Opinione scritta da Morena V

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Romanzi storici
 
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Morena V Opinione inserita da Morena V    02 Gennaio, 2015
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CONTROVERSO


Ho visitato il cimitero di Praga nel 1993. E' un luogo che non si dimentica, perciò devo ammettere che ho acquistato il libro innanzitutto perché ero attirata dal titolo.
Mi aspettavo una trama ricca di spunti eruditi poiché non è il primo libro di eco che leggo, ma questa volta ho faticato a seguire la storia, soprattutto nella parte centrale dove i personaggi si moltiplicano e sono stata costretta più volte a tornare sulle pagine già lette per ripescare il ruolo di alcuni di essi.
Ho apprezzato, comunque, l'ambientazione storica:il Risorgimento è un periodo che da sempre mi affascina. Per me è stato interessante e piacevolmente diverso rivivere l'impresa dei Mille in modo per nulla retorico, attraverso gli occhi disincantati e cinici di un antieroe. Del resto il protagonista del romanzo incarna l'apoteosi della mistificazione, così abituato a imbrogliare e falsificare da credere, alla fine, egli stesso ai propri inganni. Non ha pietà per nessuno e non possiede scrupoli morali, ma non è nemmeno il mercenario che si schiera dalla parte del maggior offerente, non si schiera affatto: arraffa ciò che può da tutte le parti. L'unico punto fermo della sua esistenza è l'odio profondo per gli ebrei, coltivato fin dalla giovane età a causa degli insegnamenti balordi del nonno, infatti l'unica cosa a cui Simonini dimostra di essere affezionato (oltre alla buona cucina) sono i Protocolli che contengono la prova del presunto conciliabolo dei grandi capi ebrei per impossessarsi del mondo. Un documento forgiato dal falsario Simonini e più volte rimaneggiato a seconda del bisogno e dell'interlocutore. Ma quando arriva il momento di creare un'ultima e definitiva versione e cederla ai Russi, Simonini si sente svuotato e privo di uno scopo. Accetta l'ultima missione non solo per ritornare ad essere protagonista, ma soprattutto per dare ulteriore credibilità (per aiutare- dice lui) ai suoi Protocolli.
Interessante la struttura del romanzo, orchestrata come dialogo tra due diari, quello di Simonini e quello dell'abate Dalla Piccola. I due scrivono partendo da un suggerimento froidiano perchè entrambi smemorati e bisognosi di risolvere i continui black out che li tormentano. Tra di essi si inserisce il Narratore che dice di riportare i diari come li ha trovati (secondo uno stratagemma di manzoniana memoria) e cerca di riassumere le parti più ingarbugliate. Uno stesso t attanaglia entrambi i personaggi, ma si tratta di un mistero la cui soluzione il lettore riesce ad intuire facilmente già a metà libro. Ho trovato, invece, troppo dispersiva la parte centrale dedicata alla deriva delle logge massoniche in sette palladiane o nei vari culti di Lucifero. In questo caso l'invidiabile erudizione dell'autore, secondo me, non ha giovato all'opera.

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Morena V Opinione inserita da Morena V    02 Novembre, 2012
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ZORBA E FORTUNATA

E’ realmente esistito un gatto grande, grosso e nero di nome Zorba. Era il gatto della famiglia Sepulveda quando l’autore abitava in Germania. Un viaggiatore, amante del mare, un amico fedele che accompagnava lo scrittore anche durante la stesura delle sue opere e la cui morte è stata raccontata con amore e dignità in un altro racconto (questo per segnalare quanto Luis ci tenesse).
Zorba aveva un cuore grande – dice Sepulveda, quindi quale miglior protagonista per una favola moderna come questa ? Una favola semplice perché rivolta ai ragazzi (e allora che senso avrebbe scrivere come Eco ?), ma utile anche agli adulti. I primi lettori de “La gabbanella e il gatto che le insegnò a volare” sono stati proprio i figli dell’autore, che hanno elargito le loro critiche e i loro consigli per migliorare il testo. A me questa semplicità piace, anche perché è ricca di spunti. Sepulveda ci parla della natura calpestata dall’uomo: la madre di Fortunata (la gabbianella della storia) muore a causa dell’inquinamento, qui descritto per una volta dal punto di vista delle vittime. Cosa può provare un gabbiano ricoperto di petrolio? Lo scrittore cerca di immaginarlo. C’è poi il tema della tolleranza: il diverso viene accolto, ci si dà da fare per comprenderlo, infatti la comunità dei gatti del porto si prende cura di Fortunata e scomoda addirittura l’Enciclopedia per insegnarle a volare. Non meno importante è il discorso sulla lealtà: Zorba promette tre cose alla madre di Fortunata e le mantiene tutte. Il grande gatto nero è un predatore, per lui sarebbe facile, anzi normale, mangiarsi la gabbianella (tanto la madre è morta), eppure sceglie la strada più impegnativa, sceglie di sovvertire le regole del conformismo, sceglie la sfida. Mi sembra un messaggio interessante per i ragazzi in un mondo come il nostro dove vince sempre il più furbo e non il più onesto. C’è il coraggio di essere sé stessi: Fortunata è convinta di essere un gatto perchè è nata tra i gatti e da loro viene accudita, ma Zorba sa che non è giusto e la spinge a cercare la sua vera natura, anche se ciò significa osare, come del resto ha osato Zorba fin dall’inizio del racconto.
Credo che una delle morali possibili per questa storia sia accettare e rispettare la diversità, propria e altrui.
Ecco ciò che leggo ogni volta che prendo in mano questo libro, se questa è semplicità, allora ben vengano storie semplici come questa. E magari speriamo che riescano a far crescere degli Zorba e delle Fortunata anche tra gli uomini.

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Morena V Opinione inserita da Morena V    19 Marzo, 2011
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La magia del pendolo

Affrontare questo tomo di Eco non è proprio una passeggiata.Il lettore viene catapultato in un mondo erudito in cui deve destreggiarsi tra leggi della fisica, fatti storici, digressioni filosofiche,semiologia, esoterismo (tanto), cabala e molto altro ancora. Tutto parte da una tesi sui Templari, ma la trama assume pagina dopo pagina un respiro sempre più ampio fino a formulare un quesito inquietante: esiste un segreto tanto potente da permettere a chi ne venisse a conoscenza di dominare il mondo? E in che cosa consiste tale mistero che ha portato alla prolificazione, durante i secoli fino ai giorni nostri, di ordini, sette, logge e società segrete? Ma è più imporante il constenuto del segreto o l'esistenza del segreto stesso (reale o fittizio che sia), senza il quale parecchi fanatici non avrebbero più uno scopo nella vita?
Una delle morali della storia potrebbe essere che spesso l'uomo si accorge della Verità, quindi è saggio, una volta sola nella vita, di solito prima della fine: "Si capisce tutto quando non c'è più niente da capire".E la Verità è sempre più semplice ed evidente di quanto si creda.
Avevo già letto questo libro dieci anni fa, l'averlo riletto mi ha permesso di cogliere alcuni nessi che prima mi erano sfuggiti, ma devo dire che ha perso un po' di fascino. Vedremo fra altri dieci anni...
Tra le parti che mi hanno colpito di più c'è l'analisi dell'ordine dei Templari. Nessuna incoerenza nel fatto che fossero allo stesso tempo monaci e guerrieri, difensori della cristianità e ammiratori dell'Islam, votati alla povertà e ricchi da fare invidia ad un re:è nella natura stessa dell'uomo coniugare gli opposti.
Superlativa la descrizione di Salvador da Bahia de Todos os Santos, delle chiese grondanti di ex voto, delle sagrestie "malate di peltro e oro", delle variegata mescolanza di etnie e simboli.

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Narrativa per ragazzi
 
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Morena V Opinione inserita da Morena V    04 Febbraio, 2011
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Chi è il diverso ?

Sembra una favola per ragazzi, ma i temi trattati e la psicologia dei personaggi sono complessi e per niente scontati. I protagonisti non si possono incasellare in ruoli predefiniti, il bosco stesso può essere letto come luogo tenebroso o salvifico. Tutto è relativo, dipende dalla prospettiva che di volta in volta si offre al lettore.
Su tutto il racconto aleggia un'atmosfera inquieta, si avverte l'ansia dell'irrisolto creata ad arte dal mistero che segna questo villaggio isolato, ai confini della civiltà, e assolutamente privo di animali. Un mistero di cui gli adulti negano l'esistenza, di cui non vogliono parlare,"perchè chi non sa non può sentirsi colpevole."
Eppure i bambini colgono l'imbarazzo, il fastidio, il rammarico nelle parole dei genitori. Chi sostiene che un tempo esistessero gli animali è considerato folle. Come la maestra del paese che non ha mai trovato marito. Come il vecchio Almon che faceva il pescatore, mentre ora parla da solo perchè non ha più il suo cane e scrive su un quaderno di una notte in cui lo spirito malvagio del bosco si è portato via tutte le bestie compreso, il suo fedele Zito, ma sono le farneticazioni di un vecchio. Come il piccolo Nimi che un giorno si è perso nella foresta ed è uscito diverso (o forse era diverso anche prima?).
La diversità è uno dei temi centrali, insieme al bisogno di essere amati per ciò che siamo, al rancore provocato dalla diffidenza-indifferrenza, alla difficoltà di ammettere scelte sbagliate e rimediarvi.
Il testo offre descrizioni stupende sia della foresta, irascibile e rumorosa, che fa da contrappunto al silenzio del villaggio, sia di Nehi, il demone del bosco. Nei suoi confronti si può provare timore e allo stesso tempo compassione. Eppure lui può dilatare il tempo, può far sì che non cali la sera per trattenere presso di sè Mati e Maya, cha hanno infranto il divieto dei grandi e si sono inoltrati nella foresta, diventando diversi (o forse sono entrati nella foresta perchè diversi lo erano già da tempo?). Nehi ha un sorriso furbo che parte dagli angoli degli occhi e scorre lungo le rughe del suo volto, in quel sorriso amaro e distaccato sta il suo segreto. E' buono o cattivo Nehi? E' vittima o carnefice? Vi dico solo che gli animali hanno scelto lui, ma questa, ovviamente, non è la soluzione del mistero, anzi è solo l'inizio...

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Morena V Opinione inserita da Morena V    23 Gennaio, 2011
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Una premonizione, una verità.

Scenario agghiacciante, ripetuto ossessivamente, da cui salvo il monito a non dimenticare la cultura materiale che fa parte della nostra storia: il cervello ha bisogno delle mani.
Io non so cosa significhi aver fame sul serio, la fame vera che cancella di colpo ogni scrupolo etico. Non riesco neppure ad immaginarmela...
Può l'uomo occidentale viziato e impigrito vivere senza il superfluo? Che sia così alto il prezzo da pagare, fa davvero paura.
La storia nasce da una premonizione e si conlcude con una verità inoppugnabile:il peggior limite dell'uomo è l'imbecillità e non esiste ciclo storico che possa risolverlo.

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Morena V Opinione inserita da Morena V    18 Gennaio, 2011
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Il tempo e gli ideali.

Sepulveda rimane il mio autore preferito, anche se questo romanzo non mi ha entusiamato come altre sue opere (prima tra tutte "la forntiera scomparsa"). La trama è comunque originale e i protagonisti sono come dei vecchi conoscenti che ritrovo un po' più vecchi e disillusi. Forse è questo ciò che mi stranisce: ho sempre pensato che la forza di questo scrittore consista proprio nell'infiammare gli ideali anche negli uomini più pigri e "borghesi". Del resto il tempo è un degno avversario, raramente disposto a perdere e l'unica arma di difesa è una sana ironia.

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Morena V Opinione inserita da Morena V    18 Gennaio, 2011
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Il miglior libro di Corona

Di questo autore amo il linguaggio visionario, ma concreto, le metafore attinte dall'esperienza quotidiana del mondo montanaro e contadino. In quest'opera è ben dosata l'alternanza tra poetiche sequenze riflessive e sequenze narrative più icastiche. Ho apprezzato soprattutto le descrizioni del paese fantasma, delle case di pietra diventate delle creature vive: ogni pietra ha la sua storia e la propria dignità anche nell'abbandono.

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