Opinione scritta da C l a r a

79 risultati - visualizzati 1 - 50 1 2
 
Letteratura rosa
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    13 Aprile, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Da grande voglio fare il pirata..!

Dalla quieta austerità di un convento al palazzo del conte Cervet.
Dalle luride mani di una minacciosa ciurma di pirati alla cabina della Golden Lady.
Per finire poi nella giungla e quindi a Barbados.
Inizia e si dipana così l’intricata vicenda di Soledad, prima sposa di un nobiluomo spagnolo violento e vendicativo, poi vittima dei pirati di Morgan e infine prigioniera e vittima consenziente del pirata, John McFee.

Tre momenti.
Tre situazioni.
Tre luoghi dove i personaggi cambiano e ritrovano se stessi, affascinanti le dinamiche comportamentali e psicologiche dei protagonisti che sono ben delineati e che già dopo le prime 100 pagine sembra di conoscere da sempre.
Da un lato Soledad, vittima piegata, ma mai spezzata, degli eventi. Dall’altro John McFee, pirata dal passato terribile, dalle reazioni imprevedibili, tanto spietato e feroce quanto pronto a rischiare la vita più volte, per salvare quella della sua donna.
Saranno proprio le molteplici vicissitudini ad avvicinarli, cancellando e trasformando la paura di Soledad e la passione e il crudele passato di John, in una rinascita che consacrerà il più forte, intenso e dolce dei sentimenti.

Un plauso alla Morgan che con un sapiente mix di avventura, sensualità, passione ha creato un' opera, sicuramente non snella, ma di facile lettura ed appassionante.
Per oltre 550 pagine ho sentito nitidamente l'aria frizzante del mare tra i capelli, il garrito rauco dei gabbiani, le tavole di legno che scricchiolano sotto le scarpe, l'odore pungente del legno fradicio e del rum invecchiato e il sole caraibico che brucia la pelle, restando comodamente seduta sul divano di casa.

Detto questo, buon avventurosa lettura a tutti!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    23 Febbraio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Dov'è finita Laika?

La sensazione che si prova durante la lettura dei romanzi di Murakami è un misto tra stordimento e incanto, è così per ogni lettura che ho affrontato quindi è diventata un po' la mia costante, quando mi approccio a un Murakami, non so mai dove mi porterà, ma so che ne uscirò completamente intontita e spaesata.

"La ragazza dello Sputnik" è un bellissimo romanzo: lieve, delicato, profondo, introspettivo e onirico.
In esso si intrecciano le solitudini di tre protagonisti: il ragazzo senza nome che ci racconta la storia innamorato di Sumire; Sumire sua amica e coetanea aspirante scrittrice a sua volta innamorata di Myu e Myu l’affascinante imprenditrice quarantenne che però è capace di amare solo sé stessa. Le vite e i sentimenti dei tre protagonisti si sfiorano e si avvicinano, senza però mai riuscire ad intersecarsi e compenetrarsi.
Ed ecco l'immagine dello Sputnik, che nel suo vagare nello spazio può anche trovare un compagno, ma alla fine rimarrà comunque prigioniero della sua solitudine. I tre protagonisti sono tre compagni di viaggio, tre brillanti identità che si compenetrano tra loro ma che in fondo, nel profondo, restano sempre dei solitari aggregati metallici che disegnano ognuno la propria orbita. In lontananza si potrebbe scorgere la loro brillantezza ma in realtà non sono che tre prigionieri, ognuno confinato nel proprio spazio, senza la possibilità di arrivare da nessun'altra parte. Quando le orbite dei loro satelliti si incrociano, forse il contatto tra loro diventa palese, uno scambio di sguardi e di anime. Ma questo non dura che un attimo. Un istante dopo, ognuno torna nella propria assoluta solitudine. E così sempre.
Ed ecco le solitudini e l'incomunicabilità dei tre protagonisti. Vite sospese, irrisolte, incomplete. I protagonisti, ognuno a suo modo, si affacciano al vuoto, fuori e dentro di sè: un vuoto che paralizza e disorienta in un mondo che, per Murakami, è sempre inconoscibile.

"Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.
La comprensione non è altro che un insieme di fraintendimenti.
Questo è il mio piccolo metodo segreto per conoscere il mondo."

Buona lettura a tutti!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
250
Segnala questa recensione ad un moderatore
Letteratura rosa
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    10 Febbraio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Quando è troppo per perdonare?

La perdita prematura di una cara amica è una dura prova da affrontare, ancor più dura se a causare la sua morte è un atto voluto e meditato.
Noelle aveva quarantacinque anni, era una donna energica, benvoluta da tutti e socialmente impegnata. Levatrice per vocazione, sembrava così innamorata della vita da aver scelto di celebrarla ogni giorno aiutando i bambini a venire al mondo.
E allora per quale motivo si è tolta la vita? Quale può essere il senso di un gesto così estremo?
Emerson e Tara, amiche del cuore di Noelle sin dai tempi del liceo, si trovano ad indagare sull'accaduto. Dovranno così fare i conti con i terribili segreti che l'amica custodiva e, loro malgrado, apprendere di esserne coinvolte. Svelarli sarà come scoperchiare un vaso di Pandora il cui contenuto si abbatterà, al pari di un ciclone, sulle loro esistenze, sconvolgendone gli equilibri.
"Come parole nel vento" non è solamente la storia di due amiche che si improvvisano detective per comprendere le ragioni di un suicidio inatteso, è piuttosto la storia di tre esistenze che si intrecciano, di tre differenti modi di essere donna, di un’amicizia tanto profonda e sincera da non lasciarsi scalfire neanche dagli errori più imperdonabili.

Una storia di perdono, di famiglia e di amicizia che con una buona alternanza tra passato e presente, accompagna passo passo il lettore alla scoperta della verità e dell'universo femminile. Tante donne, una diversa dall'altra ma tutte terribilmente reali.
Se vi piacciono le storie al femminile, narrate con stile semplice ma d’impatto, e le emozioni intense questo è il romanzo che fa per voi!

Vi lascio con un interrogativo, che è un po' la chiave di volta dell'intera narrazione: si può perdonare chi sbaglia per amore? Qual è il limite?

Buona lettura amici!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
250
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    28 Gennaio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Un angelo triste.

Patrck è stufo.
Stufo della sua vita, stufo del perbenismo del contesto in cui è inserito, stufo della scritta "6 un frocio" che tinge di rosso il suo armadietto, stufo delle feci di cane congelate lanciategli addosso, stufo dello skateboard che finisce violentemente nelle acque del fiume ghiacciato, stufo di non vedere più ricambiato il suo amore.
Stufo.
E così in un ordinario Lunedì Patrick si impicca.
Monoceros inizia con il più tragico degli epiloghi. Il suo disagio diventa una costante, quello di Patrick che è uscito di scena e quello di tutte le persone che gli erano attorno, quelli che lo schernivano, quelli che lo ignoravano, quelli che non lo capivano.
Ed ecco Faraday, Max, Ginger, Petra, Gretta, Walter ed ecco tutti gli altri... Una costellazione di rabbia, indifferenza, senso di colpa, cattiveria e a volte sensibilità.

Monoceros non è un libro sul suicidio, non è nemmeno un romanzo sul male di vivere adolescenziale, sull'essere omosessuale o sulle difficoltà che la crescita comporta. L'autrice ci parla piuttosto dell'incomunicabilità, dell'incomprensione, dello squallore dell'ipocrisia: se c'è un solo effetto scatenato dal suicidio del protagonista, è quello di scardinare il quotidiano e di costringere tutti i personaggi chiamati in causa a un ripensamento su sé stessi e sul quotidiano. Un ripensamento di portata esistenziale.

Il linguaggio è schietto, crudo, nulla viene lasciato all'immaginazione.
Tutto è impresso su carta, su quella copertina in cui gli schizzi di sangue e un cuore ghiacciato fanno da padroni. E' tutto lì. Il cuore ghiacciato di Patrick, il cuore ghiacciato di un'umanità barbara e spesso meschina, un'umanità triste, ipocrita, incapace di comunicare, ma che ha ancora una via di salvezza, per quanto il terreno sia accidentato.
E allora ecco il messaggio della Mayr, un messaggio assolutamente universale: a volte basta poco per cambiare una vita, basta imparare ad ascoltare.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
250
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi erotici
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    24 Gennaio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Il triangolo non è una figura piana.

Madrid 1984.
Il tre è un numero pari.
Vite precarie che trovano l’equazione perfetta nel numero tre; giovani studenti di Belle Arti: Josè, Jamie e Marcos. Una giovane donna, due giovani uomini.
A vent’anni, tutto il resto svanisce perché insieme sono una sola cosa, armonizzata da quei tre corpi dispari che rappresentano l’assoluta perfezione.
E allora li immaginiamo così, Josè nel mezzo, Jamie le cinge il collo dal lato sinistro, Marcos le bacia dolcemente la guancia destra.
Sesso e arte e amore. Soprattutto amore.
Un amore felice, perfetto, inossidabile.
"Io ero stata felicissima, allora, eravamo stati tutti e tre molto felici, e la vita era un letto grande, un balcone soleggiato, l’odore dell’acquaragia e di tre corpi sudati, il fumo, il rumore dei baci, delle risate. Vivere non è mai stato così facile come lo fu per noi allora, quando stavamo insieme, e insieme eravamo la gioia."

Madrid 1986.
Il tre è un numero dispari.
Come un castello di cartone viene sconfitto da una raffica di vento, allo stesso modo il numero tre tende a scomporsi e ricomporsi, assumendo forme nuove. Il tre non può diventar due senza perdere la perfezione di quei corpi dispari.
I corpi, uno alla volta, si dissolvono per essere sepolti dalla memoria. Tre vite separate, tre vite che avevano conosciuto la purezza della gioia e che scelgono, ognuno per un proprio motivo, di allontanarsi, inseguendo illusioni apparenti.
Ed è incompletezza. Ed è oblio.

Madrid 2004.
Il tre non è mai stato un numero perché è l'angoscia e la sua ombra.
Venti anni dopo, una telefonata, un suicidio, la cenere che si smuove e i ricordi. I ricordi di un amore che non poteva e non doveva essere tale. Troppo complicato troppo confuso, e azzardato e fecondo e doloroso. Troppo amore. Solo questo.

Almudena Grandes ci conduce nell'abisso del piacere, della perversione, dell'amore all'estremo, del peccato e poi ci costringe ad una dolorosa apnea.
A voi, il tentativo di riemergere.
Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    18 Gennaio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

Muri - Porte - Chiavi.

Cosa hanno in comune Cica, una bambina di otto anni che vive a Novara con un padre assente e un cane come amico e Walker, terzo figlio di un’amorevole famiglia del Meridione con un’infatuazione per Walker Texas Ranger e i cavalli?
Sembrerebbe nulla e invece qualcosa c'è: un destino spietato, ineluttabile.
Cica è sopravvissuta al suicidio della madre, che si è gettata nelle acque di un fiume con il desiderio di portarla con sè, stringendola tra le braccia. Walker è nato affetto da trisomia 21, la sindrome di Down.
A unire questi bambini, protagonisti del romanzo, sono i sogni che vivono, la solitudine in cui restano chiusi e la loro “diversità”, mentre cercano di trovare il loro posto nel mondo, un luogo che li accolga così come sono, con tutte le difficoltà che questo comporta.
E allora è evidente: due anime distanti ma affini, in entrambi c'è qualcosa in loro di leggero e candido ma anche di audace e coraggioso, due anime che scorrono lontano dal mondo e da quella che viene comunemente definita normalità, destinate ad incontrarsi, ad esplodere, ad implodere e a rinascere.
A rinascere con due nomi, due nomi veri e non più due soprannomi: Cristiana e Tommaso.

"Hai presente quelle screziature che ci sono dentro gli occhi? […] Ecco, immagina se fossero continenti, terre emerse e mare. Lo sai che significa pupilla? Significa bambolona, dal latino. Perché a guardare una persona negli occhi, in quel foro nero, se presti attenzione, ti ritrovi specchiato. Piccolo, come una bambola in miniatura."

Nulla di ipocrita o personalistico nell'opera prima di Maria Paola Colombo, il messaggio che passa è di coraggio, ottimismo e richiuso il libro il sorriso è d'obbligo. L'accettazione della diversità diventa piuttosto una sfida alla riscoperta della bellezza dell'unicità di ogni essere umano.
Di Cica, di Walker, come di tutti noi.
Un romanzo forte perché onesto e coerente, un romanzo che dall’inizio alla fine segue un unico disegno e tende a dimostrare un’unica cosa: che la vita trova sempre la sua strada.
In salita o in discesa che essa sia.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    03 Gennaio, 2013
Top 500 Opinionisti  -  

O lo ami o lo odi.

Ho appena terminato la lettura e mentre sono qui che scrivo mi girano per la testa tutta una serie di cose diverse...
Pensieri, nostalgia, interrogativi.
Vorrei sapere se alla fine ce l'ha fatta con Chiara, come sta il Capo, se Virginia ha tenuto botta, e la foca monaca se finalmente ha concretizzato con Mauro...
Anche se poi, quel che conta è che Lui non si è fermato.
Lui.
Il protagonista.
Lui, perché il suo nome non lo so e non importa.
Perché Lui può essere chiunque e di ragazzi così, in tutto il nostro paese, ce ne sono parecchi.
Alcuni non si sono fermati, altri invece sì.
Alcuni hanno avuto la forza di credere nei propri sogni altri si sono lasciati infiacchire dalle circostanze.
Ma tanti, molti, la maggior parte continua a correre.
Per un futuro che è sempre più grigio.
Per un lavoro che non c'è.
Per lo studio che non ti porta dove vorresti.
Molti hanno pianto. Hanno gridato. Hanno maledetto lo stato, la politica, l'Italia e poi... Poi si sono tirati su le maniche e hanno stretto i denti.
Ed ecco il protagonista, ed ecco uno di noi.

Anche se spesso lo avrei preso a schiaffi, se ha fatto per duecentonovanta pagine sempre e solo la cosa sbagliata. Il figlio del Capo o lo ami o lo odi.
Io lo amo perché è un po' come me: un inguaribile egocentrico, un romantico rottame, uno a cui piacciono solo i film "vecchi" e che di botte ne ha prese e non solo in senso letterale.
Uno a cui la vita sta sempre un passo avanti e allora tocca correre e correre e correre...
Un bel libro. Che sa far ridere, far riflettere e far piangere.

"Uno se ne sbatte del quadro generale. Sono i particolari, le piccole cose che perdi e alle quali eri attaccato quasi senza saperlo, quelle che poi ti fanno stare male".

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    21 Dicembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Cuore di nonna.

Cosa c’è di più dolce delle parole di una nonna?
Olga, un’anziana signora ormai giunta all'epilogo della propria vita, decide di scrivere una lunga lettera a sua nipote in viaggio negli Stati Uniti.
Una lettera per raccontarle la sua vita ormai passata, il suo matrimonio infelice, la morte prematura della figlia e tutti quegli avvenimenti che l’hanno coinvolta, nel bene e nel male. La lettera prende la forma di un vero e proprio diario, una confessione spassionata, un insieme delicato di emozioni toccanti e commoventi .
187 pagine di una semplicità e delicatezza disarmanti. Inevitabile è la tenerezza nel immaginare “nonna Olga“ prender carta e penna e mettere per iscritto le proprio debolezze, i rimpianti e le delusioni di una vita con la speranza di lasciare un'impronta indelebile nel cuore della nipote, ma soprattutto ricordarle (e ricordarci) che la prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi. La prima e la più importante.

"Quando la strada alle tue spalle è più lunga di quella che hai davanti, vedi una cosa che non avevi mai visto prima: la via che hai percorso non era dritta ma piena di bivi, ad ogni passo c'era una freccia che indicava una direzione diversa; da lì si dipartiva un viottolo, da là una stradina erbosa che si perdeva nei boschi. Qualcuna di queste deviazioni l'hai imboccata senza accorgertene, qualcun'altra non l'avevi neanche vista; quelle che hai trascurato non sai dove ti avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore; non lo sai ma ugualmente provi rimpianto. Potevi fare una cosa e non l'hai fatta, sei tornato indietro invece di andare avanti. Il gioco dell'oca, te lo ricordi? La vita procede pressappoco allo stesso modo. Lungo i bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle o non viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la tua esistenza, quella di chi ti sta vicino."

Un viaggio con le parole lungo una vita intera.
E un consiglio per tutti voi di vero cuore!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    12 Dicembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

C'è un "Budo" per ognuno di noi!

Max è un bambino di nove anni, affetto dalla sindrome di Asperger. Per lui la vita è piuttosto complicata. Relazionarsi con gli altri è difficile, andare a scuola è traumatico. Max detesta il contatto fisico e i baci della mamma lo paralizzano. Odia la cacche extra e qualsiasi cambiamento lo destabilizza così spesso si blocca e per alcuno ore perde il contatto con il mondo che lo circonda. Max vive dentro se stesso e per questo è molto solo.

Budo ha cinque anni, non dorme mai, passa le sue nottate al distributore di benzina, oppure da Doogies dove fanno gli hotdog e sa un sacco di cose per essere così piccolo. Passa facilmente attraverso porte e muri ma non può entrare in contatto con gli oggetti. Budo non lascia mai da solo Max, è sempre al suo fianco, pronto a suggerirgli la risposta nei momenti di difficoltà, a calmarlo e a tranquillizzarlo quando ha paura.
Budo è il migliore amico di Max.
Budo è immaginario, è il frutto della creatività di Max.

Nonostante i suoi problemi, Max è un bambino coraggioso. E’ diverso da tutti gli altri bambini, e per questo i coetanei lo prendono in giro o lo ignorano. La mamma cerca di farlo migliorare e gli ruba i baci di notte, il papà lo tratta come se fosse qualcun altro imponendo di calciare un pallone in un gioco che proprio non capisce e la maestra Gosk, pur essendo la miglior maestra del mondo, lo tratta in modo strano. Nessuno considera Max un bimbo normale, anzi tutti lo vorrebbero diverso, ma nonostante questo, lui continua ad alzarsi, a prendere l'autobus e ad andare a scuola. A vivere, insomma.
La vita di Max è quotidianamente scandita da regole che si è autoimposto, e che gli permettono di non entrare nel panico, lui cerca il suo filo logico nella confusione del mondo: la colazione si fa prima delle nove di mattina, altrimenti si sta digiuni fino al pranzo, e non si indossano mai più di sette indumenti per volta (scarpe escluse).
Ma un giorno la sua routine viene gravemente minacciata, Max viene rapito e l'unico che ha visto è proprio l'unico che non può comunicare con nessuno se non con Max, Budo.
Ci ritroviamo quindi in una piccola, grande avventura. Una di quelle che vorremmo non finissero mai...

Una storia originale, commovente e toccante, scritta da una penna poetica, che con delicatezza sfiora il mondo dei bambini e ci incanta completamente.
Al lettore restano il messaggio dell’amicizia profonda, dell’amore e della dedizione dei bambini. Un amore appagante a 360 gradi.
“L’amico immaginario” è dedicato a chi ha conosciuto realmente un "Budo" nella propria infanzia e ne ha nostalgia, a chi ha avuto una signora Gosk come maestra e a chi aveva (e ha) come migliore amica la propria creatività.
"L'amico immaginario" è dedicato a tutti quelli che non hanno perso il desiderio di sognare. Anche da adulti.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
231
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    27 Novembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Un giallo d'amore.

Cosa accade quando un gallerista di successo, donnaiolo irrefrenabile di cui già il nome è tutto un programma, Jean-Luc Champollion o meglio Le Duc, riceve un’appassionata lettera d’amore firmata da una misteriosa e anonima "Principessa"? Il ritrovamento dal sapore tutto ottocentesco non potrebbe non sconvolgere l’esistenza dell'affascinante protagonista e gettarlo in una ricerca vorticosa della donna che, con semplici parole, riesce letteralmente a fargli perdere la ragione.
Seguiamo così un percorso sia geografico in una Parigi di Maggio che fiorisce di romanticismo, sia nella memoria di Jean-Luc, nel suo diario di bordo sentimentale, dove assieme a lui passiamo in rassegna tutte le donne della sua vita, per capire chi, tra queste, può essere la misteriosa corteggiatrice.

" Ti sei preso una bella cotta. Cosa ti impedisce di interrompere lo scambio di lettere con la misteriosa Principessa? Nessuno ti obbliga a stare al gioco. Sei libero di smettere in qualsiasi momento, eppure continui. Questa Principessa, chiunque sia, ha fatto scattare dentro di te qualcosa che va ben oltre il sorriso di una bella donna incrociata per strada. Monopolizza la tua mente, stimola la tua immaginazione come nessun’altra prima di lei, di colpo tutto diventa possibile…”

Nicolas Barreau non sbaglia un colpo! A solo un anno dalla pubblicazione del suo primo romanzo ci offre una storia altrettanto fresca e spensierata. Questo essenzialmente per una ragione: i libri di Barreau sono romanzi che sorridono; ogni pagina è imbevuta di sano ottimismo, amore per la vita e allegria, e i momenti tristi vengono affrontati stoicamente e durano, come dicono i francesi, "l’éspace d’un matin".
E ben venga... E' questo di cui ogni tanto abbiamo bisogno..!

"Con te fino alla fine del mondo" è un perfetto gioco narrativo perfettamente congegnato, dove è divertente correre, lasciarsi andare e appassionarsi, dalle citazioni nascoste, dalla guida decisa ma mai sopra le righe di un autore che, speriamo, ha ancora molto da raccontarci...

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    14 Novembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Senza perdono.

C’è una sensazione di claustrofobia nelle pagine di “Una donna non dimentica mai”, secondo lavoro pubblicato dalla coppia svedese Eriksson-Sundquist. Per questo una doverosa premessa: il romanzo, anche se autoconclusivo, fa parte di una trilogia: le vicende ed il contesto sono differenti, ma per apprezzarne la lettura è necessario leggere il primo romanzo “La stanza del male”, in quanto i personaggi hanno un profilo psicologico delineato che in "Una donna non dimentica mai" viene dato per acquisito.

La trama della vicenda è decisamente intricata, il nodo centrale è un episodio di bullismo avvenuto venticinque anni prima nel liceo di Sigtuna ai danni di una giovane e misteriosa ragazza di nome Victoria Bergman. Da qui emergono una serie di collegamenti e uno scenario di violenze sessuali perpetrate tra le mura domestiche ai danni di alcune delle studentesse. Il romanzo è un rimando costante ad episodi del passato della vita della protagonista, che si vanno a mischiare con le indagini in corso su delitti fuori dall'ordinario le cui vittime hanno stranamente, una connessione più o meno diretta con questa scuola, a dimostrazione del fatto che la vedetta, anche a distanza di anni può colpire con una forza inaspettata e brutale da lasciare sgomenti.
Questo libro è fortemente legato all'universo femminile, nelle sue mille sfaccettature. Le protagoniste sono due donne Sofia Zetterlund,, psicologa e profiler dalla personalità ambigua e ambivalente e Jeanette Kihlberg, commissario della polizia di Stoccolma con un figlio problematico, un matrimonio alla sfascio e una carriera resa difficoltosa da un ambiente fortemente maschilista.

Un thriller di denuncia, che pone in risalto l'universo femminile come vittima prescelta per uno scenario violento e raccapricciante.
Violenza fisica.
Violenza sessuale.
Violenza psicologica.
Violenza morale.
In ogni caso sempre e solo violenza.
Quando il male segna l’esistenza di una donna, indipendentemente dalla sua età anagrafica, la segna per sempre ed è impossibile voltare pagina e far finta che nulla sia successo. Bisogna convivere ogni giorno con un peso che schiaccia il cuore. Solo una donna può sopportare questo.

"Non ci sono buoni motivi per ricominciare, aveva detto lui. Tu sei sempre appartenuta a me e lo sarai per sempre. Lei percepiva questo aspetto come se fosse due persone diverse.
Una a cui lui piaceva e una che lo odiava."

Non il solito thriller... Consigliatissimo!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    05 Novembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Occhio al karma..!

Kim: una conduttrice di successo, sempre impegnata, sempre di corsa... Tanto da dimenticare il regalo di compleanno per l'adorabile figlioletta.
Alex: un casalingo frustrato, polemico e che a tratti soffre di complessi d'inferiorità. Ma anche un papà modello.
Due opposti, la vita famigliare è un disastro, il sesso è un disastro; la classica storia di un matrimonio che sta andando a rotoli, di una famiglia che si sfascia.
Trama sentita e risentita: e allora dove sta la novità? E cosa centrano in tutto ciò karma e formiche? Ebbene, il cocktail vincente di questo libro è un mix di sentimento, umorismo, suspense e misticismo.
Avete letto bene: misticismo... Colpita in testa da un relitto spaziale, Kim si risveglia, trasformata in una formica.
Perché una formica?
Perché nelle reincarnazioni dopo la morte ognuno ha ciò che si è meritato durante la vita precedente, le risponde un Buddha a sei zampine e un testone da formica. Troppi errori, troppo egoismo nella sua vita passata: adesso Kim dovrà risalire la lunga scala delle reincarnazioni, da formica a porcellino d'india, da verme a vitellino... Il percorso per accumulare karma positivo non è certo una passeggiata... Ma certo diventa più divertente se lungo la risalita si incontrano il fascinoso e conturbante Casanova in veste di formica, dei pelosi roditori di nome Depardieu, Marylin Monroe e Schopenhauer e un Napoleone coleottero. Tutto questo per recuperare quello che a lungo Kim aveva accantonato: la famiglia.

C'è ritmo, c'è allegria, c'è divertimento, c'è ottimismo. Ci sono battute fulminanti, situazioni esilaranti, scene d'azione avventurose. E' il ritorno, in chiave ironica, del topos delle metamorfosi, arricchito di una morale mai scontata. Un romanzo fuori dal comune, ironico quanto basta, leggero ma non troppo, decisamente unico.

Consigliatissimo! E se anche voi siete alla ricerca del vostro Nirvana, pensateci bene, a volte per il Nirvana è sufficiente un po' d'amore, una bella famiglia, l'affetto e la stima di chi avete attorno e la riscoperta dei piccoli piaceri quotidiani.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    26 Ottobre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Un piccolo tesoro.

"L'abito di piume": una piccola e terapeutica opera che custodirò gelosamente.
Basterebbe dire questo per riassumere pienamente lo spirito del libro.

La trama è semplice e lineare: Hotaru, giovane donna vede esplodere come una bolla di sapone la sua lunga storia d'amore con un uomo sposato a cui si era dedicata in modo ossessivo durante gli ultimi otto anni di vita. Confusa, infelice, per riprendersi dal vuoto di questa improvvisa assenza, decide di lasciare Tokyo e di tornare nel suo paesino d'origine, un piccolo centro della provincia giapponese attraversato da un fiume. Ad attenderla trova la nonna, l'amica e gli affetti del passato e inizia il suo percorso di rinascita.
Un percorso in punta di piedi, che almeno una volta nelle vita, ognuno ha attraversato: colmare le assenze, riempire i vuoti, ritornare a stare in piedi da soli.

"Pensai che la gentilezza disinteressata delle persone, le loro parole spassionate, fossero come un abito di piume. Avvolta da quel tepore, finalmente libera dal peso che mi aveva oppresso fino a quel momento, la mia anima stava fluttuando nell'aria con grande gioia".

Leggere i libri della Yoshimoto scalda il cuore, lasciando quel dolce tepore dato dalla purezza dei sentimenti più elementari, dall'importanza del ritorno alle origini e dalla riscoperta delle piccole gioie quotidiane: la natura, il cibo, l'amicizia, la famiglia... In sé, ha il dono di una narrazione semplice ma coinvolgente, riuscendo con delicatezza a trasportare il lettore nella realtà del racconto.
La perfetta fusione tra stile narrativo e contenuti conferisce al testo una sensazione di struggente malinconia, stringe il cuore di chi legge, senza però cadere in una banale lacrimosa tristezza.
"L'abito di piume" è questo. E forse molto di più.
Un piccolo toccasana per il cuore che non posso che consigliare a tutti!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    21 Ottobre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Si e no.

La vita di Alessandra non differisce in nulla da quella di qualsiasi altra adolescente borghese: vive in una bella casa, va a scuola in scooter, parla di ragazzi e vestiti con le sue migliori amiche, aspetta con ansia il sabato sera per sfoggiare tacchi e minigonna, trangugiare litri di musica e alcool e magari fare incontri interessanti.
Il flusso rassicurante della quotidianità di Alessandra si incrina quando alla madre viene diagnosticato un tumore incurabile. L’atmosfera si incupisce e veniamo trasportati nell’insondabile terreno dell’attesa, che per quanto amara e logorante possa diventare, è pur sempre l’ultimo baluardo prima del peggio, prima della fine.
E poi inevitabilmente la fine arriva ed Alessandra resta improvvisamente sola.
Sola per scelta.
Il tempo non riporta indietro ciò che si perde per sempre e allora la scuola, il rapporto con le amiche, il rapporto con l'altro sesso inevitabilmente cambia.
Silenzio e solitudine e da qui la scelta di cambiare banco di mettersi accanto a Gabriele. Gabriele detto Zero per il suo non esserci pur essendo presente.
Inizia così l’incursione a Zerolandia, terra straniera, ostinata, a volte impervia, ma l’unica in grado di restituire ad Alessandra la voglia di continuare a lottare per essere felice, anche così, senza una mamma, senza i suoi vecchi amici, senza la più piccola rassicurante certezza. E forse questo percorso diventa migliore se due solitudini diverse decidono di prendersi per mano e di darsi, a vicenda, un’altra possibilità per provare ad esser felici.

“Quando torna la felicità faccio finta di niente. Farò finta di non accorgermi, come uno che può fare senza, che ha imparato e si accontenta. Quando torna la felicità non le dico niente. Farò finta di non vederla e basta”.

Opera prima di Paola Predicatori "Il mio inverno a Zerolandia" si lascia leggere, senza però quel quid in più che l'avrebbe resa un "ottimo esordio". Per arrivare alla fine del romanzo senza restare delusi, bisogna partire dal chiaro presupposto che si tratta di un romanzo per adolescenti.
Allora, così si riesce a perdonare l'utilizzo di un linguaggio decisamente semplice, a tratti povero, l’utilizzo di espressioni forzatamente adolescenziali e qualche sbavatura superflua nella vicenda che tutto sommato però scorre velocemente e abbastanza bene.
Paola Predicatori ha fatto sicuramente un apprezzabile sforzo nel cercare di creare un'opera di formazione, va premiato il coraggio dimostrato nel calarsi in un ruolo per niente scontato e delicato ma qualcosa ancora manca.
Cara Paola, le premesse ci sono, spero di poterti leggere ancora!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    17 Ottobre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Un gioco avvincente!

"Questo posto è un mistero. Un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi, ha un'anima. L'anima di chi lo ha scritto e di quelli che lo hanno letto e vissuto e sognato. Ogni volta che un libro cambia di mano, ogni volta che qualcuno fa scorrere lo sguardo sulle sue pagine, il suo spirito cresce e si rafforza. In questo posto i libri che nessuno più ricorda, i libri che si sono perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa di arrivare tra le mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito..."

Ed eccomi con un altro Zafòn in mano.
Una doverosa premessa: io sono di parte. Zafòn è uno dei miei scrittori preferiti, quindi potrebbe scrivere anche la ricetta per fare la torta di mele e probabilmente troverei il suo stile ugualmente affascinante.

Barcellona, anni '20. Un'ambientazione ben nota a tutti coloro che hanno già letto "L'ombra del vento", l'atmosfera misteriosa della città, col fumo che si mischia alla nebbia dell’inverno umido e delle poche persone per le strade, che David Martin percorre tormentato dall’insicurezza, ma sorretto dal pulsare di un cuore nobile e forte, il cuore di chi nutre grandi speranze. David sogna di diventare scrittore.
Una strada tortuosa da percorrere, una scelta coraggiosa e screditata dai più. Ma il successo inaspettatamente arriva sotto forma di un inquietante e sconosciuto editore francese: chi è il misterioso Andreas Corelli che risulta essere morto almeno quindici anni prima? Qual è il gioco di quest' uomo che porta una piccola spilla con un angelo sul risvolto della giacca?

Non desidero soffermarmi più di tanto sull'intricata e ricchissima trama, il lettore è completamente "inghiottito" da quello che pare essere un romanzo dentro un romanzo che contiene un altro romanzo, thriller, feuilleton, romanzo gotico, storia d'amore... L'abilità di Zafòn sta proprio nel riuscire a dare senso e coerenza a tutta questa ragnatela di storie, rendendole godibili ed accattivanti.
"Il gioco dell’angelo" è un libro ben congegnato, un meccanismo perfetto, curato, perso tra la leggerezza dell’essere e la profonda oscurità del male. Ed è proprio tra queste coordinate che lo scrittore ha trovato la chiave di volta della sua narrativa, rinnovando il miracolo della narrazione e stupendo in ogni libro il lettore.
E io mentre mi tiene la mano, mi lascio trasportare lontano.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    15 Ottobre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Un'emozione che buca il cuore.

"Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un tratto, in quel buio, s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri. Esistevi"

Parte tutto da qui.
Parte da questa consapevolezza un dialogo unilaterale da una madre verso il figlio.
Un dialogo che poggia su poche frammentarie certezze e mille e più dubbi.
La maternità è solo un atto di egoismo, per rispettare la morale, o all'opposto è un atto d’amore verso un bambino che desidera nascere? Regalo o costrizione?
Aborto equivale ad omicidio? O omicidio è far nascere un bambino in un contesto così socialmente e umanamente complesso?

"Ora ti chiedo se sei disposto a correre il rischio di lavare le mutande degli altri e scoprire che il domani è un ieri. Tu che te ne stai dove ogni ieri è domani, e ogni domani è una conquista. Tu che non conosci ancora la peggiore delle verità: il mondo cambia e resta come prima."

Tenera mamma, fuori dagli schemi, racconta al feto fiabe autobiografiche che dipingono la vita come un percorso costellato di soprusi e ingiustizie e lo rende partecipe delle sue ansie, angosce, paure, perplessità. Le fatiche della vita, una guerra che si ripete ogni giorno, nero su bianco, descritte da una penna matura, semplice, nitida, pulita.

Un viaggio tra vita e morte per capire che la maternità non è un dovere morale.
Non è nemmeno un fatto biologico.
La maternità è una scelta cosciente.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    05 Ottobre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Divagazione su divagazione...

Dopo la bellezza di quattrocentosessantaquattro pagine eccomi qui con la domanda del secolo: "Di che cosa parla PopCo?"

Innanzitutto una doverosa premessa sull'autrice: Scarlett Thomas è una grande, grandissima chiacchierona.
Dopo aver terminato questo libro ho l'impressione che se per un "fortuito" caso incontrassi l’autrice e le chiedessi una qualunque informazione banale del tipo "sa per caso che ore sono?", questa donna sarebbe capace di tenere un monologo per giorni interi, raccontandomi prima la storia della scienza della misurazione del tempo, dalla meridiana agli orologi basati sulle oscillazioni degli elettroni, poi dilungandosi nella avvincente storia che ha portato l'orologio che indossa proprio lì sul suo polso e dei legami complessi fra lei e la persona che glielo ha regalato, fino a risalire a tutti i suoi parenti e conoscenti, indietro nel tempo fino ad Adamo ed Eva, fino a che non sarebbe passato così tanto tempo dalla mia incauta domanda che probabilmente Scarlett non potrebbe dirmi altro che "Oh mi spiace, non so che ore sono: mi si sono scaricate le pile già un paio di divagazioni fa".
Insomma Scalett Thomas la Regina delle divagazioni inutili.

Viene quindi automatico domandarsi che cosa l'autrice abbia desiderato raccontarci, il tema fondamentale apparente, in mezzo al quale sono inzuppate come biscotti nel tiramisù le divagazioni, è inzialmente la crittografia, condita da una infarinata dei più interessanti aneddoti matematici.
Tutto questo inserito nella storia di Alice, creativa presso una multinazionale di giocattoli che sta lavorando su un progetto di ideazione e ricerca per un prodotto vendibile tra le adolescenti in una tenuta del Devon. In parallelo vengono riportati flashback sul passato della protagonista, sul rapporto con la famiglia, la sua passione per la matematica, la crittoanalisi, dall'infanzia all'adolescenza.
Ai flashback sul passato si mescolano le riunioni lavorative del presente, fino a che il tema principale, quello sulla matematica, non diventa in realtà secondario rispetto a quello fondamentale e, forse, reale del libro: "Come lavorano le multinazionali?","Come manipolano le persone e l'opinione pubblica?" "Come condizionano i desideri di ogni potenziale consumatore, portandolo a fregarsene delle condizioni di coloro che hanno duramente lavorato per produrre?".
Ed ecco allora che, la Thomas raggiunge l'apice: ti prende per la stanchezza! E l'ultima parte, per una laureata in marketing, riscatta in parte le prime duecento pagine di divagazioni.

Se immaginate ogni divagazione come una svolta su un percorso altrimenti rettilineo, questo libro è un gigantesco labirinto: non tutti i percorsi che abbiamo intrapreso sono stati affrontati in modo esaustivo e chiusi nel modo più appropriato, però perlomeno siamo arrivati alla fine!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    03 Ottobre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Su quel treno ci sono anch'io...

Buongiorno cari amici!
Sono appena scesa dalle porte del treno più rinomato e famoso della storia della letteratura inglese, frutto dell’inventiva di una geniale signora che io immagino abbigliata con un semplice abito giallo, occhialetti lucenti sulla punta del naso ed i capelli avvolti in un crocchia all’estremità della nuca, sempre attenta e pronta, astuta e dotata di un’intelligenza di straordinaria efficacia: Agatha Christie.

Ho percorso la tratta Istanbul-Parigi e a causa del clima rigido e nevoso sono stata costretta ad alcune soste durante il percorso. Proprio durante una di queste soste ho scoperto per caso, all’interno di una cabina, il cadavere di un uomo: il signor Ratchett, persona tanto ricca quanto odiosa. Fortuna vuole che su questo treno ci fosse anche il celeberrimo Hercule Poirot, l'astuto investigatore, la cui fama lo precede in tutto il mondo.
E allora eccomi, impensabilmente, al suo fianco a indagare, a scandagliare ed analizzare passeggero per passeggero, per poi rendermi invece conto che la verità è proprio davanti ai miei occhi, basta saperla osservare dalla giusta angolazione.

Il mio viaggio insomma è stato un viaggio oltre ogni confine, un viaggio lungo la bellezza di duecentoquindici pagine, uno di quelli che durano troppo poco per rendersi conto di quanto accade mentre si è saltati sù, accompagnata dallo stile asciutto, senza fronzoli ma terribilmente intrigante della "Regina del Giallo".

Un libro da leggere e da rileggere, ora se mi volete scusare io salto di nuovo a bordo.
Buon viaggio a tutti!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    25 Settembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Un viaggio chiamato VITA.

"Se ti abbraccio non aver paura".
ll viaggio di essere padre.
Il viaggio dentro al viaggio.
Il viaggio dentro al mondo inesplorato e, ai più ancora sconosciuto, dell'autismo.
L'autismo: questo sconosciuto! Una di quelle malattie che crea disagio, che appartiene ad un folto ventaglio di eventi che il genere umano non sa ancora come affrontare, nei meandri di una società che non capisce come comportarsi e rapportarsi con queste persone che hanno un modo di vedere la realtà completamente diverso, del tutto originale.

"Il mondo intero entra dentro Andrea come un sasso in discesa, come una valanga. Andrea non ha difese, non ha barriere assorbe tutto come una spugna e basta guardarlo per capire che ha un'intimità diversa, tutta sua, con la realtà. A voce si esprime in modo sconnesso, pronuncia parole secche: casa, in giro, quello verde. Le sue risposte suonano meccaniche, riprendono una parte della domanda.
Quello che lascia trapelare è concentrato: è l'alchimista che distilla poche parole ma un grande eco.
Bisogna solo imparare a sentire."

E in "Se ti abbraccio non aver paura" ci sono loro: Franco e Andrea.
Padre e figlio.
Padre e figlio adolescente che da 15 anni convivono con l'autismo.
E c'è il loro viaggio. Un viaggio che parte da molto lontano, da una diagnosi di autismo confermata e trecento chilometri in macchina verso Siena, durante i quali l’abitacolo si riempie di urla e lacrime, per entrare fino in fondo nella realtà. Per esplorare quella parola misteriosa quanto spaventosa.
E in parallelo un altro viaggio, un viaggio di speranza, un viaggio per assaporare il gusto della parola "vita". Andrea e Franco nelle Americhe, a dorso di una Harley o di un’automobile, attraverso gli States e l’America Latina, attraverso città conosciute e meno conosciute, alla ricerca di un qualcosa che non ha un nome, e che forse non esiste neanche e quindi tanto vale non nominarlo... Un viaggio all'insegna della normalità, se davvero esiste.

E allora cos'è l'autismo? E' un cuore che batte con un ritmo diverso ma sempre umano, sono piccole manie, piccole tic alternati a momenti di armonia perfetta. E allora ci scopriamo un po' tutti autistici, bene o male.
Niente lieto fine o finale triste, niente contentino per il lettore o epilogo da favola, solo realtà. Uno spaccato di anima schietto, niente buonismo né illusorie fantasie, ma un bel ritratto romantico e dolceamaro di un presente che resta ancora chiuso dietro tante, troppe sbarre.

La mia eredità a tutti quelli che ancora non sono entrati in contatto con il romanzo è questa: http://www.andreaantonello.it/galleria.php?MIAMI-ARRAIAL-2010-5
E il mio augurio è quello di andare oltre. Sempre e comunque.
Buon viaggio!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
230
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    14 Settembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Anche l'ultimo dei poveracci...

Ha bisogno di una storia.

Tutti li chiamano i gemelli.
Alfredo e Beatrice.
Due ragazzini cresciuti insieme, nel tetro mare di cemento di una periferia degradata in un paese dell'Italia centrale non ben identificato. La Fortezza, la città innominata, una sorta di ghetto dal quale è difficile uscire, ma nel quale i protagonisti si sentono anche protetti da tacite leggi non scritte. Qui sorgono enormi palazzoni occupati abusivamente da famiglie di estrazione sociale misera, dove la violenza, la povertà, l’analfabetismo e l’istinto di sopravvivenza la fanno da padroni.
E in questo tragico sfondo c’è questa amicizia profonda e simbiotica che unisce i due protagonisti fino a farli diventare simili persino nelle movenze, nei modi di reagire nei modi di parlare, nei modi di dormire.
Sì perché Alfredo e Beatrice condividono tutto, persino la mamma. Alfredo che una mamma non ce l’ha, ha solo un papà violento e alcolizzato che malmena lui e i suoi fratelli e lo spinge a fuggire da casa. A fuggire in un porto franco, in una gabbia d'orata: il lettone che condivide con Beatrice.
Spartiscono tutto i gemelli, la vita, gli amici, le canne, il dolore, la rassegnazione di essere nati nel posto sbagliato e di non poterne uscire mai. Nemmeno volendo.

“Non lo so, forse era l’ambiente che ci aveva prodotti. Forse ce l’avevamo nel sangue. Forse era la gente che frequentavamo, la noia, la mancanza di obiettivi. La consapevolezza di non poter essere mai niente di diverso, la presa di coscienza che saremmo stati così per tutta la vita. Fuori si susseguivano gli anni e il mondo cambiava. Dentro noi rimanevamo fermi. Non ce l’avevamo un motivo per vivere, non sapevamo darcelo. Lo facevamo e basta.”

Una storia d’amore e d’amicizia, una storia di disperazione e morte, certo non un amore nel senso romantico del termine. Alfredo e Beatrice semplicemente si possiedono. E stare insieme è un'esigenza, è istinto di conservazione.
Semplicemente così deve essere.

Non sembra possibile che sia un romanzo d’esordio. "Il rumore dei passi" è un'opera matura. Matura per una penna che ha solo 28 anni... Valentina D’urbano ha uno stile deciso, essenziale, graffiante, tagliente. Trascina il lettore nella Fortezza, senza alcuna delicatezza: lo ferisce, lo fa commuovere e piano piano lo fa innamorare ed emozionare.

“Il rumore dei tuoi passi” ha per protagonisti due adolescenti ma non è per adolescenti.
A loro preferirei regalare pagine di speranza e possibilità, di coraggio e impegno piuttosto che queste, incentrate sulla resa, sull'impossibilità di cambiamento, sulla morte.
I giovani meritano di credere di avere la possibilità di cambiare il mondo con le proprie forze, piuttosto che arrendersi ancor prima di provarci.
Ai giovani, lasciamoli sognare.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
2.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    12 Settembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Pinguini, necrologi e qualche sorriso.

"Picnic sul ghiaccio".
Già il titolo è una delizia..!
In realtà le mie aspettative sono state sovvertite, non perché il libro non sia di qualità anzi...
Siamo molto distanti dal genere dal giallo tradizionale, questo libro si avvicina più a una sorta di satira, l'autore fa dell'ironia sulla situazione e le dinamiche negli stati nel periodo post sovietico. Non siamo di fronte ad un libro sui criminali ma la criminalità viene vissuta come costante, come normalità nell'immaginaria, ma non troppo, Ucraina di Kurkov.
E poi... Noi italiani siamo dei caciaroni per natura, chiacchieroni, sovrabbondanti, sopra le righe siamo così distanti dalla scrittura asciutta, asettica e pungente di Kurkov da restarne quasi disorientati.

Analizzando la trama: due eroi Viktor Zolotaryov, scrittore, quarantenne, sempre impegnato a scrivere il romanzo che non ha ancora iniziato e il suo pinguino, Micha, regalo di uno zoo che ripartiva animali per l'impossibilità di accudirli per mancanza di fondi in un Ucraina in bancarotta.
Per guadagnarsi da vivere Viktor scrive "coccodrilli" ovvero necrologi per un giornale , epitaffio anticipato per notabili ancora vivi, futuri defunti, segretari di stato, deputati, banchieri, impresari, banditi e cantanti d'opera e amanti vari. Per l'Ucraina che conta insomma.
Questi godevoli necrologi sono così notevoli che è quasi un peccato che non siano morte tutte queste persone, senza poter accrescere la fama di Viktor.
Ma cosa succede se, un giorno, per caso (o forse no) questi vivi abituari iniziano a morire uno dopo l'altro? Cadono da una finestra, colpiti da uno sparo, saltati su una bomba o strangolati.
118 assassinati o morti in strane circostanze.
Un'avventura grottesca e paradossale da leggere davanti a un Kapusniak (leggi: zuppa di cipolle, carne e gnocchetti, tipica dell'Ucraina).

Politica, economia, interessi per un ritratto amaro di un paese spesso troppo poco conosciuto.
Il talento di Andrei Kurkov è proprio qui, con un sorriso e buoni sentimenti, a mo' di commedia domestica, dipinge agilmente la triste fiera della barbarità dell'animo umano.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    07 Settembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

"Per te questo e altro."

Alcuni libri, si sa, sono come il vino... Vanno lasciati riposare, fermentare e stagionare per acquisire pienamente la loro forza e bellezza.
"Il cacciatore di aquiloni" per me è stato uno di questi.
Un libro che da subito è diventato un caso editoriale, vendendo milioni di copie in tutto il mondo, e da cui nel 2008 è stato tratto un film diretto da Marc Forster, anche questo con incassi riduttivamente stratosferici.

Argomenti caldi, trama avvincente senza leggerlo sapevo che avrebbe avuto tutte le carte in regola per piacermi.
Eppure l'ho lasciato lì.
Ho aspettato che il libro mi chiamasse, ho aspettato il "momento giusto".

"Una volta quando ero molto piccolo, mi sono arrampicato su un albero ed ho mangiato delle mele verdi, acerbe. La pancia mi si gonfiò e divenne dura come un tamburo. Mi faceva male. La mamma mi spiegò che se avessi aspettato che le mele fossero mature, non mi sarebbe successo niente. Così adesso quando desidero molto qualcosa, penso alle mele".

E quando l'ho letto è stato amore.
L'ho profondamente amato.
Ho amato l'ambientazione storica e spaziale, la storia dell'Afghanistan degli ultimi decenni, una storia a tinte fosche: terribile e tragica. Un puzzle d'orrori composto con le tessere di vite spezzate, di esistenze straziate ed umiliate, di infanzie rubate e di piccole e grandi ingiustizie.

Ho amato e seguito con passione le vicende dei protagonisti. La loro amicizia quasi fraterna.
Un rapporto che però, ben riflette tutte le fragilità del animo umano.
Un rapporto in cui l'imparare a "darsi" all'altro è il fulcro reale di un legame che attraversa 30 anni di storia e di sofferenze.
"Essere guardato e non soltanto visto, essere ascoltato e non soltanto udito."

E infine ho amato lo stile magico di Khaled Hosseini, in grado di stregare il lettore, di incollarlo alle pagine e di farlo entrare nella vicenda per vivere in prima persona i travagli interiori di Amir, sentendo fischiare i proiettili russi prima e talebani poi sopra alla propria testa, per ritrovarsi poi il viso rigato di lacrime al primo sorriso di Sohrab.

Io mentre ve lo consiglio ho ancora i brividi...

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    03 Settembre, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Rosa si... Ma non solo!

Rianne De Zoete è bella, giovane, ricca, desiderata e viziata. Non esiste nulla che non possa comprare o ottenere.

Ecco gli ingredienti giusti per un qualsiasi romanzetto rosa, un harmony da leggere sotto l'ombrello nella speranza che il panciuto vicino si trasformi nel principe azzurro di turno e ci faccia vivere strabilinati e appassionanti avventure.
Non avevo grandi aspettative.
L'ho trovato a poco prezzo ed acquistato di pancia.
E ho commesso un superficiale errore di valutazione.
Sicuramente non stiamo parlando di un libro di chissà quale spessore o valore artistico, ma di un romanzo abbastanza leggero, rilassante e assolutamente piacevole.
Dunque che cosa caratterizza questo libro per meritare di essere recensito in modo approfondito e magari consigliato?
Che cosa rende la Lokko una scrittrice meritevole di menzione nella lunga lista di coloro che scrivono romanzi destinati principalmente al puro intrattenimento?
Romanzi non semplicemente romanzi rosa.
Innanzitutto l’ambientazione non è esattamente banale e trascurabile, così come il tema di fondo: siamo negli anni 80 in un Sudafrica che fa da teatro all' apartheid, al confronto/scontro culturale, alla lotta tra ricchi e poveri, allo sfruttamento della popolazione di colore nelle miniere.
Allora gli ingredienti si ampliano, non abbiamo più solo una ricca e affascinante protagonista, ma abbiamo una ricca e affascinante protagonista sudafricana che prende consapevolezza pagina dopo pagina del contesto in cui vive.
"Il mondo ai miei piedi" può essere facilmente definito un romanzo di un passaggio, il passaggio dalla vita infantile alla vita adulta, la crescita, le vittorie e le sconfitte, la solidarietà, i grandi dolori e infine le speranze di quattro amiche, quattro giovani donne ma anche e soprattutto di un intero popolo.
Con una trama appassionante ed intrigante, il lettore viene condotto per mano attraverso una scrittura dallo stile semplice e scorrevole ma elegante, mai volgare o stucchevole.
Un romanzo piacevole,che fa sognare e riflettere allo stesso tempo senza la pretesa di diventare a tutti i costi un opera "impegnata".
616 pagine godevoli e appassionanti, che si leggono in un soffio e se dopo la lettura non resta poi così tanto... Pazienza, ogni tanto va bene anche così..!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    26 Agosto, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Il potere terapeutico dei libri.

"Non so se qualcuno leggerà mai quello che sto scrivendo. Ma se avete questo libro tra le mani, allora significa che avete trovato la mia storia. E che sarete miei ospiti, per un po’. Se nel mio viaggio troverete qualcosa che può esservi d’aiuto per il vostro, tenetelo."

Alan, 30 anni, una donna che ama prima e sopra di tutto, una vita agiata possibile grazie a un lavoro da grafico pubblicitario che lo appaga da ogni punto di vista.
Cosa si prova nel giro di pochi mesi a perdere tutto? L'amore di una vita, il lavoro, la casa.
E la voglia di vivere.
C'è una promessa però, solo questa lo può incatena alla vita. La promessa che lo spingerà a intraprendere un viaggio. Non un viaggio qualsiasi, ma una vera e propria traversata a piedi degli Stati Uniti da Seattle, dove viveva, al punto più lontano della mappa: Key West, Florida.
Ogni passo in avanti di Alan nel suo cammino è un piccolo traguardo nella comprensione e nell'accettazione del dolore: il superamento del rifiuto, della rabbia e della negazione con cui ogni individuo è costretto a fare i conti a fronte di una perdita dolorosa.

"Possiamo trascorrere i giorni a piangere le nostre perdite, o possiamo trarne motivo di crescita. Alla fine dipende da noi. Possiamo essere vittime delle circostanze o padroni del nostro destino, ma non illudersi di poter essere entrambe le cose."

Un Evans, in stato di grazia, che ammalia il lettore e prendendolo per mano lo spinge ad un esame universale sul senso della vita, su Dio, sulla natura umana e su quanto le pagine della vita di ognuno hanno ancora da raccontare.
In viaggio con Alan, pur restando seduti comodamente sul nostro divano, ci siamo anche noi.

"Il segreto più grande della vita è trovare esattamente ciò che cerchiamo. Nonostante quello che ci accade, alla fine siamo noi a decidere se la nostra vita è cattiva, brutta o meravigliosa".

Un libro che si fa ricordare e che io consiglio, di cuore, a tutti.
Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    21 Agosto, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Niente è come sembra.

"Nel corso degli anni, mi preoccupai sovente per questo, ma per molto tempo sembrò che i fatti avvenuti fra le mangrovie dovessero restare inconoscibili, almeno per me - un mistero, anche se odio questa parola. Non esistono misteri: solo persone che nascondono le cose, solo segreti."

McGrath ci regala un'altra storia dove l'amore assume i lineamenti del disturbo patologico, del sentimento totalizzante che si trasforma in ossessione, dove il confine labile tra sano e malato è portato agli estremi e tutto, ancora una volta, è incerto.
Gin Rathbone racconta la tragica storia di suo fratello Jack.
Jack l' eccentrico, l'artista, il narcisista.
Impossibile per la sorella resistere al suo fascino, Gin vive nel culto della personalità del fratello fin dagli anni dell'infanzia trascorsa in un'Inghilterra un po' provinciale e un po' borghese.
Un fascino che assume una connotazione morbosa tant'è che resta saldo anche quando Vera Savage, artista in ascesa che ha tutti i tratti dell'avventuriera, glielo porta via facendogli balenare il sogno di una New York carica di energia e di promesse.
Ma il sogno dura poco. Jack incapace di reggere la competizione con la compagna e con un ambiente intriso di arte e innovazione decide di rifufiarsi in una dimensione più tranquilla: Port Mungo. Come Gauguin, Jack va a cercare la sua ispirazione artistica ai Tropici, portandosi dietro Vera.
Ma a Port Mungo naufragano sole le illusioni: Jack e Vera non sono in grado di dare vita a un progetto comune, né sul piano artistico né sul piano sentimentale e non li salva neanche l'arrivo di due figlie: Peg e Anna.
Peg, la maggiore delle due, cresce e vive come una selvaggia, a sette anni fuma e beve birra, e a sedici viene ritrovata morta annegata sotto un groviglio di mangrovie sotto lo sguardo passivo della sorella più piccola che inevitabilmente ne riporta i traumi.

Ma da dove nasce la tragedia?
Da dove viene il comportamento anomalo dei protagonisti?
Dove finisce la normalità e inizia la malattia?

Anche in questo romanzo di McGrath il narratore ha ruolo centrale, e come sempre l'autore vuole mettere in dubbio la sua affidabilità. Noi non possiamo che lasciarci guidare e ogni tanto cercare di tirare il freno a mano per riflettere lucidamente sulla narrazione.
Il plot è ben congegnato, la caratterizzazione dei personaggi è incisiva e delineata con precisione: atteggiamenti, sguardi, gestualità e modi di vestire li rivelano in poche righe in modo inequivocabile.
"Port Mungo" è un viaggio nei lati più torbidi e oscuri dell'animo umano. Impossibile resistere al fascino della penna di McGrath!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    17 Agosto, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Questione di punti di vista.

Giallo?
Romanzo?
Commedia?
Noir?
Romanzo di formazione?
Difficile inquadrare l'opera d Gucci in un preciso genere e se proprio volessimo inquadrarlo, per necessità di "mercato", lo potremmo definire un noir metropolitano.
Un noir che a ben vedere di noir ha poco, se non le struttura schematica che fa molto comodo allo scrittore stesso, che fa comodo alle esigenze editoriali, ma che può, come in questo caso, disorientare il lettore e colui che s’appresta ad indirizzare il non-ancora-lettore.

Partiamo da un piccolo riassunto della trama: Giovanni, nè giovane nè vecchio, nè bello nè brutto, nè soddifatto nè insoddisfatto, si trova un giorno per un fortuito scherzo del destino con un consistente gruzzoletto di soldi.
Soldi che, certo, dovevano andare a qualcun'altro.
Quel qualcun'altro è Lù: transessuale di due metri, decisa, caparbia e forzuta (e guai a chiamarla Salvatore..!) che rivuole il suo malloppo. Ad ogni costo.
Ma cosa fare se Giovanni con questi soldi si è sistemato acquistando un tranquillo appartamento?
E cosa fare se non possiede la cifra da renderle?
La soluzione è semplice, iniziare una forzata convivenza che come annuncia la copertina, inizia male e prosegue peggio.
Incomprensioni, scontri tra mondi distanti, lotte ed equivoci condite da cenette prelibate e sporadiche tenerezze. Il quartiere sempre pronto a segnare a dito e sparlare, il passato che torna a bussare e Giovanni che cambia, che cresce, che apre la mente ad infinite nuove possibilità, inconcepibili sino a poco prima.
Avventure una più divertente e avvicente dell'altra.
E un rapporto acerbo che prende pian piano forma e che supera il conformismo, un rapporto fuori dagli schemi, che fa riflettere tutti quanti e soprattutto che appassiona, commuove e fa sognare.
"Così dietro il mio dolore c'è la bellezza e io la seguo."
E noi non possiamo che fare lo stesso, seguire la bellezza e fare un plauso a Gucci, per questo noir/giallo/romanzo/commedia che certo non lascia indifferenti.
Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    03 Agosto, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Il male dell'anima.

“Chi voleva guarire? Mi ci erano voluti anni per diventare così magra. Non ero malata. Ero forte”.

Intrappolata nel suo fragile corpo Lia è una ragazza d’Inverno, un'adolescente persa assieme alla sua amica Cassie nelle eterni nevi dell’anoressia e della bulimia. Due amiche che girano in tondo, senza sapere come uscire dalla distesa infinita di colore bianco che le trattiene.
La neve.
La neve che assume le forme di una bilancia, nemica, ostile che secondo le ragazze segna sempre chili superflui, anche quando a diciotto anni l’ago si ferma sul numero trentotto.
Il primo di infiniti Obiettivi, verso il loro scopo primo: riuscire a sgusciare via dagli sporchi e contaminati corpi, a uscire per sempre da quell’involucro di ossa e a librarsi pure e infinite.
Chi arriva per prima vince.

Il cibo è morte, è frustrazione, è senso di colpa.
Il cibo è un numero che si ingerisce e che mai deve superare il duecento.
Numeri, cifre da ridurre al minimo, e una volta raggiunto l'Obiettivo, il "minimo" diventa un'enormità, e si va alla ricerca di un nuovo minimo, precipitando in un circolo vizioso che non avrà mai fine.

"Perchè? Vuoi sapere perchè?
Infilati in una cabina di un solarium e friggiti per due o tre giorni. Quando la pelle sarà tutta bolle e comincerà a spellarsi, rotolati nel sale grosso, poi mettiti una maglia di lana intrecciata con vetro filato e lamette. Poi mettiti sopra i tuoi vestiti normali e stringili più che puoi.
Fuma polvere da sparo e vai a scuola e salta dentro i cerchi, mettiti seduta e supplica, e rotolati a comando. Ascolta i sussurri che di notte ti si annidano in testa, ti dicono che sei brutta e grassa e stupida e stronza e, peggio ancora, “una delusione”. Vomita e crepa di fame e tagliati e bevi perchè non vuoi sentire nulla di tutto questo. Vomita e crepa di fame e tagliati e bevi perchè hai bisogno di un anestetico e funziona. Per un po’. Ma poi l’anestetico diventa veleno e a quel punto è troppo tardi perchè te lo sei iniettato dritto nell’anima. Ti sta distruggendo e non puoi farne a meno.
Guardati in uno specchio e vedrai un fantasma. Senti ogni battito del tuo cuore che urla che ogni singola cosa in te non funziona.
Perchè? è la domanda sbagliata.
Chiediti piuttosto: Perchè no?"

Un romanzo intenso e glaciale al tempo stesso, impossibile recensirlo senza la paura di essere troppo banale.
La Anderson ci parla di qualcosa di vero. Non è una semplice storia inventata, qua non vi sono fantasmi, vampiri o mostri... Il nemico di Lia è terribilmente reale, il nemico di Lia in Italia colpisce 3 milioni di adolescenti, 10 ragazze su 100.
"Wintergirls" è qualcosa di agghiacciante, ti entra nelle vene e si mescola al tuo sangue. Piangi, soffri, ti spaventi e rimani delusa insieme alla protagonista.
L'indifferenza non è ammessa.

Leggetelo e quando arriverete alla fine, quando avrete esplorato il dramma a 360 gradi, quando vi sarete accorti della "non vita" di Lia, prendete le riviste patinate con modelle taglia 36 e buttatale nella spazzatura.
Ognuno è bello a modo suo e non sarà certo un numero della bilancia a decretarlo.
Parola di chi ci è già passata.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    31 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Sono donna e sono felice.

"Frammenti di una storia d'amore" è la storia di N.
N., sappiamo solo questo.
Una storia scritta affinchè la figlia Jane possa avere una nitida istantanea dei suoi genitori.
Un uomo alla fine dei suoi giorni, per una inusuale e lacerante malattia si trova a fermare su carta i ricordi di una vita.
I ricordi di una vita vissuta con amore.
L'amore spassionato, fantasticato, platonico, mutevole per la moglie Margaret Towne, detta Maggie.
Una donna ordinaria eppure assolutamente eccezionale, affascinante e non convenzionale, tormentata e misteriosa.
Un amore che s'iscrive sotto il segno della magia, percorrendo territori costantemente in bilico tra realtà e fantasia.
Dove si trova la città abbandonata di Margarettown dove lei lo conduce?
Chi sono le curiose abitanti di Margaron, casa sperduta nel verde della campagna? La Vecchia Margaret, arzilla e saggia ottantenne con il dono di leggere nella mente; l'appassita e rabbiosa Marge; la sensuale e creativa diciassettenne Mia; la vivacissima e piccola May e Greta, dal tragico destino, innominato.

Un inno spassionato alla mutevole e infinita natura delle donne, una lode a 360 gradi al complicato universo femminile.
Una storia d'amore mai stucchevole o patetica ma appassionata e travolgente.
Un delizioso mondo rosa, fatto di piccole e grandi donne, di bugie e verità taciute, di quell'essere donna che a volte quale condanna a volte come meraviglioso dono, ci accompagna tutte. Dagli zero ai cento anni!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    25 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Per non dimenticare.

Quando si è trattato di introdurre la scheda all'interno di questo sito, non avendo ancora iniziato la lettura, non ho avuto nessun dubbio nel classificarlo un "giallo".
Un semplice giallo, con tutte le carte in regola per diventare una lettura avvincente e distensiva.

Milano. Un giovane in carriera, fidanzato con una donna silenziosa quanto misteriosa e affascinante. La donna scompare. Mistero. Caccia al colpevole. Fine.

Quanto mi sbagliavo.
Sì, c’è una trama poliziesca, in sottofondo, che emerge di tanto in tanto, ma non è l’asse portante.
Allora come definirlo? Un romanzo storico?
Forse ma non solo. C'è sicuramente una robusta impalcatura storica a sostegno della narrazione, ma solo in funzione dell’inquadramento temporale dei fatti narrati. Infatti la storia si dipana nella contemporaneità e si comprende sullo sfondo storico/geografico riferito alle vicende di Trieste, dell’Istria e della ex Jugoslavia negli anni che vanno dal 1940 al 1947, la guerra e le foibe.
Gli orrori del passato, gli orrori del presente.
E allora cosa dire?
"I cento veli" è un'opera morale. Un romanzo che mira alle viscere dell'animo umano, alla parte più intima e da celare. Di me, di voi e di tutti.
Della guerra e delle brutalità che essa cela e di tutti gli orrori umani che sono passati spesso inosservati.
Due esseri umani.
Preda e cacciatore. Vittima e carnefice. Null'altro.
Popoli che si scambiano le parti, che invertono i ruoli.
Non c'è bene. Non c'è male.
Non c'è buono. Non c'è cattivo.
Con le vittime o con i carnefici? Sapendo che tutto è così ma lo è solo per "ora".
Non c'è una fazione da seguire.
Il male assoluto non è dentro un popolo o dentro un'ideologia. Il male semplicemente dimora nella Specie.
In due uomini diversi ma uguali. Uno il riflesso dell'altro.

Conoscere il passato per non dimenticarlo, rendere giustizia agli orrori ed errori dell’umanità e farne tesoro per la vita del presente e per la costruzione del futuro perché, come dice l’umanista Aldous Huxley, “L’esperienza non è ciò che ti succede, ma ciò che te ne fai di ciò che ti succede”.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    23 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Conformismo Vs Perversione.

Magnetico.
Se avessi il vincolo di utilizzare una sola parola, per descrivere questo libro, non avrei dubbi.
Magnetico.

Ho fatto una scelta. Nella mia recensione non mi soffermerò sulla trama di "Invisibile". Si dilunga su questo la quarta di copertina. Si dilunga, a mio parere, anche troppo.

Anno 1967 , i timori per la guerra nel Vietnam si intrecciano ai primi segnali della rivolta giovanile.
Tutto è mutevole. Tutto è intrigante. Tutto è in bilico.
New York, Parigi, Londra. Città diverse ma di estremo fascino, con forte personalità. Città che di invisibile non hanno proprio nulla.
Il caos nella stanza, il fumo della sigaretta, un portacenere che avanza nella mano di un uomo.
Un uomo e una donna seduti sul calorifero che un istante prima era vuoto. Lui vestito sudiciamente di bianco, un tipo invisibile, ma ambiguo e pericoloso, lei vestita fascinosamente di nero, una donna annoiata e sexy.
Un aspirante poeta triste, bello da morire, innamorato di sua sorella.
Un amore impossibile. un amore incestuoso. Un amore da tenere sotto chiave.
Silenzio.
E poi lei: l'arte sapiente della Descrizione, di saper introdurre i personaggi facendoli vedere insieme al protagonista, conducendo chi legge per mano. E con pochi tratti raccontare nell'essenza chi sono.
La radiografia di un uomo attraverso poche, sfuggenti, immagini. Immagini che si compongono di parole.

Una trama elegante, enigmatica e interessante che ben si coniuga con uno stile fluido, utilizzando diversi registri narrativi e passando dall’uno all’altro con leggerezza e maestria.
Sì, perchè ci sono libri splendidi scritti in prima persona, in cui il lettore diventa a pieno titolo il protagonista della vicenda, partecipa alla trama, prova emozioni e sentimenti grazie un ponte invisibile tra lettore e protagonista, un ponte lastricato di parole e punteggiatura, frasi e lettere.
Ci sono ottimi libri scritti in seconda persona in cui l'autore sembra voler saltar fuori dal testo per intrecciare con chi legge una vera relazione, un dialogo che accompagna pagina dopo pagina, la narrazione. E chiudendo il libro ci si sente un po' amici.
Ci sono molti libri scritti in terza persona: certo, impongono qualche distanza in più fra protagonista e lettore, ma finiscono comunque per avvincere e nella volontà di seguire un personaggio si suggella una vera e propria adozione.
E poi c'è "Invisibile", un libro che usa la prima, la seconda, e la terza persona, senza creare miscugli insensati, una prova e un' opera formidabile.

Un romanzo di qualità, che si legge con accanimento e con il frenetico desiderio che i personaggi evocati continuino la loro storia e non si allontanino dalla fantasia dopo aver letto l'ultima pagina.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    18 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Più che limoni... Prugne.

Amica: “Se sei in cerca di qualcosa di estivo e piacevole, perchè non leggi Piccoli limoni gialli. Te lo consiglio!”
Quarta di copertina: Piccoli limoni gialli è una tenera e frizzante commedia degli equivoci degli anni duemila.
E così la sottoscritta, certa del buon gusto della suddetta amica, un bel dì si ritrova a passeggiare tra le corsie della libreria, scorge con il suo vispo occhietto il volume e, senza pensarci tanto, lo afferra, lo paga e lo porta a casa nonostante le vocine nella sua testa che, incessantemente, le ripetessero: “Clara non è il tuo genereee”.

Il romanzetto inizia con un tentativo di violenza sessuale in una fredda cantina di un ristorante chic. La protagonista, Agnes, cerca di difendersi dalle avances, non ricambiate, del suo francese e panciuto datore di lavoro. E come uscirne indenne,se non cercando di spaccargli una bottiglia di vino sulla capoccia ma il vino le scivola dalle mani e… Si era proprio una bottiglia di Chateau Pétrus, annata 1989. Un vino a tre zeri per decretare il suo licenziamento in tronco.
Ma non c’è fine al peggio per la sventurata Agnes che tornando tristemente alla sua dimora, riceve una telefonata del suo fidanzato Tobias che, con nonchalance, le comunica la sua intenzione di lasciarla visto che si trova molto bene accoccolato tra i seni prosperosi di una corista del suo gruppo rock.
A questo possiamo aggiungere, tradimenti, lutti in famiglia, un’amica depressa col vizietto del gin-tonic, quasi tutti gli amici e parenti di Agnes che restano disoccupati (al che la domanda sorge spontanea: Agnes ma non porterai un po’ sfiga mannaggia a te?!), e un vicino con i peli sugli alluci. Oh mon Dieu!

Certo quando si chiude una porta si apre un portone. Infatti, la piccola scandinava, in Stoccolma residente, riuscirà, faticosamente, a riemergere. E noi lettori non possiamo che passivamente leggere delle sue sfighe epiche ma soprattutto, pagina dopo pagina, dei suoi passi verso la rinascita.
La quarta di copertina del libro si chiede con falsa trepidazione se Agnes riuscirà a trovare la sua nuova strada e magari anche l’amore, ma è una domanda retorica in quanto non c’è un momento, da pagina 20 in poi, in cui il lettore abbia il minimo dubbio che ciò accada. Peccato solo che questa "love story" sia del tutto irreale, incoerente con quanto viene narrato in precedenza e di una noia tale da slogarsi le mascelle a furia di sbadigliare.

Ora vi chiederete: ma i piccoli limoni gialli? L’espressione deriva dal nome che la cara Agnes - quasi violentata, licenziata, abbandonata e tradita - sceglierà per il ristorante che il suo caro amico intende aprire e nel quale lei lavorerà. E sarà proprio il ristorante stesso il fulcro intorno al quale si svolgeranno le vicende dei nostri fortunatissimi eroi.

Al di là della storia che poteva andar bene per una (mediocre) commedia da guardare mentre ci si dedica ad altre emozionati attività, quali fare la polvere, stirare e riempire la lavastoviglie, io questo fresco e “agrumato” romanzetto lo consiglio solo a chi ha voglia di farsi due risate, ricordando ahimè, che in ogni caso, viste le disavventure della protagonista “poteva sempre andare peggio”.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
no
Trovi utile questa opinione? 
230
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    18 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Il prezzo della libertà.

Ci sono libri di cui fare una semplice recensione diventa superfluo e inutile.
"Il gabbiano Jonathan Livingston" è uno di questi.
Non servono grandi spiegazioni.
Sta tutto lì in quelle meravigliose 103 pagine che incantano il lettore e lo portano lassù.
A librarsi nel cuore dell'azzurro, assieme allo stormo Buonappetito.

Jonathan Livingston non è un gabbiano come tutti gli altri.

Jonathan Livingston è la rappresentazione dell'uomo moderno, incatenato nella quotidianità, che perde di vista il piacere quotidiano di godere delle piccole cose, e di essere prima di tutto un individuo libero. Una semplice metafora che riflette la condizione umana troppo spesso costretta in schemi e ruoli ingessati da non lasciar spazio alla fantasia, alle aspirazioni e ai sogni.

Jonathan Livingston è la scoperta dela bellezza del librarsi nel cielo. La bellezza degli spazi sterminati e dei cieli azzurri, la luce e il tepore di una giornata di sole, una brezza di vento e il mare spumeggiante.

A cosa saresti disposto a rinuciare per godere pienamente di queste piccole meraviglie?
Quanto pagheresti per una dose di libertà?

"Ed egli imparò a volare, e non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare.
Scoprì che erano la noia e la paura e la rabbia a rendere così breve la vita di un gabbiano."

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    11 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Donne – du-du-du – in cerca di guaaai...

Chissà se Zucchero, quando ha scritto questa canzone, aveva in mente qualcuno dei personaggi femminili scaturiti dalla penna di Isabel Allende.
Sì perchè le donne, indiscusse protagoniste nei romanzi scrittrice cilena, sono sempre esseri indomiti, che non chiedono a nessuno il permesso di vivere, amare e sbagliare, e proprio su questa unione di carattere e fallibilità costruiscono le premesse per l'amore viscerale che lettori e lettrici proveranno inevitabilmente per loro.

Ed così anche questa volta.
Maya Vidal, 19 anni, abbandonata dai genitori e cresciuta con gli amatissimi nonni, "la sua Nini e il suo Popo". In seguito alla morte di quest'ultimo la ragazza si trova in un turbine esistenziale drammatico, che le fa smarrire tutte le coordinate e la porta a cacciarsi in grossi guai.
Droga, abusi, alcool, prostituzione, furti, mafia, trafficanti, FBI... Nulla è escluso da questo drammatico cerchio in cui Maya, si trova, inconsapevolmente al centro.
L'unica soluzione è scappare.
Scappare, con l'aiuto della sua Nini, in un luogo lontano dalle tentazioni, dai pericoli e in cui poter finalmente fare pace con se stessa.
Il racconto, quindi, digrada dagli scenari caotici e a spesso desolanti di Los Angeles alla pace e al silenzio dei paesaggi rurali cileni. In queste isole remote nel Sud del Cile, nell’atmosfera di una vita semplice fatta di magnifici tramonti, solidi valori e rispetto reciproco.

La scrittura dell’autrice cilena colora tutte le pagine di questo romanzo in cui prevale il senso di protezione e l’amore incondizionato di una nonna verso i propri nipoti, ma che è tutto ma non di certo un romanzo per bambini.
"Il quaderno di Maya" è una prova di scrittura per arrivare a se stessi.
E' un romanzo di formazione, un romanzo di esilio, di partenze e di ritorni.
E’ un romanzo di carattere fortissimo nelle sue parole e negli eventi raccontati.
E’ un romanzo di incontri che pone al centro un personaggio, dipinto così bene da farcelo amare incodizionatamente per quello che è. Come solo l'Allende sa fare.
Ancora una volta, GRAZIE!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    06 Luglio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Sesso, salsedine e speranza.

Questa volta, vi chiedo uno sforzo.
Partiamo dalla fine.
Partiamo da un ragazzino di tredici anni che deve fare i conti con il suo non essere piccolo ma neanche grande, con il non essere adulto ma neanche bambino.
Partiamo da un ragazzino romano, Agostino, figlio scontento dellle sue origini borghesi ma al contempo incapace al di mescolarsi con il popolo.

È estate, un estate marina.
Bagno Amerigo Vespucci, bagno della Speranza.
La salsedine, il pattino nel mare, l'odore di pesce che proviene dalle imbarcazioni dei pescatori. Se appoggio le pagine all'orecchio il rumore delle onde lo sento anch'io.
È nell’arco di quest' estate che Agostino si scopre cresciuto rispetto a quel bambino che voleva tutte per sé le attenzioni materne. Ma è sempre in quell’estate che si rende conto di com’è considerato dagli altri: un bambino, appunto.
È il momento della scoperta, della metamorfosi, dell’inadeguatezza tutte insieme. E scoperta, metamorfosi, inadeguatezza tutte insieme generano confusione, quella che Agostino ha quando la mamma non lo tratta da uomo, quando i ragazzacci lo vedono come uno di loro e la guardiana del lupanare come il giovanotto pronto per fare "quell’esperienza lì".
È la presa di coscienza del cambiamento, è il dissiparsi delle ombre per fare del bambino di un tempo, un piccolo uomo.

"Agostino" è così... Un romanzo di formazione, di crescita, di scoperta, un passaggio obbligato nella vita di ognuno.
E poi mi soffermo sulla copertina e leggo "Moravia"
E a quel punto non serve aggiungere altro.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Scienze umane
 
Voto medio 
 
3.6
Stile 
 
3.0
Contenuti 
 
4.0
Approfondimento 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    29 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Noccioline di psicologia.

Socrate, Aristotele, Freud, Jung, Schulz....
Schulz?
Proprio così, Charles M. Schulz.
Il creatore di Charlie Brown, Lucy, Snoopy e tutti i loro amici, i protagonisti della striscia conosciuta nel mondo intero col nome di Peanuts.
Un fumetto che fa contenti grandi e piccini ma soprattutto un fumetto che mette al centro gli adulti, perchè oltre a divertire da decenni generazioni di lettori, mette in scena importanti dinamiche psicologiche in maniera così semplice e immediata da dissimulare l'efficacia del loro impatto.
Piccoli eroi della quotidianità, i protagonisti del fumetto hanno caratteristiche precise e ognuno di loro lotta contro dipendenza, rigidità, paura dei cambiamenti, frustrazione ma anche e soprattutto sono provvisti di una enorme capacità di analisi della propria condizione e di quella altrui.
I personaggi sono nel complesso statici, il lavoro che fanno è quello di diventare consapevoli di quello che sono.
E di accettarsi così.

Tale è la vicinanza di questo fumetto con la vita degli adulti, che il dottor Abraham Twerski, rabbino e psichiatra americano, ha deciso di utilizzarlo in terapia per promuovere la consapevolezza dei pazienti e sostenere il cambiamento. Nel suo libro l’autore utilizza le strisce dei Peanuts per stimolare riflessioni più profonde e comuni alla quotidianità di molti.
Perché se è vero che un'immagine vale più di mille parole, una striscia a fumetti riesce a farci comprendere alcune meccaniche fondamentali del nostro Io, forse meglio di un trattato di psicologia.Un esempio mirabolante della capacità di usare poche parole per grandi temi, di condensare in poche immagini le più profonde inquietudini umane.

Così ci ritroviamo a sorridere in compagnia di questi nostri vecchi amici, rimanendo meravigliati di fronte alla profondità di alcune delle loro storie che, nello spazio di quattro vignette, mettono a nudo ipocrisie, fragilità e verità scomode.

Ben suddiviso e di agevole lettura, il testo si alterna al disegno, con uno stile brioso ma mai banale.
Un piacevole saggio, che ci aiuterà a capire un po' che cosa ci sta passando per la testa, senza mai annoiare.
Adatto a divertire sia il cuore che la mente.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    26 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Io ti ascolto.

Alice.
Alice Sebold.
Molti di voi probabilmente l'assoceranno ad "Amabili resti", libro che ne ha decretato fama e successo.

"Lucky" è tutt'altra cosa.
"Lucky" non è per tutti.
"Lucky" è una storia vera. Una storia di sofferenza. Una caduta a peso morto e una faticosa risalita.
"Lucky" niente giri di parole o inutili preamboli, non servono quando si deve parlare di uno stupro.
"Lucky": fortuna.
Ma la fortuna con lo stupro ha poco da spartire... E non c'è neppure modo di addolcire un racconto come questo.

Alice fa così, ripercorre il Maggio 1981 e i 10 anni successivi, affronta il prima, il dopo, le ricadute e le sofferenze quotidiane e ne parla in un modo brutale e diretto, come se dovesse liberarsi da un peso. Come se fosse la prima volta che racconta la sua storia.
“ Perché se resta anonima, la mia storia è solo una storia, non la realtà.”
Ma la realtà di Alice non è facile da affrontare, non lo è per nessuna donna.

E io che leggo quello che lei, in questa sorta di diario, confessa non sono più una qualsiasi lettrice, ma divento in primo luogo un'ascoltatrice, un'amica che ascolta silenziosamente e rispettosamente il suo sfogo.
Un'amica che le tende la mano e la sprona ad andare avanti.
Un'amica che le da il coraggio di continuare fino alla fine a mettere nero su bianco il suo trauma, le sue paure, la sua "fortuna".

"Nessuno può tirarti fuori da nulla. O ti salvi da sola o non ti salvi."
Io però leggendo questa storia, so per certo che ho teso la mia mano verso di lei e che, in qualche modo, ho contribuito a salvarla dall'oblio.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Scienze umane
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    25 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Ricordati di seguire la felicità!

Quando confondiamo amore e sofferenza, stiamo amando troppo.
Quando accettiamo una relazione che lede la nostra dignità, non rendendoci felici, ma ciò nonostante non siamo in grado di mettere un punto, stiamo amando troppo
Stiamo amando troppo quando rimaniamo con un compagno aggressivo o violento, oppure quando passiamo da un partner all’altro non con piacevole spensieratezza, ma perché "avere un uomo" è un'esigenza, uno scopo vitale e non una piacevole avventura tutta da vivere.
Qual'è il confine tra amore ed ossessione?
Quando dobbiamo iniziare a preoccuparci?
Come possiamo fare per riprendere il controllo della nostra vita?

Robin Norwood ci illustra in questo libricino la dinamica malata che porta le donne ad essere dipendenti da una relazione.
Una dipendenza che assomiglia a quella per il cibo o per l’alcol, e che ha origine da una profonda sofferenza interiore.
Una dipendenza che non va confusa con la generosità di chi dona tanto al partner, ma in modo sano. E neppure coincide con l’atteggiamento libertario di donne che hanno, sì, tante storie, ma che in questo trovano soddisfazione e divertimento.
L’amare troppo è, all'opposto, un'esperienza che comporta sofferenza e frustrazione profonde, è una malsana dipendenza da chi non meriterebbe nemmeno un briciolo dell'amore e dell'affetto donato.

Questo libro scava nel passato di tutte noi, imponendoci di riflettere sui nostri modelli famigliari e ricordando ad ognuna, con urgenza, che gli errori in famiglia, se ve ne sono stati, non devono diventare un triste copione. Le donne che amano troppo è come se ballassero una vecchia danza, che non porta benessere, ma di cui conoscono sin troppo bene i passi.
La Norwood con le sue parole, con esperienze di vita vera e con un velo di ironia ci aiuta a dire "basta" e soprattutto ci ricorda che amare troppo è calpestare ed annullare se stesse per dedicarsi a una causa persa in partenza.
Perchè amare è mettere la nostra felicità nella felicità di un altro, senza mai dimenticarsi di se stesse.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    21 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Conoscersi: che affascinante avventura..!

Giulia e Mia.
Madre e figlia.
Due donne bambine. A diciotto anni nel corpo, per forza. A sessant'anni nella testa, per debolezza. Il tempo che si diverte a rovesciare la clessidra.
Una madre e una figlia che non riescono a parlarsi, che si scrutano da lontano, immobilizzate dal loro "essere di legno", dal loro essere anaffettive.

"Il legno sembra fermo, ma è sottoposto a pressioni interne che lentamente lo spaccano.
La ceramica si rompe, fa subito mostra dei suoi cocci rotti.
Il legno no, finché può nasconde, si lascia torturare ma non confessa.
Io sono di legno."

Due donne apparentemente sicure delle proprie scelte, così vicine eppure così distanti, così convinte che vivere secondo teoremi precisi sia la soluzione migliore per non far scalfire la corteccia del proprio io, che finiscono per non riuscire nemmeno a comunicare.
E il peso di tutto il "non detto" finisce in due diari.
Due diari.
Due storie.
I segreti reciproci e il passato.

"Nella storia di ogni persona c'è una diga. Da una parte, l'acqua che cresce e scalcia ed è energia. Oltre lo sbarramento, la terraferma. Tu di me sai la terraferma. E allora ti racconto l'acqua che non hai mai visto."

Giulia e Mia si parlano a distanza. Un dialogo forzatamente spontaneo. Un confronto sul tempo che passa e che cancella tutto, uno scontro sulle tematiche giovanili.
Due mondi apparentemente opposti, che convergono in un essenziale bisogno di parlare, di confrontarsi, di aprirsi alla vita e di riscoprirsi complici.
Perchè il legno non si lascia scalfire, è tosto. Ma sotto l'acqua può anche ammorbidirsi.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    19 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

1 + 1 da sempre 2.

Vi chiedo uno sforzo. Uno sforzo doloroso.
Immaginate...
Immaginate di svegliarvi dopo un terribile incidente in auto.
Immaginate che durante questo incidente la persona seduta sul sedile accanto al vostro sia morta sul colpo.
Immaginate che quell'auto la stavate guidando proprio voi.
Ubriachi.
Un cervo all'improvviso.
Un platano.
Visione o realtà? Nero o bianco? Vivere o morire? Il confine è così sottile.

Immaginate di essere Antoni.
Una vita avvolta dalle tenebre e dai sensi di colpa, su una terrazza che affaccia sul porto di Genova.
Una vita senza volto.
Le uscite notturne in sordina.
Lezioni di matematica on line, l’amore per la lettura e la stima per Almodòvar.
Parola d'ordine: non farsi notare.
Poi la svolta...
La scoperta della passione per la scrittura e la penna che scivola agile se la storia da narrare è la propria. La storia di un uomo senza volto, la sceneggiatura perfetta per il suo regista preferito.
E poi Lisa, un trans brasiliano, che riesce a guardarlo negli occhi con passione, che ne accetta il volto picassiano e lo ama con sentimenti che vanno ben oltre l'estetica e le apparenze.
Un incontro d'anime.
Una dimensione della bellezza che non necessariamente deve essere armonia.
Quando due persone che credevano di non poter più sognare, riescono, senza alcuna imposizione, a ritrovare un mondo in cui la vita si perde nella favola a due. Un piccolo miracolo.

"Pensare sempre di avere il tempo per la bellezza, il desiderio, la passione. Non venerare ogni secondo come se fosse l'ultimo è una catastrofe che divora l'essere. Quando perdo l'urgenza estrema di vivere, perdo semplicemente la vita. Divento un ammasso di organi cullati da un'assurda eternità."

Una storia delicata, sorprendente, bella per la sua essenza, priva di scivolate retoriche.
Un romanzo ricco di riflessioni mai banali, costruito con uno stile secco ma profondo, con una scrittura che non si risparmia nel saper trasmettere il dolore come la gioia.
Il tutto guardando un porto.
Il porto di Genova dove il mare è l’eterno complice delle vicende umane.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    15 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Emozioni in punta di piedi.

Prima di tutto vorrei darvi un paio di indicazioni, che vi permetteranno di capire meglio, di cosa sto scrivendo, essendo la mia, la prima e unica recensione del libro.
"Quando cadrà la pioggia tornerò" letteralmente: “Adesso, vengo a incontrarti” traducendo dalla lingua originale, è un romanzo pubblicato in Giappone nel 2003. Avendo conosciuto fin da subito un enorme successo in patria, tanto da aver ispirato un film, un manga e una fiction, è stato pubblicato anche in Italia nel 2007.

Lo trama è piuttosto semplice: Takumi e Yuji vivono una quotidianità dove riecheggia doloroso il vuoto lasciato da Mio, moglie di Takumi e mamma di Yuji.
Un vuoto che a distanza di un anno dalla sua morte, appare ancora incolmabile.
Il loro dolore è una malinconia silenziosa, raccolta, sommessa di cui si avverte la presenza sottile in ogni gesto.
In ogni attimo.
La vita di Takumi e Yuji si sforza di andare avanti normalmente nonostante il peso dell'assenza di Mio, fino a quando questa quotidianità lenta e sussurrata, che procede in punta di piedi, viene sconvolta dal ritorno di Mio, in un giorno di pioggia.
Prima di andarsene sconfitta dalla malattia, Mio aveva promesso che sarebbe tornata con la stagione delle piogge, per vedere come Takumi e Yuji se la stessero cavando senza di lei.
La gioia di riaverla accanto è tale che non importa chi sia lei, se un fantasma, uno spirito, o una sosia quello che importa è riuscire questa volta, a tenerla più stretta e non farla andare via mai più.

Quando cadrà la pioggia tornerò" è il trionfo delle "seconde possibilità", è l'appagamento del desiderio che molti hanno nel poter dire alle persone che non ci sono più, tutto quello che troppe volte non è stato detto a sufficienza, o è stato dato per scontato, è la riscoperta di quanto possa essere preziosa e felice la quotidianità condivisa con le persone che si amano.

"Buongiorno, buonanotte, che buono, tutto ok?, hai dormito bene?, vieni un attimo... E' in tutte queste semplici espressioni che vive l'amore. È questo che significa essere una coppia, pensai. A quel tempo però non me ne ero reso conto."

I sentimenti di Takumi, Yuji e Mio sono tratteggiati con discrezione e dolcezza, senza retorica o giri di parole. Dipinti con piccoli tocchi e pochi tratti essenziali talchè è impossibile non sentirsi partecipi delle emozioni dei personaggi, non lasciarsi toccare dalle loro vite e dalla loro vicenda.
Lo stile è essenziale, scorrevole e fatto di molte pause e allusioni, che ben si accorda con il tono del racconto, lieve ma di un'intensità inesprimibile a parole.
“Quando cadrà la pioggia tornerò” è una storia delicata, poetica, struggente.
In sé è molto semplice: non racconta eventi straordinari, non vi è azione, non vi sono colpi di scena o alte dosi di suspense. Ciò che incatena il lettore al testo e lo spinge a non interrompere la lettura fino alla fine, è una delicatezza infinita e straziante, che non può non commuovere.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi erotici
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    12 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Porno, pop corn e risate.

Dunque prima di concentrarmi sulla recensione di "Gang bang", vorrei riportare una mia impressione, condivisibile o meno, in merito a Chuck Palahniuk e a tutto ciò che ruota attorno alla sua produzione.
Sì, Chuck Palahniuk sta alla letteratura come Quentin Tarantino sta al cinema: geniali, sregolati, innovativi e dissacranti, accomunati anche dalle fortune alterne di cui godono ed hanno goduto le loro produzioni letterarie o cinematografiche.
Inoltre se è vero che sia i romanzi del primo sia i film del secondo possono essere ingabbiati in un genere che vien facile definire "pulp", è altrettanto vero che da tale genere i due non riescono ad uscirne (e non cercano neppure di farlo).
Ecco che allora finiscono entrambi per cadere nel cliché.
Ecco che allora diventano lo stereotipo di se stessi.
A questo fortemente contribuiscono il pubblico e la critica, che hanno aspettative sempre più elevate e che ben sanno che pur di stupire, pur di colpire a fondo, pur di far parlare di sè (bene o male, poco importa) entrambi sono disposti a tutto anche a diventare eccessivi, strabordanti, esagerati e innaturali.
E allora a pagina 10 di "Gang Bang" ci si trova davanti a questo passaggio:
"La cosa più simile alla sensazione che si respira oggi è quando ti pulisci muovendo la mano da dietro a davanti. Sei seduto sul cesso. Senza volerlo ti spalmi la merda sul retro delle palle flacide e raggrinzite."
E a questo punto io, che non sono certo una che si scandalizza, mi chiedo: caro Palahniuk, ma tutto ciò, era proprio necessario?!

"Gang bang" sta tutto nel titolo.
Cassie Wright, attrice porno sul viale del tramonto, decide di uscire di scena col botto, facendosi filmare mentre si unisce con 600 uomini nella stessa giornata, stabilendo così un record mondiale, imbattibile.
La vicenda però è tutt'altro che incentrara sul sesso, nel senso comune del termine. Tutta la storia ruota attorno alle considerazioni di tre uomini e dell’assistente di Cassie, che pazientemente attendono il loro turno nudi nella sala d'aspetto, tra video che proiettano senza sosta i successi della pornodiva, tortillas stantie, pop corn al gusto di polistirolo e strane pasticche blu che fanno gola ai 600 mandrilloni in attesa.
E così facendoci largo tra la folla facciamo conoscenza di Mr. 72, un adolescente pruriginoso convinto di essere il figlio abbandonato di Cassie che vuole solo abbracciarla e salvarla, Mr. 137, una star tv in declino per uno scandalo sessuale e Mr.600, un vecchio partner dell’attrice in numerose pellicole. A coordinare l’intera natura maschile in tutte le sue sfaccettature, e a fare in modo che la sua assistita possa raggiungere comodamente il suo record, è Sheila, segretaria di Cassie e responsabile dell’evento, che si aggira con nonchalance tra pance più o meno flaccide, muscoli più o meno cadenti e peni più o meno eretti.
"Gang bang" è una storia che si legge con un sorriso idiota sulla faccia, non è una storia pornografica in senso stretto.
Le paranoie, le ossessioni, le paure e le ambizioni dei protagonisti altro non sono che quelle di tutti gli uomini. E lo squallido set di un film porno è solo una metafora per descrivere qualcos’altro di più ampio: un mondo grottesco, violento e perverso.
Un mondo che paurosamente e tristemente assomiglia a quello in cui viviamo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Libri per ragazzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    09 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Le stelle sono 351.

Lei e lui.
Alice e Carlo.
Stessa classe e, a volte, stesso banco.
Due voci, due racconti, proprio come è strutturato il libro, da capovolgere a seconda di chi si vuole leggere.
Due voci ma una sola storia.
La storia di un amore acerbo, delicato, puro ma intenso. Quell'amore un po'irrazionale che nelle sere di agosto ti fa guardare il cielo e cercare di contare quante sono le stelle, e tanto meglio se a contarle si è in due.
Perchè l'amore tutto può.

Un libro leggero, frizzante, romantico ma mai banale o smielato.
Così anche i lettori aduti fanno un balzo indietro negli anni, per ripensare alla propria adolescenza, alle infatuazioni e ai primi amori, ai rapporti d' amicizia ancora acerbi, ai piccoli drammi quotidiani...
E poi a quella terribile sensazione, di non essere "né carne né pesce".
Troppo piccoli e immaturi per decidere ma anche troppo grandi per fuggire dalle responsabilità quotidiane.

"Io non mi voglio più piegare, ho voglia di rivoluzione.
Mi metterò ad impastare questo mondo. [...]
Andrà tutto a meraviglia.
E io non passerò più le notti a guardare questo soffitto.
Quante volte mi ha tenuto compagnia.
Quanti sogni ci ho appiccicato...
Stanno lì, appesi, aspettando che qualcuno li raccolga.
E io non so quali sono i tempi della maturazione.
Le olive si raccolgono a novembre, l'uva a settembre. E i miei sogni? Non lo so..."

Per gli adolescenti e per gli adulti.
Per i sognatori e per chi invece dovrebbe sognare un po' di più.
Per chi, come me, si è portato dietro la spensieratezza dell'adolescenza e ne ha fatto tesoro.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    07 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Visto da vicino nessuno è normale...

"Trauma" ovvero sesso e psichiatria nell'America del post-Vietnam.
McGrath, ancora una volta, entra negli angoli più cupi e intimi dell'animo umano in un contesto storico e ambientale già di per sè problematico: gli Stati Uniti d’America subito dopo la guerra del Vietnam, dimora scomoda e amara di reduci ridotti a automi, incapaci di riprendere in mano la propria vita e di immaginare un futuro.

E lì conosciamo Charlie, 40 anni, professione "strizzacervelli", una famiglia d'origine difficile, un fallimento matrimoniale recente e una relazione con una donna fragile e bisognosa di attenzioni, al limite del patologico.
I traumi repressi dei pazienti che ha in cura si mescolano ai suoi e a quelli delle persone che fanno parte della sua vita, in uno spaccato mentale che cerca di far luce sull’inconscio e sulla verità sepolta sotto alla sua memoria.
"Trauma" è l'annaspare in mare aperto di un uomo come tanti, che per sconfiggere i demoni altrui deve iniziare a combattere contro i propri.

La forza del racconto non è tanto nella scrittura che talvolta appare discontinua e non sempre a fuoco, bensì nella macchina narrativa, o meglio ancora nel plot che è invece implacabilmente congegnato.
Il climax è teso, sin dalla prima pagina, crescente verso un finale inaspettato, da lasciare sgomenti. Pietrificati.
Impassibili.

Il vero trauma poi è tornare alla vita reale, si perchè McGrath con il suo stile mentale e introspettivo crea, tremendamente, dipendenza.
E allora eccomi mentre a cena scavo nell'inconscio del mio compagno, che poveretto dopo una giornata di lavoro mi guarda torvo...
"Trauma" si salvi chi può!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    05 Giugno, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Anche a me piace la pioggia prima che cada.

"La pioggia prima che cada" è un ossimoro, è un'immagine che non esiste nella realtà.
Eppure è terribilmente reale. E' la capacità di catturare gli istanti che precedono un temporale: odori, rumori, ma anche sensazioni, il bisogno di proteggersi, l'esigenza di correre, il desiderio coprirsi...
Coprirsi da questa storia che Coe ci racconta, con sensibilità, con delicatezza, rendendo pienamente ogni, minima, impercettibile sfumatura.
Come quando si ascolta ammaliati un brano suonato da un bravissimo pianista e seppur la melodia sia perfetta, coinvolgente ed emozionante, si è in grado, comunque, di andare oltre e distinguere ogni singola nota che ne sta alla base.
Coe è così, tocca tutte le corde dell'animo umano e lo fa con i dettagli.
Con i dettagli di venti fotografie che Rosamond descrive, prima di morire.
Venti fotografie per raccontare la vita di tre generazioni di donne, Beatrix, madre di Thea e nonna di Imogen.
Quasi senza accorgercene, un piccolo passo per volta, Coe ci mette di fronte a temi impegnativi e dolorosi che vanno dall'amore omosessuale, al desiderio di maternità insoddisfatto presente in questi casi, dai danni causati da un genitore indifferente o cattivo sulla psiche di un bambino, fino all'adozione e gli inevitabili conflitti che nascono tra la famiglia d'origine e quella adottiva.
I personaggi di questo romanzo sono tutti al femminile.
Donne forti e coraggiose ma anche donne cattive, donne innamorate e donne egoiste, donne perse dietro sogni o rancori, che solo troppo tardi si accorgono di aver sprecato opportunità reali, accecate da ciò che invece fortemente cercavano.

Un romanzo da leggere e da rileggere.
Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    31 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Ma ne bastava una sola!!!

“Un grande thriller” recita il sottotitolo.
Un grande thriller???
MAI fidarsi delle copertine!
"Il pittore che visse due volte" può essere recensito con una sola parola: nonsense.

Gli avvenimenti si susseguono lungo una logica zigzagante e delirante.
Un alternarsi forzato di passato e presente, seguendo l’ormai inflazionata tecnica del doppio filo.
Passato: un uomo trovato morto sulla riva di un canale, un indizio che non vuol dire assolutamente nulla, poliziotti incompetenti e giornalisti curiosi che non cercano la verità ma si accontentano di incolpare il primo malcapitato e metterlo alla gogna.
Caso strano: il malcapitato di turno è proprio il protagonista.
Presente: deliranti personaggi assolutamente privi di coerenza con visioni mistiche, sconnessi, anacronistici, dalla psicologia vagamente folle ma non per questo simpatici o piacevoli.

Della suspense che dovrebbe essere presente almeno un minimo in un giallo storico nemmeno l’ombra...

E il finale... Ah perchè c'era davvero un finale? Io non me ne sono accorta...

Caro Pailing, qui lo dico, TU con me hai chiuso.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
no
Trovi utile questa opinione? 
70
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    26 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Dolceamara quotidianità.

"I rimproveri che rivolgete ai vostri genitori
per avervi spinto nella direzione sbagliata
hanno una data di scadenza scritta sopra;
dal momento in cui diventate
grandi abbastanza da prendere il timone,
la responsabilità è solo vostra. "
J.K. Rowling, Cerimonia di laurea ad Harvard, 2008

Questa frase, che fa da prologo a "Diario di una trascurabile catastrofe", ben racchiude quella che è l'effettiva essenza del romanzo.

Mamma e figlia.
Veronica,19 anni, diligente studentessa al secondo anno di college, una buona carriera nel futuro prossimo, un ragazzo che la ama, buone amiche con cui trascorrere del tempo.
Natalie, 49 anni, un marito, due figlie e un cane, una vita tranquilla e agiata, un impiego saltuario da insegnante e la predisposizione innata ad essere capace di aiutare più il prossimo che se stessa.
Quella che pare però, una tranquilla, lineare, forse anche piatta quotidianità, si rivela d'improvviso un labirinto di deviazioni, spigoli taglienti, ostacoli improvvisi: quello che non dovrebbe succedere accade, d’un tratto il mondo sembra capovolgersi nella vita di entrambe.
Veronica, in crisi per gli studi, in crisi per le troppe aspettative riposte su di lei, in crisi con il fidanzato, in crisi perchè la sua famiglia è in crisi.
Natalie in crisi per un matrimonio arrivato al capolinea, in crisi per un lavoro sempre più saltuario, in crisi finanziaria, in crisi con se stessa.

La Moriarty sceglie di raccontare una storia di ordinaria quotidianità, di quelle che chiunque potrebbe vivere nella propria vita. Storie che, per tale loro “abituale” natura, potrebbero facilmente rivelarsi poco interessanti e/o coinvolgenti... Tuttavia "Diario di una trascurabile catastrofe" non cade mai nel banale e l'autrice grazie ad uno stile leggero, pacato, semplice riesce a mantenere vivo l'interesse del lettore, a stuzzicarlo, ad emozionarlo e a farlo entrare in "confidenza" ed empatia con i personaggi.
Un romanzo dolceamaro, come solo la vita sa essere.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    24 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Lezioni di volo per sole donne!

Parto da una piccola premessa, per me è un piacere essere la prima a recensire questo libro.
E' un piacere perchè, è un libro che amo profondamente e ora, se avete tempo (e in anticipo mi perdonate per quanto sarò prolissa) vi voglio raccontare una storia.
La storia di CeeCee Honeycutt.
La storia di una mamma psicotica.
La storia di un papà che non c'è.
La storia della rabbia di una bambina di 11 anni, che non ha tempo per gli amici o i giochi, perchè deve stare accanto alla sua mamma e non vergognarsi mai di lei, neanche quando questa, persa nel suo mondo, passeggia nuda in mezzo alla strada, con un diadema in testa.
La storia di un camion che non riesce a sterzare per tempo e della mamma che cade a terra e muore, così, accidentalmente. Come si muore in un giorno qualunque di Maggio, attraversando la strada nel momento sbagliato.
Ma è proprio questo lutto lo spartiacque nella vita di CeeCee, mentre tutto si affloscia sulle sue spalle, per la prima volta c'è qualcuno a prendersi cura di lei.
C'è zia Tootie, c'è Oletta, c'è Mrs Odell, c'è una nuova città ad attenderla, ma soprattutto c'è la cosa più difficile per lei: la possibilità di riappropriarsi di un'infanzia che il destino o la sorte le avevano sottratto, costringendola ad essere genitore della propria madre.
"L'unica cosa che sapevo era che stavo volando nella notte in una macchina favolosa, con una donna che era saltata fuori dal nulla e si era offerta di portarmi - me e la mia vita scombinata e tutto il resto - in un posto chiamato Savannah."

Eppure attenzione "Lezioni di volo per principianti" non è un libro sdolcinato o consolatorio.
E' un libro di speranza perchè, tutti, anche quelli che partono svantaggiati, possono riscattarsi.
E' un libro di unione. Sì, l'unione tra donne: quella tra Oletta e le sue amiche di colore; quella tra Tootie e le sue amiche del club del giardinaggio, quella tra l'anziana Mrs Odell e CeeCee. Insomma è un universo tutto al femminile, in cui l'uomo migliore è quello morto!
"Lezioni di volo per principianti" è un cioccolatino fondente dopo pranzo.
E' il caffè caldo la mattina appena sveglia.
E' una brezza di fresca in una giornata di sole cocente.
"Lezioni di volo per principianti" è un piccolo toccasana per il buonumore quotidiano.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
80
Segnala questa recensione ad un moderatore
Narrativa per ragazzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    22 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

C'è un po' di Matilde in tutti Noi.

"Oggi Signora Maestra vorrei raccontare del libro che sto leggendo.
Si intitola “Matilde” ed è stato scritto da Roald Dahl.
Matilde è la bambina più intelligente della terra, comunque ora io racconterò la sua incredibile storia.
Questa povera bambina è incompresa dai propri genitori. La famiglia di Matilde è formata da: il signor Dalverme, la signora Dalverme, una coppia davvero odiosa e il fratellino Michele, molto riservato e un po’ perso nel suo mondo, comunque anche lui molto antipatico.
Matilde adora leggere, ma i suoi genitori preferiscono invece che stia a casa a guardare la tv.
Matilde però è una ribelle e ad un certo punto si stufa di starsene in casa a guardare quella stupidissima scatola che trasmette solo idiozie. Quindi una sera decide di scappare di casa e andare in biblioteca a leggere dei libri.
In poco tempo, con la sua grandissima intelligenza, legge tutti i libri della biblioteca, lasciando stupita anche la signora Felpa, cioè la bibliotecaria.
Per adesso sono arrivata al punto in cui per Matilde viene l’ora di andare a scuola.
Continuerò sicuramente questa emozionante lettura e le farò sapere il sorprendente finale."

Ecco ora, tutti voi che state leggendo penserete: Clara ma sei impazzita?!
O quanto meno sei retrocessa agli 8 anni?!
In realtà non sono impazzita ma sono assolutamente retrocessa agli 8 anni.
Questo passaggio che ho riportato infatti l'ho scritto quando ero in terza elementare e proprio ieri mentre stavo spulciando tra vecchi ricordi l'ho ritrovato.
Con la mia grafia tondeggiante e irregolare, con qualche errore di grammatica (che vi ho evitato) e con sotto il commento della maestra scritto in verde (un gigante "BRAVA" per cui mi sono riempita d'orgoglio, anche adesso che ho il triplo degli anni).

Probabilmente non è una buona recensione ma essendo primariamente una lettura per l'infanzia, quale giudizio più obiettivo di quello di una bambina?
Lo consigliavo a 8 anni e lo consiglio ora.
A chi ha sempre preferito viaggiare con Robinson Crusoe, Alice nel paese delle meraviglie o il Piccolo Principe, anzichè passare il tempo davanti alla tv.
A chi tra una bambola/macchinina e un libro sceglieva senza dubbio quest'ultimo.
A chi leggeva prima e a chi non ha perso l'ottimo vizio di farlo anche ora.
A tutti Voi.

"“Al di fuori di un cane, un libro è il miglior amico dell’uomo. All’interno di un cane è troppo buio per leggere” (Groucho Marx)

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    17 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Complementarietà.

Milano. Anni 70.
Gli anni dell' aumento della ricchezza della nostra Italia, ma la ricchezza d'elite, la ricchezza di chi è già ricco, mentre i poveri, sempre poveri rimangono.
Un benessere che va producendo un’alienazione sottile e penetrante ma che produce soprattutto disagio e inquietudine.
E da qui: il malessere, il dissenso dei giovani che attraverso la protesta, i cortei, le manifestazioni e gli scioperi si ribellano, si scagliano contro il mondo che i loro genitori pretendono di imporre, ai loro principi e ai loro ideali di futuro.
I giovani hanno voglia di dire basta.
Basta ipocrisia, basta formalismo.
Solo loro possono essere i fautori del destino che li attende.
"Abbiamo vent'anni... Non possiamo continuare a immaginarci cose e accontentarci di tutt'altro solo perché ce l'abbiamo già davanti."

E poi la cinepresa di De Carlo restringe il campo e si focalizza su due giovani.
Due come tanti.
Due di Due.
Mario e Guido.
Mario il sensibile, il timido, il realista e Guido il ribelle, il sognatore, il rivoluzionario.
E sulla loro amicizia.
Un'amicizia tra due persone che più diverse non potrebbero essere.
Il loro legame simbiotico, il loro scambio emozionale e l'essere una fonte inesauribile di riferimento e rinnovamento l'un per l'altro.
“Due di due” è un romanzo che ci ricorda l’importanza dell’amicizia, dell'amicizia vera.
Un romanzo che lascia l'impronta e mostra come il trascorrere del tempo, la separazione e i percorsi individuali non possono, minimamente intaccare la forza di un rapporto fondato sulla sincerità, la lealtà e l'empatia.

BUONA LETTURA!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
121
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
C l a r a Opinione inserita da C l a r a    16 Mag, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

Murakami Love.

Mettetevi comodi, sistemate i cuscini sul divano, accendete una candela, fumate una sigaretta in totale calma e premete play:
http://www.youtube.com/watch?v=lY5i4-rWh44

Ecco ora immaginate di non essere soli, immaginate di essere in una casetta totalmente immersa nella natura con Reiko, una signora di mezz'età con delle rughette deliziose che si formano attorno alla sua bocca quando sorride che suona per voi la chitarra, Naoko, una giovane perla, piccola, fragile, silenziosa e sensuale e Toru con la sua indecisione, le sue riflessioni e il suo continuo oscillare tra la vita e la morte.
Ora potete leggere la mia recensione con il giusto spirito...

Se volessi riassumere "Norwegian Wood" in poche parole potrei affermare che è un racconto di formazione, di crescita, di esperienza.
Un percorso che da adolescente fa diventare adulti.
Una crescita non sempre lineare, in cui non mancano i dolori, le sofferenza, le perdite ma in cui si susseguono anche passioni fugaci di una sola notte, amicizie di una vita e amori.
Amori ingenui.
Amori passionali.
Amori sofferti.
Amori spensierati.
Amori platonici.
E morte.
La morte come elemento purificatore dell'amore, che lo eleva ad obiettivo ultimo dell'esistenza di ognuno e a mezzo per superare il dolore e imparare a vivere.

"La morte non è l'opposto della vita, ma sua parte integrante. Tradotto in parole suona piuttosto banale, ma allora non era così che lo percepivo, ma come un grumo d'aria presente dentro di me. La morte era parte di quel fermacarte, parte indissolubile delle quattro palline bianche e rosse allineate sul tavolo di biliardo. E sentivo che noi vivevamo inspirandola nei polmoni come una finissima polvere. Fino ad allora io avevo sempre considerato la morte come una realtà indipendente, completamente separata dalla vita. Come a dire: 'Un giorno prima o poi la morte allungherà le sue mani su di noi. Ne consegue che fini a quando ciò non avverrà essa non potrà toccarci in nessun modo? Questo mi sembrava un ragionamento assolutamente onesto e logico. La vita di qua, la morte di là. Io sono da questa parte, e quindi non posso essere da quella. Ma a partire dalla notte in cui morì Kizuki, non riuscii più a vedere in modo così semplice la morte (e la vita). La morte non era più qualcosa di opposto alla vita. La morte era già compresa intrinsecamente nel mio essere, e questa era una verità che, per quanto mi sforzassi, non potevo dimenticare."

Un Murakami che con il suo stile limpido e semplice ci porta nella Tokyo del '68 animata da proteste giovanili e da clima rivoluzionario, ma soprattutto un Murakami che ci prende per mano e ci guida ad esplorare le corde più intime dell'animo umano, le fragilità, le insicurezze proprie di ogni uomo.
Un libro che, nonostante sia stato scritto nel 1987 non porta affatto su di sé il peso dell'età.
Un piccolo capolavoro immortale.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
79 risultati - visualizzati 1 - 50 1 2

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (1)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (1)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

Il successore
Le verità spezzate
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Delitto in cielo
Long Island
L'anniversario
La fame del Cigno
L'innocenza dell'iguana
Di bestia in bestia
Kairos
Chimere
Quando ormai era tardi
Il principe crudele
La compagnia degli enigmisti
Il mio assassino
L'età sperimentale