Opinione scritta da Reppy
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Sola(r)
Lo stile di McEwan non mi dispiace e, forse, di tutto il libro è una delle poche cose che salvo.
Partendo dalla descrizione in quarta di copertina, mi aspettavo un libro del tutto diverso. Pensavo a qualcosa di più emozionante, leggermente più incentrato sulla componente scientifica del tutto. Invece tutto il problema del riscaldamento fa solo da sfondo alle vicende poco interessanti e parecchio noioso di un personaggio detestabile. Non sono riuscita assolutamente a provare simpatia o un minimo ad affezionarmi al protagonista… a dire il vero non sono riuscita a farmi interessare neanche un po la sua vita, ed essendo il libro basato sul suo provato posso farvi immaginare che calvario sia stato per me arrivare alla fine. I personaggi che circondano il protagonista sono tutti descritti in modo essenziale e non lasciano alcuna traccia o ricordo. Dopo le prime 100 pagine di nulla assoluto ero quasi pronta ad abbandonarlo. La storia era davvero noiosa come noiosi erano i suoi problemi coniugali e il suo modo di affrontarli. Della prima parte si salvano solo un paio di scene che sono quelle che mi hanno spinta a non abbandonarlo subito. La seconda parte è stata più banale della prima ma in un certo senso meno noiosa e ridondante. La terza parte forse è l’unica che non mi è risultata altamente soporifera.
Principalmente da questa lettura ho ricavato noia e sensazione di leggere e rileggere concetti sempre simili, e a parte un paio di scene, non sono riuscita a godermelo per nulla.
Il suo stile di scrittura mi piace, scrive molto bene… ma la storia è stata una delle cose più noiose mai lette.
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Le storie di Arturo Bandini
Le storie di Arturo Bandini è la raccolta di quattro libri scritti da Fante nell’arco di tutta una vita e riguardanti il suo personaggio/alter ego Arturo Bandini. I libri sono inseriti in ordine cronologico per quanto riguarda il personaggio anche se nella realtà sono stati scritti in ordine diverso. Questo è successo perché, La strada per Los Angeles era ritenuto troppo aspro dagli editori, e così Fante decise di scrivere un altro libro con protagonista sempre il suo personaggio, in età giovanile. Così nasce Aspetta Primavera, Bandini. Questo è il libro che apre la quadrilogia contenuta in questa raccolta e narra, come dicevamo, le avventure di Bandini in tenera età. Il libro mette in luce il rapporto non semplice con i genitori. La sua adorazione misto a odio per i suoi genitori. Si vede anche il suo tormento interiore. Il suo attaccamento alla religione, ma non tanto per amore di Dio quanto per il timore che ha di lui e la paura dell’Inferno. Il suo rapporto con i fratelli. Insomma, ci viene presentato l’ambiente in cui è cresciuto. Arturo è figlio di un muratore italiano estremamente fiero del suo lavoro ma che con il rigido inverno sta avendo problemi in quanto i lavori sono bloccati e Svevo ha problemi a portare a casa i soldi per mantenere la famiglia. L’occasione arriva quando una ricca vedova inizia a cercare un muratore per delle riparazioni e lui prende il lavoro. Inizia quasi da subito una relazione tra i due, ma è una storia che è fatta di tutto tranne che di amore. Quando Arturo scopre la cosa, si sente molto fiero del padre per la fortuna che è riuscito a crearsi e detesta la madre per il suo soffrire così ma prova anche pena per lei. Arturo odia anche essere un italiano, lui vorrebbe chiamarsi John ed essere americano e si arrabbia ogni qual volta qualcuno glie lo rinfacci. Arturo sta anche vivendo la sua prima cotta per una compagna di classe, una ragazzina che però sembra disprezzarlo e che lui comunque definisce la sua fidanzata. Per lei prova i primi sentimenti e i primi momenti di eccitazione che lo tormentano perché nella sua testa, sta commettendo peccato. Arturo è anche un ragazzino pieno di rabbia e di vergogna per la condizione di miseria che affligge la sua famiglia e che li porta ad avere sempre maggiori debiti ed è per questo che ammira sempre di più il padre, che con i lavori per quella donna, riesce a portare a casa un sacco di soldi. Quando però la madre scopre questa relazione la situazione degenera e scoppiano violenti liti. E’ un libro che riesce a commuovere profondamente, che confonde e fa arrabbiare, che butta in campo tutta una moltitudine di sentimenti che anche il lettore proverà. Sarà difficile provare una vera simpatia per questi personaggi che a modo loro sono miseri e patetici. E Arturo, nonostante il suo brutto carattere, riuscirà a dimostrare di essere, in fondo, anche buono.
Il secondo libro è La strada per Los Angeles. Questo è decisamente il libro più crudo, il più cattivo e il più pesante da leggere. Ritroviamo un Arturo sempre più abbruttito dalla sua condizione, un uomo che deve mantenere la madre e la sorella che vivono con lui. In questo libro ricompare il rapporto non idilliaco con i familiari e soprattutto con una sorella che si crede moralmente superiore e punta continuamente il dito contro il fratello. Arturo regge poco la situazione, passando da un lavoro all’altro perché riesce sempre in qualche modo a cacciarsi nei guai e farsi cacciare. In questa situazione interviene anche uno zio che gli procura un lavoro nella zona del porto, un lavoro che lui odia. Anche lo zio riesce a fargli pesare il suo non essere in grado di mantenersi un lavoro e la sua inutilità. Questo è anche il periodo in cui Arturo comincia a sognare di scrivere, chiuso nel suo stanzino, in compagnia delle donne da catalogo con cui passa le sue notti accendendo lo sdegno delle donne di casa, quelle reali che gli stanno sempre con il fiato sul collo. Va in giro parlando di grandi scrittori e grandi filosofi, riempiendosi la bocca e la testa di frasi che qualcuno ha scritto, qualcuno che alla fine ce l’ha fatta, e intanto sogna.
La trama può sembrare semplice e banale, come semplici e banali sono le vite di milioni e milioni di persone. Quello, che come nel libro precedente, rende vivo e vero questo libro, sono i sentimenti. E qui si rivelano tutti, nella loro potenza dolce e rude, in una esplosione di atti a volte assurdi, a volte violenti e che molto spesso faranno apparire Arturo un personaggio triste e cupo, quasi al limite della follia. Ma forse davvero lo è, quando insegue donne di cui ha visto solo il vestito, masticando cicche di sigarette e leccando muri dov’è stato strofinato un cerino.
E’ a quel punto, quando la follia sembra essersi impadronita di lui, quando la tensione in casa si acuirà al punto da scatenare furiosi litigi che faranno allontanare la madre e la sorella… sarà a quel punto che Arturo deciderà di prendere tutte le sue cose, infilarle in una valigia e andare verso Los Angeles per coronare il suo sogno.
Il terzo libro è Chiedi alla polvere, libro che per molti è il capolavoro di Fante. In questo libro ritroviamo il nostro Arturo, sempre in condizioni misere e con il sogno di diventare scrittore. Vive in un piccolo albergo e scrive continuamente a una rivista nella speranza che pubblichino qualcosa. In realtà, qualcosa hanno già pubblicato, ma Arturo è riuscito a consumare tutti i soldi che aveva guadagnato. Continua a tormentarsi alla ricerca della sua ispirazione. E’ così che entra in campo Camilla, una ragazza che lavora in un bar. Questo libro parla soprattutto di loro, parla della loro storia mai nata, del suo amore struggente per lei e per il suo odio per lui perché lui non è Sammy, non è l’uomo che lei ama davvero. E così i due si inseguiranno senza mai riuscire veramente a toccarsi, ma ferendosi, uccidendosi, scontrandosi e lasciandosi sempre con qualche nuova ferita. Arturo è a tratti gentile e a tratti un uomo pessimo. L’averla vicino gli fa provare sentimenti contrastanti a causa dell’inadeguatezza che lei, ogni volta, riesce a fargli provare. Ci ritroviamo così in una storia piena di disperazione, e come il personaggio ci ha abituati, rabbia. Ancora di più esce fuori la sua superbia, il suo essere convinto di essere superiore agli altri e di essere circondato da inetti. Si considera un buono ma non tenta neanche di nascondere il suo razzismo verso neri e messicani e non tollera che gli si ricordino le sue origini italiane. Si porta ancora dietro gli strascichi della sua educazione cattolica, tanto che riesce a personalizzare un evento come un terremoto, collegandolo al suo peccato di essere andato a letto con una donna sposata.
L’ultimo libro è Sogni di Bunker Hill, un libro che ci si aspetterebbe molto più amaro e duro visto la situazione in cui è stato scritto. Questo libro è stato dettato da Fante alla moglie perché il diabete lo stava già mangiando. Invece il risultato è la confessione di un uomo che ha avuto successo per poi rendersi conto di aver perso quello che era il suo obbiettivo e di non essere felice. Bandini ha pubblicato dei racconti e così viene invitato a far parte della grande famiglia di Hollywood per scrivere sceneggiature. Arturo non sa assolutamente nulla di questo lavoro, non ha idea di come si scrivano sceneggiature ma si renderà presto conto che la cosa non sarà un problema. Inizierà così a guadagnare molti soldi senza fare praticamente nulla, ma sentendosi completamente in gabbia. Anche l’incontro con uno dei suoi miti riuscirà a deluderlo in modo cocente. Inizia a pensare di non avere un posto nel mondo, e che forse l’unico posto in cui qualcuno l’avesse mai amato era proprio casa. E così Arturo decide di farvi ritorno, ma nel giro di una sera si rende conto di non essere assolutamente fatto per quel genere di vita e così riprende le sue valige per tornare nella terra dei sogni, e nonostante la sua folle paura di essere inadeguato, decide di riprovarci e tornare a scrivere.
Questo è il libro in cui Fante dona più umanità d’animo ad Arturo, lo rende una persona più facile quasi più buona e innocente. Forse perché questo libro arriva dopo quarant’anni dagli altri, e Fante soffre meno per ferite di gioventù e la cosa si rispecchia sul suo personaggio che sembra più pacifico. Un testo che suona come un riconciliarsi al proprio lavoro, al proprio sogno, così per Fante come per Bandini.
Quello che nei racconti di questa raccolta colpisce, non sono le storie, che prese di per se stesse, sono storie quasi comuni, di vita familiare facilmente immaginabile. Il merito di Fante è quello, col suo grandissimo talento, di riuscirà a far uscire i personaggi dal libro per farceli sentire dentro, con tutta la loro rabbia e la loro follia, coi loro sogni e i loro desideri e i loro problemi. Uno stile che può essere amato o anche odiato ma non potrà lasciare indifferenti, perché la maestria con cui le storie sono scritte, ce le faranno vivere dentro lasciandosi dietro lo strascico di tutti quei sentimenti contrastanti provati dai personaggi, provati per i personaggi. Provati per quell’Arturo Bandini, un uomo irritabile e irritato, un uomo pieno di rabbia e timore e sogni, un uomo vero. Fante.
Vorrei aggiungere un’ultima cosa. Tutti considerano Chiedi alla polvere il capolavoro di fante. In effetti, è un capolavoro. E’ un libro pieno di tutto. Qualsiasi cosa esista, in quel libro c’è. Ma io ho preferito La strada per Los Angeles, un libro giovanile, il libro scritto da un ragazzo che non si è risparmiato di descrivere rabbia e risentimento, che non ha avuto paura di usare un linguaggio e delle immagini che riescono a ferire e a fare male, a volte quasi disgustare. Un libro scritto da qualcuno che forse ancora stava crescendo stilisticamente ma che ancora non si era lasciato corrompere dalle voci di chi intorno dice cosa può essere comunemente accettato e più facilmente venduto. Un libro scritto bene, cattivo ed esplosivo.
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Disperazione
La mia prima esperienza con Nabokov. Il nome mi era familiare per quel Lolita che tutti conoscono, ma non aveva mai letto nulla di suoi prima di Disperazione. Ora posso dire di aver fatto la cosa giusta scegliendo di leggerlo.
Il libro è molto suggestivo e coinvolgente. Ci si muove attraverso i ricordi del protagonista che, in fuga, ci racconta la sua storia. Una storia che inizia con un incontro fortuito che genera una grande ossessione. Un uomo che incontra quello che secondo lui potrebbe essere il suo sosia perfetto. Un barbone che rimesso a nuovo potrebbe essere preso per lui, sicuramente, dal mondo intero.
Così il nostro protagonista inizia a macchinare il suo piano. Il suo capolavoro, quello che non potrà mai far gridare il mondo alla nascita di una nuova stella artistica perché proprio la perfetta riuscita del suo piano lo renderà una nuova persona, una persona diversa. Persona in cui inizia a perdersi ancora prima di attuare il piano. Persona che lui vede nello specchio al mattino.
Ma quello che per lui potrebbe essere un capolavoro, il resto del mondo potrebbe interpretarlo in modo diverso. E la disperazione del titolo è proprio lì, nel disprezzo che nasce dal piccolo particolare che svela il trucco.
Il libro è raccontato in prima persona. Ma è il racconto di un narratore che parla direttamente al lettore. Non di uno scrittore che scrive un libro. E così ogni tanto lo scrittore si rivolgerà direttamente a noi e condividerà con noi i suoi pensieri. E così ci racconterà giorno per giorno quella serie di eventi e di azioni che hanno portato a compimento la sua opera d'arte di cui nessuno, sapendo, avrebbe potuto negare la grandezza.
E poi racconto si trasforma in un diario. Dal passato arriva all'oggi, ai giorni che si stanno vivendo. Perché qualcosa è andato storto e la storia non può finire senza un epilogo. Epilogo le cui parole vengono scritte nel momento in cui si verificano.
Sembra quasi di rincorrere il protagonista nel tempo. Una corsa che sul suo percorso lascia stupiti per la grandissima onestà con cui la storia viene raccontata, per l'onestà di Hermann che vuole attuare il suo progetto che non riesce a definire atto criminale, perché nella sua mente è davvero un capolavoro, e l'onestà con cui condivide ogni particolare del suo piano. Onestà senza bontà, per un personaggio che va avanti e ci racconta senza curarsi di quello che accade intorno a lui, come se il resto del mondo fosse solo accessorio alla sua prova artistica, come se il resto del mondo fosse solo uno spettatore. E così si rimane rapiti dalla mente di quest'uomo che dialoga con noi come cercando di farci capire la sua ragione e cercando di mascherare il suo pensare malvagio.
Un ottimo libro che più che per la storia, di cui diventa quasi inutile parlare, affascina per lo stile con cui è stato scritto. Una prova di livello altissimo per Nabokov che riesce a rapire il lettore.
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Cartoline dai morti
'Io sono uno di quelli che un minuto prima di morire stava bene'
E' la prima volta che leggo un libro del genere. Non avrei mai pensato che a qualcuno potesse venire in mente una raccolta così.
C'è tutto in questo libro. C'è rabbia, dolore, rassegnazione, incredulità, senso di liberazione, tristezza... tutta una raccolta di sentimenti provati in punto di morte. Questo libro è infatti una raccolta di voci dall'oltretomba, una raccolta di cartoline da morti che parlano del loro grande momento. Del loro giorno. Non c'è da stupirsi che un libro del genere qualche volta riesca a strappare un sorriso e qualche risata amara... perchè a volte la morte è anche assurda.
Un libro nato forse per esorcizzare la paura della morte. Un libro che in alcune sue frasi diventa parecchio amaro e triste... ma questro è un altro aspetto della fine no?
'Il giorno dell'apertura della caccia qualcuno mi ha scambiato per una quaglia'
'Sono morto alle sette del mattino. Un modo come un altro per cominciare la giornata.'
Se potete farvelo prestare o prenderlo in biblioteca, pensateci... se no lasciate perdere.
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Invisibile
Questo è il primo libro di Auster che mi sia capitato tra le mani e devo ammettere di essere rimasta estremamente affascinata dal suo stile, dal suo modo di intrecciare e far percepire senza smascherare la realtà.
All'inizio ho avuto qualche perplessità notando l'assenza di virgolette o trattini che separassero dialoghi tra narrazione ma nel giro di poche pagine è riuscita a sembrarmi la soluzione naturale per la voce narrante del momento. Come naturale mi è sembrato il fatto di vedere riapparire virgolette e trattini nel racconto delle pagine di diario di uno dei personaggi.
Insomma, uno stile e delle scelte a cui non ero affatto preparata o abituata ma che comunque mi hanno lasciato un'ottima impressione. E' stato interessante anche vedere come questo libro a modo suo parli di scrittura e dello scrivere.
Questo libro è un viaggio della durata di quarant'anni. Un viaggio nell'animo umano, nella sua forza, nelle sue debolezze, nella sua totale follia e insondabilità. Un viaggio tra le maschere che l'uomo può indossare per coprire i suoi sogni e desideri più nascosti e terribili. Un viaggio di cui scopriremo inizio e fine, un viaggio non nella vita delle persone, ma nel vortice creato da un incontro e un avvenimento. Due mesi di vicende che condizionano il percorso di un'intera vita con la forza dei sentimenti che ispira: odio, rancore, rabbia, paura, follia. E anche quando tutto è lontano, quando tutto è fumoso, quel filo è ancora appeso alla mente e nel momento del tirare le somme eccolo tornare con nuova forza. Il libro infatti è anche l'ultimo sfogo di un uomo morente che come non mai desidera raccontare la verità, ne sente il bisogno.
Ma la verità non può essere una sola se è vissuta da più persone. Ed ecco allora che quando iniziamo a credere che la verità sia vicina, il punto di vista cambia, le voci cambiano, la verità vacilla e il lettore viene sballottato su una nuova strada.
E' un libro scritto in modo magistrale e in cui l'autore, tra repentini cambi di visuale riesce ad alimentare continuamente il dubbio, a non lasciare certezze. E quando il lettore inizia almeno a sentire una costante in certi elementi, ecco che tutto viene rimescolato e non solo sfugge il concetto della realtà ma inizia a sfuggire anche il contorno dei personaggi che pagina dopo pagina diventano sempre più ambigui.
E' un libro pieno che non annoia mai, inizia in un modo, lasciando presagire un certo tipo di narrazione, ma ad ogni capitolo sorprende per il cambio radicale. E così, già dal secondo capitolo ci si rende conto che la storia non è lineare, non è semplice e non parla di quello che potevamo pensare. Si lascia andare ad un intreccio di pensieri ed emozioni che portano anche il lettore a cercare la verità sulla natura della storia. O meglio, della storia nella storia. Sarà realtà? Finzione? I deliri di un uomo malato? L'ultimo tentativo di realizzare un sogno?
Come non rimanere allora rapiti dalle pagine di questo libro? Dalle sue pesanti e indicibili verità che si trasformano in oltraggiose bugie, sogni e follie, lasciando il lettore alle prese con i propri dubbi, alla ricerca di un inizio che possa indicare la strada verso la verità vera?
Perché la verità plana, cade, si rialza e si trasforma passando da un piano narrativo all'altro, da una voce all'altra, da un punto di vista all'altro, trasformandosi, cambiando e infine sfuggendo lasciando il dubbio della falsità, dell'invenzione, delle sue tante rivelazione negate.
Al lettore la scelta della sua verità, quella forte, quella sconcertante, quella inenarrabile, quella patetica.
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Alfabeti
Non so quanto sia possibile recensire un'opera di questo tipo.
In effetti ci troviamo difronte a una serie di articoli/saggi di letteratura pubblicati su vari giornali, nel corso degli anni, da Margis.
E quello che ci si presta a intraprendere leggendo questo libro, è proprio un viaggio. Un viaggio nella letteratura e un viaggio nelle letture che hanno fatto crescere l'autore.
Da questa raccolta infatti, oltre che imbattersi in autori, epoche e situazioni, ci si rende conto delle passioni di un uomo, dei suoi pensieri, delle sue preferenze, della sua crescita in questo mondo.
Interessantissimo infatti è leggere non solo di approfondimenti su Kipling, ma sapere come l'autore sia rimasto molto affascinato dai suoi personaggi. Perdersi non solo nella letteratura mitteleuropea ma perdersi anche per le strade di Praga e le sue contraddizioni. Esplorare non solo un mondo di libri ma i sentimenti di chi li ha letti.
Leggendo un articolo alla volta forse il senso di tutto questo si perde, ma leggere una raccolta è qualcosa di davvero bello.
Ci sono anche degli articoli generali che danno spazio a parecchie riflessioni, soprattutto verso la fine del libro vengono affrontati argomenti di più largo respiro che danno al lettore la possibilità di riflettere. Come per esempio tutto il capitolo sull'influenza che il nome di un autore ha sul lettore e sul suo giudizio di un'opera...
e questo è solo un esempio.
L'unico consiglio che posso darvi è prendere il libro e perdervici dentro.
L'unica cosa che si può dire è che in alcuni punti può diventare forse un po pesante ma in genere è molto scorrevole e facile da leggere.
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Il Nuvolo innamorato e altre fiabe
A me le fiabe sono sempre piaciute, ma questo libro l'ho trovato molto piatto.
Forse quella del Nuvolo, che da il titolo alla raccolta, è la più bella e quella che si salva nel gruppo. E' molto tenera e ben scritta ed è l'unica che ti fa provare qualcosa per i suoi personaggi.
Le altre sono tutte molto simili tra loro, sempre con gli stessi messaggi. Non sono neanche divertenti o in qualche modo interessanti e non hanno personaggi che ti fanno provare simpatia per loro quindi anche il messaggio che portano, per quanto possa essere bello o importante, passa nel cervello senza lasciare traccia. E' solo tutta una sequenza di parole una dietro l'altra che si può benissimo evitare di leggere senza perderci nulla.
E' vero che tra le righe ci si può trovare molto ma se un libro ti fa venir voglia di chiuderlo definitivamente dopo 5 pagine, non serve a tanto.
O fore sono semplicemente io che non riesco più ad apprezzare le fiabe come una volta.
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Un pugno e una carezza
Questo libro è stato come un pugno e una carezza ed è diventano uno dei miei libri preferiti.
C’è tanto amore e tanta amarezza, tanto dolore da fare paura.
Una storia post bellica, dove ancora i cocci della guerra fanno da sfondo a una storia di amore profondo che non basta a tenere unita una coppia divisa dalla miseria. Quella miseria che ha reso un uomo insofferente, che lo rende irascibile e manesco anche con quelle creature che non hanno colpa. La miseria che porta un uomo ad allontanarsi per non causare più dolore ai suoi figli, un uomo che nonostante tutto non riesce a cambiare, neanche per loro, perché la miseria è troppa, è insopportabile, è invivibile… come quel piccolo alloggio in cui i calcinacci continuano ad alzare polvere, in cui viene a mancare l’aria e in cui un uomo inizia a sentirsi troppo stretto ed è costretto ad abbandonare. Eppure non riesce dire addio. Troppo amore lo lega ai suoi bambini, a sua moglie. Moglie con cui ogni tanto si incontra, che chiama per poter rivedere. Una donna che, però, è tanto innamorata quanto stanca. Una donna che non regge più questi incontri quasi clandestini, che non regge più le voci della gente, e che forse, ha paura di vedere nel volto del marito il suo futuro… una donna che ha paura che la miseria che la circonda possa condurla sulla strada percorsa dal marito.
E così li ritroviamo, li seguiamo prima, durante e dopo uno di questi loro incontri, si percepisce tutto l’amore, tutta l’ansia. Li si vede avvicinarsi, sfiorarsi e scappare di nuovo.
La storia di queste due persone… così innamorate eppure divise… e che provano a trovare una soluzione, sperano di poter tornare insieme eppure hanno paura di farlo perché incapaci di risollevarsi da quella condizione che li ha portati a una dura separazione.
E quando la separazione e d’obbligo eppure l’amore è così forte… inizia a fare male, inizia a colpire allo stomaco… e ti tocca il cuore.
Boll riesce a fare provare tutte le emozioni dei protagonisti anche ai lettori rendendo la loro situazione reale anche attraverso la descrizione della distruzione, della miseria, dei colori, degli odori che li circondando… e sembra tutto così vivido da scorgerlo, palparlo, e quasi iniziamo a sentire anche noi quegli odori e vedere quelle facce.
E’ impossibile non vedere anche la critica rivolta verso la chiesa in quanto istituzione. Vedere la grandissima fede della moglie e il quasi timore verso quelle persone che la chiesa dovrebbero rappresentare.
Insomma tutto questo libro è estremamente vivo e vero nonostante il linguaggio narrativo che lascia trasparire il tempo passato dalla sua stesura e che potrebbe lasciare per un momento disorientato il lettore più giovane o semplicemente abituato al linguaggio e alla scrittura più moderna, ma che passa nel giro delle prime 3 pagine lasciando solo spazio alla palpabilità del periodo storico e dei sentimenti che accompagnano la storia.
Impossibile non commuoversi…
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A tratti geniale... peccato il finale
Ho preso questo libro perché, sebbene non ne avessi sentito parlare direttamente, ogni volta che mi trovavo davanti alla sua copertina, mi rendevo conto di averlo sentito nominare da qualcuno e alla fine ho deciso di cedere all’impulso.
E’ stata una lettura divertente e il libro è a tratti davvero geniale. Non annoia ed è dotato di parecchia ironia. Già solo dall’inizio si può capire benissimo lo stampo del libro. Personaggi assurdi che agiscono in modo assurdo, almeno, assurdo per chi ha vissuto sul suo pianetuncolo senza sapere nulla dell’universo esterno. Ma per chi l’esterno l’ha sempre vissuto, tutto risulta assolutamente normale e lineare. Ovviamente, essendo noi i poveri sprovveduti, all’inizio potremmo sentirci un po spiazzati.
Insomma, la facilità coi cui si possono condividere i sentimenti e lo stupore del protagonista, aiuta a rendere partecipe il lettore e a sentirsi vicino al suo protagonista.
A volte il libro purtroppo si perde in se stesso e soprattutto… il finale… quando le cose iniziavano ad essere veramente interessanti e tutto iniziava a movimentarsi… ecco che arriva la fine. E’ come uno stopparsi nel mezzo dell’azione. Un vero peccato perché può lasciare una leggera sensazione di insoddisfazione.
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Lieve
Questo libro l’ho comperato per scherzo da regalare a una mia amica che non è proprio molto alta ahahah. Lo so che sono stana nei miei modi a volte. Ad ogni modo, ho deciso di leggerlo prima di darglielo. Sapete una cosa? Sono stata molto felice di averlo fatto.
Questa è quella che si può chiamare una bella favola.
E’ un piccolo libro senza pretese ma la storia che racconta è comunque molto carina, gentile, delicata… lieve. La compagnia di gerbilli, protagonista di queste avventure insieme al loro amico nano, è assolutamente irresistibile e accompagnarli nel loro viaggio è stato molto divertente. Come tutte le favole, è piena di buoni sentimenti e speranza ed è anche fatto di personaggi simpaticissimi e ben pensati. Situazioni, caratteri e sentimenti sono tutti molto umani come anche l’organizzazione interna del prato dei gerbilli e quindi è facile trovare anche qualche piccolo spunto di riflessione… e come tutte le favole, ovviamente, ha una sua morale.
Per essere un libro così piccolo, è stata davvero una lettura piacevole, capace di regalare un paio d’ore di spensieratezza e allegria vista la sua leggerezza, le battute e i giochi di parole. E’ stato anche divertente trovare molte citazioni letterarie, a volte riconoscendo qualcosa mi sono ritrovata a sorridere come una bambina.
Insomma, è una favola che anche un adulto secondo me potrebbe apprezzare ma è sicuramente un intermezzo, non una lettura necessaria ma una possibile scelta per rilassarsi un po tra letture più impegnative.
Letta a capitoli potrebbe essere anche una perfetta favola della buonanotte.
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Appassionato e appassionante
Questo libro è stata una lettura assolutamente intensa. Quando l’ho iniziato non mi aspettavo minimamente quello che ci ho trovato.
La storia è quella di due ragazzi che vivono questa passione estremamente profonda e bruciante che si consumerà nel giro di pochi mesi lasciando dietro di se una scia di distruzione. Lei, nonostante il suo successo, riesce a farsi risucchiare in questo inferno di emozioni contrastanti, sensi di colpa e afflizioni che la faranno diventare un’altra persona agli occhi di parenti e amici e portandola vicino al suicidio. Lui, che il successo lo insegue, cerca di sfruttare quello di lei ma si rende conto di riflettere solo la sua luce, di non poter essere investito dallo stesso successo solo per vicinanza e quindi vive un grande complesso di inferiorità. Due anime che si attraggono e si respingono e straziano la mente, il morale e il cuore… due esseri che non possono stare insieme e non riescono a stare separati.
I due protagonisti sono caratterizzati in modo ottimo, come anche gli altri personaggi. Non ci sono grandissime descrizioni di luoghi o tempi, anche se le poche che ci sono risultano estremamente vivide. Ci sono invece una infinita serie di descrizioni di stati d’animo, situazione interne e vissute nel cuore dei personaggi. Descrizioni affascinanti ed estremamente coinvolgenti.
La storia di questa coppia è quindi raccontata attraverso le loro (in gran parte, di lei) sensazioni ed emozioni più profonde. Tutta la passione, la sofferenza… tutto amplificato attraverso parole ed immagini in grado di lasciare un segno nel lettore.
Questo libro ha avuto anche il grande pregio di farmi riflettere tantissimo. Riflettere sulla vita, sulla morte, sulle relazioni (di coppia e non solo)… sul mio personale modo di vivere emozioni, dispiaceri, dolori. Mi ha fatta guardare dentro e in un certo senso mi ha aiutata a ragionare su cose che ho vissuto e sto vivendo. Mi ha lasciato una sensazione molto bella per quanto in realtà il libro non sia proprio positivo anche se lascia con una sensazione di speranza.
Mi sono molto riconosciuta nel modo morboso di vivere i rapporti di Ruth, nel suo dedicarsi e nel suo intestardirsi ed essere succube. Mentre leggevo pensavo alla situazione che sto vivendo in questo momento e ho iniziato a vederla con altri occhi, ad analizzarla un po di più cercando di dissiparne il peso e l’afflizione che mi lasciava nella mente e nel cuore. Non ha risolto i miei problemi, ma di sicuro questo libro è riuscita ad aiutarmi moltissimo.
Ma credo che sia facile per chiunque immedesimarsi e rivedersi in qualcuno dei comportamenti o degli stati d’animo vissuti da questi personaggi.
E soprattutto, si finisce col ricordare che le ferite si rimarginano e quelli che sembravano dolori e afflizioni inconsolabili, col tempo sono destinati a diventare ricordi. Cicatrici a volte indelebili e brucianti… ma che col tempo finiscono di sanguinare.
Io l’ho trovato un libro ottimo e lo stile della scrittrice estremamente affascinante, diretto e chiaro nonostante gli argomenti descritti e raccontati siano molto complicati e difficili. Consigliato a tutti.
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Grande Dot
Appena ho finito di leggere il libro di Dorothy Parker ho cercato di immaginarmi come fosse nella vita con gli altri. Se in lei si rispecchiavano tutta quella ironia, quel sarcasmo che ho trovato nei suoi racconti, probabilmente l’avrei adorata. Tutto in questo libro è pieno di ironia.
Nei racconti è davvero fenomenale. A volte sono solo dei dialoghi, a volte dei lunghi monologhi che riescono a tirare fuori tutto il ridicolo anche dalle situazioni più triste. Questo suo riuscire a trovare questo lato in quasi tutto, è una delle cose che me l’hanno fatta amare. Ha un modo tutto suo di muovere critiche e con i suoi racconti ci ha raccontato gli anni venti con grande ironia, parlandoci dei vizi, delle paure e dei pregiudizi del suo tempo.
Il suo carattere si rispecchia anche nelle sue poesie. Poesie che non sono componimenti difficili o qualcosa a cui si debba pensare. Sono lì e basta. Si possono condividere i suoi pensieri e sentimenti oppure no ma sono lì, chiare come l’acqua, senza possibilità di equivoci, cristalline. Il piacere del leggere le sue poesie sta proprio lì, nel fatto che non ci sia necessità di interpretazione, di spremersi le meningi per afferrare un significato. Ad alcuni la cosa può piacere e ad altri no, dipende dai gusti, ma lei è sempre stata chiara e diretta in tutto quello che diceva.
Questo lo si capisce molto anche dall’ultima parte del libro che raccoglie degli articoli, critiche letterarie e teatrali pubblicate su varie riviste. Non era donna da lasciarsi intimidire dai nomi o da tenere a freno le dita. Le sue recensioni sono a volte delle lodi e a volte delle steccate tremende. Ma sempre, quando esprimeva il suo punto di vista, riusciva a tirare fuori tutto il suo sarcasmo e la sua ironia e a rendere i suoi articoli in qualche modo sempre freschi, divertenti e simpatici.
Insomma, leggere questo libro è stato un vero piacere ed è un libro che si fa leggere senza il minimo sforzo grazie alla sua chiarezza e semplicità, alla fluidità dei racconti e all’infinita simpatia.
L’unica cosa che forse può non piacere è il reparto poesie, perché la poesia a non tutti piace… ma io una possibilità glie la darei.
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Un libro che sa commuovere... ma poi...
Non si può negare l’intensità di questa narrazione che non mancherà di commuovere gli animi sensibili. L’incontro di due solitudini legate da un destino di vita e di morte e dal nome che gli è stato attribuito ‘re dei camosci’. Due esseri così diversi eppure così simili. Un uomo che sceglie la vita solitaria iniziando così ad assaporare e comprendere la natura, i suoi movimenti, il suo respiro, la sua forza e vitalità, diventando così un cacciatore senza eguali e che viene chiamato ‘re dei camosci’ perché nessuno ne ha mai uccisi quanti lui, eppure si sente un ladro a portare questo nome.
E un camoscio, un esemplare bellissimo, che è dovuto crescere da solo perché sua madre è morta quando era solo un cucciolo. Il suo crescere solitario l’ha reso diverso dagli altri camosci. L’ha reso grande e forte e un conoscitore eccellente della natura e del suo territorio, l’ha reso il ‘re dei camosci’.
Ed è stato proprio l’attimo della morte della madre a legare per sempre i destini di questi due esseri solitari. Ma entrambi sono vecchi e stanchi e sanno che il momento di lasciare il posto a qualcun altro, il momento che la natura vada avanti e si rigeneri nella forza della giovinezza, sta arrivando… e quando arriva il loro giorno, entrambi sanno che sta per accadere qualcosa, sentono nell’aria di quella mattina di Novembre l’annuncio di quell’incontro. Ed è proprio quel giorno che i loro occhi si incroceranno e le loro anime si incontreranno, senza paura, come se fosse il naturale epilogo delle loro vite passate a fiutarsi.
Perché è anche di questo che parla questo libro: della natura e del suo corso che non può essere fermato, di nascita, crescita e morte. L’inesorabile ciclo a cui tutti sono destinati nonostante la forza, la maestosità che li contraddistingue.
Come dicevo, non è possibile non commuoversi e non farsi trascinare. Alcune immagini sono estremamente vive, come una ragnatela che si impiglia alla bocca del fucile… e molto intense, come la vibrazione che si sente un momento prima che il fulmine cada.
Ma nonostante tutto, questo libro non è senza pecche. Il linguaggio quasi onirico e fortemente poetico, in alcuni momenti intensifica molto la narrazione, coinvolgendo, ma allo stesso modo, per larga parte della narrazione, può risultare pesante e a volte leggermente frustrante. Un’esagerata ricercatezza di simboli e immagini che a volte rendono la lettura non scorrevole.
Si fosse trovata una mediazione, sarebbe stato forse più piacevole. Lasciare la poeticità nei punti giusti e dare un tono più narrativo al resto del racconto avrebbe forse reso ancora più intensi alcuni attimi del libro che già hanno una forte carica emotiva. Ma anche l’incontro tra l’uomo e la donna che cerca di intervistarlo, per esempio, viene descritto con un linguaggio che rende tutto pesante e fa perdere quell’epicità che hanno gli incontri di due nature diverse e uguali come quella dell’uomo e dell’animale.
Un altro punto che lascia sorpresi, anche se non immediatamente, a caldo, ma dopo qualche giorno… e il rendersi improvvisamente conto dell’umanizzazione dell’animale. I pensieri, lo sguardo… tutto reso troppo umano e meno istintivo che un po può lasciare insoddisfatti.
Insomma… un paio d’ore di lettura molto molto piacevole e intensa anche se a volte difficoltosa, che sul momento colpiscono, ma che a lungo termine possono far sorgere dei dubbi.
Io comunque lo consiglierei, perché a parte le considerazioni a posteriori, e diritto di tutti potersi godere le emozioni che questa lettura può suscitare.
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Piatto...
Che dire? Da leggere è stato anche divertente… ma tutto sto libro si poteva scrivere anche su un post-it.
Stronzi = Adulti, persone indipendenti in grado di realizzare se stessi senza aiuti esterni.
Bambini = Persone che cercano qualcuno che si prenda cura di loro e trovano la felicità solo negli altri, egoisti e pure stronzi.
Il tutto poi è molto semplicistico: divide tutti in due categorie come se fosse una cosa semplice. Con i bambini che non sono in grado di provvedere a se stessi ed estremamente egoisti e gli stronzi che paiono come dei cinici che pensano solo ai fatti loro e quindi egoisti.
Io mi sono trovata giusto nel mezzo a quanto pare, più tendente allo stronzo. Ma nonostante questo sono solo contenta di non rientrare nella categoria Stronza completa perché da come viene descritto in questo libro… è veramente una cosa triste.
A volte ancora mi faccio pere mentali e a volte ancora in qualche modo, dipendo affettivamente… ma per essere completamente stronzi sembra che sia necessario diventare una persona fredda e cinica… e per quanto nel libro si continui a dire il contrario… quella è l’impressione che lascia il tutto… quindi ben felice di non essere ancora diventata completamente stronza.
La cosa che forse mi ha dato fastidio è stata la descrizione del rapporto col sesso. I bambini che usano il sesso per costringere una persona a un legame e gli stronzi che sono in grado di separare il sesso dall’affetto e intendono il primo un po come un gioco. A un certo punto viene praticamente detto che in un rapporto, se ti cornificano e ti lamenti… sei un bambino.
Insomma, ne risulta una divisione estremamente piatta del genere umano. Ma anche molto molto triste.
Altra cosa è che si fa un tanto parlare ma poi non dice niente di utile dà una panoramica sulla faccenda ripetendo in continuazione gli stessi concetti.
E soprattutto è scritto in un modo orrendo. Veramente brutto con virgole schiaffate a caso, una parola e poi a capo. Se non fosse stato scritto così probabilmente sarebbe stato lungo 3 pagine. E poi dei periodi che suonavano veramente male.
Quell’autocitarsi e auto pubblicizzarsi poi , è una cosa che mi ha fatto veramente pena.
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Si e No
Questo è stato il primo libro dell’autrice che ho letto e so che è stato un errore… ma non l’ho scelto io, mi è stato regalato. Credo che tutto dipendesse dal mio stato d’animo quando prendevo in mano il libro… libro che non è un romanzo ma una raccolta di pensieri e sensazioni ed esperienze…
Lo stile con cui è scritto questo libro non mi è molto piaciuto, sembrava un po acerbo anche se migliorava sul finale. Non è un libro che segue un filo logico quindi a volte sembra parecchio scollegato.
A volte sembra tutto molto delicato ma spesso invece il tutto risulta solo molto banale e superficiale e purtroppo è un’idea che mi si è riflessa anche sull’autrice, di cui in realtà non so nulla ma se dovessi farmi un’idea di lei su quello che ho letto in questo libro, non sarebbe sicuramente molto positiva. Se dovessi basarmi su questo libro per la scelta se leggere o no ancora qualcosa di suo… direi no. Ma ho letto anche che questo libro è consigliato a chi di lei ha già letto qualcosa. Credo che proverò almeno un suo romanzo.
C’è stato però verso la fine… il pezzo in cui racconta del cane, che mi ha veramente molto commossa. Quel pezzo mi è piaciuto davvero tantissimo.
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Piccole finestre
E’ il primo libro di Carver che ho letto e speravo in meglio.
In realtà il suo stile mi piace ma personalmente i racconti brevi in generale non mi hanno mai entusiasmata. Sono delle finestre troppo piccole sulla vita della gente. Sembrano coglierne un solo attimo che a volte non è neanche quello topico. Sono momenti di vita vera che lasciano trasparire eventi ma che non sempre li racconta… e anche quando lo fa… sono racchiuse in ritagli di vita che non danno il tempo di conoscere, affezionarsi… e anche se danno il brivido del momento, per la grande tragedia, la tristezza, la consapevolezza di un qualcosa che finisce… poi non lascia ricordi perché non si è avuto modo di conoscere i personaggi e appassionarsi alla loro vita. Sono schegge che ti trafiggono per un momento ma poi attraversano il corpo e in breve tempo si guarisce e si dimentica.
I racconti ‘postumi’ magari riuscivano a dare quel momento straziante ma poi filavano via. I Racconti giovanili erano a volte intensi ma confusi… insomma un contrasto tra piacevolezza della lettura e difficoltà nel cogliere il momento.
Legna da ardere: mi ha lasciata particolarmente indifferente. E’ un momento troppo generico dopo un evento x. Ma non si riesce a carpirne il segreto. E seppure risveglia immagini interessanti e scorre davanti agli occhi come pellicola… e un frammento poco interessante. E poi la non separazione tra dialogo e narrazione mi ha dato un certo fastidio.
Che cosa vi piacerebbe vedere?: non mi è dispiaciuta come storia, ma come le altre, la piccola scia di sentimenti provata, è sfumata nel giro di un momento. Una storia che forse era molto più semplice delle altre, ma era comunque viva, e in qualche modo, non so perché, è riuscita per un momento a far vibrare qualcosa.
Sogni: questo racconto è tragico, tragico negli eventi e tragico nella semi indifferenza che mi ha lasciato nonostante la tragedia raccontata. Sentivo una fitta ma è passata in un momento. La riga dopo era già passato… una sensazione strana. Ma comunque un bel racconto.
Vandali: forse il racconto che più mi ha lasciata indifferente. Non sono riuscita a provare nulla, non sono riuscita a coglierne l’essenza. I ricordi, la gelosia, i sentimenti contrastanti… di cosa parlava questo racconto?
Se hai bisogno, chiama: è già più interessante. Si può sentire la tristezza, l’apatia, la volontà… la scelta di un ultimo tentativo per non far andare tutto in malora… e poi la consapevolezza della realtà… la consapevolezza di un tentativo inutile, tentanto anche se già si sapevano i risultati. Ma forse tentativo fatto in nome del figlio… chissà. Ad ogni modo, almeno un racconto che ha lasciato una minima scia.
Stagioni furiose: il racconto che mi è piaciuto di più eppure uno di quelli che mi è riuscito più difficile comprendere. Ricordi lontani, ricordi di pochi ore prima, presente. Tutto mescolato, senza lasciare comprendere subito la realtà. Ricordi che si confondono e non lasciano la sensazione di chiarezza che uno vorrebbe. Un labirinto che verso la fine lascia vedere la realtà… una realtà straziante e malata.
Il Pelo: beh questo mi ha lasciata assolutamente senza parole. Non ne ho colto il senso, neanche lontanamente. Eppure mi ci sono divertita.
Gli Aficionados: è stato un racconto interessante da leggere ma che non credo di aver compreso a fondo. Mi ha fatto pensare alle corride ahahah… Vorrei che qualcuno me lo spiegasse…
Poseidone e compagni: è rimasto l’, sospeso nell’incomprensibile
Mele rosso vivo: un bel racconto, di disagio, malattia, disperazione… interessante e triste e pieno di rabbia. Si si questo mi è piaciuto.
Per il resto… mi piace lo stile, mi piace la sua chiarezza, la semplicità con cui scrive e con cui si legge. Poche parole, un’immagine. Forse per questo non ho potuto dargli un voto minore… perché lui mi piace… in generale i racconti brevi no. Forse ho solo sbagliato libro… vedremo.
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Genesi di un genio al limite...
Ne ho letti un po di libri del grande B, ma questo è di gran lunga quello che mi è piaciuto di più.
E’ stata un’immersione nell’infanzia e nelle esperienze che hanno fatto di lui quello che è diventato. Un libro che ripercorre un periodo senza emettere giudizi, semplicemente raccontando quello che era e come l’ha vissuto. Niente ricerca di compassione, solo la cruda e semplice verità.
Il suo rapporto con il padre, un uomo violento che ogni mattina usciva di casa e prendeva la macchina per recarsi a un lavoro che non aveva ma che non accettava l’idea di poter essere considerato un povero.
La difficoltà di trovare degli amici, a causa del suo carattere solitario che però finiva sempre con l’attirare i deboli, gli sfigati.
L’inizio della sua grande amicizia con la bottiglia che lo accompagnerà per tutta la vita. L’alcool come cura ad ogni dolore, interno ed esterno. La cura per l’acne che lo stava sfigurando, che lo costringeva a subire cure molto dolorose, dolore che del buon vino, o della buona birra, ma anche quella cattiva, attutivano.
Il rapporto col sesso femminile, praticamente inesistente proprio a causa della sua acne che non lo rendevano certo un ragazzo di quelli ammirati.
I giochi con gli altri ragazzi, duri e violenti. Il disgusto per le altre persone e per il pensiero che l’aspetto e lo stato sociale siano il metro di giudizio delle persone e della vita, e per il fatto di essere così rilegato al gradino più basso.
E l’inizio della sua vita sregolata dopo l’abbandono della casa in cui aveva vissuto. Vita fatta di alcool, partite a carte, scrittura e ricerca di un lavoro per poter pagare l’affitto…
Il college, che viene infine visto come un parcheggio momentaneo per evitare di doversi scontrare con la vita esterna.
Ma anche la scoperta dei libri, della lettura. Il potersi immergere in un mondo diverso. Il divorare tutti i libri che si trovava per le mani. E poi il suo approccio alla scrittura, i suoi racconti e le sue poesie. Le sue ancore di salvezza.
Questo libro riesce a far comprendere da dov’è nato l’uomo che abbiamo imparato a conoscere attraverso le vicende di Henry Chinaski, le interviste e tutto il resto.
E’ la storia di un ragazzo che ha dovuto confrontarsi con una realtà dura, di un ragazzo che è dovuto crescere in fretta e che ha conosciuto troppo presto il nero della vita ma che alla fine ha continuato a viverci, ed ha iniziato a raccontarcelo.
Un libro disperato e bellissimo, duro e crudo ma a tratti anche molto tenero, che vi terrà incollati alle sue pagine. Un libro che fa capire com’è nato il suo stile e il suo essere spietato e pessimista, che spiega il suo pensiero e il suo stile di vita.
Forse lo stile di questo libro è un po diverso dal solito, è meno serrato, veno veloce, meno botta e risposta. E’ più romanzo e meno copione… ma assolutamente stupendo
”Nessuno cambiava posizione. Eravamo come eravamo e non volevamo essere diversi. Venivamo da famiglie della Depressione, e non mangiavamo mai abbastanza, eppure eravamo diventati grandi e grossi, e forti. Nessuno di noi, credo, riceveva affetto e comprensione sufficiente dai genitori, ma non ne chiedevamo a nessuno. Eravamo ridicoli, ma la gente stava bene attenta a non riderci in faccia. Eravamo cresciuti troppo in fretta ed eravamo stanchi di essere bambini.”
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E' solo il finale che....
Nel suo genere è un libro godibilissimo.
A tratti ironico, sempre inquietante e in ogni caso un delirio.
E’ un omaggio ai film di serie B e suona come un film di serie B, di quelli che guardi… sembra che non facciano effetto, ma poi improvvisamente diventano un cult.
La prima parte scivola con un inizio che presenta i personaggi e lascia già intravedere i legami. E poi arriva il drive-in… che non vedi l’ora di scoprire. Ma quando il cielo ti sorride e poi scappa via con la realtà, rimane spazio solo per l’assurdo. Nella prima parte di questo incubo, è molto interessante vedere la degenerazione dell’umana bontà in una condizione estrema, e da quasi una parvenza di ‘serietà’. Ma poi si scatena la follia assoluta. L’uomo diventa animale e poi diventa mostro e nella follia degli zuccheri, si vota a falsi dei dell’horror e del popcorn… si perde la via.
Seguendo i ragionamenti, gli incubi e le ipotesi dei ragazzi… a un certo punto può succedere di ritrovarsi talmente immersi nella lettura da avere l’impressione da essere circondati davvero da un buio che uccide…
L’unica pecca, a parte la poca profondità dei personaggi, è il finale… finisce tutto troppo in fretta e preso così, in modo troppo assurdo… anche per il libro che è (molto molto assurdo)…
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