
- no
Orrore e Speranza
Siete in un rifugio antiaereo. Siete nascosti sotto terra, in una cantina, con degli sconosciuti; e avete continuamente sopra di voi aerei che bombardano la vostra città, che distruggono le vostre case; per colpa dei nazisti vostro padre è costretto a murarsi vivo per non farsi trovare.
Lottate, ogni giorno, contro la morte anche se vivete in una condizione pietosa; anche se la vita è dolore, quel che conta è sopravvivere, perché oltre alla paura in voi vive anche un altro sentimento che si chiama speranza.
Sì, avete paura, ma non vi siete mai sentiti tanto vicini alla vita come adesso. Sperate, sperate continuamente; sperate in una liberazione sempre più vicina, sperate che la vita possa farsi un poco più dignitosa di quella che state vivendo.
La vostra unica compagnia in quella cantina sono un paralitico, una donna fuggita da un campo di concentramento e i vostri pensieri.
E pensate…
Pensate all’uomo, alla vita, alla libertà.
Pensate alla guerra. Perché l’uomo non può vivere senza la guerra?
E pensate anche ai vostri liberatori sempre più prossimi. I Russi, è così che li chiamano tutti. I Russi.
Ma… esistono poteri buoni? No, De André direbbe che siamo degli stupidi se lo crediamo sul serio.
L’uomo è cattivo. I Russi arrivano, ma se una ragazza si trova sola in uno scantinato buio, immaginate cosa possono farle.
E voi uscite da quello scantinato distrutti. Ne uscite distrutti, e provate delle strane sensazioni. Sì, perché adesso che è finita, non sapete cosa fare.
Siete veramente liberi?
Che cos’è la liberta? Qual è il suo prezzo?
Sono domande troppo grandi per avere una risposta…
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FILOSOFIA ALLO STATO PURO, SENZA VOLERLO.
Prima cosa da dire per chi ancora non ha letto questo libro: se vi piace il pesce, sia come animale sia come cibo, non leggetelo.
Seconda cosa: prima di immergervi nella lettura, informatevi sulla pesca se non ne siete esperti, così potrete capire di più.
Questo è il primo libro che leggo di Hemingway: il suo stile mi piace; è semplice, scorrevole, un poco ripetitivo; sembra lo stile di un bambino.
Il vecchio, che può rappresentare l’umanità intera ed è il protagonista di questo racconto, ispira tenerezza e dolcezza.
Il mare: il nulla, l’assoluto; l’amico/nemico dell’uomo.
I concetti che Hemingway vuole esprimere con questo libro sono chiari e diretti. Hemingway disse che non aveva intenzione di farcire il romanzo di simbolismo e di significati nascosti: semplicemente, il vecchio è l’uomo che vuole andare oltre alle proprie possibilità, oltre al limite; l’uomo che vivendo combatte per ottenere ciò che vuole ma che, quasi sempre, esce dalla lotta sconfitto.
Ma pur essendo stato sconfitto il vecchio è sereno e orgoglioso di sé, di quel che ha fatto, dell’impegno impiegato nel farlo.
Penso che questa sia una condizione esistenziale: l’uomo lotta tutta la vita per realizzare i propri sogni ma non è detto che possa riuscirci.
Il messaggio di Hemngway è questo: non abbattiamoci!
L’importante è avere sempre un sogno e cercare di fare quanto ci è possibile, lottando con tutte le nostre forze, per realizzarlo.
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Vittime e carnefici...e la "zona grigia"
Avete qualche domanda che vi ponete sui Lager? Una domanda alla quale nessuno vi ha ancora risposto? Avete dei "perché?" e dei "com'è possibile?" che vi girano nella mente?
Vi assicuro che questo saggio, freddo e spietato, di Primo Levi risponderà a tutte le vostre domande e a tutti i vostri dubbi sul mondo dei Lager. Primo Levi vi illustrerà com'è possibile diventare bestie e com'è facile far perdere all'uomo l'identità.
Adoro Primo Levi per il suo stile aulico e diretto, va sempre dritto al punto e non delude mai il lettore.
Ma soprattutto, la cosa più importante che fa questo saggio è mettervi in guardia... mettervi in guardia, perché come Levi ci spiega, tutti, in ogni momento, possiamo diventare dei carnefici e tutti possiamo diventare delle vittime. Personalmente credo che Levi abbia una visione molto negativa dell'uomo (e posso anche immaginare il perché): ogni uomo è cattivo, ogni uomo ha dentro di sé il seme del male e quel seme può in ogni momento diventare frutto, anche senza che noi lo vogliamo. Visione triste, pessimista; forse non del tutto falsa. Voi... cosa ne pensate?
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Umanità distante
Milano, 1944. I tedeschi sono in città, e la guerra civile è ormai scoppiata in tutta Italia. Enne due è un capo partigiano che organizza le azioni di un nucleo di Resistenza nella città. Vittorini ci racconta questa storia – fortemente autobiografica – con uno stile ridondante e tormentato. Ci parla dei tedeschi che per ogni loro soldato ucciso uccidevano a loro volta dieci civili. Ci parla di Enne due, e del suo grande amore, Berta. Ci parla di Figlio – di – Dio, di Fessone, del Gracco e di moltissimi altri uomini che hanno abbandonato le loro famiglie per combattere in nome della libertà. Uno storia drammatica, con un finale terribile, che Vittorini racconta “senza peli sulla lingua”. Intervenendo sei volte nel romanzo ( gli interventi sono chiari poiché scritti in corsivo), il Vittorini parla direttamente con Enne due ( uno è la coscienza dell’altro e viceversa) e ci fa riflettere sull’uomo, sull’esistenza, su cos’è che ci rende umani e cosa bestie.
Un romanzo sulla Resistenza assolutamente da leggere e da conservare nel profondo del cuore.
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Un massacro
Un libro all’apparenza semplice, uno di quelli che ti fanno leggere alle scuole medie. Un libro che narra in prima persona la vicenda di un soldato tedesco e dei suoi compagni mandati al fronte. Una vicenda sicuramente drammatica, ma l’autore non si limita alla pura descrizione razionale dei fatti: la realtà viene filtrata dal protagonista, e le sue riflessioni vengono chiaramente riportate. Riflessioni sull’uomo, su questa bestia assetata di sangue; riflessioni sulla guerra, sul fatto che quest’ultima non serve a niente se non a disumanizzare i giovani ragazzi arruolati volontari sulla base di pure fandonie. Ragazzi che perdono e buttano al vento la propria giovinezza, che non sanno più vivere, che sanno solamente combattere e uccidere. La trasformazione da uomo a macchina assassina è descritta chiaramente.
Un libro crudo, diretto, senza troppi giri di parole. Un libro semplice e complicato al tempo stesso.
Un libro che fa riflettere su come l’uomo non sappia vivere senza ammazzare un proprio fratello.
È attraverso un libro del genere che l’autore cerca di farci immaginare – anche se per noi, per questa generazione è difficile farlo – la drammatica situazione mondiale del novecento e la drammatica concezione umana di questo secolo.
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Un'infanzia da adulti
Sono scivolata tra le parole di questo libro, sono stata travolta dalle sue pagine, mi sono lasciata ricoprire dalle sue storie. Mi sono lasciata cullare dalle parole e dallo stile dell’autore: mi ha portata al mare ( anche se io non lo adoro tanto, specialmente d’estate), mi ha fatto immergere in acqua, mi ha fatto gustare il sapore del sale e mi ha fatto prendere il sole. Mi ha trasportata in un’infanzia non mia e in una storia che inizialmente credevo non mi appartenesse. Ma man mano che giravo le pagine mi sono accorta che la storia apparteneva a me ed io alla storia; i pensieri, i discorsi e i fatti del protagonista erano i miei. Come succede con ogni libro che mi tocca nel profondo, così è stato con questo: la sensazione non nuova che il libro rubi una parte di me, che il protagonista mi conosca e mi prenda per mano per farmi vivere la sua storia. Con delle riflessioni molto belle e toccanti De Luca ci racconta questa storia di vita, di mare e di amore.
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Il senso dell'amicizia...
Con una storia toccante e commovente Steinbeck ci trasporta in un’ America tormentata e in crisi. Questa è una storia di amicizia e di umanità, la storia di Lennie e George. Una storia meravigliosa che fa riflettere a fondo sul senso della vita. L’autore ci accompagna dalla prima all’ultima pagina con il suo solito stile semplice e mirato, dipingendo il paesaggio con un tocco di magia. Consiglio a tutti questa commovente storia, che con la bellissima traduzione di Pavese ci porta in anni lontani e ci fa capire come l’umanità fatichi a cambiare e a crescere.
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Struggente e meraviglioso
Devo dire la verità: questo libro non mi è piaciuto fin da subito. Non mi è piaciuto da subito, perché trovavo veramente antipatico il comportamento del protagonista!
Dopo il secondo capitolo però sono riuscita ad entrare nella sua ottica e ho capito...ho capito come si sentiva... cosa provava...
Adoro leggere un libro e provare ciò che provano i personaggi: mi fa sentire parte del libro, è come se lo scrittore rubasse ogni volta una parte di me.
Un libro travolgente, che ci fa capire molte cose e ci illumina su molti aspetti della vita.
Un libro che merita.
Che fa rimanere con il fiato sospeso.
Che ci fa sognare.
Che ci fa credere di essere anche noi lassù...lassù nel cielo a volare tra gli aquiloni.
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Rapita di nuovo...!
Lo ammetto: anche questa volta Màrai mi ha totalmente coinvolta nella sua storia, nelle sue pagine, nelle sue parole.
Come l’ultima - e anche la prima- volta mi ha trasportata in un mondo quasi magico, in cui io soffrivo con il protagonista: un musicista che, a causa di una strana malattia, non può più suonare il pianoforte, la "belva nera", per una paralisi a due dita della mano destra.
La storia inizia con il racconto di uno scrittore che ha conosciuto il musicista; e dopo la morte di quest'ultimo decide di pubblicare il manoscritto in cui il musicista narra della propria malattia.
Vi assicuro che le due dita della mano destra – anulare e mignolo – si sono paralizzate anche a me!!
Màrai è geniale. Usa un ottimo linguaggio, ha un ottimo stile e le sue storie sono commoventi, anche se fin’ora ne ho lette solo due.
Ancora non lo affermo… ancora non affermo di aver trovato un nuovo amore. Per poter affermarlo con certezza devo leggere almeno tre libri dello stesso autore.
Però credetemi se vi dico che ho la sensazione che Màrai mi conosca… che mi conosca profondamente: questo ho percepito scorrendo ogni sua pagina.
Consiglio a tutti di abbandonarsi a questa fantastica storia nella storia.
Buona lettura!
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Mi ha rapita...
Questo è un libro adatto per una serata di pioggia.
Un libro da leggere davanti a un camino, mentre ascoltate il rumore della pioggia che lava ogni cosa.
Ho trovato questo libro estremamente affascinante.
Màrai mi ha totalmente rapita e trasportata in un altro mondo, in un luogo lontano.
Non ho letto un libro, ho guardato un film: io ero lì, ero con i personaggi; mi muovevo tra di loro, vedevo la loro vita scorrere davanti ai miei occhi; provavo ciò che loro provavano e ripetevo ciò che loro dicevano.
Ogni parola di Màrai mi ha stregata: era magica.
Ammetto che lo stile è un poco ridondante; nonostante questo mi ha intrigata in maniera completa.
Era da tanto che un libro non mi trasportava in questo modo... è la prima volta che leggo un Màrai, e forse è presto per dire che ho trovato un nuovo amore...ma sicuramente ne leggerò ancora!
" ...Un'anima può soccornene un'altra solo se non è diversa da questa, se la sua concezione del mondo è la stessa, se tra loro esiste una parentela spirituale".
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Perplessità
Ho letto questo libro in una mattinata, mentre viaggiavo in treno(mi ha fatto quasi perdere una coincidenza). è un libro perfetto da leggere mentre si viaggia: si tratta di racconti molto veloci, e devo ammettere che mi hanno subito intrigata anche se lo stile non mi è piaciuto granché.
Non esiste saggezza... titolo difficile, pretenzioso.
O almeno, dopo aver letto un titolo simile, personalmente mi aspettavo molto da questo libro; forse qualcosa in più di quanto mi ha lasciato (anche se di norma non mi lascio attirare solo dal titolo).
Questi racconti mi hanno lasciato: angoscia, senso di ansia, stupore, curiosità.
Mi hanno lasciata... perplessa, sì, forse perplessa è la parola esatta.
E sì, mi aspettavo un poco di più, ma quando un libro mi lascia perplessa vuol dire che ha fatto centro(o quasi).
Insomma, consiglio la lettura di questo Carofiglio a tutti coloro che hanno voglia di leggere qualcosa di strano!!!
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Un ottimo stile
Devo ammettere di aver impiegato un pò di tempo per leggere questo libro. All'inizio mi aveva intrigata; dopo il primo capitolo mi era invece diventato pesante. Quando poi ho finito di leggerlo devo ammettere di averlo rivalutato tanto.
Romain Gary scrive con uno stile molto ironico e scorrevole; stile che apprezzo molto anche perché mi trovo concorde con molti pensieri dell'autore.
La storia non mi aveva granché presa: narra del rapporto tra l'autore e la madre; un rapporto che plasma e influisce su tutta la vita di Gary. Quando poi l'ho finito di leggere mi sono detta "questa storia è molto dolce",e in effetti è proprio così.
Mi ha colpita la ciclicità del romanzo: infatti inizia dicendo "è finita." e finisce ammettendo... ops, non posso rivelarlo se qualcuno di voi volesse leggerlo rovinerei il finale!!!
Concludo dicendo che consiglio la lettura di questo romanzo e anche degli altri romanzi di Romain, ha uno stile davvero invidiabile.
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Ingenua ironia
è il primo libro che leggo di Romain Gary e non mi è per niente dispiaciuto. Mi ha attratta e coinvolta da subito; dalla prima all'ultima pagina.
è un romanzo molto dolce, che parla di un rapporto speciale tra "madre" e "figlio". L'ho trovato molto ironico, quasi sarcastico; ma di un'ironia ingenua visto che è raccontato da un ragazzino.
Un ragazzino che matura una visione quasi cinica della vita, una visione in cui lui con la vita non vuole avere niente a che fare.
è un romanzo che lascia un pò di amaro in bocca, ma consiglio vivamente la sua lettura. Tuffatevi in questo libro e sono sicura che non vi dispiacerà, anche perché lo stile di Gary è molto scorrevole e leggero.
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Mi aspettavo di più
Sinceramente da questo libro mi aspettavo molto di più. Devo ammetterlo, la storia non è male ed era partito benissimo. Andando avanti invece ho cominciato a trovarlo troppo pesante perché poco scorrevole; non mi è piaciuto affatto lo stile di Smith.
La storia non era male, ma mi ha troppo ricordato una storia di spionaggio e io da questo libro non mi aspettavo una storia di spionaggio.
Insomma, come idea non era affatto malvagia; è il come è stata trattata che l'ha rovinato. Ribadisco che lo stile di Smith non mi è piaciuto, l'ho trovato troppo poco scorrevole; non riuscivo più ad arrivare in fondo. Non mi ha preso più di tanto, mentre un libro dovrebbe catturarmi completamente per avere la mia più totale attenzione.
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Un Lehane un pò arrugginito...
Dennis Lehane è senza dubbio il mio autore preferito in fatto di thriller. Mi sono innamorata di lui quattro anni fa e continuo ad amarlo, soprattutto amo moltissimo il personaggio di Patrick Kenzie: un personaggio ironico, satirico delle volte, con il quale mi sento pienamente in sintonia.
Ho amato tutta la serie di Pat Kenzie, e non potevo di certo non leggere quest'ultimo libro.
Tuttavia ne sono rimasta un pò delusa!
Non era il solito Dennis ma soprattutto non era il solito Patrick. Patrick e Angie si sono sposati, hanno avuto una figlia, sono invecchiati. Non sono più i mitici personaggi che erano prima; perfino Bubba si è un pò arruginito.
Insomma, come temi e come discorsi ho trovato il solito Dennis, ma ha cambiato troppo i personaggi.
Comunque, consiglio agli amanti di Patrick e Angie di leggerlo, e di dirmi se anche secondo loro i personaggi sono più arruginiti di prima...
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- sì
- no
un buon Steinbeck
Questo è il primo libro che leggo di Steinbeck e devo dire che la sua scrittura non mi dispiace neanche un pò.
è un libro interessante, che parla della vita di alcune persone che abitano in una valle californiana denominata "Pascoli del Cielo". è un libro leggero, veloce da leggere. Pittoresco è il paesaggio, proprio come sono pittoreschi anche i protagonisti: un libro apprezzabile. Le immagini sono nitide e si visualizzano in modo chiaro nella mente.
I racconti sono piacevoli, e se siete dei lettori molto assidui, non ve ne staccherete dalla prima all'ultima pagina.
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