Opinione scritta da Forsaken
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Interessante ma...
L'autore stesso su questo racconto ci scrive: "La sua maniera di raccontare può sembrare strana alla sensibilità di un occidentale. Questo perché dimentichiamo troppo spesso che il nostro senso del dramma trae origine da una tradizione orale: la recita dal vivo di un bardo davanti a un pubblico che doveva essere spesso irrequieto o impaziente, o se no assonnato dopo un pasto abbondante. Le nostre storie più antiche, l'Iliade, Beowulf, la Chanson de Roland, erano destinate al canto di aedi che avevano come funzione principale e come primo obbligo il divertimento"
Ed è probabilmente questa l'origine delle mie perplessità su questo racconto che risulterà carente dal "lato emotivo".
Ibn Fadlan era uno scrittore e il suo unico scopo non era il divertimento. Come non era il glorificare qualche protettore in ascolto o l'esaltare i miti della società in cui viveva. Era un ambasciatore con il compito di scrivere la propria relazione riguardo al viaggio, quindi anche il tono che prende la scrittura è quella di un ambasciatore, è fiscale e molte volte ritiene utile saltare punti che magari ai fini narrativi sarebbero stati interessanti.
Una cosa che possiamo notare è il molteplice uso dell'espressione: "Ho visto con i miei occhi".
Probabilmente usata per sottolineare la veracità di ciò che scrive.
Ma d'altronde questo non è un romanzo, assolutamente, potrebbe essere paragonato più a un "diario di bordo". In cui il musulmano scrive di ogni sua esperienza durante il viaggio.
Se vuoi approfondire le tue conoscenze sugli usi e i costumi dei "vichinghi", le loro abitudini, la loro mentalità questo è un buon libro per te. Se invece cerchi l'emozione e la descrizione suggestiva del romanzo tolkeniano, assolutamente no.
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Bello!
Questa frase ci darà il benvenuto in questo bel libro scritto da Gordon Russell, nome collettivo di: Dario Battaglia e Vanna De Angelis.
Valerio il medico, protagonista del romanzo, si trova coinvolto in una serie di eventi che intrecceranno il suo destino con quello di altri personaggi storici e d'invenzione: Antonio Primo, Galba, Otone, Vitellio, il grande maestro Proculo, il gladiatore Tito...
In questo caso, l'autore è molto bravo a collocare l'avventura dei singoli personaggi all'interno della storia reale dell'Impero Romano di quegli anni.
Leggendolo potrete saperne molto di più su ciò che riguarda l'esercito romano e in particolar modo la gladiatura.
Come infatti è specificato nel libro, di entrambi i temi ogni aspetto e caratteristica riflettono la realtà dell'epoca. Si apprende ogni aspetto dei muneras e della gladiatura: quali fossero le varie specialità gladiatorie, le armi utilizzate, le tecniche di difesa e di attacco, la vita dei gladiatori da vicino, gli ideali che seguono, le emozioni che portano dentro.
Tramite le vicende di Antonio Primo, stimato generale della legione Galbiana ci avvicineremo anche alla vita dell'esercito romano, seppur, devo dire, in maniera meno puntigliosa rispetto alla gladiatura.
Inoltre alla fine del libro, potrete trovare molto utile ed interessante il glossario di note storiche che vi illumina su termini specifici usati nel romanzo per rendergli quell'impronta storica in più!
Il sentimento della vendetta è forte, è sentito durante tutta la durata del romanzo. E' il movente che porta Valerio ad inseguire il suo destino. Un destino vivo, che quasi puo' essere toccato con mano ed infatti si potrà notare la presenza dei "sacerdoti" o "veggenti" se vogliamo chiamarli cosi', sempre pronti a leggere negli eventi (fausti o infausti) il volere degli dei.
Questo libro non mi ha fatto pentire decisamente di averlo acquistato, anzi, al contrario, mi ha spinto ad acquistare anche il suo seguito "La notte del gladiatore".
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E' davvero finita così?
Dopo "Il grande gladiatore" volevamo per forza continuare il nostro viaggio all'interno dei Ludi, della gladiatura, volevamo saperne di più su Antonio Primo e il suo seguito...questo libro ci aiuta davvero?
A me personalmente il finale che di certo non starò qui a svelarvi, ha lasciato parecchi altri interrogativi sulla chiusura totale della vicenda. Mi lascia un pizzico insoddisfatto, con un fastidioso senso di incompletezza.
Rispetto al suo predecessore, che mi ha incastrato tra le righe per tutta la durata del romanzo, in questo, io ho notato un abbassamento del livello narrativo nella parte centrale dell'avventura. Una situazione di stasi portata avanti per troppi capitoli, che poi finalmente si sblocca per la gioia del suo lettore. In questo caso io, che cominciavo a chiedermi quando sarebbe finita quella fase noiosa.
Per il resto non posso dire nulla di malvagio, ma nemmeno di innovativo rispetto ad "Il grande gladiatore".
La ricostruzione storica è sempre ottima nei temi riguardanti la gladiatura, un po' di meno nell'esercito romano.
Una nota positiva è l'inserimento e soprattutto il buon uso di un'affascinante leggenda: quella dell'aquila della legione Augusta, scomparsa misteriosamente.
Sblocca il romanzo e lo rende meno noioso.
L'evoluzione dell'aspetto caratteriale ed emotivo dei personaggi: Valerio ed Antonio Primo è evidente. Altra lancia spezzata in suo favore quindi, è la NON staticità di questi ultimi.
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Mediocre
Questo romanzo prende il via da un fatto storico reale: la costruzione del ponte di Besalù nel corso del secolo XI.
Appunto prende il via ma dopo pochi metri (o pagine in questo caso) si potrà notare che l'impronta fantasy è molto evidente, anche troppo, rovinando secondo me l'atmosfera della spagna medievale.
Riti magici, evocazioni e controllo degli elementi naturali, mostri non identificati e druidi stregoni decisamente esagerati. Un romanzo ne carne ne pesce, insomma, ne è uscito un minestrone fantasy.
La storia d'amore che vede coinvolti Itram e Jezabel mi sà tanto di romanzo rosa, l'autore non è riuscito a catturarmi nelle emozioni dei due giovani innamorati. Stessa cosa per il resto delle caratteristiche emotive dei personaggi, non mi hanno colpito, sufficienti ma non di certo elogiabili a parer mio.
Nonostante tutti questi aspetti negativi, beh, c'è anche qualcosa che mi ha colpito in positivo ed è stato l'uso di una leggenda che riguarda la chiesa, ovvero la leggenda della menorah, il candelabro sacro a sette bracci. In realtà l'autore ha voluto recuperarla per l'azione del romanzo, poiché risale a secoli prima. La tradizione ebraica situa la menorah nel Vaticano, sebbene la Santa Sede non abbia mai riconosciuto che tra i suoi tesori ci sia questa gioia ebraica. Ma vabene lo stesso, almeno rende il tutto un pochino più intrigante.
Io credo ci siano molti libri migliori di questo, troppi, sia dal lato fantasy che da quello storico questo racconto è piuttosto carente. Mi sento di consigliarlo solo a chi proprio non sà che altro libro leggere, oppure vuole leggere qualcosa di leggero e molto poco impegnativo, infatti, quest'ultimo risulta piuttosto scorrevole nella lettura in assenza di un particolare stile.
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Viaggio nel regno della seta!
L'impero dei Draghi di Valerio Massimo Manfredi.
Personalmente mi ha rapito davvero, sarà che adoro le storie dell'antica Roma, soprattutto quelle ritoccate dal fantasy.
Come al solito Manfredi mi colpisce con il suo modo di descrivere l'ambiente, i paesaggi che circordano la storia.
Si potrà notare anche una certa evoluzione emotiva che avviene nel protagonista Marco Metello Aquila e il principe cinese Dan Qing.
Plasma nel giusto modo la storia, per renderla fantastica.
Sfrutta in modo perfetto leggende del calibro della Legione Perduta, riproponendole al meglio. I Demoni Mercenari dagli occhi tondi sono tornati dalla tomba per scontrarsi con le formidabili Volpi volanti!
L'unica cosa che mi sento di segnalare, forse, è il modo con cui inserisce la storia d'amore nel romanzo, non so, mi ha dato l'impressione di essere forzata, incastrata li' perché deve esserci e basta.
Lo consiglio in ogni caso, secondo me rimane un bel libro da leggere, il finale poi mi ha decisamente convinto in positivo, quindi perché no? Non ne rimarrete delusi ;)
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