Opinione scritta da cesare giardini

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Gialli, Thriller, Horror
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    30 Marzo, 2025
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Da una catastrofe all'altra ...


Joel Dicker affronta con quest'opera un altro genere letterario. Dimenticate, cari lettori, delitti e misteri di altri memorabili gialli dell'autore, qui entriamo in atmosfere diverse, troviamo uno scrittore che veste altri panni, quelli di un amabile cantastorie, ironico, leggero, che propone una fiaba istruttiva, divertente anche per adulti. E' raccontata in prima persona da una ragazzina di otto anni, Josephine, allieva di una scuola per bambini "diversi", quelli che "non vanno nelle altre scuole", un gruppo di "birbantelli" diretto da una pazientissima insegnante, l'amabile signorina Jennings. Josephine è sveglia e intraprendente, e si trova a dover fronteggiare, all'inizio della storia, un evento disastroso ed inatteso: l'allagamento della scuola causato da rubinetti aperti e scarichi otturati intenzionalmente con la plastilina. I piccoli, trasferiti nella vicina scuola "normale" diretta da un buffo Direttore, si chiedono il perché del disastro, ed iniziano per conto loro ad indagare.
Chi sarà stato? Forse il padrone della struttura per intascarsi i soldi dell'assicurazione? Oppure il custode? O addirittura la signorina Jennings per imperscrutabili motivi? Fatto sta che i piccoli investigatori si danno da fare, seguono diverse piste fino ad arrivare alla titolare di un negozio di animali che, guarda le coincidenze, è anche la mamma di un noto personaggio... Nella vicenda ci stanno anche un poliziotto, un noto drammaturgo ed i genitori dei ragazzini che, oltre ad altre vicende, assisteranno allibiti ad uno spettacolo organizzato dai piccoli (un Christmas Party) , che finirà con una scena surreale e comica , passibile addirittura di censura. Una conclusione dello spettacolino che, forse inconsciamente, mira a sbeffeggiare l'ipocrisia e il finto perbenismo di tanti adulti. Tutta la storia, piena di imprevisti, si concluderà con una catastrofica gita allo zoo, dove finalmente la verità verrà a galla, dopo una serie di peripezie tra le varie gabbie, alle prese con animali più o meno feroci e con un protagonista singolare.
Nel corso del racconto l'autore coglie l'occasione per affrontare anche temi più seri, ponendo ai piccoli birbanti interrogativi sulla democrazia, sul sistema elettorale, sulla sicurezza stradale , sulla diversità: tutti argomenti trattati con leggerezza, grazie soprattutto all'incantata e disarmante sincerità dei bambini.
E' una piacevolissima fiaba per grandi e piccoli, un racconto che tenta di unire le generazioni, che parla a tutti , " dai sette ai centoventi anni", scrive Dicker, che si rivela così anche uno scrittore eclettico, non legato esclusivamente al romanzo thriller. In una chiosa finale, l'autore invita a ritrovare finalmente lo svago della lettura, tralasciando di tenere sempre "gli occhi fissi sugli schermi dei cellulari": saggio e illuminante consiglio!
Una riflessione finale: il racconto mi ha ricordato quella famosa frase in latino tramandataci da un letterato francese del 17° secolo, Jean de Santeuil: "castigat ridendo mores" ( correggi i costumi ridendo), qualche attinenza con la storia di Dicker io ce la vedo.
E, da ultimo, ricordo la bellissima chiusura del libro, prima dell'Epilogo: " In fondo, le persone sono come le stelle: solo se le guardi con attenzione ti accorgi di quanto brillano".

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    24 Marzo, 2025
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Laika, la più vicina a Dio.

Ascanio Celestini, scrittore e autore di teatro, ha tratto dai suoi più recenti spettacoli Laika del 2015, Pueblo del 2017 e Rumba del 2023, materiale per quest'opera, "Poveri Cristi", una trilogia che lascia il segno e fa riflettere sulla disperata grandezza di tante vite apparentemente inutili. Sono le vite, appunto, di poveri Cristi, emarginati, rassegnati, personaggi che trascinano con sè un'esistenza ai margini della cosiddetta società civile, senza riconoscimenti, un'esistenza che non vedrà mai il barlume di una luce in fondo al tunnel.
Nella prima parte (Laika, la famosa cagnetta lanciata nello spazio), definita da Celestini "La storia di un giorno di sole", il narratore racconta all'amico Pietro le storie di un'umanità ai margini di un supermercato. C'è un Barbone che lavora, con turni massacranti come facchino, prende botte durante gli scioperi e non crede in un Dio lontano, che, a detta di qualche poveraccio, fa miracoli con l'intercessione dei Santi, tutte scuse per soggiogarti ed illuderti. E poi una Vecchia che dà consigli a tutti, una Prostituta arrivata da lontano , ingannata e finita sulle strade, una Donna "impicciata" che non ragiona più per la morte di un figlio, un naufrago arrivato dalla Libia e finito in un carcere senza acqua potabile : tutti personaggi ai margini che interagiscono tra loro, un'umanità delirante e disperata, come, scrive Celestini, la povera Laika, una randagia mai più rientrata a terra, la creatura lassù più vicina a Dio.
Nella seconda parte (Pueblo, " La "storia di un giorno di pioggia") il racconto continua con le sofferenze di nuovi personaggi, un piccolo Zingaro di 8 anni che fuma in continuazione, una ragazza, Violetta, che fa la cassiera con un passato tormentato, tutto da dimenticare, e poi una donna , Domenica, che mette a posto i carrelli e pulisce il piazzale ricevendo in cambio cibo invenduto, prossimo alla scadenza: ha un amore Said, che perde sempre alle slot machine, e con il quale entra di notte nel supermercato convinta di muoversi tra ombre misteriose... Povera Domenica: una vita da dimenticare, prima ladruncola, poi costretta in collegio retto da suore "bastarde", infine ribelle autolesionista e infine morta come un cane sul piazzale tra l'indifferenza generale.
Ed ecco Giobbe, nella terza parte (Rumba, "La storia di una notte stellata"). E' stato il primo a popolare il piazzale, è analfabeta ma sa tutto, sa dove trovare tutti prodotti sugli scaffali e, udite udite, prepara il caffè al grande capo del supermercato con un piccolo particolare: ci piscia dentro, e nessuno se ne accorge. Muore infine al cesso, solo come un cane: soltanto Domenica, la poveraccia, intona una lamentosa nenia funebre.
Ma non c'è solo questo: Celestini trova modo di inserire riflessioni sul grande Stephen Hawking e sulla sua fede cieca e assoluta nella scienza, sulle centinaia di immigrati che giacciono in fondo al Mediterraneo, su un caratteristico quartiere di Roma, il Quadraro. Non mancano neppure le vite riviste e commentate di Francesco e Chiara, i Santi d'Italia, grandi e "inimitabili", giustificando, come tali, le alte gerarchie a comportarsi ipocritamente in tutt'altro modo.
Gli umili, i poveri Cristi, sostiene infine l'autore, sono sempre solidali tra loro : " vi hanno schifato, menato, carcerato, schiavizzato, torturato, stuprato, ammazzato e poi dimenticato, e voi non siete stati nemmeno capaci a diventare cattivi". Questo, conclude Celestini, è il vero prodigio, a partire dal "sacrificio di alzarsi dal letto la mattina per farsi umiliare su un marciapiede, in fabbrica o in galera".
Un potente atto d'accusa, una denuncia precisa. affilata come lama di bisturi, una presentazione puntuale di protagonisti lontani dalla Storia che conta ma con una propria vita, sofferta e dimenticata da tutti, una vita da santificare, ma non inserita nell'albo ufficiale dei Santi riconosciuti.
L'opera deve far riflettere, ponendo problemi che non sono marginali ma riguardano l'esistenza di tutti.
Lo stile di Celestini è volutamente incalzante, procede a balzi, dando spazio al gergo dialettale: un fiume in piena, che travolge e incanta, trascinando il lettore a conoscere un mondo ai più sconosciuto, quello dei poveri Cristi : "voi siete tutti santi, non c'è manco uno di voi ritratto con l'aureola nelle chiese di Roma ... ma non siete meno angelici di quelli stampati sui santini".









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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    15 Marzo, 2025
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La vera grandezza di Bob.

Il romanzo viene dato alle stampe intorno alla metà del secolo scorso e rivela un altro aspetto di un grande scrittore, Georges Simenon: il suo grande talento nel saper approfondire gli aspetti più nascosti e inconsueti di un personaggio. Questa volta si tratta di Robert Dandurand, il "grande Bob" del titolo: un enigmatico ragazzone ( perché come tale viene descritto) quasi cinquantenne, simpatico, gioviale, dai comportamenti a volte eccentrici, sempre rispettoso nei confronti di tutti. Bob viene da una famiglia benestante, il padre universitario, una sorella e una moglie, la dolce Lulù: vivono a Parigi, e si ritrovano spesso a Tilly, nella locanda Beau Dimanche, dove Bob frequenta il bar, gioca a carte con gli amici ed ha un rapporto amichevole molto forte con un medico, Charles Cointreau, un generico con ambulatorio, che, nel racconto, rappresenta la voce narrante, ripercorrendo tappa dopo tappa,la vita di Bob. Sappiamo così dell'incontro di Bob con Lulù, della felicità che traggono dalla reciproca conoscenza, al punto che Bob rinuncia addirittura agli esami di laurea per non lasciare sola Lulu e rompe bruscamente ogni rapporto con il padre. Ma lui sembra felice così, non chiede altro, vive nella spensieratezza con la sua Lulu, senza apparenti preoccupazioni, ripetendo spesso una suo motto abituale ("che spasso!") quasi a voler esorcizzare qualsiasi contrarietà. Anche Lulu vive spensierata la sua felicità: il suo negozio di modista sembra non avere problemi, le scappatelle del marito con Adelina, una lavorante di facili costumi, sono considerate innocue evasioni.
Ma ecco l'imorevisto: Bob, negli ultimi tempi impegnato da una strana passione per la pesca, viene trovato annegato nella Senna, presso la sua barca Le indagini, tra lo sconcerto generale, scopriranno che si tratta quasi certamente di suicidio, così strano e soprattutto inatteso in un personaggio come lui. Iniziano con circospezione anche le indagini dell'amico medico, che chiede, si informa da parenti e conoscenti, ha lunghi colloqui soprattutto con Lulu, apparentemente rassegnata ma tormentata da angosce e dubbi, fino alla scoperta di una crudele e sconcertante verità, che porterà Lulu ad annientarsi lentamente.
Questa verità porterà anche Cointreau ad interrogarsi, sulla sua vita, sulla relazione con la moglie ed i figli: un'apparente normalità che nasconde insoddisfazioni. speranze fallite, traguardi non raggiunti. Simenon è un maestro nel sondare luci e ombre dell'animo umano, rivelando aspetti talora imprevedibili ed inquietanti. Accade anche quando, pagina dopo pagina, ci fa conoscere "il grande Bob": un personaggio "normale" nella sua grandezza, normale perché senza eccessi, né in senso positivo né in senso negativo. Grande perché aveva scoperto, quasi senza accorgersi, un grande segreto, quello della felicità: in fin dei conti, aveva affermato, "se ciascuno di noi si incaricasse di rendere felice una sola persona, il mondo intero sarebbe felice".
Bob, tutto sommato, era un fallito, anche se lucido e consapevole: aveva semplicemente scelto, ecco la sua grandezza, di "dedicarsi a rendere felice una sola persona": la povera, piccola Lulu, l'unico grande amore della sua vita.


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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    12 Marzo, 2025
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Intrusioni pericolose.

Isabella Maldonado, la coautrice del giallo, vanta un passato di ex poliziotta, ex agente dell'FBI, e, per di più, è l'unica donna latinoamericana ad aver raggiunto il grado di capitano: grande collaboratrice, dunque, che, nel racconto, lascia la sua impronta autorevole. Tutta la vicenda non ha momenti di tregua, a cominciare dall'inizio: conosciamo subito il killer, Dennison Fallow, uno psicopatico con la passione per i ragni (ne porta uno tatuato sul polso), che commette delitti mosso da una "spinta" interiore cui non sa resistere. Infatti, già all'inizio del romanzo, ne dà dimostrazione uccidendo a badilate un noto fotografo naturalista. Conosciamo anche i due protagonisti, Carmen Sanchez, agente federale del Reparto Indagini dell'Homeland Security , esperta in soluzioni per la sicurezza nazionale. ed il suo collaboratore Jack Heron, uno straordinario personaggio docente della Berkley University in metodiche di "intrusione", intendendo con tale termine la capacità di introdursi nella vita altrui con intendimenti non sempre amichevoli. I due, all'inizio ostili tra loro per precedenti disavventure, procedono nelle indagini tra mille ostacoli, vieppiù motivati quando l'assassino tenta di strangolare la sua seconda vittima, Selina, sorella di Carmen, salvata in extremis e messa al sicuro. Il folle riesce sempre a dileguarsi ed a mantenere l'anonimato, pur lavorando in un callcenter: tenta di guarire dalle sue manie omicide, affidandosi alla guida di un "esperto", una specie di guru, ex militare e pure lui killer seriale. Un secondo delitto scatena l'allerta generale: uno chef famoso soffocato e appeso ad una gru è la vittima del folle, che persegue anche un suo disegno preciso, quello cioè di far fuori Selina e la sorella Carmen che gli dà la caccia. Ma Fallow è protetto dal dark web, una matassa ingarbugliata, in cui ogni crimine sembra lecito e dove solo superesperti riescono ad entrare, interpretare codici segreti e cercare di capire l'abilità di certi killer nello scegliere potenziali prede. La motivazione principale sembra essere quella di colpire persone che hanno avuto fortuna dalla vita, ma si capirà poi, dopo svariati colpi di scena, che non è proprio così: lo si capirà quando entrerà nei racconto un altro killer, incaricato di eliminare chi si opporrà ad un progetto grandioso, folle, che, nella mente dei complottisti, dovrà sovvertire l'ordinamento sociale.
Ho cercato di delineare solo una traccia della trama, che è molto più complessa, non facile da seguire in tutti i suoi dettagli e con molti riferimenti a particolari legati all'informatica: non per nulla uno dei protagonisti, Heron, è un esperto del web e addirittura ex hacker professionista. Quello che colpisce è lo stile narrativo, incalzante, fluido, senza pause, con dialoghi serrati : tutto scorre come fosse un film, nulla è lasciato al caso, come, ad esempio, la dettagliata descrizione degli abbigliamenti, i particolari dei luoghi frequentati, le sequenze degli agguati, degli inseguimenti, delle frequenti sparatorie, ii particolari macabri di delitti raccapriccianti... Ben delineati anche i caratteri dei due protagonisti: il fascino della Sanchez, competente e preparata, sempre pronta all'azione e ad affrontare senza timori le situazioni più pericolose, e poi la saggezza e la straripante cultura informatica di Heron, collaboratore pragmatico e brillante. L'astio tra i due si trasformerà poco a poco in simpatia e, forse, in qualcosa di più.
Non mancano momenti commoventi, soprattutto nei rapporti tra Carmen e la sorella minore: una verità nei rapporti familiari, rivelata nel finale, le riavvicinerà.
In complesso un poliziesco con i fiocchi, forse un pò ostico per i non esperti di informatica e di certi suoi difficili meandri, ma godibile e avvincente nell'insieme, ed in particolare per alcuni specifici temi trattati, come il dark web, gli hacker, il complottismo e la sua incidenza sulla sicurezza nazionale.
Ultimi particolari: tutto si svolge nella California meridionale e, sembra impossibile, nell'arco di pochi giorni, da lunedì a giovedì.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    03 Marzo, 2025
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Traffico di armi tra Messico e California.

E' un nuovo episodio, il 19° se non erro, della serie "Le donne del Club Omicidi ",
protagoniste una detective, una giornalista, una procuratrice ed un'anatomopatologa, tutte legate da una forte amicizia e da un encomiabile spirito collaborativo. Questo, che dovrebbe essere se non erro il 19° episodio, ci porta in California, dipartimento di San Francisco, in un momento particolare, caratterizzato dall'emanazione di una legge federale che vieta l'uso di un certo tipo di armi, quelle automatiche. Legge che, oltre a suscitare sconcerto e rivolte da parte di chi si appella al famoso secondo emendamento (addirittura del 1791), che sanciva il diritto dei cittadini USA a detenere e portare armi di qualsiasi tipo, inizia a favorire il commercio clandestino di armi Il giallo "Se parli muori" fa parte della serie "Le donne del Club Omicidi", che ha come proibite. Ed è proprio questo il tema del romanzo, che inizia con l'arresto di un trafficante messicano: sorpreso a smerciare armi proibite in una fiera, è arrestato e rispedito in Messico dove verrà incarcerato. Ma il traffico tra Messico e California è molto più vasto, abbinato allo smercio di droga: chi parla (e sono diversi nel racconto, poliziotti e civili) viene ucciso, con le labbra cucite e la scritta "se parli muori". Le indagini appaiono molto intricate e battono varie piste, soprattutto la detective (Lindsay) e la giornalista (Cindy) si danno da fare, correndo personalmente grossi rischi: un poliziotto corrotto sembra collaborare dal carcere, ma muore in modo sospetto, suicidandosi, un informatore lautamente ricompensato sembra conoscere i movimenti di un grosso carico in arrivo, ma sarà un tranello. Si brancola nel buio, fino alla soluzione che individua finalmente la pista giusta. Tutto finisce in un drammatico scontro finale tra buoni e cattivi e nell'individuazione del principale colpevole dei delitti misteriosi. Le coraggiose donne del Club se la cavano sempre egregiamente, esponendosi ad ogni pericolo, anche Claire (l'anatomopatologa) che sarà protagonista di una vicenda a parte, eseguendo l'autopsia di una povera bimba scomparsa da casa e rinvenuta morta in un fossato: una storia commovente che inchioderà alle loro responsabilità colpevoli inimmaginabili.
Tutto il racconto è scritto con la solita prosa incisiva ed incalzante, che bada più ad emozionare il lettore con sparatorie, agguati, prevedibili colpi di scena, che ad approfondire caratteri e psicologia dei personaggi: il classico prodotto in serie della premiata ditta Patterson e Co., che attira e conquista comunque centinaia di milioni di lettori in tutto il mondo.
C'è sempre però qualcosa da imparare. Per esempio non sapevo che il famoso secondo emendamento sul possesso di armi da parte dei cittadini USA risale addirittura al 1791, emendamento che ha permesso una straordinaria diffusione di armi di ogni tipo in tutti gli States. Ignoravo anche che la legge sulla restrizione e sulla vendita di armi da fuoco (soprattutto le automatiche) è stata approvata dal presidente Biden nel giugno del 2022, per limitare le sempre più frequenti esplosioni di violenze da armi da fuoco. Legge che non sempre ha incontrato giudizi favorevoli, ed ha in un certo modo incentivato commerci clandestini di armi, come ci ha narrato James Patterson nel libro.
Dimenticavo di segnalare il fatto che la brava giornalista Cindy ha ottenuto dal direttore del suo giornale due giorni liberi alla settimana per dedicarsi alla scrittura di un libro su un famoso assassino (tale Evan Burke) condannato all'ergastolo, un mostro seriale che le ha procurato lettere, foto delle vittime, vive e morte, ed ampia documentazione sulle sue malefatte: sarà forse la trama per un prossimo episodio delle donne del Club Omicidi?




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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    22 Febbraio, 2025
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Infanzia e adolescenza di Elena e Lila.

E' il romanzo di una grande scrittrice (Elena Ferrante è uno pseudonimo), non per niente classificata da TIME nel 2016 tra le cento personalità più influenti al mondo. Un romanzo, uscito nel 2011, il primo (riguarda l'infanzia e l'adolescenza) di una tetralogia che proseguirà negli anni seguendo le vicissitudini di due amiche, Elena e Lila, accompagnate nel loro percorso, dalle prime esperienze scolastiche via via fino alla giovinezza ed alla maturità. "L'amica geniale", fra l'altro uno dei migliori romanzi degli ultimi 25 anni secondo il New York Times, è ambientato a Napoli, in un rione malfamato, nei primi anni del dopoguerra. Il racconto è affascinante e commovente, un affresco pieno di chiari e scuri, la storia di due anime, la storia di una città uscita dalle ferite di una guerra che cerca di risollevarsi, tra mille espedienti e personaggi indimenticabili che lasciano segni indelebili. Le due ragazzine sono molto intelligenti e provengono da famiglie diverse: Elena figlia di un usciere del Comune e di una madre bislacca e brontolona, Lila figlia di uno scarparo. La prima è grassoccia, con i brufoli, la seconda magrissima, trasandata, con lampi di cattiveria negli occhi: si compensano a vicenda, crescono insieme in vicoli dove più o meno tutti si conoscono e tirano a campare, ognuno come può. Fanno le elementari insieme per separarsi poi alle medie: Elena, più metodica e diligente, continua con ottimi risultati, Lila non ne ha la possibilità economica, ma divora i libri di Elena, imparando tante cose per conto suo e mostrando un'intelligenza acuta e vivace. Poi, ecco il ginnasio e il liceo classico: Elena continua con ottimi voti, Lila lavora con il padre e tenta di convincerlo a produrre scarpe in proprio, con risultati altalenanti e battibecchi continui. Il quartiere intanto cambia, le ragazze crescono, sbocciano le prime simpatie, le prime infatuazioni, le gite in città, l'incontro con un mondo nuovo fatto di persone diverse, più eleganti, con macchine lussuose. Elena e Lila appaiono dapprima spaesate, non credono ai loro occhi, sono invitate ai primi balli, si accendono rivalità, scoppiano litigi, le prime discussioni con ragazzi sempre pronti alla rissa, alcuni schierati con simpatie politiche opposte, comunisti contro monarchici, o appartenenti a famiglie malavitose che ostentano benessere. Elena e Lila sperimentano i primi fidanzamenti, non si perdono di vista, anche quando Elena accompagna d'estate amici più piccoli al mare: si scrivono, non possono fare a meno di consultarsi, di pensarsi, di far parte l'una della vita dell'altra. Elena intanto cresce e si prepara alla maturità ma è Lila che sboccia prepotentemente e accende la fantasia dei maschi locali. Dice infine di sì a Stefano, figlio del salumaio che si è prodigato nel favorire l'attività industriale del padre calzolaio con finanziamenti, però, di assai dubbia provenienza: verrà alla fine celebrato un fastoso matrimonio, come di consuetudine nel rione, Lila ha appena sedici anni, ma non tutto filerà liscio come sperato ...
Così, a grandi linee, la storia di Elena e Lila.
Ma c'è molto di più. Sono tanti i temi trattati che emergono dalla lettura, un primo approccio che può sembrare fluire monotono, senza picchi di interesse, ma che, riflettendo, rivela introspezioni profonde sui caratteri delle protagoniste ed una varietà di temi complessi. In primis le varie fasi comportamentali di Elena e Lila, due ragazzine tanto diverse ma così simili da mettere in dubbio a quale delle due affidare la "genialità" del titolo: Lila indubbiamente è più brillante, propositiva, ha più carattere, voglia di imparare e di trovare soluzioni decisive in situazioni ingarbugliate, ma, guarda caso, è proprio Lila a definire invece "geniale" l'amica Elena, per la sua capacità e costanza negli studi e per i risultati ottenuti. Il che fa pensare che l'autrice abbia voluto affidare a tutte e due la patente di "geniale", ognuna ovviamente a modo suo.
Le due protagoniste vivono e crescono poi in un ambiente particolare. un ambiente in cui farsi valere è anche questione di sopravvivenza, dove le liti tra clan sono frequenti, costellate da minacce di morte, e dove l'etichetta di "plebe" marchia le persone in modo indelebile, confinandole in un mondo lontano da un'altra Napoli, quella del benessere e delle prime automobili "lussuose". L'autrice, tra i vari temi che emergono nel racconto, non trascura quello dell'emancipazione femminile, ben evidente in quegli anni, anni in cui l'istruzione superiore privilegiava i maschi : Lila infatti non ce la fa a proseguire gli studi dopo le elementari, mentre Elena riesce solo dopo raccomandazioni, interventi di insegnanti, sacrifici familiari. Anche la malavita interviene pesantemente a condizionare la vita dei personaggi: amicizie interessate, strozzinaggio, ricatti inquinano ambienti forse già predisposti, mentre affiorano le prime rivalità politiche che influenzano antipatie e simpatie giovanili.
Un quadro generale che ci mostra un'Italia postbellica in trasformazione, dove boom economico e cambiamenti sociali si intrecciano a delineare situazioni nuove e speranze in una vita migliore.
Lo stile della Ferrante è semplice, piano, informale, impreziosito da approfondimenti psicologici che seguono via via l'aprirsi alla vita delle protagoniste. Il romanzo invita a riflessioni profonde sui cambiamenti di Elena e Lila, pronte, ognuna a modo suo, a fronteggiare situazioni nuove, nuovi rapporti, amori e delusioni. Una storia da leggere e magari rileggere: uno stimolo anche a seguire le vicende delle protagoniste nei tre romanzi successivi.




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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    08 Febbraio, 2025
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I racconti di un'anima.

Leggendo questi racconti è impossibile anche non leggere la biografia dell'autrice, una vita breve, intensa, che l'aveva portata da Kiev dove era nata nel 1903 in Russia, e poi, in fuga in Finlandia e Svezia fino ad approdare in Francia dove aveva pienamente espresso la sua passione per la scrittura, lasciando ai posteri una lunga sere di capolavori letterari. Immagini ormai svanite nel tempo, come le riprese dei fratelli Lumière relative al Carnevale di Nizza, riprese dall'autrice insieme ad una lunga serie di altri racconti, alcuni giovanili, che fermano nel tempo immagini della prima metà del secolo scorso: situazioni e personaggi descritti minuziosamente, tanto da renderli presenti e vivi nella nostra immaginazione. Non per niente, come si legge dalla critica, il primo editore della Nemirowsky si era addirittura meravigliato come l'autrice fosse riuscita, pur giovanissima. a scavare così profondamente nell'animo umano.
Basta passare in rassegna alcuni dei personaggi che animano i racconti, cominciando dalle quattro scenette che hanno come protagonista una ragazzetta ironica e sfacciata, Nonoche, antesignana delle attuali forse più smaliziate discotecare: Nonoche, da sola o con l'amica del cuore Louloute, visita il Louvre, va al cinema, in villeggiatura, nello studio di una chiaroveggente, comportandosi sempre da svampita credulona ma nascondendo un animo da sognatrice, sempre alla ricerca di un principe azzurro, tra delusioni, situazioni buffe e incomprensioni.
Le avventure dell'impertinente Nonoche sono raccontate come fossero una sceneggiatura teatrale, seguite da altri racconti in cui primeggiano personaggi che lasciano un segno. Come, ad esempio, la borghese Claudine alle prese con un tema drammatico, un aborto, affrontato con piglio moderno, pur in tempi nei quali l'argomento era ancora tabù. E poi ancora la storia della governante Njanja al seguito di una famiglia russa fuggita in Francia a seguito della Rivoluzione: una anziana dolcissima, riservata, incapace di ambientarsi a Parigi, nostalgica della sua terra lontana e della neve...
Una serie di personaggi raccontati quasi con tecnica cinematografica, come se l'autrice fosse dietro ad una macchina da presa: ed ecco Christian Rabinovitch e l'incontro con un enigmatico barbone, Mario alla conquista di Parigi e di un sogno che via via si affievolisce, l'emozionante racconto "Le rive felici", "I giardini di Tauride" , ricco di appunti e riflessioni dell'autrice.
Una serie di racconti narrati con tecniche diverse, ma sempre illuminanti sul desiderio quasi impetuoso dell'autrice di "buttar fuori" d'impeto l'urgenza di comunicare, di esprimersi, di ricordare in tanti modi un passato lontano, rimpianti, nostalgie, illusioni di una giovinezza che fugge via e, forse, il presagio di un avvenire minaccioso.
La Nemirowsky infatti, di origine ebraica, sarà arrestata nel 1942, internata ad Auschwitz dove morirà poco dopo. Stessa sorte toccherà al marito, dopo vani inascoltati tentativi di salvare la moglie. Si spegneva così a soli 39 anni una delle scrittrici più sensibili ed avvincenti del secolo scorso.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    05 Febbraio, 2025
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Le luci e le ombre del tempoe


Dopo una decina di gialli con l'autore televisivo Carlo Monterossi e la sua variopinta compagnia e una quindicina di romanzi, Alessandro Robecchi ci propone questa nuova storia, un incontro tra un passato da dimenticare e un presente che pone non pochi interrogativi. Il protagonista è un anziano regista, Manlio Parrini, ormai settantenne, autore di un film celebratissimo e famoso, premiato più volte, "Le verità spezzate", tanto da garantirgli per anni e anni la fama di "Maestro" del cinema. Ora Parrini vive nella comoda e ben arredata dependance della villa di un vecchio amico, un ricco industriale che, prima di morire, gli aveva ceduto la proprietà dell'abitazione per una cifra esigua. Ha un sogno: tornare dietro la macchina da presa per un altro film, un film speciale su un personaggio degli anni '30, Augusto De Angelis, pioniere del giallo italiano con una serie dedicata al commissario De Vincenzi. De Angelis ha avuto vita difficile, in anni in cui il regime fascista esercitava la censura: meglio non scrivere di ebrei, il dialetto vietato, i suicidi ere meglio interpretarli come morti improvvise, niente americanate ... Ogni scritto era supervisionato, consigli e certi avvertimenti non mancavano, tutto era sotto rigidi controlli : anche la morte in ospedale del povero De Angelis, dopo un pestaggio subito sul lungolago di Bellagio, era un caso mai risolto, archiviato troppo in fretta.
Parrini si mette con rinnovato entusiasmo a preparare il suo nuovo film. Il fascismo è un brutto ricordo del passato, ora le cose sembrano cambiate, certe libertà sembrano ormai assicurate. Ma ecco che un altro giallo viene a irrompere nella sua vita: la vecchia vedova del padrone della villa viene trovata strangolata, evento che muove indagini minuziose e che portano alla luce attività immobiliari truffaldine della vittima, complice il nipote, noto rampollo di un potente politico. Le indagini andranno per le lunghe, altri personaggi sulla scena del delitto andranno di mezzo, la verità dovrà attendere per farsi strada.
Anche il film troverà difficoltà a trovare un produttore italiano serio e capace. Vorranno imporre a Parrini sceneggiature di comodo e attori non adatti al punto tale da costringere il nostro irriducibile regista, ben coadiuvato da una brava amica sceneggiatrice, a cercare aiuto in Francia, dove troverà produttori più capaci e preparati.
Parrini scoprirà anche le vere cause della morte di De Angelis, una vendetta politica, tenuta per anni nascosta. un delitto d'altri tempi, la cui matrice verrà finalmente alla luce nel nuovo film a produzione francese.
Un bel romanzo: Robecchi, come insegna il titolo, ci conferma che non esiste una verità assoluta. "Non è che le verità si spezzano" pensa Manlio Parrini " ma che le verità non ci sono, non esistono, semplicemente ... le verità che conosciamo sono quelle che ammettiamo come tali, che noi decidiamo siano verità". Tutti subiamo condizionamenti, ieri come oggi: li aveva subiti il giallista De Angelis, come continua a subirli oggi il regista Parrini, costretto ad espatriare per produrre il suo nuovo film Perchè, come insegna la Storia, è necessario cambiare tutto perchè tutto resti, più o meno come prima.
Lo stile del narratore è avvolgente, ad ampio respiro: Robecchi ama indugiare sui particolari, sugli stati d'animo, costruendo pagina dopo pagina una storia che ci parla di tempi bui e di rinascita, con luci ed ombre sapientemente dosate, e di un protagonista, il regista Manlio Parrini, che di luci ed ombre se ne intende parecchio, convinto più che mai che la "la verità", come scriveva Franklin D.Roosevelt nel '36. " si scopre solo quando gli uomini sono liberi di cercarla".

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    30 Gennaio, 2025
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Un Cigno che farà molta strada.

Luca Mercadante, scrittore affascinato dal teatro, è alla sua prima esperienza, se non erro, come autore di gialli e l'inizio è come si suol dire con il botto: "La fame del Cigno" è a suo modo un romanzo sorprendente, soprattutto per la presenza di un protagonista, Domenico Cigno, eccentrico e del tutto nuovo nella veste di giornalista con il pallino dell'investigatore.
Siamo a Napoli e dintorni, Cigno è un cinquantenne che lavora nella redazione sportiva di un importante quotidiano: ex pugile, supera abbondantemente i cento chili, è bulimico, si muove con difficoltà, ha problemi digestivi, non suscita grandi simpatie ma ha un carattere cocciuto, crede nelle sue convinzioni e non si lascia facilmente intimidire. La storia comincia quando, per primo, casualmente, scopre in un canale in riva al mare, nei pressi di discariche abusive, il cadavere di una ragazza nera, con la pelle in parte sbiancata e con una felpa rossa. Contemporaneamente è segnalata la scomparsa di un'altra ragazza, Viola De Santis, figlia adottiva di un'integerrima famiglia torinese, universitaria ribelle, femminista, influencer molto seguita, arrivata in Campania per indagare sulla sorte e sulle condizioni delle donne nigeriane sfruttate e costrette alla prostituzione, e, forse, anche in cerca della madre naturale. Cigno è convinto che possa esistere un nesso tra la morta in mare e Viola ed inizia ad indagare, con la certezza, ormai abbandonata da tutti polizia compresa, che Viola sia ancora viva e possa essere ancora ritrovata. Anche le indagini ufficiali proseguono battendo altre piste, individuando in un ragazzo nero, Bob, musicista, spacciatore ed amico di Viola, il probanile assassino. Gli ambienti in cui Cigno si muove sono oscuri e pericolosi. L'autore fa emergere tutto un mondo che gravita sulla costa campana da Napoli fino al confine con il Lazio, con epicentro a Castel Volturno: accanto ad hotel lussuosi e centri sportivi, prosperano zone di prostituzione, case famiglia rette da personaggi ambigui, e ancora le cosiddette connection-house, abitazioni dove si psostituiscono per quattro soldi nigeriane ormai anziane, con difetti fisici o ai limiti della sopravvivenza. Su tutto vigila e comanda un boss temutissimo, all'ultimo piano di un edificio fatiscente, protetto da mastini che, si sussurra, si cibano di carne umana, rivali eliminati per vendette o regolamento di conti. Nella zona si smercia di tutto, anche la cosiddetta droga dello stupro che inibisce la volontà con effetti sedativi. Viola forse aveva scoperto troppo? Era stata quindi eliminata o era ancora vittima di violenze e obbligata a prostituirsiI? Cigno non si dà per vinto, neppure dopo acer corso rischi e subito minacce di ogni genere: inseguito da mastini, pestato a sangue da quattro individui mascherati, gettato in mare a rischio d'annegamento, drogato contro la sua volontà, riuscirà alla fine a prendersi la sua rivincita riconquistando prestigio e stima da parte di amici e colleghi.
Il giallo termina con una serie di eventi inaspettati che porranno fine a tutta la vicenda e chiariranno anche che fine avrà fatto la povera Viola De Santis: tutto il marcio viene a galla, a rivelare la desolazione di un territorio insidioso dove la difesa dei più deboli diventa giustificazione di ogni violenza. Tutto il racconto ruota comunque attorno alla figura di questo nuovo personaggio, creato dalla penna di Mercadante: un giornalista sportivo atipico che, oltre a seguire nel poco tempo in cui non è altrimenti impegnato le vicende sportive di un giocatore del Napoli, si dedica alla sua attività preferita, quella di indagare per curiosità e per istinto, un istinto che lo porta ad opporsi ad un vecchio modo di fare giornalismo, cercando invece di percorrere una propria strada, senza condizionamenti e preconcetti. Cigno è intelligente, motivato, astuto, non cede alle limitazioni imposte dall'obesità, dalla fatica, dalla goffaggine, sopravvivendo anche grazie ad una catena di solidarietà umana che pur emerge a tratti nell'oscurità di ambienti misteriosi e grotteschi.
Lo stile, paragonandolo ad un corso d'acqua, è un torrente impetuoso, spumeggiante: la narrazione non ha momenti di tregua, procede incalzante, con frasi incisive, brevi, dando spazio solo ai fatti nudi e crudi. E' un giallo istintivo ed emozionante che, oltre a svelare con crudo realismo l'aspetto di un territorio degradato, controllato da bande camorristiche che si impongono sfruttando con violenza e ricatti l'immigrazione clandestina, ci presenta un nuovo personaggio nell'editoria moderna, dolente ed impacciato ma intelligente e dal formidabile intuito, un personaggio che entrerà sicuramente nel cuore degli appassionati del genere.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    26 Gennaio, 2025
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Una sparatoria e un mistero risolto.

E' l'undicesimo giallo della serie che riguarda il personaggio di Enrico Radeschi, cronista di nera con curiosità da investigatore. Le vicende nelle quali è coinvolto come cronista sono due: una è prettamente milanese, l'altra, più complessa ed articolata, vede il bravo Radeschi viaggiare in lungo e in largo, investigando con due compagni estrosi e spericolati.
Il giallo si apre con un delitto, quasi nel centro di Milano. Un motociclista con tuta nera, casco integrale e moto con targa coperta spara su due uomini: uno, titolare di un autosalone di lusso muore quasi sul colpo, l'altro , speaker di una radio privata, se la caverà con varie ferite. Le indagini brancolano nel buio, non è chiaro quale in realtà doveva essere la vittima, quale il mandante e per quali motivi. Il socio del morto sembra l'indiziato numero uno, dato che vendeva auto a prezzo maggiorato con la complicità di clan mafiosi, intascandone i profitti. Contemporaneamente prende avvio l'altra storia, nella quale Radeschi è in compagnia con il Danese, un amico dal passato oscuro, imprenditore italo-greco, socio, fra l'altro, di una banda di rapinatori russi. Il Danese, delinquente sì, ma dal cuore d'oro, ha perso moglie e figlia saltati in aria nell'incendio di una macchina. La vendetta è d'obbligo, con l'aiuto di Radeschi e di una coraggiosa e brillante minorenne, Liz, che lo accompagna come un'ombra e che aiuta i due amici con le sue straordinarie doti di hacker nel violare i sistemi informatici più complessi, doti che le sono utilissime anche per individuare chi potrebbe essere stato l' autore del duplice delitto. Ne individua tre, inizia così la caccia ai presunti colpevoli, tra pericoli e ostacoli d'ogni genere, che termina con un imprevedibile colpo di scena.
Un inatteso colpo di scena conclude anche la prima storia, con una svolta finale decisiva che sorprende gli investigatori milanesi, il bizzoso vicequestore Loris Sebastiani e la sua agente Carla Rivolta: una sorpresa che inchioda sia il mandante che l'autore della sparatoria e che permette anche di arrestare importanti boss mafiosi.
Le vicende sono intriganti e coinvolgono il lettore per l'incalzare degli eventi e le sorprese che non mancano. Grazie anche ai personaggi che le animano, ben caratterizzati da Paolo Roversi. A cominciare da Enrico Radeschi, cronista di nera con il pallino dell'investigatore e con storie sentimentali sconclusionate. Gira su una vecchia Vespa gialla e non sa nascondere smarrimento e nostalgia per la morte di un unico, grande amico, il suo cane Buk, consolandosi come può, in casa di un'amica, con due piccoli cuccioli. L'amore per i cani è sintetizzato da un pensiero di Schopenhauer, che già conoscevo e che lui cita con rimpianto: :"Chi non ha mai avuto un cane non può sapere cosa significa essere amato". Ma anche la giovane Liz ha un debole per gli animali: ha salvato due cuccioli di pipistrello, se li porta dietro e li libera infine quando diventano autosufficienti. E l'iguana del titolo? E' piccola, indifesa, e il burbero Danese la tiene con sè, sotto la maglia: l'ha chiamata Iris, come la figlia che crede morta nella macchina in fiamme e che l'avrebbe ricevuta in dono dal padre. Un piccolo animale innocente ad una bimba adorata e innocente: una corsa contro il tempo, quasi a recuperare un'innocenza perduta, una corsa tra pericoli che incombono e speranze che via via si affievoliscono.
Roversi sa tenere il lettore nell'incertezza fino al termine, il finale non è mai scontato e riserverà, come di consueto nei libri gialli, sorprese. Poche sorprese invece per quanto riguarda il mondo dell'informazione, che Radeschi frequenta da professionista e che amaramente giudica con un'illuminante riflessione: " Del resto, non è necessario che tutto quello che si pubblica sia vero, basta che la gente si incuriosisca. D'accordo, è squallido,, orrendo persino: ma là fuori, è un brutto mondo per tutti, no?".


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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    19 Gennaio, 2025
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"Tutto è fragile, tutto quanto ci circonda"

La storia sembra semplice. E' la vita di un uomo come tanti, Edouard Malempin, medico pediatra, sposato, due figli. La vita di tutti i giorni è scandita da rituali sempre uguali, casa e ospedale. L'acquisto di una macchina nuova con un colore (verde) eccentrico e la prospettiva, finalmente, di un viaggio in vacanza nel Sud della Francia sembrano proprio distoglierlo dalla monotonia della quotidianità quando un evento improvviso e inaspettato viene a creare una nuova atmosfera, densa di preoccupazioni: la malattia del figlio Bilot, un bimbo pallido e gracile, affetto da quella che sembra ad una prima diagnosi difterite maligna a probabile esito infausto. Malempin inizia la terapia vaccinale, iniziano i consulti, il viaggio non si fa più e la mente comincia a vagare in tempi lontani, alla vecchia fattoria dei genitori, alla madre finita in povertà pur provenendo da famiglia agiata, al padre, uno spavaldo garzone di campagna... I ricordi di una vita percorrono tutto il libro, trasportando il lettore in altre epoche, dove il piccolo Edouard cresce imparando dalle circostanze della vita e dai personaggi che lo circondano quanto sia difficile capire e relazionarsi con il prossimo. Ma sperimenta anche la realtà , così come è, della vita, tanto da fargli annotare poi che "gli unici anni della vita reale sono gli anni dell'infanzia". E dall'infanzia e dall'adolescenza scaturiscono ricordi che Malempin rivive con malcelata nostalgia. Ad esempio lo zio Tesson "un vecchio satiro che odora di caprone", un vecchietto che aveva smesso di esercitare la professione di avvocato, dedito ad affari loschi come prestasoldi, sposato con la zia Elise, bionda evanescente e grassoccia, che ospiterà più tardi Edouard quando dovrà frequentare la scuola superiore. Ed i ricordi diventano tormentosi, quando Tesson scomparirà, ed i genitori di Edouard, indebitati fino al collo, saranno sospettati di averlo in qualche modo eliminato...
Ma la vita continua. Tornando al presente, il piccolo Bilot si riprenderà e, forse, il programmato viaggio al Sud potrà realizzarsi. Insomma, un barlume di speranza ravviva la vita di Edouard, i ricordi evaporano lentamente, ma ritorna implacabile l'irrealtà della monotonia giornaliera. Lo zio Tesson ormai è definitivamente scomparso, la zia Elise si è risposata con un uomo violento, impazzirà, subirà il ricovero in manicomio dove si spegnerà. Edouard vive ora come in un sogno, distaccato dalla realtà, domandandosi il perchè di tanti avvenimenti: più che vivere sopravvive, cercando di calarsi in un'attualità che non lo capisce e che lui stesso non comprende. E quando Bilot gli chiede "che cosa mi hai portato?", gli viene di rispondere "Me !", quasi a sottolineare la sua stessa presenza nella realtà quotidiana, fragile e spesso incomprensibile. Ed è proprio la fragilità del tutto che lo turba e che lo induce a scrivere in un suo diario segreto: "Tutto è fragile, tutto quanto ci circonda, tutto quanto prendiamo per la realtà, per la vita: la fortuna, la ragione, la quiete... e la salute soprattutto, e l'onestà ...".
"Malempin", pubblicato per la prima volta nel 1940, è un grande romanzo, che non fa che sottolineare la grandezza dell'autore, Georges Simenon, troppo spesso etichettato solo come scrittore di romanzi gialli. L'autore ha il raro dono di far rivivere il passato attraverso il presente, presentandoci lo spaccato di una Francia del secolo scorso, ma viva, reale, attuale, filtrata attraverso personaggi ben riconoscibili. Il passato più o meno tormentato è sempre presente nei ricordi e nella nostalgia dolente del protagonista, un Edouard vigile anche nei tanti silenzi e nei tanti episodi non raccontati ma sicuramente vissuti o immaginati. Un Edouard che afferma di non sentirsi turbato neppure se i genitori si fossero sbarazzati dello zio Tesson, che afferma di non sapere il perchè del matrimonio con sua moglie, come se l'avesse scelta in un catalogo di offerte, che sostiene di essere gentile, ben educato con i malati, chiedendosi però se queste affermazioni sono sincere o solo una posa ... Insomma una figura nello stesso tempo enigmatica ma vera, un personaggio che solo la penna e l'abilità di un grande scrittore potevano farci apprezzare.



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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    11 Gennaio, 2025
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Un serial killer insospettabile.

Il giallo è della serie NYPD RED, e riguarda una speciale attività della polizia di New York dedicata a delitti di alto livello. Due sono le storie che, nel finale, si intrecciano. La prima rievoca l'assassinio del figlio di un potente boss mafioso, avvenuto molti anni prima: il giovane, della famiglia Salvi, di origine italiana, aveva stuprato dopo un festino una ragazza i cui fratelli si erano subito vendicati uccidendolo a bottigliate. La seconda storia, iniziata con il ritrovamento su una giostra di cavalli in Central Park del cadavere di una donna orrendamente torturata, appartenente ad una famiglia molto nota, prosegue, occupando gran parte del giallo, con le indagini alla ricerca di un serial killer misterioso che si accanisce su personaggi giudicati colpevoli di vari delitti e degni di punizione. Le indagini, affidate a due bravi poliziotti del dipartimento, procedono con alti e bassi, intralciate anche da una accesa propaganda elettorale per l'elezione del nuovo sindaco. Il rapimento di un'altra vittima, una giovane donna accusata di aver ucciso la figlia ma risultata in seguito innocente, innesca una nuova ondata di indagini, sempre più serrate. Trapela finalmente qualche sospetto su chi potrebbe essere il serial killer, sospetto che pian piano diviene certezza ed induce i criminali ad agire con la massima cautela. Tutto verrà chiarito quando un caso fortuito metterà i vari attori della storia gli uni di fronte agli altri: un magistrale e ben costruito colpo di scena, nel quale i due poliziotti protagonisti del NYDP RED Zach Jordan e Kylie MacDonald, la squadra d'élite del dipartimento, responsabile delle indagini che fanno tremare i potenti e suscitano scandali, si scontreranno contemporaneamente con i mafiosi del clan Salvi ed i veri e propri serial killer. Una scena conclusiva ben orchestrata, nella quale i "cattivi" ovviamente avranno la peggio e l'ultima vittima da sacrificare sarà salvata in extremis.
Il giallo, per gli appassionati del genere, è abbastanza godibile, soprattutto nella parte finale quando l'indagine si fa più serrata e si arriva al redde rationem. C'è spazio nel romanzo per alcuni pericolosi intrecci tra politica e potere, e più spazio ancora per altri intrecci, quelli amorosi, tra il poliziotto Zach e la sua compagna di indagini Kylie, la donna che un tempo gli aveva fatto perdere la testa e che sembra nascondere segreti inconfessabili. La trama è comunque serrata, tanti sono i personaggi del dipartimento coinvolti, tra i quali un'affascinante strizzacervelli che si innamora del bravo Zach. Non manca neppure un soffio horror, allorquando uno dei serial killer spiega nei dettagli l'utilizzo di un famigerato strumento di tortura medioevale per estorcere dalle vittime impossibili confessioni.
Sullo sfondo, una New York caotica e brulicante, cui fanno da contraltare desolate periferie semiabbandonate, terreno di malavitosi. Malavitosi ben rappresentati anche dal potente clan familiare Salvi, riverito e temuto persino dal parroco della chiesa locale, al quale il boss si finge devoto frequentando cerimonie ed elargendo soldi.
Lo stile narrativo non ha ovviamente pretese di eccellenza: sbrigativo, senza troppe introspezioni nè approfondimenti, racconta semplicemente fatti in successione serrata. I lettori sembrano soddisfatti e James Patterson pure: complessivamente 400 milioni di copie vendute per lo scrittore più ricco del mondo!

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Romanzi autobiografici
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    08 Gennaio, 2025
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Come vivere una serena vecchiaia.

Erri De Luca, che ha superato i 74 anni, paragona la durata media della nostra vita a quella complessiva di tre cavalli. Lui sta già cavalcando, direi brillantemente, il terzo e si rende conto che, ormai, si vive sempre di più e che questo aumento di vita pone di volta in volta problemi nuovi finora mai affrontati. Ci sono più anziani, fortunatamente in buona salute, pronti a "sperimentare" questo nuovo stato ed a risolvere autonomamente situazione spesso imprevedibili.
Come comportarsi dunque in età avanzata, possibilmente con pochi acciacchi e ancora tante speranze: età, suggerisce l'autore, che non è più saggia ma che sembra quasi "sbalordita di poter proseguire ad oltranza", come se ogni giorno fosse l'ultimo per il quale dare fondo alle riserve di entusiasmo che ancora custodiamo.
L'autore fa un rapido excursus sul suo passato: via da casa dopo la maturità, simpatie per i movimenti giovanili di ribellione al conformismo imperante, lavori manuali come operaio in fabbrica, volontariato nei Paesi meno fortunati o colpiti da guerre, attività di scrittore sempre pronto a cogliere momenti di disagio, il tutto alternato all'amore per la montagna, da esperto arrampicatore quale è sempre stato fin dagli anni giovanili. Il tema della montagna ritorna sempre, con nostalgia : le scalate a quattro appoggi o in cordata gli scaldano il cuore, lo riconciliano con il prossimo e con la vita.
Senza trascurare attività più adatte ad uno spirito di studio e di ricerca, come numerose traduzioni di brani tratti da libri delle sacre scritture, pur da non credente.
Insomma un De Luca attento a sperimentare, anche da scrittore e conferenziere, non dimenticando mai neppure , come cita lui stesso, quell'illuminante affermazione di Marcello Mastroianni a Jack Lemmon nel film "Maccheroni" : " come è bello perdere tempo: non si spreca, ma lo si libera dall'obbligo di sottoporlo a un utilizzo.. Il tempo perso è quello salvato!".
Erri de Luca riesce anche a darci, negli ultimi capitoli, suggerimenti per vivere bene e serenamente a lungo. I consigli sono quelli che già dovrebbero essere ben noti: pratica sportiva, darsi agli altri con attività di volontariato, alimentazione sana, rinfrescare la memoria con l'enigmistica, pochi amici fidati... Tutto questo per affrontare con buone speranze una "vecchiaia volontaria", quella cioè così come dovrebbe essere naturalmente, che l'autore distingue dalla "vecchiaia involontaria", quella alterata da incidenti o malattie, e da quella "preterintenzionale", modificata da creme, abbellimenti, interventi conservativi o migliorativi.
E arriverà anche l'ultimo giorno. Come sarà, si chiede l'autore. "Sarà quello che non ha nessun diritto materiale al giorno successivo. Sarà quello che comincia con il ringraziamento al suo mattino".
Il libro, scritto con stile incisivo, senza fronzoli o inutili divagazioni, è impreziosito da foto tratte da un filmato di poco meno di mezzora sull'argomento trattato e da alcune lettere inviate all'autore da Ines de la Fressange, imprenditrice nel settore dell'abbigliamento di prestigio e coautrice dell'opera.
"L'età sperimentale" è un buon libro per riflettere sul tempo che passa, su quello che ognuno di noi ha fatto e su quello che ci si può attendere ancora dalla vita e quante possibilità possa racchiudere ancora la cosiddetta terza età. "E' un'età sperimentale" scrive de Luca "Ho la strana sensazione che nessuno è stato vecchio prima di me. La vecchiaia di chi mi ha preceduto non mi fa da modello e non mi prepara a niente. Per il corpo di ognuno, quando succede è per la prima volta".
Da "vecchio" ormai ultranovantenne, concordo con l'autore quando scrive che la vecchiaia non è il momento di guardare soltanto indietro. Diceva bene Pasternak ne "Il dottor Zivago": "vivere significa sempre lanciarsi in avanti ... verso la perfezione, lanciarsi e cercare di arrivarci".



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Racconti
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    03 Gennaio, 2025
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Un manuale per lettori.


Ricordo che tanti anni fa un famoso scrittore di gialli (non ricordo purtroppo il nome) ebbe a dire agli appassionati del genere, ed io sono tra questi, di intervallare le loro letture con qualche cosa di diverso (una ventata d'aria fresca, la chiamava). Mi sono incuriosito allora di quest'opera di Amos Oz, un pò al di fuori dai generi consueti: "La storia comincia così" non è un giallo, ovviamente, e neppure un romanzo tradizionale nè una raccolta di racconti. E' un saggio letterario, una raccolta di lezioni e conferenze tenute in licei ed università alla fine del secolo scorso: l'argomento è piuttosto ostico, trattandosi di analizzare l'incipit di una decina di romanzi, approfondendo il contenuto e verificando quello che l'autore chiama "contratto" tra autore e lettore, cioè, in poche parole, se l'incipit avrà poi un effettivo riscontro nella storia raccontata. L'argomento non è semplice da digerire. Le prime pagine dei romanzi sono infatti sottoposte minuziosamente a critica, riscontri e analisi via via più serrate: non è detto che i "contratti" siano tutti uguali, o, meglio, che abbiano tutti riscontri positivi, anzi. Però, questa sorta di patto segreto tra scrittore e lettore, di per sè difficilissimo da capire a fondo, aleggia sempre nell'indagine di Amos Oz, incuriosisce e denota soprattutto una straordinaria abilità dell'autore nel definire i parametri delle storie narrate nei romanzi presi in considerazione. Romanzi che sono di vari autori e che trattano argomenti diversi: da "Effi Briest" di Theodor Fontane a "Il naso" di Gogol, da "Un medico di campagna" di Franz Kafka a "L'autunno del patriarca" di Gabriel Garcia Marquez ed a "Nessuno diceva niente" di Raymond Carver, tanto per citarne alcuni tra i più noti, fino ad uno dei miei preferiti, "La storia" di Elsa Morante. La trattazione che fa Amos Oz dei romanzi esaminati, da un punto di vista del tutto originale, è una specie di guida per il lettore, lo accompagna passo passo e, per che riesce a coglierle, dà importanti indicazioni, utili per orientarsi nella lettura e nell'esame dei rapporti tra i vari personaggi.
Ecco, non è certo un libro da spiaggia, come si suol dire: ostico al primo contatto , a partire dall'introduzione ( "Ma allora, che cosa c'era prima del Big Bang?"), coinvolge però immediatamente, cercando di mettere il lettore nei panni di uno scrittore di fronte alla famosa pagina bianca, una pagina che appare come " un impenetrabile muro di calce", pieno di insidie, tanto da indurre alcuni autori a " non cominciare dall'inizio" ma a "scrivere prima due o tre scene facili a metà". Proprio nell'introduzione, Oz spiega anche che, superato bene o meno bene lo scoglio della pagina bianca, l'incipit del romanzo è quasi sempre un contratto tra chi scrive e chi legge, contratti che non sono tutti uguali, "inclusi quelli che non si rispettano e che non si intende rispettare, che pure si chiamano contratti anche loro".
Esemplare, secondo l'autore, è il contratto che sta alla base di "La storia" della Morante, forse l'opera più amata e vivisezionata da Amos Oz: è subito un invito a stare "dalla parte giusta della barricata, che separa i figli della luce dai figli delle tenebre ", "i tiranni assetati di guerra dal distillato di purità e limpidezza". La giovane donna e il figlio sono santi e puri, riuscendo perfino a far apparire il soldato tedesco stupratore un grosso, biondo bambinone dallo "sguardo disperato", bisognoso di tenerezze e compassione.
E questo è un altro contratto dello stesso romanzo: un contratto interiore, come lo definisce Oz, religioso, occulto, tra la scrittrice Elsa Morante e il lettore "pronto ad accoglierlo.
L'opera termina con due capitoli aggiuntivi. Nel primo si esalta il piacere della lettura, che deve essere un piacere lento, che esige tempi lunghi, tutt'altro che frettolosi. Il secondo tratta, vedi un pò dove vanno a parare l'originalità e la fantasia di uno scrittore, la vera ragione della morte di sua nonna, una donna maniaca della pulizia, in perenne dissennata guerra ai microbi, al punto da immergersi più volte al giorno in bagni bollenti, per "arrostire i microbi". La morte in tardissima età avvenuta in bagno ebbe come causa un attacco di cuore, ma, secondo l'autore, sarebbe stato più veritiero scrivere nel referto " morta di pulizia". Di qui, una lunga e dotta disamina sulla distanza tra un fatto e la verità e su dove stia la tanto auspicata certezza e, soprattutto, se sia realmente auspicabile.
"La storia comincia così" si delinea in sostanza come un profondo, e non sempre di facile comprensione, manuale di lettura per comprendere meglio le storie narrate e tentare di creare una sorta di complicità tra scrittore e lettore. Lo stile è efficace, preciso, tagliente, diventando più garbato e ironico nei due capitoli conclusivi.
La lettura può sembrare ostica ma concordo pienamente con una recente recensione, che la consiglia vivamente a coloro che sono interessati ad avvicinarsi ai romanzi "con qualche strumento in più nella propria cassetta degli attrezzi".




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4.3
Stile 
 
5.0
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4.0
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4.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    29 Dicembre, 2024
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Un ritorno, tante illusioni.

Il commissario Ricciardi della Squadra Mobile della regia questura di Napoli è uno dei personaggi preferiti di Maurizio De Giovanni ed è il protagonista di questo "Volver", quindicesimo giallo della serie. Ricciardi è preoccupato, e non a torto. Siamo nel 1940, in estate, ed i tempi sono oltremodo difficili. La guerra è alle porte, è stata dichiarata a Francia e Gran Bretagna, sulle ali di un illusorio entusiasmo da parte di Mussolini. Ma il nostro commissario è preoccupato soprattutto per i suoceri, di religione ebraica, passibili di persecuzioni: mette allora in atto una via di fuga, trasferendoli, con l'adorata figlia Marta, a Fortino, tra i monti del Cilento, dove ha residenza e possedimenti e dove è ancora stimato e riverito. Lascia quindi il lavoro mentre altri eventi si susseguono. Un'artista italiana trasferitasi in Argentina, Livia, sente nostalgia per il paese natale dove è sepolto suo figlio e, lasciando amici e lavoro, torna, accompagnata dalla nostalgica melodia di una celebre canzone, "Volver" (ritornare), che parla di un vecchio amore da ritrovare, di ricordi e di nostalgia: la donna, infatti, vuole rivedere Ricciardi, sua antica fiamma, ma non avrà molta fortuna. Intanto fallirà un attentato ad un gerarca nazista in visita al porto, e verrà messo in salvo il volontario attentatore, un medico offertosi come autore ma sicuramente candidato a morte certa. Ma ecco l'evento narrativo principale: Ricciardi vuole fare luce su un delitto di alcuni decenni prima, avvenuto proprio nei suoi possedimenti. Vuole svelare un mistero irrisolto, scoprire un dramma irrisolto da trentaquattro anni: l'uccisione di un giovane da parte di un marito, convinto che la moglie ne fosse l'amante. Molti sanno, pochi parlano, reticenti o smemorati, ma a poco a poco Ricciardi , indagando e interrogando personaggi vissuti all'epoca con pazienza e cocciutaggine, verrà a scoprire un'altra verità, del tutto inattesa e sconvolgente.
Il romanzo, nonostante gli eventi bellici terribili e la narrazione di un delitto avvenuto in un tempo che fu, segue il ritmo melodico di una canzone struggente e nostalgica: il tema è quello del "ritorno", un ritorno che non è mai quello che si vorrebbe. Un ritorno e l'illusione di cambiare le cose in meglio, l'illusione che è insieme nostalgia e speranza.
C'è l'illusione di Livia che torna in Italia sperando di ritrovare una casa, un amore perduto, una vita nuova. E ancora l'illusione del medico attentatore che vuole dare, immolandosi, un segnale di rivolta, l'illusione dello stesso protagonista, il commissario Ricciardi, che sperando di trovare tra i monti del Cilento pace e serenità, si troverà invece a scavare in un passato insidioso e pieno di imprevisti. E c'è anche, in sottofondo, la guerra dichiarata da Mussolini, che illuderà un popolo stremato a sperare in vittorie rapide e mirabolanti.
E poi, come secondo filone, il tema dell'amore. Un amore che, come sempre, non ha regole precise, andamenti regolari e prevedibili: l'amore, che viene rivelato alla fine del romanzo, ha unito in modo struggente e impetuoso, due personaggi tanto lontani e diversi, abbandonatisi al sentimento senza calcoli nè paure. Un amore che, forse, è stato solo illusione. "Chissà se si può davvero tornare...O se quello che ci illudiamo essere un ritorno è soltanto una triste, patetica illusione. L'ultima illusione". Così finisce il romanzo di De Giovanni, una conclusione amara, condita da tanta nostalgia.
Lo stile è ricco di annotazioni psicologiche, che scavano nei personaggi e li rendono vivi e ben calati nella realtà dei momenti vissuti, intrisi di risvolti drammatici ma aperti sempre alla speranza.
Sullo sfondo, il tango "Volver" (ritornare), fa da colonna sonora al romanzo, dramma e speranza si intrecciano, sottolineando l'intensità di una storia intrisa di emozioni ed illusioni.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Dicembre, 2024
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Realtà o fantascienza?

Kay Scarpetta, la protagonista di tanti romanzi della Cornwell, è impegnata questa volta, da ottima anatomopatologa forense quale è, nell'autopsia di una bimba, Luna, morta per un colpo di pistola partito accidentalmente mentre maneggiava l'arma del padre: verrà fuori un'altra verità, l'indagine necroscopica rivelerà come vero colpevole il padre, Ryder Briley, un riccone potentissimo, immanicato con mafie e politici di alto livello. Nel contempo Kay riceverà una pessima notizia: la morte di Sal Giordano, astrofisico di fama mondiale, premio Nobel, al quale era legata sentimentalmente decenni prima. Morte violenta: il cadavere viene ritrovato in un parco a tema, scaraventato nel vuoto da un oggetto volante non identificato. La vicenda coinvolge emotivamente Kay, che comincia ad indagare, unitamente alla nipote Lucy, impiegata nei servizi segreti ed abile elicotterista, il marito Benton e l'inossidabile agente in pensione, nonchè fedele amico, Marino. E ne scopre di belle: viene a sapere che Briley è il padrone del parco a tema, che l'eterna nemica Carrie Grethen, un tempo agente dei servizi segreti ed ex collega di Lucy, lavora per i russi ed è stata avvistata nel parco. Ma non basta: durante l'autopsia del povero Sal viene alla luce un indizio che porta gli investigatori ad un complesso di edifici dove viene lavorato uno strano materiale, la polvere lunare artificiale. Sal, grazie alle sue conoscenze in campo astrofisico, desiderava trattarla, per trasformarla e costruire uno straordinario telescopio addirittura sulla luna... Non aggiungo altro, se non un tentativo di uccidere una giornalista compromettente da parte della onnipresente Carrie, che getta una luce cupa sulla famiglia di Briley.
La trama, che si svolge in Virginia nei pressi di Langley, sede dei più importanti servizi segreti, è complessa, l'atmosfera sembra avvolta nel mistero anche per il continuo richiamo al possibile coinvolgimento di creature di altri mondi e ad un clima perennemente piovoso, con tanto di tuoni e lampi: ciò nonostante, la narrazione procede faticosamente, con un finale a tratti inverosimile, che mette a rischio la vita stessa di Kay Scarpetta.
L'autrice si dilunga poi per vari capitoli sulle procedure dell'esame autoptico del cadavere di Sal Giordano, con minuziosi, lunghi particolari ai quali gli affezionati lettori della Cornwell sono abituati: forse per mettere in risalto il coinvolgimento emotivo di Kay, un tempo legata sentimentalmente all'astrofisico, ma poco attinenti con le vicende narrate.
Un giallo particolare, non uno dei migliori dell'autrice. Il riferimento a veicoli alieni sembra avvalorare il concetto che qualcosa di vero ci possa essere (e la Cornwell sembra crederci), confermato anche dal riferimento ad aree segrete, non riportate sulle mappe, ove potrebbero essere custoditi reperti organici e rottami di origine sconosciuta.
Comunque, i consueti personaggi (Kay, Lucy, Marino, Benton e comprimari) se la cavano sempre egregiamente, ben caratterizzati anche in una trama ai limiti della fantascienza.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    03 Dicembre, 2024
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Innocenti in carcere.


"Dove è un tribunale, è l' iniquità", così diceva Platon Karataev in "Guerra e pace" di Tolstoj, e così viene amaramente confermato in questo interessante libro di John Grisham, il famoso autore americano di gialli a sfondo legale, e del coautore Jim McCloskey, scrittore con dottorato in Teologia, fondatore di Centurion Ministries, una benemerita associazione per la scarcerazione di presunti colpevoli condannati ingiustamente (già settanta liberati sino ad oggi).
L'opera illustra dettagliatamente dieci casi giudiziari, cinque descritti da Grisham e cinque da Mc Closkey: tutti riportati nei minimi particolari, dalla descrizione del caso alle indagini preliminari, e successivamente all'imputazione del presunto colpevole , al dibattimento processuale ed alla condanna finale, condanna che comporterà in quasi tutti i casi la pena capitale. Sono tutti casi di omicidio, avvenuti nelle più varie circostanze: donne, anche anziane, stuprate e uccise selvaggiamente, rapine terminate con l'eliminazione della vittima, delitti tra coniugi o amanti, fino al caso che fece più scalpore a livello nazionale e mediatico riguardante un padre sospettato di aver ucciso tre figlie in tenera età appiccando il fuoco all'appartamento.
Gli autori riescono a dimostrare e portare coraggiosamente alla luce, esaminando minuziosamente caso per caso in tutte le fasi processuali, errori procedurali inimmaginabili: false testimonianze con promesse di denaro o riduzione di pena, necessità di trovare a tutti i costi un colpevole per placare i media e l'opinione pubblica, priorità alla presunzione di colpevolezza, indagini mal condotte, caratterizzate da insufficienza di prove convincenti o da esami errati, male interpretati o addirittura falsati da negligenze, corruzione o documentazioni ritenute, con il progredire della ricerca scientifica, non più attendibili. Ci sono dentro tutti: investigatori superficiali, esperti poco aggiornati, pubblici ministeri condizionati, avvocati d'ufficio svogliati o corrotti. Ne esce, come appare dalla lettura dei casi discussi nel libro, un quadro della giustizia che lascia l'amaro in bocca, mettendo anche in conto il serpeggiante razzismo, soprattutto negli Stati del sud, evidenziato da una costante maggiore severità nei confronti dei neri. Mi ha anche colpito, se non altro per motivi professionali, il capitolo nel quale viene discussa l'attività di un famoso medico legale ("Giocare all'autopsia" di Grisham), il dr. Haynes, autore di migliaia di autopsie, senza rispetto delle regole e zeppe di errori, a partire dal 1941: chiamato a prestare la sua opera nei tribunali di molti Stati, passava incessantemente da un cadavere all'altro, fornendo risultati fasulli e contribuendo ad avvalorare la presunta colpevolezza di molti innocenti.
In sostanza, emerge una verità, come sostengono gli autori, e cioè che "è molto più facile condannare un innocente che farlo uscire dal carcere". Nonostante ciò, l'associazione di McCloskey, sostenuta da uno stuolo di avvocati e di esperti, è riuscita nell'intento di annullare alcune condanne, dopo anni di ricorsi e tentativi respinti: alcuni ingiustamente condannati hanno ottenuto la libertà, pur dopo decenni di prigione, altri invece attendono ancora nel braccio della morte, con la speranza di un annullamento della condanna.
Da notare che, negli Stati Uniti, la pena di morte, dopo quattro anni di moratoria, è stata reintrodotta nel 1976 nei 35 Stati che la praticavano, e che da allora nel solo Texas sono state condannate 586 persone, almeno 20 delle quali innocenti. Il libro di Grisham e McCloskey si pone come coraggiosa e non inutile testimonianza che si può sempre sperare di salvare vittime innocenti, anche quando apparentemente ogni speranza sembra perduta.
Ovviamente il libro non è uno dei consueti gialli avvincenti di Grisham, ma una revisione dettagliata di casi giudiziari. La lettura può rivelarsi difficoltosa, consistendo essenzialmente nell'esposizione di resoconti di dibattiti processuali, testimonianze, arringhe di pubblici ministeri e difensori, con uno stile narrativo prettamente giornalistico da parte del coautore McCloskey e qualche spunto di riflessione in più da parte di Grisham. Non mancano commenti puntuali degli autori sulle situazioni più deprecabili nè, in alcuni casi, i lodevoli difficilissimi tentativi di salvare persone erroneamente sospettate di crimini. La lettura sarà molto apprezzata da cultori della materia, o più semplicemente da curiosi di questioni e problemi legali. Offre anche uno spaccato dell'America più profonda, con i suoi pregiudizi e certe convinzioni radicate, e può essere utile per comprendere quanto sia difficile giudicare serenamente e senza pregiudizi.
Apprezzabili, alla fine del libro, alcune "note sulle fonti" da parte degli autori: Grisham, arrivato alle vicende narrate attraverso giornali, riviste, atti processuali, McCloskey invece più direttamente "sceso in trincea", per le strade, nei vicoli, nelle prigioni e nei tribunali, soprattutto tramite la sua associazione ed il continuo confronto con i protagonisti delle vicende.
Un inserto fotografico finale ci mostra i volti di quasi tutti i presunti incriminati per crimini non commessi: molti hanno passato in prigione decenni della loro vita, alcuni colpevoli solo di essersi trovati nel luogo sbagliato in un momento sbagliato. Testimoni viventi della affermazione tolstojana : "Dove è un tribunale, è l'iniquità".


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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    24 Novembre, 2024
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Una storia, una vita.

Ritorna Daniel Pennac, uno dei miei autori preferiti, con uno strano romanzo, "Il mio assassino", diviso in 64 brevi capitoli, in cui narra alternativamente la storia dei personaggi del libro e quella dei protagonisti dei suoi romanzi, in particolare quelli del celebre Ciclo Malaussène, Benjamin in primis, capro espiatorio di professione, con la sua chiassosa famiglia multietnica allargata. Il principale personaggio del libro è un ragazzino, Lassalve, di quattordici anni, smaliziato e sicuro di sè : è quello che diventerà poi Nonnino, il ricattatore criminale di Capolinea Malaussène, e che è qui all'inizio della sua lunga carriera di malfattore. Il ragazzino, nel corso dei capitoli, riesce ad assoldare due finti genitori con i quali organizza e pianifica magistralmente il rapimento di sè stesso, inducendo i genitori veri a pagare un riscatto. Riesce anche a sottrarre un grosso anello, con un'affilatissima lama incorporata, con la quale darà trionfalmente inizio alla sua carriera delittuosa. La storia è ben architettata in tutti i suoi particolari, con brio ed eleganza, ed è alternata ad episodi della vita di Pennac, gli incontri, le amicizie, i ricordi di una lunga carriera di scrittore e di docente: una sorta di autobiografia dove amici e conoscenti rivivranno poi nei personaggi che animano i romanzi dello scrittore, iniziando dal lontano 1985, quando fu dato alle stampe "Il paradiso degli orchi", l'inizio della famosa saga. Ed a rivivere non sono solo i ricordi personali, ma è un intero quartiere, quello di Belleville, della periferia parigina: un quartiere dove si mescolano popolazioni e razze diverse, diverse età, un quartiere che rappresenta, nel bene e nel male, uno spaccato della vita stessa.
Pennac descrive il tutto con nostalgia e commozione: è passato tanto tempo, ma lui sembra essere sempre lì, tra i ricordi più struggenti della sua vita: e non dimentica neppure di ammonire, con messaggi che inducono a riflettere sul passato e sui pericoli del presente. E' bene leggere a tal proposito il capitolo 33: vi si accenna alle distruzioni che una guerra comporta, alle ragioni stesse dell'ultima guerra ("il secondo suicidio mondiale nell'arco di vent'anni"), cercando anche di capire altre cause, quelle della "frenesia nazionalista, del cannibalismo nazista, dell'autodivoramento sovietico" e, non ultime, quelle della progressiva "uccisione dello stato di Diritto". Pur non essendo, se si riflette sul capitolo accennato, un romanzo politico, Pennac sembra sottolineare i pericoli che incombono nel momento storico in cui viviamo, momento di guerre locali in corso, momento in cui solo "il Grande Capitale se la caverà benissimo": Pennac va a ruota libera, senza peli sulla lingua. E' accusato, dagli amici che lo ascoltano, di eccedere in "scenate di terrorismo senile". Ma, forse, fa riflettere quella che l'autore chiama la "saggezza dell'antenato", con qualcosa, come afferma, dentro sè stesso che "piangeva lacrime vecchie come l'umanità". Ognuno, poi, leggendo il capitolo in questione è libero di interpretare il pensiero di Pennac come meglio crede. Terrorismo senile o saggezza dell'antenato?

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Novembre, 2024
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Schiavone impegnato su due fronti.

Mi preme subito dire che si tratta di un giallo appassionante,, ben strutturato, avvincente sino all'ultima pagina, forse uno dei migliori di Antonio Manzini. E poi il suo protagonista, il vicequestore Rocco Schiavone, romano de Roma, trapiantato suo malgrado ad Aosta emerge a tutto tondo con il suo formidabile intuito e le sfaccettature di un carattere ombroso, non certo facile, tormentato da ricordi e delusioni di un passato tribolato.
Le storie raccontate sono due : quella di Paolo Sanna, un cinquantenne che vive di rendita, solitario, fratello di un medico proprietario di una clinica privata ad Ancona, giramondo, ciclista dilettante, e quella di Sandra Buccellato, giornalista, già legata sentimentalmente a Schiavone. La trama narrativa principale riguarda Sanna che, un brutto giorno, viene investito intenzionalmente, così chiariscono gli indizi trovati sulla macchina, mentre , pedalava su una strada di montagna e scaraventato in un burrone. Il delitto è palese, Schiavone ed i suoi (i ben noti agli affezionati lettori di gialli Deruta, D'Intino, Casella e il viceispettore Scipioni) iniziano le indagini, spulciando cellulare e agende del defunto. Dalle indagini sui dati emersi, si scopre che da tempo il ciclista investito viveva nel timore costante di un imminente pericolo e che altri amici di Sanna risultavano deceduti negli anni passati in circostanze mai chiarite, e che tutti, guarda caso, avevano prestato servizio militare in Friuli nel 1989: un filo lega le loro scomparse improvvise, su cosa capitò realmente in quel lontano anno Schiavone e i suoi iniziano ad indagare minuziosamente viaggiando per mezza Italia, incontrando risposte evasive, muri di silenzio, omertà anche ad alti livelli. Sapranno alla fine dipanare l'intricata matassa, portando alla luce colpevoli e moventi.
Il caso che riguarda invece la giornalista costringe Schiavone a perlustrare ben altri ambienti. Sandra è scomparsa da tempo, non dà notizie di sè, la famiglia, altolocata, non riesce o non può dare precise indicazioni, sembrando sotto ricatto. Schiavone scopre contatti di Sandra con un noto criminale, ex terrorista. Le speranze di ritrovare la giornalista sembrano affievolirsi, ma Schiavone saprà agire da par suo, questa volta con metodi più spicci e inconsueti, fino alla conclusione della vicenda, che lascia la povera Sandra sospesa tra la vita e la morte e porta alla luce segreti familiari insospettabili.
Dalla trama narrativa emerge, questa volta forse più di altre, il personaggio di Rocco Schiavone, figura enigmatica, tutta luci e ombre. Ad Aosta, dopo la scomparsa di Marina, vive solo, intristito dai ricordi, con la sola compagnia della fedelissima "cagnolona" Lupa, di pacchetti di sigarette e di qualche canna nei momenti più difficili. Se non ci fossero i colleghi, che lo stimano, e soprattutto il lavoro, sarebbe un uomo disperato, preda di ricordi non sempre cancellabili e di un passato denso di ombre e rimpianti. Al lavoro di indagine dedica caparbiamente tutto sè stesso, quasi fosse ogni volta l'ultima spiaggia, con il suo intuito formidabile che lo porta, quasi fosse un segugio, a stanare la preda con ogni mezzo, lecito o, talvolta, anche illecito, usando, quando occorre, metodi sbrigativi. Manzini ha creato un personaggio unico: capace anche di tenerezze commoventi, quando, in soliloqui disseminati nel romanzo, si confida con Marina, l'amore scomparso, traendone conforto e coraggio.
C'è anche altro, nelle pieghe della trama: riflessioni sulla condizione umana, sulle lacune della giustizia umana, su certi movimenti di ribellione giovanile che, pur originando da presupposti condivisibili, non di rado degenerano in atti violenti.
E il nostro Schiavone, con la sua filosofia di vita, della vita ha capito molte cose, dandone una definizione illuminante. "La vita" afferma "è un insegnante terribile: prima te fa l'esame, poi te spiega la lezione". Sembra proprio così: si è sempre impreparati agli eventi che la vita ci pone sul cammino, solo alla fine si riesce a capire (non sempre) il senso di tutto.



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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    06 Novembre, 2024
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Un furto di carbone e due avvocati.

Siamo sempre a Bellano, lago di Como, dove Andrea Vitali ama ambientare le sue storie. Siamo anche negli anni '30 del secolo scorso, in piena era fascista. La trama è intrigante e piacevole, ben congegnata, con personaggi costruiti con la consueta ironia, pennellate che delineano un'epoca che ha segnato la nostra storia passata sottolineandone aspetti negativi e sussulti di speranza. Tutto inizia con un furto di carbone alla stazione ferroviaria: l'autore, accompagnato dal figlio Umilio, è tale Cincicato Graziano, marito di Giachina Scafandro. Si dà il caso che la Scafandro sia la sorella di un ben noto fascista del luogo, Caio, aspirante al posto di segretario del partito, occupato da un indolente e tiepido camerata, Aurelio Trovatore. E si dà pure il caso che il furto abbia un testimone, Pavanotti Ardengo, manovale delle ferrovie, che, prontamente farà debita denuncia all'autorità competente. Sconcerto del povero Caio: il cognato ladro, fervente fascista, deve essere salvato a tutti i costi : la Federazione di Como, interpellata, manderà a difenderlo in pretura un suo avvocato, ben nota camicia nera, con la speranza in un'improbabile assoluzione. Entra in gioco qui un altro personaggio: Valanga Mimmo, un giovane ricercato dalla polizia e in fuga con documenti falsi verso la vicina Svizzera, grazie all'aiuto di un tipografo (il Vivacchia del titolo!) e ad un suo ingegnoso sistema per eludere eventuali controlli.. Il Valanga diventa così l'avvocato Severo Notambulo, e, guarda caso, per una serie di fortuite coincidenze si trova inopinatamente a difendere il ladro di carbone. Riuscirà a farlo assolvere, ma l'arrivo del vero avvocato, quello inviato da Como, scompaginerà i piani dando luogo ad una serie di malintesi e di imprevisti.
Non manca naturalmente il maresciallo Maccadò, che vigila sempre su tutto e tutti, concedendosi qualche gustosa rivincita sui caporioni locali, presi bellamente in giro. Riuscirà anche ad accontentare la moglie Maristella, promettendole l'acquisto della novità tecnologica di quei tempi, la radio, già in possesso dell'appuntato Misfatti.
Il racconto fila via, sempre sul filo ironico che Andrea Vitali sa sfruttare magistralmente presentandoci personaggi credibili, costantemente in bilico tra l'ossequio al regime sgangherato dei tempi e la voglia impellente di farsi i propri affari.
C'è sempre lo spasso dei nomi, come in tanti altri romanzi di Vitali: qui abbiamo, tra i più sorprendenti, Beduina, Abatoio, Bigamo, Miserina, Velocina, Gesuetta, Gattarola e Purissima... Sono documentati e reali: sarò ripetitivo, ma, oltre a stupirmi, mi incantano sempre.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    01 Novembre, 2024
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Scontro finale tra due acerrimi nemici.

Romanzo rocambolesco, pieno di colpi di scena, imperniato sullo scontro tra due acerrimi nemici, il detective tetraplegico Lincoln Rhyme e il fantomatico Orologiaio (è finalmente noto il vero nome, Charles Vespasian Hale), che ha fatto di Manhattan il teatro dei suoi atti criminosi. La città è sotto scacco, a causa di un messaggio firmato Kommunalka Project, sedicente ente no-profit: contiene una grave minaccia, il sabotaggio di una gru ogni 24 ore se l'amministrazione cittadina non convertirà grattacieli di lusso in alloggi popolari a prezzi accessibili. L'Orologiaio, assoldato per la bisogna, sa già come provvedere: userà l'acido fluoridrico, potente veleno corrosivo, che sarà la causa del crollo della prima gru. Rhyme e la moglie Amelia Sachs, consulente scientifico, entrano in azione, mentre gli eventi si susseguono incalzanti : Hale viene in possesso di documenti riservati fornitigli da un poliziotto doppiogiochista, entra in scena un'amica del criminale, Simone, crolla la seconda gru e Amelia rischia la vita per porre in salvo pazienti ricoverati nel grattacielo colpito dalla caduta. Si scopre anche, primo colpo di scena, che l'attacco alle gru era solo un modo per sviare da ben altre intenzioni: nuovi personaggi compaiono sulla scena, immobiliaristi avidi di guadagni, politici di alto livello e addirittura due candidati alle elezioni presidenziali. L'Orologiaio trama sempre nell'ombra, giungendo perfino a mettere fuori gioco il principale aiuto di Rhyme, Ron Pulaski, il "caregiver", cioè il principale addetto alla sua cura personale. secondo la definizione di Rhyme stesso. Dopo una serie complessa di intrighi e di sospetti, si giungerà finalmente allo scontro finale tra i due rivali, nemici da sempre: uno scontro atteso da tempo, che, ovviamente, finirà con un colpo di scena.
La struttura del romanzo è molto intricata, non facile da seguire. I trucchi per depistare le indagini sembra non abbiano fine, ci sono sempre sorprese e nuovi indizi che attestano l'abilità dell'Orologiaio nel celare le proprie tracce e nell'assumere nuove identità. Riuscirà a fuggirsene lontano, magari in Venezuela, a godersi la vita e i soldi incassati? Riuscirà
ad incontrarsi con quella Simone che gli è stata d'aiuto e che sembra avergli dato appuntamento a Praga?
Molte risposte le darà il romanzo, ma non tutto verrà svelato. Jeffery Deaver riesce sempre a tenere il lettore sulla corda, con il suo stile lucido e brillante ed una trama narrativa incalzante, priva di pause e di inutili divagazioni. A parte quelle scientifiche, che sono, come sempre, una caratteristica della scrittura di Deaver, cominciando da quelle relative agli orologi: ad esempio, negli orologi tradizionali si chiamano "ruote" e non ingranaggi i meccanismi che li fanno funzionare, e "ruotismo" il funzionamento stesso. E poi, il fatto che l'orologio atomico sgarri di un secondo ogni 300 milioni di anni non mi ha meravigliato tanto quanto l'esistenza, da me ignorata, che esistesse un Network Time Protocol (NTP) che invia l'ora atomica alle reti che regolano gli orologi di computer, cellulari, GPS, etc. Per non parlare del complicato meccanismo di funzionamento delle gru e dei segreti che nasconde la crittografia collegata al cosiddetto "hashing" (un esempio già nella prefazione del libro)..
Il romanzo si legge con qualche difficoltà nel collegare momenti e personaggi, insomma proibito perdere il filo del racconto: i lettori capiranno anche se la speranza dell'orologiaio di rivedere la sua amica a Praga o di rifugiarsi in Venezuela potrà tradursi in realtà o sarà solo un sogno irrealizzabile.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    24 Ottobre, 2024
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Un'isola e i suoi segreti.

E' il quinto romanzo di Paula Hawkins, scrittrice e giornalista britannica, ben nota per il famoso best seller del 2015 "La ragazza del treno" . Ambientato in Scozia, narra le vicende di un'artista famosa, Vanessa Chapman, della sua amica Grace e di una facoltosa famiglia, quella di David Lennox, filantropo e mercante d'arte, titolare della Fondazione Fairburn, responsabile della raccolta e conservazione delle opere di Vanessa. Vanessa vive ad Eris, un'isola deserta, una sola casa, una sola via d'uscita, irraggiungibile dalla terraferma per l'alta marea che si alterna a periodi in cui una strada è percorribile. Vanessa ha un carattere bizzarro, è scontrosa, testarda, suscettibile, è sposata con Julian, un viveur spensierato, che va e viene, amato e odiato, sempre in caccia di soldi. Grace è l'amica inseparabile: un medico ormai in pensione, non bella, piccola, dal carattere tenace, piena di complessi, diventata nel tempo curatrice delle creazioni di Vanessa ( sculture, ceramiche, quadri , composizioni passate nel tempo dal figurativo all'astratto) e poi, dopo la morte per cancro dell'artista, esecutrice testamentaria per conto della Fondazione. Fondazione con personaggi forti, incisivi nella narrazione: David Lennox, già amante di Vanessa, fatto fuori dalla moglie, un'acida nobildonna, in un "incidente" di caccia, il figlio Sebastian, un bellimbusto superficiale fidanzato di quella che poi, d'improvviso, preferirà sposare Becker, l'amministratore della Fondazione, un personaggio di spicco del giallo, incaricato di tenere i contatti con Vanessa e di organizzare mostre e convegni. Queste le figure principali, che si muovono e agiscono in un'atmosfera quasi surreale, carica di veleni e sospetti, tra terraferma e la casa di Vanessa su Eris, battuta dai venti e dalle onde, dove l'artista cerca nuove ispirazioni e trascrive i suoi tormenti interiori su un diario, non datato, che la Hawkins riporta tra un capitolo e l'altro del libro. Il fatto decisivo del racconto è dato da una scoperta sensazionale: un osso riportato da Vanessa in una sua composizione non è di cervo, come descritto, ma umano, scoperta avvalorata da validazione scientifica. Vanessa ormai non c'è più, distrutta da un male incurabile, le indagini, portate avanti da Becker, coinvolgono Grace, che si chiude in ostinati silenzi. Ma altri misteri rendono inquietante l'atmosfera di tutta la vicenda: la scomparsa nel nulla di Julian, il marito di Vanessa, e di un altro giovane, amico di lunga data di Grace. E poi: quale potrebbe essere la provenienza dell'osso umano contenuto nell'opera d'arte?
I misteri si risolveranno negli ultimi capitoli, con un crescendo di colpi di scena emozionanti e magistrali, in un'atmosfera cupa e inquietante: la Hawkins ci dà in queste pagine il meglio del suo stile narrativo, elegante ed incisivo, sempre sospeso tra mistero e realtà dolorose e sofferte.
Raramente in un romanzo classificato "giallo" si evidenzia una così marcata e minuziosa introspezione psicologica dei personaggi principali. Vanessa e Grace emergono su tutti con i loro caratteri ed inclinazioni. Vanessa, tormentata e insicura, desiderosa di amore e nel contempo di solitudine per meglio affrontare le sue sperimentazioni artistiche, trova in Grace una compagna fidata, non l'anima gemella, ma una presenza sicura alla quale confidarsi nei momenti bui ma anche disposta ad essere accantonata ed insultata. Grace sopporta, si accontenta di vivere nell'ombra, apparentemente felice quando capisce di essere a volte indispensabile: dentro di lei però ribollono insoddisfazione e complessi di inferiorità, una sorta di pericoloso crinale che la condurrà a conseguenze inimmaginabili.
Nel romanzo, infine, c'è una definizione dell'arte che Vanessa cita in un'intervista, e che mi piace riportare : " L'arte è eredità, è conforto. Calma, consola, stimola. E' lavoro. E' quello che fai tutto il giorno. E' come risolvi le cose, come capisci il mondo. E' l'occasione per ricominciare, per cambiare pelle, per vendicarsi. Per essere buoni, per vivere a lungo".

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    19 Ottobre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Due vittime eccellenti.

Ennesima opera della premiata fabbrica pattersoniana, ambientata questa volta prevalentemente a Washington e in Alabama: opera che si diversifica, con molte emozioni in più, dai consueti cliché dei gialli dell'autore con protagonista il bravo Alex Cross, poliziotto a fine carriera e psicoterapeuta di ottima fama. Siamo nel 2020: la storia comincia con il ritrovamento di due ben noti personaggi ammazzati di notte in macchina, ferma nei pressi di una scuola, mentre amoreggiavano. Il fattaccio desta grande clamore per i nomi delle vittime: lei, Kay Willingham, ex moglie del vicepresidente degli Stati Uniti, lui, Randall Christopher, notissimo e rispettabile preside di una scuola del posto. Cross, aiutato dall'amico e collega Sampson, inizia le indagini, non certo semplici per l'identità dei personaggi coinvolti e i loro precedenti, soprattutto quelli di lei, di famiglia facoltosa, più volte ricoverata in ospedali psichiatrici per gravi crisi depressive e vecchia conoscenza di Cross, testimoniata anche da alcune foto compromettenti. Si indaga sulla vita delle due vittime, setacciando ogni ambiente e interrogando addirittura il vicepresidente, ex marito, e la moglie del preside ucciso, resasi irreperibile, che, dopo lunghe ricerche e intricati depistaggi verrà incriminata con l'aiuto di una dubbia perizia balistica.
Ma altre due vicende si intersecano con quella principale. La prima, molto marginale, riguarda una serie di attentati e sommosse cittadine contro i ricchi e l'aumento delle tasse, sommosse che includono sparatorie senza veri e propri incidenti mortali. I responsabili saranno comunque individuati. La seconda, più incisiva, ha punti di contatto con la storia principale: si dà la caccia ad uno stupratore seriale che rapisce e uccide ragazze seminando il terrore. Alex Cross indaga anche qui da par suo e scopre l'assassino dopo ricerche rocambolesche. Il finale è caratterizzato da un gran colpo di scena risolutore: indica anche chi doveva essere la vera vittima predestinata tra i due uccisi in macchina, contrariamente a tutti i sospetti e le previsioni.
Tutta la narrazione è ben congegnata e intrigante: se si eccettua qualche lungaggine soprattutto nei riguardi delle vicende private più o meno torbide, ospedaliere e legali, della ex moglie del vicepresidente che obbligherà gli investigatori ad inseguire la verità fino in Alabama, tutta la storia scorre riservando motivi di interesse ad ogni capitolo, oscillando sempre tra apparenti certezze e novità che aprono a nuove più approfondite indagini. Insomma, non è il solito Patterson che propina vicende prevedibili e dal finale scontato: in "Morte in Alabama" ci sono emozioni inattese e imprevedibili, una storia a tratti commovente ( ad esempio il sopralluogo di Cross nella tenuta patriarcale della famiglia di Kay, con la scoperta, accanto alla tomba della vittima, di una serie ordinata di tumuli di ex schiavi della piantagione di cotone), con personaggi credibili e convincenti.
Lo stile narrativo è incisivo, diretto, senza inutili divagazioni. Naturalmente non mancano brevi momenti di pausa dedicati alla ben nota famiglia di Alex Cross: Nanà, la nonna novantenne, la moglie Bree e i tre figli. Con loro Alex ritrova pace, serenità e gli stimoli giusti per proseguire nel suo lavoro. Un inno, sempre presente nei romanzi di Patterson, ad una tanto agognata "way of life" tanto americana quanto non sempre agevole da perseguire.

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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    07 Ottobre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Chi ha ucciso Diabolik?

Francesca Fagnani, giornalista con articoli su politica e cronaca, è anche esperta conduttrice televisiva, e, devo dire, ha anche molto coraggio: scrive infatti soprattutto di mafia e criminalità, senza paura e senza reticenze. Questo è il suo primo libro, un lungo e dettagliato excursus, con tanto di nomi, cognomi e soprannomi, sui narcotrafficanti e sulle varie mafie che straziano Roma, imponendosi con violenza e spregiudicatezza.
Il libro si apre con un delitto: il 7agosto 2019 un pericoloso boss mafioso, Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik o Diablo, viene ucciso con un colpo di pistola alla nuca mentre, seduto su una panchina del Parco degli Acquedotti a Roma, era in attesa di qualcuno.
Un boss secondo solo a Michele Senese, detto O' pazzo, capo indiscusso di tutto il traffico di droga nella città: pur in carcere, Senese dettava legge tramite pizzini e sorveglianti compiacenti.
L'ombra di Diabolik aleggia su tutta la narrazione: intelligente, ironico, spietato, un narcos sfuggito al carcere, in grado addirittura di far pressioni sul presidente della Lazio, tramite il giocatore Chinaglia per acquisire la società, sempre in curva tra gli irriducibili. Alla sua morte, cordoglio dai tifosi, striscioni inneggianti, messaggi da altre squadre, a significare come la mafia sia in grado di infiltrare ogni ambiente e condizionare comportamenti sociali. Ma altri boss inquinano la vita della capitale: ognuno desideroso di acquisire potere, tramite alleanze strategiche, ricatti, protezioni. La droga è il grande traffico, fonte di arricchimento. Arrivano ingenti carichi dal Sudamerica, soprattutto nei porti di Fiumicino e Civitavecchia: l'autrice cita addirittura un carico di 7 tonnellate di coca, arrivato e scaricato nottetempo con l'aiuto di un'altra mafia nascente, quella degli albanesi. Una mafia arrivata a Roma come manovalanza e affermatasi piano piano in città, fino ad impadronirsi di interi quartieri: il suo capo, Elvis Demce, si distingue per spietatezza e ferocia. Una mafia sanguinaria, che si diffonderà anche nel Norditalia ed in Europa, seconda solo alla 'ndrangheta calabrese.
La Fagnani, da vera giornalista esperta di mafia e criminalità, non trascura nulla. Si addentra con precisione chirurgica nei rapporti più complicati tra i vari clan che si contendono i mercati illeciti, con tanto di nomi e cognomi, dai Casamonica alla banda della Magliana, da Francesco D'Amati (Zio Ciccio), anziano, "custode di tutti" e "pacificatore", a Nasca, distinto, rapidamente salito ai vertici perché amico del boss dei boss Senese ("poteva anche essere ministro") e a Matteo Costacurta, detto "il Principe", di famiglia altolocata, ma con l'istinto dell'assassino. Una carrellata di criminali ben assortiti, dediti soprattutto al lucroso traffico di droga ed al recupero crediti. Sono riportate intercettazioni e addirittura interviste che la giornalista riesce a fare ad alcuni di loro, senza trascurare il minuzioso lavoro di indagine e le scoperte che coinvolgono Diabolik: il "Diablo" è spesso citato, i motivi del suo assassinio variano di volta in volta, l'autrice indaga e ricerca da par suo e, alla fine, la verità emerge, anche piuttosto banale.
I personaggi citati dalla Fagnani sono tantissimi, gli intrecci complicati, le ricerche approfondite: il lettore a volte può perdere il filo della narrazione, ma il quadro complessivo della Roma criminale resta sconvolgente, dominato da una rete malavitosa capillare, che vive e prospera grazie soprattutto al traffico ed allo smercio di droga. Smercio che rende, come si sa, introiti milionari e che permette ricatti e connivenze di ogni genere.
Lo stile è prettamente giornalistico, da vero libro-inchiesta, secco, preciso, scorrevole, senza fronzoli. Pecca forse nell'eccesso di particolari che, anche se ben giustificati dall'indagine minuziosa su persone ed eventi connessi alla malavita, possono distrarre il lettore nella comprensione della trama narrativa.
"Mala, Roma criminale" è stato definito una "pietra miliare" per la conoscenza approfondita della malavita a Roma: una pietra miliare che ha costretto la prefettura ad istituire un servizio di vigilanza nei confronti della scrittrice, minacciata seriamente dalla criminalità organizzata. Una criminalità che induce a paragonare Roma a certe città sudamericane ("non è Tijuana, no: è Roma!) ed a far riflettere chi ancora si illude di poter sconfiggere agevolmente chi ha in pugno un mondo sotterraneo dove scorrono vagonate di droga e di soldi e che prospera anche grazie a protezioni particolari.
Un'inchiesta da leggere assolutamente, per rendersi conto e riflettere.



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Racconti
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    19 Settembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

I meccanismi del Male e della Mala.


E' diffusa l'opinione che le raccolte di racconti siano una sorta di letteratura di importanza marginale. La lettura di "Le vie della Katana" è più che sufficiente per smentire questa credenza, sia per la notorietà dell'autore Piero Colaprico, sia per l'impatto che i racconti hanno sul lettore, racconti che lasciano un segno nella mente e nel cuore. Colaprico, lo scrittore di Polignano, è anche grande giornalista, soprattutto di cronaca nera e giustizia, noto anche per aver coniato il termine "tangentopoli" e per la serie di gialli con protagonista il maresciallo Binda (non chiamatelo commissario!). I racconti sono una trentina, incentrati per lo più su episodi di cronaca nera, quella cronaca nera che ha devastato la Milano del dopoguerra e che, grazie a certi personaggi ben noti, ha infiltrato la vita cittadina con crimini e lotta armata, godendo di favoritismi e protezioni. Boss ben noti della malavita spadroneggiano, ricattano, uccidono, confidando sempre in coperture di alto livello: ci vanno di mezzo poveri cristi, manovalanza di basso costo, diseredati che tentano di sopravvivere compiacendo padroni senza scrupoli e pagando di persona.
Tra i tanti racconti ne segnalo uno lunghissimo, quasi un romanzo, suddiviso in quattordici capitoli: originale, caleidoscopico, parla di scorie nucleari sotterrate, di un personaggio malvagio (quasi un diavolo!), della CIA e di una spedizione in Africa con cattura del cosiddetto diavolo che, poi, si rivelerà ben altro personaggio..Uno dei protagonisti è l'ispettore Bagni, ben noto ai lettori di Colaprico, che esprimerà tutta la sua amarezza per un mondo folle in cui dovrà vivere il figlio nascituro.
Ho apprezzato un altro racconto ("Gli occhiali di Tremal-Naik"), un tuffo nella mia giovinezza, quando le mie letture preferite erano i romanzi di Salgari: si sono ripresentati Kammamuri, Yanez, i Thug, in una rivisitazione dell'India, con un Tremal-Naik redivivo anche se con la pancetta, pronto a reincarnarsi in Ghandi, grande precursore e liberatore della nazione indiana, allora colonizzata.
La maggior parte dei racconti ha però un indirizzo specifico: squadernare le malefatte criminali del secolo scorso, gli intrallazzi delle varie mafie e le relative connivenze politiche: è tutto un "do ut des", intese segrete, favori reciproci, anche ad alto livello, ad esempio, tra americani e russi prima del crollo del muro. Facciamoci gli affari nostri, senza danneggiarci a vicenda !
I boss della mala ci sono tutti: da Vallanzasca a Turatello, da Frank Coppola a Epaminonda,
da Ciappina a De Maria. Fa da contraltare la presenza del maresciallo Binda, ormai invecchiato, nelle vesti di un bravo nonno alle prese con i nipotini.
Lo stile è lucido, saettante, di piglio giornalistico: uno stile condito da espressioni milanesi che invita alla lettura ed alla rilettura.
Eh, sì: perché non basta leggere i racconti una volta sola: la rilettura rivela intrecci poco notati, intuizioni da approfondire, riflessioni su tutto un mondo forse poco conosciuto, un mondo a parte con il quale si è costretti, con amarezza, a convivere.
Sono racconti, è ottima letteratura.



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Altre opere di Colaprico.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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3.3
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3.0
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3.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    12 Agosto, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Una società che vuole evolversi.


Petros Markaris, con "La violenza dei vinti", offre una nuova indagine del suo amato personaggio, il direttore di polizia Kostas Charitos, ben coadiuvato da Antigone, la responsabile della sezione omicidi e da altri solerti collaboratori. L'indagine di cui deve occuparsi è abbastanza singolare: siamo abituati, in caso di omicidi, a seguire storie su delitti di mafia, vendette personali, uccisioni per motivi passionali, di lavoro, di denaro, ma in questo giallo siamo alle prese con motivazioni completamente diverse, di natura prettamente sociale, riguardanti l'ambiente culturale, universitario e liceale, con riferimenti marginali al bullismo nelle scuole. Tutto inizia con il ritrovamento del corpo di un insegnante universitario di economia e tecnologia barbaramente ucciso ed appeso al muro nel suo studio. Poco dopo un altro delitto, l'uccisione del segretario del ministero dell'istruzione, incaricato di rivedere i programmi liceali favorendo le materie scientifiche a danno di quelle letterarie e umanistiche. Gli inquirenti brancolano nel buio: la Grecia di Platone e Socrate, terra di studi classici, ha forse voluto punire un futuro tutto teso al progresso tecnologico ed all'affermarsi di un'economia aziendale tesa solo al profitto ? Il tentativo di un terzo delitto (una bomba nell'auto di un dirigente di un'industria tecnologica ) porterà ad individuare i colpevoli, tre studenti bullizzati al liceo e respinti all'iscrizione al corso di Economia: una vendetta per il bullismo subito e la mancata iscrizione alla facoltà di Economia? Ma i tre assassini verranno a loro volta assassinati, una sorta di rivalsa da parte di chi vuole favorire , con l'apporto anche di ditte straniere, i mercati finanziari locali.
L'intricata matassa verrà con pazienza dipanata dal bravo dirigente, attraverso complesse indagini, con l'aiuto di Antigone e continui contatti con i superiori ed i ministri competenti. Il tutto in un ambiente universitario agitato da scontri con la polizia e da pressanti rivendicazioni L'assunto delle vicende narrate è, come detto prima, originale: la violenza dei vinti è una sorta di ribellione contro il bullismo, contro le sorti di una scuola che non mantiene quello che promette, contro la progressiva e ineluttabile perdita di valore degli studi umanistici, dell'arte, della letteratura nei confronti di una rampante tecnologia, tutta a favore di una nuova economia aziendale, a favore in sostanza del cosiddetto "progresso". Sullo sfondo una Grecia con le sue contraddizioni, il suo traffico caotico, la precarietà del lavoro, lo sbandamento di una gioventù in bilico tra il passato ed un incerto futuro.
L'autore non dimentica neppure l'originalità della cucina greca. Il bravo dirigente della polizia Charitos è un gran buongustaio, merito della moglie Adriana, ottima cuoca, abilissima nel preparare i piatti preferiti dal marito, i souvlaki (spiedini di maiale alla griglia) ed una salsa dal nome impronunciabile (tzatzikì), a base di yogurt greco e cetrioli.
Eccelle nelle descrizioni di atmosfere ed ambienti Petros Markaris, sorvolando un pò, a mio giudizio, sulla caratterizzazione dei personaggi
Resta comunque l'originalità dei temi trattati, che non trascurano neppure riferimenti ad un centro di accoglienza che la famiglia del protagonista ha contribuito a creare con commovente dedizione ed al quale Kostas e la moglie Adriana sono molto legati.


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Altri romanzi dell'autore riguardanti il personaggio protagonista del giallo.
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10
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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
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5.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    04 Agosto, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Una vittima da sacrificare.

La storia inizia con la fuga da un campo di prigionia tedesco di due francesi, Bernard e Gervais. Siamo nel 1941, i due riescono nel loro intento, rifugiandosi su un treno, sempre all'erta e con il terrore di essere scoperti. A Lione scendono di soppiatto e Bernard, nell'intrico di binari dello snodo ferroviario, viene travolto da un convoglio perdendo la vita. Gervais, disperato, prosegue a piedi: ha un indirizzo dove abita Hélène, la madrina di Bernard, raggiunge a fatica l'abitazione e, sono passati tanti anni, si fa passare per Bernard, non avendo il coraggio di dire la triste verità: viene accolto amorevolmente anche dalla sorella di Hélène, Agnes, rifocillato e ospitato in una camera libera. Inizia così la vicenda narrata da Pierre Boileau e Pierre Ayraud, autori di una lunga serie di romanzi polizieschi, alcuni dei quali oggetto di versione cinematografica da parte di Hitchcock e Clouzot: l'opera è datata 1955, questa del 2024 è la prima edizione digitale. Iniziano anche i tormenti del cosiddetto Bernard: le due sorelle lo coccolano, riescono lentamente a sedurlo con la proposta, da parte di Hélène, di sposarlo. Le due, all'apparenza ingenue e sincere, hanno un carattere subdolo e intrigante: lui vorrebbe parlare apertamente, cancellare dubbi, presentarsi con la sue vera identità, intuendo anche, da spifferi e bisbigli, che la verità è già ben nota alle due ospitanti.
L'arrivo improvviso della sorella di Bernard, Julia, spariglia le carte e complica i rapporti tra i protagonisti: c'è in ballo un'eredità milionaria da parte di un vecchio zio di Bernard, i soldi fanno gola , il gioco si fa duro anche perché la nuova arrivata viene a sapere la vera identità del fuggitivo dalla prigionia. Due eventi mortali (uno da fuoco tedesco, l'altro da probabile avvelenamento) complicano (o semplificano) la storia: Hélène e il cosiddetto Bernard si sposano, ma il diabolico disegno della donna prosegue inesorabile, giorno dopo giorno, confidando nella debolezza della vittima designata, acquiescente e ormai rassegnata.
Il romanzo si svolge tutto in un ambiente claustrofobico, all'interno di un appartamento dal fascino sinistro: il fuggitivo, alle prese con due e poi con tre donne, vorrebbe chiarire la sua posizione ma è messo a tacere subdolamente da sorrisi, piccoli favori, mosse pietose: per lui è una partita persa, sembra dibattersi sempre più stancamente nella rete di un ragno esperto che ha bene in mente un suo piano criminoso.
Grande l'abilità degli autori nel dosare i momenti dell'intrigo. I personaggi sembrano sempre sull'orlo di una crisi di nervi, poi, come se nulla fosse, si adattano, quasi forzatamente, ad un comportamento normale, freddo, distaccato, fintamente amichevole e collaborativo. Soprattutto sul carattere delle tre donne gli autori mostrano uno studio psicologico accurato, adeguato a ciascuna di esse: una passionale e poco razionale, l'altra fredda, decisa, determinata, l'altra ancora (l'ultima arrivata) volgare e capace di fingere senza rimorsi...
Un romanzo che scava nei meandri più occulti della mente umana, e che , pur dopo settant'anni dalla prima uscita, riesce a rivelarsi ancora amaramente attuale.




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Altri romanzi polizieschi degli autori.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.8
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4.0
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    24 Luglio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Un week-end da incubo.


Questa volta James Patterson mi ha piacevolmente sorpreso. Finalmente un romanzo intrigante, che si distingue, per originalità e ricchezza di colpi di scena, dalla consueta routine della "Premiata Ditta", anche per merito del coautore David Ellis, ben noto e affermato scrittore , oltre che famoso avvocato e consulente politico. Il lettore è sempre emotivamente coinvolto dalle vicende narrate (siamo negli anni 2010-2011), vicende che iniziano nel bel mondo di Montecarlo ed hanno per protagoniste quattro americane in vacanza dai mariti e dai figli, Abbie e tre delle sue migliori amiche. Sono giovani, ricche, con tanta voglia di divertirsi: hotel lussuosi, champagne a fiumi, e, infine, un accogliente yacht dove, in piacevole compagnia, trascorrono la notte. Il risveglio è scioccante: gli occasionali facoltosi compagni vengono rinvenuti assassinati in macchina, con tracce e prove inconfutabili che indirizzano le indagini della polizia francese sulle quattro malcapitate, che invano proclamano la loro estraneità ai fatti. Da notare che uno de morti è addirittura un notissimo politico francese (non posso dire di più). Inizia un terribile calvario per le quattro indiziate: dopo essere sfuggite a tentativi di linciaggio da parte di folle inferocite, sono internate in penitenziari di massima sicurezza pur proclamando la loro estraneità ai delitti. Ma le prove sono schiaccianti, viene istruito un processo che, dopo vari dibattimenti e alterne vicende, le condanna a lunghe pene detentive. Abbie non cede: pur sottoposta a sevizie d'ogni genere da parte di sadiche guardiane, intuisce che c'è un'oscura macchinazione che non le farà più uscire e, addirittura, il rischio di essere eliminate in carcere, complice il direttore del carcere stesso. Sintetizzando, Abbie riuscirà rocambolescamente a fuggire, non si arrenderà mai fino a quando emergeranno scottanti verità nascoste: i veri colpevoli verranno alla luce, con un magistrale colpo di scena che svelerà tutte le manovre sotterranee per incolpare quattro innocenti. Si parla spesso di colpi di scena finali nei gialli, ma questo è veramente sensazionale, lontanissimo da qualsiasi congettura di lettori smaliziati.
Devo dire che la storia appassiona e convince: James Patterson e David Ellis hanno confezionato una vicenda complessa e ben articolata, diversa dai soliti gialli di routine. I personaggi sono ben delineati in tutte le loro sfumature, soprattutto Abbie, la protagonista assoluta, vittima inconsapevole ad eroina decisa a farsi giustizia a tutti costi. Ben descritto è anche il mondo scintillante e lussuoso che ruota attorno a Montecarlo, luogo carismatico, ove la trasgressione è di casa e quasi tutto è permesso. L'ambiente delle carceri francesi è certamente romanzato, gli autori confessano che la prione descritta è inventata: sono "licenze creative" che occorrono in certi casi particolari di cui gli autori si confessano responsabili.
Un romanzo sicuramente godibile, un incubo ben costruito che avvince il lettore e non l'abbandona più sino alla conclusione.


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Altri gialli dell'Autore.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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2.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
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2.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    18 Luglio, 2024
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Cuori di pietra.

Davanti alla penisola sorrentina, su un isolotto, si trova una strana villa, Villa Genziana: quattro piani e un susseguirsi di corridoi angusti, sale, salette, discese che portano al nulla o che calano a mare. La Villa è un posto malfamato, bordello di lusso e covo di fuggitivi, da una vita grana o dalla polizia, ma anche rifugio di personaggi eccentrici. Su tutto e tutti comanda una maitresse d'alto bordo, Gada di Spagna, una abituata al comando e ad ogni efferatezza. Capita che la donna scompaia, probabilmente fatta fuori non si sa come e per mano di chi. Ed ecco entrare in gioco le due protagoniste del giallo in veste di investigatrici, la Signora, di cognome Vincenzi, una bellezza matronale sempre elegantissima e un pò sfiorita, e la sua pupilla Andrea, di cognome Di Cosmo, una giovane di rara beltà che ama travestirsi da maschio, salvata anni prima dalla Signora da una vita travagliata. Le due sono abitualmente accompagnate da Donna Achille, uno strano animale a loro fedelissimo, simile a un grosso sorcio, scappato da un Circo. L'incarico è stato loro affidato da un tale, Marzio Mansi, probabile boss dalla vita spericolata con precedenti in polizia. Andrea si fingerà prostituta e la Signora sua manager. In Villa sono alloggiati strani personaggi: un docente universitario tedesco, facoltoso, che ha già prenotato Andrea per tutte le sere, limitandosi a guardarla dopo averla drogata con un inganno, un medico noto per intrallazzi con case farmaceutiche, colleghi e direzioni sanitarie, una mediocre cantante sudamericana, innamorata cotta del sopraccitato medico, una prostituta d'alto bordo dall'età indefinibile... Ed è tutto un susseguirsi, tra i personaggi citati, di un andare e venire di sussurri, bisbigli, scenate di gelosia, tradimenti, sproloqui e confessioni: animano la vicenda, oltre a comprimari che vanno e vengono tra isola e terraferma, anche un infido maitre che ha sostituito la maitresse fatta fuori e una cuoca, l'unica che si attiva per dare una mano alle due investigatrici e metterle al corrente dei possibili rischi ai quali potrebbero andare incontro. Unico indizio è il ritrovamento di una sciarpa insanguinata: i sospettati si tradiscono a vicenda, si consuma nel frattempo un altro delitto, ma, alla fine, il colpevole confesserà portando alla luce abissi di malvagità, compreso un traffico di neonati sottratti alle madri e destinati a un turpe mercato.
La Signora, Andrea e Donna Achille, dopo un incontro risolutivo con l'ambiguo e sfuggente Mansi, tra l'altro innamorato corrisposto di Andrea, lasceranno l'isolotto e torneranno finalmente rilassate alla loro amata "cabina a mare", lontane da pericolosi coinvolgimenti
Tutta la trama si dimostra fragile, è tutta un susseguirsi di incontri e scontri, priva di veri colpi di scena e di vere emozioni. Le indagini, di fatto, si riducono a ben poco, lasciando con l'amaro in bocca il lettore che, pagina dopo pagina, attende uno scatto, un evento che finalmente incuriosisca e stimoli il prosieguo della lettura.
Lodevole è invece lo stile narrativo, particolarmente quando tratta delle vicende personali delle protagoniste con animale al seguito: il periodare diventa ironico, brillante, con argute riflessioni sull'amore, sul matrimonio, sulla nostalgia di tempi passati. I capitoli poi dedicati ad una figura di secondo piano, una ragazza nera con un passato angoscioso che partorisce clandestinamente due gemelli, hanno accenti di tenerezza e di toccante umana comprensione.
Tutto sommato una lettura da ombrellone, poco impegnativa, un'esibizione di figure eccentriche, più fantasiose che reali, descritte con la consapevolezza di calcare la mano (vorrei dire la penna) per lasciare un segno.

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Altre opere di Patrizia Rinaldi.
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    14 Luglio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Tre delitti nell'alta moda.


Un giallo intrigante, che ha come protagonista un personaggio ben noto agli amanti del genere: il pubblico ministero Manrico Spinori, detto "il contino", un eccentrico poliziotto di nobile casato, amante dell'opera lirica, gusti raffinati ed un formidabile intuito, tanto da essere chiamato dal suo capo Gaspare Melchiorri (detto "Volpe Argentata") a risolvere i casi più complessi. Ed è infatti molto complicato il caso trattato nel romanzo, un caso che accosta l'investigatore al mondo esclusivo dell'alta moda internazionale. Il tutto avviene al Teatro Costanzi di Roma, dopo l'esecuzione della Traviata: durante un party presso il laboratorio dei costumi del teatro, il titolare di una famosa maison di moda, Tito Cannelli, muore per probabile shock anafilattico dopo la puntura di un calabrone (la Vespa Mandarina, proveniente dal Giappone, come accerterà poi un entomologo universitario), infilatasi sotto la camicia. La morte appare subito poco chiara, Manrico inizia ad indagare: il probabile autore del delitto è tra i commensali, e non è certamente facile orientarsi tra personaggi tanto diversi. Tra questi, Luciano Righi, stilista di fama, che ama definirsi "creatore" di moda, l'affascinante Vera Grant, una firma della rivista Fashion, e poi Irina Zed, una donna altera ed originale, moglie di Cannelli, apparentemente ancora innamoratissima del marito... Ma non basta: sono indagati anche un famoso avvocato, Mainz, il legale di Cannelli, resosi irreperibile dopo la morte del suo cliente e sospettato di legami con un clan mafioso, e un giovane modello biondo, dotato di poco cervello ma ansioso di farsi strada nel mondo scivoloso e inquieto dell'alta moda. Questi due ultimi personaggi saranno le altre due vittime dell'assassino, che verrà alla fine scoperto: non sarà un gran colpo di scena, il lettore attento intuirà già dai primi capitoli l'identità del possibile autore dei delitti e, addirittura, la fine che farà. L'abilità di Giancarlo de Cataldo sarà quella di condurre il lettore nei meandri di due piste investigative, con momenti di suspense e con colpi di scena fuorvianti. Tutta la vicenda è comunque ben costruita, incentrata come accennato sul sorprendente ed equivoco mondo dell'alta moda: un mondo tutto particolare dove a sfilate scintillanti di modelle con creazioni esclusive e costose si contrappone un mondo sotterraneo dove corruzione, invidia e desiderio insopprimibile di emergere fanno da torbido sottofondo.
Emerge su tutto e tutti l'abilità del nostro amato protagonista: quel Manrico Spinori, pubblico ministero ben coadiuvato dalla sua principale collaboratrice, la poliziotta Deborah Cianchetti, una romanaccia grande e grossa, tutta muscoli ma con un cervello raffinato, sempre pronta a dire la sua con consigli utili e spesso risolutivi. Grande è la passione del nobile Spinori per la musica lirica: gran conoscitore di opere, cerca sempre nelle sue investigazioni di trovare somiglianze o affinità tra l'indagine in corso e la vicenda di un'opera lirica, perchè, afferma, " nell'opera si annidano i moti profondi dell'animo e i delitti, tutti i delitti da quello dipendono in ultima analisi: da un'alterazione dei moti dell'anima ... alla radice c'è sempre la più micidiale e pericolosa macchina assassina che sia mai stata concepita, l'essere umano".
L'opera lirica in questione per le vicende narrate nel giallo è la Tosca di Puccini: ed il lettore attento troverà più di un'affinità.
Lo stile narrativo è come sempre brillante e coinvolgente, l'ambiente della moda nel quale il protagonista deve muoversi nasconde sorprese, omertà, tranelli, personaggi che sanno ben nascondersi dietro facciate di rispetto e difficili da stanare.
Una vicenda particolare in un mondo particolare: ci vuole però ben altro per intimorire il nostro solerte e astuto pubblico ministero.

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Altri gialli dell'Autore.
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    05 Luglio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Storia di una donna coraggiosa

Il romanzo è dedicato a tutti gli africani strappati alla loro terra e dalle loro origini per essere trasportati nel Nuovo Mondo: nei primo anni del XVIII secolo , incatenati e caricati su velieri fatiscenti, approdavano sulle coste americane, carne da macello, senza diritti nè speranze, per lavorare nelle piantagioni in stato di schiavitù Una nave, il Venus, fa naufragio nei pressi di una piccola isola, Dark Isle (chiamata poi l'Isola degli Schiavi) nel 1750: centinaia di schiavi morti, pochi si salvano ,tra questi una ragazza coraggiosa, Nalla, e pochi altri, che poco alla volta daranno inizio ad una piccola comunità, che si organizzerà anno dopo anno fino poi a ridursi nei decenni a seguire a poche unità ed a scomparire.
Veniamo ai nostri giorni. A Camino Island, vicino a Dark Isle ed alla costa della Florida, famoso luogo di ritrovo di scrittori e intellettuali, vive Lovely Jackson, una nera ottantenne, ultima discendente degli schiavi: nata nel 1940, a 15 anni ha lasciato da ultima l'isola degli schiavi, che ha sempre considerato terra di sua proprietà, la terra dei suoi avi e della sua gente. Ha scritto molto sull'argomento, è una donna coraggiosa e indomita, e si sente perduta quando una Società Immobiliare priva di scrupoli intende occupare l'isola, con il progetto di costruire un casinò gigantesco, con campi da golf, ville e centri commerciali, nonostante il luogo sia stato sempre circondato da un alone di mistero e sia stato nei secoli centro di eventi sinistri: oltre alla presenza di pantere e serpenti velenosi, alcuni bianchi massacrati per vendetta alla fine del 1700 , esploratori colpiti da batteri necrotizzanti rarissimi, un aereo scomparso dopo aver sorvolato l'isola, studenti sbarcati e scomparsi nel 1970 ...
La Jackson è decisa a battersi, aiutata da una coppia della Florida, un importante libraio di Camino Island e una giovane e promettente scrittrice, e via via da sempre nuovi simpatizzanti. Ha inizio intanto la causa civile tra la Jackson, che si ritiene padrona dell'isola per usucapione, cioè per occupazione dell'isola per lungo tempo, e gli immobiliaristi che si oppongono sostenendo che Lovely vive ormai da troppi anni lontano dalla terra dove è nata. Viene organizzata una spedizione per trovare gli antenati sepolti su Dark Isle, spedizione guidata dalla stessa Jackson che conosce il posto ed i luoghi di sepoltura : intenso e commovente il momento in cui Lovely, appena sbarcata, si raccoglie in preghiera per sciogliere la maledizione che sembra aver colpito da secoli l'isola. Le ossa trovate non danno una risposta risolutiva per quanto riguarda la corrispondenza del DNA, ma la protagonista della vicenda ha ormai tanti amici schierati dalla sua parte, che ne apprezzano tenacia, coraggio e soprattutto costanza nel sostenere il suo convincimento, a tal punto da versare costantemente nel corso degli anni, sua sponte, una cospicua cifra allo Stato, una sorta di tassa (sempre rifiutata) per testimoniare la proprietà di quella terra. La conclusione è serena e gratificante: verrà addirittura istituita una Fondazione, con il compito di ristrutturare i luoghi di sepoltura degli avi, costruire un Memoriale e ottenere finanziamenti per la conservazione di Dark Isle e la promozione della sua lunga storia.
John Grisham. specialista in legal thriller, questa volta ha raccontato con abbondanza di particolari e di personaggi ben caratterizzati una battaglia legale di tipo diverso: una lotta per la sopravvivenza di un ricordo, nello stesso tempo storia americana e tragedia, il ricordo di un passato schiavista ormai sepolto simboleggiato da un sito, quell'isola degli schiavi diventata terra di fantasmi, elevata quasi a sacrario, dove, finalmente, anche Lovely Jackson troverà una pace meritata.
Che dire? Difficile recensire un romanzo così particolare, che potrebbe anche non piacere agli amanti del thriller: difficile parlarne, se non raccontando per sommi capi la storia, piena di personaggi che si contrappongono in un susseguirsi di eventi e di capovolgimenti di fronte: imprenditori senza scrupoli pronti a tutto da una parte, un'ottantenne discendente da un gruppo di schiavi sopravvissuti ad un naufragio dall'altra. Ha vinto l'etica del diritto contro la volontà di un gruppo di speculatori di cementificare un luogo sacro. E Grisham ce lo racconta molto bene, con il suo stile essenziale, senza fronzoli, uno stile fatto di eventi, persone, un racconto stringato e coerente che guida sapientemente il lettore verso una conclusione non del tutto scontata.


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Altri legal thriller di John Grisham.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.3
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    25 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

La verità viene sempre a galla.

Le due guardie forestali in servizio sulle pendici dell'Etna non si sarebbero mai aspettate una simile sorpresa: un cadavere di donna nudo, orrendamente mutilato, in contrada S.Alfio, tra i tronchi secolari del Castagno dei cento cavalli, una specie di monumento nazionale meta turistica famosa, uno spettacolo secolare della natura con una circonferenza ed un'altezza, specifica l'autrice, di una ventina di metri. Arriva sul posto il vicequestore della squadra Mobile catanese Giovanna Guarrasi, detta Vanina, la protagonista della serie, dando così inizio a questa nuova indagine, coadiuvata dai collaboratori di sempre, il capo Tito Macchia, la sua fiamma Marta Bonazzoli, l'ispettore Spanò, il vecchio commissario in pensione Biagio Patanè: entreranno poi in scena il sofisticato medico legale Adriano Calì e il pubblico ministero Franco Vassalli, alle soglie della pensione e meno timoroso del solito. Sullo sfondo, gli altri personaggi che hanno sempre animato le avventure di Vanina, familiari compresi. L'indagine appare subito complessa: il delitto viene subito messo in relazione con un incendio doloso nella zona, nel cui sito iniziale vengono rinvenuti, sotterrati, lo zainetto della vittima e le armi del delitto. Si risale alle generalità dell'uccisa, una paesana detta la Boscaiola, con un cambio di identità anni prima: una figura controversa, con diploma di ostetrica e poi guida turistica volontaria: l'appartamento rivela altra sorprese, compresa una camera blindata attrezzata da ambulatorio. Si individua un amico della donna, un vecchio montanaro, tra l'altro scalatore dell'Everest, indiziato anni prima per stupro e omicidio di tre donne a Belluno, poi dichiarato innocente con molti dubbi: l'uomo è fortemente sospettato, ma altre piste porteranno ad una conclusione inattesa dell'indagine, una conclusione che porterà alla luce sentimenti mai sopiti di giustizia e di vendetta.
Vi sono però altre storie che vivacizzano il racconto di base. Per esempio, la tormentata figura di Costanza, sorella di Vanina, che manda a monte il matrimonio con Tommaso dopo aver scoperto che il fidanzato, medico, tramava per sottrarre il posto di dirigente cardiochirurgo al patrigno di Vanina. E poi ancora la partecipazione della Guarrasi, in collaborazione con l'eterno fidanzato Paolo e gli agenti di Palermo, all'agguato al boss mafioso responsabile dell'uccisione anni prima del padre di Vanina: agguato fallito, che fa temere la presenza di una talpa in questura. Infine, il commovente rapporto affettivo tra il vecchio Patanè e la moglie Angelina: quest'ultima, sempre apprensiva, cambia lentamente, capitolo dopo capitolo, carattere e atteggiamenti. La probabile triste verità emergerà alla fine dell'ultimo capitolo, quando il vecchio commissario invocherà disperato e piangente il nome dell'amatissima moglie.
Un giallo che prende e intriga parecchio: la storia, all'inizio indecifrabile, si dipana a poco a poco seguendo varie piste investigative, Come sempre nei gialli di Cristina Cassar Scalia, dalla metà del romanzo in poi i fatti si accavallano rapidamente, creando talora nel lettore poco meno che attento un supplemento di fatica per non perdere il filo del racconto investigativo: l'abilità dell'autrice sta nel tenere sempre viva la curiosità di chi legge, escogitando colpi di scena magistrali o intercalando il percorso delle indagini con vicende personali dei principali protagonisti.
Lo stile della narrazione è come sempre essenziale e stringato: i fatti tengono sempre banco, non c'è spazio per inutili divagazioni. Anche le vicende personali narrate non costituiscono una nota stonata, ma contribuiscono a rendere la vicenda di base più coinvolgente con mille sfumature.
Unico neo: il consumo industriale di Gauloises da parte della dottoressa Guarrasi. Fa parte del personaggio: credo però (o mi auguro), conoscendo ormai bene Vanina, che prima o dopo arriverà un radicale cambiamento di abitudini. Sigarette e golosità infantili: sono due delle caratteristiche che rendono unica la protagonista e che, unitamente alle straordinarie capacità professionali,, fanno di Vanina Guarrasi un personaggio indimenticabile nel panorama della letteratura gialla italiana.




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Altri gialli di Cristina Cassar Scalia.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.0
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4.0
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    22 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Una pioggia purificatrice.


E' il tredicesimo episodio della fortunata serie di Maurizio de Giovanni dedicata ai Bastardi di Pizzofalcone: una serie iniziata nel 2012 , che narra le avventure (e le disavventure) di un gruppo di poliziotti, i Bastardi appunto, ognuno con il suo lato oscuro, confinati in un periferico commissariato napoletano situato su una collina un tempo zona di caccia al falcone . Sono un'accozzaglia di strani personaggi, guidati da Luigi Palma, sostituto del commissario in pensione: donne e uomini, ognuno con un suo passato più o meno turbolento, pregi e difetti compresi. Il caso di cui devono occuparsi è quello di un notissimo avvocato in pensione, trovato strangolato nella sua palazzina e poi pestato con furia a calci: nulla è fuori posto, nulla è stato rubato. L'importanza del morto fa sì che si muovano subito le alte sfere: l'ordine è di passare il caso ad altri in mancanza di una rapida soluzione. Due giorni: i Bastardi si impegneranno allo spasimo, anche per dimostrare di essere una delle migliori squadre investigative della città. Le indagini iniziano a tappeto: si indaga sulla nipote dell'avvocato, che ne ha rilevato lo studio, si interroga il figlio, che ha sempre odiato il padre, ostile ad una sua relazione omosessuale con un importante politico. Passano sotto il setaccio la badante e la portinaia, è prezioso l'aiuto del vecchio commissario in pensione, che sa tanto e ne ha viste di tutti colori, e che alla fine saprà indirizzare i colleghi verso una possibile soluzione del caso. Soluzione che naturalmente arriverà nei tempi prestabiliti, mettendo insieme tutti gli indizi raccolti. Una soluzione del tutto inaspettata, che, come in tutti i gialli che si rispettino, arriverà come un autentico colpo di scena.
Il giallo intriga parecchio, non solo per l'indagine di base, ma anche per le storie private dei Bastardi, i poliziotti del gruppo investigativo. Sono personaggi ben caratterizzati, ognuno con le sue peculiarità: hanno tutti, più o meno, qualcosa da nascondere, un passato di luci e ombre, tutti con una gran voglia di riscattarsi e di dare un contributo vincente alla soluzione del caso. Essenziale l'aiuto del vecchio commissario in pensione: uno che li sa apprezzare e che, addirittura ospita uno di loro, l'agente scelto Marco Aragona, detto Serpico, un tipo originale, stravagante, che, dall'abbigliamento bizzarro ai comportamenti inusuali, riassume in sè la strana tipologia del team investigativo.
Team per altro vincente, una squadra tra le migliori, niente affatto preoccupata dalla pessima influenza del clima, costante per tutta la vicenda: una pioggia continua, incessante, fastidiosa, che l'autore rammenta continuamente, e che fa da sfondo allo svolgersi delle indagini. Una pioggia che inzuppa i vestiti e gli animi e che, alla fine, diventa uno straordinario personaggio, che riesce a condizionare movimenti e decisioni. Una pioggia, scrive l'autore, che "... non smetterà mai, e non importa. Sarà meglio, anzi, così questa maledetta città si laverà, alla fine".

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Altri gialli della stessa serie, di Maurizio de Giovanni.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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3.5
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4.0
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    19 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Un delitto risolto dopo cinquant'anni.

Un grave fatto di sangue turba la vita palermitana: siamo nel 1977, il direttore di un ufficio postale periferico viene trovato ucciso nel suo ufficio, pugnalato da mano ignota. La cassaforte viene trovata aperta, mancano dieci milioni. Tutto il resto è in ordine, non ci sono segni di colluttazione, nessuno ha sentito grida o rumori sospetti. Si indaga sul caso, il morto risulta essere il marito della figlia di un notissimo boss mafioso, nulla viene alla luce, e, poco a poco, il caso viene archiviato nella sezione Ufficio Delitti Irrisolti. Passano gli anni e alla Mobile di Palermo arriva Giulia Vella, una giovane poliziotta milanese, figlia del questore di Milano, mandata dal padre in Sicilia per farsi le ossa. La ragazza, adottata e sempre desiderosa di conoscere la vera madre, non se la passa bene: i superiori la snobbano, non le danno fiducia, pur essendo un'abile profiler, finché decidono di affidarle un caso irrisolto, per accontentarla ma, soprattutto, per non trovarsela sempre tra i piedi. Guarda caso, proprio il delitto riguardante il genero del boss, irrisolto da anni. Giulia non si perde d'animo, studia i vecchi fascicoli, conosce un anziano commissario in pensione che le fornisce saggi suggerimenti, trova la collaborazione di una giovanissima collega e di un poliziotto esperto e affascinante del quale alla fin fine s'innamora. Ma conosce soprattutto Palermo, città dalle mille contraddizioni, antica e moderna, bella e sfacciata, dove un'umanità calda e passionale vive e s'agita apparentemente lontana da ogni regola. E' una scoperta per Giulia, abituata al tran tran di una metropoli del nord, una scoperta che la turba e poi lentamente la conquista e le fa scoprire, nel prosieguo delle indagini, la parte più profonda e segreta di sé stessa.
Giulia indaga, e, casualmente, viene a contatto con il mondo dei "garrusi", un termine siciliano che indica gli omosessuali: un'umanità che, contrariamente alle apparenze, rivela sofferenze, vite travagliate, soprusi, tentativi di riscatto. Ed è proprio in questi ambienti che Giulia, l'agente venuto dalla metropoli milanese, trova il bandolo della matassa per risolvere il caso e trovare l'assassino. Le pagine conclusive del giallo mettono in luce i tormenti interiori di Giulia, le sue perplessità e la sua sofferta decisione. La figlia del questore di Milano ha acquisito durante le vicende della complicata indagine una nuova maturità che ha messo a nudo la consapevolezza delle proprie capacità a contatto con un mondo prima sconosciuto, pieno di sorprese, refrattario ad ogni etichetta. E la sua decisione finale sarà sorprendente ma ben ponderata.
Il racconto è ben costruito, lo stile è essenziale, rigoroso, anche se basato su una trama piuttosto esile: l'autrice, come in altri romanzi, dà il meglio di sé quando mette in scena la sua Palermo, una città affascinante che sa conquistare ogni visitatore, una città antica e moderna, densa di colori e di profumi. Una città nella quale ogni trama narrativa assume una sua particolare connotazione, come se traesse da un'atmosfera unica e irripetibile
improvvisi colpi di scena. Del resto, già più di un secolo fa Edmondo De Amicis ebbe a scrivere dopo un soggiorno in città: "... un formicolio che vi confonde la vista, uno strepitio che introna la testa, una varietà di veicoli, di carichi, di aspetti umani, di gesti e di voci, un contrasto di allegrezza e di furia, di fatica e di spasso, di lusso e di povertà, quale in nessun'altra città del mondo credo si possa vedere".

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Altri romanzi della scrittrice.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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3.0
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    11 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

L'intuito del commissario Botero.

Il commissario Luca Botero é un tipo originale: alto, elegante, di bell'aspetto, sui quarantacinque, occhi verdi, ha la prerogativa di rifiutare qualsiasi novità tecnologica, preferendo affidarsi al suo formidabile intuito. In questo giallo di Paolo Roversi, il nostro protagonista (soprannominato nell'ambiente l'Amish) è alla sua seconda apparizione (dopo il primo episodio, "Alla vecchia maniera"), coadiuvato da un team ben affiatato, due donne, Roberta e Camilla, che se lo mangiano con gli occhi, e due uomini, Dario e Michele. Siamo a Milano, nella suite presidenziale dell'Hotel Savoy, prenotata dall'onorevole Vincenzo Greco per festeggiare la fine dell'Expo ed un nuovo faraonico progetto stradale. Cinquanta gli invitati, ovviamente il fior fiore della politica e del bel mondo: ad un certo momento del party va via la corrente e quando riappare la luce, l'onorevole galleggia nella piscina della suite, morto stecchito. Confusione e sconcerto, il caso appare eclatante tanto da essere immediatamente allertato l'abile Botero, che con i suoi interviene iniziando le indagini. Gli invitati, l'assassino non può essere che uno di loro, sono passati al setaccio, uno per uno, compresa la moglie dell'onorevole, l'avvenente segretaria, il portaborse ed il vice: Botero deve agire con prudenza, il terreno appare minato da intrighi politici, collusioni mafiose, attività poco chiare di imprenditori privi di scrupoli, tanto che nei giorni successivi, lo stesso Botero e le sue due collaboratrici saranno oggetto di attentati.
Il commissario sa di essere il bersaglio di un suo vecchio nemico, Kaminsky, che continua a perseguitarlo, mentre, nel corso del giallo, succedono altri fatti delittuosi legati soprattutto al traffico di ingenti quantità di cocaina.
Proseguono intanto gli interrogatori dei sospettati, nulla sembra emergere di concreto, quando due fatti imprevisti, il ritrovamento di una borsetta contenente pasticche di cianuro e l'incontro casuale con due ragazze nei pressi dell'Università Statale, aprono uno spiraglio su tutta la complessa vicenda stimolando il formidabile intuito del commissario. Si arriva così ad individuare il colpevole e le motivazioni del delitto, una scoperta sconcertante ed imprevedibile, oltre che a portare alla luce un traffico ingente di droga ed un riciclaggio imponente di denaro sporco. Ma il vecchio nemico di Botero, Kaminsky, è sempre in agguato, nell'ombra, e sarà suo l'ultimo messaggio del romanzo, probabile preludio di un nuovo prossimo episodio della serie.
La storia è intrigante e mette a nudo mali della società e della politica. Lo stile narrativo è, come definirlo?, un po' ondivago: per lo più minuzioso e preciso, ma alternato a tratti in cui lo scrittore sembra avere fretta di concludere. In effetti la soluzione dell'enigma appare affrettata, i tasselli vanno tutti a posato ma, a volte, con soluzioni ai limiti della credibilità. Il meglio dell'autore va cercato però nella magistrale caratterizzazione del burbero e stravagante commissario Luca Botero, detto l'Amish per la sua tenace e convinta tecnofobia, che lo porta addirittura a non usare nemmeno gli ascensori: un personaggio che non si dimentica, lui e il suo meticcio Duca, unico compagno della sua vita, un cane dal pelo bianco cedutogli da un vecchio barbone della Stazione Centrale. Al cane, che pare ascoltarlo, confida paure e sospetti: un duo affiatato, che permette al nostro commissario di sopportare la solitudine e di affinare sempre di più il suo magico intuito.





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Il primo episodio della serie dedicata a Luca Botero, di Paolo Roversi.
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Romanzi storici
 
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3.5
Stile 
 
4.0
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4.0
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    03 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Non assomigliarsi e volersi bene.

Un altro Andrea Vitali, lontano da Bellano e dai suoi abituali protagonisti, lontano dal maresciallo Maccadò e dalle amene divertenti storie che hanno per anni animato i suoi romanzi. Questa volta troviamo un Vitali più impegnato, la storia emblematica di un nucleo familiare dai primi del secolo scorso via via fino agli anni del dopoguerra e oltre: una storia tutta italiana, ad ampio respiro, che dimostra come l'amore possa appianare divergenze e unire persone di origini e cultura diverse.
Tutto inizia ai primi del Novecento, a Manerbio. Il notaio Piedivico, titolare di un avviato e rinomato studio, ha un figlio, Oreste, che non vuole saperne di proseguire nella carriera del padre e desidera solo una cosa: diventare veterinario, un sogno covato da anni che, alla fine, si avvererà e farà di Oreste un ottimo professionista. Cavalli, mucche, muli saranno i suoi pazienti: non avrà bisogno di uno studio, girando lui stesso per cascine e fienili, e, col tempo, si farà apprezzare a tal punto da essere consultato per consigli e piccoli interventi anche su persone del posto. Si sposterà su una Benelli di terza mano e riuscirà anche a coronare un suo timido sogno d'amore portando all'altare la figlia di un fattore del posto, Ludovina Anzibene, una strana ragazza, introversa, che, per unirsi con Oreste, sarà consigliata dal padre di rompere un fidanzamento già avviato con un bravo giovane di campagna, Ottaviano. Nascerà Felicino, gracile, bruttarello e verrà affidato alle cure di una prosperosa ragazza, Versalia, che per tutta la vita sarà fedele e di grande aiuto alla famiglia Piedivico, anche perché la povera Ludovina, sempre più stanca e spossata, dovrà essere ricoverata in un sanatorio, affetta da tubercolosi conclamata. Ma i guai non finiscono: anche se Ludovina si riprenderà e Felicino, in collegio dai Barnabiti, si rivelerà un piccolo genio, un'immane disgrazia colpirà la famiglia: Oreste, in giro per visite con la sua Benelli, perderà la vita in un incidente.
Passano gli anni. Felicino si laurea brillantemente in legge e si trova una sussiegosa e ricca ragazza di città mentre Ludovina sposa il fidanzato di un tempo: due famiglie, una di campagna l'altra di città, diverse e lontane come abitudini e mentalità. Gli incontri si fanno meno frequenti, vicende alterne con situazioni complicate ed inattese complicano la vita degli uni e degli altri. La vita in campagna ha ritmi più lenti, si vive all'aria aperta, si è a contatto con la natura, con gli animali, con un'azienda agricola che può dare grandi soddisfazioni, mentre in città le esigenze sono altre, gli impegni sociali sono stressanti, il livello di vita porta ad ambizioni sempre maggiori: gli eredi dell'originaria famiglia Piedivico sembrano allontanarsi sempre più, ma Andrea Vitali ha riservato per i lettori, proprio negli ultimi capitoli del racconto, un magistrale colpo di scena, un'inattesa novità che costituisce alla fine la vera chiave di lettura e la morale di tutta la storia.
Lo stile narrativo è brioso e scorrevole, il lettore si sente piacevolmente coinvolto, anche se a volte affiora una certa nostalgia per il Vitali di Bellano e di certi indimenticabili e coloriti personaggi. Ma la saga familiare dei Piedivico, che percorre quasi tutto il secolo scorso, ha un suo significato: è lo spaccato di una famiglia lombarda attaccata pervicacemente alle sue origini, e che, da quelle origini, trae affetto e riconoscenza.


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Altre opere di Andrea Vitali.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.3
Stile 
 
5.0
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4.0
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    25 Mag, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Un groviglio inestricabile.


Da un'esperta scrittrice di gialli, ecco un altro romanzo interessante, con una trama coinvolgente e costellata da imprevisti. Siamo ad Albenga, dove operano gli amati protagonisti dell'autrice, il commissario Rebaudengo, ormai in pensione, e la sua fidanzata Ardelia Spinola, medico legale. Una serie di fatti turbano la vita della tranquilla cittadina: prima un avvocato, Giordano Bruno Siri, dà i numeri spogliandosi per strada e urlando frasi sconnesse fino al fermo della polizia ed al conseguente ricovero coatto, poi un illustre medico, Natale Mortigliengo, si suicida apparentemente senza motivi plausibili, lasciando la famiglia distrutta dal dolore, infine una giovane donna viene rinvenuta cadavere tra i rami di un albero, nei pressi di un fiume. Non basta: un noto gelataio del posto, Isidoro, scompare improvvisamente senza dare notizie. Si cerca un nesso tra questi ritrovamenti, la polizia inizia le indagini, la Spinola dà una mano, consigliata dal commissario, emergono fatti sconcertanti: viene identificato il cadavere della donna uccisa, si tratta di Serafina, ex amante di una notissima pianista, Norma, amica della Spinola. Il rapporto tra Norma e Serafina era molto intenso, la ragazza si fingeva addirittura cieca per stimolare la compassione di Norma: scoperto l'inganno, Norma l'aveva lasciata, suscitando in Serafina sentimenti di odio e di vendetta.. Si sospetta quindi di Norma come autrice del delitto, ma altri fatti avvengono complicando una trama già complessa: un ricatto a luci rosse per quanto riguarda l'avvocato impazzito ed il medico suicida, ed una collaborazione amichevole e fattiva tra Dorotea, giovane figlia del medico, ed un riapparso gelataio, che sa molte cose, si confida con la ragazza e continua ad indagare pericolosamente per conto suo.
Tutta la vicenda appare come un groviglio apparentemente inestricabile, ma, alla fine, ecco che un inatteso colpo di scena farà riemergere verità nascoste ed indicherà il colpevole, diabolico architetto di ogni mossa delittuosa. Una vicenda che riflette in certi particolari i malanni della società contemporanea, gli abusi che si compiono, i segreti inconfessabili che si celano dietro apparenti rispettabilità. Perché, come scrive Cristina Nava, " ...in questa epoca che si finge illuminata non è arrivata alcuna luce a illuminare gli angoli bui pieni di ragni".
La storia è ben costruita, avvincente, densa di imprevisti, scritta con stile raffinato, che lascia spazio ad ampie riflessioni su ambienti e personaggi. Cito, ad esempio, la descrizione di un'ora vespertina, in Liguria, subito dopo il tramonto, che non può non lasciare un segno nella memoria: "... il cielo è terso, come se il mondo fosse appena nato, non da una serie di cataclismi cosmici ma dal sogno di un bambino. Bambagia color delle albicocche riflette sull'acqua il rimpianto di un tramonto già perduto dietro la montagna...". Leggendo, ci si può anche emozionare, perdendosi in nostalgie e ricordi lontani, sbiaditi nel tempo ma mai dimenticati.




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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Mag, 2024
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Un sabato finito tragicamente.

Questo romanzo di Camilleri, già pubblicato nel 2009, è molto diverso dalle consuete storie dell'autore cui siamo abituati e che hanno sempre riscosso grandi consensi. Dimentichiamo il commissario Montalbano ed i suoi simpatici scagnozzi, così come il dialetto siciliano, ed entriamo con circospezione in tutt'altra atmosfera: siamo in una città non definita, i personaggi principali sono sette, tre coppie male assortite ed un amico, appartenenti a ceti sociali benestanti, con problemi di convivenza o personali irrisolti e sempre sull'orlo del fallimento. Pesano sul loro presente traumi che si trascinano dall'infanzia: un'infanzia che Camilleri inserisce nel racconto e che trascorre costellata da incomprensioni, litigi, comportamenti sessuali deviati da parte di una madre e di uno zio e addirittura sospetti di eventi delittuosi.
Ed ecco i nostri protagonisti: sono Matteo e la compagna Anna, Fabio con Giulia, Andrea con Renata e infine Gianni, gay solitario, con il quale Matteo, ai tempi del liceo, aveva avuto fuggevoli rapporti. Ed è proprio un Gianni redivivo che fa pervenire a Matteo, alcune foto compromettenti, ricattandolo e sconvolgendo la sua vita: Gianni vuole rivedere Matteo, cerca di minimizzare mentendo, ma, ormai, le voci si rincorrono, altri amici del giro forse sanno, si crea un clima di sospetti e paure. Si giunge al "sabato" del titolo: un incontro conviviale delle tre coppie al quale partecipa Gianni avrà un'inaspettata conclusione, degno colpo di scena finale che, in sostanza, vorrebbe essere una denuncia della deriva morale di una certa società contemporanea all'inizio del terzo millennio, una società fluida, instabile, priva di valori morali consolidati e di certezze. Nessuna speranza di riscatto, secondo Camilleri, soprattutto in presenza di un ambiente sociale vittima di infanzie traumatizzate, vissute tra orrori e vessazioni di ogni genere.
Il messaggio appare quindi chiaro: il comportamento da adulti può essere influenzato da quello che ognuno di noi si porta dietro dall'infanzia, tanto più quanto più l'infanzia è tribolata e povera di affetti. Camilleri stigmatizza così i suoi personaggi, talora esagerando, accentuando i toni fino a trasformare alcuni dei protagonisti in veri e propri simboli di un mondo malvagio e corrotto: a questo proposito cito solamente Renata, la compagna di Andrea, una ninfomane senza ritegno che perseguita in tutti modi Matteo, di cui è invaghita, pretendendo prestazioni sessuali in qualsiasi circostanza.
Dove invece Camilleri eccelle è nello stile narrativo, volutamente essenziale, scarno, privo di inutili fronzoli: ritroviamo qui il vero Camilleri, quello dei polizieschi di Montalbano, dove l'azione è tutto e la freschezza narrativa si impone.


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I libri di Camilleri che non hanno Montalbano come protagonista.
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Romanzi autobiografici
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    13 Mag, 2024
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Un'intellettuale lucida e appassionata.


Michela Murgia, sentendo ormai avvicinarsi la fine, detta all'amico editor Beppe Cottafavi le sue ultime note autobiografiche, una specie di sintesi della sua vita, un testamento sociale e politico riarrangiato e riordinato poi dal "figlio d'anima" Alessandro Giammei, professore di letteratura italiana a Yale. Sono pagine coraggiose e commoventi, pubblicate in ordine non strettamente cronologico. Ha sempre lottato, Michela, figlia di una terra aspra e difficile, contro tutto e tutti. All'inizio, a Cabras, paese natale, contro un padre violento, poi contro il bullismo in un liceo di Oristano, tanto da costringerla ad andarsene da casa, ospite di una zia: si iscriverà ad una scuola religiosa, laureandosi in teologia e diventando addirittura vicepresidente regionale dell'Azione Cattolica. E' attirata da letture del Vangelo e della Bibbia, insegnerà religione nelle scuole: il suo è un cattolicesimo laico, lontano da riti e consuetudini ecclesiali, abbandonerà l'insegnamento quando si scontrerà con il cardinale Ruini e l'istituzione del Family Day e soprattutto quando un altro cardinale la sconsiglierà, impedendole di fatto, di commentare e far leggere in classe "L'ultima tentazione di Cristo" di Kazantzakis, che parla di un Gesù nuovo, non risorto ma sceso dalla croce per evangelizzare. Quanti contrasti nella vita di Michela e quanto coraggio ! Ma l'ambizione più forte è la scrittura, per comunicare le sue idee, per esprimersi e ribellarsi. Comincerà con un blog, facendosi notare, sbarcando il lunario poi con i lavori più disparati: impiegata in una centrale termoelettrica, cameriera,, portiera notturna in un hotel di montagna, grafica, portando alla luce in un suo primo libro ("Il mondo deve sapere") le anomalie e le sopraffazioni esercitate su chi lavora e poi in un secondo ("Accabadora") l'assurdità del cosiddetto accanimento terapeutico, prendendo spunto anche dal famoso caso di Eluana Englaro tenuta in vita collegata ad una macchina per 17 anni. La Murgia ha avuto anche il coraggio di presentare una sua lista alle elezioni in Sardegna, una specie di terzo polo, ingiustamente non ammesso: sarà l'occasione per abbandonare definitivamente la sua terra e trasferirsi sul continente, dove avrà modo di continuare la carriera di scrittrice rivoluzionaria e dirompente. Lotterà contro ogni ipocrisia, diffonderà la sua idea di famiglia "queer", istruirà ed aiuterà i suoi prediletti "figli d'anima", prodigandosi oltre ogni limite, nonostante la terribile diagnosi di cancro che, nonostante le terapie, l'avvicinerà alla fine della sua tormentata e difficile vita terrena.
Nel libro, oltre alle note biografiche, c'è molto altro. Ad esempio, la passione per la lettura e l'affermazione che il Vangelo è stato "il libro più influente" della sua vita, unitamente ad alcune letture bibliche ( "da leggere tra le righe e negli anfratti") e ad altre opere: i libri di Carolina Invernizio (ingiustamente definita da Gramsci una "onesta gallina della letteratura" !), di Umberto Eco, di Stephen King e dell'incompreso scrittore sardo Giulio Angioni. Non mancano i suoi apprezzamenti per l'opera lirica (definita "spettacolo ricco ma non per ricchi", considerando le trame) , le considerazioni sul suo fidanzamento di breve durata con un affermato tenore, le opinioni sul mondo della moda, sul calcio, la sua ammirazione per un santo poco conosciuto, Piergiorgio Frassati, il suo incontro con il papa. Non mancano neppure riflessioni sull'attuale politica, sulla memoria corta degli italiani e su quel lento e strisciante muramento della politica stessa, che la Murgia denomina "democratura", intendendo col termine la progressiva affermazione di un regime dittatoriale attraverso la democrazia. Un capitolo è dedicato alle straordinarie caratteristiche della lingua coreana e ad un complesso di cantanti coreani, i BTS, straordinari, di esempio per tutti, e non solo per le canzoni.
Non potevano mancare pagine affettuose nei confronti del dialetto sardo, con esempi di esclamazioni e modi di dire singolari ed efficaci, volutamente iperbolici e in molte occasioni espressi con un linguaggio "catastrofico".
Michela Murgia si prepara ad andarsene per sempre. Ha fatto il suo dovere, ha lanciato i suoi messaggi, con passione e coraggio: ha preso nettamente posizione contro ipocrisie, malversazioni, soprusi, abusi e bugie, contro il maschilismo imperante in difesa dei diritti delle donne, riscuotendo applausi e consensi. Non ha avuto paura di essere criticata, correndo spesso tenacemente da sola contro sistemi collaudati da collusioni e omertà: è stata a suo modo felice, convinta dell'onestà delle sue idee, convinta di "aver detto quello che doveva dire" e di "aver scritto quello che nessun altro aveva il coraggio di scrivere".
Da cristiana laica, si chiede alla fine se esista un aldilà: non ha una risposta, confidando in una "ulteriorità" che , come afferma, "perfezioni le cose che non riesco a vivere con pienezza". Una speranza, insomma, in un futuro migliore, per il quale ha speso tutta la sua vita.
Concordo con Alessandro Giammei, suo "figlio d'anima" e curatore editoriale delle sue opere, che, nella postfazione, scrive: "leggere questo libro "liberatorio" sarà necessariamente doloroso per diverse persone, ma sarà altrettanto divertente, illuminante, addirittura esaltante".




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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    03 Mag, 2024
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Petra: delitti e matrimonio in crisi.


Un'indagine molto complicata quella che attende Petra Delicado, la brava ispettrice della polizia spagnola, protagonista della lunga e fortunata serie di romanzi di Alicia Giménez-Bartlett. Questa volta, sempre coadiuvata dal fedele vice Fermin Garzon, la troviamo nella famosa plaza del Nord di Barcellona deve si sta svolgendo, con la presenza di numerosi camion ristoranti, una rinomata e frequentatissima settimana gastronomica. In uno di questi viene rinvenuto, colpito a morte da due coltellate al cuore, un ambiguo personaggio, Christophe Dufour, un francese trentottenne, cuoco con precedenti di spaccio e con passaporto (si saprà poi) falso. Con lui c'è, come aiutante, uno strano individuo, Eduardo Castlllo, un quarantenne magro, emotivo, logorroico: piange e si dispera durante l'interrogatorio, confermando di non aver visto nè intuito nulla. Petra e Garzon iniziano ad indagare, scoprono che la vittima aveva rapporti con una donna francese affascinante, Martine, nota come figura di spicco nel traffico di droga, anche lei con passaporto falso: più volte arrestata in passato e sospettata del delitto, viene notata aggirarsi nei dintorni dei furgoni scomparendo poi senza lasciare tracce. Petra e socio indagano su alcuni locali indiziati di spaccio, un bar, un centro sociale ed una drogheria: risposte evasive, omertà, nulla che possa chiarire l'identità dell'assassino. Accadono intanto fatti strani: vetri in frantumi in un bar, devastazione di un locale, distruzione del furgone del cuoco ucciso, lasciando il compagno Eduardo senza mezzi di sussistenza, tanto da indurlo al suicidio. Per non parlare del comportamento sfuggente di due ristoratori vegetariani del camion parcheggiato vicino a quello del morto: due giovani strani, lui chimico, lei una biondina evanescente, qualcosa sanno sicuramente ma rispondono in modo vago e ambiguo, scomparendo poi a bordo del loro furgone. L'indagine brancola nel buio, ostacolata anche da interventi inopportuni e troppo invasivi di un giovane tenente di polizia: si sospetta un traffico di cocaina dal Marocco alla Spagna e qui, prima della spedizione in Francia, un taglio della droga che provoca un intervento punitivo. Complicheranno ancor più le indagini, ma saranno utili per chiarire le idee, altri due omicidi, sempre a coltellate, ed una confessione finale da chi proprio non te l'aspetti, esauriente e risolutiva, un vero magistrale colpo di scena.
Petra e Garzon, finalmente soddisfatti, saranno complimentati dal commissario Coronas. La vicenda, un complicato intreccio tra traffico di droga e insospettabili rapporti sentimentali coinvolgenti vari personaggi, ha messo a dura prova l'abilità investigativa dei due poliziotti, caratterizzati in modo convincente ed accurato dall'autrice. I due, amanti della buona tavola, devono anche affrontare una vita familiare non facile: Garzon non ha rapporti idilliaci con Beatriz, e Petra, con tre matrimoni alle spalle, deve vedersela con tre figli non suoi e con il marito Marcos, un tipo sfuggente, invaghitosi di un'altra e con il sogno represso di una casetta in campagna. Alla fine, un evento traumatico convincerà Petra che solo il suo collega Garzon sarebbe stato " l'unico conforto che avrebbe avuto per anni, forse l'unico,in realtà".
Un poliziesco scritto con stile preciso, accurato, che concede grande spazio allo studio introspettivo dei principali personaggi, soprattutto di Petra e Garzon, un duo inscindibile, tenace e caparbio nelle indagini, ironico e piacevole nei momenti di tregua.
Vorrei segnalare alla fine una riflessione dell'autrice che mi ha colpito. "Mi era già capitato di pensare che gli uomini deboli fossero intelligenti. Erano molte le domande che mi suscitava questa constatazione. La debolezza induce ad affinare l'intelligenza per compensare la mancanza di carattere? La debolezza può arrivare ad essere un'arma potente in mano a chi sa usarla?". Una riflessione che fa pensare e incrina molte certezze.

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Altri gialli della stessa serie di Alicia Gimenez-Bartlett.
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    28 Aprile, 2024
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La prima indagine del commissario Rebaudengo.


E' il primo romanzo della serie che Cristina Nava dedica al commissario di polizia Bartolomeo Rebaudengo, piemontese di Cuneo, in servizio ad Alassio. Un uomo di mezza età, separato, amante della buona cucina, un personaggio solido, tutto dedito al suo lavoro: non ha vizi, vive da solo, stentando ad adeguarsi , lui piemontese doc, al clima ed alle tradizioni culinarie di una regione marinara. Ecco che un giorno, qui inizia la storia, arriva in commissariato una telefonata: una signora della buona società, Fabiola Ferretti, segnala la scomparsa del marito, Alfonso Oddone, professore di filosofia al liceo classico del posto nonché, a quanto pare, impenitente donnaiolo. Poco dopo l'inizio di indagini e ricerche, viene alla luce un delitto allucinante: l'assassinio per strangolamento di un'allieva del professore, Serena De Blasi, rinvenuta in un campo, nuda, al centro di una macabra messinscena. Si scopre che la giovane, di straordinaria bellezza, frequentava il professore per lezioni private e proveniva da una famiglia disastrata, madre fuggita in America e padre docente universitario, incurante dei figli. Un altro delitto complica le già difficili indagini: un'intima amica di Serena viene rinvenuta abbandonata in un campo, strangolata. Rebaudengo si danna l'anima alla ricerca del colpevole, anche perchè altri strani personaggi rivelano inquietanti note personali, un bidello pedofilo e uno studente innamoratissimo di Serena, cultore, così sembra, di riti satanici. Alla fine un diario segreto ed un orecchino antico e prezioso condurranno il solerte commissario alla soluzione dell'enigma: una soluzione inattesa ed imprevedibile che lascerà tutti costernati.
Un giallo coi fiocchi, ben costruito, che mette a dura prova l'abilità del commissario Rebaudengo e dei suoi fidati colleghi e collaboratori: tra questi un bravissimo medico legale, la dottoresse Ardelia Spinola, che avrà in seguito una serie di gialli da protagonista e che conquisterà in questa vicenda il burbero e solitario commissario, con la sua simpatia ed i manicaretti più invitanti della cucina ligure. Le trenette al nero di seppia sarà il piatto che contribuirà a dissipare i molti dubbi di Rebaudengo, autentico piemontese, sulla cucina ligure.
Il commissario Rebaudengo entra da protagonista nella schiera dei ben noti commissari amati dai lettori del genere: gareggia sin dalla prima apparizione con i più noti Maigret, Montalbano e poi via via fino alla più recente Vanina Guerrasi. Un bel tipo, scontroso, buongustaio, un cuneese attaccato alla sua terra, diffidente, ma in via di scioglimento, nei confronti del nuovo ambiente ligure: perché, dice, "io sono un piemontese di provincia, un personaggio alla Fenoglio, una sintesi tra provincialismo, essenza montanara, mangiatori di castagne, contadini diffidenti dello straniero ... spaventati dal nuovo, spaventati dal mare ...", e Cristina Nava lo caratterizza benissimo, nei suoi atteggiamenti più intimi e nella sua attività professionale.
Unico neo del giallo, a mio avviso, la prolissità di alcune descrizioni ambientali, che tolgono ritmo al racconto. Si comprende che Cristina Nava ama la sua terra e la cucina della sua terra: una regione bellissima e speciale, che anch'io amo particolarmente avendoci passato non poco tempo della mia vita
Come inizio di una nuova serie, il romanzo promette bene, coinvolge il lettore fino all'ultima pagina, curioso di seguire il Commissario Rebaudengo e Ardelia Spinola, la "dottoressa dei morti, piena di vita" in nuove future indagini.

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Altri libri di Cristina Nava.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    21 Aprile, 2024
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La bella e la bestia.


Di Joel Dicker avevo letto tempo fa "La verità sul caso Harry Quebert" del 2012 " , un romanzo del tutto singolare, difficilmente giudicabile. Uno stile nuovo, una trama complessa, piena di imprevisti, uno di quegli esempi di letteratura difficilmente giudicabili, pareri entusiastici o critiche senza appello. Ecco ora l'ultima fatica del nostro autore, una narrazione che lascia il segno, anche per il modo di impostare tutta la storia ed il susseguirsi dei capitoli. Tutto in funzione di una rapina in una famosa gioielleria ginevrina, il 2 luglio del 2022, annunciata all'inizio e portata a termine alla fine del libro: i capitoli costituiscono un lento countdown, con digressioni anche in tempi precedenti, e raccontano tutti gli eventi che precedono. Eventi che vedono implicate due famiglie di Ginevra: quella più modesta di Greg, agente di polizia, e Karine, commessa, con due figli, e quella invece, anch'essa con due figli, più agiata, di Arpad, impiegato di banca, e Sophie, una bionda affascinante, figlia di ricchi ristoratori, vera protagonista e punto intrigante di tutta la storia. Bisogna sapere anche che Greg è morbosamente attratto da Sophie, che spia di nascosto nei momenti più intimi, e che Arpad ha perso il lavoro, all'insaputa della moglie. Sophie, pur legata alla famiglia, ha un passato burrascoso: anni ed anni prima si è fatta irretire da un giovane rapinatore, Fauve, compiendo in coppia con lui due rapine Costui, brillante e pieno di fascino, ha un forte ascendente su Sophie, non esce completamente dalla sua vita: è l'animale selvaggio del titolo, che ama ancora, contraccambiato, la giovane, sedotta dai brividi dell'avventura e da esperienze nuove ed eccitanti. Arpad, sconvolto dalle rivelazioni della moglie, lascia la famiglia: la storia si complica ulteriormente, Greg è coinvolto come poliziotto, l'ultima rapina si concluderà tragicamente ma riuscirà a rimettere in sesto i cocci di una famiglia apparentemente distrutta.
La trama, come già detto, è molto complessa e mette a nudo i rapporti altalenanti tra le due famiglie. Non bastano le acrobazie di Arpad per nascondere alla moglie il licenziamento dal lavoro e le inconfessabili manovre di Greg per spiare Sophie: è l'irrompere di Fauve, l'animale selvaggio, che coinvolge Sophie in un susseguirsi di attività pericolose alle quali lei non può e non sa rinunciare, avida di una vita più libera e carica di emozioni nuove e forti. Le emozioni non mancano, i colpi di scena neppure, tutto sembra svolgersi in un'atmosfera surreale, dove tutto è vero ma nulla sembra realmente vero.
E qui ecco che tornano, forse più accentuate, le perplessità che avevo avuto leggendo anni fa "La verità sul caso Harry Quebert". Perplessità sullo stile narrativo, scarno, essenziale, diretto, privo di approfondimenti sui vari personaggi e di qualsivoglia introspezione psicologica. Fatti, fatti nudi e crudi, semplicemente raccontati come in una lunga e complicata favola.
Ecco, una bella e lunga favola. Ma, a differenza di quanto raccontato solitamente nelle favole, dove i buoni fanno i buoni ed i cattivi solamente i cattivi, qui le caratterizzazioni sono mescolate (ad arte?) : la "buona" Sophie, madre adorabile e sinceramente innamorata di suo marito, è anche un'audace rapinatrice e, attratta dal fascino del brivido, flirta con il selvaggio Fauve, mentre il marito, Arpad, apparentemente fedele e onesto, accetta di partecipare ad una rapina e rivela lati oscuri e violenti del suo carattere. L'animale selvaggio, Fauve, poi, pur conducendo una vita al di fuori da ogni regola, preda degli istinti più imprevedibili, riesce anche a rivelare momenti di tenerezza e di onestà, pagando un prezzo altissimo per questi "cedimenti".
Comunque, a parte qualche riserva sullo stile narrativo, il romanzo è godibile, coinvolgente, non ha momenti di stanca e non deluderà sicuramente chi ama azione e colpi di scena. Segnalo che i salti temporali, in previsione della rapina finale, sono continui e possono creare qualche difficoltà nel seguire il filo del racconto.
Buona lettura!

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I precedenti romanzi dell'autore.
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Romanzi storici
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    04 Aprile, 2024
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Lorenzo Falcò in missione a Parigi.

"Sabotaggio" è il terzo noir della serie dedicata da Pérez-Reverte al protagonista Lorenzo Falcò, un ex trafficante di armi, spia dei franchisti spagnoli: un avventuriero senza scrupoli, bello, elegante, donnaiolo, schierato per soldi più che per convinzione ideologica. Siamo negli anni della guerra civile spagnola, il governo repubblicano di ispirazione marxista vacilla travolto dall'insurrezione militare di destra, guidata dal generalissimo Franco. Un influente capo dei servizi segreti, noto come l'Ammiraglio, affida a Falcò un'importante missione, questa volta in Francia: il compito è duplice, eliminare un importante scrittore, Leo Bayard, fervente comunista, aviatore provetto ed autore di incursioni aeree sul territorio spagnolo, e, contemporaneamente, fare in modo che una grandiosa opera di Picasso ("Guernica") non venga esposta all'Esposizione Universale di Parigi. Falcò parte e, già in vagone letto del treno per Parigi, passa una notte a luci rosse con due americane conosciute poco prima: le incontrerà di nuovo a Parigi, ed avrà modo di esercitare le sue impareggiabili doti di seduttore. Ma il compito affidatogli è ben altro: riuscirà, spacciandosi per collezionista d'arte, a incontrare sia Leo Bayard ed una sua amica, la fotografa Eddy Mayo, sia Picasso, che arriverà a fargli un ritratto. Parigi non è un posto tranquillo. Il governo guarda con simpatia i repubblicani spagnoli, mentre in città proliferano spie russe, naziste e fasciste, in un susseguirsi pericoloso di azioni di spionaggio e controspionaggio. Falcò è un esperto del mestiere, si finge simpatizzante di sinistra, guadagnandosi le simpatie di Bayard, e, nel frattempo, riesce, con un'azione delittuosa e con lettere e documenti falsi, a convincere chi di dovere che Bayard è una spia al servizio dei franchisti, condannandolo quindi ad una sicura eliminazione. Falcò deve anche sfuggire ad un attentato, gettandosi nella Senna, ma trova il tempo ed il modo di corteggiare e conquistare un'affascinante cantante nera. La trama è molto complessa, ricca, soprattutto nel finale, di colpi di scena, che confermano il doppiogiochismo di certi personaggi, ritenuti integri e ben schierati. Il nostro riesce anche a danneggiare l'opera di Picasso, che l'artista riuscirà in extremis a riparare e ad esporre, sia pure con ritardo, all'Esposizione Universale.
Il racconto è intrigante e tiene con il fiato sospeso, ambientato in un contesto drammatico, dove i principali personaggi si guardano costantemente le spalle e temono amici e nemici, sempre all'erta e con la pistola in tasca. Nel finale, un accenno a quell'Eva Neretva, la leggendaria spia sovietica del precedente romanzo della trilogia ("L'ultima carta è la Morte"), scomparsa nel nulla, l'unica donna per la quale Falcò abbia provato e provi ancora inusitati sentimenti di tenerezza.
Numerose le celebrità che appaiono nella narrazione: su tutte Picasso in persona, nel suo studio, e Marlène Dietrich, in tutto il fascino e l' enigmatica bellezza di donna irraggiungibile. Una vera perla il suo fuggevole incontro con Falcò, in un night, ed un sorprendente bacio rubato. La critica ha voluto riconoscere nomi famosi in altri personaggi, ad esempio in Eddy Mayo la fotografa Lee Miller, allieva di Man Ray, in Bayard lo scrittore comunista André Malraux e in un manesco amico di Bayard, l'americano Gatewood, addirittura Ernest Hemingway.
Pérez-Reverte è un maestro nella letteratura di spionaggio, il ritmo è sempre incalzante, la descrizione della Parigi del 1937 è ben documentata e precisa: una città in pieno fermento intellettuale alla vigilia di una guerra devastante, ove può succedere tutto ed il contrario di tutto, in un crescendo di tensioni, azioni delittuose e colpi a sorpresa.
Per gli appassionati del genere, un romanzo da non perdere.


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I precedenti romanzi della trilogia di Lorenzo Falcò, "Il codice dello scorpione" e "L'ultima carta è la morte" dello stesso autore.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    31 Marzo, 2024
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Due mondi a confronto.


Il romanzo fa parte di una trilogia dello scrittore spagnolo dedicata a Lorenzo Falcò (è il secondo episodio), un avventuriero con un passato di trafficante d'armi, al soldo di chi paga bene inviandolo in imprese spericolate, una vita "trascorsa tra cantine sudamericane, taverne centroeuropee, suk e bazar del Nordafrica e del Levante mediterraneo". Siamo in piena guerra civile spagnola, nel 1937, quando il governo repubblicano filomarxista vacilla sotto i colpi dei rivoluzionari falangisti, guidati dal generalissimo Franco. Falcò, 37 anni, riveste i panni di spia franchista, e viene incaricato di recarsi in Marocco, a Tangeri, dove è momentaneamente ancorato un mercantile repubblicano, il Mount Castle, carico di lingotti d'oro e gioielli trafugati alla Banca Spagnola, in attesa di ripartire per la Russia . L'incarico è impedirne la partenza e recuperare l'oro, impresa difficilissima e irta di pericoli: a Tangeri ci sono uomini di fiducia che daranno una mano a Falcò, tra i quali un giovane telegrafista , un sicario pronto a qualsiasi nefandezza ed una donna, amica di vecchia data, che lo ospita e fa da tramite con altri personaggi. Personaggi svariati, in un ambiente da frequentare sempre con un colpo di pistola in canna, un ambiente di spie, opportunisti, doppiogiochisti, dove è sempre bene guardarsi le spalle e non fidarsi mai di nessuno. Falcò, poi, è un gran donnaiolo, bello, aitante, sempre elegante, spregiudicato: una sua vecchia fiamma, da lui messa in salvo nel passato, Eva Neretva, una comunista incorruttibile, è imbarcata sulla Mount Castle, e rende l'impresa ancora più complicata da condurre a termine. Nel porto è ancorato anche un cacciatorpediniere franchista, che ha l'ordine di bloccare la partenza della nave nemica e di affondarla in caso di forzatura del blocco. E' , quella civile spagnola, una guerra tra fazioni opposte, confida Falcò alla vecchia amica di Tangeri, quelle repubblicane , "milizie fuori controllo, demagoghe, opportuniste" e quelle franchiste che " assassinano con metodo, seminando un terrore più freddo, pratico, intelligente": ne verrà fuori comunque, vincano gli uni o gli altri, " una dittatura, rossa o azzurra, sarà la stessa cosa". Eva e Falcò avranno modo di incontrarsi e di sostenere le proprie idee politiche, Eva con ragionamenti freddi e lucidi per riaffermare senza tentennamenti la propria fede incrollabile in un radioso futuro, Falcò, più pratico e consapevole, per tentare di dissuadere l'amica-rivale da utopie irrealizzabili.
La vicenda si complica, con scontri tra le fazioni opposte, tranelli, incontri tra i capitani delle due navi, uomini di mare integri e costretti, quasi contro voglia, a farsi la guerra: la conclusione coinvolgerà emotivamente il lettore, la bella Eva e Falcò tenteranno di ammazzarsi a vicenda, in un finale incalzante e sorprendente.
Un romanzo denso, intrigante, pieno di Storia e di storie, a suo modo affascinante e che, fino all'ultimo, lascia il lettore con il fiato sospeso: la guerra civile spagnola del secolo scorso, che fa da sfondo, crea uno scenario, nel contempo ideologico e storico, che tiene sempre desta l'attenzione, con i suoi intrighi, voltafaccia repentini, ripercussioni ed azioni delittuose. Il personaggio di Lorenzo Falcò spicca, magistralmente ideato e caratterizzato dall'autore: una figura emblematica tipica del periodo storico, un avventuriero schierato per soldi e convenienza, contrapposto all'amica-nemica Eva, che fa di una utopica ideologia la ragione stessa della sua vita e di un'incrollabile fede. Una contrapposizione ben costruita, che lascia spazio anche a momenti di inattesa tenerezza e di sentimenti che sembravano sopiti nel continuo susseguirsi di azioni dove l'eliminazione fisica dell'avversario appare il solo motivo per sopravvivere.
Emerge dal romanzo la lunga militanza dello scrittore come giornalista e reporter di guerra , caratterizzata dalla caparbia volontà di capire la realtà ed il mondo in cui viviamo: un mondo malato, ipocrita, condizionato da giochi sporchi e personaggi corrotti.
Ne consiglio senza dubbio la lettura.






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La trilogia dell'autore con protagonista Lorenzo Falcò.
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Racconti
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    07 Marzo, 2024
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"Napoli, capitale dell'anima".


Dopo aver letto il "vocabolario napoletano di effetti personali" (così recita il sottotitolo del divertente saggio di Erri De Luca), ho ricordato quella famosa frase di Luciano De Crescenzo che faceva : "Dovunque sono andato nel mondo, ho visto che c'era bisogno di un poco di Napoli". Ecco, Napoli è Napoli, città unica, dove non esiste una parola dialettale che indichi la noia. E di parole e detti dialettali napoletani De Luca ne sciorina ben 101, accompagnati da significativi disegni e spiegati con ironia, sapienza frizzante e note storiche che spaziano dalla fondazione della città da perte dei Greci fino ai tempi moderni, guerre mondiali comprese. Si comincia con " 'A capp' abbascio" che indica il moto del cadere, e qui De Luca inizia a intrattenere il lettore con una esperienza personale, quella di una assistente di volo che, alla richiesta del suo nome, rispose "Karim" (in napoletano "cadiamo") , spaventando a morte i passeggeri. E si continua poi, in ordine alfabetico, con Allucco (strillo), Ammappucciato ( stropicciato) , Ammuina ( baraonda apparente: qui voglio citare un mio ricordo, il famoso ordine di un ammiraglio della flotta borbonica, "facite ammuina", per dare l'impressione di un gran darsi daffare, in presenza del sovrano, senza nessuna pratica utilità). E via di questo passo. Alcune espressioni sono ben note anche a chi non è napoletano (ad esempio: Iamm' , Omm' e niente, Pazziare, Scètate, Scuccia', Zeffunno"...), altre invece sono veri e propri neologismi, incomprensibili a chi non è del posto ( Artéteca, Bafuogno, Cusetore, Frantellicco, Ggrare, Paparacianno, Sbafantiello, Secutasòrece, etc. : lascio al lettore la sorpresa di capirne il significato). Ogni voce è accompagnata da un commento, serio o scherzoso, dell'autore, e, come già accennato all'inizio, da ricordi di momenti storici importanti vissuti dalla città di Napoli: i tempi dei Borboni, con il sovrano disperato per la scarsa combattività delle sue truppe, anche cambiando divisa (" comm'e vieste 'e vieste, tanto fuieno sempe!"), le emigrazioni di fine Ottocento e primi Novecento (" pe' terre assai luntane" !), i bombardamenti nella seconda guerra mondiale e la fuga nei rifugi ( e la nonna dell'autore, che seraficamente non si muoveva dalla sua camera da letto), l'insurrezione popolare del '43 e la cacciata dei tedeschi, l'arrivo degli Americani e l'ospitalità dei napoletrani in cambio di vettovaglie, la VI flotta nel porto di Napoli ed i commerci in dollari al posto della lira, gli anni della Repubblica e la sopportazione paziente di diffamazioni gratuite. Non mancano riferimenti frequenti alle più belle poesie di Salvatore Di Giacomo e Raffaele Viviani, alle canzoni di Roberto Murolo, ai film di Totò e di Eduardo De Filippo.
Insomma, citazioni, ricordi familiari, storia napoletana: tutto scorre nelle pagine frizzanti e colte di Erri De Luca. Tanto da far scrivere allo scrittore e regista Stanislao Nievo: " Se ci fosse una capitale dell'anima, tra oriente e occidente, tra sensi e filosofia, tra onore e imbrogli, avrebbe sede qui".

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Gialli, Thriller, Horror
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    27 Febbraio, 2024
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Omicidio premeditato o legittima difesa?


L'avvocato Guido Guerrieri è uno stimato penalista di Bari. Vive da solo, un'esperienza matrimoniale finita, un nuovo amore sparito nel tempo, una donna, l'ultima, che lo lascia rivelando un inopinato lato oscuro della sua vita. Guerrieri ama le buone letture, la musica, il lavoro, e, nel contempo, non riesce a superare paure ed incertezze che lo turbano e lo costringono ad affidarsi alle cure di un amico psicoterapeuta, il dottor Carnelutti, che, in sedute periodiche, cerca di aiutarlo scavando nei suoi ricordi d'infanzia ed in certi sogni ricorrenti.
Il lavoro, intanto, lo impegna a fondo, da professionista serio e capace quale si è sempre dimostrato. L'ultimo caso, quello trattato nel romanzo, riguarda una donna, Elvira Castell, che, in un momento di rabbia incontrollata ha ucciso con un colpo di pistola il compagno della sorella gemella Elena, suicidatasi qualche mese prima. La poveretta aveva subito per anni le angherie dell'uomo, un violento, truffatore e profittatore, che, dopo la morte della convivente, aveva occupato da padrone l'appartamento rifiutando ogni tentativo di accordo. Si era giunti così ad un colloquio definitivo, Elvira armata, lui (così pare) con un coccio di bottiglia in mano, pronto a sfregiarla: era "esploso" un colpo di pistola, lui morto colpito al cuore, lei arrestata e raccomandata, per la difesa, a Guerrieri. Negata la richiesta di libertà provvisoria e rifiutato il rito abbreviato, comincia così il processo in corte d'assise. Come Pubblico Ministero, una giovane e battagliera avvocatessa punterà sulla premeditazione e sul fatto criminoso , Guerrieri, da difensore, sosterrà la non colpevolezza di Elvira, costretta a reagire per legittima difesa e per difendersi dall'energumeno. Il verdetto, che ovviamente non riferisco, pur previsto da Guerrieri, non lo accontenterà e lo costringerà ad amare riflessioni sulla giustizia in genere e sulla sua stessa professione, di cui sente, ormai stanco, il peso e le scarse soddisfazioni, tanto da indurlo a concludere che "il mondo dei processi è uno dei più imponderabili che esistano, accade di tutto e fare previsioni è una pessima idea".
Guerrieri si sente, quasi, costretto a vivere in un mondo che non ama ed in cui non si trova a suo agio. Nelle sedute da Carnelutti rivive la sua infanzia, ricorda i suoi genitori, i momenti belli della scuola, i primi entusiasmi e le prime sconfitte, la sua passione per il pugilato, il conforto che trae dai discorsi che rivolge a Mister Sacco, il punching ball personale, al quale confida sogni e paure. E' un'anima candida, Guido Guerrieri: ama le passeggiate solitarie nei quartieri più amati della sua Bari, la compagnia dell'amico Osvaldo, titolare dell'Osteria del Caffelatte, una libreria notturna, aperta dalle 22 alle 6 del mattino, i libri e la musica, i viaggi improvvisati, in solitudine, uno zainetto e via, magari in Irlanda ... E si incanta, e si commuove, aprendo uno scatolone trovato in soffitta dal quale emergono come in un sogno lettere, fotografie di lui bambino in braccio alla mamma, diplomi scolastici e universitari. A volte, non riesce a trattenere il pianto, ricordando un passato che non c'è più e rattristandosi per quelle speranze giovanili che non si sono mai avverate e per l'attività professionale alla quale ha pur dedicato tutta la sua vita ma che non lo soddisfa più perché, afferma, "nei processi tutti vogliono vincere e della verità, della giustizia non importa niente a nessuno ".
Nelle ultime pagine del romanzo si apre forse uno spiraglio, una luce, in quell'orizzonte della notte, indistinguibile perché è tutto buio: un incontro inaspettato, una donna provata dalla vita e da una lunga malattia, un ricordo di tempi lontani. In quel "Come ti chiami?" che chiude il libro l'avvocato Guerrieri attende una risposta che può cambiargli la vita.
Lo stile narrativo è preciso, misurato, elegante, ricco di riflessioni profonde e di citazioni dotte. Guido Guerrieri è in grado di citare a memoria una lunga poesia di Nelson Mandela, e, addirittura, l'incipit di Finnegan Wake, di Joyce, opera leggibile con difficoltà ma, per i comuni mortali, straordinariamente incomprensibile.
Comprensibile è invece la lapidaria massima di Confucio: " La categoricità è sinonimo di mediocrità", che Guerrieri confida al suo psicoanalista, e che mi trova pienamente d'accordo.
Da leggere con calma, perché c'è molto su cui riflettere.




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Romanzi storici
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    20 Febbraio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

I misteri di una reliquia scomparsa.


Marcello Simoni guida il lettore ancora una volta nei secoli oscuri del Medioevo, quando le accuse di eresia potevano condurre a processi e condanne e la condizione delle donne era di sottomissione, considerate "creature inferiori, irrazionali, facili alla suggestione". Ma non sempre era così: nel romanzo "Morte nel chiostro" emergono due protagoniste, la badessa del convento di San Lazzaro, situato fuori le mura di Ferrara, Engilberta di Villers, e suor Beatrice, una novizia qui rifugiatasi dopo la presunta morte del marito alle Crociate.
Siamo nel 1187, Ferrara ha appena assistito alle solenni esequie di papa Urbano III, confinato al nord da Federico Barbarossa e deceduto dopo anni travagliati e l'angoscia per la riconquista di Gerusalemme da parte dei musulmani.
La vita nel monastero femminile procede monotona, segnata dai rintocchi delle campane, da canti e preghiere liturgiche, quando un evento inatteso irrompe e dà inizio ad un vero e proprio giallo: una giovane suora, Agata di Corteregia, viene trovata impiccata nel pozzo del convento. Si saprà, nel prosieguo della narrazione, che Agata era coinvolta nel furto di una reliquia di San Giovanni: il cadavere del ladro, trovato sgozzato nei pressi del monastero, sarà nascosto con la complicità della badessa e di Beatrice, ma attirerà vari personaggi alla ricerca della refurtiva, consistente in una preziosa pergamena che metteva in guardia i veri credenti dagli eretici catari, sostenitori della dottrina dualistica secondo la quale il Bene e il Male rivaleggiavano con pari dignità per la conquista delle anime. Il monastero diventa così teatro di agguati, colpi di scena, scontri che oppongono Engilberta e Beatrice a cacciatori a vario titolo della reliquia. Engilberta, accusata di esserne in possesso, sarà portata via da padre Vespertilio, sacerdote e confessore delle monache, ma tornerà al convento, liberata da Volcmano, un vecchio e saggio canonico che rivelerà chi era stata la vittima del furto, addirittura papa Urbano III, custode della pergamena , derubato e deceduto, si sussurrava nel corteo funerario, per sospetto avvelenamento.
Altre monache agiscono da comprimari: da Ambrosia, "infirmaria", una specie di infermiera che si occupa di vivi e morti, conservati nel "putridarium" dove i cadaveri conservati si decompongono lentamente in apposite celle, a Nicodema, un'originale solitaria monaca che vive nella torre campanaria, dalla portinaia Prospera, un donnone da guardia ad Ursiana, la priora, vittima delle focose attenzioni di don Vespertilio ed alla disperata ricerca di tisane abortive.
Un monastero femminile dove, accanto al candore di un gruppo di giovani monache salmodianti, la ricerca di una reliquia, in nome dell'ortodossia e della lotta all'eresia, induce a malefatte d'ogni genere, delitti compresi. Marcello Simoni è un maestro del genere, riuscendo ad accostare a fatti storici reali (i funerali di papa Urbano III, l'esistenza del rarissimo codice di Giovanni evangelista) invenzioni di fantasia come il monastero di San Lazzaro, la badessa Engilberta e suor Beatrice. Storicamente vera invece è Ildegarda di Bingen, più volte citata come maestra della badessa: una grande donna dei suoi tempi, monaca talentuosa, scrittrice, teologa, dichiarata dottore della Chiesa da Benedetto XVI nel 2012, una di quelle donne "che hanno costruito la storia, quella vera, quella che raramente si racconta".
Lo stile narrativo di Marcello Simoni è preciso e raffinato nella ricerca di termini desueti per adeguarsi ai tempi ed all'ambiente particolare in cui si svolgono i fatti. Non mancano termini e citazioni latine, originali i disegni dell'autore all'inizio di ogni capitolo.
Per gli amanti del genere, un romanzo da non perdere.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    16 Febbraio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Chi sarà il vero serial killer?

L'ennesimo giallo di James Patterson appartiene alla serie delle donne del club omicidi, le ben note, per chi ama il genere, Lindsay Boxer (detective), Cindy Thomas (giornalista), Claire Washburn (medico legale) e Yuri Castellano (avvocato). Un quartetto ben affiatato, una collaborazione ed un'amicizia che durano nel tempo consolidate da riunioni conviviali in cui sono esaminati e discussi i casi più interessanti nei quali sono coinvolte.
Il giallo inizia con la scomparsa, senza apparenti motivi, di una giovane donna, Tara, e di sua figlia, una bimba di appena sedici mesi. Cindy, la giornalista, è allertata dalla madre di Tara, sconvolta, che accusa Lucas, il marito della scomparsa, un uomo violento, di averle addirittura uccise. Iniziano così le indagini: Lucas non è proprio uno stinco di santo, si dice che picchi la moglie e che abbia una relazione con una sua allieva, Misty, con la quale addirittura vorrebbe, in un futuro più o meno lontano, convolare a nozze. Viene intanto ritrovato ill cadavere della bimba, in mare, successivamente quello di una giovane semisepolta, con la gola tagliata, e, in una macchina, abbandonata in un parcheggio, il cadavere di Misty, uccisa nel medesimo modo: il mistero si complica, Tara non si trova, Lucas si dispera e proclama agli investigatori la sua estraneità ai delitti. Quando Tara verrà ritrovata, sgozzata, nella sua auto sul fondo della baia, Lucas, messo alle strette, accuserà dei delitti suo padre, Evan, a suo dire un feroce serial killer, già autore di svariati omicidi e, per giunta, amante di Tara. La polizia, sulle tracce del presunto assassino, riuscirà a scovarlo dopo svariate peripezie: l'uomo però riverserà tutte le colpe sul figlio, un individuo secondo lui spietato, bugiardo, capace dei più efferati delitti. Ci sarà un lungo processo a Lucas, il principale indiziato e Yuri Castellano avrà modo di distinguersi con una lucida requisitoria come pubblico ministero: il verdetto sarà unanime ma un colpo di scena negli ultimi capitoli sovvertirà gli indizi, i dubbi riemergeranno sull'identità del vero colpevole.
Se non ci fosse un finale tumultuoso e pieno di imprevisti, il giallo si baserebbe solo sui vari cadaveri ritrovati e su prove indiziarie fragili: con svariati capitoli dedicati al processo, l'andamento di tutta la vicenda tende ad annoiare il lettore anche se le donne del club omicidi fanno di tutto per ravvivare la storia, con i loro incontri, le loro battute e le loro vicende personali. Non il miglior giallo di James Patterson, scritto, come quasi tutti quelli dedicati alle donne del club omicidi, con Maxine Paetro: la trama, prevedibile, è tirata pò per le lunghe, lo stile narrativo come al solito scarno ed essenziale, privo di approfondimenti psicologici dei personaggi. Un giallo come tanti, scritto a più mani, che gli amanti del genere potranno apprezzare, soprattutto per le fasi concitate e le sorprese degli ultimi capitoli.

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Altri gialli di James Patterson e della medesima serie.
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Romanzi
 
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    13 Febbraio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Abel e il suo fantastico West


E' un West immaginario quello descritto da Alessandro Baricco, una specie di luogo creato apposta per inserirvi un personaggio, Abel Crow, che spicca da protagonista tanto da far passare in secondo piano il contesto in cui vive e opera. Un pistolero, che rende credibile tutto il resto, anche se frutto di fantasia che solo la grande abilità dello scrittore riesce ad assimilare a quell'ambiente western che siamo abituati ad ammirare nei film o ad apprezzare nei tanti racconti sull'argomento, che pur Baricco riporta in un'accurata bibliografia. In sostanza è West, ma rivisitato e trasformato quasi in un non-luogo, un western metafisico, come definito dalla critica letteraria. La trama si intuisce, non è ben definita temporalmente, va a singhiozzo, da episodio ad episodio: Abel nasce da famiglia di allevatori di cavalli e agricoltori, ha diversi fratelli, un padre di cui si sa poco e una madre ribelle che ad un certo punto fugge con alcuni cavalli facendo perdere le sue tracce. Abel cresce e diventa un abilissimo e temuto pistolero, famoso per saper usare contemporaneamente due pistole e colpire ad incrocio due bersagli. Il suo amore è Hallelujiah, una giovane con un passato avventuroso, rapita bambina dagli indiani Dakota, fuggita, accolta da un guaritore girovago ed ammaestrata come abile guaritrice: incontrerà Abel, gravemente ferito in uno scontro con alcuni banditi e lo guarirà con arti sciamaniche... Abel diventa sceriffo, ma il suo sogno è scendere al Sud, lasciare le armi: l'ultima impresa è salvare, con l'aiuto dei fratelli, la madre, rediviva, condannata all'impiccagione per il furto di uno stallone. Ci riusciranno, con l'aiuto della dinamite e della precisione da consumati pistoleri, ma Abel verrà colpito a morte.
La trama si ferma qui, ma gli episodi sono tanti, inframmezzati nel racconto. Come l'incontro con un Giudice ed una strega, segregata all'esterno del villaggio, una donna senza età ("ho cento anni, dieci, uno solo, sono appena nata ma l'ho dimenticato") che tutti temono per i suoi poteri distruttivi. E ancora, una leggendaria cavalcata sotto un muro di pioggia, una cittadina mineraria abbandonata per l'invasione di una tribù indiana, l'arrivo di una nave di corsari in una cittadina lungo l'estuario di un fiume, l'incontro con un grande Vecchio, il nonno materno, possessore di una sella straordinaria, istoriata, sulla quale sono intarsiate tutte le storie del mondo, eventi religiosi, personaggi famosi: una specie di sinossi sapienziale, che incanta e rapisce gli ascoltatori.
Abel è una figura reale, la sintesi di una vita, l'immagine dello scorrere del tempo, il protagonista di una avventura di fantasia, senza un vero inizio ed una vera fine. Lo stile narrativo di Baricco lo esalta e ne fa una figura carismatica ma, nello stesso tempo, sfuggente, quasi al fuori del tempo e di uno spazio ben definito. Il West di Baricco, pur evidenziando caratteristiche ambientali ben note comprese le sparatorie e le scorrerie delle tribù, appare come una costruzione astratta, senza tempo, vivificata dallo stile immaginifico dello scrittore, uno stile unico, difficile e impervio se volete, ma capace di incantare e sedurre, anche quando cita Aristotele o David Hume. Uno stile da centellinare, dotto, ogni parola sembra pesata con arte raffinata, non per vedere l'effetto che fa ma per inserirla al posto giusto e nel momento giusto. Esercizio di stile? No, è lo stile di Baricco: s'inerpica come una mongolfiera tra le nuvole per cadere poi in picchiata a terra, senza timori, finendo a volte in espressioni popolari inattese ( tipo " ma và un pò a cagare"), quasi a significare la capacità di adeguarsi ad altri livelli...
Abel è un viaggio interessante in un West di fantasia, è anche il fluire imprevedibile di una vita, quella vita che, come sussurra il grande Vecchio, "corre comunque, non ha bisogno di noi per farlo. Corre di padre in figlio, nei gesti più stupidi e nelle grandi curve della Storia, corre dappertutto e in ogni direzione. Noi c'entriamo poco, fa tutto da sola. Se vi dovesse accadere di incrociarla, non abbiate paura. Datele una mano, e godetevi lo spettacolo".



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Gialli, Thriller, Horror
 
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5.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    08 Febbraio, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Indagini poliziesche e tifo calcistico

La narrazione è ambientata a Napoli, Quartieri Spagnoli. Una telefonata anonima, che sembra arrivare da una zona bene della città, suggerisce di tenere sotto controllo una popolana, Annamaria Di Spigno, che, poco dopo, viene trovata morta nel suo letto. La cosa non è chiara, l'agente Antonio Acanfora, che è poi la voce narrante, si insospettisce: la donna viene cremata troppo rapidamente, un'autopsia non è più possibile, il marito, che tiene un bar, non sembra troppo amareggiato, veste alla moda, è noto come scommettitore incallito. I sospetti aumentano quando su un bicchiere usato dalla Di Spigno e fornito dalla figlia, quella sì veramente addolorata, vengono trovate tracce di veleno. Partono le indagini: il marito, principale sospettato, ha sempre bisogno di soldi (tutto è intestato alla moglie), è coinvolto in traffici illeciti e, lo scopre proprio Acanfora, fornisce cocaina ad un noto dentista, l'uomo che potrebbe avergli fornito i composti chimici per far fuori l'ingombrante moglie. Successo finale quindi del bravo Acanfora, dei suoi colleghi e del commissario Santagata che li dirige.
Ma c'è tutta un'altra vicenda che anima il racconto. Riguarda i rapporti tra Acanfora e un giovane cascato nelle trappole della droga, Ciro. Il ragazzo, un amico d'infanzia del poliziotto, rapina addirittura l'anziana madre di Acanfora, ma viene beccato e malmenato a dovere: pentito, accetta il ricovero in comunità, Acanfora prende a cuore il caso e gli promette di fargli i resoconti di tutte le partite del Napoli. Ed ecco la parte più singolare del racconto: Acanfora si intende poco di calcio ed inizia così a frequentare bar e locali dove vengono trasmesse le partite, proprio nell'anno dello scudetto, di Spalletti e della Coppa Campioni. Le cronache che Acanfora invia regolarmene a Ciro sono gustose, piene di annotazioni sui giocatori, sui loro precedenti, sulla vita pregressa: insomma, resoconti particolareggiati, con risvolti interessanti, a volte esilaranti. Emerge Napoli, una città nel suo genere unica, unita in un tifo calcistico altrettanto unico, passionale, nel ricordo del mitico Maradona: Acanfora riesce addirittura a trascinare nel tifo l'anziana madre, che ad ogni gol, esulta come una ragazzina. E poi ci sono le lettere a Ciro, un aiuto che contribuisce a far uscire il ragazzo dal tunnel della droga: la gratitudine di Ciro si palesa in una sua risposta ad Acanfora, "con la tua lettera in mano, mi pare una possibilità ci sia ancora, e che qualcosa di buono nella vita forse la posso ancora fare, grazie Antò e forza grande Napoli!".
Singolare ed espressiva la lingua usata dallo scrittore. E' un napoletano verace, stretto, vivace, la lingua parlata dalle persone comuni, nella quale ovviamente sono quasi aboliti i congiuntivi. Un linguaggio che si mescola sapientemente all'italiano, condito da proverbi locali e da interessanti citazioni, anche gastronomiche e calcistiche.
Per gli amanti di un giallo intrigante e del calcio (soprattutto del Napoli), un'esperienza imperdibile.

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Noi due ci apparteniamo
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Delitto in cielo
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Corteo
L'anniversario
La fame del Cigno