Opinione scritta da lella gritti

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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    13 Mag, 2012
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Un caro amico

Com'è piacevole ritrovare Montalbano! Un personaggio umanissimo, pieno di tormenti e ormai con quasi la voglia di ritirarsi, andare in pensione .... forse perchè non riesce più a reggere il suo lavoro. O, meglio, il coinvolgimento emozionale che il suo lavoro comporta.

Ormai Salvo si avvicina alla sessantina ed è un uomo più fragile. Fragile nel lasciarsi abbindolare dalla bella di turno, fragile nel far fronte alle malvagità umane, fragile nell'affrontare la realtà e le verità. E, infatti, in questo romanzo mente spudoratamente più e più volte pur di non rimetterci la faccia o di sollevazre questioni.

La trama è abbastanza leggera e dopo un po' di pagine si può già intuire dove si andrà a parare. Ma quel che importa a me è il rapporto con questo personaggio, il piacere di ritrovarlo e l'affetto con cui seguo le sue storie. Tant'è che mi ritrovo a dialogare con lui, a parteggiare per lui nelle situazioni difficili o magari a metterlo sull'avviso quando sta per infilarsi in qualche casino.

Il libro si legge d'un fiato. E poi per un po' potrebbe venire spontaneo parlare in siculo ... almeno a me capita così!

P:S: Ma come faranno a tradurre all'estero i libri di Camilleri da questo divertente ma strettissimo siciliano?

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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Marzo, 2012
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Ghiaccio e squallore

Mi sono avvicinata a questo romanzo come faccio abitualmente per quelli del commissario Wallander (personaggio storico di Mankell) e invece mi sono trovata sprofondata e imprigionata nella banchisa polare!
In pratica la storia si svolge quasi completamente in un'isola piccola e sperduta del mare svedese, per la gran parte dell'anno coperta dal ghiaccio. E se uno non ha pensato a venirsene via prima dell'arrivo dei ghiacci rimane bloccato lì fino allo scioglimento dei ghiacci stessi.
Anche la trama è ben lontana dai racconti di Wallander. Praticamente è inesistente, proprio perchè sull'isoletta non succede niente. Lo stesso rapporto tra i due protagonisti è scarno ed essenziale. Più mirato alla sopravvivenza in un posto così ostile che non alla relazione a due. La relazione, in verità, è un po' animalesca, primitiva. Quasi un ritorno all'origine .... e questo dà da pensare su come il contesto sociale e la cultura ci abbia modificato!
Spicca su tutto Larss, il protagonista, uomo meschino e approfittatore, che suscita repulsione ma anche pietà.
E' in definitiva un libro agghiacciante, sia per la trama (angosciosa e piena di nefandezze) sia per l'ambientazione tra i ghiacci incombenti attraverso tutta la narrazione. Forse questo freddo è anche la metafora dei sentimenti di Larss. Io stessa ne sono stata contagiata e per tutta la lettura del libro non ho potuto far a meno di sentirmi costantemente a disagio, immersa in una atmosfera molto cupa, senza mai il sole.

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Mankell del commissario Wallander, se vuole sperimentare il suo lato oscuro ....
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    19 Marzo, 2012
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Gli originali sono ben altro ....

Eccomi alla seconda puntata dei cosiddetti "sequel moderni" di Orgoglio e pregiudizio.
I protagonisti sono tutti i personaggi del romanzo della Austen e i fatti si svolgono a partire dalla fine del romanzo stesso. Qui, in particolare, si narrano le vicende di Elisabeth e Darcy (con il contorno della terrificante zia lady Catherine), lei in dolce attesa e lui alla prese con misteriose scomparse di oggetti preziosi, ladri e malfattori.
Certamente la Bebris è stata molto brava nel documentarsi sull'epoca e sullo stile della Austen per poi proporlo al meglio nei suoi racconti. Però... però... forse ha un po' calcato la mano. E mi spiego. Orgoglio e pregiudizio è un meraviglioso affresco amoroso dell'epoca. Qui, invece, i due romantici protagonisti di allora sono alle prese con misteri e malfattori per costruite una storia che forse riesca ad accalappiare anche i lettori di oggi .... che - mi pare - sono sempre più attratti da storie thrilling. Forse manca il "materiale" umano che aveva a disposizione la Austen per le sue trame!
E insomma, alla fine questo libro si legge perchè ormai si è del tutto affezionati ai due storici personaggi e non se ne vorrebbe staccarsi mai... chi non rimpange di aver finito un libro? Così la Bebris rimedia a questa perdita con i suoi romanzi. Ma da qui a reggere il confronto con l'originale ce ne passa!

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i libri della Austen e ne sente la mancanza ...
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    06 Marzo, 2012
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Quasi insostenibile

Sono ormai quasi 5 anni che questo libro è apparso in libreria. E, non solo non è cambianto niente, ma addirittura direi che molto è peggiorato. Non passa giorno che non ci sia almeno un nuovo politico indagato, ladri presi con il sorcio in bocca (oops, mazzetta!!!), evasori di scontrini ed altro. E la nostra vita è peggiorata, non solo per la crisi, ma perchè il pagliaccio prima e il tecnico dopo non tutelano i più poveri e bisognosi.
Sfogliandolo qua e là oggi, questo libro è ancora di impressionante attualità. Io lo voglio ricordare qui proprio per non dimenticare. Non dimenticare in quale società viviamo. Io mi rendo conto sempre più spesso che mi butto nella lettura dei romanzi proprio perchè ho bisogno di evadere da questa realtà fatta di ingiustizie, di favoritismi ai soliti noti, di ruberie alla luce del sole e, ormai, di menefreghismo totale. Della serie: "Ho rubato! Embè?" o "Io so' io e voi siete un....!"
Ciò detto, il libro è moooolto interessante. Però, avviso, è quasi insostenibile leggerlo ininterrottamente. Va dosato .... per non stare troppo male!

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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    04 Marzo, 2012
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Piccola consolazione...

Anch'io mi sono avvicinata a questo libro con un po' di sospetto... come osare ricreare la magia di "Orgoglio e pregiudizio"?
Qui Elisabeth e Darcy sono ormai sposati, anche se solo da poche ore (il libro si apre sulla festa dopo la cerimonia dei due matrimoni, Liz & Darcy + Jane & Bingley ). Quindi viene a mancare tutta la suspence del gioco amoroso, del "come finirà". In compenso, però, i miei due amati personaggi mantengono il brio e lo spirito dei dialoghi e dei comportamenti. Anche gli altri personaggi sono descritti piuttosto coerentemente con quelli originali. E le ambientazioni pure.
Mi ha dato un po' fastidio la descrizione che la Bebris dà dei serivitori, chiamati per nome o "servo". Ma probabilmente all'epoca il loro trattamento era anche peggiore di quel che si legge qui.
La trama è quella del giallo gotico, un po' soprannaturale, perfettamente in linea con l'epoca in cui si ambienta il libro. E' molto semplice, forse un po' puerile. In realtà, però, la mia attenzione era centrata quasi esclusivamente su Liz e Darcy. Quindi tutta la trama passava in secondo piano.
Insomma, alla fine mi sento di dire che si tratta di un romanzo carino-carino. Certamente può creare momenti di consolazione (e compensazione) per tutte quelle persone che si sentono orfane di Orgoglio e pregiudizio....... piccola consolazione.

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tutta la Austen e si sente orfano
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Febbraio, 2012
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La musica e i luoghi di Marsiglia

Solea è il romanzo che chiude la trilogia di Izzo. Il titolo prende spunto da un pezzo di Miles Davis, amato dal protagonista, Fabio Montale (nome di discendenza italiana, scelto da Izzo per il suo amore per il nostro poeta, Eugenio. E forse è proprio quest'amore per la poesia che i romanzi di Izzo sono così lirici, così emozionanti).
In quest'ultimo racconto Montale è ormai un ex-poliziotto che viene trascinato in un vortice di avvenimenti di sangue suo malgrado. Lui è ancor più pessimista e disulluso che nei 2 racconti precedenti. Le esperienze hanno lasciato il segno e lui cerca di reagire vivendo alla giornata in un'atmosfera di semplicità: pochi amici, le donne, il cibo, il pastis, la musica e i luoghi e le atmosfere di Marsiglia.
La trama passa da un colpo di scena all'altro, da un'emozione all'altra, in un crescendo di sangue. Marsiglia domina ancora su tutto, come se questi avvenimenti possano accadere solo lì.
Ancora un libro che lascia il segno e una città affascinante.


A riprova che la vera protagonista della trilogia di Izzo è Marsiglia, il link che segue vi permetterà di vedere in foto i luoghi dei libri di Izzo o, meglio, i luoghi della città di Fabio Montale
http://www.jeanclaude-izzo.com/frameset.html

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libri di malavita, mafie, ecc.
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Febbraio, 2012
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La società multietnica di Marsiglia

In questo secondo libro, della trilogia di Izzo su Marsiglia e il poliziotto Fabio Montale, la descrizione della città e della sua vita si accentra sui contrasti razziali. Le immagini della città sono - come nel primo libro "Casino totale" - sempre splendide e vivide. Ma qui si va ad approfondire il rapporto tra i francesi e gli immigrati di seconda o terza generazione, con sullo sfondo i maneggi della malavita marsigliese (il milieu) e dell'estrema destra di Le Pen.
Lo spunto che da il via alla storia è l'uccisione di un sedicenne, Guitou, cuginetto del protagonista Montale. Da qui l'autore ci conduce per le strade di Marsiglia, fra i suoi colori e odori, fra le sue bellezze e le sue piaghe putrescenti della criminalità.
E' un libro che induce ad una profonda riflessione sulla integrazione (ma anche disgregazione) della società multietnica dei nostri tempi.
Anche questo un libro molto duro, consigliato agli appassionati del genere.

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libri sulla malavita
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Febbraio, 2012
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Protagonista: Marsiglia

Protagonista del libro è Marsiglia. Al punto che a chi non la conosce viene voglia di visitarla. Una città affascinante, solare, ma anche pericolosa, dura, piena di contrasti e di vita. Un crocevia di vite e di sentimenti. Sospesa fra mare e terra, fra Europa ed Africa...
L'autore la descrive e ne parla quasi fosse una donna. E i personaggi del romanzo sembrano essere i suoi "figli": complessi, esaltati e depressi, sbandati, al confine. Una storia di amicizia e di sentimenti viscerali.
Un libro pieno di contrasti, che sono quelli della città, ma anche quelli dei protagonisti, con i ricordi dell'infanzia che si scontrano con i percorsi di vita pericolosi e criminali.
Lo consiglio a chi non teme le emozioni forti.

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libri di malavita
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    19 Febbraio, 2012
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Una lettura inaspettata e cruda

Sjowall e Wahlooo hanno scritto il ciclo dei romanzi "criminali" che vedono protagonista il commissario Martin Beck a cavallo fra gli anni '60 e '70 e hanno volutamente dato una forte impronta sociale alla loro scrittura. Queste storie hanno tutte come sfondo i disagi della società svedese dell'epoca.
In questo romanzo sono messi particolarmente in risalto la povertà (e il confinamento sociale e affettivo in cui può ritrovarsi chi non ha più un lavoro) e la brutalità della polizia, a cui segue "regolarmente" l'impunità. Due temi che noi ritroviamo ancora oggi sui giornali di casa nostra tutti i giorni, ma che io personalmente non mi sarei aspettata descritti così crudamente riguardo alla società svedese, pur se di 40 anni fa.
Leggendo questo libro si ha la sensazione di entrare in una storia vera, realmente accaduta. Dove il caso e gli errori umani producono effetti irrimediabili. E i protagonisti, che cercano di dare il loro meglio, sono travolti dagli eventi.
Quindi un libro sia di denuncia sociale, sia di lettura piana. Quella che io chiamo "normalità del crimine". Solo nel finale il crescendo e l'efferatezza degli eventi angoscia e prende alla gola.

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Letteratura scandinava, ma cerca qualcosa di più reale. O anche amanti di Simenon
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    13 Febbraio, 2012
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Un po' deludente...

Questo libro l'ho trovato in casa, perchè l'aveva acquistato mio marito. Dopo la lettura de "La principiessa di ghiaccio" non avrei acquistato un altro romanzi della Lackberg, ma tant'è, era in casa e ho pensato di darle un'altra possibilità.
Purtroppo anche questa lettura mi ha abbastanza deluso. Il ritmo è molto lento. E gli avvenimenti mi sono parsi abbastanza scontati. Ci sono momenti in cui sembra che il romanzo finisca e invece poi l'autrice inserisce una divagazione e il racconto riprende. Però a me ha dato la sensazione che tirasse un po' a prolungare il numero delle pagine.
Ho trovato interessante: la trattazione della perversione a cui può portare il fanatismo ideologico, la descrizione non-truculenta dei delitti (... da un po' di tempo a questa parte mi pare ci sia una gara fra scrittori a chi è più truculento...), la descrizione della società scandinava.
Insomma, un libro che non consiglierei, ma non è nemmeno da scartare in toto... se si ha un po' di pazienza.

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romanzi scandinavi
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    10 Febbraio, 2012
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La "tranquillità" del crimine

La storia si svolge nell'arco di sei mesi, da marzo a settembre, in Svezia, fra Stoccolma e Malmo, con alcune puntate a Copenhagen, in una atmosfera idilliaca per quel che riguarda la natura di quei posti in primavera ed estate.
I protagonisti sono soprattutto la nutrita schiera di poliziotti, che alternano il loro lavoro alla vita domestica, per la maggior parte dei quali è descritta in modo minuto (con tanto di descrizione dei figli, delle mogli e di quelche fanno tutti nel tempo in cui stanno insieme). Da qui anche il "gioco" di fraintendimenti fra la scomparsa dell'autopompa - vera - dei vigili del fuoco e quella - finta - del giocattolo del bimbo di uno di essi.
I fatti criminosi si innestano su questa vita da poliziotti "quasi impiegati" (con orari precisi, ferie, fine settimana fuori città, mogli che preparano la cena, ecc.) come elementi della vita di tutti i giorni. Come lavoro di questi poliziotti-impiegati.
Non ci sono scene particolarmente truculente e nemmeno colpi di scena o assassini e assassinii efferati. Quel che colpisce di questi autori è appunto la "normalità" del crimine. Per certi versi la sua banalità. Ma proprio per questo così vera e così vicina alla vita di tutti i giorni.
Il libro è del 1969 e stampato da Sellerio 40 anni dopo. Lo stile è scorrevole e non dimostra la sua età. L'approccio al crimine è classico ed elegante. Niente a che vedere con la truculenza a tutti i costi di tanti autori dei giorni nostri.

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polizieschi scandinavi
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    09 Gennaio, 2012
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Annika, supermamma investigatrice

Qui siamo alla seconda puntata della "saga di Annika Bengtzon". E come sempre questa giornalista-cronista prestata alle indagini più assurde e pericolose ci si ritrova completamente coinvolta. Al punto che per non inquinare le indagini con i suoi articoli viene messa in aspettativa dal lavoro per un po' di mesi. Così ne approfitta per fare un po' di indagini per conto suo.
La descrizione di Annika è sempre molto reale, al punto che, per una donna che lavora e nel contempo ha sulle spalle una casa e dei figli (e un marito), è convolgente e identificante. E' un personaggio massimamente contemporaneo.
La storia gialla è un po' frammentaria, al punto che talvolta ho avuto l'impressione che la scrittrice tirasse un po' a campare. Però presenta il grande fascino - per me - dei luoghi e del contesto sociale scandinavo. Così diversi dai nostri...
Complessivamente val la pena leggere questo libro se piace il genere scandinavo.
Una raccomandazione: leggete questo libro dopo il primo della serie (Lupo rosso) e prima dei due seguenti (3, Finchè morte non ci separi e 4, Freddo sud). O, in altre parole, per la lettura seguite l'ordine in cui li ha pubblicati la Marklund. Altrimenti riesce difficile seguire sia le vicende della vita privata di Annika, sia la contestualizzazione di parecchi personaggi protagonisti della trama gialla. Infatti, per un giallo è tremendo domandarsi "ma questo chi è?, da dove salta fuori? ma che cosa avrà fatto prima?" ecc.

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romanzi scandinavi
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    05 Gennaio, 2012
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Una svedese in Costa del Sol

Mi pare fondamentale premettere che per affrontare questo libro bisogna aver letto i tre precedenti: per meglio inquadrare la protagonista (che è sempre la stessa, Annika Bengtzon) e la sua vita privata e lavorativa. In ogni libro infatti accade qualcosa che provoca cambiamenti, anche molto importanti, nella vita di Annika. Il che significa anche che i libri vanno letti in sequenza, perchè gli avvenimenti sono in evoluzione costante...
In quest'ultimo libro poi compaiono personaggi che hanno avuto un ruolo fondamentale soprattutto nel libro precedente ("Finchè morte non ci separi") e non è possibile seguire facilmente quel che accade qui se non se ne conoscono i precedenti.
Ciò detto - e già questo è abbastanza un casino - il racconto è un po' raffazzonato, teso com'è fra la Svezia, la Costa del Sol e il Marocco. Ma anche salti temporali: storie del passato che si intersecano a presente (e di cui si capirà qualcosa solo nelle ultime pagine). E personaggi che resuscitano dal passato.
Riguardo al contenuto, la trama del racconto è piuttosto ingarbugliata, ma non mancano sorprese e suspence.
Quel che a me piace molto di questo e degli altri libridlla Marklund è la delineazione del personaggio Annika per la sua grandissima femminilità: paure, debolezze, esaltazioni, sessualità, depressioni, rivendicazioni, professionalità, vulnerabilità, disperazione, coraggio, ecc. Leggere le storie di Annika è come ritrovare un'amica e sentire un po' da lei come le vanno le cose, a che punto è della sua vita. Il racconto "giallo" è spesso un contorno.

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i precedenti tre libri della Marklund: è fondamentale per seguire la trama
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    25 Novembre, 2011
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Finzione sanguinolenta

Mi sentivo predestinata verso questa lettura. Ho comprato il libro in libreria e poi ho scoperto che già l'avevo messo in lista per prenderlo in prestito in biblioteca. Non ho resistito all'acquisto.

Ho fatto una fatica tremenda a leggerlo. Avevo costantemente la sensazione di qualcosa di finto: come quando si va a teatro e invece di seguire la trama sei lì distratta/o dalla recitazione scarsa degli attori... e continui a pensare che stanno recitando... e ti rovini lo spettacolo:
- finto per la grande quantità di sangue e di violenza gratuita,
- finto per i personaggi per i quali già immaginavo che cosa avrebbero fatto nel prosieguo (del tipo: vuoi vedere che questo tizio lo inserisce per questo e per quell'altro motivo? esatto!!!),
- finto per certe descrizioni leziose e prolungate all'infinito giusto per riempire le pagine. Della serie: ma quand'è che arriva al dunque?

Ho pensato più volte di lasciarlo. E più volte l'ho lasciato lì per giorni e giorni.

La non-ambientazione di cui parecchi lettori parlano (in bene o in male) la trovo semplicemente una incapacità dell'autore di situare la sua storia in un contesto veramente reale, concreto, verificabile. Se vuoi scrivere in "americano" ti devi informare dettagliatamente prima! Ma anche così si trovano comunque delle incongruenze.

E poi il finale. Peccato che non se possa discutere in un forum ad hoc con chi i libri li ha già letti fino in fondo... Io non ho capito il finale di questo libro. Sono rimasta così, sospesa e - sinceramente - molto incazzata.

E sono anche qui che mi domando: ma com'è che l'hanno pure premiato? Ma com'erano i concorrenti....? brrrrrrrr

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libri sanguinolenti....
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    02 Novembre, 2011
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Amorali e spregiudicati avventurieri

Questa volta Simenon prende spunto da un fatto realmente avvenuto e ambienta la sua storia quando lo scandalo che ha attirato l'attenzione di tutta la Francia è già scoppiato e, in qualche modo, assorbito. Lo scandalo riguardava i due fratelli Emile e Dieudonné Ferchaux, due personaggi senza alcuna morale. La storia invece riguarda il solo Dieudonné (accusato nello scandalo anche dell'omicidio di tre negri suoi dipendenti in Africa). E ricalca un tema caro a Simenon: il rapporto tra un giovane "rampante", spiantato ma molto ambizioso (che fin dalla prima descrizione si capisce pronto a qualsiasi nefandezza), e un altro soggetto ormai maturo e arrivato, quasi sempre ricco, di solito uomo (v. Il Presidente, Le campane di Bicétre, Il testamento Donadieu, ecc.) ma talvolta anche donna (come la vedova Couderc).
Simenon costruisce la ragnatela della interdipendenza fra i due e soprattutto della progressiva metamorfosi del giovane Maudet. Il gioco è fra due avventurieri della stessa risma, dove la differenza è data solo dall'età e questa favorisce il più giovane.
Dapprima il segretario si mostra ammirato e deferente verso il vecchio potente Dieudonné, poi via via prendono il sopravvento altri sentimenti più ostili e ossessivi in un crescendo che porta all'inevitabile atto criminale finale come se questo fosse già dall'inizio nell'ordine naturale delle cose.
La grandezza di Simenon sta nella sua capacità di descrivere il percorso ineluttabile delle vicende dettato dai sentimenti malvagi che allignano nell'animo umano.
Le descrizioni dei personaggi e del loro sentire è crudo e sintetico, ma capace al contempo di catturare il lettore, imbrigliarlo e di lasciarlo stordito alla fine del romanzo.
La trama è quasi inesistente e, data la lunghezza del testo, talvolta mi è parso un po' prolisso. Ma giusto una sensazione che non mi ha impedito di arrivare velocemente alla fine.

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il bonaccione Maigret
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    01 Novembre, 2011
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Un feuilletton "di classe"

Questo romanzo è del genere "feuilletton-polpettone" che a me piace moltissimo. Perchè succede di tutto e di più e la scena cambia repentinamente dal bene al male e viceversa. E poi c'è la grande saga della famiglia-azienda con il cattivone che arriva da fuori e se ne impadronisce, ecc. Insomma ci sono tutti gli ingredienti del drammone.
Qui c'è anche uno sfondo "giallo" che serve però a Simenon per poter descrivere il male, i vizi e le peggiori pulsioni umane. Sempre lasciando il segno nelle emozioni del lettore.

E' un romanzo scorrevolissimo: si legge con grande facilità e si capisce che è anche stato scritto con grande facilità. D'altra parte, Simenon era rinomato (e invidiato) per la sua velocità di scrittura. Da qualche parte ho letto che poteva scrivere un breve romanzo nel giro di un pomeriggio...

Un romanzo scritto nel 1937 che appare ancora molto godibile oggi, purchè piaccia il genere "romanzo popolare". Non ha niente da invidiare a un giallo, però qui c'è la magia della scrittura di Simenon per il quale ogni romanzo è la rappresentazione di una grande tragedia umana.

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romanzi d'appendice, romanzi popolari
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    28 Ottobre, 2011
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Il dramma nella bucolica campagna

E' la storia di un predestinato a uccidere. Quando Jean esce di prigione (perchè accusaro di omicidio) incontra casualmente sulla corriera una vedova (la Couderc, detta Tati), una donna non più giovane e non bella, "solida e tozza", "piccola e larga".
Jean si piazza a casa di Tati con l'intento di redimersi a una vita "normale", immerso nella routine semplice della campagna.
Ma, dopo un'iniziale speranza di pace e serenità, l'ambiente di campagna si rivela per quel che è sotto l'apparenza: un ambiente gretto, squallido e torbido. E, comunque, pieno di tentazioni - al femminile - per Jean. Così il dramma si sviluppa lentamente in un crescendo di tensioni, con Jean avviluppato in una ragnatela di sentimenti da cui riuscirà ad uscire e a "ritrovare la pace" solo con un gesto drammatico.
Quello che più avvince in questo Simenon è l'apparenza di "normalità" e quasi di leggerezza bucolica in cui posiziona i suoi drammi e svela la duplicità dei personaggi. Mi viene da pensare a quei vecchissimi telefilm in bianco e nero di A. Hitchcock (v. YouTube) in cui il dramma, l'assassinio, ecc. piombavano folgoranti nel tran-tran della routine.

Ho un piccolo appunto su questo romanzo: io personalmente ho avvertito che era un po' datato, non così moderno e attuale come altri libri di Simenon. Probabilmente ciò è dovuto alla descrizione della campagna francese dell'epoca... (1942).

Inserisco qui l'incipit del romanzo a testimonianza della capacità di Simenon di coinvolgere e ammaliare il lettore fin dalle prime righe... l'uomo, la strada, la corriera rossa... lo scenario, lo sfondo della tragedia
"L’uomo camminava. Per almeno tre chilometri, su quella strada tagliata diagonalmente, ogni dieci metri, dall’ombra di un tronco d’albero, c’era soltanto lui; e a lunghi passi, ma senza fretta, andava da un’ombra all’altra. Poiché era quasi mezzogiorno e il sole si stava avvicinando allo zenit, un’ombra corta, ridicolmente schiacciata, la sua, gli scivolava davanti.
La strada saliva diritta e sembrava arrestarsi bruscamente in cima alla collina. Dal bosco, a sinistra, giungevano degli scricchiolii. A destra, nei campi i cui profili
bombati disegnavano forme simili a mammelle, c’era solo un cavallo, in lontananza, un cavallo bianco che trascinava una botte montata su quattro ruote; e nello stesso campo uno spaventapasseri, o forse un uomo.
La corriera rossa usciva in quel momento da Saint-Amand, dove era giorno di mercato, facendosi strada a colpi di clacson, lasciava l’interminabile via dalle case bianche e finalmente imboccava la strada fiancheggiata da due file di olmi. Raccoglieva un’ultima contadina che aspettava sotto il sole con l’ombrello aperto".

Esiste anche un film, "L'Evaso" che, a quanto ho letto, non è fedele al libro, ma ne prende spunto. Ci sono Simone Signoret e Alain Delon. Magari è da vedere!

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romanzi di intenso coinvolgimento emozionale
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    28 Ottobre, 2011
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La "bruttina stagionata" si emancipa

Qui sembra di essere nella seconda parte de "La bruttina stagionata", il primo libro di Carmen Covito (quello che le ha dato notorietà). Pur trattandosi di un'altra donna - Cettina - le caratteristiche psico-fisiche di questa sono le stesse della precedente: si crede bruttina, ha già alle spalle un matrimonio fallito (il marito se n'è andato con un'altra e l'ha pure cacciata da casa!), pensa di dare fastidio agli altri, e così via con un sacco di masturbazioni mentali.
Decide di darsi una botta di vita e si arruola come fotografa in una spedizione archeologica in Siria.
I personaggi che la circondano sono degnamente fuori di testa rispettando il classico stereotipo dell'archeologo: capricciosi, pronti ad entusiasmarsi e a deprimersi nel giro di pochi secondi, autoreferenziali, megalomani, cospiratori, sospettosi, ecc.
Per una buona metà del libro non succede ASSOLUTAMENTE niente, tant'è che io l'ho abbandonato per un po' di mesi. Forse l'intento della scrittrice era quello di preparare la suspence della seconda parte, ma a mio giudizio l'ha tirata troppo per le lunghe. Poi la svolta nella seconda metà dove i colpi di scena si susseguono l'uno all'altro e allora viene voglia di scoprire come va a finire. Quasi quasi si potrebbe iniziare da metà libro...
Finale a sorpresa con il grande riscatto della bruttina.

Complessivamente un libro leggerino, per niente impegnativo, che va bene se non si ha di meglio da leggere oppure se non si vuole essere emozionalmente troppo coinvolti.

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romanzi rosa con sfumature gialle
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    26 Ottobre, 2011
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Un "non-giallo"

Questo è un racconto di Simenon in cui c'è anche Maigret. Ma qui Maigret fa quasi da spettatore passivo degli eventi. Anzi, per qualche verso può essere considerato uno dei personaggi dentro alla vicenda.

Infatto la storia racconta di Maigret che torna a Saint Fiacre, luogo della sua infanzia e giovinezza, in quanto il padre era stato l'intendente della tenuta. Perchè la polizia parigina ha ricevuto una lettera in cui si avverte che si tenterà di commettere un crimine nella chiesa. E in effetti lì durante la funzione di Ognissanti la contessa di Saint Fiacre muore per un malore. Morte sospetta, considerato che era stata preannunciata.
Simenon è bravissimo nel descrivere l'attesa del delitto, in chiesa, tra sermoni, incenso, preghiere, ecc.
Gli interrogatori che conduce, così come le frequentazioni dei luoghi, sono lo spunto per Maigret per tornare a ripensare al suo passato e a confrontarsi con il presente. Molto è cambiato nelle persone, nei luoghi e nelle cose, Ma molto è cambiato anche nella sua percezione di uomo adulto che ha ormai perso la sua ingenuità di fanciullo.
I personaggi sono ben delineati e, come in ogni buon giallo, hanno tutti un motivo per essere accusati dell'assassinio. Ma quello che più affascina del romanzo sono le descrizioni e le pulsioni che muovono ciascuno di essi: provincialismo, bigottisno, avidità, povertà, dignità, scaltrezza, menzogna, paura, riscatto, banalità... E poi c'è il fascino dell'ambientazione e delle atmosfere del castello e del paesino.
Quindi, definire questo libro solo un bel giallo è riduttivo

Il romanzo è stato scritto negli anni '30, ma non dimostra affatto la sua età. Grazie forse anche ad una traduzione recente.

Ho letto che ne è stato tratto un film con J. Gabin e che ci sono anche riduzioni tv. Ma non credo che cercherò anche di vederlo...

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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    26 Ottobre, 2011
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La passione del conformista

Comincio qui un percorso di analisi e recensione di alcuni libri di Simenon che ho chiesto alla redazione di inserire su questo sito.
Simenon - purtroppo! - è conosciuto soprattutto per il personaggio di Maigret, tanto pubblicizzato da tv (Gino Cervi) e film (un po' meglio, J. Gabin). Ma Maigret è moooolto meglio nei libri!
A parte ciò, Simenon è soprattutto un raffinatissimo scrittore, indagatore dell'animo umano come pochi. Capace di scrivere con grande facilità e, allo stesso modo, riuscendo a comunicare con il lettore con altrettanta facilità. E riuscendo da subito a penetrare in profondità nelle emozioni di chi legge.

"Lettera al mio giudice" è uno degli esempi più calzanti di quanto ho osservato fin qui a proposito di Simenon.
Il romanzo è effettivamente una lettera che un medico (il dottor Charles Alavoine) scrive al giudice che lo ha condannato per l'omicidio della sua amante. Identificando in lui l'unica persona più simile a sè e per questo capace di capire fino in fondo il suo gesto, la sua colpa. Charles racconta al giudice la storia della sua vita, molto conformista e determinata più dagli altri (la madre prima, la seconda moglie poi...) che da se stesso. Ma le passioni ribollono sul fondo e risulteranno tanto più esplosive e catastrofiche quanto è stata piatta la sua vita fino all'incontro casuale con Martine con cui intreccia da subito una relazione. Il suo rapporto con Martine farà decisamente saltare tutti i suoi codici di comportamento che, adesso si scopre, erano solo apparenza. E la passione e la paranoia dilagheranno fino a rasentare la follia... e al gesto estremo.
Ogni altra parola potrebbe sminuire questo grandissimo libro. Vi farà innamorare di Simenon.

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libri "intensi"...
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    26 Ottobre, 2011
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Piccoli vampiri crescono...

Questa è la storia di Oskar ed Eli, due dodicenni che vivono nella periferia di Stoccolma. Una Stoccolma senza fascino, ma con tutti i problemi di un certo degrado delle periferie, e che riguardano cose e persone.
Oskar vive lì con la madre e una notte, proprio nell'appartamento a fianco, si trasferisce Eli. Tra i due nasce una amicizia nel vero senso di questo termine: ognuno dei due si fa carico di rafforzare nell'altro ciò che di meglio può dare per sè e per gli altri.
Oskar diventa più coraggioso nelle sue scelte e, soprattutto, verso le angherie dei compagni di scuola. In Eli - che è un vampiro -, invece, sembrano prender corpo man mano sentimenti, verso la propria condizione e verso le sue vittime, che prima le erano sconosciuti.
A tratti il libro è proprio macabro. Non si contano gli assassini e le loro doviziose descrizioni. Però il comportamento dei due ragazzini, a tratti bambini a tratti adulti che si affacciano al mondo, ne riscattano almeno in parte l'orrore.
Finale a sorpresa.

Anche da questo romanzo è stato tratto un film, tutto svedese e stupendamente aderente al libro. Bravissimi i due ragazzini-attori. E un ambiente di periferia, di neve, di personaggi-poveracci quasi incredibile per noi che guardiamo alla Svezia spesso come a un paese di Bengodi.

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storie di vampiri e vuole qualcosa di diverso...
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Romanzi
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    24 Ottobre, 2011
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Una Bridget Jones de' noantri

E' un libro un po' datato, è del 1992. Ma l'ho ripreso in mano perchè ne sto leggendo un altro di Carmen Covito. E questo è appunto il suo lavoro d'esordio.
Per intenderci subito è un libro alla Bridget Jones, ma di casa nostra. E pure un po' più avanti negli anni - sui 40 - e, purtroppo, bruttina. Come pensa di essere la stessa scrittrice.
Si raccontano le storie e le esperienze di vita di questa "ragazza" in relazione all'amicizia, all'amore, al sesso, alla famiglia. Con tutte le paure che si accompagnano ad una persona che si sente sola più che single.
Alcuni passaggi possono apparire divertenti, esagerati, ma è questa una modalità per nascondere la propria inadeguatezza agli eventi.
Ad ogni modo non si può non partecipare al sentire della protagonista e a solidarizzare con lei. E' quasi certo che ciò vale di più (o solo?) per noi donne. Sicuramente si prova una sensazione di condivisione. Anche chi legge può riconoscersi in certe situazioni e condividerle, se non addirittura trovare indicazioni su come gestirle (o come non gestirle).
A me personalmente hanno dato un po' fastidio certi termini un po' volgari. Ma, anche questi, potrebbero far parte di un certo genere di personalità.
Mi pare che questo testo sia stato declinato anche per il teatro e il cinema. Non ho visto nessuno dei due, però mi riprometto di tornare su questa mio riscoperta....

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libri di rivalsa. Libri al femminile
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Racconti
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Ottobre, 2011
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una pulp romanesca!

Di questo libro di racconti di Ammanniti il clou è "L'ultimo capodanno" (di cui successivamnte Mondadori ha fatto anche una edizione af hoc).

Ad una lettura superficiale può sembrare un testo di puro divertimento, tanto è paradossale e inverosimile. In realtà, i personaggi e le ambientazioni sono magistralmente calate nella quotidianità di Roma. Una città sopravvissuta al tempo, la città eterna... perchè sa come si fa!
La storia inizia e si conclude la notte di un capodanno, in uno di quei comprensori - palazzi all'interno di un recinto di verde che fanno tanto vippume - che circondano Roma, specie sulla Cassia. Ne sono protagonisti diversi personaggi con storie che si intrecciano le une alle altre. E' rappresentata una umanità varia: dal gigolò nostrano alla vecchia nobile ninfomane, al borghese adultero e masochista, ai due tossici fuori di testa, alla bella Giulia che si vendica del tradimento del marito mettendogli il lassativo nel bicchiere, alla famiglia "normale" con bambino e nonno che tanto normale non è, e la banda dei nolani...
Basta un imprevisto e si scatena il caos e succede di tutto. Fino al botto finale che sommergerà tutto.

Ammaniti riesce a cogliere dietro il grottesco l'anima nera che c'è in tutti noi. Pronta ad emergere appena l'ambiente o le circostanze provocano l'abbassamento delle barriere del conformismo.
E' un racconto che si legge d'un fiato. E che lascia un po' storditi.

Marco Risi ne ha tratto un film, un paio d'anni dopo. Però, come al solito, suggerisco di leggere prima il libro. Anche perchè è molto più stupefacente, paradossale e sorprendente. Colpisce direttamente l'anima.

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pulp
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Fantasy
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    19 Ottobre, 2011
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Angeli e demoni a Viterbo

La sorpresa comincia il biblioteca dove chiedo il libro: non è nella narrativa comune, ma fra i libri per ragazzi. E infatti questo è un libro per adolescenti, scritto da un'adolescente. Dorotea ha all'epoca 16-17 anni.
La trama del libro è piuttosto debole e con parecchie contraddizioni, una su tutte grossa: ci sono demoni buoni e demoni cattivi! Il finale, peraltro, non chiude per niente la storia. Magari Dorotea intende continuare il racconto delle vicende di questi personaggi con un altro libro....
L'ambientazione a Viterbo mi pare appropriata. E' una città di peperino (una pietra grigia tipica locale), medioevale nella sua struttura e, quando non ci sono automobili in vista, ci si sente proprio in un'altra epoca. E poi è una città che ha voluto restare ai margini: ha da sempre boicottato ferrovie e strade per raggiungerla.
Ciò premesso, tanto di cappello a questa ragazzina per come scrive considerata la sua età! Talvolta è un po' leziosetta, ma mi pare che questo possa rientrare nella norma se a leggerla sono le sue coetanee... a quell'età tutto può diventare poetico e idealizzato.

In conclusione, non è un libro per adulti. Troppo romantico e fragile per chi ha più di 20-25 anni. Lontano anche dalle problematiche adulte (si parla di scuola).
Però complimenti alla scrittrice. Le premesse sono buone.

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narrativa "rosa" per adolescenti
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    18 Ottobre, 2011
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... sotto il ghiaccio!

Questo è il quarto libro tradotto in italiano di Asa Larsson. L'ultimo. Ho letto i primi due e mi riprometto di leggere il terzo.
Infatti questi libri (della Larsson, ma per es. anche della Marklund o di Mankell, per restare agli svedesi...) presentano sempre gli stessi personaggi principali. E siccome se ne racconta anche la vita personale - che inevitabilmente scorre e si accresce nel tempo .... come Harry Potter o Montalbano! - tiene "agganciato" il lettore ad ogni nuovo libro in uscita.
Se per i fan, come me, di questo genere la serialità è una pacchia (mi piace ritrovare i personaggi, è come avere notizie di amici che da tempo non sento o non leggo...) mi sento in dovere di avvertire che all'interno di questo romanzi ci sono spesso riferimenti al passato della protagonista - Rebecka - che, se si legge solo questo libro, potrebbero risultare incomprensibili.

Ma il libro è ben scritto. Ho notato un salto di qualità - in meglio - della Larsson rispetto al suoi precedenti.
La storia è semplice: due ragazzi scompaiono nel corso di una immersione in un lago ghiacciato.... brrr! Già questo potrebbe inorridire, perchè sopra la testa non si ritrovano solo l'acqua, ma anche il ghiaccio!
Dapprima si pensa a un incidente, ma poi si trovano via via prove di un possibile doppio omicidio. E si deve andare a scavare nel passato...
I personaggi sono ben delineati, senza inutili ghirigori. I sentimenti e le emozioni passano soprattutto attraverso il non detto, le azioni (o le non-azioni) e gli sguardi.
L'ambiente è quello ostile della natura di quei luoghi: a fine aprile si sprofonda ancora nella neve e laghi e fiumi sono ghiacciati.
La ragazza uccisa partecipa alla storia in forma di fantasma. E questo permette di tener vivo il suo ricordo - e quel che poteva essere - presso il lettore.
Un piccolo spazio è occupato nel romanzo anche da un paio di tenerissime cagne.
Consiglaito a chi ama il thriller scandinavo, con i suoi tempi lenti e paesaggi imbiancati. Ma, ripeto, preferibilmente dopo i primi tre della Larsson.

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narrativa nordica
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Romanzi
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    14 Ottobre, 2011
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... ma quale femminista?

Sapevo che in questo libro non avrei ritrovato i miei amatissimi Firmin e Pedra. Però volevo comunque verificare come se la cavava la Gimenez Bartlett con un tema del tutto estraneo alla sua famosa serie "gialla".
Già il titolo è una presa di distanza (o anche presa in giro?) da "Una stanza tutta per sè", il saggio femminista di Virginia Woolf. L'assunto di base del libro della Woolf era che una donna per emanciparsi dovesse "avere soldi e una stanza tutta per sè per poter scrivere".
La Bartlett finge di ritrovare il diario della cuoca-cameriera di casa Woolf (per 18 anni) e lo mette a confronto con quel che Virginia scrive nel proprio diario. Lo scopo è di svelare particolarmente i retroscena e i non detto dei vari eventi.
Quel che ne emerge è un quadro devastante dei cosiddetti intellettuali del gruppo Bloomsbury di cui fanno part Virginia, il marito e amici: gente impegnata a difendere i diritti di tutti, il riscatto sociale, ecc. ma soprattutto a parole o distante da casa (una specie di sindrome NIMBY dell'epoca). Non certamente con la cameriera di casa - Nelly - con la quale si mantengono sempre le distanze.
La stessa Virginia Woolf è così presa dalle sue missioni e dalla sua scrittura che non ha tempo per curarsi delle cameriere. Da qui il titolo del libro "una stanza tutta per gli altri" perchè la povera Nelly non ha mai poturo godere di una stanza tutta per sè. Tanto meno di una qualsiasi emancipazione, incastrata nella sua misera classe sociale e non certo aiutata ad affrancarsene attraverso i suoi padroni.
Un libro molto crudo. Che rivela i lati "non ufficiali" di Virginia Woolf. Uno spaccato dell'epoca, quando dell'emancipazione se ne parlava ma non la si praticava (se non di nascosto, magari in camera da letto... con il riferimento lesbico a Virginia). O, peggio, dove l'emancipazione era una cosa da salotti, solo per intellettuali.
Visto con gli occhi di oggi il rapporto Virginia-Nelly è come quello di padrona-schiava.
Sollecito gli amanti di Virginia Woolf a leggere questo libro e a confrontarsi.

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i libri di Virginia Woolf
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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    13 Ottobre, 2011
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Acc....!, che delusione....

Due dei miei autori preferiti... insieme! Due personaggi eccezzzzzionali! E poi la sorpresa della forma epistolare che mi ha evocato le meravigliose "Liaisons dangereuses"... Mi ci sono tuffata in questo libro!!!
Lo svolgimento della storia avviene attraverso la corrispondenza fra Montalbano e Grazia Negro a proposito di un delitto che vedrebbe implicati i due commissariati. Per non farsi scoprire talvolta i messaggi sono addirittura nascosti nei generi alimentari che si scambiano, es. i cannoli siciliani... La storia è secondaria rispetto alla personalità dei due protagonisti che fanno a gara per accattivarsi l'attenzione del lettore.

L'esperimento di far lavorare insieme Camilleri e Lucarelli - e i loro famosi personaggi - è lodevolissimo e moooolto accattivante. Però il risultato è piuttosto misero, sia per i contenuti della storia, sia per la forma. Perchè i due personaggi continuano a restare, per tutto il libro, due entità ben separate e distinte. E in effetti nella storia non si incontrano mai. Si scrivono e basta.
Ho avuto quasi l'impressione che ognuno dei due autori si sia scritta la propria parte di libro a prescindere dall'altro.

Insomma, una cocente delusione. In definitiva, il sospetto che volesse essere una mera operazione commerciale è molto forte.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    13 Ottobre, 2011
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Il nord est di Carlotto

Anche questo libro ha avuto un seguito cinematografico. Fortunatamente ho fatto in tempo a leggerlo prima di sapere di interpreti, trama, trailer, ecc. Così non mi sono fatta influenzare nella mia prefigurazione di ambienti e personaggi.

Il romanzo è incentrato su un personaggio principale che è quanto di più abbietto, amorale e cinico possa aver prodotto la nostra società attraverso il mito del denaro. Insomma, un vero bastardo. Un individuo che non possiede emozioni e che può dare la morte come fumare una sigaretta. L'importante è raggiungere il suo obiettivo, cioè rifarsi una verginità. Nel concreto, deve costruirsi l'immagine e la posizione sociale, dopo un passato da delinquente terrorista, latitante e galeotto.
Personalmente trovo che Carlotto sia bravissimo nel descrivere, con stile asciutto e distaccato, le atmosfere cupe del nostro nord-est dove tutto viene immolato al dio denaro. Sotto la parvenza di persone per bene. Questa è la differenza rispetto ad altri ambienti criminali nostrani. Nel Veneto si vuol apparire brave persone, ma dentro si è marci, novelli Jekyll-Hyde.
Una volta si giocava con leggerezza su questa doppiezza e ipocrisia di quella società veneta, come nel film di Germi "Signore e signori". Oggi si arriva al delitto.

Il film "Arrivederci amore ciao" (che ho visto dopo la lettura del libro) regge la storia, ma meno le emozioni che dà il libro. Il film (quasi tutti i film) mi imbrigliano la fantasia. Alessio Boni ha un po' sempre la stessa faccia...

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libri sul nord-est italiano e/o noir (italiani, francesi)
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Romanzi
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    13 Ottobre, 2011
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La morte ti cambia la vita

Purtroppo ho letto questo libro quando già era uscito il film. E - ancora purtroppo! - mi sono fatta tutto il libro con la faccia di Nanni Moretti davanti, senza la possibilità di prefigurarmi il protagonista, Pietro, con la mia fantasia...
La storia, si sa, è molto semplice: un uomo perde la moglie e, a quel punto, sembra perdere anche il senso e la materialità della propria vita. Si piazza nel giardinetto davanti alla scuola frequentata dalla sua bambina e decide di stare lì fuori mentre la bimba sta a scuola. Chi vuole relazionarsi con lui o gli telefona o lo deve andare a trovare, lì, al giardinetto.
Questa dislocazione fisica al giardinetto (lontano dai luoghi abitualmente frequentati, con il lavoro, con gli amici, ecc.) è lo spunto per una dislocazione anche psicologica di Pietro. La morte ti cambia la vita, perchè non riesci più a vedere il mondo e gli altri come prima. E sei allo sbando. Così, mentre Pietro cerca di darsi una ragione per continuare a vivere, i personaggi che gli si muovono intorno appaiono schizofrenici, esaltati, fuori luogo, inutili. La morte fa cadere i veli delle situazioni e delle persone che ti circondano... e ne rivela la precarietà e l'inutilità. Su tutto aleggia la morte, mai citata e sempre presente.
Dopo la lettura del libro mi sono concessa anche la visione del film. Nanni è bravo, però, non so... forse la sua figura, lui, Nanni, prevarica Pietro.

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Romanzi
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    10 Ottobre, 2011
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Un grande coinvolgimento emozionale

Un grandissimo libro, di intensissimo coinvolgimento emozionale.
E' la storia della vita di Gesù, considerato non come un dio, ma come un essere umano, come tutti noi. La sua figura è tratteggiata da Saramago come quella di un uomo sofferente, incerto, strumento e vittima predestinata di un dio cattivo e dominatore.
Il romamzo si dispiega secondo gli episodi già narrati nei vangeli ufficiali, ma con un taglio più attento - e interessante - alla vita reale e ai costumi e usanze dell'epoca in Palestina.
E infatti, alcuni avvenimenti e personaggi "miracolosi" sono tradotti da Saramago in una possibile realtà. Es. l'angelo o il diavolo sono pastori. Il rapporto con la Maddalena è sentimentale e sessuale. Gesù ha tanti fratelli, e così via.
Ciò che più mi ha colpito è la descrizione e l'agire del dio padre. E la sua relazione e influenza sul figlio uomo. Un dio che non esita a mentire, a vendicarsi, ad usare la sua onnipotenza per fare il male, a godere del sangue. Fino ad obbligare il figlio all'estremo sacrificio. Contro il suo volere e pieno di paure.
Impressionante l'elenco dei martiri e relativi supplizi che si dilunga per pagine a suggellare le conseguenze che la morte di Gesù avrà sull'umanità.

Comprensibili le prese di posizione contrarie della chiesa ufficiale di fronte a questo romanzo così impietoso nello svelare i retroscena di dogmi intoccabili.
In questo senso, la relazione fra dio padre e Gesù in Saramago mi ha evocato la "Leggenda del grande inquisitore" nei fratelli Karamazov. In quest'altra Gesù viene cacciato perchè pericoloso, ormai incompatibile con l'autorità della chiesa cattolica.

Quello di Saramago è un Gesù vicino a noi, uno di noi. Un uomo con degli ideali che si scontra con una figura che lo domina e lo condanna. Ma proprio per questo visceralmente umano.

Un libro imperdibile che conquista l'anima.

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libri che discutano di religione
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    10 Ottobre, 2011
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Un libro spirituale

E' stato il primo libro che ho letto di Saramago. E mi è tornato in mente in questi gg dopo aver finito la lettura de "La cattedrale del mare" di Falcones. Questo di Saramago mi aveva mosso forti emozioni. La religiosità permea tutte le pagine, è fortemente sentita e trasmessa al lettore. Cosa che in Falcones appare invece piuttosto appiccicata alla storia, come un obbligo più che un sentire vero.
Anche qui imperversano l'Inquisizione, la miseria, i soprusi, le tragedie dei piccoli e dei grandi. Ma è notevole la capacità di Saramago di costruire e trasmettere la concretezza di emozioni e avvenimenti immergendo il lettore nell'atmosfera che è quella che vivono i vari personaggi.
Insomma, lo definirei un libro religioso. Ma non nella definizione del cattolico credente e praticante (spesso più nella forma che nella sostanza), bensì nella spiritualità e nella ieraticità che dovrebbero essere alla base delle religioni.

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romanzi epici, storici, corali
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    10 Ottobre, 2011
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La banalità spacciata per thriller

Raramente ho letto un libro banale e scritto male come questo. E dovrebbe essere un thriller.... Tutti gli avvenimenti lì descritti sono facilmente prevedibili: chi è il capo dei cosiddetti vampiri, chi è il mastermind, come finisce, ecc. Gli omicidi si sprecano, come se servissero a riempire le pagine, perchè non contribuiscono a dare senso e struttura alla storia. Il sangue scorre a fiumi e questi autodefinitesi vampiri lo succhiano avidamente. Perchè? non si sa!
I personaggi non sono delineati, vuoi perchè sembra che il lettore li debba già conoscere (es. questo Alex Cross), vuoi per sciatteria stilistica.
Ho pensato più volte di abbandonarne la lettura, ma poi, siccome non sono nemmeno molte pagine, ho voluto finirlo per vedere dove andava a parare. Questo cosiddetto famoso Alex Cross (portato anche al cinema con un altro romanzo di Patterson) chiude la storia dicendo che si è innamorato di nuovo e che lo racconterà prossimamente.... e cos'è, un romanzo a puntate?
Un autore così decantato...

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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.5
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    10 Ottobre, 2011
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Una caccia drammatica

Piacevole, come al solito. Leggere un libro di Camilleri mi fa stare bene. Montalbano è quasi una persona che si pensa di conoscere veramente e con i suoi libri ci dà notizie di sè.
Anche i riferimenti che Camilleri inserisce nel libro alla nostra realtà di tutti i giorni (alle notizie vere e recenti, pubblicate dai quotidiani) mi permette di partecipare a una specie di rivalsa, quasi che Montalbano esistesse davvero e possa essere un vero nuovo angelo vendicatore contro le ingiustizie grandi e piccole che fronteggiamo ogni giorno.
I personaggi, e in primis, Montalbano sono sempre molto umani e veri.
Allo stesso modo la capacità inventiva di Camilleri, vista la sua età, non finisce di stupirmi e di suscitare la mia invidia. Ma a chi verrebbe mai in mente di scrivere un romanzo con protagoniste delle bambole gonfiabili? a un geniaccio!

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ed è affezionato a Camilleri e Montalbano
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Classici
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    10 Ottobre, 2011
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Un rosa di alta classe

Ne ho lette due versioni in italiano, questa e una presa in biblioeca del 1931. La più vecchia è decisamente datata come scrittura.
Il libro è un capolavoro di detto e non detto, di fraintendimenti e di frasi cortesissime ma al vetriolo. Un mix che fa battere il cuore e che avvinghia alla lettura.
Colpisce la modernità e l'indipendenza della protagonista nonostante l'ambiente sociale in cui si muove. Allo stesso modo brillano per stucchevolezza la sorella maggiore e il suo spasimante: figure perfettamente aderenti ai costumo dell'epoca. Si caratterizzano per stolto compiacimento di sè figure come la signora Bennet madre, il reverendo Collins e la figlia minore. Non può mancare nel creare ulteriore sobbuglio nella trama (e nel lettore) la figura del "cattivo" nei panni del capitano Wickham.

Per tutte le fan di mr Darcy consiglio vivamente la visione della serie tv a cura della BBC con Colin Firth, probabilmente la sua migliore interpretazione in assoluto. E' molto bravo nel rendere il personaggio di Darcy soprattutto con gli sguardi. Non lo sapevo, ma in GB questa serie è un cult. Durata 5 ore e mezzo ... che si guardano d'un fiato. Impressionante l'adesione al libro, parola per parola.
Interessante anche lo script del film,in inglese. Costumi ed ambientazioni sono eccezionali.

E infine, sempre per le fan di questo libro, sugggerisco una versione moderna - del libro e del film Orgoglio e pregiudizio - che è "Il diario di Bridget Jones"! Era proprio nelle intenzioni della Fielding riproporre gli stessi stati d'animo (in particolare la caccia a qualcuno da amare) in una visione moderna e accattivante. E infatti il protagonista ha voluto chiamarlo Darcy. Un Darcy interpretato ancora da Colin Firth nella versione cinematografica di quest'ultimo romanzo. Non casualmente...

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gli altri libri della Austen e a chi ama il genere "rosa" ma di classe
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Romanzi storici
 
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    09 Ottobre, 2011
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un feuilletton medievale

La storia si svolge in Spagna nel 1300 e racconta le vite parallele della cattedrale del Mar e di Arnau, un giovane dell'epoca.
E questa è la base per costruire un romanzo per mettein cui l'autore ci mette di tutto quel che serve per catturare il coinvolgimento del lettore. Sia in relazione alle emozioni: amore, odio, vendetta, eroismo, sacrificio, rivincita, devozione, religioni, umiltà, ricchezza e povertà, ecc. Sia in relazione ai fatti: gli schiavi, i ricchi, i nobili, il re, le corporazioni, l'inquisizione, la peste, gli incendi, il cattivo e il buono, i castelli e le prigioni, gli intrighi, i tesori, ecc. E ancora, donne violentate, soprusi sui bambini, innocenti incarcerati, preti aguzzini e avidi, re spendaccioni, guerre inutili, naufragi, e così via. E sicuramente ho dimenticato molte altre cose....
Però, a mio parere, l'intreccio spesso è slegato: le descrizioni della costruzione della cattedrale sono prolisse, sfiancanti e poco significative rispetto alle vicende del protagonista. Non perchè non ci debbano essere, ma non in questa misura strabordante (e sinceramente distogliente il lettore).
Allo steso modo le avventure dei protagonisti sono poco lineari rispetto alla delineazione iniziale del loro carattere.
Però, proprio perchè i fatti descritti sono spesso di grande impatto emozionale, è un libro che si può leggere se si vogliono ritrovare le atmosfere del grande feuilletton: da Via col vento, al Conte di Montecristo, a Rocambole e via dicendo di questo genere!

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i grandi romanzi d'appendice (o feuilletton)
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Gialli, Thriller, Horror
 
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3.3
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3.0
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4.0
lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Settembre, 2011
Top 500 Opinionisti  -  

Una donna svedese

In questo libro mi è piaciuta soprattutto la figura della protagonista. E l'espressione delle sue emozioni.
La trama è un po' assurda. Ma proprio per questo il libro si legge senza farsi problemi. Insomma, una lettura poco impegnativa e abbastanza piacevole.

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e ama i libri che vengono dal nord...
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Gialli, Thriller, Horror
 
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2.0
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lella gritti Opinione inserita da lella gritti    21 Settembre, 2011
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Marklund rovinata da Patterson

Che dire....? Mi sembrava un libro abbastanza banale fino a che non ho letto Patterson senza l'ausilio di altri scrittori... da paura!
Questo è abbastanza banale, La Marklund da sola è molto meglio, Soprattutto è più introspettiva. Qui, invece si dà spazio all'azione e si arriva alla fine perchè si deve finire il libro. In due sensi, da parte di chi scrive e da parte di chi legge!

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libri di Patterson. La Marklund ne arricchisce lo stile,,,
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