Opinione scritta da sonia fascendini
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Hodges parte seconda
Trovo molto improbabile questo investigatore creato da Stephen King e lo stesso devo dire della sua scalcinata banda di collaboratori. Però il detective in pensione Bill Hodges con tutti i suoi acciacchi dovuti all'età, le sue tristezze e debolezze mi è simpatico. Certo, se siamo alla ricerca di adrenalina e suspence non le troveremo dentro questo volume.
Nel secondo episodio della trilogia dedicata a questo arzillo vecchietto ( che a me è piaciuto più del primo) vediamo la sua comparsa dopo aver girato più della metà delle pagine. La prima parte ci racconta quanto successo nei tre decenni precedenti a due ragazzi nati ad alcune decadi di distanza, ma stregati allo stesso modo dagli appunt inediti di un noto scrittore. Il primo dei due uccide il suo mito, non tanto per rubargli soldi e taccuini quanto per punirlo di aver trasformato il protagonista dei suoi romanzi in un pantofolaio incallito. Finito in prigione per altre ragioni trascorrerà gli anni succesivi a sognare i taccuini che non ha avuto il tempo di leggere.
Il secondo giovane è quello, che per una serie di coincidenze favorevoli leggerà i taccuini e per altrettante sfortunate ragioni finirà in guai più grandi di quelli che può gestire. A questo punto interverrà Hodges e...
Il romanzo si legge molto agevolmente, i continui passaggi da uno scenario all'altro sono fatti con una tale abilità da un creare disorientamenti. I personaggi sono ben strutturati, non sempre credibili, ma capaci di destare emozioni.
Mi è piaciuta la prima parte e al di là delle coincidenza eccessive ho trovato la trama originale e nuova. Bella l'idea di far rivivere anche a uno dei protagonisti del libro la scena in cui nel primo volume, la Mercedes si lancia sulla folla di disoccupati in coda. La parte più prettamente investigativa, invece mi ha entusiasmata poco.
Credo comunque che leggerò anche la terza parte della serie: così, per vedere come va a finire.
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Quel buon diavolo di Scrooge
La trama di questo libro è nota. Il signor Scrooge è avaro, freddo, insensibile crudele. Per strada i bambini cambiano strada quando lo incontrano, nessuno lo saluta o gli augura buone feste. A pochi giorni dal Natale viene visitato per tre notti consecutive dagli spiriti del Natale Passato, Presente e Futuro. Il primo spettro gli fa ricordare le festività della sua gioventù, il secondo gli mostra come si preparano alla natività alcuni suoi conoscenti e l'ultimo gli fa immaginare il modo freddo con cui verrebbe accolta la sua dipartita dai suoi conoscenti. Basteranno queste visioni a fargli cambiare vita.
Anche se questa è una fiaba lo stile di Dickens è sempre quello. Ambienti di estrema povertà descritti in modo vivido e crudele, ma sempre addolciti da buoni sentimenti e speranza per il futuro.
Ma parliamo di Scrooge che cattivo non può esserlo se per essere redento gli è bastato un sogno particolarmente realistico. Concordo che potesse essere " duro e aspro.. solitario e chiuso in se' stesso come un'ostrica", ma se si è trasformato in " un uomo così buono, come mai poteva averne conosciuto quella vecchia città aveva già una base solida. ma questa è una favola e per di più natalizia e quindi tutto è possibile. Buon natale
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E lo chiamano thriller
Dovendo dare un colore a questo romanzo gli darei un color salmone. a metà strada tra il rosa ed il giallo. La storia è quella di un psichiatra che si diletta a dare consigl ianche alla radio e che si fa intrigare dalla misteriosa scomparsa di una crocerista. Di qui a diventare lei stessa la preda del killer di signore ricche intelligenti e sole il passo è breve. Non si tratta certo nè per trama nè per il modo in cui è strutturato il libro del classico thriler. Tutto è molto soffuso, senza scene crude o momenti di particolare tensione.
Lo stile della Higgins Clark è un pò quello dei romanzi romantici, con molta attenzione ai dettagli del look dei personaggi e all'arredamento. I toni sono sempre sussurrati: da signora bene. Non è esattamente il mio genere. di solito mi piacciono i colori più decisi. Ho comunque dato 3 stelline al libro, perchè lo stile è gradevole e rilassante e sul finale ci troviamo di fronte a più di un candidato possibile al ruolo di killer, quindi il desiderio di sapere mi è rimasto fino in fondo.
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Interpretazione aperta
Demetrio è un uomo come tanti. Però forse inconsciamente, forse in modo cosciente ha deciso di arrendersi. Fa un lavoro che non gli piace: raccoglie la spazzatura alle prime luci dell'alba. Lo fa con svogliatezza: non riesce più nemmeno a reagire a quello che gli succede attorno. nascosto nel suo camion vede il compiersi di reati, povertà, brutture ma passa sopra a tutto. L'unico tentativo di aiutare un senzatetto lo ha lasciato deluso. Non si cerca un lavoro, la sua donna è la moglie del suo collega, ma salvo qualche sporadico rimorso di coscienza se ne preoccupa poco.
Solo i puzzle riescono a ridargli vigore. quelli e il ricordo di Bariloche. Luogo dela sua infanzia e prima adolescenza. Probabilmente mitizzato ed addolcito dal ricordo è diventato quel qualcosa che mai più tornerà, ma che è capace di farci apparire come inadeguato qulasiasi cosa ci succeda.
Ho trovato questo libro piuttosto strano. Costituito da capitoli brevi è un rincorrersi tra presente e passato. le nottate sul camion dei rifiuti si alternano, ai racconti fatti dal collega di lavoro, al ritorno alla giovinezza di Denetrio. Non mancano neppure i viaggi all'interno dei puzzle, che sempre rappresentato laghetti di montagna o chalet incantati e nei Demetrio trova i momenti più sereni delle sue giornate.
Non sono sicura di aver colto appieno il significato di questo romanzo e ho dei dubbi anche su come sia andato a finire. E' comunque un volumetto snello che si legge in poche ore e che può andare bene se si vuole sperimentare qualcoa di diverso.
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Inquisizione insegna
Ecco qua un altro romanzo col suo bel seriel killer e i due investigatori bellocci super intelligenti, pieni di energia e fantasia che lo incastrano. Da lettrice appassionata di thriller succede spesso che i gialli mi sembrino tutti uguali. Invece Val McDermid mi ha stupita. La scrittirce ci mette in contatto diretto col il killer. E' questo sadico individuoche con precisione e puntualità ci racconta le torture che infligge alle proprie vittimre. Ci descrive come costruisce le macchine di tortura, modificando di poco quelle già usate dall'Inquisizione. Già questo mi ha fatto salire non pochi brividi lungo la schiena. Qui infatti usciamo dalla fiction per vedere descritto in modo molto realistico i metodi usati realmente come incentivo alla confessione.
Già visti invece i due investigatori: il profiler Tony Hill e l'ispettore Carol Jordan. Il primo neoarrivato nella squadra investigativa fatica a farsi accettare da poliziotti retrogadi, la seconda ha lle stesse difficoltà a farsi perdonare bellezza ed intelligenza fuori dal comune.
Nel complesso però la trama è ricca di sfaccettature ed ha un finale che mi ha spiazzato. Non tanto per le sorti del killer quanto per la sua identità.
Questo libro è il primo di una srie dedicata a Tony Hill e probablmente quelli successivi saranno delle imitazioni, ma non è detto che invece questa autrice scozzese che non conoscevo, ma che dalla sua bibliografia risulta piuttosto prolifica riesca ancora a stupirmi.
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Il mondo della follia
Francie è un ragazzo che proviene da una famiglia molto disagiata. Il padre alcolizzato e la madre depressa hanno serie difficoltà ad occuparsi di lui e di se' stessi. Qualche timido tentativo lo fa la madre, ma la lotta contro il male oscuro, che deve combattere da sola la vede sccombere. Il padre perso nel suo delirio alcolico, forse non prova neppure ad opporsi all'inevitabile. Tutto questo avviene in un paesotto iralndese agli inizi degli anni '60. Delle dificoltà di questa famiglia ci si accorge solo in occasone di alcuni fatti gravi e le soluzioni sono sempre del tutto inadeguate. Quasi come mettere un cerotto ad un uomo che ha perso una gamba. Tra timidi tentativi di "correggere" Francie e ricadute sempre più gravi il comportamnte del ragazzo non farà che peggiorare fino a che la società dovrà per forza di cose smettere di guardare da un'altra parte.
Storie di povertà, ignoranza e degrado sono state raccontate in molti romanzi in modo più o meno credibile. La differenza in questo volume è il punto di vista da cui è raccontato. Qui infatti è Bradie che ci parla. Anzi è la vena di follia che pian piano si fa largo nei suoi pensieri fino a possederli completamnte. Il ragazzo ci spiega in modo lucido e dettagliato le ragioni che lo spingono a compiere atti di vandalismo o di violenza. La sua mente malata gli fa vedere cose che non esistono, lo porta alla paranoia e ad avere visioni. Mi è piaciuto molto questo aspetto anche se alcune pagine sono piuttosto contorte da seguire. Mi hanno fatto sorridere le ingenue spiegazioni che il Francie bambino trovava alle cose orrende che gli accadevano. Mi hanno fatto infuriare le libertà che gli adulti hanno ritenuto di prendersi con un ragazzo che non avva nessuno a difenderlo.
L'altra cosa di rilievo del romanzo è la condanna senza appello per tutte le istituzioni che avrebbero potuto aiutare Francie. L'orfanatrofio prima, poi il centro psichiatrico ed infine polizia e carcere escono da queste pagine in modo tutt'altro che lusinghiero. Violenza e sopprusi sembrano essere gli unici "mezzi educativi" di cui dispongono. E poi ci si meraviglia delle continue ricadute dei delinquesnti.
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aaaaaaaaaaaaaaa
Una storia che parla dell'ignoranza di un popolo che lo porta alla follia. Tutte le storie che ci raccontano le vicende delle prime colonie inglesi in America mi fanno sempre rabbia. A partire dalle streghe di Salem fino a una storia come questa dove non ci sono roghi accesi in piazza, ma poco ci manca. La trama di questo romanzo è nota: Ester, donna sposata, ma che si insedia in una nuova colonia convinta che il marito sia morto ha una relazione clandestina. Quando non può più nascondere la gravidanza viene condannata alla prigione dove si tenta di farle confessare il nome del correo.
Con grande magnanimità i giudici decidono che la sua pena sarà essere esposta alla gogna e portare bene in vista una A ricamata sul petto. L'amante che risultarà essere un sacerdote in odore di santità si guarderà bene dal confessare la propria colpa, o di fare se non qualche timido tentativo di alleviare le pene del'amata. A complicare le cose arriverà anche il vero marito che si aggirerà in incognito nella colonia per punire ulteriormente l'adultera.
Questo libro ci apre gli occhi su un modo di pensare difficile da capire. Ester, nonnostante non ci sia alcun divieto di allontanarsi dalla colonia rimarrà lì, ad essere guardata dall'alto in baso da tutti. Porterà con orgoglio la sua A e si occuperà di beneficenza. Possibile che ancora sia convinta di essere lei quella in debito con la società? Neppure riuscirà ad odiare quello smidollato del suo amante. Dal canto suo il reverendo Dimmisdale si fustiga in privato, arriva a rovinarsi la salute, ma nè confessa di essersi innamorato, come è umano che succeda, nè si fa carico di dare una vita migliore a compagna e figlia. Possibile che l'orgoglio ed il timore dell'opinione della gente siano superiori anche all'amore filiale. Bell'uomo di chiesa. Non basta certo il gesto fatto alla fine del libro a redimerlo.
Inutile sottolineare che trovo censurabile su tutti i fronti anche il comportamento del resto della colonia: egoismo, superstizione, invidia sono di gran lunga i sentimenti predominanti anche se sulla carta il gruppo avrebbe dovuto fondarsi su carità, pudore e solidarietà.
Il libro a tratti diventa un pò pesante da seguire, ma trovo che l'autore abbia scandagliato bene l'animo dei principali personaggi protagonisti del romanzo. La bambina un pò folletto, un pò refolo di vento è poco credibile, temo che invece gli altri lo siano parecchio.
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Genitori e figli
Questo libro parla della storia di una famiglia e della storia d'Italia degli ultimi quarantanni. Un progetto ambizioso, ma pienamente centrato dall'autore.
Teo, l'io narrante del libro, sta tornando a casa quando viene raggiunto dalla telefonata preoccupata dei genitori. Il fratello magggiore Max è scomparso con i figli. In realtà più che scomparso non ha risposto al telefono ma tanto basta a preoccupare la famiglia.
Durante il viaggio da Bologna verso le montagne trentine alla ricerca di fratello e nipoti Teo ci racconta una serie di aneddoti della famiglia Lombardi. Si tratta delle tipica storia di due giovani del ceto medio alto anni '70. Laureati, con un buon posto di lavoro danno ai figli il meglio in termini di istruzione, abiti, viaggi. La famiglia è costituita da due maschi nati a distanza di due anni e più tardi da una bambina.
Intervallando aggiornamenti sul viaggio a racconti di vita familiare Brizzi ci fa capire poco alla volta le ragioni per cui l'assenza di Max preoccupi tanto il resto del suo clan. L'abilità dell'autore riesce a far salire poco a poco la tensione, fino a raggiungere il culmine all'arrivo in montagna. Lì sapremo che cosa ne è stato dei tre.
Dicevo, questo libro ci racconta anche la storia d'Italia. In realtà quella dei fatti di cronaca è solo accennata. Tangentopoli, le stragi di mafia, i terremoti politici ed i social sono solo un mezzo per spiegarci l'effetto che hanno avuto sui Lombardi.
Vengono invece approfondite le dinamche familiari, che però sono qualcosa di comune ad un'intera generazione.
Brizzi ci parla di giovani degli anni '70 che partendo da poco hanno raggiunto molto più di quanto avevano i loro genitori. Una carriera di successo, figli belli e sani ai quali hanno dato istruzione salute e perchè no anche la spintarella. Convinti di averli messi nella migliore delle condizoni possibili hanno aspettato di vederli decollare in orbita. Con loro sgomento invce li hanno visti annaspare cercando di non affogare e si sono disperati vedendoli sciupare la vita.
Dall'altro lato invece i figli di genitori con un posto fisso, la casa di proprietà e la prospettiva di una buona pensione li vedono come dinosauri/extraterrestri. Orfani del boom economico ormai sgonfiatosi, fiaccati dal precariato e da rate impossibili del mutuo hanno perso anche la voglia di vivere. Alcuni come i Lombardi si rifugiano nelle droghe per consolidare imprese sportive o portare a termine notti brave. Altri rifiutano di crescere e rifuggono l'idea di avere figli. Salvo poi capire che genitori e figli sono gli unici legami veramente importanti.
L'altro tema trattato sono i rapporti tra fratelli. I maggiori sono visti dapprima cone eroi per poi diventare avversari da battere. I minori passano da cuccioli da proteggere a bestiole da nascondere agli amici. Salvo poi col crescere diventare qualcuno di solido su cui appoggiarsi indipendentemente dall'età.
Bel libro, un pò lungo ma pieno di aneddoti simpatici e pagine profonde che in parte condivido.
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Tutta colpa del cielo
Questo libro va letto come fosse una favola. Dalle note sull'autore apprendo che per scriverlo si è preparato frequentando un centro che si occupa di bambini abbandonati ed ha interagito con degli educatori. Ciononostante trovo poco credibile il contenuto del romanzo.
Se però lo prendiamo come un racconto di fantasia lo trovo simpatico, rilassante e perchè no un'iniezione di ottimismo.
Icaro, chiamato zucchina dalla madre, nove anni, ma molto più ingenuo di quanto vorrebbe la sua età, spara e uccide la madre. Nelle sue intenzioni avrebbe voluto uccidere il cielo, che la genitrice accusa di essere il resposabile delle loro disgrazie. Del tutto inconsapevole della gravità del suo gesto, per il quale non mostrerà mai un grande dispiacere, viene condotto in una casa di accoglienza. Alle Fontane ci troviamo in una sorta di mondo parallelo. Educatori precisi ed attenti, bambini provenienti da esprienze drammatiche, ma rimasti comunque innocenti e puri. A volte saggi tanto da dire "gli adulti, a volte, dicono cose stupide perchè la paura gli divora il cuore". Altre volte ingenui fino all'imposibile. Sempre solidali l'uno con l'altro, sempre con la speranza che le cose si possano aggiustare.
Mi ripeto se prendiamo questo libro solo come una fiaba è un volume piacevole da scorrere, con delle pagine divertenti, altre commoventi e un contagioso senso dell'ottimismo. Scritto con uno stile fluito e ricorrendo a capitoli brevi la lettura è molto semplice e rapida. Se vogliamo riflettere un pò di più sui temi trattati, invece, sono certamente affrontati con leggerezza e con scarso realismo.
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Tormenti di gioventù
Tonia kroger è un giovane tormentato. Proveniente da una famiglia borghese di Lubecca fatica a riconoscersi con gli altri gioavni di buona famiglia che incontra. Due amori giovanil per Hans e per Ingeborg. In entrambi i casi li adora di nascosto. Non trova il coraggio per dare corso a quel sentimento che sente non corrisposto, perchè si considera incompreso. Passa il tempo e nonostante sia un poeta conosciuto, ancora torna l'antico tormento. La necessità di superare questo suo essere doppio. Da un lato un borghese, dall'altro un artista. Da un lato un ragazzo che ammira il padre imponente e severo dall'altro il giovane affezionato ad un madre sensibile e sensuale. Due modi diversi di amare ad affrontare la vita.
Questo racconto, per stile, sembra che ne racchiuda due. Il primo è costitito dalle prime pagine, nella quali si parte del'adolescenza di Tonio. qui ci sono delle descrizioni precise e poetiche dei personaggi e dei luoghi. La seconda parte, con i dialoghi con l'amica pittrice è qualcosa di totalmente diverso, quasi un saggio su cui riflettere.
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Due, dieci, cento Goljadkin
Un impiegato di Pietroburgo, già con qualche problema psichiatrrco, ma poco incline a seguire le indicazioni del suo medico viene umiliato durante la festa di compleanno della sua amata. Cacciato in malomodo non capisce quale sia la sua colpa. Così si inventa un perfetto sosia, del tutto uguale a lui nell'aspetto e nel nome. E' diverso da lui invece per il carattere. Frizzante, intraprendente, abile affabulatore, quando è necessario burlone e spiritoso. Diventa però anche il feroce persecutore del nostro eroe, che nel giro di quattro giorni perde definitivament il controllo di sè. O forse grazie al suo doppio sarà finalmente curato.
Il nostro doppio, quell'omino cattivo che fa le cose che noi vorremmo, ma non abbiamo il coraggio di fare è un tema sempre intrigante. Dostoevskij qui lo porta al'estremo.I discorsi deliranti, che il protagonista fa tra di sè, i progetti che pianifica per sconfiggere il suo menico sono certamente delle estremizzazioni di una mente malata. In realtà penso però che questo racconto avrebbe potuto essere inserito anche al giorno d'oggi. Gli episodi di cronaca di persone che uccidno per sciocchezze, girano nude per strada, danno in escandescenze senza motivo in luoghi pubblici potrebbero anche essere spiegate come tentativi di difesa da un doppione cattivo e dispettoso.
Questo fa parte di uno dei libri dell'autore russo certamente profondi ma anche abbastanza complessi da seguire. ritengo che merti di esere affrontato, ma con calma, magari a tappe, altrimenti si corre il rischio di perdersi nei meandri della mente del protagonista.
Interessante il confronto con "povera gente" pubblicato pochi mesi prima del "sosia", ma tanto diverso sia nel tema sia nello stile letterario.
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Segreti di famiglia
Siamo nella Bellano del 1970 a bordo del taxi di Sisto. Una corsa dalla stazione fino al cimitero si chiude in una tragedia. La cliente, una forestiera che nessuno conosce, sceglie infatti il sedile posteriore del millenove per esalare l'ultimo respiro. Un caso semplice per il maresciallo Riversi: morte naturale. Ma a volte le cose più semplici decidiamo di complicarcele da sole. Così quel maresciallo in procinto di formarsi una nuova famiglia sente che sia suo dovere dare un'identità e una storia a quella donna. Una donna, che dall'autopsia risulta aver partorito almeno una volta, e che quindi non avrebbe dovuto essere tumulata in solitudine.
Nella sua ricerca di risposte si imbatte nella suora storta. Tutti la conoscono per essere stata infermiera all'ospedale di Bellano. La sua deformità era tale che "sembrava avere un punto di domanda sulla schiena", ma a farla notare da tutti era anche il suo essere una forza inarrestabile: "sembrava che fosse condannata ai lavori forzati". Questa suora non è sempre stata monaca e neppure storta. Anzi in un lontano passato era bella dritta...
Rispetto agli altri romanzi, che ho lettto, di Andrea Vitali questo si concentra su un numero inferiore di personaggi. Come sempre i protagonisti sono descritti con ironia ed arguzia. In questo caso, però a spiccare non sono solo gli aspetti esteriori e le manie dei bellanesi, ma anche i sentimenti, soprattutto quelli che fanno delle persone grandi uomini e grandi donne.
La scelta stilistica del volume è quella di ricorrere a capitoli brevi con un racconto essenziale, ma ricco di contenuto. Come dice il Vitali riferendosi a uno dei suoi personaggi "di poche parole, ma di grande contenuto". I capitoli si alternano saltando dal passato al presente ed incrociando le indagini del maresciallo Riversi al racconto della vita di Sisto. Non una volta ho incontrato difficoltà nell'incrociarsi delle varie vicende, anzi questa scelta letteraria è molto coinvolgente e spinge a girare in fretta le pagine per scoprire dove Vitali andrà a parare.
Il linguaggio, con il ricorso a qualche termine dialettale e ad un'ironia al limite della crudeltà, mi sembra sia il vestito perfetto per questo racconto. L'ambiente schietto e semplice di questo paesotto fattto di persone dirette e pratiche non sarebbe stato reso altrettanto bene ricorrendo ad un linguaggio alto o complicato.
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Il vangelo secondo Gibbins
Non è un libro di azione, perchè ce n'è poca e quella poca non è molto credibile. Non è un romanzo storico, perchè la storia è frammista alla fantasia. Ho l'impressione che Gibbins abbia volutamente esagerato per cavalcare l'onda di romanzi che prima di lui hanno fatto ricostruzioni fantasiose sulla nascita del cristianesimo. Così, partendo ha uno scavo archeologico, Jack Howard si è inoltrato in cunicoli ed in caverne sparse in tutto il globo che puntualmente hanno portato il geniale protagonista a fare scoperte incredibili. Reperti di inestimabile valore gli cadono letteralmente tra le mani e gli permettono di riscrivere parte della storia, nonchè di far tremare nientemeno che le più alte cariche del Vaticano.
Gibbins è un archeologo e quindi possiamo supporre che le sue ricostruzioni abbiano basi solide. Nonostante questo mi senbra che si sia spinto un pò troppo in là nell'immaginare poteri sotterranei e complotti internazionali. Le ricche ricostruzioni storiche sono certamente accurate, ma a volte avrebbero potuto essere più sintetiche a beneficio della scorrevolezza del testo. La continua interposizione tra realtà ed ipotesi, rende spesso difficile capire quando parla di fatti accertati e quando corre sulle ali della fantasia,
Evito di commentare il modo in cui l'Italia viene rappresetata nel romanzo. Da uno che si occupa di ricerca mi sarei aspettato che andasse oltre i luoghi comuni.
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I soldi non fanno la felicità
Eugenie nasce in una cirradina francese di provincia alla fine del 1800. Il padre è un uomo estremamente ricco. Però ospita il "demone del'avarizia". Questo fa sì che lui, la moglie e la figlia vivano sulla soglia dell'indigenza. Tutto ill denaro, possibilmente trasformato in oro finisce in uno studio di cui solo lui possiede la chiave. Qui trascorre le ore migliori della sua vita, rifacendosi gli occhi davanti a casse di monete luccicanti. Fuori da questo locale si atteggia di fronte ai familiari a povero vignaiolo tenendo sotto chiave le derrate alimentari e concedendo nel modo più parco possibile il denaro necessario alle spese domestiche. In tutto questo c'è Eugenie, povera, senza conoscere molto del mondo oltre l'uscio domestico. Generosa, quanto il padre è tirchio e rassegnata a quella che crede sia l'unico stile di vita a cui possa ambire. Si fa lusingare dalla coda di questuanti che elemosinano i suoi favori sperando in un matrimonio milionario, credendo che i complimenti che riceve siano frutto di sentimenti sinceri. Come è inevitabile il primo giovanotto elegante e straniero che entra in casa sua diventa oggetto di sospiri e patemi d'animo. Alla morte del padre si scopre enormemente ricca e capisce qualcosa in più sull'animo umano. Balzac ci racconterà se avrà il tempo e la forza di rimediare ai patimenti subiti fino ad allora.
Un racconto che tocca e descrive con dovizia di particolari alcuni dei vizi peggiori dell'uminità. Il signor Grandet e il suo amore per il denatro sono descritti così bene che sembra di vederlo: il suo modo di misurare tutto, i sotterfugi per cercare di farsi regalare qualcosa, il modo di aprofittarsi dell'ingenuità della moglie per farsi restituire da lei il denaro che ha finto di darle per le proprie spese. Se non fosse che mette tristezza pensare a quante rinunce sono condannate queste donne, ll modo di gestire il denaro di Grandet sarebbe perfino divertente. Si parla inoltre di ambizione e di avidità, entrambe stimoli ad ordire intrighi e a passare sopra tutto e tutti. Forse è un vizio anche l'ingenuità di Eugenie, ma lei non aveva scelta per sopravvivere a tutte quelle privazioni, che rifugiarsi in un mondo di fantasia.
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Nick, prendi i tuoi stracci e scappa
Questo romanzo inizia con una massima che condivido "quando ti viene voglia di crticare qualcuno, ricorda che non tutti hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu." A dirla è il padre di Nick, un trentenne trasferitosi da poco a Long Island per iniziare a lavorare in borsa. E' Nick che ci descrive non tanto le proprie vicende, quanto quelle dell'ambiente delle buona società degli anni venti. personaggi decadenti, annoiati che giocano col destino degli altri. Tra questi spicca Gatsby un ricco giovanotto che nella sua villa faraonica tiene feste da sultani circondandosi di personaggi insipidi dediti a feste, alcool, droghe e con poche altre aspirazioni. Nel trascorrere delle righe sapremo che la vita di Gatbsy è effettivamente torbida, così come vuole la leggenda che lo circonda. Sapremo anche che nel suo passato c'è un amore giovanile che mai si è intiepidito e che tenterà con tutte le sue forze di riaccendere. Sarà proprio uno di quei giochetti da ricchi signori che metteranno in discussione i suoi piani.
Questo romanzo mi sembra in linea col suo contenuto: lento, a tratti opulento altre volte noioso. La trama mi è piaciuta, è qualcosa di originale che non ho mai incontrato, mi sarebbe piaciuto se fosse stato più dinamico. In effetti però questo modo di scrivere è l'unico in grado di rendere bene l'ambiente in cui si svolge la storia.
psicoanalisi fai da te
Paola è na donna trentenne, con una figlia, un bel marito ed una vita di quelle che molti desiderebbero avere. In realtà grattando sotto questa superficie patinata emergono parecchie ombre. Anzi emerge il buio più buio. Paola da anni si racconta al marito e a se stessa in modo totalmnete diverso dalla realtà. Dopo aver subito una violenza a undici anni per mano del fidanzato della madre si è infatti costruita un'immagine di sè stessa del tutto deviata. Ha rifiutato l'analisi e si è analizzata da sola ritenendo di poter fare da sola.
Quando una scappatella del martio mette in discussione le basi su cui si poggiano le sue certezze deve per forza di cose trovare una soluzione. Soluzione che puntualmente arriverà, anche se forse non sarà definitiva.
Questo romazno è a tratti confuso, con continui passaggi dal presente al passato. I fatti ci sono raccontati a spizzichi e bocconi rendono a volte difficile seguire il filo. Trovo anche pericoloso dare ad intendere a persone che hanno subito gravi traumi di potersi gestire da soli. In effetti lo psicoterapeuta entra in scena più di una volta, ma Paola ne sottovaluta il peso.
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A mali estremi...
Quattro racconti inquietanti. Non tutti allo stesso livello, ma del resto è sempre così. Dipende un pò dal gusto personale.
Il filo conduttore è la violenza scelta come unica via di fuga. In tutti i racconti ci sono delle brave persone che vengono a trovarsi di fronte a quacosa di talmente enorme: la possibilità che la sua qualità della vita venga devastata, uno stupro solo per fortuna non diventato la morte, un cancro ed un marito con una seconda vita da mostro, che modifica i loro normali processi decisionali. Dopo un pò di tentennamenti, dopo aver soppesato i pro e i contro questi bravi, fino ad allora corretti, cittadini americani scelgono una strada che in condizioni normali non avrebbero neppure considerato. Quella della morte tua, vita mia. Così spuntano piani ed una lucidità da professionisti del crimini. In quasi tutti i casi trovano anche qualche complice, non necessariamente nell'esecuzione materiale, ma come appoggio morale o come abile chiuditore di occhi.
Piuttosto crudo nelle scene che descrivono il perpetrarsi dei delitti. Molto realistico anche nella descrizione della parte oscura che prende il sopravvento su quella fatta di buonsenso e correttezza. Viene da chiedresi se in situazioni simili non faremmo lo stesso anche noi, o se non invidiamo il coraggio di farsi giustizia da soli.
E' uno dei migliori libri che ho letto di Stephen King. L'incursione nel sovrannaturale del primo racconto è solo un contorno al cuore del racconto. Negli altri fa la parte del padrone non tanto la violenza e il criminale quanto l'anima nera delle vittime.
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Il gigante dai piedi di argilla
Simenon ci introduce nella casa e nella vita del borgomastro di Furnes. Per tutti è il Baas, il capo. Da tutti temuto, sia in casa che in privato, si atteggia ad uomo onesto e rigoroso. In realtà poco alla volta scopriamo che dietro la sua rispettabilità c'è molto poco di cui andare fieri. Una sera a casa sua ui presenta un ragazzo chiedendo un prestito sotto minaccia di suicidarsi. Il prestito viene negato sul presupposto che sia poco educativo per le masse dare loro aiuto. Le conseguenza, di questo rifiuto si faranno sentire pesantemente sul borgomastro, mettendo in evidenza poco all volta i suoi limiti e la sua grettezza.
Volume piacevole da affrontare, con una trama capace di offrire molte sorprese e descrizioni precise e sagaci degli abitanti del piccolo borgo.
Non avevo mai letto Simenon e lo avevo sempre associato solo al commissario Maigret. Ho constatato che oltre ad essere il padre di un investigatore entrato nella storia del giallo è molto di più e quindi merita di essere seguito.
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Gente triste, gente sola
Ho avuto la fortuna di visitare la Dublino degli anni 2000 con il sole e devo dire che leggendo i racconti di Joyce sembra che sia passato ben più di un secolo. La città di cui ci parla lo scrittore è fredda, triste, senza speranze. Questi sono racconti di povertà, non solo nel portafoglio, ma soprattutto nello spirito. Personaggi dediti all'alcool, alle piccole truffe, con comportamenti discutibili in famiglia.
Un pò sconcertante all'inizio la struttura dei racconti. Si inizia a leggere quello successivo aspettandosi che sia una continuazione di quello precedente, che in realtà non ha una vera e propria fine. Si tratta infatti in molti casi di episodi di vita, che sembrano quasi buttati lì. Al lettore resta la voglia di sapere che cosa succede dopo. In realtà se lo scopo è quello di darci in modo realistico e crudo uno spaccato della città di inizio '900, meglio non farsi prendere la mano indulgendo in sentimentalismi o in descrizioni troppo dettagliate.
Lettura non semplice, ma che merita di essere intrapresa, dopotutto trattandosi di racconti, si può sempre decidere do piluccare qua e là.
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L'amore fa quello che vuole
Siamo nell'India degli anni settanta. Il cervello è proiettato verso il futuro, verso la libertà dagli inglesi, verso la tecnologia. i ragazzi vengono mandati a studiare all'estero, gli operai si fanno attrarre dalle idee comuniste, le donne desiderano maggiore autonomia. Il cuore però è ancora tenacemente legato al passato. Ancora ci sono le divisioni in caste, ancora i paravan non possono sfiorare gli appartenenti ad una casta e meno che meno sposarne uno. Le divorziate sono viste come donne poco oneste dagli estranei e come fonte di disonore dai familiari. In questo ambiente per noi così contraddittorio, ma per chi lo vive così naturale nascono due gemelli che ci racconteranno la storia di un amore sbagliato ma lecito, di uno giusto ma proibito, di una donna resa crudele dall'assenza di amore e di una ragazzina che non conoscerà nessuna di queste situazioni.
Nonostante tutto questo tribudio di amore, questo romanzo non è un concentrato di sospiri ed ammiccamnti, ma è molto di più. Le storie che si intecciano sono parecchie. Forse un pò troppe, tanto da rendere a tratti difficile seguirne la trama. Con pazienza e qualche ritorno a ritroso sulle pagine appena, lette, però tutto diventa chiaro ed anche abbastanza piacevole.
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A volte.. meglio dimenticare
Premesso che non sono appassionata di commedie romantiche. Le trovo, sia per quanto riguarda i film, che i libri, un modo per trascorrere qualche ora senza pensare a nulla. Anche in questo caso lo scopo è stato raggiunto. Simpatica la storia di Lexi, che si sveglia in un letto di ospedale convinta di avere 25 anni, essere un pò sovrappeso, fidanzata con Dave lo sfigato e con un lavoro poco interessante. Con crescente stupore scopre in realtà di avere 28 anni, un lavoro fantastico, un marito da urlo ed un fisico mozzafiato. Tuto questo, perchè in un incidente d'auto ha battuto la testa e si è dimenticata degli ultimi tre anni.
Eccola dunque cercare di abituarsi ad una vita patinata, ordinata, elegante, insomma perfetta, o no? Ricorrendo a gag divertenti, a qualche rivelazione strappalacrime e all'inevitabile incursione del bel tenebroso la Kinsella ha confezionato un romanzo tutto sommato piacevole. Ligia al mio desiderio di spensieratezza ho deciso di sorvolare sulla vita matrimoniale di Lexi, che trovo piuttosto inquietante. Peccato per il finale, tanto scontato quanto improbabile. Ma, mi ripeto, le commedie romantiche per me vanno prese a piccole dosi e con cautela.
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Rachel e Beth
Rachel è una donna molto presa dalla sua carriera, con una storia sentimentale appena conclusa per volontà dell'altro. Ha poche amicizie, perchè troppo impegnata col lavoro e contatti perlopiù telefonici con la famiglia. Spinta dalla necessità di trovare un argomento interessante per un articolo ricomincia a frequentare regolarmente la sorella Beth. Entrambe sono vicine alla quarantina, vivono sole e vedono raramente il resto della famiglia. Però Beth è affetta da quello che è definito un "lieve ritardo mentale" e secondo la volontà del sistema sanitario nazionale che punta sulla "autodeterminazione" dei disabili vive in modo quantomeno bizzarro.
Trascorre, infatti, tutta la sua giornata viaggiando sugli autobus cittadini. Dopo un primo esperimento Beth chede alla sorella di seguirla nei suoi giri alcuni giorni al mese per un anno. Così Rachel si siede accanto a Beth ed inizia a conoscere questa sorella sconosciuta. In realtà la donna è tutt'altro che semplice da avvicinare: testarda, chiacchierona, chiassosa, sgargiante tanto nel vestire che nel modo di approcciarsi agli altri è una compagna ingombrante e spesso insopportabile. Tra sensi di colpa, per la pazienza insuficiente a gestirla e tentativi di documentarsi su una malattia sconosciuta Rachel fa parecchie scoperte. Tra queste un mondo, quello degli autisti, fatto di persone inaspettate: generosi, pazienti, a volte filosofi, ma anche severi coi clienti/protetti che frequentato il loro autobus.
Il volume è suddiviso ad episodi: alternando racconti dei viaggi in autobus con i ricordi dell'infanzia di Beth e Rachel. Forse a tratti può sembrare un pò stucchevole nel descrivere la pazienza e la bontà degli autisti verso Beth, ma tutto sommato l'ho trovato un bel libro. Crudo nel descrivere alcuni eventi dell'infanzia, purtroppo credibile nella parte in cui si introduce l'argomento dell'assistenza sociale praticamente impotente, realistico nell'accennare l'effetto della colorata Beth e in generale di tutte le disabilità sui passanti.
Parecchie le cose su cui riflettere, comprese varie perle di saggezza buttate lì nel corso delle conversazioni da autobus, ma molti anche gli spunti divertenti su cui sorridere. Insomma un libro profondamente leggero.
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I guanti magici
Una ragazza torna a Tokio, con la nonna, dopo essere stata liquidata dall'amante di lunga durata. Come spesso succede il gentiluomo messo di fronte alla scelta fatidica ha optato la moglie. Il massimo della signorilità lo ha toccato lasciando alla ex amante l'appartamento in cui si incontravano, a titolo di buonuscita. Trovo che il colmo, però sia che Hotaru lo abbia accettato senza farsi domande. Ecco quello che mi ha fatto riflettere di questo libro. In realtà c'entra poco con la trama e con i messaggi che ci voleva lanciare l'autrice. Il libro è tutto incentrato su una serie di persone con presunti poteri paranormali che si incontrano in sogno, passandosi attraverso quelli oggetti e rivelazioni sui fatti della vita. Ognuno di loro, ha inoltre qualche fatto tragico nel recente passato da metabolizzare.
La stessa Yoshimoto ci dice in un postscriptum "Non credo che sia un romanzo strepitoso, il contenuto poi non è un granchè....trovo che sia una storia molto simile ad una favola". Condivido il giudizio dell'autrice.
Cuori che fremono a Bellano
Un vento nuovo arriva a Bellano e a portarlo è il treno. Siamo nel 1930 e nella stazione del paese lariano portato alla notorietà da Vitali, tocca il marciapiede un gran bel pezzo di manzo. Si tratta del meccanico Landru. un operaio arrivato ad installare i nuovi telai. Questo di per sè porterà grossi scompigli in termine di ridimensionamento del locale cotonificio. Molti più scombussolamenti il bel meccanico li porterà nel cuore di parecchie donzelle e in qualche donzella di una volta. Salvo poi, come spesso succede, andare a infilare naso e non solo quello, dove non dovrebbe.
Vitali è lo stesso di sempre: abile descrittore, sarcastico fino ai limiti della crudeltà, ma con un linguaggio così alla mano, con una tale simpatia che qualche cativeria gli si perdona volentieri. I suoi obiettivi sono come sempre la burocrazia, tanto pedante da diventare ridicola, ed i benpensanti e malfacenti. Anche l'ambientazione è quella dell'alto lago di Como, in questo caso collocata temporalmente nel periodo fascista. La storia invece è originale, piacevole da leggere con molti spunti per farsi qualche sana risata. Capace anche di fornirci qualche colpo di scena, visto che con Vitali non si sa mai dove si andrà a parare.
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Prima di Marley, meglio di Marley
Come spesso succede i primi di una lunga serie sono sempre i migliori. Quindi direi che questo, tra tutti i libri che parlano del rapporto tra razza canina e razza umana è di gran lunga quello che mi è piaciuto di più. Devo solo fare un appunto a chi ha tradotto il titolo: nell'originale era "herr und hund". Io avrei conservato anche in italiano "uomo", perchè il protagonista del romanzo, come tutti gli appassionati di animali è tuttt'altro che un padrone. E' un amico, un genitore un antagonista e infine un orfano, ma padrone mai.
Come si capisce questo racconto lungo è incentrato sul rapporto uomo-cane. dal primo incontro quando i due si osservano con sospetto, magari scuotendo la testa, ma già sapendo che il loro destino è segnato. Si prosegue poi con le varie dificoltà ad adattarsi l'uno all'altro. La diferenza rispetto alle altre biografie canine è la maestria con cui Mann descrive il suo amico. Lo scrollare delle orecchie, il dimenare frenetico della coda acquista in questo romanzo una nota poetica. La descrizione fisica del cane, con le sue devianze rispetto ai dettami previsti per la sua razza è fatta con severità, ma non quella asettica di un insegnate, quella benevola e sempre pronta a tutto giustificare di un genitore. Ogni marachella è spiegata con la natura intrinseca del quadrupede. Ogni uggiolio è fonte di feroci sensi di colpa e ogni sorriso canino basta a scaldare il cuore. Del resto come potrebbe essere diversamente?
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Corsi e ricorsi storici
Siamo nel 1500, nel pieno delle lotte religiose tra cattolici e i vari dissidenti che chiedono riforme drastiche. Dall'una e dall'altra parte molte sono le diferenze tra quanto succede in privato e in pubblico. Molte sono anche le differenze tra quanto si predica, a seconda che si debba condannare i nemici o giustificare gesti pubblici aberranti.
In questo clima cresce, ed ha un duro contatto con la realtà Bernd Rothmann, figlio di un incisore che ha come colpa quella di attirare la lasciva attenzione del vescovo di Munster. Il carnefice sarà in seguito punito dalla sua vittima con una vergogna pubblica. Niente, sarà però rispetto a quanto succederà nei mesi successivi nella città. Il borgo sarà colpito da un vortice di violenza incontrollata, dapprima giustificata dall'intenzione di ripulire la Chiesa, in seguito lasciata a sè stessa, come un mostro che cresce e si nutre grazie alle sofferenze più atroci. Il romanzo ci fa fare un salto di diciotto anni: adesso ci troviamo nelle segrete dove i boia al servizio dell'inquisizione estorcono la confessione di reati inesistenti a prigionieri ormai desiderosi solo di morire. Per ordine di uno di questi inquisitori partono le indagini alla ricerca dell'autore di un volume sovversivo. A svolgerle sarà un personaggio già da noi inocntrato nelle pagine precedenti: ripulito e con un nuovo nome non fa sospettare nulla del suo tumultuoso passato.
La trama di questo libro non è di per sè un gran che. Ci sono poche sorprese e anche quelle mi sembrano poche credibiòli. Inoltre a tratti si fa fatica a seguire le vicende private dei protagonisti. E' invece molto curata, e secondo me da sola merita la lettura del romanzo, la ricostruzione storica. L'autore espone alcune delle teorie dei riformatori in modo semplice e comprensivo. Il clima di cospirazione che non mette nessuno al sicuro è reso molto bene. Così come è resa bene l'assenza del diritto di pensiero e men che meno di un diritto di usare la nascente stampa. Infine l'abuso che ancora oggi tiene sotto scacco il mondo: la giustificazione di atti di violenza inimmaginabili attraverso una interpretazione deviata dei testi sacri.
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L'ingenua
Un uomo si trova da solo a fianco del cadavere della moglie. La ragazza si è suicidata da poche ore ed il marito cerca di ricostruire la sua vita matrimoniale. Questo vedovo di cui non conosciamo neppure il nome ci racconta il suo incontro con una sedicenne che accetta di sposare un quarantenne solo per sfuggire alle grinfie di due crudeli zie o in alternativa al matrimonio con un cinqantenne bavoso.
Come spesso succede questa adolescente, che mite non è, cade dalla padella nella brace. Ingenuamente tenta se non di imporsi sul marito di essere parte attiva della coppia. Ma quell'uomo, che nion ha fatto in tempo a conoscere pensa di usare questa ragazzina per redimersi di fronte al mondo. Si crea un suo programma che prevede di annientare la moglie, niente maltrattamenti, o gravi privazioni salvo quella di una propria identità.
Racconto abbastanza breve, quindi da leggere in poche ore, ma molto intenso. Parecchi sono gli argomenti di riflessiioni e parecchie le pieghe del racconto che nascondono sfumature di colore sfuggite a prima vista. Certo tutto si può dirne tranne che grondi di ottimismo!
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Fernande
La Yourcenar ci racconta di aver intrapreso una ricerca sui suoi antenati per individuare le cose che ha in comune coi suoi avi. La ricerca non è andata, da questo punto di vista, a buon fine. La stessa ci dice, infatti di non essersi ritrovata molto con quanto ha saputo del suo passato. Probabilmente a questo risultato arriverebbe ognuno di noi. Difficile conciliare le preoccupazioni di una donna del 1900 per l'ambiente e per le questioni sociali, con quelle del tuttto diverse di una famiglia di origini nobili dei secoli precedenti.
In ogni caso il risultato di queste ricerche ha portato ad un romanzo a metà strada tra il racconto storico delle vicende fiamminghe svoltasi tra il 1700 e il 1800 e la biografia di una famiglia benestante.
Il libro separa nettamente la parte pubblica, dalla parte privata. Nele pagine che raccontano il primo aspetto della storia in sostanza l'autrice ci fa un elenco di informazioni tratte da alberi genealogici, registri e scritti dei propri avi intervallandole con notizie storiche. Ho trovato questi capitoli piuttosto faticosi da seguire: troppe informazioni spesso slegate fra loro e non sempre con una cronologia precisa.
La parte privata ha riguardato soprattutto la vita della madre. Dapprima il parto con la morte avvenuta dopo pochi giorni, e poi un balzo indietro con l'infanzia, il breve interludio di donna "libertina" e infine il matrimonio. Questa sezione mi è piaciuta molto. Molti i personaggi che gravitano attorno alla madre. Anche quelli che fanno una breve apparizione sono bene trattegiati ed hanno un carattere definito. Parecchi sono anche i dettagli sulla vita di queste donne privilegiate per ceto, ma piuttosto tristi e rassegnate nel privato. Netta la separazione tra le uscite pubbliche e quello che avviene nel privato. Questa è forse la cosa che nella famiglia della Yourcenar non è cambiata nei secoli. Le cose scomode vanno nascoste. Così un suicidio in famiglia si si riveste con abiti diversi così che la morte sia più "dignitosa". Più tardi un figlio debole di mente si richiude in camera sua quando ci sono ospiti per evitare imbarazzi. Per l'epoca comportamenti di questo tipo erano del tutto usuali. Fa specie però pensare che queste donne conducevano un'esistenza disinteressandosi completamnte di quanto avveniva al di fuori del loro stretto gruppo di frequentazioni. Allo stesso tempo però erano più preoccupate dell'opinione degli estranei che di quello dei loro cari.
Questo libro può essere diviso in due parti che sembrano scritte da due autori diversi. La prima e l'ultima parte sono un vero e proprio romanzo interessante e gradevole da leggere. La parte centrale è una raccolta di informazioni non del tutto coerenti tra loro. Ho fatto fatica a finire di leggerlo, e sono arrivata ad aggredire la parte finale, più coerente coi miei gusti, solo perchè avevo gradito le prime pagine del libro. Dò un giudizio più che favorevole alla romanziera, negativo invece alla storica. Ho letto parecchie biografie e pur se scritte con rigore mi sono risultate meno indigeste.
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- no
Lazzaro non risorgere
E' bello quando inizi un libro e ci trovi quello che ti aspetti. In questo mi aspettavo di trovare un brivido lungo la schiene e ne ho trovato più d'uno. Facendo leva su uno dei desideri che maggiormente ci inquietano, cioè quello che i nostro cari tornino in vita King ha prodotto un gran bel libro. Piano piano ci ha fatto conoscere la felice famigliola americana: papà medico, mamma casalinga e due figli maschio e femmina. Abbiamo scoperto che la loro vita non è perfetta, ma ci va vicino, che la moglie ha delle difficoltà ad approcciarsi con la morte, i rapporti con i suoceri sono tesi. Niente di nuovo sotto il sole. Poi scopriamo che la bella casa dove si sono trasferiti si affaccia su una strada dove passano in continuazione camion che negli anni sono stati capaci di fare strage di animali domestici. Conosciamo un simpatico vicino, che alla resa dei conti, forse sarebbe stato meglio se se ne rimaneva sulla sua veranda a bere birra. ma le cose non vanno sempre come dovrebbero.
Proprio dietro la casa della famiglia Creed c'è un sentiero, che spicca sulla natura selvaggia che lo circonda. i ragazzi del paese lo engono sempre in ordine, perchè porta fino al luogo dove per tradizione seppelliscono i loro cuccioli. Louis Creed scoprirà che più in là di quel cimitero c'è un altro luogo di sepoltura che ha la capacità di attirarti e di farti fare quello che vuole. Anche quando si tratta di cose irrazionali e pericolose.
Abbiamo letto e visto in televisione praticamente tutto, quindi è difficile che qualcosa riesca ancora a terrorizzarci o stupirci. Questo romanzo però è stato capace di lasciarmi una certa inquetitudine. Probabilmente dipende dal fatto che parli di morte e del desiderio di riavere indietro i propri cari, costi quello che costi. Chi non sarebbe attratto dalla possibilità di veder risorgere il figlio, pur consapevole di quanto sia contro natura questo evento? Molto dipende anche dall'abilità dell'autore, che ci ha raccontato le cose poco alla volta, ci ha descritto con precisione i sentimenti dei protagonisti, e alla fine ha lasciato il finale aperto ad altri orrori. In parte dipende anche dal mio gatto che ha senpre avuto la brutta abitudine di portarmi in giardino ogni sorta di animaletto dopo averlo seviziato.
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Un morto filosofo
Opera di un morto scritto con la penna della facezia e l'inchiostro della malinconia. E' lo stesso De Assis nel prologo a dare la definizine più calzante di questo volume. Si tratta di un'idea originale: quella di scrivere un"autobiografia postuma. Come dice lo stesso protagonista lui non è un autore defunto, ma defunto autore. Il libro inizia con una dedica rivolta al verme che per primo si ciberà del suo corpo. Prosegue raccontandoci la morte di Biagio Cubas avvenuta a sessantaquattro anni di polmonite e piuttosto in solitaria. Ricorrendo a capitoli molto corti l'autore ci racconta la sua vita partendo dall'infanzia, fino agli amori, all'impegno politico e alle amicizie. La parte principale ce l"ha Virginia, in varie vesti presente nei momenti salienti della vita di Biagio
L'originalità di questo romanzo è il dialogo continuo con il lettore, che viene sgridato quando si sta distraendo, viene incoraggiato a resistere alla noia. Riceve inoltre una serie di consigli sotto forma di aforismi degni di Oscar Wilde tra i quali trovo geniale " si sopporta con pazienza la colica del prossimo".
Nonostante l'abile suddivisione in paragrafi la lettura non mi è sempre stata agevole. Spesso De Assis tende a divagare perdendo di vista la trama. Più di una volta sono dovuta tornare all'inizio della pagina per ritrovare il filo perso. Quindi mi ritrovo pienamente in quanto ci dice l'autore " il peggior difetto di questo libro sei tu lettore. Tu hai fretta di invecchiare e questo libro procede lentamente, a te piace la narrazione spedita.... e questo libro e il mio stile procedono come gli ubriachi, bordeggiando a destta e a sinistra..."
In effetti per il mio gusto questo scrittore bordeggia un pò troppo. Peccato, perchè le parti in cui la trama prosegue spedita mi sono piaciute. Così come ho trovato molto acute le massime: alcune inserite in un elenco, altre messe in bocca ai vari personaggi.
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Il diavolo che c'è in noi
Un tenente di polizia fuori sede si trova di notte e sotto un'abbondante nevicata in un cimitero per visitare la tomba della madre. Invece si trova davanti un suo collega che davanti a lui, illuminato dai fanali della propria auto si punta la pistola alla tempia e preme il grilletto. Invece di seguire la logica ed andarsene subito dopo aver fatto la propria deposizione, si fa convincere dalla vedova ad indagare sulle ragioni del suicidio. Così scopre sul paese natale di sua madre molte delle cose che sono state nascoste sotto il tappeto. Violenze domestiche, abusi da parte di insegnnati, abusi di potere. Fino ad arrivare a scoprire sia le ragioni del suicidio sia a risolvere alcuni omicidi.
Un libro scritto molto bene, con una prosa curata e molti dettagli. Finalmente un autore che non si fa prendere dalla tentazione di caratterizzare fino a renderlo quasi ridicolo il suo investigatore. Jonathan Stride ha come tutti i suoi momenti ed un passato che potrebbe adattarsi a molti altri uomini della sua età. Conduce le indagini con metodo e viene a conoscenza dei dettagli della storia senza particolari colpi di fortuna. Con noi sospetta prima del'uno poi dell'altro e con noi è incredulo quando viene a sapere chi è veramente il colpevole. Infine così come faremmo noi, ancora ha dei dubbi.
Un thriller coinvolgente che punta su quanto si dibatte nella mente delle persone. Quindi su qualcosa di cui non possiamo mai essere sicuri e che non può che inquietarci. Chi ci parla pensa tutto quello che dice e dice tutto quello che pensa? Di solito non è così e in particolare non lo è in questo romanzo.
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Il marito della vedova
Un giovane Victor Hugo sceglie di dire di no alla pena di morte con un racconto essenziale, sintetico eppure complesso nel descrivere il dramma che precede gli ultimi giorni di un condannato a morte. Ha quasi dell'incredibile che un poco più che ventenne sia riuscito a descrivere con questa intensità che cosa si possa dibattere nella mente di chi aspetta che la propria ora rintocchi per mano del boia.
Hugo decide di ricorrere ad un diario scritto da un condannato dal giorno in cui viene emessa la sentenza di primo grado, fino a sei settimane dopo, a pochi minuti dalla salita sul patibolo. Sappiamo poco su questo carcerato: non il nome, non il delitto di cui è accusato. Salvo qualche riferimento alla sua bambina che rimarrà orfana non c'è nessun tentativo di impietosirci. Non si professa innocente, non cerca attenuanti. Lo stesso galeotto ci spiega di voler scrivere quelle righe nella speranza che l'opinione pubblica si renda conto della barbarie della ghigliottina. Con amarezza aggiunge che forse ha poco senso impegnarsi per abolire la pena di morte, visto che in ogni caso non sarà lui a godere di questo atto di civiltà.
Le descrizioni delle condizioni di vita indegne dei carceri sono state raccontate in innumerevoli romanzi. Questo ha qualcosa di diverso: ci parla delo stato d'animo del condannato. Ci racconta che dentro la sua testa solo tre parole trovano spazio: condannato a morte. Ci racconta del desiderio di farla finita il prima possibile e dell'assurdità che i suoi carcerieri si impegnino per evitare che anticipi il lavoro del boia. Ci parla della folla che sbava di fronte alla ghigliottina in attesa di vedere il sangue e della situazione desolante i cui si trovano carcerieri e cappellano per i quali anche la morte è diventata routine.
Bel libro, sicuramente ancora attuale: se anche le condizioni di alcuni bracci della morte sono migliorati, di sicuro non c'è nulla che possa porre sollievo ad un'attesa di questo tipo. Hugo ci dice che ognuno di noi ha una condanna a morte se pur dilazionata nel tempo. Il dramma maggiore non è averla, ma conoscere il giorno in cui sarà eseguita. E ancora la chiamano giustizia.
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Un autobus carico di.. varia umanità
Un gruppo di persone, piuttosto variegate, si ritrovano bloccate per alcune ore in un'area desolata. Non è l'inizio di un libro stile tranquillo week- end di paura. E' l'inizio di un romanzo intenso, pieno di emozioni, capace di essere ironico, ma anche di scavare in profondità nell'animo umano.
Queste persone sono i gestori e dipendenti di un ristorante in mezzo al nulla, che si occupano anche del servizio di bus navetta tra due delle linee principali, vicino al confine tra la California ed il Messico. A loro si aggiungono alcuni viaggiatori per lavoro o piacere. A causa del cattivo tempo e di alcuni ponti poco sicuri si trovano intrappolati sull'autobus. La ristrettezza dello spazio, la bellezza del paesaggio, il clima di attesa e preoccupazione legato al trovarsi in mezzo ad un violento acquazzone li spingono a riflettere, sognare, confidarsi e tentare di programmare il futuro.
La trama è piuttosto semplice, forse banale. La maestria di Steinbeck è quella di prendere queste persone una alla volta e darcene una descrizione più che accurata. Con l'abilità di un lanciatore di coltelli l'autore sceglie con cura tra le armi a disposizione e le lancia andando dirito al centro. il suo centro è quello di darci dapprima una descrizione fisica dei protagonisti talmente accurata da farceli vedere davanti. Poi passa al loro carattere, ai loro pensieri, ai loro commenti sui compagni di avventura. Anche in questo caso tutto ci appare davanti come fosse un dipinto. Nonostante la difficoltà data dalla presenza di numerosi soggetti ognuno dei quali è il protagonista principale, non perdiamo mai il filo del discorso. Ogni tessera va al suo posto appena lo scrittore ce la posa davanti. Il risultato è un puzzle fatto da una varia umanità con un passato interessante un presente ben pianificato ed un futuro incerto come quello di tutti noi. Ciò che hanno in comune è la voglia di libertà, di trasgressione o più semplicemente di scegliere in autonomia.
Il viaggio finisce, semplicemente quando intravediamo le luci della città di destinazione. Cosa ne sarà di questo carico nessuno ce lo dirà. Forse tutto sarà come prima e questo viaggio rimarrà nella memoria solo del lettore
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Una Brennan sottotono
Il principale scoglio in questo libro è stato quello di superare la prima decina di pagine. La noiosissima descrizione di una riunone, che nulla porta allo svolgersi della trama. Poi il romanzo decolla con i resti di un rito che sembra legato al satanismo. La dottoressa Brennan con un pò meno brio di quello che ha normalmene inizia ad analizzare ossa, interrogare sospettati e trarre geniali conclusioni. Peccato che sia depressa per la fine della sua storia d'amore e quindi si faccia distrarre da periodi di nostalgia che nient'altro fanno che distrarre dalla tramma. Trama che tutto sommato mi è piaciuta: si parte da quello che siamo convinti sia satanismo per arrivare a tutt'altro. I sospettati si succedono, dando al lettore parecchi colpi di scena che ne mantengano viva l'attenzione. Nella parte finale c'è anche una riflessione che condivido sulla sfiducia generalizzata verso governo e forze dell'ordine e sui rischi che derivano dalla troppo semplice accessibilità delle armi. Peccato, che la Reichs in modo più pedante del solito si voglia soffermare a descriverci dettagli architettonici e vicende storiche di Charlotte che nessun miglioramento portano alla storia. Se posso capire la tentazione di un'antropologa di spiegarci qualche dettaglio scientifico di cui il lettore medio farebbe anche a meno, non capisco invece queste deviazioni urbanistiche.
Lo stile della Reichs c'è ancora, così come c'è ancora il personaggio della Brennan: brillante, intelligente preparata ma anche simpatica. Questo però non è il libro migliore della serie che ho letto.
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Fiocco rosa a S. Pietro
La Cross chiude il suo romanzo scrivendo "per donne abbastanza forti da saper sognare, le opportunità c'erano. Questa è la storia di una di quelle sognatrici." Il periodo a cui si rifersce l'autrice è l'alto medioevo. Periodo definito come secoli bui. Se la vita era a tinte fosche per un uomo per una donna era nera come di più non si può.
Lascia dunque perplessi la storia secondo cui in questi anni una donna sarebbe riuscita niente di meno che a salire sul sogilo pontificio, salvo poi essere smascherata da quello che per l'epoca era l'unico scopo dell'esistenza di una donna: una gravidanza. Questo significa che esiste qualche forza superiore che, qualora gli umani si prendano troppe libertà, rimette le cose al loro posto?
La leggenda o storia vera su Giovanna esiste, per anni è stata considerata vera anche da ambienti ecclesastici e dunque merita di essere conosciuta.
La Cross ci spiega di aver trascorso sette anni a documentarsi, prima di immergersi in questo romanzo. Sicuramente la ricostruzione storica è molto accurata. Molti sono i fatti citati, numerosi i riferimenti allo stile di vita sia del popolo, che degli ambienti monacali prima, che di quelli ecclesisitici medio-alti in seguito.
Dialoghi, pensieri, storie di amore e di amicizia sono invece frutto di fantasia. Ciò è scontato visto l'impossibilità di trovare documenti che testimonino con certezza la vita quotidiana di questa papessa.
Trovo che forse, considerato il periodo di cui parliamo, la Cross si sia fatta un pò troppo trascinare nel gorgo sentimental-erotico rendendo poco credibile la parte relativa ala vita affettiva di Giovanna. A parte questo credo sia stata abbastanza abile da trovare spiegazioni plausibili a questa vicenda piuttosto incredibile.La pratica per le ragazze desiderose di istruzione di introdursi nei monasteri travestite da uomo è conoscita e documentata. Con questo si giustifica la parte più incredibile della vicenda, il resto è in discesa.
Comunque se la storia fosse vera avrebbe dello straordinario sia per l'abilità dissimulatoria di Giovanna, sia per la miopia o più probabilmente la decisione di spostare altrove lo sguardo da parte dei suoi contemporanei. Che fossero così illuminati da decidere che l'intelligenza e il merito dovessero contare di più rispetto all'essere donna?
Libro consigliato sia a chi ama la storia, sia a chi ama i romanzi d'avventura/amore. La parte storica si legge con facilità, ed è inserita talmente bene nel romanzo da costituire parte integrante della trama. La parte più rosa invece è abbastanza limitata e quindi non infastidirà gli storici.
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Maledizione!
Ci troviamo in una ricca cittadina statunitense. Una di quelle dove i prati sono tosati con cura da giardinieri messicani, le case sono lucidate da domestiche di colore, i bambini sono accuditi da tate europee. Tutto all'apparenza è perfetto, e quando non lo è c'è qualcuno che solleva con solerzia il tappeto e ci butta soto lo sporco. Conta ciò che si vede non ciò che si fa.
In sostanza è quello che viene fatto in automatico, senza neppure accordarsi quando Billy Halleck travolge e uccide con la propria auto un'anziana zingara. Un capo della polizia compiacente, un giudice ancor più bendisposto fanno archiviare il caso. Per Billy neppure una bacchettata sulle mani. Gli arriva solo un bufetto sulle guance, accompagnato da un misterioso "dimagra" pronunciato da un inquietante zingaro parente della defunta.
Poco male, se non fosse che Billy inizia a perdere peso inesorabilmente. Nella sua mente qualche dubbio inizia a fare capolino. E se fosse una maledizione? Scopriremo che le cose stanno proprio in questi termini e anche che al mondo qualcuno deve sempre pagare anche se non è necessariamente chi ha torto.
Questo libro non è il classico thriller, con un omicidio insoluto. ci sono i morti e sappiamo da subito chi ne sono i resppnsabili. Non sappiamo però dove King voglia andare a parare. Un ritmo incalzante tiene il lettore incollato al libro, aspettandosi a ragione qualche colpo di scena dietro ogni nuova facciata. Il finale, poi è del tutto inatteso e in definitiva ci lascia aperta la possibilità di costruirci un seguito a nostro gusto.
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Potere alle blatte
Davvero inquietante. Questo romanzo parte come l'opposto della metamorfosi di Kafka. Ci racconta di uno scarafaggio che si risveglia con le sembianze di un uomo. Si meraviglia di questa strana muta, ma al contrario di Gregor Samsa ci si adatta. Perchè gli scarafaggi hanno due soli istinti: la fame e la paura, inoltre per loro tutto ciò che è passato è prologo. Guidato dai suoi istinti primordiali esce nella New York degli anni cinquanta e scopre che il mondo degli umani non è poi così evoluto come loro credono. Tant'è che facendo leva su fame e paura uno scarafaggio un pò furbo può benissimo governare il mondo.
Jerry Blatta, così si farà chiamare Scarafaggio nella sua nuova muta, trova facilmente degli umani che lo servano fedelmente. Purchè mostri di avere denaro e di essere fisicamente pericoloso nessuno si stupisce delle sue bizzarre abitudini. nessuno si chiede due volte da dove venga, l'unica risposta è che fa paura e sazia le varie fami: di cibo, sesso potere, soldi. Tra alti e bassi si farà una fama prima nel crimine e poi nella finanza e nella politica.
Sono partita definendo questo libro inquietante, perchè così vedo il ritratto che ne esce dell'umanità. In sostanza, basta che qualcuno faccia leva su due istinti primordiali che noi abbiamo in comune con gli scarafaggi per diventare un leader. tutto il resto: legami familiri ed affettivi, pietà umana vanno in secondo piano. Quindi poco avremmo secondo Knox di meglio di un insetto. Anzi l'insetto fa tutto per soddisfare i suoi bisogni; non c'è nulla di personale, non contano colore della pelle, religione o attidudini personale. Semba che rispetto all'uomo l'insetto avrebbe anche qualche punto in più.
Un pò racconto surreale, un pò noir questo romanzo è scritto in modo agile, con molti riferimenti alla biologia delle blatte, senza però mai diventare pedante e noioso. Allo steso modo le scene di violenza, pur essendo crude nel loro realismo non sono mai fini a sè stesse ed in definitiva non sono fastidiose da leggere.
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C'è un bacarozzo in ognuno di noi
Gregor si sveglia trasformato in uno scarafaggio. Dopo un primo esame della sua nuova morfologia pensa come penseremmo tutti di avere le allucinazioni e si dice che se gli altri vedendolo non scappano vuol dire che tutto è normale. Ma anche quando questo succede ed ha la conferma della sua trasformazione in insetto si stupisce abbastanza poco. Non si tormenta chiedendosi perchè proprio a lui, non cerca di togliersi la vita, non si affanna per trovare suoi simili. Si rassegna. Si preoccupa solo di non infastdire troppo quella famiglia che vive alle sue spalle. Una famiglia il cui unico pensiero è nascondere quell'essere: non un consulto con un medico, uno stregone, un prete.
Questo libro è stato interpretato in molti modi e sicuramente in tutti c'è un fondo di verità. La cosa che ha colpito me è la solitudine di Gregor, mi ha rattristato il fatto che quasi quasi ha trovato maggiori soddisfazioni ella sua vita da scarafaggio che in quella di uomo. L'altra cosa su cui porrei l'accento è il suo anmo altruista. Neppure questa condizione l'ha distolto dal continuare a preoccuparsi per la sua famiglia. Perchè li ha lasciati senza sostentamento, perchè li disgusta, perchè è un peso.
La trama mi è piaciuta e ho trovato simpatico il modo di immedesimarsi nel bacarozzo, descrivendo il rapporto di questo sfortunato ex commesso viaggiatore col suo nuovo corpo, con le nuove oppportunità motorie e ill dspiacere per quelle perse.
Al naso non si comanda
Perchè anche un naso non dovrebbe decidere di andare a farsi in giro?. Così ce lo ritroviamo all'inizio del racconto tranquillo, tranquilo dentro un panino. Il povero barbiere che lo trova si chiede in che modo possa averlo tagliato al suo legittimo proprietario senza accorgersene. La scena si chiude qui senza ulteriori induci e si riapre altrove.
Presto facciamo conoscenza anche con questo naso girandolone e con quello che credeva di essere il suo detentore. o forse è il naso che ci comanda? E' lui che decide dove andare e quando tornarsene al suo posto come se nulla fosse?
Questo racconto è una specie di commedia dell'assurdo: La trama è surreale, dettata forse dalla voglia di fare della satira sulla società russa con la sua folle burocrazia. Forse influenzata anche dall'incipiente follia di Gogol.
Scritto in modo chiaro e piacevole, lascia alla fine come un senso di incompleto. Niente ci viene infatti spiegato di quello che è successo o di quello che succederà: dopo aver assaporato la libertà il naso si riterrà soddisftto, o continuerà ad andarsene in giro. Avanzerà qualche pretesa contrattuale, esigendo un migliore trattamento? Chi può dirlo.
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La politica è una nobile carriera
Un testo teatrale sì, ma leggero da seguire, quasi fosse un romanzo. Pochi personaggi, ma ben delineati, dialoghi sagaci, pungenti, con battute anche crudeli. Dopotuto questo è lo stile del più noto dandy inglese.
Un marito ideale, è quello che per tutti è sir Chiltren. Giovane marito e politico che pare non abbia sulla sua coscienza neppure la più piccola macchiolina. Idolatrato dalla moglie, indicato ad esempio di onestà dai padri ai figli, desiderato dalle donne come amanti, conteso dai partiti politici.
L'arrrivo di Mrs Cheveley ci svela che dietro tutta questa perfezione c'è una sola nota stonata, ma piuttosto grossa. L'affascinante, nonchè astuta signora trova il modo di mettere in discussione tutte le certezze su cui si basa la carriera ed il matrimonio di sir Robert. Il finale, inaspettato, non fa che corfermarci lo stile satirico di questa opera. Rende inoltre il testo perfettamente adattabile anche alla nostra epoca
La parte migliore di questo testo sono le battute pungenti che si scambiano i protagonisti, il modo colto e raffinato per insultarsi delle dame, la capacità di dirsi qualsiasi cattiveria con un sorriso da parte dei gentiluomini. Non poteva mancare neppure una irriverernte tratteggio del bigotto moralismo di epoca vittoriana: "fate tutto ciò che volete, purchè non si sappia". In tutto questo il personaggio che ne esce meglio è proprio quella Mrs Cheveley che dovrebbe far la parte della cattiva.
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Ti vorrei tanto amar
Questa è una storia d'amore. Un'opera di un giovane sconosciuto, che lo ha portato subito all'attenzione della critica. Il caso vuole che questo giovane si chiami Dostoevskij e già qui dia sfogo alla sua abilità nel destreggiarsi tra le parole.
Non cerchiamo dentro questo volume un racconto che tratteggi le tinte più tendenti al rosa dell'amore. Come ci si può aspettare da quello che diventerà uno dei più grandi scrittori russi, in questa storia ci sono soprattutto i colori più forti di questo nobile sentimento. C'è il desiderio di far felice l'altro a costo di qualsiasi sacrificio. C'è lo strazio di non avere sufficienti energie economiche per impedire che l'altro soffra la fame, il freddo. Troviamo la gioia nel sottoporsi ad ogni mortificazione fisica o umiliazione, pur di vedere un sorriso nell'altro.Infine scoviamo il pudore di confessare i propri reali sentimenti, nascondendoli dietro all'amicizia, alla simpatia.
Scritto sotto forma epstolare il racconto ci descrive la vita di due amici/innamorati che vivono in due appartamenti uno di fronte all'altro.Le malelingue parlano e così è più semplice scriversi piuttosto che attraversare spesso il cortile per vedersi di persona. Lei giovane, orfana e assediata da ricchi corteggiatori; lui con parecchi anni in più, un modesto lavoro da copista e una possibilità economica al limite della miseria. I due ci raccontano le loro giornate, facendoci intravedere la drammatica povertà delle zone popolari della Pietroburgo di inizio ottocento. Non mancano note positive, come inaspettate dimostrazioni di solidarietà. A queste però fanno da contraltare personaggi all'apparenza "per bene", ma nella realtà aprofittatori oltre ogni immaginazione. Come spesso accade c'è molta più nobiltà dietro ad un collo sdrucito e a scarpe che perdono le suole, che dietro a merletti e scarpette di raso col tacco.
Buoni e cattivi sentimenti, materiale su cui riflettere, scorci storici e bella scrittura. In poco più di cento pagine troviamo tutto o quasi quello che vorremmo scovare dento un romanzo.
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Hai voglia di giocare?
Emily deve affrontare la morte dela sua bambina. Decide che lo vuole fare da sola. Le uniche sue compagne saranno delle scarpe da ginnastica. Perchè quando smettere di piangere non è possibile, il dolore non vuole saperne di smetterla di morderti furiosamente e il suicidio è un'alternativa da scartare, ci vuole qualcos'altro. Allora Emily inizia a correre con rabbia, sempre più veloce fino a quando cade sfinita.
Quando anche la corsa non basta più si rifugia in un'isola semideserta, perchè non frequentata in quella stagione dai vacanzieri.
Il suo tran tran è sempre quello: corse estenuanti, lacrime, di nuovo corse.
Poi, i suoi occhi cadono sulla cosa sbagliata. Da qui in avanti è il lettore a correre a perdifiato col cuore in gola. Il libro cambia registro: da triste cronaca di vita di una donna diventa un ottimo thriller. Ogni riga ci fa sperare che Emily abba fatto la scelta giusta e si sia liberata dal suo aguzzino. Prima di girare pagina la incitiamo a corere più veloce a non cedere. Vorremmo quasi intervenire e fare lo sgambetto all'inseguitore.
Racconto lungo di un centinaio di pagine, ma capace di catturare il lettore. Pochi personaggi, trama semplice e lineare, ma con tanta tensione. Questo è uno degli esempi della genialità di King: prendere qualcosa d semplice, che visti gli ultimi fatti di cronaca potrebbe succedere a tutti, e farne un gran bel momento di intrattenimento.
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Jack viaggia ancora
Due scrittori Straub e King si ritrovano e ci raccontano che cosa succede a quel Jack viaggiante de Il talismano, che ormai diventato grande. Poliziotto in persione super anticipata il Jack adulto non ricorda nulla di quello che gli è successo, è il detino a portarlo in una cittadina apparentemente tranquilla. L2atmosfera bucolica è si trasforma in un'aria pesante quando un serial killer inizia ad accanirsi in modo tremendo sui bambini. Scopriremo, un pò prima di Jack che molte sono le cose inquietanti in questa città. In tanto un particolare vecchietto riccoverato nella locale casa di riposo. Ma soprattutto una casa nera, nascosta nel buio profondo di un bosco dove non penetra la luce.
Questo romanzo è un incrocio tra un un thriller riuscito ed un fantasy. Gli eventi sovrannaturali, le persone con poteri improbabili ed i mondi paralleli quindi abbondano, alternandosi ad indagini di polizia, sospetti e suspance.
Scritto con la consueta capacità descrittiva di King, il romanzo si segue con facilità ed è ricco di personaggi descritti in modo particolareggiato.E" quindi una lettura piacevole anche prescindendo in parte dalla trama
Il finale è un pò pesante, per quelli a cui piacciono più i thriller dei fantasy, perchè nonostante si capisca chi sia il killer ed il modo in cui sarà sconfitto la resa dei conti tarda ad arrivare.
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ogni giorno ha la sua pena
Una storia che probabilmente è di molte donne e forse di molti uomini. Un bel mattino mentre se ne sta in cucina a preparare la colazione Rose viene informata dal marito che ha intenzione di lasciarla. Niente discussioni tutto è deciso, adesso non ha tempo per discutere questa piccolezza. Rimasta sola con tre figli riuscirà in qualche modo a cavarsela.
Trama semplice e forse scontata, ma libro intenso. Scritto in modo schietto, pratico, con molta attenzione alla quotidianità.
Strutturato come un diario con parecchi flash back, che ci raccontano la vita matrimoniale di Rose e Ben il volume affronta parecchi temi.
Al centro di tutto Rose: una donna precisa, meticolosa, più forte di quanto crede, decisa a farcela da sola, ma disposta ad accettare l'aiuto dovunque perovenga. Questo aiuto è stato in gioventù quello della marcia spingendo un passeggino fino a sfinirsi dalla stanchezza. Dopo la fuga del marito è stato il vino, avvicinandola ad un baratro pericoloso. Poi quello dei figli, degli amici.
Ma non solo questo anche donna chei esiste quasi fosse l'estenzione di un marito egocentrico per vent'anni e ad un cenrto punto è quasi stupita di avere pensieri e progetti propri.
Di contorno temi come i lutti e le dificoltà degli adolescenti e naturalmente gli scontri per gli alimenti con relative liti epiche.
Mi sembra poco realistica la soluzione trovata da Rose per sostenersi economicamente. Credibile che sia riuscita a sfruttare l'abilità di cuoca affinata in vent'anni di matrimnio. Meno che in neanche un anno sia diventata indipendente economicamente con tre figli sulle spalle. Il resto, per quanto scoraggiente lo trovo tristemente credibile.
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La carità non si vanta, non si gonfia
Un'idea di bontà piuttosto personale, quella che hanno i protagonisti di questo romanzo. Kathie è un medico che si autocompiace in continuazione della sua bontà per aver scelto quella professione. Si lascia andare ad una scappatella peraltro poco gratificante, ha delle idee ambigue sulla gestione delle comunicazioni coi figli e coi pazienti, ha un rapporto logoro col marito. Tutto questo però passa in secondo piano perchè lei è medico.
Il marito a seguito dell'incontro con un guaritore(imbonitore decide di passare in poche mosse dall'autore della rubrico "l'uomo più arrabbiato di Halloway " a uomo buono. Per farlo si disfa di oggetti dei familiari, accoglie in casa personaggi ambigui, cerca di imporre scelte di vita diverse ai vicini.
I figli beh si alternano tra il bacchettone e l'accondisendenza.
Non mi è piaciuto molto questo libro: l'ho trovato a tratti surreale, a tratti patetico. Forse lo scopo era di fare dell'ironia sulla classe media inglese. Evidentemente lo humor inglese è un pò lontano dal mio.
L'idea in sè del libro comunque non è male ed è scritto in modo abbastanza scorrevole.
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- no
La più scaltra civetta di tutta l'Inghilterra
In questo libro la Austen ci parla di donne. Attraverso le lettere che si scambiano i principali protagonisti ci traccia un ritratto non molto lusinghiero della società bene inglese. Un gruppo di donne, legate da rapporti di amicizia o pasrentela si scontrano senza esclusione di colpi per accapparrarsi mariti o amanti facoltosi. Tutto ruota attorno al modo migliore per raggirarli al fine di procurarsi un consistente patrimonio e quindi un sostentamento per il futuro. Un vero e proprio lavoro svolto da donne che devono avere nel loro curriculum inelligenza, scaltrezza e capacità di seduzione. La cultura invece deve essere solo superficiale perchè inutile al fine di procurarsi un amante in più.
In tutto questo gli uomini sono solo delle pedine da maneggiare e passarsi l'un l'altra a seconda delle necessità.
Bella la scelta di intreciare le lettere di più persone che spettegolano sullo stesso argomento. In questo modo si hanno i punti di vista dei vari personaggi. peccato il finale racontato in terza persona e quindi senza le opinioni delle protagoniste.
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Rivoglio solo il mio cappotto
Come si può prendere una storia semplice, fatti di tutti i giorni, e farne un grande esempio di letteratura. Gogol ci descrive con precisione, senza fronzoli questo ometto che nessuno vede. Del resto Akakjj non si preoccupa di quello che lo circonda. Fa qualche debole tentativo di allontanare i colleghi che lo beffano, ma sen e cura poco così come non si cura di ciò che succede in strada, di quello che gli cade addosso dall'alto.
Il suo unico piacere è fare il suo lavoro di trascrizione di testi. Lo fa anche nel tempo libero, solo per avere il piacere di scrivere parole importanti.
Un guizzo nella sua vita arriva quando suo malgrado si decide ad acquistare un cappotto nuovo: i sei mesi che precedono questo evento sono da un lato esaltanti e dall'altro un inasprimento della sua vita di stenti. Si decide a saltare i pasti, a camminare con leggerezza pur di non consumare troppo le suole delle scarpe, si toglie la biancheria in casa per non sdrucirla. Ma tutto questo è ripagato dalla gioia dell'attesa. Si addormenta felice, sul lavoro si lascia andare persino a qualche errore, cosa mai successa, perchè distratto dalle fantasticherie del suo prossimo soprabito.
Il giorno tanto atteso arriva, la gioia e l'orgoglio sono inenarrabili, ma come spesso succede durano poco.
Il povero impiegato, o qualche entità ultraterrena per lui, avrà comunque occasione di trovare il modo per avere giustizia la prima volta nela sua vita. Così come riuscirà suo malgrado ad essere notato, temuto e forse rispettato.
Mi è piaciuto molto lo stile in cui è scritto questo libro. Forse anche per merito della traduzione, questo volume di metà 1800 e per di più russo si legge con facilità. Pochi dialoghi, molta attenzione alla descrizione sia fisca che intellettuale del protagonista, ma in modo semplice, immediato che spinge a continuare la lettura.
Fa un pò tristezza immaginare che già nel momento in cui scriveva questo libro Gogol iniziava a dare i primi segni di quelle crisi di nervi, poi trasformatesi in manie religiose e di autopurificazione che lo hanno afflitto con sempre maggiore intensità. Forse è vero che la genialitò va sempre un pò a braccetto con la follia.
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Giallo sbiadito
Lasciamo il giallo a chi fa il giallista di mestiere. Mi dispiace essere critica verso Andrea Vitali perchè è uno scrittore che mi piace molto. Trovo, però che questo genere di romanzo non sia nelle sue corde. Ho apprezzato, come sempre l'abilità nel tratteggiare i personaggi, il modo ironico di vedere la vita di provincia, la capacità di fare spesso il commento che non ti aspetti. Tutto questo è presente in questo libro, così come è presente la chiarezza nello scrivere e la capacità di prendere per mano lo scrittore e portarlo a spasso per quel del lago di Como.
Secondo me è un pò debole la parte misteriosa che ci dovrebbe essere in un giallo. Un medico ,manco a dirlo, di Bellano, viene chiamato al capezzale di un paziente, che al suo arrivo è già morto. Uno strano odore di fritto ed altre piccole incogruenze lo spingono ad indagare.
Il finale sta per così dire alla fantasia del lettore. Vitali ci lascia aperta la possibilità di decidere che cosa succederà dopo l'ultima pagina del libro.
Ecco, visto in quest'ottica, forse questo non è un vero e proprio giallo. Partendo da questo presupposto, non è un cattivo libro, tra l'altro è abbastanza breve e allora perchè non provare a leggerlo?
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Minestra di sassi
Non credo che sopporterei un marito del genere, ma da lettrice questo colonnello mi è piaciuto molto. Dignitsdo, tenace, con la speranza che le cose si aggiustino nonostante tutto. Così eccolo che da quindici anni tutti i venerdì si reca in posta aspettando la lettera che lo informa di aver ricevuto finalmente la pensione. Probabilmente un pò quello che aspetta molti di noi. Forse noi saremo troppo disillusi perfino per recarci in posta.
I suoi problemi però sono anche altri: anziano, con una moglie che soffre di asma, vive nella più completa indigenza. Oltre all'attesa della pensione l'unico altro appiglio a cui è agganciato il suo futuro è un gallo da cambattimento ereditato dal figlio appena morto. Troppo costoso da mantenere, ma troppo doloroso disfarsene.
Questo romanzo breve ci offre uno spaccato del sudamerica della metà del novecento. Censura politica e religiosa e povertà. In entrambi i casi alla fine ci si trova a nascondere qualcosa: le idee nel primo caso, e la propria condizione nel secondo. Di fondo c'è sempre un certo pudore nello svelare agli altri quanto siano misere le condizioni di quelle povere case, dove si arriva a far bollire dei sassi, in questo modo i vicini credono che ci sia qualcosa sulla tavola.
Credo che il finale di questo libro, con un crudo dialogo tra moglie e marito, sintetizzi bene quanto la caprbietà e l'amor proprio possano a lungo andare portare più danni che benefici. Ma del resto se sono le uniche cose rimaste è bene tenersele strette.
Scritto in modo scorrevole, questo volume è ricco di sfumature, con descrizioni accurate dei personaggi che lo rende adatto sia a chi voglia trascorrere qualche ora con un volumetto simpatico, sia a chi abbia voglia di trovare degli spunti su cui riflettree.
Anche se il romanzo risale al 1957, con i dovuti aggiornamenti di tipo tecnologico, trovo che potrebbe ben adattarsi anche a due pensionati dei nostri giorni.
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Lupi e pastori
Decisamente questo libro ha la capacità di stupire. Dopo tanti romanzi gialli o thriller che dir si voglia tutti simili uno all'altro finalmente qualcosa di diverso. Un libro che pagina dopo pagina è capace di sorprenderti e non farti intuire quello che sta per succedere. Peccato per il finale, non ci ha svelato qual'è il legame tra il buono e l cosiddetto cattivo. Inoltre l'unica parte prevedibile del racconto è stato proprio il finale. Se fosse finito qualche pagina prima, mi sarebbe piaciuto molto di più.
Ethan Cross ci racconta di un serial killer veramente cattivo. Direi la cattiveria personificata, visto che è stato suo padre a prgrammarlo per eserlo. prorpio così' il dottor Ackerman per provare la teoria secondo cui la cattiveria non è innata, ma causata dall'ambiente in cui viviamo tortura il figlio. Lo fa finchè la crudeltà diventa l'unica scelta possibile per la sua cavia. Pecacto che poi non riesca così bene anche nella seconda parte del suo esperimento: quello di curarlo.
Sulla strada del serial killer arriva Marcus: ex poliziotto pieno di sensi di colpa. Scopriremo che questo incontro non è per niente casuale, che i buoni sono i cattivi e i cattivi lo sono ancora di più di quanto immaginiamo. Quello che sembra reale è finzione e quello che sembra finzione è follia.
Agile, con un tono incalzante che spinge alla lettura, in questo libro sono descritte scene terribili di violenza, ma senza farle diventare troppo fastidiose. La parte più d'azione, con scontri a fuoco trovo non sia sempre credibile, ma del resto è pur sempre fantasia.
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