Opinione scritta da Éowyn

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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    11 Aprile, 2012
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«Rigeneriamoci!»

«È necessario pensare la nostra era planetaria che ha assunto la forma della globalizzazione nell’unificazione tecno-economica sviluppatasi a partire dagli anni Novanta. La navicella spaziale Terra ha iniziato a viaggiare a velocità vertiginosa spinta dai quattro motori incontrollati scienza-tecnica-economia-profitto. Questa corsa ci sospinge vero pericoli crescenti: turbolenze critiche di un’economia capitalistica scatenata, degradazione della biosfera che è il nostro mezzo per continuare a vivere, moltiplicazione delle armi di distruzione di massa coincidente con le convulsioni belliche montanti, tutti pericoli che si sviluppano intrecciandosi vicendevolmente.»

Concepito – nelle parole dello stesso autore – con il proposito di considerare la grande regressione europea, Ma Gauche propugna oggi una «rigenerazione del pensiero, e in particolare del pensiero politico», ideale per cambiare “via” e porre rimedio alla gravità dei rischi dei popoli, delle democrazie e più in generale dell’umanità in crisi. Conformemente a questo intendimento, il filosofo e sociologo francese Edgar Morin ci dà un’immagine fedele del suo pensiero, che si muove fra istanze-impegno-proposte, e tende più a connettere che a distinguere le componenti della crisi planetaria e di civiltà che stiamo attraversando, «le crisi frammescolate e interdipendenti dell’economia, della civiltà occidentale, delle civiltà tradizionali, dello sviluppo»; una policrisi dunque, sulla quale torreggia – per lo più invisibile – la crisi del pensiero. Per meglio comprendere il corso attuale, del resto, è bene prendere coscienza del fatto che «non siamo soltanto in un’epoca di cambiamento, siamo soprattutto in un cambiamento d’epoca», ovverosia, a fronte delle urgenti sfide del nuovo secolo, è bene non occultare l’idea secondo la quale «il sistema planetario è condannato alla morte o alla trasformazione». Non bisogna dimenticare tuttavia le ragioni per sperare: la possibilità di una rifondazione antropo-politica, ma anche antropo-planetaria, e la realizzazione infine di una metamorfosi della politica dell’umanità – chiarirà Morin – in linea con un proficuo orientamento volto alla mondializzazione e parimenti alla demondializzazione, teso al tempo stesso alla crescita e alla decrescita e ancora allo sviluppo e alla contrazione.

Con la presentazione di Nichi Vendola, la nota introduttiva di Sergio Manghi e la postfazione di Mauro Ceruti, Il Centro Studi Erickson ha presentato nel 2011 i 23 articoli e saggi che compongono questo libro – capaci di motivare la volontà del lettore e di rigenerarne invero la speranza.

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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    03 Aprile, 2012
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Etica oggi

Acute riflessioni e questioni etiche di vasta eco nonché interesse. In questa direzione si muove la filosofa italiana Michela Marzano, autrice di un’opera notevole che, nel chiarire lo sviluppo dell’«etica applicata», offre un multiforme ritratto dei dibattiti etici contemporanei. Alle osservazioni della Marzano corrispondono infatti efficaci esemplificazioni di temi e problemi che «assillano oggi non soltanto i filosofi morali ma anche», chiarisce la pensatrice, «qualunque persona che, per via della sua professione o del suo impegno, si confronti con scelte difficili». Gli stessi interrogativi della Marzano emergono parimenti nitidamente e, d’altronde, il porre significative domande costituisce il tratto saliente della filosofia. «Interessarsi all’etica applicata significa […]», come verrà precisato, «cercare elementi di risposta, o quanto meno strumenti di analisi, per affrontare le grandi questioni di oggi». All’interno di questa ampia cornice la pensatrice individua sei gruppi tematici: il primo relativo allo sviluppo della bioetica e dell’etica medica; il secondo al dibattito sulle problematiche relative all’eutanasia; il terzo riguardante l’etica ambientale; il quarto l’etica delle relazioni internazionali; il quinto inerente alla morale sessuale contemporanea e, più in generale, all’evoluzione dei costumi; il sesto la responsabilità sociale delle imprese. Le pagine di Michela Marzano illustrano dunque alcune sfide della filosofia che possono fornire ai lettori elementi utili di confronto con le differenti realtà che oggi ci appellano cui solo l’etica applicata ai problemi reali sta restituendo centralità.

Pubblicata da Edizioni Centro Studi Erickson nel 2011, Etica oggi, per le sue notevoli capacità di analisi, è un’opera che suscita grande attenzione.

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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    23 Marzo, 2012
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Una storia impossibile

L'amore, l’olocausto, la memoria rappresentano momenti essenziali del costituirsi di questa trama; non lineare né rapida, nel complesso dei mutamenti che la coinvolgono, la storia di Debora e Frydryk va al di là di se stessa e racconta il senso di pensare al passato e di concepirne i legami con il presente. Una storia impossibile, romanzo di Eleonora Heger Vita, testimonia l’identità ebraica e il tragico evento della guerra, ma è dedicato principalmente all’amore, ripercorrendo le vicende di una famiglia smembrata e al contempo tenuta insieme dall’identità dei suoi componenti. È ancora l’appello alla memoria ad alimentare, in queste pagine, la riflessione sulla vita e sulla Shoah. Nel ricercare le loro radici, e accomunati da questa prospettiva, i protagonisti di questa storia impossibile, «o forse anche possibile», semineranno nei cuori dei loro lettori il seme della speranza.

«Parlò un po’ in Yiddish e un po’ in polacco. Parlò a lungo, come fanno spesso i grandi vecchi, consci di essere i depositari di un tesoro che il tempo ha loro affidato e che presto si porterà via per sempre. Il signor Gruenberg sapeva di essere l’unico, l’ultimo possibile depositario di un passato che le tragedie della storia avevano quasi interamente cancellato, sapeva di essere la fonte che quei pellegrini del ricordo erano venuti a cercare.»

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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    19 Marzo, 2012
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Il diario di Lara

Come è noto, i pensieri che si presentano in un diario corredano di routine le sue pagine di note riservate. Prendiamo dunque come esempio un diario di originale rilievo, ma sorretto da un curioso spirito di amichevole condivisione, cioè il diario di una donna, il cui interesse risulta considerevolmente accresciuto dal savoir vivre fresco e fantasioso dell’autrice. Non può che trattarsi del diario di Lara! Chiara Santoianni – scrittrice dagli accattivanti toni comunicativi – ci regala il comico ritratto di un’appassionata lettrice di Cosmopolitan, tracciato con larghi segni di amabilità, grazie ai quali, Lara – single “cosmocomica” – ispira la simpatia del lettore e appare forte e fiera a dispetto di una grande traversia sentimentale e contro le consuete vicissitudini lavorative emergendo raggiante e piena di vita. Il suo diario, lungi dal raccontare episodi barbosi, riuscirà a divertirvi.

«Ho letto l’articolo di Cosmopolitan Ottieni una pancia piatta in 24 ore. Mi basterà seguire tutti gli step, sarà un gioco da ragazzi. […] “Finisci la giornata con una cena leggera”, sentenzia il consiglio #5. “Mangia piano, mastica bene e non telefonare durante il pasto”. A farmi derogare a quest’ultima regola pensa Samantha, che mi chiama per organizzare l’uscita di stasera mentre sto spizzicando un sandwich carciofini e crudo. È sabato, me n’ero dimenticata! Il Cosmoprogramma, però, mi assiste anche in questo caso.»

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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    14 Marzo, 2012
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JOSEPHINE

Estro femminile e arguta espressività in Joséphine, incantevole comic strip edita in Italia da Hop e ideata da Pénélope Bagiue – illustratrice e disegnatrice di talento, che riflette nell’indicativa caratterizzazione del suo colorato personaggio la quotidianità così “gaffeuse” di una giovane donna, le cui speranze e aspettative si volgono verso la medesima e sempreverde direzione della ricerca della felicità. A guardar più da vicino questo racconto abilmente figurato, vediamo Joséphine oscillare costantemente tra feste e incontri, lavoro e famiglia, palestra e shopping, ovvero tra la necessità di agire speditamente per modificare la sua realtà sentimentale e la tensione verso un cambiamento radicale della sua esistenza. Eppure, proprio a partire da un festoso stato di singletudine, in circostanze non così straordinarie, la nostra ironica parigina si accorgerà semplicemente di non cavarsela poi tanto male!

Con una curiosità e un interesse che cresceranno rapidamente, non perderemo di vista Joséphine e il migliore dei suoi momenti sarà proprio l’ultimo.

Godibile!

Consiglio, per di più, la visione del divertente booktrailer: http://www.youtube.com/watch?v=3ysRUHBjYjY

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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    27 Febbraio, 2012
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«La cultura è un coltello affondato nel futuro»

Svoltesi fra il luglio e il settembre del 2011, le venti conversazioni che Erickson presenta in questo breve libro, opera di uno dei più grandi pensatori contemporanei, Zygmut Bauman, in collaborazione con Riccardo Mazzeo – brillante interscambio sviluppatosi intorno al ruolo dell’educazione, nella ricerca di una più chiara comprensione delle diverse modalità e dei diversi ritmi secondo i quali le realtà giovanili stanno mutando –, offrono un quadro d’insieme del moto di idee e sentimenti caratterizzanti il gap generazionale e gli antagonismi economici crescenti, ma anche della minuziosa capacità di osservazione dell’autore, e colpiscono per le ampie riflessioni sulla significativa trasformazione dell’assetto sociale che ha condotto all’avvento della «Primavera araba» e alla tendenza, come lo stesso Bauman racconta, all’«indignazione» attraverso l’emergere di una politica «a forma di sciame». In essa l’autore, anche attraverso il confronto con altri intellettuali del nostro tempo, scorge i sottintesi del crollo di aspettative di un’intera generazione in una società capitalistica come la nostra in cui – nei termini dello stesso Bauman – «l’ultima barriera che si frappone tra i giovani e la loro rottamazione è questa nuova capacità che mostrano di fungere da serbatoio per gli eccessi dell’industria dei consumi». Un processo economico continuo, più che mai aperto allo sviluppo, di cui Zygmut Bauman ripercorre le accezioni e la diffusione riprendendo e precisando il concetto di «consumatori difettosi», puntualizzando con Riccardo Mazzeo il significato che ha accompagnato in Gran Bretagna gli emblematici disordini a Manchester, presto dilagati nel paese a suon di saccheggi e scorrerie – un resoconto diretto e di grande immediatezza della «rivolta di consumatori frustrati».
Alla radicalità e alla complessità delle trasformazioni economiche e sociali fa riscontro anche un cambiamento radicale delle tendenze culturali. Invale «una cultura del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza». Un punto di vista, quello di Bauman, straordinariamente attento alla dimensione «liquido-moderna», bene espressa dalla TV e dai social network; riguardo ai quali, Riccardo Mazzeo opportunamente cita la seconda delle 44 Letters from the Liquid Modern World: «[…] una volta che si vada in rete, non si ha più alcuna possibilità di stare completamente e veramente da soli. E se non si è mai soli, sarà molto meno probabile che si legga un libro per il piacere di farlo, che si faccia un disegno, che si guardi fuori dalla finestra immaginando mondi diversi dal proprio» (Bauman, 2010). Nonostante l’indubbia preoccupazione manifestata dal pensatore, non potrà sfuggire al lettore la concezione di una «rivoluzione permanente», da attuarsi “genuinamente”, ribadita nel corso delle conversazioni con Riccardo Mazzeo, nel rivolgersi al quale – mi piace infine ricordare –, sottolineando il valore finanche dei più piccoli fermenti culturali, Bauman asserisce che «perfino le querce centenarie provengono da ghiande ridicolmente minuscole».

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Lauralia Opinione inserita da Lauralia    09 Dicembre, 2011
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Honorata cortigiana

Rosa Ventrella in “Honorata cortigiana” racconta – mettendone in evidenza tutte le sfaccettature e smascherandone l’apparente inconciliabilità – l’intreccio tra l’essere donna, conclamata poetessa e cortigiana di straordinaria fama, che insieme alle passioni, ai timori, alle speranze e ai comportamenti istintuali della donna, fu sicuramente la ragione del fascino di madonna Veronica Franco.
L’opera ben rappresenta difatti una figura storica emblematica che, nel corso della sua vita, passò, seppure attraverso un percorso tutt’altro che lineare, condotto in modo ironico e spregiudicato, dalla vitalità dell’amore passionale alla grazia delle ricercate rime, fino allo sconcerto per l’accusa di stregoneria da parte delle autorità politiche e religiose della Serenissima, che ravvisarono nel carisma della donna un potenziale veicolo di sovversione e di immoralità. Nel romanzo, invero, ritroviamo da un lato un affresco storico della Repubblica veneta, ma dall’altro siamo invitati dalla scrittrice a seguire il cammino con cui Veronica Franco diede ordine al suo mondo interiore. Grazie anche alla vivacità e l’arguzia dello stile dei sonetti, nonché ai legami con uno dei circoli culturali più celebri di Venezia, la bellissima cortigiana acquista una conoscenza chiara del suo talento letterario e si rende consapevole del grande desiderio di accrescere la sua cultura, una prerogativa a quel tempo non femminile di cui tuttavia Veronica Franco si appropriò perseguendo non solo nei suoi componimenti l’idea di libertà, di fronte alla vastità e alla complessità della quale, la varietà dei punti di vista dei diversi personaggi che fanno da sfondo fornisce un quadro indicativo della società veneziana. Una prospettiva narrativa, quella di Rosa Ventrella, che riconosce spazio e autonomia alla cultura del Cinquecento, ma che soprattutto presenta e utilizza in modo suggestivo gli accadimenti di quell’epoca, servendosene come strumenti per aprire la porta del vissuto di una delle più honorate cortigiane della Venezia rinascimentale.

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Lauralia Opinione inserita da Lauralia    11 Novembre, 2011
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La Miniaturista

Un’unica voce si accampa cristallina in tutta la narrazione e, mentre il lettore sin dalle prime righe intuisce il lungo cammino delle memorie della Miniaturista, la misteriosa narratrice dal presente della sua vita attuale assume la parola per dire in modo chiaro, forte e distinto che tutto da parte sua «iniziò in totale innocenza e con tanta buona volontà». Eppure, “dime chi son, ma no me dir chi gera”, recita il proverbio veneto, con cui Silvia Mazzola introduce il suo emozionante romanzo d’esordio, suggerendo che l’eco del passato della virtuosa Miniaturista non sia fievole e indistinta ma tonante di ricordi che l’artista, facendo ritorno nella sua Venezia, pur rievocandoli, vorrebbe mettere a tacere. La nostra protagonista, Aurora Zanon, miniaturista e più tardi pastellista di straordinaria vitalità inventiva, all’età di trentun anni, porterà in sé la passione e i tormenti di un’artista veneziana attraverso le più grandi corti d’Europa del Settecento. L’unica luce di speranza per Aurora sarà proprio quella dell’arte, che la spingerà miracolosamente a perpetuare la vita a dispetto del dolore in cui fin da giovanissima è irretita perfezionando il suo sapere.
L’atmosfera tersa e brillante di un atelier, rivissuta nella memoria con una pienezza di sensazioni visive («I miei fogli risplendevano di violetti, verdi e rosa. Erano così vividi che bastava tracciassi un piccolo segno sulla carta per accendere la seta della stessa luce delle foglie d’autunno. Quando li usavo per l’incarnato, sembrava che i bianchi prendessero a prestito la leggerezza delle nuvole e i rosa i petali dei fiori del melo. I volti da me ritratti erano come arrossati dalla brezza. Usavo il pollice e i polpastrelli per modulare le tonalità. Nel mio atelier in rue Richelieu facevo accomodare in piena luce i clienti da ritrarre e disegnavo sullo sfondo un’ombra simile a quella gettata dai candelabri nei loro saloni»), si trasforma in uno spazio illimitato senza tempo e senza durata, in cui il genio di Aurora trova un punto di fuga, animato dalla presenza vitale della sua arte che tutti i dispiaceri seppellisce e cancella. Una dimensione, l’arte, dove la figlia di Alvise Zanon, Aurora, troverà un po’ di pace per il suo cuore in tumulto, non piangendo di sé ma rinascendo attraverso la sua raffinata sensibilità di artista, dipingendo per se stessa prima ancora che per rendere alla perfezione lo stato d’animo del modello.

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Lauralia Opinione inserita da Lauralia    17 Agosto, 2011
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Londra 1757

Se un mystery è di per sé puramente accattivante, l’Inghilterra georgiana e l’arguta indagine di Lord John Grey, ufficiale al servizio di Sua Maestà, testimoniano l’intima e necessaria unione dell’austerità con la licenziosità, che insieme ad enigmi, suspense e azione, compongono i caratteri peculiari di un giallo storico, dalle cui combinazioni e complicazioni si originano la sorpresa e la lode per i vittoriosi colpi di scena creati dalla Gabaldon e la conseguente ammirazione per un’opera ben scritta.

Diana Gabaldon, nel perseguire l’indagine della questione privata di Lord Grey, rappresenta la fumosa vita sociale della Londra del Settecento attingendo peraltro preziose informazioni inerenti la realtà omosessuale inglese e, nella fattispecie, londinese da rilevanti fonti letterarie.

Lord John, mai dominato dalla paura, in accordo con le esigenze della propria natura acuta e vivace, in base al riconoscimento del suo importante ruolo, sembra destinato a vivere un’avventura in cui possa toccare con mano il desiderio di potenza, l’amor proprio, il calcolo d’interesse, l’egoismo, ma anche la devozione, l’altruismo e la solidale armonia fra i compagni d’arme.

Per tale via, la Gabaldon riuscirà a catturare gli amanti del genere.


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Gialli, Thriller, Horror
 
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Lauralia Opinione inserita da Lauralia    09 Luglio, 2011
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Sete

Come si inscrive nell’ormai sempre più nota crisi di risorse un bene come l’acqua? Che significato assume la trasposizione del concetto di sete nell’orizzonte affaristico di una ricerca che ha per oggetto l’essenza dell’acqua e il suo destino?

Una risposta adeguata a tali interrogativi può unicamente trovarsi nella considerazione di un tema o problema che il romanzo di Alberto Riva affronta nei sui termini essenziali, nella considerazione cioè della sete di potere.

«Tutti abbiamo sete di qualcosa» è il manifesto retrospettivo che illustra la questione di fondo di questo thriller – direi – dai muscoli saldi come l’acciaio. Potremmo altresì definirlo una costruzione complessa. In termini figurati “Sete” sarebbe dunque un edificio. Un edificio imponente che occupa la superficie totale di 465 pagine lungo un complesso di stanze e corridoi intricatissimi, in cui il lettore riuscirà comunque a trovare la via di uscita, seguendo una narrazione originale, passando attraverso storie cariche di ambiguità, che imprimeranno al romanzo un ritmo di grande intensità.

Sembra, infatti, da un lato, che le vicende narrate non possano considerarsi a se stanti, estranee le une alle altre, e che invece costituiscano un tutt'uno: «Anche in chimica accade così: la reazione di due elementi può essere la più inaspettata. E la reazione ha ragioni molto precise, sempre. Non è mai frutto del caso, di fattori accidentali e irripetibili. Il contatto di quegli elementi conduce necessariamente a una reazione, sebbene prima nulla potesse farlo credere». D’altro lato, le storie delle famiglie Braga e Johannsen nonché di Jean-Sebastian Faucon non appaiono soggette l’una all’altra e si rivelano ancor più di difficile combinazione.

In realtà, se prendiamo le mosse dal primo dei temi indicati, l’acqua, ruoteremo attorno alla storia del Drago, Jean-Sebastian Faucon, indecifrabile personaggio, e osserveremo con lui la mappa del mondo in modo diverso. Orbene, proprio la sua attrazione per la parte blu del mondo, che evocherà il sogno del Narciso Cieco, darà origine, e forza, all’indagine di Matheus Braga e Sarah Clarice nell’impenetrabile terra brasiliana. Brillante biochimico, Matheus, introverso, di un indiscusso fascino, è particolare perfino nell’esecuzione delle sue sequenze yoga. Sarah Clarice Young è un’attivista, lavora per una ONG di Salvador, è intrepida e di una avvenenza fantastica. Entrambi, insieme, per sete di verità, verranno a capo di una storia dai risvolti incredibili legati alle famiglie Braga e, come suddetto, Johannsen.

Resta un ultimo personaggio emblematico, forse il più difficile: Bruno Johannsen, facoltoso e carismatico, seducente, ha sete, ma non di soldi. Non è chiaro, tuttavia, se le sue azioni siano interpretabili alla luce della sete di potere. Sembra, per certi versi, un fanatico, propenso unicamente alle battaglie. Non scherza affatto, è verosimilmente violento. Non potrà che confondere il lettore che, solo alla fine, realmente alla fine della narrazione, comprenderà i suoi intenti.

Nel punto critico in cui il concetto di sete abbandonerà il dominio dell’acqua e si presenterà sotto le più oscure spoglie, il thriller di Alberto Riva raggiungerà il suo obiettivo e il lettore guidato da un’inenarrabile sensazione d’attesa non potrà che definirlo ben riuscito.

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