Opinione scritta da talullah
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però che angoscia!
E' stato scritto da un premio Nobel, deve essere un bel libro, per forza, mi son detta quando ho preso in mano "Cecità" per la prima volta e senza dubbio lo è perchè è geniale l'uso della metafora della cecità per descrivere una società bestiale e feroce in cui quel che conta è sopravvivere, con qualsiasi mezzo. Devo tuttavia confessare che la lettura di questo romanzo è stata tutt'altro che semplice, chissà, forse, era proprio nelle intenzioni dell'autore farne un romanzo duro, per molti versi ostico a leggersi, un romanzo che lasciasse il lettore perplesso di fronte a così tanta crudeltà ingiustificata ma non è solo questo, non è solo una questione di contenuto, voglio dire, mettere insieme atrocità di ogni tipo, violenza gratuita, facili sensazionalismi sarebbe stato troppo semplice e forse troppo banale anche, qui è invece la forma, è il modo in cui il racconto è scritto a dare corpo alla violenza di questo romanzo più che il contenuto, Saramago ha voluto essere crudele persino nei confronti del "povero" lettore. La sua è una scrittura che ti toglie il respiro, che ti porta a leggere senza tregua perchè manca la punteggiatura, perchè il romanzo è un dialogo continuo, perchè non esiste una figura guida che ti giustifichi ciò che sta accadendo e ti liberi dal senso di claustrofobia che ti assale fin dalle prime righe, e allora ti ritrovi a leggere così, come se fosse una cosa inevitabile , automatica, oserei dire neppure per passione o per particolare coinvolgimento emotivo ma per sfinimento, per dire "l'ho finito".
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un infuso di saggezza e buon umore
Un altro episodio della serie ambientata in Botswana, a mio parere quella più riuscita di Alexander MC Call Smith. Che dire, io adoro questa serie e ho adorato anche quest'ultimo romanzo! Cosa mi piace di MC Call Smith? L'ottimismo e la leggerezza con cui ci rappresenta queste storie di "misteri" quotidiani, complicati ma non troppo e soprattutto sempre risolvibili con l'intelligenza e con il buon senso. La serie è ambientata in Botswana e pare di avvertirlo il calore soffocante dei luoghi in cui si svolgono i fatti e la polvere e i grandi alberi sotto i quali i personaggi cercano refrigerio. In questa ambientazione così viva e così tangibile si muovono gli strepitosi personaggi di MC Call Smith. Innanzitutto la meravigliosa Mma Ramotswe, titolare della prima agenzia investigativa femminile del Botswana, una donna di estremo buon senso, generosa, saggia, che sempre sa trovare il bandolo della matassa. Mma Ramotswe è sovrappeso o meglio, come dice lei, ha "una corporatura tradizionale". Dovrebbe mangiare meno dolci e camminare un po' di più, non riesce tuttavia a rinunciare ad una buona tazza di tè rosso, meglio se accompagnata da una bella ciambella. E' una donna che sa infondere ottimismo e serenità, è legata alle tradizioni ed è dalla semplicità che trae la propria saggezza e la propria paciosità. Per lei lavora la signorina Makutsi, ex zitella, diplomata con 97 su 100 alla scuola per segretarie, con gli occhiali e una passione smisurata per le scarpe. Ci sono poi il marito della signora Ramotswe, generoso ma di poco carattere, il fidanzato delle signorina Makutsi, ricco ma ingenuo e altri personaggi, sempre fortemente caratterizzati, che fanno da contorno alle due "eroine" del quotidiano, Ramotswe e Makutsi, senza dubbio le figure più rilevanti e più forti caratterialmente. Una serie molto femminile oserei dire questa di MC Call Smith, divertente, scorrevole a leggersi, piena di spunti di riflessione, di perle di saggezza qua e là, tutto sempre all'insegna dell'ottimismo e della leggerezza.
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assolutamente da leggere!
Questo è il primo libro che leggo di Terzani, se ne è sentito parlare così tanto di lui negli ultimi tempi per via del suo ultimo "La mia fine è il mio inzio", per la sua scelta di vita, per la sua malattia, e devo dire che quando ho deciso di intraprendere questa lettura l'ho fatto con scetticismo ma anche con enorme curiosità, si è rivelato invece una meravigliosa sorpresa. E' un libro che ha catturato la mia attenzione dalle prime pagine. Terzani è non solo un attento giornalista, di quelli veri, che operano sul campo, è anche un meraviglioso narratore. Scrive in maniera semplice, diretta, coinvolgente come ogni vero scrittore sa fare. “Un indovino mi disse” è un romanzo di viaggio e reportage insieme. Il racconto che Terzani fa dei suoi viaggi, rigorosamente non in aereo, è appassionante, le descrizioni dei luoghi e dei fatti che vive e ai quali assiste non sono solo cronaca, sono pura emozione. Leggendo questo libro devo confessare che mi sono appuntata parecchie frasi che credo meritino di entrare in una delle tante raccolte di citazioni celebri e che rileggerò con molto piacere nei tempi a venire. Sono stata favorevolmente colpita poi dal modo con il quale Terzani racconta la propria fascinazione per l'oriente e per le filosofie orientali in genere. Non mi aspettavo fosse così critico verso quel mondo così lontano da quello occidentale, in cui accadono cose e si crede in fatti inspiegabili e di fronte al quale non può tuttavia che arrendersi e subirne il fascino. Fantastico il racconto del suo incontro con un ex collega giornalista tedesco diventato monaco tibetano, che "persegue la meta di altri, dietro un'illusione che non è nemmeno la sua". Terzani non comprende la necessità della sua conversione, "avrebbe potuto fare il francescano o il gesuita all'interno della propria cultura", non capisce l'occidente alla ricerca di "esotismi", un occidente che trasforma i dogmi n "bestsellers" però di quel mondo ne é suo malgrado parte anche lui, che svolge il proprio lavoro in oriente e non in Italia, che sogna di trasferirsi in India piuttosto chedi ritornare nella natia Firenze. Meraviglioso il racconto della sua decisione di frequentare un corso di meditazione ,inizialmente faticosissimo per lui che è molto scettico in proposito, gli pare una "roba per disorientati, una risposta di evasione ai problemi del mondo" ma che lo aiuterà invece a sentirsi ancora e defitivamente più vicino a quell'Oriente che tanto ama.
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