Opinione scritta da Viola96
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The Dome.
Mi si spezza il cuore a parlare male di Stephen King,uno dei miei autori preferiti.Ma qui non si può salvare."The Dome" dimostrerebbe,se fosse ben scritto e articolato,ancora una volta come una trama non proprio particolare dovrebbe arpionare il lettore,mimetizzando la sua curiosità e attingendo alla sua memoria.King,come già visto,si trova a suo agio nello scrivere romanzi molto lunghi(vedi "It",su tutti),ed anche con una complessità notevole di personaggi,non dovrebbe avere alcun problema.Ma "The Dome" resta un fallimento totale,per la sua mancanza di aspirazioni,per la sua lentezza,per il suo essere terribilmente estenuante,per la sua eccessiva lunghezza.Considerato da un quarto dei lettori del vero King,l'ennesimo capolavoro del maestro,è in realtà il suo peggior romanzo degli ultimi 20 anni,e se pensiamo che per King è un sogno che si realizza,la nostra pelle si accappona nuovamente.La storia racconta di una città che viene esiliata dal mondo grazie ad una cupola,che impedisce la vita dei cittadini,che comincieranno una lotta senza regole per la salvezza.Le mille,interminabili pagine di questo raccontino semplice e conciso,tra echi a "The Mist" e ai noir anni Quaranta,si trascinano pleonastiche senza una minima emozione e senza nessuna possibilità di piacere.Si salvano solo alcuni dei personaggi,complessi e ben articolati,ma comunque relegati in ruoli di contorno e la capacità narrativa nello stile di King,che merita sicuramente la lettura.Inconsigliabile,neanche per i fan più sfegatati del Re."The Dome" sarebbe potuto essere un epico romanzo d'avventura scritto dal migliore scrittore contemporaneo,ma invece è uno (s)cult d'autore.
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Notte Buia,Niente Stelle.
Si è fatto attendere ben 10 anni il miglior romanzo di Stephen King degli anni zero,ma alla fine è arrivato.Ed è anche una boccata d'aria fresca,se si pensa che viene dopo "The Dome",ovvero uno dei punti più bassi della carriera luminosa del Re."Notte buia niente stelle" è un'antologia geniale di racconti che riesce ad accattivare e ad impressionare il lettore.4 storie(di cui una breve) molto belle e importanti,che fanno tornare il Re al suo solito livello.Come nello straordinario "Dolores Claiborne" e nel discreto "La Storia di Lisey",King permette i suoi classici sviluppi femminili,creando storie di donne come se creasse un mondo a sè,diverso eppure uguale.Nella prima storia un contadino decide di uccidere la moglie con l'ausilio del figlio perchè quella vuole vendere la sua fattoria;Nella seconda storia una giornalista viene seviziata e messa in fondo a un canale di scolo,ma lì medita vendetta;In una terza breve storia,vende l'anima del migliore amico al diavolo;Nella quarta storia una coppia va in crisi quando la moglie scopre i segreti del marito.In un compendio horror che trascina e pervade,in un crescendo straordinario e passionale,King si riconferma un autore eccezionale,capace di spaziare da una parte all'altra del mondo e di restare comunque attaccato alla tradizionalità del suo modo di scrivere.King ha un tratto oramai inconfondibile ed imprime nei suoi racconti una serie di marchi di fabbrica,a partire dal finto dominio maschile,fino ad arrivare alla donna sempre più Medea e Clitemnestra."Notte buia niente stelle" non è un capolavoro,ma ci si avvicina molto,grazie anche alla grande traduzione di Wu Ming 1,al quale va una chiara nota di merito.
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L'estate dei morti viventi.
A John Ajvide Lindqvist si deve uno dei migliori esordi letterari degli ultimi anni.Sto parlando dello splendido "Lasciami Entrare",horror giovanile e frizzante che ha ridato un pò di smalto al genere.Chi poteva pensare che il buon Lindqvist avesse deciso di prendersi un periodo di riposo risponde "L'estate dei morti viventi".Horror che ricorda gli zombie di Romero,con la classica tinta melò pura di Lindqvist e la sua audacia,è una conferma sul talento,ormai indiscusso dell'autore.La trama racconta di una triste epidemia che si diffonde velocemente e che sta facendo letteralmente risorgere i morti dalle tombe.Allora,i cari dei defunti vorrebbero riabbracciare i parenti precedentemente scomparsi,non rendendosi conto,che ormai non sono più niente.Meno brillante e con molti meno guizzi dell'esordio,Lindqvist costruisce un horror-drama divertente che sfocia anche in un melò a tinte da noir da non sottovalutare.Estraneo ad ogni forma di comprensione tra le righe,"L'estate dei morti viventi" è un romanzo di grande compostezza,ma non per questo autoritario.La ricezione del messaggio chiave("I morti vanno lasciati essere morti") rende il tutto molto più equilibrato e bello,mentre sorge un dubbio nella testa dell'accanito lettore:In molti danno certo che Lindqvist sia la risposta svedese a Stephen King.Ma se fosse un Edgar Allan Poe riveduto e corretto?Recuperate i suoi romanzi e fateci un pensierino.
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L'Esorcista.
Ho mentito nella valutazione di questo libro.Meriterebbe 1 in piacevolezza(che non ho messo,perchè altrimenti il voto si sarebbe abbassato di molto)."L'esorcista",capolavoro senza età di William Peter Blatty(sceneggiatore di Blake Edwards) non è un libro piacevole,pur essendo probabilmente uno dei migliori romanzi di tutta la storia americana.Una dodicenne è affetta da una strana patologia che comporta attacchi violenti e irascibilità.Anche la madre atea comincia a sostenere la possibilità di un esorcismo.Anticipato da un prologo straordinario,che ammette il valore degli scavi storici,il libro non è un horror tradizionale.Ricordo una famosa frase di un giornalista del Ny Times:"L'esorcista è superiore agli altri libri del suo genere come lo è un'equazione di Einster paragonata alle colonne di calcoli di un contabile".Blatty va all'appendice del male,il male supremo,facendo decise distinzioni tra ciò che è sacro e ciò che è blasfemo,o rituale.Il Male si manifesta nel corpo di una tredicenne,con una madre borghese,con due camerieri,attrice e acculturata.Come se il Male entrasse nella casa degli uomini comuni.Molto inquietante il fatto che il Demonio si manifesti nel corpo di una bambina,che per l'anno(1971) fu quasi uno scandalo.Probabilmente è stato l'unico libro di cui ho avuto paura,vera paura.Quando lo lessi la prima volta avevo circa 13 anni,oggi ne ho 15 e l'ho riletto.Oltre a trovarlo sempre splendido e meraviglioso,ho notato dettagli che mi erano sfuggiti,molti dettagli.Probabilmente l'epilogo è un pò troppo frettoloso e lascia domande irrisolte,ma si muove metafisicamente verso la mente dei lettori,restandoci e spaventandoci.Non me ne voglia Stephen King,ma è il miglior romanzo horror mai realizzato.Eppure non è un horror.L'orrore è esterno,non interno a noi,e non è nemmeno un killer,un pesce carnivoro,un animale.Probabilmente è angosciante quanto basta per diventare un cult generazionale.Dal romanzo è stato tratto il film,altro capolavoro cinematografico diretto da William Friedkin e sceneggiato dallo stesso Blatty.E il successo fu addirittura superiore a quello del libro.
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L'esecutore
La coppia di coniugi che si cela sotto il nome di Lars Kepler,torna dopo il best-seller de "L'ipnotista" a mietere copie,ma non anime e cuori."L'esecutore" è un lento thriller-noir scandinavo,profondamente politico e confuso,che vorrebbe imitare lontanamente i prototipi,anche cinematografici anni cinquanta.Parte da un'azione importante,il romanzo:La sorella di una nota pacifista viene uccisa,ma la vittima era lei.Intanto il commissario Joona Linna(lo stesso del capolavoro "L'ipnotista"),indaga sulla morte di Carl Palmcrona,un importante industriale coinvolto in un complotto internazionale che potrebbe cambiare per sempre il mondo.Probabilmente risente di una urbanità troppo stilizzata e si affida a una non-curanza stilistica notevole,patendo come thriller metafisico e sfociando negli oscuri terreni del political-thriller.Un noir scandinavo che prova a strizzare l'occhio al compianto Larsson,ma che non riesce nella sua impresa.All'inizio,per le prime 100-120 pagine il romanzo riesce quasi ad appassionare,ma alla fine si raggiunge uno stato per nulla discreto e che si allontana notevolmente dai risultati precedentemente raggiunti dai coniugi.Poca l'introspezione,poco lo sviluppo dei personaggi.E poca la piacevolezza arrivata dalla lettura. Voto: 4
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La caduta dei giganti.
Quello di Follet è un discorso unitario.Torna e ritorna sulla Storia con l'intento febbrile di cambiarla e di renderla più piacevole,ma non sempre ci riesce benissimo.Lontano dal suo Medioevo perduto,l'inglese scrive come un automa un romanzetto semplice e disidratante,che sembra più volte realizzare una caduta di stile tenebrosa.Ma il suo stile è efficace ma meno fugace del solito.Il contenuto del romanzo è poca cosa se confrontato con le possibilità delle premesse dell'epoca,ma si salva incredibilmente grazie alle facoltà del suo autore.Qui racconta la storia di una serie di famiglie,nel primo capitolo di una futura Trilogia che ripercorre il secolo scorso.Un libro vagamente piacevole che si fa desiderare per le sue interminabili pagine(quasi 1000),fino al solito finale aperto in classico stile Follet."La Caduta dei Giganti" parla della Storia senza dov'essere un romanzo di storia.Non è obiettivo Follet,sembra predicare invece che emozionare.Anche lo sviluppo dei personaggi perde tanto,poichè non ce n'è nessuno indimenticabile,o che merita un sequel o un rifacimento.Probabilmente uno dei romanzi meno riusciti del maestro inglese,che si serve troppo della sua solennità e non riesce più a carpire l'attento lettore come un tempo.Non è "la caduta di un gigante",ma ci va vicino e molto.Purtroppo.
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Appunti di un venditore di donne.
Lontano da cittadine scure e tristi come Montecarlo o la New York terroristica de "Io sono Dio",Faletti cerca di approfittare della sua figura da furbo giallista portando nelle librerie "Appunti di un venditore di donne".Il suo ultimo bestseller,ambientato in una Milano non ancora potabile nel mezzo degli Anni di Piombo,tesse figure oscure su riflessi cristallini e piccoli sprazzi di arte pura.Bravo è un venditore di donne.Insomma,un uomo senza scrupoli nel giro della prostituzione.Quando cerca di infilarsi in un traffico più losco dei suoi,verrà inseguito dai Servizi Segreti,dalle Brigate e scoprirà che oltre alla maschera del reale il mondo riserva sorprese clamorose.Faletti parte da un soggetto ottimo,che si va via via diradando per lasciare spazio ad una fotografica oscura sulla Milano anni 80'.Notevole il carico stilistico dell'autore.La scelta di un mistero praticamente già risolto dà all'egregio scrittore un ulteriore convinzione di ciò che si scrive,senza bisogno di inserire azione grandiosa o suspance esplosiva.Faletti forse non riscriverà le idee del noir di casa nostra,ma la sua scrittura è fluida e scivola via senza complicazioni o vocaboli eccellenti.Meno psicologico dei precedenti lavori dello scrittore,si porta appresso un odore di morte e una visione di sangue che contribuisce a renderlo sempre più interessante.Peccato per una risoluzione finale troppo frettolosa e poco consolatoria.Ma Faletti è anche questo.
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