Opinione scritta da barbara78E

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    31 Gennaio, 2011
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volevo l'altro....

Ero una bimbetta, avrò avuto sette, otto anni. Mia nonna aveva deciso di regalarmi un libro e così mi portò nel piccolo negozio del paese. Avevo libera scelta! Lessi con calma i titoli e poi ne estrassi uno: ero al colmo della gioia! Avevo scelto “La tigre di Mompracem”! Mia nonna dette un’occhiata di disappunto alla copertina: “Questo è per ragazzi!”
E così mi ritrovai fra le mani “Piccole donne”. Non ero proprio delusa, delusa: in fondo mia nonna, che faceva regali molto, molto di rado, me l’aveva donato. Così arrivai a leggere questo “piccolo capolavoro”.
Siamo in piena guerra civile negli Stati Uniti, papà March è in guerra, mamma March si divide fra i poveri bisognosi e le quattro figlie, e le sorelle March passano le loro giornate tra sogni, giochi, lavori e visite ai loro vicini Laurence.
La caratterizzazione dei personaggi è molto marcata, dà loro vita e spessore, rendendoli famigliari. Chi ha letto il libro, si ricorderà sicuramente del carattere da “maschiaccio” di Jo e la dolcezza di Beth. Le loro avventure appassioneranno, divertiranno e commuoveranno.
E’ un libro che avrei piacere se mia figlia lo leggesse, quando avrà sette, otto anni, perché credo che questi classici, come “Cuore”, “Capitani coraggiosi” e tanti altri, abbiano in sé quella scintilla di onestà e valori morali che manca a molte letture odierne. E’ logico che paragonare le “uscite in calesse” con i divertimenti di oggi, faccia ridere. Ma i bambini non sono scemi! Capiscono che non si parla dei tempi odierni e che l’essenziale sta appunto nell’insegnamento che ne viene dalle pagine. Se un ragazzino trova “vetusto” un classico, molte volte è chi gli sta intorno a denigrare queste letture, condizionandolo. Ed è un vero peccato: rischiano di perdersi momenti indimenticabili con i più bei personaggi della letteratura.

P.S. Tutte le opere si Salgari le ho lette prendendo i libri dalla biblioteca della scuola, alternate a quelle di Jack London... ssssh... acqua in bocca... speriamo che stanotte mia nonna non venga a tirarmi le orecchie ;)

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    31 Gennaio, 2011
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Decameron

E’ un peccato che quest’opera non venga approfondita a scuola, così come la Commedia. Se Dante è il padre della poesia italiana, Boccaccio lo è sicuramente della prosa.
Siamo a Firenze, in piena peste. Sette donne e tre uomini si rifugiano appena fuori città. Qui passeranno dieci giorni e ogni giorno, governato da un “re” o una “regina”, i dieci narratori racconteranno ciascuno dieci novelle. Ci saranno dieci temi: il primo sarà libero; il secondo è il “lieto fine” dopo molte traversie; il terzo è dedicato a chi riesce ad acquistare o riconquistare un bene molto agognato; il quarto riguarda gli amori finiti infelicemente; il quinto invece gli amori a “lieto fine”; il sesto la “presenza di spirito”; il settimo le beffe delle mogli ai mariti; l’ottavo le beffe tra uomo e donna; il non ancora a tema libero e infine il decimo a fatti e gesta eroici.
Cento novelle, legate fra loro da un filo sottile. Dieci narratori, il cui nome non è solo simbolo arbitrario. Una struttura complessa, ordinata, un magnifico ingranaggio di prosa sublime, fanno del Decamerone una “terrestre Commedia” (fu Boccaccio a definire Divina la Commedia di Dante).
Un’opera godibile già in superficie (una sua novella l’ho ritrovata in un libro di fiabe di mia figlia), ma se approfondita, sa dare emozioni e suscitare rispetto per questo capolavoro molte volte bistrattato.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    14 Gennaio, 2011
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la Storia...

Ho scoperto Tina Merlin a 15 anni, quando Marco Paolini ne parlò nel suo “Racconto del Vajont”, il 9 Ottobre 1993.
Sapevo della frana, dell’onda che ha spazzato via Longarone, Pirago, Maè, Villanova, Rivalta, Longarone.
Mia madre mi raccontava che per anni erano rimaste le “cose” di Longarone sugli alberi, nel greto del Piave. Era bambina, ma ricorda bene, così come mio padre. Il Piave scorre vicino a casa nostra. Quando mormora, di sicuro non è ne calmo, né placido. Fa paura, il Piave, quando è gonfio e nero. Pretende rispetto. Ma la “gentaglia” che ha voluto la diga, di rispetto non ne porta. Non agli abitanti di Erto e Casso, dove sorge la diga. Non a quelli di Longarone, che si ritroveranno in mezzo al binario di quel treno impazzito che sarà l’onda. Nessun rispetto infine, per la montagna che stanno violando e che scatenerà la sua furia.
Tina Merlin è una cronista, racconta i fatti, li pubblica, prima e anche dopo la catastrofe, prendendosi insulti e raccogliendo odio. L’accusano di speculare sulla tragedia, sulla “disgrazia”, sulla “disgraziata fatalità”. Ma i tribunali le daranno ragione: nessuna fatalità, solo agghiacciante premeditazione e prevedibilità. Chi aveva il potere di fermare tutto, sapeva dell’enorme frana del Toc. Ma i soldi erano spesi e c’era da vendere all’Enel quell’impianto, spacciato per funzionante, al miglior prezzo. Tina Merlin racconta la costruzione della diga, la guerra dei contadini conto la grande SADE.
La lucidità, la chiarezza, la puntualità di ciò che scrive è angosciante. Sopratutto quando sai che a pagare con la vita saranno duemila persone.
Bisogna rendere onore a questa cronista che mostra i fatti “dal punto di vista dell’ aquila”, dal punto di vista di chi è in alto e vede la situazione in tutta la sua ampiezza, raccontandola senza inutili fronzoli linguistici.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    14 Gennaio, 2011
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un po' di pausa

Questo libro mi è stato regalato qualche giorno fa, da due care amiche. Il romanzo in sé è piacevole, ma è stato reso speciale dalla dedica: poche righe per scaldare il cuore con sincera amicizia.
La trama è abbastanza classica. Ambientato in India, a cavallo del 1900, protagonisti la fanciulla più bella e speciale dell’intera regione, l’eroe cacciatore, ovviamente bello come il sole e innamorato contraccambiato dalla ragazza, il povero terzo incomodo, la vecchia e saggia nonna della ragazza, e tutti i membri della famiglia che fanno da comparse. Ovviamente i due innamorati non possono stare assieme: le vicissitudini, i dolori, il duro lavoro per il riscatto allungano i tempi per raggiungere finalmente la serenità e la maturità.
La lettura è scorrevole, dopo aver preso un po’ di confidenza con i nomi indiani.
Le atmosfere sono ben costruite, i personaggi ben delineati e i luoghi descritti ottimamente. Leggendolo, viene in mente “L’ultima concubina”: molto simili nella struttura e nelle atmosfere, eppure molto diversi.
Un piacevole intermezzo che fa riposare la mente, senza bisogno di “psicanalizzare” i personaggi per “interiorizzare” chissà quali insegnamenti...

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L'ultima concubina
Memorie di una geisha
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    14 Gennaio, 2011
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colazione veloce....

Ho visto il film con Audrey Hepburn, ma ammetto di ricordarlo poco. Rammento però lo stato d’animo che mi ha lasciato: lo stesso del libro, la sensazione che si voglia far piacere una ragazza svampita e mai cresciuta.
Holly Golightly è un’attrice mancata, che riesce ad incantare tutti gli uomini che incontra.
Più che la storia in sé, mi ha colpito la caratterizzazione dei personaggi: l’autore è riuscito a mettere in relazione un ergastolano a Sing Sing, un agente hollywoodiano, uno scrittore alle prime armi (che è anche il narratore in prima persona), un barista rude ma dall’animo tenero e una galassia di altri personaggi, dando loro uno spessore tale da renderli vivi, usando come “fulcro” la chiassosa Holly.
Personalmente la trovo antipatica, una “svampita a tutti i costi”, che affronta tutto con davvero troppa leggerezza, e che avrebbe bisogno di una “raddrizzata”. Eppure non riesco a non abbozzare un sorriso quando parla di “paturnie” o quando fa scrivere su suo biglietto da visita :”Holly Golightly, in transito”. La ragazza, piuttosto disinibita e molto, molto frivola, cela molto più di quel che appare. L’autore svela una parte del suo passato, ma non tutto, lasciando al lettore la voglia di rincontrarla ancora, per conoscerla un po’ di più e sapere che fine ha fatto.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    14 Gennaio, 2011
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vale anche per l'altro volume...

Questo libro fa parte di una collana (“A spasso con la geografia”), indicata per bambini a partire dagli otto anni.
La famiglia Millemiglia, composta da papà Noè, mamma Adele, Teo, Gaia e Pulce, il cagnolino, viaggiano in lungo e in largo per l’Italia.
A bordo del camper Torpedine, la famiglia vive avventure divertenti, visitando, in questo caso, le bellezze naturali del nostro Paese: le Cinque Terre, Carrara e i suoi marmi, le grotte di Frassassi, le Dolomiti...
La narrazione è completata da specchietti di approfondimenti, consigli e curiosità. Nella parte finale, c’è una breve sintesi di ciò che si è “visitato”, con uno spazio dedicato al lettore, dove è invitato ad approfondire ulteriormente le conoscenze e dove può aggiungere le proprie esperienze.
E’ un testo molto ben fatto, accattivante e stimolante. Il linguaggio è chiaro, semplice, ma mai puerile. La grafica è ben curata e il testo è corredato da foto e disegni.
I miei bimbi per ora sono piccolini, ma sicuramente procurerò gli altri titoli della collana. Il prezzo è abbordabile (7,50€ ), e credo possa essere un valido aiuto nello studio, se non altro per la capacità di invogliare l’approfondimento (che ultimamente vedo scarseggiare in giro, in qualunque campo...).

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Gialli, Thriller, Horror
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    14 Gennaio, 2011
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l'ombra di Dan Brown....

Ho impiegato un bel po’ prima di decidermi a commentare questo romanzo. Non ho voluto farlo subito, non volevo che le mie prime impressioni mi spingessero ad un giudizio affrettato. A distanza di quasi un mese però, ciò che mi ha suscitato questo libro non è cambiato. Innanzitutto si parla di delitti perpetrati in un ambiente fortemente influenzato dalla religione cattolica, con una trama di intrighi che , purtroppo, mi ricorda molto Dan Brown.
E’ difficile fare un breve riassunto di una trama inconsistente: il signor Mendieta si ritrova in un vortice di omicidi legati ad un codice che testimonierebbe la reale apparizione della Madonna di Guadalupe ad un contadino, durante gli anni della conquista spagnola e dell’Inquisizione.
Gli omicidi sono molti, ma nessuno viene spiegato in modo completo. Verrebbe da dire che l’autore ha messo molta carne al fuoco, forse troppa, non riuscendo però più a gestire la storia. L’impressione è che chi scrive non abbia idea di come arrivare a finire il libro. In alcuni romanzi, sembra che il libro stesso si finisca da sé, ma non questo che, invece, è piuttosto stiracchiato. Ci sono episodi in cui i personaggi si incontrano e hanno dialoghi con interlocutori completamente sconosciuti, senza che nulla venga spiegato, neanche alla fine (a volte mi sono chiesta se mancassero delle pagine...). Tutto ciò potrebbe contribuire a creare un alone di mistero, ma solo se viene seguito da un minimo di spiegazione. Rimane altrimenti un senso di incompletezza.
I personaggi stessi mancano di spessore, le loro storie e vicissitudini sono appena accennate, così come le personalità.
Che altro dire: sembra più un “embrione” di romanzo, una bozza da dettagliare e far crescere. L’idea di fondo potrebbe essere buona, ma va molto più sviluppata, facendo attenzione però a non finire nello stile “Dan Brown”.

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Storia e biografie
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    14 Gennaio, 2011
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la memoria

Non parlo della diga, della frana, di Erto e Casso, di Longarone, della SADE... Chi di dovere ha già ampiamente spiegato e narrato l’intera vicenda, usando le parole.
Bepi Zanfron racconta con le immagini. Foto che fermano l’attimo e inchiodano la notizia. Foto così, che fissano non solo i contorni, le luci, le ombre, ma l’anima stessa.
Zanfron è fra i primi ad arrivare da Belluno, dove lavora nel suo studio con la sorella Silvia. Giunge nel nulla che era Longarone, alle 23. La frana è venuta giù alle 22:39, appena venti minuti prima.
E scatta, Bepi.
Le sue immagini faranno il giro del mondo. Le sue foto non sono di quelle che violentano il dolore, per ricavarne il massimo profitto. Da queste figure, trasuda il massimo rispetto di un uomo che non ricerca la “bella foto”, ma la concretezza.
E scatta, Bepi.
Fissa, ma non solo la catastrofe: anche il prima. Sì, perché c’era, un prima: un momento in cui la gente viveva la propria vita. A Longarone, l’inaugurazione della Mostra del Gelato, le manifestazioni sportive, i matrimoni, le vedute panoramiche; a Erto e Casso, la vita contadina, la Processione del Venerdì Santo, i ponticelli che traversavano la gola, con il torrente Vajont sul fondo. E poi la costruzione della diga: il cemento che viene su, la festa di Santa Barbara, le prove di invaso. E i paesaggi, col Toc che sembra un Eden, un Paradiso Terrestre che scatenerà poi un inferno.
E sono proprio queste le immagini a dare le proporzioni della frana: vedi la latteria, i boschi, le case, il dolce pendio con i pascoli. E dopo poche pagine, un mondo stravolto. La frana immensa, l’enorme cicatrice rimasta dove prima c’era mezza montagna con la sua vita. E la piana, giù nel letto del Piave, attraversata da uomini che sembrano formichine. Formichine in mezzo al nulla.
Se parli coi superstiti, ti diranno che il rumore di quella sera maledetta è una cosa che entra nelle ossa e non ti lascia più. Bepi riesce a far immaginare quel boato, con le sue mute immagini.
E finalmente il dopo: la ricostruzione, la vita che riprende. Emblematica l’immagine del primo giorno di scuola, il 17 Ottobre, dopo una settimana dalla tragedia: i bambini, pochi, i banchi vuoti, molti, e il nulla oltre la finestra...
E poi ancora le istituzioni, le inaugurazioni, i muri che vengon su, la Madonna mutilata della chiesa di Longarone, spazzata via dall’onda, ritrovata a Fossalta di Piave e restituita dopo sette mesi.
E gli anniversari, e il Presidente Pertini, il Papa Giovanni Paolo II e, ancora, le panoramiche a 35 anni dal disastro. C’è posto anche per le immagini del processo, tenutosi a L’Aquila.
Il racconto fotografico, che abbraccia il “prima, durante e dopo”, riesce a dare l’esatta dimensione della tragedia.

Mi scuso se mi sono dilungata troppo, ma tante volte ho fatto la strada fin lassù. Sempre, la diga appare all’improvviso, come un monumento a ciò che è successo, come se fosse un effetto e non la causa. Quando sei lassù, sopra la frana, se talmente piccolo che non riesci a far tuo ciò che vedi, non riesci ad abbracciarlo con la mente, perché è talmente enorme da sfuggirti. Le immagini di Zanfron riescono a cacciarti nella zucca quello che è successo lassù.
Altrimenti, devi salire a Casso e poi proseguire a piedi, su per il sentiero dopo il cimitero. Ti ritrovi con lo strapiombo davanti ai tuoi piedi: un orrido che ti gela il sangue nelle vene ti fa capire che finalmente, il Vajont ti è entrato nelle ossa e non lo dimentichi più.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    04 Gennaio, 2011
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ritornare bambina....

Dino Buzzati dipinge in questo libro, un mondo fantastico, il Bosco Vecchio, dove Geni abitano negli alberi, il vento Matteo è imprigionato in una caverna e una gazza ladra fa la guardia alla casa del Colonnello, proprietario del bosco.

E’ la storia di uno zio, il Colonnello appunto, che mi ricorda Scrooge di Dickens. Riceve in eredità il Bosco Vecchio, un bosco antico mai sfruttato, parte di una tenuta boschiva molto ampia, la cui maggior parte però è andata al nipote dodicenne Benvenuto, rimasto orfano e che vive in collegio. Il colonnello si rivela un uomo avido e senza scrupoli, pronto anche ad uccidere il ragazzo. L’impresa fortunatamente non riesce e quando Benvenuto si ammala gravemente, libera dal giogo con cui aveva costretto i Geni del Bosco Vecchio, pur che aiutino il bambino.

“Il segreto del Bosco Vecchio” è un libro che amo particolarmente, perché mi ritornano in mente i miei ricordi di bambina quando anch’io, cresciuta ai margini di un bosco, rimanevo interi pomeriggi ad ascoltare le storie degli alberi.
Per chi, come me, ama i paesaggi silvani, questo libro è una piccola chicca da gustare in un momento di relax.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    02 Gennaio, 2011
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un ottimo, scanzonato libro

Mi sono imbattuta in questo romanzo attirata dal titolo. Ad ogni temporale, mia nonna invocava Santa Barbara che “tenesse lontani tuoni e saette”. Proprio questo ricordo, affacciatosi mentre prendevo in mano il libro, mi ha convita ad acquistarlo. E ho fatto bene! Un libro leggero per i contenuti, ma non tanto per la lunghezza (380 pagine!!!), che si leggono però tutto d’un fiato.

Siamo a Bahaia, in Brasile, dove una statua di Santa Barbara arriva da un villaggio per un’esposizione di arte sacra. Si tratta di una figura particolare, in quanto la Santa è raffigurata con un mazzetto di fulmini in mano (come Yansa, signora dell’uragano e della guerra), invece che con la classica palma. Al suo arrivo al porto, la statua prende vita, assumendo l’aspetto di Yansa e decide di andarsene in giro per la città, raddrizzando qualche torto e prendendosi le sue giuste soddisfazioni.
Il romanzo prosegue mostrando il punto di vista dei vari personaggi, creando un intreccio frizzante e mai noioso, con accenni di gioioso erotismo, senza alcuna volgarità.

Un ottimo libro, forse a volte un po’ difficile se non si ha dimestichezza con gli orixà, le ebomins e i riti pagani della cultra afro-brasiliana che si fondono col cristianesimo, dando vita al Candomblè. Ci sono però note a fondo pagina, che aiutano molto.
L’autore dichiara, nella brevissima prefazione, che scrivendo si è divertito: anche se non l’avesse esplicitamente detto, lo si sarebbe comunque capito fin dalla prima pagina…

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    01 Gennaio, 2011
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Vestivamo alla marinara

In Italia, credo che l’unica rappresentante dell’aristocrazia industriale sia la famiglia Agnelli. Questo non solo per la ricchezza, ma soprattutto per il loro stile di vita. Susanna, Suni, ce lo rivela, narrando la sua vita fino al matrimonio. E si scopre che i bambini Agnelli, quello che lasciavano sul piatto, se lo ritrovavano al pasto successivo, che erano seguiti da un’istitutrice inglese e che i contatti con gli “augusti” genitori avvenivano di rado poiché i figli li “annoiavano”.
Siamo in pieno fascismo, Galeazzo è di casa e Susanna Agnelli descrive uno spaccato che è anche storia di’Italia: il suo ingresso nella Croce Rossa, l’istituzione di un servizio di ambulanze durante l’avanzata degli Alleati, la fine del fascismo.
Lo stile pulito e scorrevole può far credere ad un romanzo, invece Suni racconta cosa vuol dire avere un nonno chiamato “il Senatore”, capace di togliere i figli alla nuora alla morte del padre di Susanna, così come aveva fatto con la figlia alla morte del genero, in una Torino popolata di nobili, istitutrici inglesi e balie.

In un’intervista ad Enzo Biagi, Suni disse che quando aveva dato il manoscritto al fratello Gianni, l’”Avvocato”, per avere un suo parere, questi era convinto che non l’avrebbe letto nessuno. Invece diventa un best-seller tradotto in molte lingue ed entrato nelle aule scolastiche: ricordo infatti, che c’erano alcune parti tratte da “Vestivamo alla marinara” nel mio libro di letture delle elementari.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    31 Dicembre, 2010
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ottimo libro da cui è stato tratto un altrettanto

Devo dire innanzitutto che il film è COMPLETAMENTE diverso dal libro. Non solo per gli episodi, ma nelle caratterizzazioni dei personaggi stessi. Inoltre nel film prevale un senso di purezza e innocenza che circonda il protagonista, Forrest Gump. Nel libro invece si nota una sottile ironia e la consapevolezza di avere un quoziente d’intelligenza piuttosto basso. Se nel film il tema ricorrente è “stupido è chi lo stupido fa”, nel libro dice di sé stesso:” Non sono stupido, solo idiota.”

Ho iniziato questo commento facendo il paragone col bellissimo (almeno per me) film, in quanto presumo che quasi tutti lo conoscano. Molto probabilmente però, non si può dire la stessa cosa del libro. Come dicevo, è la consapevolezza di “essere un idiota” che rende il protagonista aperto e schietto come solo un bambino può essere. E proprio con questa sincerità Forrest, dagli anni Cinquanta agli Ottanta, diventa asso del football, un eroe della guerra in Vietnam, un campione di ping pong, di lotta, un musicista... Sempre cade, ma sempre si rialza, facendosi “trasportare dalla corrente”. Divertente la scena con Raquel Welch nuda, Forrest vestito da mostro della palude e l’orango maschio Sue che cercano un negozio di vestiti per l’attrice in costume adamitico, in piena Rodeo Drive...
Per quanto riguarda gli altri personaggi, non hanno lo spessore di quelli del film. La madre ad esempio, è piuttosto incline al pianto e seguita a torcersi le mani, ben diversa dalla battagliera donna del film. In questo modo viene esaltata la personalità del protagonista, il quale avrebbe anche le idee chiare, ma non riesce ad esprimerle e quando cerca di “...parlare o scrivere viene sempre fuori un gran casino...”.

E’ una lettura piacevole, che sa fare compagnia e che dimostra come la filosofia dell’ “afferrare le occasioni” possa portare a grandi cambiamenti, ma anche a dolorose cadute. L’importante è non arrendersi mai.

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Salute e Benessere
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    29 Dicembre, 2010
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libro tecnico

Questo libro non ha nulla a che vedere con i precedenti di Carmen. Negli altri titoli (penare positivo, dai che ce la fai...), venivano indicati dei metodi per cambiare la propria visione delle cose (vita privata, aspetto fisico, lavoro): davano suggerimenti su come iniziare a pensare in positivo. In questo ultimo libro di Carmen (uscito postumo), si dà la precedenza ai meccanismi e alla spiegazione del funzionamento della mente. E' un libro molto tecnico. Nella prima parte si cerca di dare una definizione alla parola felicità, mentre nella seconda parte si sviluppano spiegazioni più approfondite dei complessi meccanismi che usa la mente per arrivare all'obiettivo "felicità". Cimentarsi nella lettura senza un minimo di preparazione, può essere frustrante: il titolo è accattivante, e può indurre a pensare che si tratti di un testo più leggero. Credo che consiglieri questo testo a chi è già entrato in contatto con tecniche di benessere psicofisico.

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Storia e biografie
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    29 Dicembre, 2010
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un dolce messaggio alla proprio amata

In questo libro non ci sono le interviste ai grandi del mondo, a cui ci aveva abituati Enzo Biagi. Qui si trova una lunga lettera all’amata moglie Lucia. Si ripercorrono sessantadue anni di amore discreto, una rievocazione dei quel sentimento alla luce dei sogni dei giovani Enzo e Lucia. E si rivivono i piccoli e grandi incontri che hanno fatto di Enzo Biagi uno dei più grandi giornalisti dei nostri tempi: l’amicizia con Fellini, l’avventura in RAI, l’incontro con Rizzoli, le grandi interviste, l’editto bulgaro”… Per la prima volta traspare ciò che c’è dietro ad una esistenza tanto vissuta: l’appoggio e l’”esserci” della sua compagna di vita, a cui è scritta questa lettera.
Lo stile pulito, l’assenza di volgarità, a tratti al sottile ironia e, soprattutto, il rigore morale e la fedeltà ai fatti, sono alla base del giornalismo di BIagi e rendono questo libro adatto a tutte le fasce di età.

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le grandi interviste di Enzo Biagi
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    29 Dicembre, 2010
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la vita di un disabile è spesso imprudente...o la

Con questo libro, si viene catapultati in un mondo meravigliosamente “diverso”. Si tratta dell’autobiografia di Claudio Imprudente: presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, ideatore del progetto Calamaio, scrittore, giornalista e direttore della rivista “HP -accaparlante” e uno dei fondatori di Maranà-tha, una comunità di famiglie per l’accoglienza. MA Claudio ha una particolarità: non è in grado di parlare o scrivere al computer. Tuttavia è in grado di dettare e comunicare. E lo fa eccome! Con una tavoletta di plexiglass con lettere appicicate sopra e l’aiuto di collaboratori che danno voce ai suoi sguardi, Claudio tiene convegni, conferenze, incontra bambini della scuola dell’infanzia e delle elementari, gioca coi ragazzi delle superiori, dialoga coi genitori e con gli insegnanti, esempio vivente di una cultura dove la persona è in primo piano, a dispetto delle difficoltà. E riesce a fare tutto questo nonostante ciò che i medici dicevano ai suoi genitori: “Vostro figlio sarà un vegetale”. Proprio la sua straordinaria famiglia decide che, se proprio questo figlio deve essere un vegetale, allora sarà un “geranio” e lo coltivano con cura e amore. La fiducia riversata su questo ragazzo, sboccerà nei progetti e nei lavori iniziati e portati avanti da Claudio. Coinvolge amici, collaboratori, istituzioni, fino ad arrivare al Presidente Ciampi, in un turbine di iniziative volte a rendere questo mondo più abitabile per tutti.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    29 Dicembre, 2010
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una capanna di poesie....

Libro adatto per un intermezzo poetico. Una delicata storia d’amore, racchiusa in rotoli ingialliti dal tempo, nascosti in una capanna nel bosco. In quei fogli, Sirio, vecchio marinaio e uomo solitario, affida l’amore per Serena, una dolce ragazza dalla vita troppo breve. Le narrerà storie fantastiche, di ragni acrobati, lumache da corsa e pesci parlanti e lei ricambierà coi suoi dolci sorrisi al di là della siepe, scaldandogli il cuore e rendendo meno solitaria la sua vita.

Pagine impregnate di poesia, che il lettore attraversa come in un dolce sogno, cullato dai versi del poeta- marinaio: “Sorridi. La vita è come una siepe fiorita in una foresta di solitudine dove le foglie sono speranze, i fiori sogni, le spine i giorni tristi della vita. Sorridi. Perché le spine, una alla volta, cadranno e la siepe fiorirà ancora a primavera”.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    29 Dicembre, 2010
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faccio un salto al bar...

Ritorna Benni con un’altra descrizione del Bar Sport, stavolta però negli anni 2000. E’ una mescolanza di personaggi vecchi, come i tipici baristi rudi, di nuovi come il Diditì, ovvero il Drogato Da Telefonino, e altri che si sono evoluti, come il “neotecnico” da bar. L’ambiente è quello del bar, ma anche qui ci sono cambiamenti: se la toilette è sempre irraggiungibile, la discendente della Luisona è la Palugona, torta tipica di Monzurlo che “a contatto con la saliva, si densifica in una melassa di calcestruzzo…”
Anche in questo secondo volume, l’autore è riuscito a carpire gli aspetti più significativi dell’ “universo bar” e li espone in maniera dissacrante: ricordate i primi “drogati da telefonino”? Quelli, per intenderci, che impazzivano se non c’era campo? Beh, il capitolo dedicato a loro è assolutamente fedele e riporta perfino degli esempi di conversazioni che io stessa ho sentito in più di un’occasione! E la prima edizione è del 1997! Anche i saluti degli avventori che frequentano il Bar Fico sono comuni a tutt’oggi.
Lo stile, la suddivisione in brevi capitoletti e le descrizioni esilaranti rendono questo libro adatto ad un pubblico giovane, ma sono certa che chiunque si divertirà con le pagine del “Bar Sport Duemila”.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    21 Dicembre, 2010
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bar così purtroppo se ne trovano sempre meno

Spassosissima e meticolosa descrizione del Bar Sport. Per chi, come me, ha un preciso ricordo dei bar anni 70-80, troverà che i locali erano proprio come descritto nel libro: la pasta Luisona, il telefono a gettoni nell’angolo più scomodo, e la fauna degli avventori! In tutti i bar che si rispettino c’era sempre il vecchietto, o il tuttofare, o l’”esperto”, chiamato anche “tennico”. Rileggere questo libro mi ha portata indietro negli anni e, anche se ero solo una bambina, i miei ricordi sono chiarissimi ed esattamente descritti dall’autore. Memorabile la descrizione del “Bonivelli-tuttofare”, che lavora alacremente dal lunedì al venerdì alle otto, e che poi si “beve” tutto quello che aveva guadagnato durante la settimana. Per tre giorni nulla poteva smuoverlo, tranne un allagamento che minaccia di annacquare il vino nella cantina di casa Lasagna.
Più che un libro, sembra un documentario: Benni si sofferma su ogni singola componente del tipico Bar Sport, cogliendone l’essenza e dando vita ad un divertentissimo teatrino che mostra uno spaccato della vita nei paesetti di provincia. I divertimenti come il flipper, il calcio balilla o il biliardo fanno oggi sorridere per la loro semplicità, abituati come siamo a vedere il divertimento solo in cose costose o addirittura pericolose. Vedendo certi atteggiamenti di taluni moderni “giovinastri”, mi vien da pensare che, se da piccoli si fossero mangiati una Luisona o si fossero pappati una bella manciata di Boeri, forse oggi avrebbero un po’ più di buon senso e si divertirebbero con molto meno.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    21 Dicembre, 2010
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terzo e ultimo volume

Terzo e ultimo libro della serie “Queste oscure materie”. Finale all’altezza dei volumi precedenti.
Lyra e Will, provenienti da mondi diversi, arrivano a scoprire la natura della Polvere, discendendo fino agli inferi e combattendo contro il Reggente, un tempo conosciuto come Enoch, discendente di Adamo. Il Reggente aveva confinato l’Autorità soggiogandolo e prendendone di fatto il potere, ora minacciato dalla profezia che vedeva Will e Lyra i distruttori dell’Autorità stessa. Durante la lotta col Reggente, il sacrificio di Lord Asriel e della signora Coulter, permetteranno ai ragazzi di compiere il loro destino. Will e Lyra si potranno poi riposare in una sorta di Eden: il mondo dei Mulefa, creature sagge e gentili che avevano accettato nella loro comunità la professoressa Malone. Sarà proprio lei, il “serpente tentatore” che farà di Will e Lyra dei novelli Adamo ed Eva, permettendo così al flusso della Polvere di invertirsi e di ricominciare a riportare le cose alla normalità.
In questo volume, l’autore dichiara guerra nientemeno che a Dio stesso. Il libero arbitrio è il fulcro del terzo romanzo, con la chiara rievocazione dell’ Eden e del passaggio all’età adulta, non più visto come innocenza perduta, ma come inizio di qualcosa di più grande.
Come per i precedenti, i colpi di scena si susseguono senza tregua, lasciando il lettore senza fiato, ma pienamente soddisfatto, sia dal punto di vista dell’azione, sia per gli spunti filosofici che offre.

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La bussola d'oro, La lama sottile
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    21 Dicembre, 2010
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secondo volume

Nel secondo libro della trilogia “Queste oscure materie”, di Pullman, entra in scena il secondo protagonista della saga: Will Parry. Il mondo di Will è il nostro, dove non esistono streghe od Orsi Corazzati, e il daimon è “dentro” alle persone e viene chiamato “coscienza”. Will ha una madre di cui deve occuparsi costantemente perché cade spesso in uno “stato confusionale”. Si trova costretto ad affidarla ad una sua ex insegnante di piano, quando si rende conto che non tutti i nemici della madre sono immaginari. Recupera una cartella appartenuta al padre scomparso molto tempo prima, e si reca ad Oxford. Grazie ad una gattina, scopre una “finestra” aperta su un altro mondo. La oltrepassa e qui incontra Lyra. Assieme alla ragazzina, entra in possesso di un coltello, la Lama Sottile, capace di aprire dei passaggi in mondi diversi. Salteranno da un mondo all’altro, aiutati dalla professoressa Malone, studiosa nel campo della coscienza e dell’ipotesi dell’esistenza di altri mondi, sempre alla ricerca della misteriosa origine della Polvere.
La traccia filosofica anche in questo secondo libro, è molto marcata, riproponendo temi come la manipolazione della coscienza e l’esistenza di mondi alternativi paralleli al nostro. L’avventura, anche in questa seconda parte, è coinvolgente, ricca di situazioni per niente scontate.

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La bussola d'oro
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    21 Dicembre, 2010
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primo volume

Questo è il primo libro di una trilogia fantastica. La protagonista Lyra vive al Jordan College di Oxford, in Inghilterra. MA il suo mondo è diverso dal nostro, pur essendo geograficamente simile. Al Polo Nord vivono gli Orsi Corazzati e le streghe, di cui Lyra diventerà amica. Le persone stesse sono diverse: ognuno infatti ha un daimon, una parte di sé di sesso opposto al proprio. E il legame dei daimon col proprio umano è parte degli esperimenti di Lord Asriel, zio di Lyra. Ricercatore e uomo senza scrupoli, sta compiendo studi su una misteriosa Polvere che cade dall’aurora boreale. A questo si aggiunga la misteriosa sparizione di bambini, il cui unico indizio è un’affascinante signora il cui daimon è una scimmia dal pelo dorato. A guidare Lyra alla ricerca di un suo amico rapito e alla verità che si cela dietro, è uno strumento, una bussola d’oro, che risponde tramite simboli da interpretare, alle domande poste dalla ragazzina.
Un romanzo avvincente, con chiari riferimenti filosofici (vedi il daimon di origine socratica), che sa catturare il lettore trascinandolo in un’avventura ricca di colpi di scena.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    08 Dicembre, 2010
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Romanzo ameno

Premetto che adoro Guareschi, il suo stile pulito, senza tanti paroloni e, soprattutto, senza alcuna volgarità.
Una tipica commedia all’italiana, fatta di equivoci, rocambolesche avventure e tanta, tanta ironia.
La lettura scorre rapida, con alcune “intromissioni” e divagazioni dell’autore, perfettamente incastonate nella storia. Lo zio Casimiro Wonder, impone alla nipote Carlotta di sposarsi entro quarantotto ore, altrimenti diserederà tutta la famiglia. Messa alle strette, la ragazza trascina il giovane artigiano, loro vicino di casa da sempre innamorato della fanciulla, al cospetto dello zio. Il terribile figuro approva. Si ritrovano così sposati, però la famiglia, altolocata e snob, ma senza un soldo, decide che bisogna mandarlo in collegio ad imparare le buone maniere… Da qui parte un intreccio esilarante, dove si incontrano truffatori, si assistono a rapimenti, sparatorie coi finanzieri, fughe collegiali. Il tutto condito dall’insuperabile ironia e leggerezza di Guareschi “…-Carlotta! Sola nella stanza di un uomo? -Non temere mamma, non è un uomo, è mio marito.”

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le opere di Guareschi (Don Camillo, Candido, Alla scoperta di Milano...)
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    08 Dicembre, 2010
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l'orrore dell'olocausto visto con gli occhi di un

L’ennesimo libro sull’Olocausto… ma stavolta c’è qualcosa di diverso. Sono i ricordi di un bambino. E i ricordi di un bambino sono frammentari, senza un ordine preciso o temporale. E sono ricordi terrificanti. Binjamin, ormai cinquantenne, cerca di mettere in ordine questi ricordi, a dar loro un senso. Gli è stata imposta un’identità, ma lui non conosce il suo nome, i suoi genitori o la sua data di nascita. E gli viene ordinato di dimenticare, “ … come si dimentica un brutto sogno…” Ma questo brutto sogno è la sua vita: l’infanzia nei lager prima e nell’ orfanotrofio poi. Deve imparare a vivere ora in pace, e lui invece conosce solo le regole per sopravvivere nei lager: arraffare tutto il cibo disponibile, nasconderlo, sorvegliarlo. E ogni novità è per lui un riaffiorare di ricordi tremendi, come quando in Svizzera, adottato da una famiglia, crede che lo skilift sia un forno crematorio, perché vede i bambini entrarci e non tornare più indietro.
Ho letto Anne Frank, Primo Levi, e tanti altri libri sulla Shoà, ma erano scritti da persone consapevoli che quella in atto era una guerra: qui invece c’è un bambino che ignora cosa stia succedendo, che crede che il mondo oltre il recinto non esiste e che considera il lager la sua casa. Binjamin non sa che la guerra è finita e lo scopre solo al Ginnasio, durante l’ora di storia. E si rende conto di essersi “perso la propria liberazione”.
Lo stile riporta questi frammenti di ricordi, così come l’autore li ricorda. Le descrizioni, fredde, chiare, spietate, colpiscono allo stomaco proprio perché narrate in prima persona da un bambino.

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Anne Frank, Primo Levi e chiunque abbia vissuto i lager...
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Romanzi storici
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    04 Dicembre, 2010
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un libro per pensare

Ho incontrato questo libro quasi per caso. L'ho distrattamente raccolto mentre mi avviavo verso la cassa della libreria, attirata forse più dalla copertina che dal frontespizio. Una volta a casa, ci ho messo molto prima di iniziare a leggerlo. Quando ho girato l'ultima pagina, ero e sono tutt'ora profondamente convinta che sia un testo da consigliare specialmente ai ragazzi, già dalla scuola media.
In questo libro, si racconta di un testo arabo che giunge nelle mani di Dante Alighieri. Questo manoscritto narra l'ascesa notturna di Maometto al Settimo Cielo. La lettura di questo testo e il sogno di Dante quella stessa notte, gettano le basi per la stesura della Divina Commedia.
La parte che narra il viaggio di Maometto è la traduzione integrale dall'arabo in italiano del testo del VII secolo, redatto da un nipote del Profeta. La seconda parte è romanzo: l'incontro di Dante con l'arcangelo Gabriele, il suo rispondere alle domande del poeta e il sogno del suo peregrinare attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Nasce così la Divina Commedia, frutto di questa integrazione col mondo dell'Islam.
Consiglio fortemente questo testo, perché mette in luce non le diversità, ma bensì i punti in comune fra Cristianesimo e Islam. Una panoramica che avvicina e fa riflettere perché "... solo con l'amore, il dialogo e il rispetto si chiariscono le idee, si purificano gli animi e si abbattono le barriere e i pregiudizi che dividono i cuori".

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    04 Dicembre, 2010
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un piccolo libro di un grande autore

Ecco un'idea intelligente (ed economica), da fare a Natale.
Si tratta di una serie di racconti che ha come tema il "vivere la Natività". Il libro si divide in due parti: "Natali di guerra" e "Natali vecchi, Natali nuovi".

Nei racconti pervade la scrittura di Mario Rigoni Stern, capace di intrecciare vicende umane vissute nello scenario disastrato della guerra, con racconti attuali. Senza sembrare bigotto, riesce a trasmettere l'integrità morale e i valori che l'autore porta con sé. E' tuttavia disilluso quando si chiede "E' questa la realtà?", dopo che quattro moto da cross l'hanno quasi travolto mentre sciava nel bosco.
Sono racconti di vita vissuta, che un po' lasciano l'amaro in bocca, soprattutto perché appare chiaro come il "progresso" abbia cancellato, o quantomeno accantonato, valori come la semplicità, il rispetto per gli altri e il calore umano.
Una piccola raccolta di un grande Rigoni Stern, che consiglio di leggere e di far leggere.

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Romanzi
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    04 Dicembre, 2010
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Deludente

E' libro leggero, che tratta di moda, ma anche di amicizia. La trama è piuttosto scontata: la protagonista deve scegliere tra un mondo frivolo (come la moda) e dispotico (come la capa), e i suoi affetti (fidanzato, amica del cuore e famiglia). Lo stile è piuttosto noioso (troppe descrizioni di dettagli alla moda: a volte sembra più un catalogo che un libro). Le descrizioni delle angherie della capa poi sono piuttosto inverosimili e alla fine stancano.
Leggere questo libro non dà nulla, fa solo passare il tempo se non hai nulla di meglio da fare. Non lo consiglierei, ma si potrebbe sempre regalarlo a Natale a qualcuno che non si ama particolarmente... Certo, qualcuno ha detto che servono anche i brutti libri per crescere, ma mi sa che non è questo il caso...

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Romanzi storici
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    04 Dicembre, 2010
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l'altra faccia della Resistenza

I romanzi d’amore non sono il mio forte. E questo è un romanzo d’amore, senza alcun dubbio. E non un amore nato durante la guerra, ma dopo, in tempi di pace. Tuttavia è proprio la guerra che getta le basi per questa storia.
Siamo nel ’56 e la morte del comandante partigiano Ottobre, il pediatra e primario Aldo Bassi, spinge suo figlio Marco, rimasto solo, verso la ricerca di chi fosse suo padre. Una lettera anonima ricevuta dopo l’assassinio del dottore, getta un’ombra sul passato del partigiano Ottobre. Marco inizia a contattare gli ex compagni del padre ed arriva a conoscere Carla, una giovane donna che è stata fascista durante quegli anni, quando lui era solo un bambino.
Si ripercorrono così le vicende di quell’ epoca, rivelando la parte oscura della Resistenza, fatta di torture, esecuzioni sommarie, fosse senza nome. Tante mezze verità compongono questo quadro, che in principio può essere avvincente, ma che a lungo andare farebbe perdere la pazienza ad un santo. In questo modo il lettore è obbligato a terminare il libro, dando sempre per scontata la fine. Ma la fine, tanto scontata non è…
La scrittura e lo stile fluidi rendono accessibili le descrizioni delle parti storiche, senza appesantirle.
Abituati come siamo a “mitizzare” tutto, anche la Resistenza rischia di diventare nient’altro che una parola vuota. Questo romanzo, al di là della storia d’amore, mostra appunto altri aspetti, più nascosti, più truci, più oscuri della Resistenza.
Il tradimento di “partigiani” corrotti nei confronti di Partigiani onesti è entrato anche nella nostra famiglia, rendendomi più partecipe agli aspetti storici di questo romanzo. In questo modo, almeno per me, la Resistenza assume un aspetto più “umano”, che la rende più vicina a chi non ha vissuto direttamente questo terribile periodo.

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Salute e Benessere
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    01 Dicembre, 2010
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un balsamo per l'anima

"... Da oggi, e ogni giorno più, io "miglioro, miglioro e miglioro": perché desidero che la mia vita abbia un senso, perché ho scelto un percorso esistenziale di serenità e amore, una disciplina di vita impostata sul positivo e sulla sintesi dei miei vari livelli, sull'armonia totale, sul silenzio, la felicità e il benessere interiore: in una parola, sulla pace..."
Nei libri precedenti di Carmen, si sentiva la forza dell'autrice, il suo carattere, il suo "dare la sveglia" con grinta e tenacia. In questo suo ultimo libro, ciò che pervade è una dolcezza che tocca il cuore. Anche in questo testo vengono descritte tecniche e modi per ottenere un buon rilassamento e un cambiamento della propria visione, ma stavolta il filo conduttore è la Pace nel Cuore. Tecnicamente il testo è suddiviso in tre parti: nella prima ci sono una serie di meditazioni con relativi messaggi (facilmente identificati da un riquadro grigio), mentre nella seconda parte ci sono veri e propri esercizi da eseguire sia da soli che in gruppo. Nella terza parte, si entra nella parte più intima dell'autrice, con racconti di vita vissuta che inducono a riflettere sul vero significato della parola pace. Il libro poi è sottolineato da tavole di Gisella Meo, sorella dell'autrice.
E' un libro che consiglio a tutti, è un vero e proprio balsamo per l'anima.

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a chi vuole scoprire un altro modo per pensare positivo...
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Classici
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    30 Novembre, 2010
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cara libertà...

Nel mio libro di lettura delle elementari, c’erano delle parti tratte da questo libro. Forse perché è stato il mio periodo più spensierato e sereno, dentro di me associo “Il gabbiano Jonathan Livingston” alla più pura espressione della parola “libertà”. Una volta adulta (e con prole), l’ho voluto cercare per ritrovare un pochino di quella spensieratezza… e non mi ha delusa!
Nella colonia di gabbiani, dove il volo è solo un mezzo per procurarsi cibo, Jonathan vuole perfezionarlo sempre più, fino a farlo diventare un’opera d’arte. E come quegli artigiani che cesellano finemente anche il più umile dei calici, facendolo diventare un’eccellenza, così Jonathan si allena, prova, tra fallimenti e successi, a creare il volo perfetto.
Ti trascina così nella sua ricerca della gioia pura, data dal cercare di fare bene ciò che dà libertà al proprio cuore.

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non so perché, ma mi viene da associare questo libro con "L'Alchimista"...
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Romanzi
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    30 Novembre, 2010
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squisito, un libro da "leccarsi gli occhi"

Con molto piacere, ho visto il film tratto da questo romanzo. Naturalmente non poteva essere "assolutamente" fedele al libro, tuttavia ha mantenuto lo spirito e la leggerezza di quest ultimo.
Si narra di Vianne Rocher e sua figlia Anouk, e del loro arrivo in un villaggio della Francia. La loro comparsa porta scompiglio nel piccolo bigotto paesino, specialmente quando Vianne apre una cioccolateria proprio durante la Quaresima. Si intrecciano così le vite di madre e figlia con Josephine Muscat, la quale trova la forza di ribellarsi al marito violento e diventa amica e aiutante di Vianne, Armand, padrona di casa che ama fare di testa sua, lo zingaro Roux, che entrerà nel cuore di Vianne. Ovviamente non mancano gli antagonisti: Caroline, figlia di Armand, testarda quanto la madre, ma con un carattere freddo e altero, e Reynaud, il curato del paese, intransigente e severo, troppo preso dalla sua missione di redenzione per accorgersi della sua umana fragilità.
L'intero romanzo è scritto in prima persona, sia da Vianne che dal curato. Si viene così a creare un dualismo che permette di vedere entrambe le prospettive dei due rivali. Le parti di Vianne sono percorse dal vento, che l' ha sospinta per tutta la sua vita, fino ad arrivare a Lansquenet, mentre Reynoud dialoga (ma più che un dialogo è un monologo, in quanto non ottiene mai alcuna risposta), col padre, curato prima di lui.
E' una storia molto briosa, che dura tutta una Quaresima, ma che descrive molto bene l'accoglienza che un piccolo paesino riserva alla novità e alla libertà, soprattutto di pensiero.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    28 Novembre, 2010
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bello

La storia non è male, per lo meno non è la solita tiritera sui vampiri... La descrizione della solitudine del personaggio è fatta molto bene, tanto che quando chiama il cane per farlo avvicinare, ci si è abituati al silenzio e dà quasi fastidio, anche se stai solo leggendo. Bello anche il finale: induce a chiedersi chi siano veramente gli "altri". Non ho visto il film e non credo che lo farò: il libro mi ha soddisfatta e non vorrei farmi influenzare dal punto di vista del regista.
Lo stile è scorrevole, anche se i flashback a volte possono creare un po' di confusione e costringere a rileggere le parti precedenti per capire dove si è arrivati. Bella la storia, angosciante (essere l'ultimo uomo sulla terra e per di più assediato da vampiri, non deve essere un'esperienza molto piacevole... ) . Coinvolge e ti lascia un senso di sospensione, simile a quello che provo quando leggo Allan Poe.

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Racconti
 
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4.3
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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    28 Novembre, 2010
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l'ironia di un padre con due figli "venuti male"

Un giorno mi trovavo in libreria. Dopo aver girovagato per un bel po' fra gli scaffali, mi accorgo che è tardissimo! allungo il passo verso l'uscita e l'occhio mi cade su questo libricino "Dove mi porti, papà?". Do un'occhiata al frontespizio: ..."Matheiu e Thomas, figli "venuti male", nati a qualche anno di distanza l'uno dall'altro, ma incapaci di crescere, muoversi, comunicare come tutti gli altri..."
Che faccio? sembra interessante... accidenti si fa tardi! il prezzo quant'è? 15 EURI!!! però!!?? vabbé dai, lo prendo...
... e me ne innamoro...
L'autore è un umorista francese che parla per la prima volta dei suoi figli: Matheiu e Thomas, affetti da ritardo mentale e fisico. Li descrive con brevi paragrafi, piccoli aneddoti e riflessioni sulla loro vita. A tratti sembra impietoso (..."Ho pensato che, quando fossero stati abbastanza grandi, avrei regalato a ognuno un grande rasoio affilato. Li avrei chiusi a chiave nella stanza da bagno, lasciandoli soli a sbrigarsela con i loro rasoi. Quando non avessi più sentito le loro vocette, sarei entrato a pulire tutto con uno strofinaccio."), ma capace di un'umanità e di un amore fuori del comune (..."Uccellini miei, m'intristisco quando penso che non conoscerete mai il sentimento che mi ha regalato molti dei momenti più belli della mia vita...).
E' un libro che sa regalare emozioni. Lo stile spigliato, con l'ironia sempre presente anche quando magari sembra stonare, l'impaginazione che favorisce la lettura veloce, ha fatto si che questo libro abbia trovato un posticino speciale nella mia libreria.

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    28 Novembre, 2010
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un "documanzo"

un incrocio fra un documentario e un romanzo: infatti non ha un personaggio definito, ma parla della gente in genere, di come sopravvivrebbe senza più petrolio e senza le comodità a cui siamo abituati. Fa una panoramica in generale, senza soffermarsi su nessuno in particolare. Da questo punto di vista sembra un documentario di Quark, quelli su popolazioni tribali per intenderci... Descrive un ritorno alla semplicità, associata NON al benessere psicofisico (come viene definita in questi tempi), ma alla pura sopravvivenza. Gli ingredienti della vita diventano solo cibo, acqua, fuoco e un riparo. L'arte di "far coe man" diventa basilare e l'arte di arrangiarsi e di accontentarsi stravolge la lista di ciò che prima era "assolutamente" necessario (telefonino dell'ultima generazione, macchina con motori sempre più potenti, case immense con almeno 4 bagni...).
Lo stile è scorrevole, anche se in alcuni tratti un pochino ripetivo. La NON presenza di un personaggio in particolare, fa si che l'attenzione di focalizzi sulla descrizione della situazione, non tanto sulle azioni o sulle parole. Da leggere, magari con figli (che hanno tutto) e con nonni ( che magari non hanno avuto nulla e se ne ricordano).

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barbara78E Opinione inserita da barbara78E    25 Novembre, 2010
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ho passato del tempo in compagnia di un buon libro

Avevo preso questo libro solo per avere un po' di compagnia. Credevo fosse un romanzo "leggero", invece mi sono ritrovata con la storia della fine di una civiltà.
Si narra di Sachi, una bambina dall'aspetto insolito, diversa da tutti gli altri abitanti del villaggio, che infrange le regole e osa alzare lo sguardo sul palanchino reale durante il suo passaggio. La principessa, sposa dello shogun, la nota e decide di portarla al palazzo reale ad Edo. Sachi viene così educata secondo le ferree regole della corte. A quindici anni viene scelta per diventare concubina. Passano solo una notte assieme: lo shogun deve partire a causa della guerra civile in atto in tutto il Paese. L'ultima concubina darà prova del suo coraggio e della sua lealtà ad un mondo che sta scomparendo, svelando il mistero che circonda la sua nascita.
"...Forse siamo vestigia di un tempo passato, ma siamo anche delle sopravvissute. Ci siamo ricavate un posto in questo mondo." Così la principessa, moglie dello shogun, saluta Sachi, una volta finita la guerra. La fine di un'epoca, di un mondo è sempre dolorosa, ancor più se cruenta. Tuttavia, chi rimane e riesce a prendere consapevolezza dei cambiamenti può definirsi, senza dubbio, un "sopravvissuto".
Una bella storia, scritta in modo fluido. L'unica difficoltà la si può riscontrare nel ricordare i tanti nomi, sia dei personaggi che dei luoghi: il giapponese potrebbe non essere una lingua molto facile...

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