Opinione scritta da nik87
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Un classico che non parla di classiche cose
Moll Flanders è lo pseudonimo di una famosa ladra d’Inghilterra, ma è anche quello di una gentildonna, di una moglie, di un’amante, di una baldracca, di un’incestuosa, di un’arrampicatrice sociale, di una peccatrice e di una penitente.
Questo romanzo narra la vita di una donna che incarna tutti questi attributi. Ma non lasciatevi ingannare dalle oscene espressioni che ho usato per descriverla. Non c’è niente in quello che ci racconta l’ormai saggia e anziana Moll che si avvicini anche solo minimamente all’indecenza. La protagonista ci rivela la propria vita dalla tenera età di quattro anni e quella veneranda di settanta, e l’unico elemento che tralascia in questa storia è il suo vero nome. Per una donna del XVIII secolo Moll è forse un’eccezione; caparbia, intelligente e calcolatrice cercherà per tutta la vita il benessere economico. E questo arriverà ma in cambio di una vita vissuta nella disonestà, votata al ladrocinio e all’inganno. Verso la fine dei suoi giorni Moll ripercorrerà tutta la sua vita cercando il pentimento per un’ esistenza tanto dissoluta.
Un romanzo classico che non racconta le classiche cose. C’è chi dice che Defoe l’abbia scritto per far conoscere le dure condizioni degli inglesi in quegli anni; chi per l’intento moraleggiante che fa da cornice all’opera; e chi invece parla di uno scopo prettamente economico. Non importa! Il romanzo è bello e vale davvero la pena leggerlo.
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Un libro per capire
Libro intenso e molto scorrevole nella lettura. La storia viene raccontata in prima persona da Shikò: le sue origini, i suoi trascorsi (duri e crudi), le speranze future. In concomitanza col suo racconto si hanno i commenti di padre Kizito che spiega da un punto di vista esterno il mondo degli "street children" e l'ambiente che li circonda, riportando altre storie di famiglie e bambini d'Africa. È un libro che mostra la degradazione umana allo stato puro con un linguaggio che non sottintende nulla: le vittime sono bambini dai quattro ai quindici anni, orfani o scappati di casa, che cercano un pò di consolazione per strada, tra bambini come loro. Ma, al contrario delle loro aspettative, ciò che li attende sono la galera, le violenze, le torture. Unico mezzo per sfuggire a tutta questa sopraffazione è la droga: fumano, sniffano, si bucano. Per alcuni, come Shikò, qualcuno tende loro una mano amica e li mette in salvo. Per altri l'unica via d'uscita è la morte.
Penso che un paragrafo molto significativo, che racchiude il pensiero di vita di tutti gli street children sia questo: "La strada è stata la mia vita. Che strano effetto ripensarci... Solo ora mi pare che i ricordi servano a qualcosa. A quel tempo mi appariva tutto così normale. Una strada come le altre, una prigione come le altre, una vita come le altre. Banale, scontata, inevitabile. La vita, come anche la morte. Non che valesse molto la nostra esistenza di allora. Un oggi attaccato a un altro oggi e ancora a un altro oggi... Il giorno, la notte, e la lotta per sopravvivere all'uno e all'altra".
Dalla lettura di questo libro-documento sono fluite un sacco di emozioni e riflessioni, impossibili da trascrivere. Leggetelo per capire cosa intendo.
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Una prima opera avvincente
Ero scettica all'inizio. L'avevo visto mesi fa riposto su uno scaffale dell'Auchan insieme ad una miriade di altre nuove pubblicazioni, tutte scenograficamente suggestive ma identiche! La copertina si sa è uno dei primi elementi che segna il legame tra lettore e libro, ma vederli tutti così belli e ordinati mi ha fatto presagire il vuoto contenutistico di ciascuno.
Venerdì scorso invece la fogorazione: ero in biblioteca e il libro, posato sul carrello che l'avrebbe riportato al suo posto, mi ha chiamata!! Vi è mai capitato? A me è la seconda volta. Girare lo sguardo verso un punto, venire catturati da un libro, e volerlo a tutti i costi. Portato a casa l'ho divorato in tre giorni. Trama appassionante e intricata, personaggi che svelano la loro identità, il loro passato e i loro obiettivi poco per volta, suscitando maggior desiderio nella prosecuzione del romanzo. La semplicità dello stile, dovuta alla freschezza dello scrittore, rende il tutto degno di essere letto ed amato come prima opera di un giovane autore di cui, io personalmente, aspetto le prossime opere per sincerarmi di un'ulteriore crescita narrativa.
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Ritrovamento archeologico!!
Brian Plender, uomo cinico e calcolatore, vuole fare strada nel suo mestiere, con ogni mezzo. Ma c'è un'altra cosa che vuole ad ogni costo: vendicarsi di Peter Knott, suo ex amico d'infanzia che nella vita avrebbe potuto avere tutto senza il minimo sforzo, e l'ha avuto. Plender, invece, è sempre stato un reietto, fin dalle scuole dove veniva preso in giro dai suoi compagni sotto lo sguardo compassionevole di Peter. Ma ora è diventato il più bravo e perverso investigatore privato del suo Movimento ed ha trovato il modo per incastrare Peter e rovinargli per sempre la vita: ricattarlo. La ragazza che si era portato a letto è morta accidentalmente ed ora Peter non sa cosa fare. Vorrebbe tornare al sicuro dalla moglie e dimenticare quella brutta storia, invece decide di occultare il cadavere e diventare inaspettatamente la pedina di gioco di Plender, che si insinuerà nella sua vita cercando di strappargli tutto ciò che possiede: casa, famiglia, lavoro.
La vicenda è narrata sia dal punto di vista di Plender che di Peter. I flashback dei due personaggi ripercorrono i momenti cruciali della loro adolescenza che segnano inesorabilmente la loro crescita e le loro azioni future.
Lo sfortunato autore, morto prematuramente e poco conosciuto in Italia, è riuscito a creare durante la mia lettura una sorta di ansia mista a curiosità, che mi ha tenuta letteralmente appiccicata a questo libro per due giorni interi. Ammetto che non sapevo per chi patteggiare all'inizio: Plender, il ragazzino snobbato dai coetanei perchè di bassa condizione sociale, poi diventato spietato ricattatore per chiudere il conto in sospeso, o Peter ricattato per i suoi esecrabili vizi ma succube di una vita preimpostata? Ad ognuno la propria scelta.
La bella scoperta però è stata quando, cercate in internet alcune informazioni su autore e libro, mi accorgo che in Italia è un volume più unico che raro! Ma allora perchè ce lo dovrei avere io mi chiedo? Ritornai con la memoria a un paio di anni fa quando vidi il volume (all'apparenza non un granchè) nella cantina di mia nonna, accatastato insieme a tutti i libri appartenuti a mia madre quando era ragazzina. Lo presi solo perchè non era malconcio e non meritava di finire vittima della perfida muffa! Quest'azione da crocerossina mi ha fatto rinvenire un'opera caduta in disgrazia ma che vi assicuro vale la pena leggere.
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UNA SPERANZA DI RIUSCITA C'ERA!
La storia parla di due ragazzine, Anna e Francesca, che sull'onda dell'adolescenza vivono le prime esperienze legate all'amore, al sesso e alla voglia di essere "grandi" in tutti i sensi. L'ambiente intorno a loro, però, non è poi così "grande": i palazzi popolari di Piombino, sui quali sovrasta la nera acciaieria, rappresentano uno scenario alquanto opprimente, che fa a pugni con la voglia di libertà e gioia delle due amiche. Intorno a loro ruotano i familiari e gli altri ragazzi e ragazze del quartiere con i loro problemi e le loro paranoie. Il tutto si mescola con la costante e massiccia onnipresenza dell' acciaieria e del suo altoforno Afo 4.
Che dire...di commenti da fare ce ne sono abbastanza e riprendono un pò il tema negativo di tutti quelli che ho letto sotto, ovvero storie che si disperdono, finale frettoloso e non ben studiato, eventi tragici che danno poca enfasi emotiva ecc.
PERÒ la storia è molto bella e secondo me ha una certa valenza sociale. Ciò che l'autrice racconta è il modo di vivere nudo e crudo di persone di una certa condizione sociale, destinate a lavorare in una fabbrica e senza alcuna ambizione al miglioramento personale, a causa della sudditanza psicologica che li tiene legati alla loro misera origine. Anna è l'unica a voler mutare la propria situazione, lasciando il posto in cui vive ed aspirando a diventare una persona più edotta delle persone che la circondano.
Purtroppo il finale è davvero pessimo perchè ho sentito che tutti, più o meno, hanno avuto la mia stessa percezione, cioè che è stato scritto in fretta, facendolo deviare dal resto del racconto e quindi lasciando un grosso punto interrogativo al lettore.
Secondo me, l'autrice ha molto potenziale così come poteva avercelo questo libro, se non fosse stato lasciato ingiustamente al proprio destino dalla sua genitrice.
In conclusione direi che c'erano tutti gli elementi per un'ottima riuscita del libro, ma l'Avallone se l'è bruciata!
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FACCIAMO CONOSCERE SHIRLEY!
Caroline è considerata dalla comunità nella quale vive come la riservata e timorosa nipote del reverendo Helstone; ma la giovane donna nutre, in segreto, un profondo e sincero amore per il cugino Robert. L'uomo, bello ma burbero, antepone ad ogni sorta di sentimento il buon andamento della propria fabbrica, per la quale ha acquistato le nuove macchine industriali che riporteranno in auge il buon nome della famiglia.
Il periodo storico, però, non è dei migliori: le guerre napoleoniche e la nuova organizzazione anti-industriale dei luddisti affossano i piani imprenditoriali di molti impresari inglesi. L'arrivo della bella e vivace ereditiera Shirley restituisce fiducia a Robert ma distrugge il sogno d'amore di Caroline: tutto il paese infatti mormora di un imminente matrimonio.
Ma le due ragazze, nonostante le varie divergenze, legate anche alla diversa estrazione sociale e al differente temperamento, creano un profondo rapporto d'amicizia e di rispetto reciproco, che porterà alla realizzazione di entrambe.
Opera semisconosciuta della dotatissima Charlotte Bronte. Pubblicata nel 1849, non ebbe grande successo nei salotti letterari dell'epoca e per molto tempo non se ne parlò. Ma il successo non era certo ciò che aveva spinto la Bronte a scrivere il libro: Infatti i personaggi principali della storia, Shirley e Caroline, rievocano perfettamente i caratteri delle due sorelle da poco perse, Emily sicura e sfrontata, ed Anne dolce e schiva.
Impossibile non ammirare la volontà d'animo della scrittrice che in un momento così duro nella sua vita è riuscita a farci dono di un'opera ricca di speranza e ottimismo per il futuro.
La lettura è stata scorrevole e piacevolissima nonostante le dettagliate descrizioni di paesaggi e personaggi che spesso si incontrano in romanzi di questo genere. Inoltre la storia non è delle più originali, perchè mi ha ricordato, per certi aspetti, Jane Eyre e Cime tempestose. Ciò che più mi ha colpito, però, sono le varie informazioni storiche e sociali del tempo, sopratutto l'atteggiamento della dona di classe medio-alta verso il proprio ruolo di moglie.
Il libro è consigliatissimo perchè è un romanzo rimasto all'ombra di altre opere brontiane ma vi assicuro che alla prima lettura capirete anche voi quanto vale, in realtà, questo libro.
Facciamo conoscere Shirley!
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