Opinione scritta da valeg
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Americanata
Una cosa non capisco! C'è un porto militare gremito di guardie ,e un cargo carico di missili terra-aria destinato ad un organizzazione terroristica, che vuole usarli per bombardare il palazzo reale dell’Arabia saudita, non proprio uno dei paesi più democratici e umanitari del pianeta. Cosa succede? Per evitare la partenza di questi missili, qualcuno decide che bisogna fare esplodere tutto. Non importa che oltre a distruggere i missili, moriranno centinaia di poveracci militari di guardia, che hanno come unica colpa di essere lì, di non aver trovato nulla di meglio nella vita, e di essere nati in un paese che qualcuno ritiene non democratico. Insomma, le bombe le possono vendere solo gli Stati Uniti, poi questa è una missione di pace. “Cribbio!”. Il concetto è semplice! Devo scatenare una guerra, che causerà la morte di centinaia di migliaia di poveracci civili e militari, per far abdicare un dittatore che poi condannerò a morte per il genocidio di duecento curdi, avvenuto trent' anni prima. Questo è il prezzo della democrazia e della libertà, in fondo meglio un milione di civili morti, purchè liberi e amino l’America. Poi, Mi sta bene che chi è ricco si armi con fucili laser, bombe intelligenti, radar satellitari, astronavi supersoniche, celle frigorifere piene di “Moet&Chandon”e caviale, visori notturni, giubbotti antiproiettile a prova di bomba nucleare; ma è possibile che mille digraziati armati di fionde ti tirano addosso e appena appena ti graffiano , e l'americano butta un mozzicone di sigaretta e fa una strage? “Caro Cabrillo sei bello, intelligente, astuto, muscoloso, campione olimpico di arti marziali, hai tanti soldi da usarli per accenderti la stufa, le donne ti cascano ai piedi, gli uomini pendono dalle tue labbra nemmeno fossi il papa, ti manca solo il costumino di "capitan America"; poi un giorno ti capita di salvare qualcuno da una nave naufragata, che guarda caso se fossi arrivato cinque minuti più tardi, nulla ci sarebbe stato da fare, e chi ti trovi? Angelina Jolie, ovvio, mica un pastore Armeno!!!” Fammi una cortesia Juan Cabrillo’s, quando sei sotto il fuoco incrociato di duecento straccioni morti di fame, quando ti stanno bombardando la testa, quando tutto sembra perduto, non fare le battute di spirito per far intendere che hai sangue freddo, perché fanno cadere le braccia. Guarda una puntata di “Zelig”, e prendi nota! Scusate ma dovevo proprio dirglielo! A Cussler, vorrei dirgli che: le favolette dei super eroi e dell’America che salva l’Umanità, non me la devono più raccontare!” Qualcuno potrebbe domandarmi: ma se non ti piace il genere cosa l’hai comprato a fare sto’ libro? Infatti dico sempre:”Regala i libri solo alle persone che conosci molto profondamente!”
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Una vita spericolata
“La presenza del pericolo da’ lampi di genio all’uomo ragionevole, e lo solleva per così dire al di sopra di se stesso; all’uomo d’immaginativa, invece, ispira romanzi audaci, si, ma spesso anche assurdi”. Con questa affermazione Stendhal descrive fedelmente il protagonista del suo romanzo, il giovane Fabrizio del Dongo, secondogenito maschio di una nobile casata Comasca. Fabrizio è l’essenza dell’immaginativa, dell’audacia, della lotta costante contro le regole imposte. Un magnifico eroe romantico, è il figlio di quell’ondata d’entusiasmo che innescò l’ascesa di Napoleone, ed è orfano alla sua caduta, con la morte di un ideale che diventa utopia. Fabrizio vive la sua vita alla ricerca forsennata dell’amore, della passione, dell’avventura, libero dai gioghi materialistici e dell’arrivismo che impera nel suo tempo. Egli vive il suo sogno, fa’innamorare perdutamente le anime nobili che incrocia sulla strada della sua vita, si fa’ nemico di chi in lui vede la minaccia per un sistema reazionario, totalitario e assolutistico invano ristabilito con la restaurazione, ma ormai al collasso. Ed è con questa visione scanzonata e piena di passione che attraverso gli occhi di Fabrizio, Stendhal dipinge il suo tempo: i sogni infranti, la speranze, la fiducia negli impeti nobili dell’animo umano. Stendhal non manca di ironizzare sulle bassezze e la stupidità degli uomini di potere, e su quelli che lo bramano. Flaubert attaccò aspramente il suo connazionale all’uscita di quest’opera per la pessima prosa, sarà che sono assuefatto, sarà che sono un pessimo lettore, ma ho trovato lo stile magnifico a tratti di una bellezza spiazzante, come ad esempio, quando l’autore descrive l’incantevole vallata Comasca senza orpelli e fronzoli, parole che scorrono melodiose. Questo è il frutto maturo di Stendhal, è il resoconto spassionato della sua esperienza, la somma delle considerazioni di una vita che ormai, per lui forse consapevolmente , sta’ volgendo al termine. Meno profondo de “Il rosso e il nero”, ma a mio parere emotivamente più forte. Pecca il finale, che forse se sviluppato meglio potrebbe aver fatto di questo romanzo un capolavoro assoluto. Ma c’è un perché, ma Grazie comunque Henri Beyle.
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Lo Spartaco Cartaginese
Dimenticate, se lo avete letto il Flaubert di “Madame Bovary”, non tanto per lo stile quanto per il contenuto, che dà prova della versatilità dell’autore Francese. Con la stessa abilità con cui forgiò minuziosamente la psicologia di Emma, la stessa dedizione e capacità, ricostruì fedelmente la Cartagine all’alba della terza guerra punica; mai prima di allora si andò così indietro nel tempo. Servivano informazioni, testimonianze di scrittori latini e greci, per concretizzare nell’immaginazione i luoghi vivendoci per lungo tempo, poichè il risultato doveva essere convincente; il lettore dimenticandosi del suo tempo faceva un salto indietro di due millenni. Il risultato è sorprendente. Le stupefacenti descrizioni delle ambientazioni, degli usi e costumi, lascia senza parole, ma la cosa che più sorprende in questo romanzo è l’impeto narrativo che scaturisce dalla penna dell’autore per descrivere le battaglie. Il flusso di parole, la dinamicità delle visioni, le immagini anche più cruente non vengono celate, anzi a tratti ci si ritrova in situazioni in cui lo sbigottimento per la violenza inaudita delle scene ci fa dubitare che sia un classico dell’800. Lo stile è di Flaubert, la storia ha il cardine in Salambo, sorella di Annibale Barca, che strega il cuore del colossale Matho. Un amore che scatena la scintilla della rivolta dei mercenari alle porte di Cartagine, vicenda realmente accaduta. Insomma, una buonissima lettura per gli amanti dei classici e dei romanzi storici. “ATTENZIONE!!! solo forti di stomaco!”
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P.s. : sentiti ringraziamenti all'editor...

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Il Bisnonno di Joker
Perché Hugo ci tedia mostruosamente iniziando l’opera con quasi 200 pagine descrivendo una barca in balia di un’immane tempesta? Ci vuole forse far provare l’impotenza dell’uomo di fronte all’imprevedibilità del destino? Per quanto mi riguarda c’è riuscito; questa è la sua abilità, per chi lo conosce e per chi ne comprende lo stile, insomma non parole ma suoni, spruzzi, caos primordiale, la violenza della natura, l’uomo che si crede Dio, inerme di fronte all’inesorabilità degli eventi. Si ! perché Hugo non è solo parola e idee, ma materia. Siamo certamente lontani dai livelli sublimi di “Notre-Dame de Paris” o ”I miserabili”, in questi due c’era una storia strutturata attraverso la quale l’autore ci trasmetteva le sue idee , ”l’uomo che Ride” piuttosto è un’idea simbolica che ci racconta una triste vicenda, pregno di aforismi politici, sentimentali, sociali, insomma, qui c’è tutto l’Hugo impegnato già noto, che si ama per la volontà ferrea e disinteressata di voler cambiare la società, per lo stile forbito e a volte complesso ma estremamente gratificante. Ritroviamo pure il Mostro, dopo il caro Quasimodo un’altra orribile quanto magnifica creatura ghignante di nome Gwynplaine (l’uomo che ride), ma questa volta egli è un mostro artificiale creato dalla mano malvagia dell’uomo, mostro per i pregiudizi, per l’ignoranza, per l’incapacità della massa di vedere oltre quello che percepisce l’occhio. Gwynplaine però a differenza del campanaro di Notre-Dame ha tutto ciò che serve alla felicità, ha l’amore,che la coincidenza gli ha servito tramite un’angelica creatura cieca che è l’unica in grado di percepirne la sua vera bellezza interiore, ha la famiglia in Lupo (uomo/padre adottivo), e Homo (Lupo addomesticato), e un ruolo che lo gratifica, che fa della sua mostruosità esteriore la sua arte sublime e impareggiabile . Insomma fin qui tutto bene, finchè arriva nella sua vita la famosa bufera, e quindi le domande cui egli dovrà trovare le risposte: “Chi siamo noi? Siamo ciò che appariamo o siamo ciò che trasmettiamo? La felicità si misura in proprietà o in principi? La grandezza dell’uomo è stabilita dai titoli nobiliari o dalle azioni che si compiono?”. Gwynplaine è un puro e lui troverà la risposta, seguirà l’onda. Vitamine celebrali!
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L'agente Segreto
Capita che guardi lo scaffale, capita che ti cade l’occhio su un nome :”Conrad”; e subito ti vengono alla mente oceani, avventura, scenari esotici, intrigante! Il titolo:“l’agente segreto”; bene l’idea si fa misteriosa, ok proviamo! Insomma è Conrad! Così faccio di solito, non si può programmare di trovare l’amore, di solito è lui che trova te. Il sospetto che si trattasse di un romanzo di spionaggio era legittimo, ma non è proprio così, o meglio lo è in parte, sicuramente è noir che più noir non si può, muffa, sporcizia, nebbia persistente, clima perennemente uggioso, è un romanzo politico, dove il buon Joseph espone in maniera non troppo celata le sue convinzioni in materia, è un romanzo psicologico, dove i comportamenti e le emozioni dei protagonisti vengono vivisezionati minuziosamente per ponderarne le azioni, è nichilista sicuramente, dove non ne viene fuori una bella immagine dell’uomo, questo romanzo è tutto ed è niente. Ricorda tanto “Delitto & Castigo”,ma più leggero tanto che se non lo leghi vola via e non ti lascia niente, ma sta’ al libro di Fedor come una collinetta all’Everest, ma si lascia leggere molto bene. Ho avuto la sensazione che Conrad scrivendo questo romanzo fosse uno scultore alle prese con una tela, e l’esito l’ho trovato mediocre, finito di leggere mi è restata addosso la nebbia di Londra, e basta. Una cosa sola poteva mantenere un po’ di tensione durante la lettura, ma viene svelata nella terza di copertina!!! Quindi un consiglio, se proprio volete affrontarlo, evitate di leggerla e non leggete neppure la prefazione!
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Il confronto
La prima cosa che viene spontanea leggendo questo romanzo è cercare di capire perché Stendhal lo abbia così intitolato, io ho fatto questo , e l’ho capito fin dalle prime pagine. Julien Sorel, il protagonista assoluto è un giovanotto di provincia di umili origini di straordinaria intelligenza ed estremamente riflessivo, un vaso di cristallo in mezzo a tanti vasi di ghisa. La sua vita non per una sua particolare ambizione prende la via del successo, egli è una piuma al vento, trascinata in quei flutti che crea una società votata alla ricerca della ricchezza materiale , ed alla scalata sociale ed egli esclusivamente con la sua intelligenza e il suo essere di cristallo trasparente e sincero con la sua profonda riflessività, si trova perennemente a combattere con l’indecisione che gli eventi occasionali della sua vita gli propone,combattuto tra l’ideale e il materiale. Insomma potremmo pensare al rosso giacobino che fa da contraltare al nero ecclesiastico ,due mondi che si spiegano nel destino del protagonista ed in entrambe le strade egli non riesce a scorgere la via per lui giusta, forse perché essa per il suo ego ribelle non è tracciata. Oppure i due colori possono far pensare semplicemente ad una roulette, metafora che potrebbe far intendere che il nostro posto nella società è deciso tanto più dal destino, che dalle nostra reali intenzioni, e Julien decide di diventare una piuma che combatte contro il vento. Romanzo psicologico, non ostico, apparentemente piatto lo stile ma molto scorrevole, intrigante, non azioni eclatanti,non una trama particolarmente intessuta, fondamentalmente introspettivo; mirabili ed eroiche le figure femminili , io ho amato Julien per il suo coraggio, per la apertura mentale e la sua coerenza , fino alla fine. Freud amò e celebrò quest’opera, ci sarà un perché? Insomma se amate i classici della letteratura Francese, come me, “Il rosso e il nero” non vi può mancare! P.S.: Una persona speciale sa' sempre che libro regalarti.
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La storia che si ripete
La storia non ci dice solo cos’è successo ma ci spiega chi siamo e ci sa’ dire dove stiamo andando purtroppo, troppo spesso ce ne dimentichiamo ma essa si ripete ciclicamente,vorrebbe dirci : “state attenti,ascoltatemi,perché state facendo sempre lo stesso errore”e le conseguenze sono inevitabili. Salvador ,con questo splendido esempio di romanzo storico ci avverte di questo, ci dimostra che gli avvenimenti passati sono solo lo specchio, con altri costumi e altri usi, di quello che sta’ accadendo oggi e di cosa potrebbe accadere, perché l’animo umano non muta con il tempo, l’avidità, la sete di potere, l’odio spinge l’umanità a ripetere sempre gli stessi errori. Il più delle volte, vengono pagati con il sangue, Hitler non aveva imparato da Napoleone (in questo caso,per fortuna!) . Il sangue non manca non sono risparmiate le scene cruente, che l’autore per dovere di cronaca riporta in queste pagine in tutta la loro reale crudezza, gli intrighi di potere , le manovre politiche occulte, le faide clandestine,le lotte e battaglie, insomma un bel quadretto che si intuisce possa benissimo riflettere la situazione politica e sociale odierna. Non ci sono super eroi nei romanzi di Salvador, i protagonisti non sono campioni di tornei imbattibili nei duelli come l’Ivanhoe di Scott, neppure geni di strategia militare come Napoleone o Annibale Barca, ma abbiamo il coraggio e l’onore di uomini comuni , uomini che rifiutano la gloria e la ricchezza, che si sono fatti paladini della pace con l’onestà e la trasparenza, sparendo ahimè dalle pagine di storia. Dopo aver letto questo piacevolissimo romanzo, provate ad osservare le vetuste mura che cingono alcune delle vostre città, soffermatevi e ammirate le rovine di qualche smarrita rocca sulle colline dei vostri paesi, e immaginate che esse siano il sacrario di uomini comuni ma coraggiosi e onesti, che a vostra insaputa hanno lottato e sono morti anche per la nostra libertà .
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Bisognava...e l'ho letto!
Adesso mi tirerò addosso il mondo,perché come può non piacere questo romanzo,come può non illuminarti l’esistenza,indicarti la via,ho letto anche in qualche recensione che “è il più bel libro che sia mai stato scritto!”,mah,in non ho colto e sicuramente adesso, per qualche genio della letteratura,sarò uno che non capisce un razzo,e ne andrò fiero! Per carità,nomini Wilde e si entra subito nell’olimpo dei grandi della letteratura di tutti i tempi(?),e poi chi è che non conosce quest’opera? Il protagonista c’ha fatto pure un film con Sean Connery,vuoi mettere? Per carità ,l’ideazione della trama è indiscutibilmente geniale,vista l’epoca poi in cui ha visto la luce,ma il filo del discorso mi è sembrato un po’ discontinuo,episodi che spariscono nel buio della narrazione,personaggi lasciati nell’oblio,profili psicologici degli attori trascurati,tutto tenuto assieme da una valanga inesauribile e stomachevole di aforismi,insomma,come ha scritto un'altro utente,il caro scrittore si fà una valanga di"pippe mentali",ne avrei volentieri fatto anche a meno. Ho capito caro Oscar cosa volevi farmi capire!L’ho capito sai? Ho capito che la bellezza è fatua,che dura come una foglia su un albero. Sicuramente per chi piacciono gli effetti speciali e postare su Facebook della gemme di saggezza eterne,questa è un’opera immancabile!
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Doveroso affrontarlo.
Difficile stabilire il punto di partenza per recensire questo romanzo,com’è difficile catalogarlo in un genere preciso,perché “delitto e castigo” è tutto e niente,lo si può leggere,ti può cambiare o lasciarti indifferente. Le chiavi di lettura sono molteplici ,possiamo intravedere dei trattati psicologici,tematiche sociali,la denuncia di una società malandata che è quella dell’epoca presa in considerazione, o se non vogliamo tanto addentrarci tra le righe ,in superficie abbiamo un piacevolissimo e intrigante giallo,realistico e coinvolgente,in cui l’autore intinge, in un piacevolissimo calderone, tutte le sue ponderate visioni filosofiche. Della trama quindi mi limiterò a dire che il titolo dice molto,ovverò c’è un delitto, una serie di eventi più o meno prevedibili,e alla fine un non prevedibile castigo,non tanto per la pena,ma come essa verrà estinta. L’elemento di potenza comunicativa usato da Dostoevskij,nonché sua grandiosa creatura, è il protagonista, il giovane e scapestrato studente Pietroburghese Raskol’nikov,non tanto per la sua eccezionalità,ma per la sua incredibile vividezza,per la spettacolare caratterizzazione psicologica,per la sua acutissima intelligenza,la sua capacità di cogliere gli insignificanti particolari che fanno la differenza,e per le sue implicite debolezze emotive, egli è l’assassino,il martire del proprio rimorso ,egli ci trasporta nella sua mente attraverso l’evolversi della narrazione,nel sudiciume di un indigente ceto popolare che all’epoca imperversava nella Russia pre-Leninista,che sarà il germe della rivoluzione,nella povertà,nella presunzione di ritenersi un super uomo che il destino non gli ha concesso ciò che meritava,nell’arroganza di potere quelli che gli altri non possono e di scrivere da se il proprio destino,anche con il sangue, e la pena,il castigo,non gli verrà imputato dalla legge,ma dal proprio rimorso,e attraverso la sofferenza e l’amore,egli troverà la via per la propria redenzione,la via per un’esistenza giusta e superiore. Quello che più mi ha più affascinato durante la lettura, è stata la cesellatura minuziosa e particolareggiata dei personaggi,magistrale nel giovane protagonista,ed estremamente convincente ed irripetibile per coloro che gli orbitano attorno, dal fedele e affidabile quanto ingenuo Razumichin unico amico di Raskol’nikov,al perfido arrivista e mendace Luzin,prototipo della classe dirigente russa dell’epoca,al sagace e umano Giudice istruttore Porfirj,all’angelica e Sonia, che la sua natura la farà emergere dal fango della depravazione,tutti magistrali nella loro umanità. Insomma un libro di formazione immancabile,io ho amato di più Tolstoj,i cui messaggi mi sono entrati più in profondità, ma Dostojiesky è come lo scienziato che per dimostrarti l’attendibilità delle sue teorie,ti fa vedere l’efficacia dell’esperimento. E’ indiscutibile che quest’opera ,nella sua poliedricità comunicativa,abbia certamente contribuito ad ispirare in maniera più determinante le future generazioni di scrittori,insomma un’opera molto significativa nella storia della letteratura moderna. E’ un romanzo facile da leggere,piacevole nell’evoluzione della trama,meno, ma di proposito, nello squallore delle ambientazioni e nelle descrizioni della malata fauna cittadina dell’epoca,a volte possono pesare gli interminabili monologhi,soprattutto quelli relativi all’indagine del delitto,non mancano i momenti comici e tragi-comici,insomma da leggere,per capire come si riesce a dar vita a dei personaggi di fantasia.
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Ivanhoe
Quasi duecento anni e non sentirli,come se lo avessero scritto ieri,per la straordinaria capacità narrativa,comune a molti autori britannici dell’epoca,che scaturisce dalla talentuosa penna d’oca dello scrittore scozzese,limpida,scorrevole,per la fluidità dinamica degli eventi ,per l’azione incalzante,per il coinvolgimento che si prova nelle scene,e per la tangibilità delle ambientazioni. Da tenere in considerazione poi,per comprendere in pieno il valore di quest’opera,forse la più significativa di Scott,che si tratta a pieno merito della matrice di un nuovo genere,il romanzo storico,dove per la prima volta uno scrittore,come si specifica in una lettera introduttiva e in svariate note sparse nelle pagine,supportato da un approfondito e accurato studio di un determinato momento storico,ne ambienta in esso nel modo più coerente possibile,una trama che si adatti quindi in modo pertinente agli usi e costumi e agli avvenimenti del periodo preso in considerazione,in questo caso l’alto medioevo britannico,un centinaio d’anni dopo la presa dell’isola da parte delle popolazioni normanne. Per la prima volta quindi,e in maniera rivoluzionaria la letteratura scopre una nuova ramificazione che successivamente riscuoterà notevole successo,fondendo l’utile al dilettevole,l’apprendimento degli avvenimenti storici,al puro intrattenimento. Mi sono sempre domandato quindi,preso in considerazione quello che ho appena menzionato,come mai il caro Sir Walter Scott,a parte il merito già citato di essere riconosciuto come il padre del romanzo storico,non venga mai accostato ai grandi scrittori dell’800,e in questa mia 3^ lettura dell’Ivanhoe,ho cercato di trovare una risposta a questo quesito. La risposta a mio parere,si trae dai protagonisti ,un ibrido tra il super’uomo illuminato e l’eroe romantico che proprio in quell’epoca si sta’ definendo,quindi ancora un embrione informe,esclusivo strumento della trama; non si discute la fedeltà e la destrezza d’armi di Ivanhoe,il coraggio e la magnanimità di Re Riccardo cuor di leone,la perfidia e l’arroganza di Brian de Bois-Guilbert,l’equità e il senso di giustizia dell’arciere Locksley,meglio noto come Robin Hood,l’estrema nobiltà d’animo e la religiosità dell’ebrea Rebecca,e così via,ma tutti nell’insieme mancano di profondità, troppo coerenti al loro ruolo per essere reali,come dei mediocri attori che recitano una parte di un copione,senza pathos,debolezze,sfumature implicite dell’animo umano,senza passione e vitalità,mancano di sangue e non trasmettono emozioni,insomma un gran copione,ma attori mediocri,poco più che marionette. Fa riflettere anche la tematica principale del romanzo,l’integrazione di un popolo conquistatore con le popolazioni aborigene native,lo scontro tra le differenze culturali,il violento invasore che sottomette il debole natio con la violenza e la discriminazione razziale,che sfocia nel sogno di un’integrazione pacifica e rispettosa, fa riflettere,in considerazione della storia coloniale britannica del IXX secolo!
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Troppe palle questo albero di Natale!
Questa è uno di quei classici romanzi che per un’oscura motivazione,i professori danno da leggere agli studenti durante il periodo estivo,così almeno è stato per me. Mi sono sempre domandato con quali parametri venissero scelti,durante la mia adolescenza avrei detto :”la pesantezza,dovevano farti passare la voglia di leggere”,oggi nel pieno della mia maturità direi,che tale opera dovrebbe essere un faro nella strada buia e incerta,che l’adolescente si appresta a percorrere,che è la vita,attraverso l’esperienza e le conclusioni di illuminate personalità letterarie. Dopo aver riletto oggi,questa breve opera di Hesse dico,che la motivazione giusta era quella che pensavo quando avevo 15 anni! Boccadoro è il protagonista,egli è lo strumento con il quale l’autore innesca il messaggio del suo romanzo,la continua lotta interiore,la vita del protagonista in cui egli cerca forsennatamente la verità,il piacere,lo scopo dell’esistenza,il continuo districarsi tra l’eros,l’amicizia,l’arte,l’amore,la perenne ricerca della via giusta. Boccadoro la natura ,anima libera e lussuriosa,schiava dell’emotività a cui fa da contraltare l’equilibrato e razionale Narciso lo spirito,paladino del controllo,l’unico che ne intuisce la vera natura,due estremi destinati non unirsi mai,ma bisognosi uno dell'altro per completarsi. Boccadoro nasce bellissimo,dotato di un’acuta intelligenza,trova una donna sotto ogni albero,vive di pane e amore,e per caso un giorno,si scopre pure impareggiabile artista,la vita per lui è dolce,in cui regna l’ozio,disprezza in maniera totale quel mondo fatto di operosità,di sacrificio,di sedentarietà,che lui ritiene la catena dello spirito,consapevole che la si deve sfruttare,alla ricerca unicamente del piacere personale,convinto della sua superiorità spirituale e creativa,cui non darà mai pienamente sfogo. Ma alla fine tutto gli sarà chiaro. Non ho amato questo romanzo,ho odiato l’inconcludenza del protagonista,ho odiato la sua visione del mondo che lo circondava,ho odiato in particolar modo la prosa pesante,ampollosa,eccessivamente elaborata, indigesta,ripetitiva,forse volutamente tale,per celarne la scarsità di contenuti,ho compreso il messaggio,ma non la modalità in cui mi è stato trasmesso. Liberi di crocifiggermi!
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le braci
Pensiamo veramente di conoscere le persone che ci vivono accanto?Questo è la domanda,questo è l’incipit di questa breve opera,questo è il dilemma che arrovella l’autore e il protagonista,questo è il lunghissimo monologo ossatura di questo splendido romanzo. Parte lentamente la storia,gradualmente accellera,si intensifica,si infittisce di considerazioni,diventa densa,a tratti angosciante,come la stanza polverosa al crepuscolo in cui principalmente è ambientata,debolmente illuminata da esausti moccoli di candela,lentamente si raffredda,metafora di una vita che perde passione,come le emozioni,come i ricordi della gioventù,freddi e dolorosi,rendendoci la visione delle cose e degli avvenimenti,più oggettivi,meno soggetti alla distorsione delle emozioni giovanili . Potremmo noi un giorno svegliarci e accorgerci che le persone che più ci stanno vicino,l’amore della nostra vita,o il nostro amico/fratello,siano dei perfetti sconosciuti? Se si,qual’ è il motivo,ha una finalità realizzabile la ricerca della verità? La risposta sta’ nel titolo di quest’opera di Marai,e lascio al lettore scoprirlo,consapevole del fatto che sarà certamente motivo di una profonda riflessione. Scritto divinamente,breve ma ricchissimo di contenuti,estremamente emozionante,e magari per chi è stato lambito da questa tematica,illuminante,come un buon consiglio del nonno. Cara amica,questa volta hai fatto centro!
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Guerra e Pace
Non dirò,come mi verrebbe istintivo affermare,di non sentirmi degno o preparato per recensire un’opera di tale levatura,perché sono fermamente convinto dopo averla letta, che Tolstoj,con un linguaggio diretto,scorrevole,volutamente alla portata di tutti,abbia voluto porsi,con me e con tutti il lettori che l’hanno affrontato,non come un filosofo,uno storico,un sociologo dai concetti astratti e complessi,ma con la sua ferrea volontà di dare una visione nuova e rivoluzionaria della società,con la forza e la concretezza del suo vissuto,di un uomo che ha raschiato il fondo del barile,che ha visto la morte in faccia,ha raggiunto vette irraggiungibile ai più,è caduto e si è rialzato,rendendo la sua opera credibile,prepotentemente significativa,piena di verità. Della trama dirò solo che tutta la storia narrata è ambientata in Russia,durante la conquista e l’occupazione di Mosca da parte delle forze alleate guidate da Napoleone,i personaggi principali fanno parte dell’aristocrazia Russa direttamente coinvolti nelle guerra,e gli scenari sono Mosca,San Pietroburgo,e i campi di battaglia. Non tanto le vicende narrate hanno fatto di questo romanzo un’opera d’arte irripetibile,ma i concetti e i punti di vista che l’autore estrae dal vissuto dei protagonisti per motivare la società dell’epoca,l’assurdità delle guerre,per legittimare la sua teoria di quanto egli ritenga inattendibile ,estratta e poco plausibile la Storia fin in quel momento scritta. Tolstoj vuole dare risalto,e ci riesce approfonditamente,al concetto secondo il quale non sono gli elementi tradizionali a determinare il corso degli eventi storici,ovvero i personaggi ,gli eroi,i monarchi,ma l’uomo comune,il contadino,il soldato,le piccole gocce che formano un mare,un fiume inarrestabile,di una potenza dirompente,una singola nota della maestosa sinfonia che è la storia umana,di cui i Personaggi Noti,i Napoleoni,i Cesari,gli zar e così via,sono solo conseguenze,giustificazione semplicistiche positive o negative,che altro non sono che il frutto del moto perpetuo e imprevedibile dell’umore dei popoli. Innovativo ed estremamente realistico è il modo in cui l’autore crea i protagonisti,egli non ce li pone come degli stereotipi,ci rende partecipe delle loro esperienze,dei loro conflitti interiori,delle interazioni con gli eventi e con gli altri personaggi,egli non li giudica,quello lo lascia fare a noi come quei personaggi che entrano ed escono dalla nostra vita tutti i giorni,Lev da solo sangue, sentimenti,e vitalità ad essi. Tante cose si potrebbero ancora dire di questo librone di 2000 pagine,ma ci vorrebbero trattati per ogni capitolo,per ogni personaggio,per ogni pagina,dirò solo che come il buon Conte Pierre,che cresce,cambia,ricerca e vivendo intensamente scopre la via della felicità,anch’io dopo aver letto quest’opera mi sento cambiato,ho intravisto delle verità,e come me,altri uomini che hanno determinato la storia dell’umanità negli anni a venire dopo aver letto questo capolavoro,e che in Tolstoj hanno trovato una fondamentale fonte d’ispirazione!
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Il signore del Fantasy
Se penso ad un Fantasy penso a Tolkien,non come capostipite del genere,ma quanto come al “Signore degli anelli”che come modello e caposaldo ne ha consacrato e definito il genere,lo ha modellato come uno stampo indispensabile per tutte le opere successive. Giustamente pensando al genere vengono alla mente situazioni magiche,ambientazioni fantastiche abitate da mostri,essere malvagi,creature fatate,eroi mitologici,elfi,gnomi,draghi,maghi ,una lotta continua,eroi incrollabili,dove il bene si scontra perennemente con il male. Il prodotto è questo,e ne”Il signore degli anelli” c’è tutto quello appena elencato e molto altro,e quindi non mi dilungherò a descrivere la trama già nota,o giudicare quest’opera come uno dei più bei prodotti letterari che mente umana abbia mai saputo concepire,al di là della semplice storia e del superbo componimento letterario,ma all’essenza dell’insegnamento,che oltrepassa il confine del pensiero del singolo uomo,della sua ricerca introspettiva,io ci ho visto questo tra le righe di questa storia epica e cavalleresca,il messaggio che è fondamento della vita. La vita intesa come Natura,la natura che prende forma nei pastori dei boschi,nelle grandi aquile,in Tom Bombadill,negli elfi di Lothlorien,nei piccoli Hobbit ,e si uniscono agli aspetti più nobili dell’animo umano quali l’onore,il coraggio,il rispetto,l’altruismo la sincerità,l’abnegazione totale e fedele per la comunità,una lotta continua e incessante contro il male,contro quel signore oscuro che incatena le anime deboli e perverse,spinte dalla cieca malvagità,dalla dittatura,dal ricerca del profitto e dall’odio,e dalla brama insaziabile di potere,che sfociano nella guerra. Il fantasy nasce come uno strumento pedagogico per l’educazione dei bambini ai principi fondamentali del vivere civile,giustamente come dice un altro utente del sito circa:”il fantasy non serve a insegnare al bambino che il drago esiste,ma a insegnargli che esso si può sconfiggere”,e questa è un’opera diretta agli adulti che controllano la società moderna,una dottrina fondamentale ed encomiabile,contro la violenza sulla natura splendida ed incontaminata,e sugli uomini liberi. Questo ho imparato da quest’opera,nella Contea,nel bosco Ciet,a Granburrone,e Moria,nel palazzo di Edoras,a Minas Thirith,ho amato l’incrollabile fedeltà di Sam,la saggezza di Gandalf,la capacità di non abbattersi mai di Pipino e Merry,il coraggio e la regalità di Aragorn,la nobiltà d’animo di Faramir,l’esile lama temprata di Eowyn,e questi luoghi e questi personaggi non mi abbandoneranno mai. Tanto avrei ancora da scrivere.
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Grande Philippe!
Quanto vorrei avere un amico come Philippe,quanto vorrei lasciarmi cullare dalle sue appassionate digressioni sui capolavori dell’arte pittorica mondiale,le sue parole forgiate di poesia e di passione che ti cullano e ti ubriacano come un buon prosecco,facendoti appassionare di quello sconfinato tabernacolo di significati e simbologismo che sono i capolavori del Tiziano,di Leonardo,del Giorgione,del Caravaggio,del Tiepolo,e di tutti quegli irripetibili interpreti dell’arte visiva che hanno fatto magnifico il rinascimento Italiano ed Europeo fino al IXX secolo. Perché così lui si pone nei nostri confronti,edifica con la sua mente visionaria questo splendido palazzo Palladiano,lo riempie dei più celebri dipinti dell’umanità,li colloca al suo interno secondo un ordine ben preciso,non casuale,e da amicone veste i panni di una guida spassionata e tutt’altro che saccente,il suo fine non è affardellarci la mente con prolisse quante noiose digressioni sulle tecniche pittoriche o la vita degli artisti,egli evade dalla descrizione accademica e ci insegna,come i migliori maestri,a guardare oltre i colori,oltre i tratteggi del pennello,oltre le tecniche,mescolarli,unirli,interpretarli,ci racconta i pettegolezzi che si celano dietro i dipinti e i suoi protagonisti,ci aiuta a capire cosa partorisce l’immagine oltre il visivo,ci aiuta a percepirne gli odori,i rumori,la materia dipinta che con la sua poesia,riesce a prendere vita davanti ai nostri occhi. Dal Museo di Philippe,a parte piacevolmente ubriachi e sazi,non ne usciremo come esperti d’arte,sicuramente un po’ amareggiati perché la nostra visita è durata meno di quel che speravamo,però avremo la chiave di una visione dell’arte sicuramente diversa e più appassionante. Di cuore,grazie Philippe.
p.s.:Da quello che ho capito la moglie di Daverio è Veneziana,quindi spesso egli abusa di frasi in stretto dialetto veneto,parlando magari di autori veneti come il Tiziano,il Cima,il Giorgione,o il Tintoretto. Se avete bisogno di una traduzione non esitate a contattarmi.
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piccolo uomo,cuore immenso
La sensazione persistente,leggendo quest’opera,è di vivere la natura,la capacità di Tolkien di materializzare per il lettore gli scenari in cui si svolgono le vicende ha qualcosa di magico,di estremamente coinvolgente. Dalla grotta confortevole sotto la collina,nella pacifica Hobbittopoli della Contea dimora dell’assoluto protagonista Bilbo Baggins,alla tetra e selvaggia oscurità di bosco Atro,alla quieta operosità della città sul lago Pontelagolungo,fin sotto la montagna Solitaria presidiata dal malvagio drago Smog,ci ritroviamo camminando con i protagonisti su questa impegnativa e pericolosa via per la sopravvivenza,per il tesoro,per l’amicizia e l’onore. Questo romanzo è un doveroso prologo d’appendice al capolavoro assoluto di Tolkien,la trilogia del signore degli anelli,ci permette di abbozzare mentalmente la geografia della terra di mezzo,di fare la conoscenza di alcuni personaggi chiave della successiva opera dello scrittore inglese,e sicuramente di metabolizzare la psicologia dei figli della sua irripetibile penna. E’ vero questo è un fantasy,fondamentalmente un racconto per bambini,lo testimoniano gli orchi,gli elfi,i mannari,i draghi,ma il potere,la magia vera non sta’ in improponibili e scontati super poteri,magia e invincibili guerrieri,essa risiede nella profonda nobiltà dell’animo umano,che può trasformare un innocuo,piccolo e all’apparenza insignificante essere,nell’ago della bilancia nella storia dei popoli,come più della spada e dell’ascia,il coraggio e l’altruismo determinano la storia,come la luce che vince sull’oscurità,un insegnamento per cuccioli,ma anche un doveroso promemoria per i grandi. Si evade totalmente leggendo quest’opera mirabile,per la facilità di lettura,per la digeribile complessità di caratterizzazione dei personaggi,per l’incanto delle ambientazioni,per il modo sublime di Tolkien di elaborare e legittimare culture,usi e costumi dei vari popoli nella sua variopinta Terra di mezzo,che crea con amore,e che impariamo noi stessi ad amare,sentendola nostra. Voglio vederlo come un messaggio di pace del britannico autore,che amaramente visse la crudeltà della guerra.
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Il miglior Eco
Prendete un illustre professore,probabilmente il miglior medioevalista del pianeta,che esprime in ogni parola , in ogni personaggio,in ogni sua vicenda i colori chiaroscuri della cultura,niente di casuale,non una parola che non sia frutto di sapienza e di passione,avrete Umberto Eco. Adesso immaginatevi la miglior creatura che possa scaturire dallo sconfinato calderone di sapere che è la mente di questo scrittore,e avrete Baudolino della Fraschetta,uomo nato nella nebbia con la capacità di vedere oltre,lontanissimo. Adesso avete Il padre ed il figlio il frutto è un opera scorrevole,coinvolgente,appassionante,mai noiosa,divertente,dove vivrete il pulsare frenetico della storia in ogni frase,in ogni vicenda. Diverrete,da semplici contadinotti della pianura Piemontese,figliocci del sacro romano imperatore Federico il Barbarossa,con lui assedierete città,amerete di passione travolgente,studierete a Parigi tra inesauribili biblioteche e notti brave,influenzerete la politica europea,intraprenderete crociate,viaggi infiniti verso regni fantastici abitati da creature mitiche,alla ricerca eterna dei simboli smarriti del cristianesimo. Perché Baudolino ha compreso che l’uomo ha bisogno di avere una missione,di intraprendere un’ardua ricerca,l’obbiettivo non è trovare un oggetto mitico o un luogo leggendario,questo rende lecito e a volte indispensabile la menzogna,la manipolazione della storia,perché il traguardo è il più nobile degli obbiettivi e tutto giustifica,ritrovare se stessi nell’eterna ricerca della verità. Questo splendido romanzo lo consiglierei anche a chi non ama Eco,perché per una volta l’immenso nonno Umberto toglie gli abiti dell’insigne divulgatore,e veste quelli del sapiente intrattenitore,senza diventare banale e restando sempre ricchissimo di contenuti. Baudolino dice:”non sempre i grandi poeti sono diarroici,talora sono stitici,e sono i più grandi…”,peccato allora signor Eco che lei,per me, sia il più grande!!!
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Commento
Caro Valerio Massimo, ma dovevi proprio scriverlo questo romanzo? Cosa è successo? La Mondadori ti ha minacciato con un ultimatum? Insomma, uno come te, diciamo così, arrivato, di una certa età, non potrebbe scrivere solo quando ispirato? Non potresti ambire a essere ricordato come quello scrittore che scriveva bellissimi romanzi storici? Sì, perché è questo che sai fare e questo libretto non è un romanzo storico, perché di storico c’è solo una misteriosa statuetta etrusca, non è un poliziesco, perché non basta un commissario e qualche vittima, non è un horror perché c'è il BaBau, ci vorrebbe magari anche qualche mistero, un po' si suspence, qualche emozione, magari avere un finale inaspettato, e se proprio non inaspettato, che desse un senso a tutta la storia. Tante cose buttate là, alla rinfusa senza capo né coda. Non fatevi attrarre dall'edizione Oscar a 2,00 € al supermercato come ho fatto io, comprate piuttosto una trota.
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le radici del mondo Latino?
E nota a tutti la storia di Ulisse dopo la conquista di Troia,chi non conosce a grandi linee le vicende dell’Odissea. Meno nota,ma non meno affascinante è la ricostruzione di Manfredi,supportata da una profonda conoscenza della storia antica e archeologica,di un altro straordinario eroe Omerico,Diomede di Argo. Diomede dopo le gesta dell’Iliade,non troverà più Argo come l’ha lasciata,il tradimento della sua sposa regina l’ha fatto diventare nemico del suo regno,ed egli con un manipolo di eroici Opliti greci che l’hanno affiancato sotto le mura di Ilio è costretto a fuggire,braccato,alla ricerca di una nuova casa,di un nuovo regno,da fondare. Dall’Egeo risalendo l’Adriatico Diomede sbarcherà in una terra inospitale,selvaggia,deturpata da barbare popolazioni che manipolano un metallo lucente,che spezza il rame greco come fosse frassino,ma l’eroismo,la disciplina,l’umanità forgiata dalla cultura Ellenica getterà le fondamenta per quella che diventerà nei prossimi 1000 anni la civiltà dominante del Mediterraneo,la civiltà latina. E una splendida lettura,scorrevole e coinvolgente,avesse avuto qualche centinaio di pagine in più,fosse stata meno sbrigativo,l’avrei messa alla pari della Trilogia “Alexandros”e de ”Il Tiranno”,comunque vale per l’intrattenimento che per l’approfondimento,una perla di un Valerio Massimo Manfredi irripetibile.
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La strega di Zardino
Diciasettesimo secolo, Piemonte,Zardino,un piccolo e insignificante paesello di Montagna dominato dalla fame,dall’ignoranza,e dalla Chiesa. Antonia è una Giovane orfana,che ha combattuto le avversità della sua terra coadiuvata da una tempra salda e decisa,un dono della natura che l’ha esposta,insieme alla sua straordinaria bellezza,al più oscuro e malevolo aspetto dell’animo umano,l’invidia. Antonia è una quercia che oscura gli innumerevoli miserabili fuscelli della valle,troppo bella,troppo provocante,troppo decisa,troppo irrangiungibile ,troppo ingenua,questo segnerà il suo tragico destino,impotente come una foglia di vite al vento . Drammatico,spaventoso,spiazzante,quanto magnifico questo romanzo,terribile se si pensa che è una storia vera,approfonditamente documentata da Vassalli,ci si innamora dell’immensa purezza e dignità della protagonista,quanto si arriva ad odiare quel diabolico mostro del volgo che diventa tale quando impera l’ignoranza,e faccia riflettere chi erano gli istigatori. Vassalli è stupendo,per contenuti e per scrittura.
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Un must della letteratura
Che splendido thriller ambientato nell’Italia Settentrionale del XIV secolo. Il Monaco Francescano Guglielmo coadiuvato dal giovane ma perspicace Adso ,si ritrovano, loro malgrado, coinvolti in una serie di sanguinosi eventi in un monastero benedettino dell’Italia settentrionale. La straordinaria capacità deduttiva del protagonista diverrà lo strumento dell’abate per far luce sulla causa di queste misteriose morti. Ben presto il nostro medievale detective capirà che le morti hanno uno stretto legame con la ricchissima e labirintica biblioteca dell’abazia ,e con l’attività dei monaci amanuensi,i in particolar modo con un testo leggendario. Tipico di Umberto Eco sono le evasioni dalla trama,con interminabili appendici,a volte noiose,a volte straordinariamente interessanti,come ad esempio la vicenda di Fra’Dolcino e dei Dolciniani .Vivissime sono le scenografie,le immagini sono efficacemente sfumate,e i personaggi sono convincenti e credibilissimi. Si respira la storia,in ogni pagina,grazie alla stupefacente cultura di Eco. Questo romanzo a mio modesto parere è una delle opere più significative della letteratura italiana del ‘900, è uno di quei testi ,che come ho fatto io,si possono rileggere all’infinito.
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