Opinione scritta da elina

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elina Opinione inserita da elina    28 Dicembre, 2013
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Sempliciotto

Nel complesso è carino, ma nulla più.
L'ho trovato un po' affrettato e lo stile un po' scialbo. Inoltre i personaggi sono poco delineati.
La parte delle teorie scientifiche è un po'fuori luogo, bisognava che fosse meno lunga e più incisiva, con pochi accenni alla fisica quantistica (comunque è un libro fantasy quindi inutile voler mostrare e dimostrare verità scientifiche).
La storia d'amore mancata tra Chris e Kate (che reputo molto bella) è stata affrontata in maniera un po' superficiale e banale.

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elina Opinione inserita da elina    05 Novembre, 2013
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Un po' nani, un po' Jolly

Il romanzo narra la storia di un bambino, Tom Hans, in viaggio verso Atene alla ricerca della madre fuggita otto anni prima per ritrovare se stessa, ad accompagnarlo è il padre, da lui chiamato “pater”, che funge da guida del viaggio e non solo, offre infatti all’autore l’opportunità, attraverso le innumerevoli pause-sigarette, di mostrare il suo pensiero e le sue riflessioni sul mondo. “Chi siamo? Da dove veniamo?” Sono sempre queste le domande cardine intorno alle quali ruotano i romanzi di Gaarder. Non a caso è scelto come protagonista un bambino, la sua mente è libera da ogni pregiudizio, è ancora in grado di meravigliarsi di fronte allo spettacolo di un panorama e di lasciarsi affascinare da un libricino trovato dentro un panino regalatogli da un panettiere lungo la strada e ancora di sorprendersi all’incontro casuale di un nano nei posti più disparati d’Europa.
L’enigma del solitario è però anche la storia (nella storia…… gioco caro a Gaarder questo delle scatole cinesi) di un marinaio che fa naufragio su un’isola magica abitata da strani animali a sei zampe e da piccoli esseri viventi, ognuno munito di un piccolo numero e di un seme delle carte da gioco. Ci sono i fiori, i cuori, i quadri e le picche, e ancora i re, i fanti e le regine. Da dove sono spuntate queste carte da gioco? C’è qualcuno in grado di rispondere a questa domanda? Ma soprattutto in grado di porsi questa domanda? Si, se dal mazzo di carte sbuca un jolly, figura chiave del libro. “Un jolly è un giullare, un piccolo essere diverso da tutti gli altri. Non è di fiori nè di quadri; non è di cuori nè di picche. Non è nè un otto nè un nove, non è nè un re e neppure un fante. Fa parte del mazzo come tutte le altre carte, ma in realtà è un corpo estraneo”.
Ognuno di noi svolge il proprio ruolo inconsapevolmente: come le carte di un mazzo, ognuno ha la propria maschera e il proprio valore non conquistato ma assegnato dal gioco stesso ed ognuno perso nel gioco dimentica di pensare e continua a lasciarsi vivere. Unico outsider il jolly, il pensante, colui che pone quesiti, l'inaspettato: lui non ha maschere, non ha un valore disegnato addosso, non ha un ruolo. Il jolly rappresenta l’uomo-filosofo (un po’ come il pater), colui che non si accontenta di essere al mondo, ma vuole scoprire il mistero, risolvere l’enigma del grande solitario a cui stiamo giocando.
Dunque un romanzo semplice in grado però di proporci domande a cui non sempre pensiamo, intontiti come i nani dalla gazzosa purpurea, una bevanda magica che li riempie di sensazioni ma spegne il loro intelletto, perché spesso anche noi preferiamo bere la nostra gazzosa purpurea e ci lasciamo andare all’abitudine, alla quotidianità, a ciò che fanno gli altri…. Ma se dal mazzo di carte sbucasse un jolly e mettesse in discussione il gran solitario che è la nostra vita, come reagiremmo? E se in ciascuno di noi ci fosse un pezzetto di jolly, pronto a sbucare quando meno ce l’aspettiamo?

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elina Opinione inserita da elina    05 Novembre, 2013
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Una splendida lettura

Sullo sfondo di una guerra che fa scempi, le vite di due ragazze, Mariam e Laila, si intrecciano fino a ritrovarsi sotto lo stesso tetto, entrambe mogli dello stesso uomo, vittime della sua prepotenza e di una cultura che le vuole sottomesse e schiave.
Mariam è la figlia illegittima del potente Jalil e tutto ciò che possiede è una vita con la madre nella vecchia “kolba”e il desiderio ogni giovedì di incontrare il padre che la tiene lontana dalla “buona società” in quanto considerata “figlia del peccato”. Laila è più giovane di Mariam, ragazza piena di vita e di sogni, è una delle poche che ha il privilegio di vivere in una famiglia benestante che le offre la possibilità di istruirsi e di costruire un futuro lontano da quel paese. I suoi fratelli sono in guerra senza che nemmeno lei si ricordi di loro, il suo vero fratello è Tariq con cui condivide i suoi giochi da piccola e il suo amore appena cresciuta. Ma la guerra non dà pace a nessuno nelle terre dove la parola pace non è ormai più conosciuta e una bomba quando cade non è tanto “intelligente” da capire dove colpire… e così colpisce la casa di Laila facendola trovare improvvisamente sola, orfana in un paese brutale che lei non conosceva seppure il suo. Salvata da Rashid, marito di Mariam, si ritrova a sposarlo per mettere in salvo il bambino che porta in grembo frutto del suo amore per Tariq. E’ così che le due donne cominciano a conoscersi, dapprima con diffidenza e poi a instaurare un rapporto di profonda amicizia che le porta ad essere complici di una fuga e non solo.
Un libro sull’ amicizia dunque che mostra come in due è più facile sopportare anche i soprusi e le violenze, un libro sul coraggio, sulla speranza di poter ottenere un futuro migliore, sul desiderio di lottare per raggiungere la libertà . Ma prima di tutto un libro-cronaca che fa arrivare al cuore delle donne di cui troppo poco udiamo la voce e troppe poche volte vediamo i volti. Un libro che ci fa camminare per le strade di Kabul, entrare nelle case dei suoi cittadini e negli animi di chi la guerra la vive prima di tutto nel suo conflitto con uomini dispotici e prepotenti che hanno il possesso della loro libertà.
Dopo aver letto Mille splendidi soli, ogni fiocco di neve ci appare come “il sospiro di una donna infelice a ricordare di come soffrono le donne e di come sopportano in silenzio ” e dietro l’immagine di un burqa non ci appaiono più volti anonimi, ma le vite tormentate e ingiuste di Mariam e Laila, le loro rughe che attestano una vita difficile e i loro occhi che scrutano il mondo e lanciano grida di aiuto. Un libro “splendido” da leggere tutto d’un fiato fino all’ inatteso, triste e commovente finale.

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elina Opinione inserita da elina    05 Novembre, 2013
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Luce mi fa rabbia

La prima parte del libro è stata molto intensa e commovente. L'idea di portare in grembo un bimbo che forse mai verrà alla luce è fonte di tristezza e depressione e la storia aiuta a far riflettere su un dramma vissuto attualmente da molti genitori. E' dalla metà in poi che il libro perde il suo fascino e diventa un romanzo-lamentela, un romanzo-compassione, un romanzo che ha scatenato in me molta rabbia... Luce è una donna fragile, una donna che non sa affrontare una decisione importante e il momento decisivo della sua scelta lo vive senza convinzione, come un'automa, lasciando alla fine scegliere al marito, l'uomo dalla mille certezze. E' difficile quando ci si trova di fronte a un bivio scegliere la strada giusta, ma se quella scelta riguarda la tua vita, il tuo futuro, tuo figlio bisogna avere coraggio e decidere con la propria testa, seguendo le proprie convinzioni e i propri desideri. Mi aspettavo un libro diverso, meno superficiale nei contenuti, meno banale nei dialoghi, meno stereotipato nei personaggi.

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