Opinione scritta da eleonora.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    03 Luglio, 2014
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troppa felicità

Troppa felicità è il titolo della raccolta di racconti scritti da Alice Munro.
Il titolo è in pieno contrasto con le storie, che appaiono a tratti violente (faccio riferimento soprattutto al primo racconto DIMENSIONI) e difficili da digerire velocemente.
Mi sono immersa nei 10 racconti, ognuno dei quali può assumere la pienezza di un libro a se stante e dietro ai quali ci si deve soffermare, prima di passare al successivo.
Le storie non appaiono mai banali, grazie ai personaggi che la scrittrice ci dona. Personaggi perfettamente costruiti nel senso che possiamo comprenderne la loro psicologia, la loro storia e il loro universo, leggendo di loro esclusivamente nel lasso temporale in cui il racconto si svolge e dei flash back dei protagonisti che per lo più rivivono momenti passati della loro vita.
Il lato di "positività" sta nel fievole speranza di poter riemergere dalle situazioni difficili che la vita ci impone, di come la cruda realtà possa essere accettata e vissuta. Un libro malinconico e di sentimenti difficili, ma che non può che essere apprezzato perché al vita reale è anche questo.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    30 Marzo, 2014
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La simmetria dei desideri

La simmetria dei desideri, i desideri di quattro ragazzi che durante i mondiali di calcio del 98, decidono di scriverli su dei bigliettini, custodirli per poi rileggerli al successivo mondiale, ovvero quattro anni dopo. Per loro era un rituale trovarsi per vedere le partite di calcio dei mondiali. Un rituale che ha inizio più o meno dall’86, da quando avevano iniziato a frequentarsi al liceo, “ fortuna che ci sono i mondiali, …così il tempo non diventa un blocco unico, e ogni quattro anni ci si può fermare a vedere cos’è cambiato.”
Alle porte di loro trent’anni decidono quindi, di scrivere i loro desideri, di avere una sorta di obiettivo da perseguire. Solo uno bigliettino a testa verrà letto la sera stessa, gli altri verranno custoditi fino all’arrivo del 2002.
La storia è narrata da uno dei quattro protagonisti, Yuval, egli racconta della loro amicizia spaziando dagli anni del liceo fino all’arrivo dei mondiali del 2002. Quattro personalità completamente diverse, complici di un’amicizia che ha una forte alchimia, che resiste negli anni grazie al magico equilibrio creatosi anche attraverso le grandi diversità caratteriali. Il silenzioso e spettatore Yuval, il trascinatore e brillante Churchill, il creativo Ofir, e l’ottimista Amichai, quattro giovani uomini che non si perdono dietro “inutili” chiacchiere, ma che vivono la loro amicizia nei fatti.
A volte si è così si impegnati a realizzare i propri obiettivi che non ci si rende conto che nel frattempo sono diventati irrilevanti, che in qualche modo le priorità sono cambiate, perché bisogna sempre essere in grado di allinearsi con i fattori accidentali della vita. In questa frase si racchiude un aspetto dell’essenza del libro, soprattutto per Yuval che parlando di se in prima persona, ci racconta di questi desideri che faticano a realizzarsi, di come il tempo passa e lo scopo appare lontano, distante, irrealizzabile…..a meno che non ci si renda conto che il cambiamento dei fattori accidentali della vita, possa essere in realtà la chiave per poter realizzare altri desideri e per trovare l’ambita“simmetria”.
Accade spesso, e mi è piaciuto molto, che un capitolo inizi attraverso al descrizione di una fotografia, la fotografia come mezzo per imprigionare ricordi, momenti, e a distanza di tempo in grado di farli riaffiorare, riportando a galla sentimenti ed emozioni. La scrittura di Eshkol Nevo è ironica e malinconica allo stesso tempo, una combinazione che cattura l’attenzione dall'inizio alla fine.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    21 Marzo, 2014
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piccola donne, arrivederci.

La lettura di arrivederci piccole donne porta, volutamente, a trovare similitudine con le protagoniste del romanzo della scrittrice Alcott. Serrano racconta di Nieves, Ada, Luz e Lola, quattro cugine, e non sorelle, che vivono in Cile tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo.
Sono soprattutto i tratti caratteriali a riportarci alla mente le sorelle March.
Jo, tra l’altro la mia preferita, è qui incarnata in Ada una donna autonoma indipendente curiosa e amante dei libri, come Jo è reputata un maschiaccio e come lei intraprenderà la vita da scrittrice.
Meg ,la maggiore, è Nives, punto di riferimento per le altre, vive una vita dedita alla famiglia, con qualche rimpianto per non essere stata intraprendente, per non aver avuto una vita “interessante”.
Amy, la più piccola, è nel libro la giovane bella cugina Lola, ella risulta essere l’opposto della cugina Ada, come Amy lo era nei confronti di Jo. Lola dalle spiccate doti artistiche sceglierà poi di affermarsi in altro campo lavorativo, acquisendo un discreto successo e una certa disponibilità di denaro
La cagionevole Beth è Luz, la cugina buona accomodante, colei che rimane in qualche modo in disparte, ma che la “Serrano” indica come voce narrante del suo libro, come guida per raccontare delle altre tre donne e di se stessa, della loro spensierata e determinante giovinezza trascorsa al Pueblo durante i lunghi periodi estivi. Dal mio punto di vista una rivalsa di questo personaggio, che anche nel libro della Ascott, rimane marginale e che in queste pagine assume un ruolo al di sopra delle parti, un’acuta osservatrice.
Intreccio di punti di vista, di flashback, di giovani ragazze che diventano donne, diverse, distanti, legate in modo viscerale al Pueblo, a quella tenuta di famiglia, forse l’unico posto dove tutte si sono sentite protette, dove tutte si sono sentite a casa. Costantemente le cugine ritornano in quei luoghi con la mente, con i ricordi, perché i fatti accaduti in quei luoghi hanno plasmato le loro vite,condizionandole fino a portarle nel loro presente.
E’ incredibile come la scrittrice sia in grado di raccontare il mondo femminile in maniera acuta profonda, senza mai cadere nel banale e senza essere mai noiosa. Nei suoi libri c’è sempre almeno un pezzo, una sfumatura ben descritta in cui, noi donne che la leggiamo, ci ritroviamo e forse per i lettori uomini una piccola chiave per capire meglio la nostra complessità.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    25 Febbraio, 2014
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..da nulla

Leggere questo libro è stato come leggere un copione di un film, un film inglese, una sorta di commedia tragicomica. L'impressione di leggere un copione, è l'esempio più lampante che mi è venuto in mente, per sottolineare come manchi, a mio avviso, lo spessore dei personaggi, che nel film potrebbe essere risolto dagli attori, ma che nel libro non emerge.
Non è stato un libro coinvolgente, è mancato secondo me, un lato umano, il lato caldo che ti fa appassionare ai personaggi che ti fa commuovere o ridere.
La vita di una famiglia inglese, una famiglia composta da individui che faticano a relazionarsi tra di loro, presi, ognuno, a badare al proprio orticello. George da poco in pensione, la moglie Jean e i loro due figli; Jamie e Katie madre di un bimbo, separata e in procinto di risposarsi con un altro uomo.
La vicenda si snoda in un lasso di tempo relativamente breve, e ruota attorno all’organizzazione delle seconde nozze di Katie, e al cedimento di George che entra in crisi e che si paralizza davanti alle sue paure e alla forte sensazione di avvicinarsi sempre di più alla morte e alla irrazionalità.
L’equilibrio apparente della famiglia si rompe, in qualche modo ognuno cerca di porvi riparo, mettendo delle pezze, cercando di ricomporre i pezzi, ognuno a suo modo, ognuno con le proprie capacità. Non si rompe solo il debole equilibrio familiare, ma anche quello dei singoli personaggi che si troveranno sempre più soli nel cercare di rimettersi in piedi, di continuare a cercare uno straccio di felicità.

Sono rimasta un po’ delusa, avevo sicuramente più aspettative, avevo letto in precedenza “ Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” trovandolo molto bello, indubbiamente questa lettura ha condizionato il mio giudizio!

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    30 Mag, 2012
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Auster a me piace

Quando leggo Auster riesco nella mia mente ad immaginarmi le varie scene, come fotografie che scorrono una dopo l’altra, è in grado di farmi entrare così tanto nella storia da farmi calare in mezzo ai vari personaggi come in una scena di teatro. Questo aspetto che mi suscita la lettura di Auster, al di là della storia che va a raccontare, lo ritrovo anche in un altro autore che amo molto ; Murakami.
Così mi aggiro attorno a Miles alla sua paura di affrontare il passato, alla sua decisione di tagliare i ponti con tutto e tutti per punirsi di un istante che gli ha cambiato la vita, osservo Pilar, la giovane donna artefice con la sua giovinezza e il suo entusiasmo al cambiamento di Miles che sceglie di farsi carico delle ambizioni di lei per sfuggire alle sue. E incontro Bing, Alice e Ellen gli occupanti della casa a Sunset Park che ospiteranno Miles quando deciderà di far ritorno a New York per cercare finalmente di sciogliere un silenzio durato ormai sette anni con i suoi genitori.
Auster è in grado, utilizzando poche parole, di delineare bene i caratteri dei personaggi facendoli risultare reali, complessi… vivi, come se fossero esistiti ancora prima di iniziare a leggere il libro e continuassero a vivere dopo che si è arrivati alla fine della lettura.
Il narratore cattura l’attenzione e ti aspetti sempre che possa essere uno dei personaggi coinvolti nella storia, una trama che ha una struttura semplice e intrigante allo stesso tempo, forte è il senso di come l’istante possa in qualche modo cambiare il corso degli eventi, come le coincidenze e il caso siano forse gli unici padroni del destino dell’uomo.
Un altro aspetto che ho apprezzato molto, anche se può risultare secondario, è l’aver creato dei collegamenti secondari tra i vari personaggi, come la visione di un film, la lettura di un libro o i giocatori di baseball, elementi che hanno fatto da collante a personaggi diversi che non per forza sono entrati in contatto gli uni con gli altri, magari si sono appena sfiorati, ma anche in questo caso la coincidenza diventa l’aspetto importante del libro, così come la visione di uno stesso avvenimento che viene vista e raccontata in maniera differente dai diversi personaggi.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    21 Mag, 2012
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cal callie

Le vicissitudini di una famiglia greco-americana che abbraccia tre generazioni e che arriva a "destinazione" con Calliope, la vera protagonista della storia che si svela a noi in punta di piedi solo a metà del libro. Calliope parte da molto indietro raccontando la storia dei suoi nonni per poi passare ai suoi genitori focalizzandosi infine nel periodo adolescenziale dove la necessità di decifrare il suo corpo e la sua anima diventano per lei un tormento necessario per incominciare ad intraprendere una vita adeguata al suo essere ermafrodito. Tre generazioni che si inseguono, che ritornano, che si mischiano aspetti ben delineati dallo scrittore. A mio avviso però proprio nel momento in cui Cal parla di se c'è qualcosa che si perde, tutto avviene troppo velocemente, focalizzandosi solo sul suo periodo di adolescente viene a mancare il percorso che ha fatto per diventare l'adulto che è oggi. L'adulto che trova necessario ripercorre la saga familiare e la sua personale scoperta per poter mettere ordine e vivere accettandosi. Molto spazio alla scoperta, meno all'accettazione, alla comprensione di sé e all'evoluzione, sembra quasi che ad un certo punto, Jeffrey, abbia voluto velocizzare la storia arrivando ad un finale forse un pò banale. Per il mio gusto personale avrei preferito sintetizzare la storia familiare sviluppando di più il percorso avvenuto dopo la scoperta di sentirsi uomo, percorso che viene sottovalutato o volutamente lasciato in mano all'immaginazione del lettore.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    19 Aprile, 2012
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altrove

Difficile parlare di questo libro, perchè i racconti di Veronesi sono proprio come i baci; delicati, inaspettati emozionanti sia che essi siano tra due innamorati, tra amici o il bacio della nonna che unisce due realtà e due tempi così lontani ma magicamente vicini.
I suoi racconti sono improvvisi, sono come i baci che attendiamo o che vorremo aver ricevuto ed è così che ho accolto ogni singolo racconto.
La vita in un momento viene scagliata nella vita di chi legge, e questo è il modo più naturale per relazionarsi con i vari personaggi dei suoi racconti.
La sensazione di entrare e comprendere lo svolgimento degli avvenimenti del singolo racconto e improvvisamente sentire la rotta che cambia è l'elemento comune, elemento che spiazza il lettore...
non facendo comprendere del tutto il senso della storia, lasciando domande e dubbi.
Non c'è una vera fine delle storie, è come se la fine fosse altrove, ed è forse questa la loro forza la loro non conclusione, la loro non definizione la loro incertezza.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    01 Marzo, 2012
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domani

La sensazione di sentirsi un pesce fuor d’acqua, di sentirsi diverso, di sentire un’insofferenza interiore difficile da gestire e da incanalare sono i sentimenti che Cameron sprigiona attraverso James, un ragazzo di diciotto anni protagonista del libro. Capire che un giorno il dolore che prova gli potrà essere utile, che le sofferenze e i dubbi che lo attanagliano potranno essere un domani un’arma per poter affrontare la vita in maniera consapevole, sarà un’impresa non troppo facile per James. Il lasso di vita raccontato in prima persona è circoscritto e breve, poco meno di un’estate, l’estate prima dell’inizio dell’università dove James ci racconta un po’ della sua famiglia, del suo lavoro estivo alla galleria della madre, del suo rapporto con i suoi coetanei e dell’amore per la nonna l’unica persona con la quale si sente a suo agio e l’unica persona in grado di non farlo sentire diverso. Perché è cosi che si sente James, si convince di essere disadattato non tanto perché lo sente, ma più per gli altri che lo definiscono tale.
James alle prese con la sua famiglia, con la sua sessualità, con le sue passioni letterarie e artistiche , con le sue domande sul futuro e il suo odio per i coetanei e per il pensiero stereotipato. Cameron mi ha raccontato l’attimo prima del cambiamento, senza darmi troppe informazioni del passato e senza coinvolgermi su come sarà il dopo, ha fermato, nelle pagine, il momento di vita di James prima del dopo. Il senso di inconcludenza che mi ha lasciato alla fine del libro, è stato necessario per concentrare l'attenzione sul quell'istante di vita, sul sentimento irrequieto e dubbioso di un giovane, che non trova risposta se non nel decidere di affrontare la vita stessa.
Ps ora sono curiosa di vedere il film.!

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    25 Febbraio, 2012
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il piacere di leggere

Cameron scrive una commedia utilizzando il dialogo come mezzo principale di narrazione. Il dialogo ben strutturato, secco conciso in grado di illustrare perfettamente le scene, l’atmosfera e i personaggi , ma allo stesso tempo in grado di lasciare il giusto spazio al lettore per immaginare.
La storia narra di Omar alle prese con una carriera universitaria tentennante che decide di scrivere una biografia su Jules Gund , scrittore latino poco noto alle critiche , autore di un unico libro “la gondola” con il quale ha ottenuto un discreto successo. La stesura della biografia permetterà ad Omar di avere una borsa di studio per poter continuare il dottorato, dovrà però convincere gli eredi dello scrittore a firmargli l’autorizzazione. Decide di partire per l’Uruguay per incontrare di persona i vari personaggi che ruotano attorno al defunto scrittore; il fratello Adam e il suo compagno Pete, la vedova Caroline, l’amante Arden e la loro figlioletta Porzia.
L’arrivo di Omar scombussolerà le loro vite, porterà a galla sentimenti, convinzioni e insicurezze fino ad allora celate dietro lo scorrere della vita quotidiana. La rottura dell’ equilibrio apparente di ogni personaggio, non è legato solo alla decisione giusta o meno di firmare l’autorizzazione alla biografia, ma è come se ognuno di loro, con l’arrivo di Omar, si fosse svegliato da un coma e cominciasse a vedere le cose con una prospettiva nuova. Lo stesso Omar sarà “vittima” di questo cambiamento, forse il più radicale.
A volte siamo convinti di vivere la vita che vogliamo, una convinzione che sembra radicata in noi e che ci permette di andare avanti senza troppe domande. L'imprevisto che rompe lo schema quotidiano, le abitudini, la monotonia, può,in un attimo aprirci gli occhi, darci l’occasione di interrogarci di capire e di cambiare eventualmente strada.
Ho letto questo libro assaporando appieno la piacevolezza della lettura, sia per lo stile sia per la trama semplice chiara , che cattura dall'inizio alla fine.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    14 Febbraio, 2012
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minestrone

Mandorla viene sballottata tra un piano e l'altro, di un condominio di Via Grotta Perfetta, dall'età di sei anni fino alla maggiore età. Non ha una vera famiglia Mandorla, dopo la morte della madre unico suo legame di sangue, viene affidata agli abitanti del condominio, dove la madre quando era in vita faceva l’amministratrice. La scelta degli abitanti del condominio di prendersi cura della piccola, è la diretta conseguenza di una lettera che scrisse Maria, la madre di Mandorla, nel giorno della sua nascita. Nella lettera era inteso che il padre della bambina, fino ad allora sconosciuto, aveva a che fare con il codominio. Cosa decidono allora i condomini? Di fare un test del dna per capire la vera paternità? Ma va neanche per sogno, troppo facile dico io. Decidono, invece, di non scombussolare la vita delle famiglie residenti in Via grotta Perfetta, perché scoperto il padre si sarebbe messo in luce un possibile tradimento.
Scelgono allora di non sapere la vera identità del padre di Mandorla…., bell’idea complimenti!
In effetti con questa decisione non hanno creato problemi ad una sola famiglia ma a tutti i condomini, perché il dubbio che si è insinuato nei vari piani ha rotto comunque degli equilibri e in più Mandorla ha vissuto sballottata da una parte all'altra, senza sentirsi mai a casa. Non veniva, a mio avviso, considerata più di tanto dai vari nuclei familiari, visto che ognuno aveva le proprie beghe da risolvere all’interno delle mura domestiche e Mandorla in tutto questo sembrava una spettatrice.
Mandorla restituisce a noi la storia della sua vita ripercorrendo in prima persona gli anni subito dopo la morte della madre fino all'età dei 17 anni quando, si trova nel momento decisivo se scegliere o meno di sapere chi è il padre naturale. Racconta gli anni passati entrando nelle varie vite delle persone che l'hanno accolta ( 5 piani… 10 anni di vita = 2 anni piu o meno trascorsi ad ogni piano!!).
Il suo racconto è intervallato con dei flashback sui vari protagonisti, buttati li per inquadrarli un po’ meglio e cadenzati per piano. Trovo sia molto rigida questa scelta di entrate in contatto con i vai abitanti quasi unicamente quando Mandorla si trasferisce da un piano all'altro.
Tutto ciò crea un minestrone di vite che si mescolano rimanendo ingredienti a se stanti non ben amalgamati, senza sapore perchè non sono stati conditi a sufficienza. Si, mi spiace dirlo, ma i personaggi mi sono rimasti insipidi, anche un po’ indigesti e, anche se l’idea della trama è originale questa si perde e si indebolisce con la carrellata di vite che si mescolano con la protagonista.
E poi la fine?!! ma qui non posso dire nulla, ma anche questa mi ha deluso parecchio.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    28 Gennaio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

rompere il silenzio

Quello che ho apprezzato e ammirato di più in questo libro è lo stile di questa giovane scrittrice. Una scrittura, come disse un giornalista, che sa impregnarsi del delirio.
Al di la della storia, al di la del contenuto, il suo stile mi ha folgorata, ho trovato intrigante il modo in cui armeggia con le parole.
Mi ha colpito positivamente il come e quali parole utilizza per descrivere le cose che la circondano
"..la finestra si spalancava su un sole finto, uno schizzo di tuorlo sul bianco malato del cielo..."
e le sensazioni che prova
"Guardala, papà, guarda tua moglie, guarda il frutto marcio della tua morte".

È una storia di dolore, di solitudine, Camelia la giovane protagonista ci porta nel suo mondo, nella sua visione della realtà che la circonda e che rappresenta lo specchio del suo malessere interiore.
Ci porta nella sua casa dove vive con la madre, anche lei avvolta nel dolore di un trauma che ha colpito entrambe. Un dolore che le accomuna, ma che allo stesso tempo le allontana. Perché il dolore può avvicinare le persone, ma può creare anche distanze enormi, capaci di alimentare ulteriori malesseri e solitudini.
Camelia, nella sua giovane vita ad un certo punto riemerge, o almeno crede. Incontra Wen, un ragazzo cinese, che diventa per lei l’appiglio capace di scaturire in lei sentimenti nuovi, facendola uscire, anche se per poco, dall’interminabile inverno in cui era rimasta immobile ed inerme per troppo tempo.
Camelia cercherà di utilizzare gli ideogrammi cinesi per reinterpretare se stessa e alcuni momenti della sua vita, è come se cercasse una nuova chiave per capire, laddove la parola è stata incapace di farlo.
Il finale è aperto, perché non c’è un finale in una storia dove si affronta un delirio di sentimenti, dove le ferite non sono cicatrizzate, dove la protagonista fa a pugni con se stessa e con gli altri.
Un turbinio di immagini, di parole che corrono come lame e che rimangono sospese, come se il lettore dovesse prenderle e decidere come interpretarle..

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Gialli, Thriller, Horror
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    18 Gennaio, 2012
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Bar..lume

Il barista del BarLume si improvvisa suo malgrado un provetto investigatore, dopo aver scoperto il cadavere di una giovane fanciulla in un bidone dell'immondizia.
Il bar di Massimo diverrà una sorta di "commissariato" ufficioso, scenario di passaggio per i vari personaggi che ruotano attorno al giallo. Si, perchè se Fusco, l'investigatore ufficiale, crede di avere in mano l'indagine si sbaglia di grosso; nel bar, infatti, le persone coinvolte saranno oggetto di chiacchiere, non solo da parte del barista ma anche dei 4 vecchietti accaniti giocatori di carte, fedeli clienti e sostenitori di Massimo. Sarà grazie a queste chiacchiere, ad un pizzico di fortuna e all'astuzia di Massimo che si scoprirà l'assassino della giovane ragazza.
L'idea è originale, scorre in modo lineare e chiaro. Trovo che ci sia però un'incertezza di fondo, provo a spiegarmi meglio....
Se l'intento di Malvadi doveva essere quello di mettere il giallo come sfondo, trovo che doveva dare più forza agli altri elementi della storia. Ad esempio, delineando meglio i quattro simpatici vecchietti, dilungandosi un pò di più sul bar come specchio della provincia livornese e magari anche sulle vicende di Massimo stesso. O viceversa se il giallo doveva essere il nocciolo della trama, allora forse bisognava spendere qualche passaggio in più.
Forse, la mia delusione è legata alle alte aspettative che mi ero messa in testa.
Malvadi non mollo proverò a leggere altri tuoi libri.

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Racconti
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    16 Gennaio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

"che la vita non si spiega, si prova a viverla, a

L'incontro e l'attesa, nelle loro sfumature, sono gli ingredienti che fanno da filo conduttore ai racconti scritti da Giuseppe Pompameo.
Mi è piaciuta molto la padronanza che lo scrittore ha con le parole, le usa giocando con esse in maniera chiara e pulita, raffinata e semplice allo stesso tempo.
Il libro è molto breve, sono solo cinque i racconti scritti, si arriva in un lampo alla fine.... e, onestamente mi sarebbe piaciuto scoprire qualcosa in più di questo emergente scrittore.
Due storie mi hanno colpita più di tutte SIRENA ed ERAVAMO SOGNI.
Nel primo racconto, si narra di un uomo che lascia la prigione dopo trent'anni e della sua illusione di incontrare la donna che lo aveva sostenuto in tutti quegli anni. Adelina, conosciuta attraverso l'unica finestra della sua cella, si erano guardati per trent'anni senza mai incontrarsi. Per lui era il suo unico punto di riferimento con l'esterno, la speranza di una libertà sognata, la forza per non cedere. Ma l’impatto con l’esterno sarà per lui un duro colpo, non solo per il cambiamento dato dal tempo trascorso ma per l’illusione creatasi attorno a questa donna, che nonostante tutto per lui ha rappresentato un’ancora di salvezza.
Nel secondo racconto si narra di uno scrittore e di una lettrice che iniziano a scriversi parlando dell’idea dell’amore, di come inizia a sfiorire appena inizia ad essere concreto.
I due passeranno un anno e mezzo a scriversi lettere, alimentando l’illusione di essersi conosciuti e la felicità di amare nuovamente qualcuno, decideranno poi di fissare un incontro reale, entrambi sicuri di aver già chiaro chi incontreranno. Una sicurezza dettata dalla conoscenza epistolare, e da un’attesa che ha alimentato in ognuno di loro un ideale di persona non cosi troppo reale!..
“tutte le cose le ho amate nell’attesa, non nell’incontro.”

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Gialli, Thriller, Horror
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    15 Gennaio, 2012
Top 500 Opinionisti  -  

TUA

Uno stile semplice incalzante, diretto e conciso, svela una trama intrigata e personaggi complessi che ti incollano alla lettura e ti portano a voler arrivare alla fine il prima possibile, perchè la curiosità è tanta.
Personaggi complessi che percepisci dall'evoluzione della storia, perchè la scrittrice non dedica tempo nel delinearne i caratteri, le parole non servono in questo caso, perchè è il giallo ad essere l'elemento centrale che plasma Ines ed Ernesto.
Moglie e marito e genitori di Lali, personaggio apparentemente secondario che però rende palpabile il malessere di una famiglia che finge da anni che tutto sta andando al meglio.
Ines dopo aver scoperto il tradimento del marito, decide di seguirlo e di vedere con i suoi occhi i due amanti, ma accade un imprevisto che cambierà le loro vite. Ernesto litigando con l'amante la spinge violentemente e la donna cadendo colpisce la testa contro una pietra e muore. Ines spettatrice dell'omicidio decide a sangue freddo e razionalmente di coprire il marito, di aiutarlo a gestire la situazione fornendogli un alibi.
La decisione di essere complice del marito è per lei fondamentale per poter risollevare le sorti di un legame ormai spento, o mai esistito. Da qui una serie di colpi di scena raccontati per lo più da Ines in prima persona, che descrive gli accadimenti con un'ironia agghiacciante e lucida.
Lo stile asciutto dell'autrice si sposa bene, a mio avviso, con una possibile trasposizione cinematografica.

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Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
2.0
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5.0
eleonora. Opinione inserita da eleonora.    10 Gennaio, 2012
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Buon Romanzo

Leggere "la libreria del buon romanzo" è come entrare nella libreria che si vorrebbe avere vicino a casa, la libreria all'interno del quale rifugiarsi dopo una giornata di lavoro o in un giorno uggioso, per trovare conforto non solo nei libri, ma anche nel personale.
La storia ruota intorno all'apertura di questa nuova libreria, che ha come prerogativa la scelta di vendere solo libri considerati di un certo livello, selezionati da un gruppo di persone facenti parte di un comitato organizzato dai due protagonisti del romanzo.
E' rilassante leggere di Ivan e Francesca alle prese con l'organizzazione della libreria, di come decidono di catalogare i libri, quali libri sceglieranno di ospitare, gli interrogativi che si pongono sul come non essere uguali alle altre librerie, ma allo stesso tempo essere aggiornati e concorrenziali.
L'atmosfera idillica, di vedere il loro sogno realizzato, viene contaminata quasi subito dal susseguirsi di articoli diffamatori contro le scelte organizzative prese dalla libreria, e da misteriosi accadimenti contro i prescelti del comitato.
L'aspetto "giallo" è quello che mi ha interessato meno e credo che il libro avrebbe potuto reggere bene anche senza, puntando, invece di più, sull'aspetto del significato di buon romanzo.
Chi lo stabilisce? è un criterio oggettivo? è il gusto personale? o il sistema pubblicitario che influenza cosa leggere e quando?. Non si può dire che queste tematiche non siano in qualche modo affrontate, l'apertura della libreria Buon romanzo n'è la chiave, forse sono poco approfondite, lasciando spazio alla trama velata di giallo.
Il finale è un pò affrettato, cosi come sono poco delineati due personaggi apparentemente secondari, l'ispettore e la voce narrante.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    30 Novembre, 2011
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un folle simpatico

Sono stata attirata dalla copertina e dal titolo originale di questo libricino di racconti, che credo rappresenti l'opera prima di Luigi Filippelli.
Appena mi è arrivata la copia dalla redazione di Qlibri, ho avuto la conferma di avere tra le mani un libricino fresco e vivace, perchè ho sorriso vedendo il formato, vedendo l'illustrazione dal vero, leggendo il quarto di copertina e la dedica dell'autore.
Mi sono detta questo è un folle!!! ( che per me è già un elemento di partenza positivo )
Sono 18 racconti alcuni molto brevi, altri più sostanziosi, per la maggior parte sono racconti che fanno sorridere, l'autore infatti, utilizza il senso dell'ironia per trattare velatamente temi più seri. Alcuni racconti sono sconclusionati, altri sono fin troppo brevi e poco immediati, forse perchè essendo il primo approccio con questo giovane autore, non ho dimestichezza con il suo stile.
Ho la sensazione che non sono riuscita a cogliere alcune sfumature dei racconti, e ipotizzo che ci sia una spiegazione molto semplice legata al come l'autore ha scritto questo libro.
Mi spiego meglio, mi sono immaginata un Luigi pieno di idee, effervescente, che ha sperimentato parecchio prima di arrivare a pubblicare questo libro, il problema è che quello che è arrivato ad un lettore comune come me, è questo libricino breve....ed è come se mi mancasse un pezzo.
Il gol, latte macchiato, escluso il cane, e lacune facilmente colmabili sono i miei racconti preferiti.
Lo stile di scrittura è chiaro , diretto direi a volte stralunato..l'ho comunque apprezzato, perchè sento uno stile ricercato nonostante la sua semplicità.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    28 Novembre, 2011
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realtà?

Leggendolo ho avuto la sensazione di entrare in una dimensione diversa, palpabile ma allo stesso tempo distaccata dalla realtà.
Murakami è in grado di rendere il paradosso elemento "normale", è in grado di utilizzare il surreale e l'atmosfera onirica con razionalità. Esce fuori dagli schemi, facendo provare sensazioni non necessariamente in linea con quello che si sta leggendo...ha una capacità di mischiare piani diversi, il reale con il sogno, il definito con ciò che sfugge in maniera cosi naturale da far sembrare tutto possibile.
La trama apparentemente semplice apre scenari inaspettati, un giovane pubblicitario insieme alla sua ragazza dalle orecchie bellissime inizierà un viaggio alla ricerca di una pecora con una strana macchia a forma di stella.
Tutti i personaggi non hanno un vero nome proprio, la ragazza, il professore pecora, il socio.... il nome proprio in grado di definire quel qualcosa in maniera netta, precisa viene scardinato dall'autore. Citando una frase del libro, in un passaggio che mi è piaciuto molto, ho trovato il senso..."ma in tal caso il nome non verrebbe dato all'oggetto, ma alla sua funzione."
E questo è ciò che fa Murakami con i suoi personaggi, definendoli attraverso le loro "funzioni", l'assenza di un nome non porta allo smarrimento da parte di chi legge perchè è ciò che viene portato alla luce dall'autore, a dare il carattere al personaggio.
Reputo questo libro una sorta di libro chiave, peccato averlo letto dopo altri suoi romanzi.....

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    20 Novembre, 2011
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Le quaranta porte

Questo libro non è mi piaciuto molto, non mi ha emozionata non mi ha attirata a sé come invece speravo.
Molto spesso quando un libro non mi entusiasma, mi rendo conto che tra le variabili del mio giudizio, il come ci si pone in quel momento, quando si legge, può essere decisivo per un commento finale e io premetto di averlo letto in maniera superficiale.
Avendo letto i suoi precedenti libri "La bastarda di Istanbul" e "Il palazzo delle pulci" , mi aspettavo, cosa che in molti hanno invece trovato, una maturità letteraria della scrittrice Elif Shafak che invece non ho trovato.
La storia narra di Ella, giovane donna quasi quarantenne, che dopo anni trascorsi ad occuparsi della sua famiglia, trova una nuova occupazione lavorativa, quella di redigere schede letterarie per libri di autori emergenti. Inizia così a leggere la Dolce eresia, facendosi travolgere dalla storia, ambientata nel 1200 in Asia Minore, che narra l'amicizia tra il grande poeta Rumi ed il suo compagno spirituale Shams.
I capitoli si alternano in maniera troppo veloce tra la storia di Ella alle prese con un suo cambiamento interiore che la porterà anche a farsi delle domande sulla vita che sta svolgendo, e la storia antica più spirituale e articolata non sempre facile da cogliere, proprio perchè, la scelta stilistica di alternare i capitoli non fa mai entrare appieno nelle due vicende, che sicuramente si compenetrano pur rimanendo distinte.
L'anello di unione tra la lettura del libro ed Ella, è l'autore che la protagonista contatta con delle mail che diverranno via via sempre più serrate ed intime....
Ho apprezzato il senso di come un libro possa essere scatenante per ognuno di noi e a volte anche decisivo per un cambiamento, interessante la storia del poeta Rumi che non sono però riuscita a cogliere nella sua totalità, e questa è una mia colpa, dettata forse dalla frammentarietà del racconto che riportava il lettore alla vita di Ella. Una vita di una donna, come molte altre, che trova il coraggio di rompere la quotidianità per ritornare ad amare se stessa. Anche questo aspetto, a mio avviso, è stato poco sviscerato, rimanendo un pò zoppo.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    11 Novembre, 2011
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Non esiste saggezza

Apprezzo sempre di più il genere racconto, sono sempre stata un pò ostica, ma devo dire che sono un interessante inframezzo tra un romanzo e un altro, tengono compagnia tra una fermata e un'altra della metro e ti lasciano, se scritti bene, il giusto sapore, quell'esatta sensazione dell'attimo.
Tra i dieci racconti di Carofiglio, a mio parere, ce ne sono alcuni che spiccano di più, come "Non esiste saggezza" "Il paradosso del poliziotto", "Intervista a Tex Willer" e "La doppia vita di Natalia Blum",e altri che non mi hanno entusiasmato molto e che proprio, per la forza e la debolezza, che può avere il racconto, quasi fatico a ricordare.
Lo stile di scrittura è chiaro, semplice e diretto, a volte i suoi racconti sfociano nel surreale, a volte la suspence ti cattura talmente tanto che li leggi tutto d'un fiato.
Difficile, e secondo me "sbagliato", paragonare questo libro con la famosa saga dell'avvocato Guerrieri, sono due forme diverse di scrittura, sicuramente ho ritrovato alcuni sui ingredienti vincenti e riconosciuto lo stile, ma il genere diverso scaturisce un giudizio a parte.
In "il paradosso del poliziotto" , Carofiglio sottolinea ancora una volta (come nel suo saggio) l'importanza delle parole, e lo fa attraverso una serie di domande che un giovane scrittore pone ad un uomo anziano, che di mestiere fa il poliziotto..
Apprezzo molto la capacità dello scrittore di passare da un saggio, al racconto e non rimanere imbrigliato unicamente nei "gialli" che gli hanno portato la notorietà.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    06 Novembre, 2011
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vita intensa

“Da giovani pensiamo che il dolore sia causato dagli altri. Quando invecchiamo, e in un modo o nell’altro ci viene sbattuta la porta in faccia, comprendiamo che la vera sofferenza si misura con ciò che abbiamo perduto.”

Sono questi concetti che mi hanno reso la lettura piacevole e interessante, sono da queste frasi che si intuisce lo spessore del trascorso dello scrittore e di conseguenza la sua vita riflessa in Lin, il protagonista del libro.
L’aspetto che ho apprezzato di più, è l’aver colto leggendo la storia di Lin, l’autenticità di una vita realmente vissuta, dove nonostante il libro sia un romanzo e non una autobiografia, si percepiscono perfettamente i sentimenti, le sensazioni che trapelano dagli aneddoti della vita del protagonista, che in qualche modo, seppure in maniera diversa, ha vissuto anche Gregory, l'autore.
Sentire e sapere del "legame" tra il personaggio ed il suo "creatore", è stato per me fondamentale, per non rimanere spiazzata da una trama cosi piena di avvenimenti.
Il protagonista vive una vita intensa, mutevole, con colpi di scena continui, intrecciando rapporti con svariati personaggi, ben strutturati e diversificati. Molti aneddoti sono raccontati in maniera molto dettagliata, altri più sommariamente come quando ad esempio Lin prende con sé il nipote di Khanderbhai per fargli da insegnante di inglese, a volte nello stile di scrittura sento che non c'è equilibrio nel precisare alcuni elementi o nel passare oltre. Ma questa è una considerazione molto soggettiva me ne rendo conto ...!
L’ immedesimazione nel personaggio acquisisce una forza e un significato maggiore, a mio giudizio, cogliendo questo aspetto di intreccio tra vita vissuta e vita raccontata. Non è sempre cosi giustamente, quando si legge un libro, ma ho voluto puntualizzare questo aspetto, perché il racconto in alcune sue parti si perde un pò, ma passa in secondo piano, rispetto alla forza emotiva che l'autore è riuscito a trasmettermi. Una forza emotiva che credo attinga dalla sua esperienza personale e da una capacità di scrivere in parole concetti di vita.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    15 Ottobre, 2011
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Se niente importa, non c'è niente sa salvare

Jonathan Safran Foer ha scritto due romanzi che mi sono piaciuti tantissimo "Ogni cosa è illuminata" e "Molto forte, incredibilmente vicino", e non mi ha delusa con il suo terzo libro.
Sicuramente il mio commento positivo, è influenzato dalla mia personale decisione, nata da poco, di non mangiare carne, spinta per lo più da una scelta etica, legata al processo di produzione del prodotto. Mi rendo conto che è un discorso molto ampio e che non è legato esclusivamente alla carne, ma ho scelto di iniziare a leggere dell'argomento con questo autore, sapendo anche, che il suo punto di vista è si schierato (in quanto vegetariano) ma non diciamo "estremista". Anche perchè prediligo autori che con i loro saggi creino dubbi o ulteriori domande, piuttosto che verità assolute, e che lascino il lettore libero di scegliere che strada intraprendere. Jonathan racconta della sua scelta personale di diventare vegetariano, racconta il risultato di studi e ricerche fatte su allevamenti intensivi, della vita che conducono gli animali prima di essere uccisi e di come vengono uccisi.
Quello che appare chiaro leggendo il libro è che non si vuole sottolineare il concetto se è giusto o no mangiare carne (questo sta nella coscienza di ognuno di noi), ma denunciare metodi di allevamento intensivo e di uccisione di animali che fanno accapponare la pelle, e che se anche cerchiamo di dissociare nella nostra testa, potrebbero essere gli stessi che ci ritroviamo poi nel piatto e che mangiamo allegramente.
Al di là delle scelte alimentari di ognuno di noi, è un libro che consiglio, per aprire gli occhi su un argomento che tocca tutti, perchè non si parla solo dell'animale, ma del ribaltamento che l'allevamento intensivo ha sull'ambiente, sulla salute dell'uomo sia fisica che mentale.(mi riferisco agli esempi riportati dall'autore degli operai che lavorano nei mattatoi).
Se niente importa allora non c'è niente da salvare, è una frase significativa per svegliare il senso critico di ognuno di noi, perchè anche se non sembra le piccole scelte possono influenzare il mondo in cui viviamo.

Ps ho forse esagerato??? credetemi è un argomento che mi appassiona, ma che conosco ancora troppo poco.


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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    25 Settembre, 2011
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caduta libera

Come promesso, (per chi ha letto la mia opinione su "educazione siberiana") ho letto il secondo libro di Nicolai.... difficile dare un' opinione ad una lettura così cruda e cinica, perchè d'istinto potrebbero urtare le parole che utilizza per raccontare la sua esperienza di cecchino durata due anni di servizio militare.
Bisogna riflettere un attimo prima di dare un giudizio su questo libro, soprattutto quando ci si trova a dover vivere un certo tipo di esperienza e non avere alternative. Perché l'alternativa di Nicolai,se si fosse sottratto al servizio militare, sarebbe stato il carcere militare il che significava un non ritorno alla società, in quanto i soprusi le violenze psicologiche e non, sarebbero stati tali da annullare completamente l'uomo. Non che le dinamiche della guerra in generale e in particolare la guerra cecena, che il protagonista ha vissuto, fossero diverse, ma forse Nicolai sentiva di avere una possibilità in più, se uscito vivo dal campo di battaglia, di poter in qualche modo riprendersi la vita.
Una frase chiave che mi ha fatto riflettere è questa ".... tutte le cose che fanno di un individuo quello che è, come i sentimenti legati alla coscienza, alla morale, al rispetto del prossimo, elementi che cambiano a seconda della cultura e dell'educazione ricevuta, tutto questo svanisce davanti all'istinto di sopravvivenza". Ecco di fronte alla sopravvivenza come ci si comporta? Cosa accade ? Dove vanno tutti i principi e gli ideali? Nicolai risponde a tutto ciò raccontando la sua esperienza, terribile, agghiacciante reale sicuramente difficile da comprendere fino in fondo, perché fortunatamente non mi sono mai trovata nella circostanza della sopravvivenza, se non si pensa a questo aspetto, leggendo, si rimane semplicemente senza parole. Ma capire un libro vuol dire in qualche modo immedesimarsi nel racconto e l’aspetto della sopravvivenza è stato, per me, la chiave per poter comprendere e ingoiare questa lettura.
La guerra annulla le persone, annulla i destini, e mescola innocenti e carnefici, la guerra è mossa apparentemente da chi sta sul campo di battaglia, ma come sottolinea il protagonista è solo una copertura di traffici gestiti dal governo.
Avrei voluto sapere qualcosa di più del dopo, del ritorno, che è solamente accennato nelle ultime pagine, dove si percepisce la sofferenza che prova e il paradosso di sentirsi fuori luogo a casa dove regna la pace. Forse si dovrà aspettare il suo terzo libro per chiudere il cerchio, perché mi manca un tassello e mi interessa conoscere in maniera più approfondita l’influenza che ha avuto nella sua testa nel suo animo, un’esperienza del genere, perché il libro racconta bene l’aspetto diretto sul campo descrivendo l’azione e meno il pensiero, perché la riflessione è arrivata sicuramente dopo quando ha riniziato a vivere, perché durante la guerra non c’è stato il tempo per pensare, ma solo per sopravvivere.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    11 Settembre, 2011
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inno alla letteratura

Non è facile leggere Lolita a Teheran e pensare di leggere semplicemente un romanzo.
Anche se a volte capita di leggere di una realtà talmente lontana dalla nostra, che ci illudiamo, mentre scorriamo le parole del libro, che sia un racconto ben strutturato dell’autore e niente più……
Invece no, la realtà è tangibile, lontana, ma vera, contemporanea e non passata.
Nafasi Azar racconta di se della sua esperienza di vita e soprattutto di insegnante e di come attraverso l’amore per la letteratura è riuscita a creare per se e alcune sue studentesse, “un’alternativa”, uno sfogo, un rifugio, dalla repubblica islamica, insediatasi nel 1979.
Nel 1995 , abbandonato il suo incarico universitario, Azar organizza, a casa sua, un seminario di letteratura , mettendo insieme alcune sue studentesse e trattando con loro diversi testi, da Lolita ad Orgoglio e pregiudizio, donne che attraverso la passione per i libri vogliono ritrovarsi , vogliono sfuggire per un attimo alla realtà, togliersi il velo e con esso riacquistare forma, espressione IDENTITA’.
Vengono messe a confronto due realtà quella del laboratorio dove le donne che partecipano si sentono sicure, protette e dove ognuna traccia un profilo di se, e la realtà della vita al di fuori, a Teheran dove le umiliazioni e la brutalità della quotidianità diventano la “normalità”.
“ il peggior crimine di un regime totalitario è costringere i cittadini, incluse le vittime, a diventare suoi complici”.
Le vicissitudine che narra la scrittrice, saltando nello spazio temporale, sono sempre raccontate con grande dignità, nonostante emergano i dolori delle sue studentesse e quello della sua generazione che ha visto perdere la libertà.
L’utilizzo di alcuni libri per analizzare la loro condizione sociale è l'aspetto più interessante, forse (almeno per me) non sempre facile da cogliere, ma fondamentale per sottolineare l'importanza e la forza che la lettura ha, e di come il libro, che per noi è un elemento che possiamo reperire come quando e dove vogliamo, possa essere prezioso e pericoloso in altre parti del mondo.

“Vivere nella Repubblica islamica dell’Iran è come fare sesso con un uomo che ti disgusta”

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    14 Luglio, 2011
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INVISIBILE

Sull'orlo della verità, sull'orlo dell'immaginazione, sull'orlo del desiderio tra quello che si vorrebbe e quello che è la realtà. Ti catturano le pagine di questo libro, rimani appesa riga dopo riga, perché Auster è un maestro nel creare quelle suspense che ti portano ad immaginare cosa potrà accadere subito dopo, senza però distoglierti dalla trama.
Il libro si sviluppa in quattro capitoli, in "primavera" la narrazione avviene in prima persona, in "estate" chi racconta è un narratore esterno. Gli ultimi due capitoli "autunno" ed "inverno" vengono invece scritti da un amico di Adam, il protagonista, che riprende alcuni suoi appunti portando avanti il racconto e da un'amica di gioventù dalla quale vengono prese alcune pagine del suo diario per ultimare la storia.
Questi punti di vista differenti e i diversi personaggi che si affacciano al racconto creano una struttura stilistica apparentemente complessa, ma la bravura dell'autore è di creare una storia fluida e ben congegnata.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    19 Giugno, 2011
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che tu sia per me il coltello

Un uomo che inizia a scrivere ad una donna, non una donna presa a caso, ma la donna che con il suo gesto sembra volersi isolare dagli altri.
Forse in questo gesto così impercettibile, Yair sente qualcosa di profondo, sente come un contatto con questa sconosciuta, una sorta di scossa che lo spinge a scriverle.
Inizia così un continuo e fitto scambio di lettere che scuotono non solo l'anima di Myriam, ma che sconvolgono anche il fragile equilibrio di Yair.
Parole che si susseguono, parole che portano al passato, al presente e alla loro complicità che si instaura da subito, perchè entrambi è come se avessero il desiderio di confidarsi con l'altro, di potersi mettere a nudo, di mettersi in gioco di trovare un rifugio tutto loro con un loro linguaggio, con un loro ritmo. Lettere che diventano sia per Myriam che per Yair dei diari necessari per comprendere se stessi, oltre che per toccare l'anima dell'altro, e l'altro come elemento fondamentale per conoscersi.
E' dal mio punto di vista, più "semplice" ( e lo scrivo tra virgolette ) confidarsi con una persona sconosciuta, ed è forse per questo motivo che sia Myriam che Yair cercano di non cadere mai nella tentazione di incontrarsi?!! Forse per non complicare ulteriormente le loro vite, già complesse, forse per preservare una unicità creata con le sole parole.
Per il lettore che entra in contatto (almeno per buona parte del libro) con le sole lettere di Yair, non è sempre facile decifrare la complessità dei loro discorsi, è un espediente che Grossman utilizza in maniera magistrale, facendo tenere sempre alta l'attenzione per essere in grado di comprendere al meglio i contenuti così intimi dei due protagonisti.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    14 Giugno, 2011
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una vita da maggiordomo

Per Stevens "la dignità, in un maggiordomo, ha a che fare, fondamentalmente, con la capacità di non abbandonare il professionista nel quale si incarna".
Questo concetto rappresenta per Stevens la linea guida della sua esistenza ed è il filo conduttore dei suoi pensieri che lo portano a ripercorrere alcuni momenti della sua vita mentre intraprende il suo primo viaggio dopo anni di onorata carriera come maggiordomo.
Un viaggio che lo vede attraversare la campagna inglese in direzione di Little Compton, dove lo attende l'incontro con Miss Kenton, governante che aveva lavorato con lui in passato a Darlington Hall. Un viaggio che rappresenta per il nostro protagonista l’unico e il primo vero momento dove, staccatosi dalle vesti di maggiordomo, può fermarsi e viaggiare non solo nello spazio fisico, ma anche e soprattutto dentro se stesso.
La ricerca della perfezione nell’essere maggiordomo ha rappresentato per Stevens il senso della vita, divenendo il fulcro del suo agire, è come se avesse indossato i panni del maggiordomo escludendo automaticamente la sfera privata, la sfera dei sentimenti.
Il concetto di dignità lo porta a ricordare momenti del passato facendogli provare un grande senso di trionfo nei confronti del suo operato, specie nelle occasioni dove è riuscito a mantenere il suo ruolo nonostante le vicissitudini fossero contrastanti. Come la morte del padre avvenuta in un momento in cui stava svolgendo servizio per Lord Darlington, e che Stevens vive in maniera distaccata e professionale.
Ripercorre il rapporto esclusivamente lavorativo con Miss Kenton, sottolineando aspetti del passato sensazioni ed emozioni che sono vive nel momento del presente, nel momento in cui ricorda, perché le ripercorre in un tempo diverso, in un contesto in cui si è tolto le vesti da maggiordomo e può osservare la sua vita con un senso critico più umano, perchè nel tempo che fu era come imprigionato dentro se stesso.
Stevens in questo viaggio si è calato, seppur di poco, la "maschera" del maggiordomo interrogandosi malinconicamente sul passato e sul futuro.
Una lettura a volte un po’ lenta, non del tutto immediata che ci porta pian piano a comprendere il senso del vero viaggio che il protagonista intraprende.
Lo stile di scrittura è elegante ed impeccabile cade a pennello con l’ambientazione inglese e gli anni in cui si svolge il racconto.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    07 Mag, 2011
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Le perfezioni provvisorie

Sono andata a "trovare" per la quarta volta Guido,il protagonista dei gialli di Carofiglio, e anche questa volta è stato un incontro più che piacevole.
Guido, in PERFEZIONI PROVVISORIE, accantona per un attimo i panni di semplice avvocato per investigare sulla scomparsa avvenuta qualche mese prima, di una giovane ragazza, Manuela. Inizialmente Guido è scettico se accettare l'incarico o meno anche perché esula della sue competenze, ma poi una volta lette le carte decide di incontrare i personaggi coinvolti nell'inchiesta, per vedere se effettivamente sarà in grado di carpire qualche dettaglio che a suo tempo non era stato scoperto. Tra i vari personaggi conoscerà Caterina, la migliore amica di Manuela, che si renderà molto disponibile per aiutarlo a risolvere il caso.
Oltre all'aspetto investigativo che mi ha incuriosita, la storia in parallelo è quella che forse preferisco, le sue chiacchierate con il Sacco da pugile, i suoi ragionamenti sulla vita, i riferimenti alla musica e ai libri, i ricordi di quando era piccolo....E poi l'incontro con Nadia, ex cliente, che attualmente gestisce un locale che il protagonista inizierà a frequentare, solletica la fantasia del lettore rispetto alla sua vita sentimentale. Mi piace questo mix di situazioni che si snodano nel libro, non solo il "giallo", ma anche tutti quegli elementi di vita che rendono il protagonista reale.
Complimenti a Carofiglio il suo stile si scrittura ironicamente intelligente e ricercato nella sua semplicità, è una costante dei suoi libri che non stufa mai.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    01 Mag, 2011
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L'arte di ascoltare

La storia racconta di Julia, giovane donna che decide di intraprendere un viaggio nella terra di origine del padre per comprendere le ragioni della sua scomparsa avvenuta quattro anni prima.
Ciò che la spinge, dopo un lungo silenzio, a voler andare a fondo sulla scomparsa del padre è la scoperta di una lettera che la madre di Julia le fa avere, è una lettera d’amore che suo padre Tin scrive a Mi Mi quarant’anni prima, poco dopo essere arrivato negli Stati Uniti dalla Birmania.
Julia si aggrappa a questa lettera per ritrovare l’amato padre, anche se non è sicura che sia collegata alla sua scomparsa, parte così per Kalaw, cittadina che sorge sulle montagne della Birmania.
In questo luogo sperduto, grazie ai racconti di un uomo di mezza età di nome U Ba, Julia scopre la vita del padre prima di giungere in America, una vita a lei ignota, che le suscita inizialmente sospetti sulla veridicità delle parole del suo oratore, ma che poi decide di ascoltare con il cuore e non solo con la ragione.
Una razionalità che inizialmente la porta a domandarsi “…i figli desiderano veramente conoscere i genitori come persone dotate di una vita autonoma? Saremmo capaci di vederli com’erano davvero, prima che arrivassimo noi?”
La presunzione di conoscere i propri genitori di farci bastare ciò che vediamo oggi senza domandarci come sono stati, quali erano i loro desideri, se hanno vissuto la vita che volevano vivere veramente...
Julia si “trova” a fare i conti con il passato del padre, scoprendo l’amore unico che lo ha unito a Mi Mi nonostante la vita sia andata diversamente, nonostante la lontananza fisica, un amore che si è alimentato negli anni nella consapevolezza di aver trovato nell’altro il vero amore.
Sicuramente l’aspetto che mi è piaciuto di più del libro è stato il rapporto della figlia con il padre, un aspetto se vogliamo secondario, ma che ha catturato di più la mia attenzione, l’evolversi di questa presa di coscienza della figlia nei confronti del padre che prima di essere tale è stato figlio ragazzo e uomo.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    20 Aprile, 2011
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..ero riuscito a fermare l'attimo

Questo libro è riuscito a toccarmi e farmi vibrare le corde emotive, è riuscito ad emozionarmi e a commuovermi. Le parole utilizzate per descrivere questa passione, questo amore, sono semplicemente perfette. Non è facile non cadere nel banale quando si parla di sentimenti, non è facile esprimere in parole quello che il cuore prova in certi momenti della vita. André con questo libro è riuscito nell'intento di tramutare in parole quelle sensazioni emotive che, anche quando si ha la fortuna di provare almeno una volta nella vita, non è automatico che si sappiano descrivere.
Il modo in cui Elio racconta il suo interessamento, la sua passione, il suo amore per Oilver è così reale ed emotivamente così delicato che mi ha catturato ed assorbito totalmente. Ogni frase che descrive quell'estate vissuta dai due giovani ha in sé una carica e una forza che mi ha sprigionato sensazioni così forti come se stessi vivendo io quell'amore o come se le parole usate potessero essere tramutate nella mia di vita. Sicuramente questo aspetto emozionale è diventato per me l'elemento fondamentale nel giudizio sul libro, che si è rafforzato nello stile di scrittura a mio parere mai banale.
Forse, se proprio devo essere obiettiva, la parte finale mi sembra un pò troppo velocizzata rispetto a tutto lo svolgimento della storia che si sviluppa unicamente nel periodo estivo. O forse è una decisione dello scrittore per sottolineare maggiormente come alcuni momenti della vita rimangono impressi dentro di noi dilatandosi in eterno nonostante la vita scorra inesorabile.
Vivere l'attimo e avere la sensazione che sia per sempre è una splendida fortuna, ma anche una condanna se di decide di vivere una vita "parallela".

" tu sei il mio ritorno a casa. Quando sono con te e stiamo bene, ecco, non voglio altro..."

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    15 Aprile, 2011
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Il viaggio

Il viaggio di sei donne che si troveranno a condividere la stessa cuccetta del treno per arrivare ognuna alla propria destinazione.
Il viaggio dentro alla vita di queste donne, che durante le ore passate insieme si racconteranno.
Donne indiane di diversa età e con un diverso vissuto, nei loro racconti è come se ognuna parlasse a voce alta a se stessa, come se il solo parlare potesse in qualche modo dare un senso alle loro vite. Ognuna a turno racconta i propri fallimenti le proprie delusioni, nei confronti di una vita che il più delle volte si sono trovate a vivere, perché non è così semplice scegliere soprattutto quando la cultura in cui si vive, è legata alla visione della figura della donna unicamente come madre, moglie e appoggio della famiglia di origine. Akhila (la protagonista) è invece una donna sola, senza marito ne figli, distaccatasi poco prima di intraprendere il viaggio dalla sua famiglia di origine, per cercare di vivere la vita secondo i suoi desideri, scrollandosi di dosso il giudizio negativo di "zitella" e il peso per non aver vissuto una vita "normale" come tutte le sue coetanee.
Nonostante i molti spunti della storia, tutto rimane come un pò sospeso e scollegato. Gli sfoghi delle donne sono, come ho accennato prima, racconti in solitaria, non esiste tra di loro un vero dibattito un vero confronto ed è un peccato!

Durante il racconto il rimando ai cibi indiani è continuo, nelle ultime pagine è stato creato un mini ricettario con alcuni piatti, un'idea molto carina dell'autrice.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    27 Marzo, 2011
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dark

Usando il noi come punto di osservazione, Murakami sembra il regista del film e noi gli spettatori che osserviamo e analizziamo con lui le scene che i vari protagonisti vivono. In più parti del libro si ha la sensazione che descriva ciò che vede come se avesse in mano una telecamera, che muove a piacimento zoomando e cambiando inquadratura.
La storia si svolge in un'unica notte, o meglio dalla mezzanotte alle sette del mattino, ora in cui c’è il risveglio della maggior parte della gente, e dove ognuno ha davanti a se la propria pagina bianca, ancora vuota, tutta da scrivere.
Vite di persone che si intrecciano, la notte come punto di osservazione per capire qualcosa di più di sé e degli altri.
La peculiarità di questa lettura è che non ci sono molti rimandi alla vita che i protagonisti vivono di giorno, eppure il lettore ha la sensazione che questi personaggi siano strutturati in un certo modo e che quello che l’autore vuole fare emergere è la parte più fragile, intima, dubbiosa di ognuno di loro. In fondo la notte è per tutti noi il momento della giornata in cui riusciamo a fermarci, è il momento dei bilanci non solo rispetto alla giornata appena trascorsa, ma nei confronti della vita in generale. Perché di giorno lo scorrere del tempo è scandito in base a ciò che dobbiamo fare e non a ciò che vorremmo pensare. La notte è un ritaglio di tempo per noi stessi, intimo e anche complicato per certi versi, uno dei pochi momenti in cui ci ritroviamo soli.
In questa atmosfera Mari ha deciso di vivere, da sveglia, una intera notte, forse per capire cosa fare di se, forse per riflettere e fuggire dalla sorella Eri, avvolta da un sonno semicomatoso da quasi due mesi. Da qui l’incontro con Takahashi giovane musicista, con la prostituta cinese picchiata da un cliente e con Kaoru la manager di un love hotel.
Vite diverse che si intrecciano in queste ore notturne, anime che viaggiano, destini che cambiano.
La pienezza della notte, la sua intensità e il suo lato oscuro, vengono descritti magnificamente da Murakami, tenendo sempre alta l'attenzione e anche la curiosità che possa accadere sempre qualcosa di straordinario.
Terminata la lettura mi è venuta voglia di vivere da sveglia una intera notte in solitudine.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    19 Marzo, 2011
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ma che piacevole lettura...

Davvero un bel libro. Ho provato il piacere della lettura da subito, una sensazione che mi ha accompagnato fino alla fine. Non cambierei nemmeno una virgola di questo libro, dalla trama allo stile di scrittura non c’è nulla che possa essere considerato (ovviamente da me) fuori posto!! E non mi capita cosi spesso di avere questa sensazione, soprattutto da quando scrivo su questo sito e mi sono abituata a riflettere un po’ di più sulle letture terminate.
L’intelligenza dello scrittore Amara Lakhous mi era già nota dal suo primo libro "Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio", che già mi aveva entusiasmato moltissimo, questo ancora di più.
La storia racconta di Christian, giovane siciliano che viene ingaggiato dai servizi segreti italiani per scovare una cellula terroristica annidatasi quasi certamente in zona Marconi a Roma. Assumerà cosi una nuova identità, diventerà Issa giovane tunisino musulmano che abbandona la Sicilia per trovare fortuna a Roma.
La storia racconta anche di Sofia giovane donna egiziana sposata con Felice anche’egli egiziano, del loro complicato matrimonio e della loro vita a viale Marconi.
Il personaggio femminile ci permette di entrare in contatto con la cultura islamica e attraverso i suoi occhi capirne le tradizioni i precetti e le contraddizioni con la realtà occidentale in cui vive la giovane donna. Lo scenario di fondo è il call center “Little Cairo”il punto di incontro per i vari immigrati, per lo più di origine musulmana, che vivono a Roma e che trovano in questo luogo non solo la funzione di chiamare la lontana casa, ma di scambiarsi opinioni, storie e passa parola per trovare un posto letto, lavoro o altro….
Issa entrerà a far parte di questa nuova vita, cercando di arrivare all’obiettivo della missione, ma facendosi coinvolgere dai vari personaggi che incontrerà e dalle loro vicende.
Scritto benissimo e anche in questo libro sono esilaranti i luoghi comuni sugli immigrati e su come noi occidentali li giudichiamo dalle apparenze.
“ Gli italiani lasciano l’Italia per cercare fortuna altrove!Ma noi immigrati veniamo qui per lo stesso identico motivo!...c’è qualcosa che non funziona.”


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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    12 Marzo, 2011
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Pulce

Giovanna adolescente, racconta in prima persona di se e della sua famiglia dal momento in cui la sorella, chiamata affettuosamente Pulce, viene prelevata da scuola e portata, in seguito ad un presunto maltrattamento subito in famiglia, in un centro di accoglienza per minori chiamato Giorni Felici.
Giovanna descrive attraverso i suoi occhi non solo gli accadimenti che hanno sconvolto la famiglia a seguito dell'assenza della piccola sorella, ma ripercorre alcune vicende legate a Pulce, bambina affetta da disturbi che rientrano nelle patologie dello spettro autistico.
Racconta della mamma e del papà, di come hanno affrontato la patologia della figlia, di come la vita della famiglia si "muova" per Pulce, per seguirla nella sua crescita cercando di aiutarla ad essere il più possibile autosufficiente.
Giovanna si domanda cosa possa essere realmente accaduto di così grave, cosa all'interno della sua famiglia possa non aver funzionato, per arrivare a portare via Pulce da casa. Si interroga se i suoi genitori, e lei stessa, abbiano sbagliato in qualcosa e cosa fare per riaggiustare la situazione e tornare ad essere nuovamente tutti insieme. Divertente come Giovanna, in una delle sue mille riflessioni, vuole capire come poter arrivare ad essere una famiglia considerata normale e lo fa prendendo come modello la famiglia del Mulino Bianco.
E' un libro sicuramente piacevole, anche se tratta un argomento drammatico, perchè tutto viene filtrato da Giovanna che narra delicatamente,(.." perchè lei non c'è e non vuole essere come noi ce la immaginiamo.") schiettamente, facendo anche sorridere e riflettere. Questo unico punto di vista rischia, a mio giudizio,di far emergere una realtà non completa, un pò riduttiva.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    21 Febbraio, 2011
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una vita intera

Ho visto il film e poi ho letto il libro.
Di solito preferisco fare il contrario, ma questa volta è andata cosi. Sicuramente mi sono persa l'incanto di scoprire pian piano la vita di Barney, sapere già come andrà a finire non è mai bello, ma nonostante questi due particolari, non da poco, leggere ti da comunque sensazioni diverse... e questo libro mi è piaciuto moltissimo. Però c'è una cosa positiva nel'aver visto il film, mi ha reso più fluida la comprensione della vita del protagonista, perché se non si sta concentrati può capitare di perdere il senso!!
Sfuggono alcuni passaggi e bisogna riprenderli senza perdere l'entusiasmo se si vuole capire a 360 gradi la vita del protagonista, perchè Barney si racconta a ruota libera si racconta parlando del presente e subito dopo del passato, parlando di Boggie e magari immediatamente dopo di Mike suo figlio, cosi ... in maniera spontanea.
Si racconta senza un ordine temporale preciso se non avere come filo conduttore le tre mogli che ha avuto, e che scandiscono l’andamento della sua storia.
Cinico ironico allo stesso tempo, racconta i fatti ripercorrendo il passato, calandosi nell’istante , senza dare un giudizio a posteriori, ma con un certo distacco quasi come se volesse mettere ordine nella sua vita strampalata, fuori dagli schemi.
Barney sembra rimanere indifferente alla vita in quasi tutto ciò che racconta ma non quando parla di Miriam, l'amore della sua vita, né quando parla dell'amicizia con Boogie, fatta di incomprensioni silenzi e di incertezze.
Questo amore incredibile per Miriam è molto romantico, ma anche molto reale, Barney di fronte a lei cala qualsiasi sua maschera si pone così com’è, con i suoi pregi e i suoi difetti e con la fottuta paura di perderla perché incapace di capire come possa essere amato da lei.
La vita non va sempre come si vorrebbe e Barney lo ammette e per questo in qualche modo, per me, ne esce vincente.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    09 Febbraio, 2011
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Vite che si sfiorano

Il libro non mi ha entusiasmato molto, anche se la scrittura è fluida e il racconto è ben fatto.
Siamo in Egitto, al Cairo, più precisamente la storia ruota attorno agli abitanti del Palazzo Yacoubian, costruito negli anni trenta da un miliardario armeno.
È un racconto corale di personaggi che vivono le contraddizioni di una società moderna legata fortemente alla religione e alle tradizioni, ma anche una società corrotta e violenta.
Le vite dei vari personaggi il più delle volte non si toccano, ma si sfiorano nell'evolversi delle vicende.
Il giovane Taha e il giornalista Hatim sono i due personaggi che più mi hanno catturato. Le loro vite sono così diverse tra di loro, in qualche modo sono agli antipodi, ma sono gli unici due che mi hanno trasmesso qualche emozione.
Taha è un giovane idealista che dopo aver subito la bocciatura all’esame per entrare in polizia, perché non ritenuto idoneo per le sue origini familiari, e dopo aver visto lentamente finire la sua storia d’amore con la bella Buthayana, entrerà a far parte di un gruppo di estremisti islamici.
Hatim, giornalista gay, è invece il simbolo della trasgressione del diverso, vive amori clandestini con uomini che sfruttano per lo più la sua posizione sociale per avere in cambio denaro.
Un racconto amaro, cupo grigio. Forse mi aspettavo qualche nozione in più per capire meglio alcune dinamiche politiche del paese (e non mi riferisco ai recenti scontri, anche perchè il libro è stato pubblicato nel 2005).

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    02 Febbraio, 2011
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piazza vittorio

Ho comprato il libro attirata dal titolo e dalla bellissima copertina, due presupposti che di solito possono aiutare nella scelta, se si va un po’ alla cieca come ho fatto io con questo autore algerino.
Mi è andata più che bene, perchè il libro mi è piaciuto molto.
Il breve romanzo è ambientato a piazza Vittorio (Roma) in un piccolo palazzo abitato da personaggi diversissimi tra di loro per cultura e provenienza. Sullo sfondo di questo colorato spaccato della società multietnica si è consumato l'omicidio di uno dei condomini soprannominato "Il Gladiatore".
L'omicidio sarà il pretesto che darà voce ai vari protagonisti del romanzo, si sfogheranno non solo parlando di Amedeo, inquilino del palazzo e unico sospettato, ma anche dei loro piccoli drammi che vivono quotidianamente a piazza Vittorio.
Ne emerge un racconto corale, ironico, dove vengono sottolineate le diversità di ognuno attraverso luoghi comuni, modi di pensare, limitazioni culturali e di non conoscenza del diverso che sfocia il più delle volte nell'intolleranza verso lo "straniero".
Ma lo straniero non è solo Johan l’olandese o Igbal il bengalese, ma è anche Benedetta la napoletana o Antonio il milanese.
Un concentrato sociologico che si sviluppa attorno al tanto temuto e odiato ascensore condominiale!
Una perla che fa sorridere e allo stesso tempo fa riflettere sugli svariati luoghi comuni che animano la nostra società.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    26 Gennaio, 2011
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fiaba!

E' stato difficile per Orwell trovare un editore per il libro.
E se della censura è stata fatta come disse lo scrittore " .. è perchè (riferendosi agli editori che non gli pubblicavano il libro) hanno paura dell'opinione pubblica."
Gli animali della fattoria, incitati dai maiali, si ribellano ai soprusi dell'uomo. Prendono possesso della fattoria mettendo in atto una vera e propria Ribellione. Ribellione che farà provare a tutti gli animali una sorta di libertà e di svolta per una vita nuova, diversa, una vita senza un padrone, con nuovi diritti e privilegi. I maiali all'inizio del libro rappresentano il traino e la speranza del cambiamento, diventano poi, prima velatamente e poi in maniera sempre più spudorata, i nuovi padroni, illudendo, mentendo e tenendo sempre più all'oscuro gli animali della fattoria. L'ignoranza che li avvolgerà sarà per loro come una benda sugli occhi, che li farà ripiombare all'interno di un sistema dove torneranno ad essere la "classe inferiore".
Scritto con la struttura di una "fiaba" (fiaba triste), una fiaba che non muore mai (purtroppo), che si adegua perfettamente a qualsiasi tipo di dittatura o di apparente democrazia e non solo al periodo del regime sovietico al quale Orwell si riferisce.

Interessante il saggio a fine libro che Orwell scrive sulla LIBERTA' DI STAMPA.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    21 Gennaio, 2011
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Arrivare alla fine ... per capire

Tony Pagoda è il protagonista e il narratore della sua vita.
Una vita eccessiva, fatta di concerti musicali, di cocaina, di amanti e prostitute, dove lui si racconta... e racconta la sua visione della vita, attraverso aneddoti ed elucubrazioni mentali.
Emerge una visione mediocre della vita, dove nonostante i piaceri apparenti che Tony si gode, è in realtà una vita "povera" fatta di pochi ideali, dove la visione delle cose che lo circondano, è sempre molto limitata e forse un pò semplicistica.
I riferimenti al sesso sono continui, scadenti, come se tutto girasse solo attorno a questo. (ma forse è cosi)
Sorrentino con questo personaggio vuole forse scuotere il lettore? ...perché a Tony non ti puoi affezionare (almeno per buona parte del libro a me è accaduto questo) ti irrita, ti fa dire " ma come cazzo sta vivendo la sua vita questo qui..e come ragiona?!".
Se l'intento di Sorrentino è suscitare nel lettore una sensazione di disagio bè, con me ha fatto centro.
Tony ad un certo punto della sua vita prende e va in Brasile e ci rimane per vent'anni per poi tornare in Italia alle porte del 2000. Se ne va perchè sente che qualcosa dentro lui sta cambiando, vuole tagliare con la sua vita passata, si vuole isolare da tutti e da tutto. Dopo vent'anni però ritorna in Italia e ricade, seppur con occhi diversi e con una consapevolezza maggiore, nello stesso stile di vita che aveva abbandonato in precedenza.
Poetica è la fine, dove per trovare umanità e felicità Tony si rifugia in un ricordo del passato in un preciso momento che seppur lontano è in grado di riempirgli il cuore di felicità e di dargli finalmente un pò di pace.
La scrittura di Sorrentino è cruda , ironica, essenziale forse un pò troppo per i miei gusti, ma per dipingere Tony non poteva, credo, fare altrimenti.

ps " a quanti fiumi di cacca bisogna assistere in una vita intera." citazione che cade a pennello oggi più che mai!

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    09 Gennaio, 2011
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il viaggio

Sono contenta di aver letto questo libro di Coe, perché nonostante mi piaccia molto come scrittore dopo la lettura di: "La pioggia prima che cada" ne ero rimasta un pò delusa.. anche perché le mie alte considerazioni di lui si erano fermate, tanto per citarne uno, a "La casa del sonno"
Ho quindi affrontato questa lettura un pò reticente, ma già da subito mi sono fatta trascinare dallo stile narrativo chiaro scorrevole e stuzzicante, perchè la curiosità che il personaggio di MAXWELL SIM mi ha sprigionato è stata tanta! Curiosità che si scatenata attraverso la casualità e le coincidenze che hanno permesso a Sim di fare incontri e piccole scelte che lo hanno portato a vivere una sorta di avventura alla scoperta e alla comprensione di chi si è veramente.
Incontri che aggiungono tasselli in una ricerca interiore di se stesso fatta di ricordi del passato, che vengono analizzati e visti sotto una luce diversa, vera, di illuminazioni su come si vorrebbe vivere ma non si sa come poter arrivare a quella vita e su illusioni che gli permettono di sopravvivere.
Oltre agli incontri, il protagonista fa i conti anche con il periodo storico che sta vivendo e quindi la crisi economica e l'uso delle tecnologia come elemento tanto evolutivo del nostro millennio quanto una delle cause che distorce la visione della realtà e che uccide i rapporti tra gli esseri umani.

Si una piacevole lettura....e poi non so ma ho come la sensazione, soprattutto dopo aver letto il finale, che COE lo abbia scritto divertendosi. Ma questa sensazione non posso spiegarla perché è collegata ad elementi che il lettore scoprirà se si imbatterà in questo libro.

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Politica e attualità
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    01 Gennaio, 2011
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Giocare con le parole

Ho sorriso leggendo l'introduzione che Carofiglio fa al libro, perchè mi sono ritrovata in quel gruppo di lettori, che leggendo le storie di Guido, (avvocato protagonista dei romanzi che lo stesso autore scrive) hanno cercato disperatamente un libro che viene citato in "Ragionevoli dubbi" e che si intitolava la manomissione delle parole.
In realtà quel libro non esisteva.
"..Se quel libro non esisteva ma molti avevano voglia di leggerlo, allora c'era una sola cosa da fare: scriverlo, semplicemente."
E Gianrico lo scrive, ed è un saggio che per sua stessa ammissione non ha la pretesa ne di essere una lezione, ne un manifesto politico, ma un esperimento che vede l'utilizzo delle parole smontate e rimontate.
Parole non prese a caso, ma con un forte valore sociale, parole che dovrebbero essere le basi della democrazia.
Si parte dalla VERGOGNA per poi passare alla GIUSTIZIA, che non può fare a meno della parola RIBELLIONE che è la via della BELLEZZA, per poi concludere con la SCELTA.
Analizza le parole, il loro uso nella storia attraverso innumerevoli citazioni da Socrate, Platone, Levi, Bob Dylan...
Vogliono essere queste pagine uno spunto, per i lettori che vorranno poi approfondire attraverso le Note, i vari significati delle parole che danno vita a concetti fondamentali.
Concetti che a volte diamo per scontato ma che non lo sono affatto, significati che non dobbiamo smarrire se non vogliamo perderne il senso.

"... già solo chiamare le cose con il loro nome è un atto rivoluzionario."

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    31 Dicembre, 2010
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Anju e Sudha

Sono sempre dubbiosa nell'intraprendere il seguito di un libro, ma in questo caso sono partita con il piede giusto presa dall'entusiasmo che mi ha suscitato la lettura di "sorella del mio cuore", e dalla fregola di voler nuovamente immergermi nella storia di Anju e Sudha, nella loro amicizia.
Sudha lascia l'India, parte per l'America per passare un periodo con l'amatissima Anju, trasferitasi nel nuovo continente dopo le nozze con Sunil. Per entrambe, il volersi riunire dopo anni di lontananza e con vicende che hanno segnato profondamente il loro animo e il loro modo d'essere, rappresenta apparentemente la soluzione per trovare la forza per potersi rialzare dalle loro condizioni e trovare la speranza per poter vivere un futuro diverso, libero.
Se in India le tradizioni vengono vissute come un fardello pesante e vincolante, in America , le due giovani donne, assaporano una libertà che le affascina ma allo stesso tempo le disorienta e le destabilizza, anche la loro amicizia , da sempre rifugio per entrambe, viene compromessa da una sorta di ménage à trois , che è sempre stato latente negli anni e che ha portato, nello scorrere delle vicende, alla rottura degli equilibri.
Anju e Sudha si allontanano, soffrono, si perdono, ma forse la loro distanza di cuore ha origini più lontane, e non è detto che non possano ritrovare un nuovo equilibrio che le porti a vivere nuovamente la loro amicizia.
In realtà sono rimasta un pò delusa, o forse avevo troppe aspettative.
La storia non decolla mai realmente, il libro si sviluppa con pochissimi scontri diretti tra i personaggi per lo più è un racconto individuale dei singoli che si alternano nei capitoli del libro. Se questo espediente narrativo ha funzionato benissimo nel primo libro, qui, mi sembra sia un pò tirato per i capelli...o forse Divakaruni ha voluto sottolineare, con le singole sensazioni, i singoli ragionamenti e le singole descrizioni, la solitudine dell’essere umano.

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Racconti
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    06 Dicembre, 2010
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momenti di vita

Leggere i dodici racconti di Carver è come entrare per un attimo nella vita dei personaggi che animano il libro, "osservarli" inquadrarli per poi chiudere la porta, ed entrare subito dopo nella vita di un altro personaggio.
Quando si termina un racconto si ha la sensazione che la vita di quei personaggi, di quel racconto, vada avanti comunque, anche se si è passati alla vita seguente di Betty o di Ann...
Carver raccontando frammenti di vita quotidiana senza troppi colpi di scena, con poche descrizioni, ma concentrandosi sul significato preciso del momento è come se passasse la "palla" al lettore, che una volta terminato il racconto si immagina i retroscena o gli sviluppi delle storie. Almeno a me è accaduto questo, di lasciare che le emozionanti parole dell'autore prendessero il largo nella mia testa per continuare a pensare, mentre mi accingevo a iniziare Conservazione, che fine avrà fatto Wes dopo aver lasciato la casa del suo amico Chef!!!
L'esistenza di persone qualunque dove a volte è il caso che le porta ad un cambiamento repentino delle loro esistenze, come una banale cena tra amici o una torta di compleanno.
Sono rimasta entusiasta da questa lettura, lo stile di scrittura, i personaggi, e la scelta accurata dei titoli che nascondono il significato incisivo del singolo racconto.

Ps Ci tengo a sottolineare che la curiosità mi è nata leggendo la recensione di Gio...

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    29 Novembre, 2010
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affrontare i ricordi

Matteo si racconta da uomo adulto, irrisolto, si racconta guardandosi indietro ricostruendo attraverso i ricordi un periodo esatto della sua vita: l’adolescenza, nell’estate dei suoi tredici anni.
Il racconto prende vita attraverso le sensazioni, attraverso i protagonisti di allora, attraverso i ricordi di Matteo che spesso, per sua stessa ammissione, si mischiano con l’immaginazione di una realtà distante nel tempo ma reale, concreta e che continua ad avere ribaltamenti sul presente. L’estate come spartiacque di una vita che non sarà piu la stessa.
Raccontare il passato, tornare nei ricordi, anche dolorosi, per poter riemergere e continuare a vivere, forse è questo il tentativo che il protagonista fa ripercorrendo quell'estate del 1975.
Un racconto breve ma efficace e delicato, dove emerge in maniera nostalgica l’importanza dei ricordi, dell’adolescenza come momento incisivo, ma allo stesso tempo fuggevole.... ”c’è qualcosa nei ricordi dell’adolescenza che disegna una traccia imperfetta nell’anima."

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    26 Novembre, 2010
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Cecità

Mi sono presa del tempo per leggero questo libro, ho come cercato il momento giusto per leggerlo. Non bisogna arrendersi se intraprendendo la lettura accade di accantonarla subito dopo, perchè poi quando la si riprende la si affronta con un'intensità e con un'attenzione indispensabili.
Saramago con il suo stile inconfondibile ci porta dentro ad una società che improvvisamente si trova ad essere cieca...o che cieca lo è sempre stata!
" ..ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono."
L'isolamento iniziale di un gruppo di persone che divenuto cieco improvvisamente, viene confinato all'interno di un manicomio per non "contagiare" il resto dell'umanità. Il dramma di perdere la vista, l'angoscia di non poter più vivere come prima, di non essere autosufficienti, di sentirsi sempre più animali, un dramma che diventa riga dopo riga il dramma di tutto il popolo. Una società cieca, persa, senza più regole e schemi, che cerca di riorganizzarsi nel dramma per sopravvivere. Quello che emerge è una società che lascia poco spazio alla solidarietà verso il prossimo, ma evidenzia l'egoismo, la sopraffazione verso il più debole, il disfacimento di valori che porta in qualche modo alla primordialità. E' come se Saramago volesse portare all'eccesso i meccanismi della nostra società, attraverso la catastrofe della cecità. La cecità come pretesto per raccontare il marcio di persone che cercano solo di sopravvivere senza costruire realmente, perchè si trovano ad essere senza forze, senza speranza per il futuro.
L'angoscia che trapela dal racconto è rafforzato dallo stile di scrittura dell'autore, e da elementi che vengono a mancare come i nomi dei personaggi, i nomi dei luoghi, la non definizione del tempo, tutti ingredienti che di solito sono indispensabili per un racconto, ma in questo caso quest'assenza porta in qualche modo ad un'immedesimazione totale.
Accade che non si legge con distacco il dramma che la storia racconta, perchè non lo si identifica "addosso" a qualcun altro.. siamo tutti ciechi?!!

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    17 Novembre, 2010
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malinconicamente divertente

Non si può non rimanere catturati dal mix di impetuosità, di divertimento, di sconclusionatezza, di indecisione, di sincerità che caratterizza il personaggio di Malinconico.
Un uomo che cerca di vivere in maniera dignitosa barcamenandosi tra una ex moglie, non del tutto ex, e un possibile nuovo amore, tra il lavoro da avvocato che non decolla mai del tutto e i suoi sani principi che lo portano lontano da "guadagni facili".
Un uomo che sta vivendo un cambiamento di vita sia nel modo di vivere sia nell'aspetto più intimo, un uomo con i suoi dubbi e i suoi tentennamenti di fronte agli eventi della vita.
Le vicende della storia vengono spesso "interrotte" da molte sue considerazioni che spaziano in svariate tematiche...a volte profonde e a volte forse un pò "banali", ma sempre ironiche ed intelligenti.
Una lettura leggera, divertente, che porta però a spunti di riflessione di una società contemporanea che rispecchia benissimo l'Italia dei giorni nostri.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    10 Novembre, 2010
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inizio centro...fine

Non mi ha appassionato molto, ma non per questo non posso non considerarlo un buon libro.
"..tutte le storie hanno un inizio, un centro e una fine; l'importante però è averle nell'ordine giusto.." ed è per questo che per me stilisticamente il libro funziona bene.
L'inizio dove Margaret giovane donna spinta dal suo amore per i libri e dal suo lavoro si trova, non per caso, a fare da biografa ad una famosissima scrittrice Vida Winter, che ha deciso al culmine della sua vita, di raccontare la " verità".
Il centro dove la storia intricata di Vida si snoda pian piano, pagina dopo pagina. Dove tutte le ombre, i segreti e gli avvenimenti vengono esternati e recepiti da Margaret, che non potendo fare domande ma semplicemente ascoltare, si ritroverà a riordinare ed a comprendere tutti i misteri che avvolgono la vita dell'anziana scrittrice. Margaret all'inizio rimane talmente assorbita dal flusso di racconti e di nozioni che è come se cancellasse per un lasso di tempo il suo io, facendosi trasportare dalla curiosità di capire e di scoprire. La forza di andare a fondo nella vita di Vida le permetterà di andare a fondo anche nella sua di vita.
E la fine dove diversi colpi di scena permetteranno di far luce e di svelare tutti gli enigmi, e dove la vita delle due donne, spettatrici l'una dell'altra, si toccheranno nell'intimo delle loro emozioni.
Una piccola critica legata al frazionamento del libro in molteplici capitoli... troppi, che per un mio limite è come se mi avessero reso meno fluida la lettura

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    29 Ottobre, 2010
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sorriso amaro

Un amaro sorriso è la sensazione provata dopo aver terminato il libro.
Si può ironizzare sulla precarietà? Si può ironizzare su una società che si sta abituando a non lottare più per un minimo di dignità? Ascanio lo fa.
Utilizzando l’ironia in maniera geniale, come strumento per arrivare in mezzo alla gente, come strumento immediato di “semplificazione” mirato non alla banalizzazione dello spaccato sociale raccontato, ma all’immedesimazione in esso.
La giusta dose di amarezza e di ironia, è questa la ricetta ideale che si snoda poeticamente nelle pagine del libro.
Quattro voci danno vita a LOTTA DI CLASSE, quattro vite che si intrecciano, che si sfiorano, che spesso raccontano, dal loro punto di vista medesimi fatti.
La voce di Salvatore di Marinella di Nicola e di Patrizia raccontati attraverso la voce teatrale di Ascanio che mette in scena temi attualissimi come: il lavoro precario, la mancanza di un nucleo familiare in grado di salvaguardarci e l’illusione che la donna possa diventare in un paese democratico qualsiasi cosa essa voglia.
Lo stile utilizzato ha un’impronta molto teatrale, ad esempio il modo in cui ripete le stesse frasi in diversi punti del libro, quasi a voler calcare la loro efficacia, per farle imprimere nella testa di ognuno di noi.
Ho una sensazione … anche se non ancora testata (se non vedendo Ascanio al cinema o alla t.v.) che questo racconto possa affascinare e rapire molto di più ascoltandolo che leggendolo.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    24 Ottobre, 2010
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Le quattro disperate di Tokyo

Le quattro donne, protagoniste del romanzo, lavorano al turno di notte all’interno di una fabbrica che produce cibi precotti, ed è questa la semplice relazione che all’inizio della vicenda lega i loro destini, oltre all’immensa solitudine e disperazione che attanaglia la povera vita di ognuna.
La vita di Masako moglie e madre di un marito e di un figlio con i quali condivide solo lo stesso tetto, infatti in casa è come se avessero alzato una sorta di barriera individuale.
La vita di Kuniko, giovane donna che cerca di vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche, cercando negli oggetti materiali una sorta di affermazione di se stessa.
La vita di Yoshie che dopo la morte del marito si è trovata a dover accudire la suocera inferma e a mantenere le figlie con le quali non ha alcun rapporto affettivo.
E la vita di Yaoyoi moglie e madre di due bambini, apparentemente la donna più tranquilla ,ma che una volta oltrepassata la soglia di sopportazione si trova ad uccidere il marito dopo aver scoperto che stava dilapidando i loro risparmi giocando d’azzardo.
Sarà questo omicidio che innescherà una serie di avvenimenti che coinvolgeranno le quattro donne, che spinte per lo più dai soldi aiuteranno l’amica a sbarazzarsi del cadavere. Le loro vite verranno sconvolte subiranno ognuna un forte cambiamento interiore e vivranno una serie di fatti intricati che sfumeranno pagina dopo pagina in una sorta di “ horror”.
Un libro che tiene con il fiato sospeso, che mi ha fatto immergere in una sorta di inquietudine e di suspence, dove non c'è spazio per i "buoni" sentimenti. Nonostante le quattro donne siano estremamente sole e disperate, il legame che si crea tra di loro non è di amicizia né di solidarietà, ma è come se dipendessero l’una dall’altra pur rimanendo nella loro individualità, sfruttandosi a vicenda per cercare di sopravvivere.
Ognuna è mossa dall'esigenza di trovare uno spiraglio di vita nuova, alla ricerca di un destino diverso senza più vincoli e costrizioni dove il dio denaro crea l'illusione di poter dare un taglio netto con il passato.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    16 Ottobre, 2010
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odio gli italiani

Ho letto il libro con molta curiosità perché il titolo mi aveva da subito attirata. Si legge molto velocemente, non solo per la sua brevità ma anche per lo stile asciutto e pieno di dialoghi.
La storia è ambientata in Africa, ma non viene ne contestualizzato il luogo preciso ne lo spazio temporale in cui nasce e si sviluppa la trama, sicuramente è una scelta dello scrittore che però mi convince poco, perché l’assenza di parole spese per descrivere i luoghi delle vicende di Alessia e dei suoi coetanei rende la storia poco reale. Indubbiamente parlare di Africa non è cosi semplice, ma credo sia necessario e dovuto quando si toccano tematiche cosi difficili e dure, anche perché il contesto dovrebbe essere un punto di forza e un elemento trainante del libro e non un semplice particolare di “contorno”.
Alessia ragazza di origini italiane insieme ai suoi amici africani,Monique, Nnambi e Daoud, si trova immischiata in una vicenda drammatica:la vendita di bambini da parte di un’organizzazione mafiosa stabilitasi nel paese. Molti altri personaggi saranno coinvolti nell’intreccio della trama, a volte in maniera troppo sbrigativa, come i due turisti italiani. Oltre al mercato dei bambini, nel libro vengono sollevati altri temi come la prostituzione minorile, lo sfruttamento da parte dei coloni italiani, il turismo non consapevole l'adozione a distanza.... troppi temi e nessuno veramente sviscerato.
Leggendo il libro è come se si aprissero tante parentesi che non vengono mai realmente chiuse, a volte questo aspetto non è del tutto negativo, perché anche se i temi sono trattati in maniera superficiale non si ha la pretesa di risolverli con l’intreccio della trama in poche pagine, ne di trovare una soluzione definitiva ad essi. Non è facile parlare di condizioni sociali che appaiono così lontane dalla nostra realtà e che invece sono purtroppo situazioni "normali" in Africa, Michele con il suo libro ci prova ed è molto interessante l'idea.

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    06 Ottobre, 2010
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sorella del mio cuore.

Questo romanzo mi ha catturata dall'inizio alla fine.
Pagina dopo pagina sono stata assorbita sempre di più dalla vita delle due protagoniste Anju e Sudha che si raccontano in prima persona a capitoli alterni. Un modo di raccontare che permette di avere due visioni diverse degli stessi eventi, di capire cosa prova Anju nei confronti di Sudha e viceversa, anche quando, una volta adulte, prendono strade differenti e vivono esperienze diverse.
Il carattere di ognuna viene delineato non solo attraverso il proprio punto di vista ma anche nelle parole dell’altra, nel modo in cui viene percepita, capita e amata.
Mentre leggevo nella mia testa si delineavano le scene dei loro racconti, delle loro vite, sono stata avvolta da uno spaccato dell’India, percependone i suoi colori, odori, le sue forti tradizioni e leggende.
È la storia di un’amicizia di un legame che le rende inseparabili, un legame che detta il loro destino.
È la storia di due donne che tentano di staccarsi consapevolmente dalle loro tradizioni culturali, per vivere una vita cercando di seguire ognuna le proprie inclinazioni caratteriali, i propri interessi, i propri principi. Un percorso sofferto, fatto di scelte di ripensamenti, di amore e destino.

ps = Interessante il mini dizionario indiano/italiano che ci permette di entrare in punta di piedi nella civiltà indiana.

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