Opinione scritta da Belmi

375 risultati - visualizzati 251 - 300 1 2 3 4 5 6 7 8
 
Racconti di viaggio
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    22 Giugno, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Un'indagine sulle donne

Il direttore de "L'Europeo" chiede ad una giovane Fallaci di fare un'inchiesta sulla condizione della donna. All'inizio la Fallaci sta per rifiutare, perché per lei scrivere sulle donne, come se fossero una fauna speciale, era una cosa ridicola.
Ma poi l'incontro con una donna che ha tutto dalla vita ma è comunque infelice, invoglia la fiorentina a partire, soprattutto alla ricerca della felicità della donna.

"Il sesso inutile" è un viaggio per scoprire se le donne possono appunto essere felici. Un itinerario, il suo, affiancata dal fotografo Duilio Pallottelli, che tocca principalmente mete orientali. Pakistan, India, Indonesia, Cina (Hong Kong), Giappone e Hawaii sono le sue tappe.

Dalla sposa bambina alle matriarche, la Fallaci si ritrova a dover vedere con i propri occhi, come la condizione della donna possa cambiare da paese a paese.

Una Oriana molto giovane, il reportage è del 1960; una donna non ancora arrabbiata ma sempre molto provocatoria e a tratti ironica.

"Il sesso inutile" è un libro che mi ha colpito ed ho apprezzato anche se avrei preferito dei particolari in più. La Fallaci mi ha fatto leggere di realtà che probabilmente mai vedrò, lasciandone però solo pochi dettagli. Un approfondimento maggiore lo avrei proprio preferito.

Consiglio di leggere la prefazione di Giovanna Botteri dopo la lettura del libro.

Lo consiglio!

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Arte e Spettacolo
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    16 Giugno, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Com'è mutevole l'idea di Bellezza

Oggi è davvero molto difficile dare una definizione di Bellezza. I gusti sono talmente soggettivi che quello che una persona può reputare bello, per un'altra può non esserlo; senza considerare il bombardamento continuo che riceviamo dai media che influisce molto sulle nostre scelte (basta vedere i giovani che vedono il bello nell'omologazione).

Umberto Eco, con il suo saggio "Storia della Bellezza" cerca di mettere un pò d'ordine dove è difficile trovarlo.

L'aggettivo bello (come lo definisce l'autore) è usato per indicare qualcosa che piace, che forse desidereremmo possedere, ma che non cesserà di essere piacevole anche se non è nostro.

Con il suo saggio (che si può anche considerare una piccola enciclopedia sull'arte) Eco ci presenta una rassegna delle idee di Bellezza attraverso i secoli. E' un viaggio nel mondo dell'Occidente, dagli antichi greci fino al XX secolo.
Con il supporto di bellissime immagini artistiche e di testi poeti e filosofici, l'autore ci racconta l'evoluzione che ha cambiato di volta in volta il significato alla parola Bellezza.

Essendo un'appassionata d'arte, ho trovato questo volume davvero molto interessante; un piccolo scrigno che mi ha permesso di "viaggiare" nella storia alla ricerca di autori più o meno conosciuti. So di essere sentimentale, ma io rientro in quella categoria di persone che si emozionano davanti un'opera d'arte.

MI rendo conto che il linguaggio utilizzato non è dei più semplici anche se ad ogni riferimento troviamo a fondo pagina una spiegazione che può aiutare nella comprensione.

Consiglio questo libro sicuramente agli amanti dell'arte, ricordando anche che a questo c'è un seguito intitolato "Storia della Bruttezza"; ma anche a chi volesse provare una lettura intellettuale che può avvicinare all'arte in tutte le sue sfaccettature, infatti all'interno del testo sono citati moltissimi scrittori, poeti e filosofi.

Buona lettura!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Giugno, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Non puoi nasconderti. Io ti troverò.

" E' assurdo che io pensi di poter fare una cosa normale come andare in un negozio vicino al tribunale. E' stupida la mia smania di respirare aria fresca, solo per qualche minuto, di andare e tornare a piedi. Sono sciocca a rifiutarmi di rinunciare ai gesti comuni."

Nella vita di Rafe esiste una sola persona a cui lui dedichi tutte le sue attenzioni, tutti i suoi istanti di vita, tutti i suoi pensieri, continuamente. Penserete che Clarissa è veramente una donna molto fortunata, senza volerlo è riuscita ad attirare l'attenzione di un uomo rispettato, un docente universitario; una persona a prima vista molto affidabile, insospettabile, ma spesso proprio dietro a questo "quadro" si ritrova la persona che non vorresti aver mai conosciuto...

Claire Kendal con il suo "So dove sei" ci racconta quello che molte donne (ma ultimamente anche gli uomini) hanno o stanno ancora subendo.
Come forse avrete capito, questo libro parla di stalking e Clarissa si ritrova a dover affrontare continuamente le attenzioni, da lei non volute, del suo stalker Rafe.

La protagonista si ritrova a dover rinunciare ad ogni gesto comune, come andare a fare la spesa o una passeggiata, che per lei diventano delle vere e proprie imprese, perché ogni attimo è buono per Rafe.

Non solo la difficoltà di vivere in uno stato costante di paura ed ansia, ma soprattutto la difficoltà di farsi credere dagli altri perché come molti ben sanno gli stalker sono spesso persone "molto rispettabili".

La Kendal ci racconta con un realismo sorprendente la forza di una donna che cerca di fare di tutto per sopravvivere e il fatto di partecipare, come giurata ad un caso analogo al suo, gli fa capire che non sempre la giustizia aiuta i "buoni".

Con un crescendo di adrenalina, ci ritroviamo immersi in questo thriller psicologico in cui l'autrice non tralascia niente e che non può lasciarci indifferenti. La sua scrittura è reale e intensa e il fatto che questo sia un esordio, fa promettere molto bene per il futuro.

"Come tutte le migliori fate madrine, la signorina Norton è autoritaria. SI alza in piedi per andarsene...ma non senza avermi dato un ultimo ordine. Non aspettare troppo, mia cara."".

Lo consiglio.

Buona lettura!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    31 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Piacevole, ma mi aspettavo di più

Iniziare a leggere un libro sapendo che l'autrice è un ex insegnante di lettere, almeno nel mio caso, mi aveva un pò suggestionato ed ero già pronta ad un determinato stile.

Invece Margherita Oggero mi ha sorpresa; ho trovato uno stile leggero, piacevole, in alcuni casi un pò sfrontato ed ironico ma ben fatto, con la scelta dei vocaboli non casuale, ma con cognizione di logica.

L'autrice ci racconta della sua Torino, anche se non da molto peso alla collocazione geografica, a parte alcune specifiche, potevamo benissimo essere in qualsiasi altra città del nord o perlomeno io non ho riconosciuto la Torino che ho visto.

Quello su cui invece punta l'autrice è la distinzione di classe sociale. I due protagonisti sono Marta e Michele (il romanzo è un alternarsi dei pensieri dei due).
Marta è archivista; fa parte della "Torino bene", ha un buon lavoro trovato grazie anche agli agganci del padre cardiochirurgo e frequenta persone del suo ambiente.
Michele è un "terrone" che si è trasferito da piccolo al Nord con la famiglia, per poi rimanere ad abitare con il nonno. E' un uomo che si è fatto da solo (ed anche grazie al sudore del nonno barbiere) e dopo la laurea in Ingegneria, ha deciso di seguire il suo sogno ovvero quello di guidare i Frecciarossa.

Come mai la vita di queste due persone socialmente diverse si incrocia? Semplice, sono dirimpettai ed entrambi hanno la passione di tenere d'occhio l'altro.

E' un romanzo che ho trovato molto piacevole come lettura, però se avete notato, come contenuti mi sono tenuta piuttosto bassa.
Con lunghe digressioni, la Oggero ci racconta la vita dei due, ognuno con i suoi traumi, andando a focalizzarsi su punti a mio avviso meno incisivi, tralasciando altri che avrei preferito più approfonditi.

Nel suo "minestrone" inserisce tantissimi ingredienti, forse anche troppi, senza portarne molti a fine.

Insomma, da una ex insegnante di lettere mi aspettavo qualcosina in più. Comunque il romanzo è piacevole, si legge velocemente (223 pagine), e pur essendo una copertina morbida non è economico. La nota positiva è che è la prima volta che mi trovo a leggere di un protagonista che guida i Frecciarossa.

Vi lascio con questa frase:

"Il tarlo del legno scava paziente e silenzioso labirinti di gallerie, lasciando a testimone della sua presenza il quasi impalpabile rosume. Così fa l'ossessione: nasce inavvertitamente, occupa uno spazio minimo nella mente, poi si ingrandisce, proliferazione di curiosità. attrazione sgradita ma irrinunciabile".

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    27 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il primo amore

Il fato, la sfortuna o il caso, vuole che quattro uomini (un medico, un imprenditore, un funzionario dell'esercito e uno scrittore) molto diversi fra loro, si ritrovino a dover trascorrere l'intera notte in una sala d'aspetto in India.
Il loro treno non può proseguire la corsa fino al mattino seguente, a causa di un guasto sulla linea.

Mentre i quattro si "sistemano" e si preparano alla lunga e fredda notte, per errore nella sala entra una giovane coppia innamorata che subito dopo esce.

Senza saperlo, la coppia con il loro amore ancora "fresco" darà inizio ad una serie di reazioni diverse.

Inevitabilmente ognuno di loro ripenserà alla propria giovinezza e perché non confidarsi con queste persone che mai più si rivedrà?

"La ragazza del mio cuore" racconta quello che tutti noi abbiamo provato e vissuto nella vita; il primo amore.

Per molti è un ricordo doloroso, per altri piacevole, ma la cosa certa è che è sicuramente un ricordo indimenticabile.

Bose ci racconta un'India e dintorni molto affascinate; ci fa ripercorrere le storie dei quattro come se anche noi fossimo realmente lì ad ascoltarle dalla loro bocca.
Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1951, quindi aspettatevi storie di altri tempi.

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Storia e biografie
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    26 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La "bambina" che prendeva 10

Alcuni di voi non avranno mai sentito parlare di Nadia Comaneci, altri invece se la ricorderanno come la "bambina" che rivoluzionò il mondo della ginnastica ai giochi di Montreal del 1976.

Al tempo non ero ancora nata, ma ricordo benissimo lo spot dell'Adidas, quando Nadia dimostrava che niente era impossibile (Nothing is impossible).

Tutto ha inizio quando la quattordicenne rumena eseguì il suo esercizio mandando in tilt il computer della competizione che sul tabellone segnava 1 mentre i giudici con le mani indicavano il 10. La bambina prodigio aveva vinto con un voto mai visto.

Tutto questo non cambiò solo la vita di Nadia, ma del mondo intero o almeno di una parte;
"Negli Stati Uniti, un'impennata del sessanta percento delle chiamate al pronto soccorso: molte di queste a causa delle ragazzine che hanno voluto "imitare Nadia" e si sono rotte un polso o una caviglia."

Ma soprattutto Nadia ha cambiato l'immagine della comunista Romania. La rivalsa in primis sul nemico sovietico (che solitamente stravinceva) e poi la propaganda interna in cui grazie alla "bambina" il popolo doveva essere ancora più fiero di essere rumeno e comunista.

Questo libro non racconta solo la strumentalizzazione mediatica che questa giovane ginnasta ha dovuto subire, ma parla anche del dramma di una bambina (da tutti considerata la piccola fata) che diventa donna e si trova a combattere con un corpo che cresce e cambia e che nessuno riesce ad accettare, neanche lei.

Una parte del popolo rumeno non ha apprezzato questa biografia che racconta molto del regime e di come si viveva al tempo e l'evoluzione che ha avuto dopo il crollo del comunismo. Per molti la Lafon non è stata obiettiva.

Un libro emozionante, riflessivo ed istruttivo che consiglio. La prima parte è molto più coinvolgente della seconda. Per rivivere appieno gli esordi di Nadia, sono andava a vedere i suoi video passati e ne sono rimasta molto affascinata.

Vi lascio con questa frase: "Se cercate una parola per dire di aver assistito a qualcosa di talmente bello da risultare indicibile, allora dite che era "nadiesco" scrive un editorialista del Quebec".

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    25 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Non ti lascia indifferente...

Scritto nel 1929, questo romanzo rappresenta l'esordio del giovane Moravia nel mondo della letteratura del Novecento.

Non so voi, ma io ho sempre preferito essere amata oppure odiata piuttosto che rimanere indifferente agli altri; l'indifferenza è proprio un'emozione, se così si può definire, che reputo intollerabile.

Moravia, con il suo romanzo, ci catapulta in una realtà in cui l'indifferenza la fa da padrone.

Una realtà in cui il pensiero principale dei giovani protagonisti (Carla e Michele) è "E' la fine", ma pur essendone consapevoli, non riescono ad uscire dal loro torpore, dallo loro stato di indifferenza.

""Vediamo" pensava "si tratta della nostra esistenza... potremmo da un momento all'altro non avere di che vivere materialmente"; ma per quanti sforzi facesse questa rovina gli restava estranea; era come vedere qualcheduno affogare, guardare e non muovere un dito"

"Nessuna azione di Leo, per quanto malvagia, riusciva a scuotere la sua indifferenza; dopo un falso scoppio di odio, egli finiva sempre per ritrovarsi come ora, con la testa vuota, un poco inebetito, leggerissimo."

Moravia ci racconta la vita della borghesia fascista; in poco più di 48 ore, ci mostra una realtà che ci fa male.

""Come si fa?" disse la madre; "non si può mica sempre dire la verità in faccia alla gente... le convenzioni sociali obbligano spesso a fare tutto l'opposto di quel che si vorrebbe... se no chi sa dove si andrebbe a finire.""

Il realismo dell'autore non ti lascia indifferente; vorresti entrare nel romanzo e scuotere i protagonisti, spronarli. Leggi i loro pensieri ma poi vedi le loro azioni così incoerenti.

Un Moravia cinico, amaro e mai volgare. Già con "Il disprezzo" mi aveva convinto, questo è una conferma.

Non mi ha lasciato indifferente, anzi mi ha fatto riflettere anche sulla società di oggi; molte persone sono capaci di vivere così, in uno stato di torpore e pur avendone le possibilità non ne vedano la necessità e la ragione di uscirci.

Lo consiglio.

Buona lettura!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Il disprezzo
Trovi utile questa opinione? 
230
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    18 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La commedia in poltrona

Oscar Wilde per me è uno scrittore senza tempo. Il suo stile è così contemporaneo che è difficile considerarlo un autore del XIX secolo.

"L'importanza di chiamarsi Ernesto" è una commedia teatrale, suddivisa in tre atti. I personaggi sono pochi, simpatici ed ironici.

Un'opera scritta così bene, al punto tale da permettermi di "vivere" una commedia in poltrona. Durante la lettura è come se i personaggi si fossero materializzati davanti a me.

La sua brevità (meno di 100 pagine) non ha intaccato il racconto; una scrittura brillante ed ironica che mi ha fatto ridere e sorridere per l'intera opera.

Amore, simpatia, equivoci, provocazioni e tanto stile "Wilde" mi hanno fatto capire perché è importante chiamarsi.. Ernesto.

Consigliatissimo.

Vi lascio con questa frase:

"A dire il vero, a me non piacciono i fidanzamenti lunghi: Danno ai fidanzato la possibilità di conoscere il carattere dell'altro prima di essersi sposati, e questo non è mai prudente".

Buona lettura!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Gli altri di Wilde
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Una vita in apparenza semplice

“La donna del martedì” è un libro che si legge “tutto insieme”; la scrittrice infatti ha deciso di non “utilizzare” la suddivisione in capitoli (che forse non avrebbe fatto male al lettore) e di scrivere tutto d’un fiato (136 pagine)..

Claire Messud ci racconta la storia di Maria, la donna del martedì, una donna la cui vita si svolge nella solita routine. Una donna ligia al dovere, che vive in schemi già prefissati finché qualcosa non arriva a stravolgere la sua esistenza ed a metterla davanti a delle nuove emozioni e riflessioni.

Maria è una donna che ha avuto una vita molto difficile; emigrata in Canada, dopo anni di sofferenze a causa della guerra, si è costruita la sua identità con le sue forze e con la devozione nei confronti degli altri. Ma la sua vita non è semplice, è una donna frustrata e delusa da come le cose sono andate e dal pensiero di come potevano andare.

L’autrice ci mette di fronte ad una realtà in apparenza delle più prevedibili, ma che dietro nasconde qualcosa di diverso. Poche emozioni esplicite, ma molte implicite.

Questo libro è uno di quelli che non ti è dispiaciuto leggere, ma che se qualcuno ti chiedesse “mi consiglieresti un libro da leggere?”, questo non ti verrebbe mai in mente. Credo di aver reso l’idea.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Nessuno può scrivere su un libro quanto vali

Sue Monk Kidd ha creato un romanzo che fra realtà e fantasia ci racconta una storia che ci fa riflettere.

Due donne completamente diverse ma entrambe alla ricerca della propria libertà. Ci troviamo a Charleston, South Carolina, 1803.

Sarah Grimké è una ragazza bianca, figlia di una famiglia ricca, che non riesce a trovare il suo posto perché per la società del tempo, una donna deve solo imparare ad essere una brava moglie, il resto è superfluo.

Monella, chiamata dai suoi padroni Hetty, è nera ed è nata schiava e vive nella famiglia Grimké, è facile comprendere che tipo di libertà vorrebbe.

Legate nel bene e nel male, le due ragazze, poi diventate donne, dovranno affrontare una società in cui nessuna delle due riesce a trovare lo spazio per “volare”.

Il libro ci racconta la schiavitù vissuta negli stati del sud, dove nella mente dei bianchi è radicata l’idea che Dio abbia creato gli schiavi per lavorare per loro. Una società in cui la dignità umana viene calpestata e i “bianchi” si sentono giustificati nelle loro azioni. Per fortuna non tutti la pensano così.

Ma gli schiavi sperano sempre, “Ce ne andremo di qui o moriremo provandoci”.

L’autrice racconta le brutalità che gli schiavi devono subire, ma cerca sempre di farcelo capire senza andare fino in fondo, lasciando molto alla nostra immaginazione.

Il romanzo è veramente molto bello e tocca degli argomenti particolarmente delicati; la scrittrice ha deciso di raccontare gli eventi alternando i pensieri e le vite delle due protagoniste che messe a confronto fanno vedere in maniera ancora più eclatante le differenze delle due realtà. Una pecca non indifferente è che il continuo alternarsi delle due a volte “sdubbia” un po’, perché ti stai affascinando ad un lato e ti ritrovi già dall’altra parte.

Vi lascio con questa frase:

“Il rumore era nella lista dei peccati degli schiavi, che conoscevano a memoria. Primo: rubare. Secondo: disubbidire. Terzo: poltrire. Quarto: fare rumore. Uno schiavo avrebbe dovuto essere come lo Spirito Santo: non si vede, non si sente, ma è sempre pronto a intervenire”.

Lo consiglio.

Buona lettura.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    13 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Stile poco convincente

Francesca Barra è nata a Policoro, in Basilicata, e vive lontano dalla sua terra nativa, ma l'amore che sente per le sue origini "riempe" gran parte delle pagine di questo libro.

Le protagoniste di questo romanzo sono: la nonna Teresa e la nipote Caterina. L'elemento che le unisce e le accomuna è la cucina (all'interno del testo si trovano molte ricette della cucina locale, con le tecniche di preparazione) quello che le divide invece sono le scelte della vita.

Teresa già da piccola (quando ancora viveva all'interno dei sassi) sapeva che non avrebbe mai lasciato la sua terra; Caterina per spiccare il volo decide di andare a Roma a studiare.

La Barra ci racconta della sua realtà paesana, di quei luoghi in cui tutti si conoscono e che in famiglia niente si nasconde (o perlomeno si cerca di farlo) e che una festa senza tutta la famiglia che festa è..
Ci porta una ventata di genuinità, in cui le "femmine devono saper fare per maritarsi", in cui lo straniero è quello di fuori e così via.
In contrapposizione ci racconta una Roma diversa, moderna e dispersiva.

Ho molto apprezzato l'amore per il proprio paese ma quello che non mi ha convinto molto è lo stile dell'autrice. Ha scelto di scrivere il romanzo alternando le due protagoniste; Teresa ci racconta del suo passato mentre la nipote ci racconta il suo presente.

L'autrice quindi ha voluto analizzare due punti di vista e due realtà a confronto. La sua scelta, secondo me, è stata un pò ardua, almeno per lei. L'ho trovata carente e forzata nelle veci della giovane diciannovenne Caterina; non sembrava di leggere le parole della ragazza ma quelle di un adulto che prova a scrivere fingendosi un giovane.

Per concludere, posso dire di aver apprezzato la sua voglia di mettere in risalto la sua realtà nativa ma per quanto riguarda la trama e soprattutto il suo modo di scrivere, l'autrice non mi ha molto convinta.


Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Salute e Benessere
 
Voto medio 
 
4.4
Stile 
 
4.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Una creatura del momento

Spesso i libro scritti in prima persona sono quelli in cui il messaggio che l’autore vuol far arrivare, arriva.

“Il lupo e il filosofo” racconta di Brenin, il lupo e di Mark Rowlands ovvero il filosofo e autore del libro.

Noi essere umani viviamo una vita condizionata o dagli altri o dai noi stessi. Viviamo senza cogliere il momento, aspettiamo subito quello dopo o pensiamo a quello già passato, ma difficilmente riusciamo a viverci il presente. Pensiamo agli scopi che dobbiamo raggiungere ed appena arrivati, lo sguardo è orientato ai traguardi che ancora ci aspettano; lavoriamo per tramandare ai nostri figli qualcosa, ma alla fine tutto quello che facciamo è sempre schiavo di qualcos'altro.

Chi può insegnarci qualcosa? La natura selvaggia e sicuramente a Rowlands undici anni di convivenza con un lupo.

“Mi piace pensare che i nostri cani risvegliano qualcosa nei recessi più profondi di una parte a lungo dimenticata della nostra anima, dove sopravvive un noi più antico, una parte di noi che esisteva prima che diventassimo scimmie. È il lupo che eravamo un tempo. È il lupo che sa che la felicità non può essere trovata nel calcolo.”

L’autore (ha impiegato quindici anni a scrivere questo testo) con una scrittura semplice, anche per i non avvezzi alla filosofia, e diretta, ci mostra quello che non vorremmo vedere. Ci fa riflettere sulla nostra vita e la paragona a quella di un lupo. Noi essere considerati superiori forse dovremmo guardarci intorno perché abbiano veramente molto da imparare da quello che ci circonda.

Lungo il suo racconto, il filosofo, non ci risparmia niente, affronta molte tematiche incluse la fratellanza e la morte. Credo che molti di noi abbiamo avuto un “Brenin” a cambiargli la vita, nel mio caso era un meticcio che ha vissuto con me 18 anni e che porto ancora nel cuore e che mi ha insegnato molto, soprattutto la gentilezza di fare qualcosa senza aspettarsi niente in cambio.

Lo consiglio, è profondo, a volte si perde in qualche digressione, ma è diretto e ti fa riflettere.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi autobiografici
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    29 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

I corridoi del Labirinto si intersecano

“Quoi? L’Éternité” è l’ultimo capitolo della trilogia “Le labyrinthe du monde” e come sempre, la Yourcenar non delude. L’unico dispiacere è che l’opera è rimasta incompiuta; l’autrice ci stava ancora lavorando nel 1987, quando la sua vita è giunta al capolinea.

Rispetto agli altri due, questo capitolo mi ha ancora più affascinata perché questa volta molti dei ricordi, vengono personalmente dalla Yourcenar. I suoi pensieri, le sue memorie colpiscono di più.

“A lungo ho creduto di avere pochi ricordi d’infanzia; intendo quelli anteriori al settimo anno. Ma mi sbagliavo: penso piuttosto di non aver dato l’occasione finora, ai ricordi, di risalire fino a me. Riesaminando i miei ultimi anni al Mont-Noir, alcuni almeno ritornano a poco a poco visibili, come fanno gli oggetti di una stanza dalle persiane chiuse nella quale non ci si avventura da molto tempo.”

“Quoi? L’Éternité” affronta l’infanzia e l’adolescenza della scrittrice, senza tralasciare amori, scandali e la prima guerra mondiale.

So di essere ripetitiva, ma di questa scrittrice adoro il suo stile, così naturale e apparentemente semplice, come se fosse nata per fare la scrittrice, perché quello che scrive sembra proprio non gli sia costato fatica. Una padronanza di linguaggio eccezionale, così ricco e ricercato ma mai petulante. Diretta, chiara ed ironica, come è sua consuetudine.

Inoltre ho scoperto, leggendo questo testo, che il primo giocattolo di cui “Marguerite” abbia avuto memoria, è stata una mucca che scuotendola faceva muuh, coincidenze o meno, è stato uno dei primi regali che mi ha fatto mio padre e che tuttora conservo, so di essere sentimentale ma questo mi ha avvicinato ancora di più a questa grande autrice.

Posso solo concludere con il consigliarla, non ne rimarrete delusi.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Care memorie e Archivi del Nord
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Arte e Spettacolo
 
Voto medio 
 
4.2
Stile 
 
4.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    29 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il potere dei libri e della lettura

“Un’opera ricca e per molti aspetti provocatoria dedicata a tutti coloro che sono ancora convinti che con i libri sia possibile cambiare il mondo.”

Il giornalista Andrew Taylor ha dedicato l’intera opera al potere della lettura e alla forza della parola scritta. Ha elencato quelli che per lui sono stati i 50 libri che hanno contribuito, più di altri, al cambiamento del mondo; contributo che ovviamente non sempre è stato positivo e non sempre è stato ben interpretato.

Ad ogni libro, Taylor dedica una scheda in cui ne racconta l’origine, il significato trasmesso e i cambiamenti che ha portato. Questo “viaggio” cronologico, è “partito” dall’Iliade di Omero (VIII secolo a.C.) fino alla Rowling con Harry Potter (1997).

La scelta dei testi è stata davvero accurata e particolare. Una scelta molto eterogenea, che ha coinvolto molte materia; troviamo i classici, testi sulla religione, sulla politica, sull’ecologia, sulla scienza, sulla medicina, sulla schiavitù ecc..

Il saggio è davvero molto interessante, come dicevo all’inizio la scelta dei testi è soggettiva e probabilmente ognuno di noi ne apporterebbe qualche modifica, ma la scelta di Taylor mi ha molto colpito ed ha colmato qualche mia lacuna.
Infatti ero molto soddisfatta quando trovavo la scheda di libri da me già letti, per altri ho preso un bell’appunto con scritto “da leggere prossimamente”.

È affascinante ma anche da una parte “preoccupante” leggere di come dei testi hanno cambiato la visione del mondo e ne hanno causato conseguenze che ancora oggi si ripercuotono sul mondo.

Lo consiglio, a chi come me crede nel potere della lettura, e a chi voglia leggere un po’ di STORIA della letteratura.

Buona lettura!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    27 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Difficile valutarlo

Premetto che è la prima volta che leggo un libro di Bisotti.

Dopo appena dieci pagine ho dovuto ricontrollare bene la copertina perché pensavo di apprestarmi a leggere un romanzo quando invece mi sono trovata a leggere pagine più psicologiche e filosofiche.

Ho pensato, forse ho sbagliato qualcosa, poi però ho letto, per togliermi ogni dubbio, la biografia dell’autore e oltre ad aver trovato che ha studiato Lettere, Bisotti è anche un appassionato di psicologia…

“Il quadro mai dipinto” è uno di quei libri in cui ti trovi davvero in difficoltà nel dargli una valutazione. Vi spiego le mie problematiche. Il messaggio che vuol trasmette l’autore è valido, nel senso che crede nell’amore e lo considera “l’unico vero motivo della nostra presenza su questo pianeta”, e crede nell’importanza di non arrendersi mai e di aver voglia di ricominciare.

Dove sorgono le mie difficoltà? Nello stile. Bisotti mi ha colpito con la trama, ma non con il suo modo di scriverla. Il narratore ed il discorso diretto non si amalgamano, resta lo stacca fra l’uno e l’altro, per me così netto da rendere la lettura meno piacevole. Inoltre crea dei dialoghi (va benissimo lo sfondo filosofico e psicologico ma lo avrei preferito più razionato) che difficilmente possono essere definiti tali, perché sembrano più dei monologhi (stiamo parlando anche di 30 righe) che nella vita reale difficilmente si riscontrano e possono più essere adeguate a riflessioni personali.

Per quanto riguarda la trama, la seconda metà del romanzo si legge molto bene e forse è preferibile alla prima.

Dopo avere letto altre recensioni su di lui, ho scoperto che c’è proprio una rottura totale nei suoi apprezzamenti; c’è chi lo considera un poeta e chi uno scrittore da cioccolatini; penso di essere una delle poche che si ritrova nel mezzo.

Dopo aver letto la recensione a voi la decisione se leggerlo o meno, spero solo di avervi preparato, cosa che io non ero.

Buona lettura!

Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    21 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Sei venuto a salvarci?

Zusak trasforma l’ordinario in qualcosa di particolare. Con il libro “Storia di una ladra di libri” ci ha raccontato la seconda guerra mondiale vista con gli occhi della morte; con “Io sono il messaggero” ci mostra come un messaggio possa cambiarti la vita.

Ed è un ragazzo che sopravvive; guida il suo taxi (anche se non avrebbe l’età per farlo), vive in una città che non gli piace insieme al Portinaio (il suo meraviglioso cane), ed è innamorato di una ragazza che lo considera il suo migliore amico, insomma una vita non molto soddisfacente.

Poi arriva il giorno in cui si ritrova in mano una carta e diventa il messaggero e la sua vita viene stravolta.

Il libro si legge bene, è scorrevole, un po’ infantile ma il messaggio che lascia non è banale. Il romanzo è originale ma non del tutto, molte cose mi hanno ricordato una serie televisiva che guardavo da piccola.

Alla fine di questo libro mi sono posta delle domande sullo stile di questo scrittore. Il protagonista è un adolescente (l’autore invece ha una quarantina d’anni) ed il testo è scritto con uno stile adolescenziale, condito da parolacce, modi di fare da ragazzi ecc.. Tutto sembra corretto, ma anche nell'altro libro, che ho letto di lui (Storia di una ladra di libri), lo stile era molto semplice (la morte racconta della vita di una bambina).

Quindi, l’autore vuole scrivere seguendo volta volta “l’età” dei suoi protagonisti..oppure è anche in grado di scrivere qualcosa diversamente? Dopo queste due letture, che come dicevo sono state piacevoli, (anche se il primo è di un altro livello) vorrei leggere qualcosa di uno Zusak più “maturo”. L’unico modo per farlo è aspettare di leggere altro di lui e scoprire se sa scrivere anche con il “suo” stile.

Lo consiglio!

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Storia di una ladra di libri
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Storia e biografie
 
Voto medio 
 
4.2
Stile 
 
4.0
Contenuti 
 
4.0
Approfondimento 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    16 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La regina nubile

“Conosco la verità, signora” le disse. “non avete bisogno di confessarmela. Vostra maestà pensa che, se foste sposata, sareste solo la regina d’Inghilterra, mentre ora siete re e regina. So che il Vostro spirito non può tollerare comandanti.”

Carolly Erickson, docente di storia medievale, rinuncia all'insegnamento per dedicarsi alla ricerca; questa scelta l’ha portata a scrivere diverse biografie sulle grandi regine della storia.

Tra queste ovviamente non poteva mancare quella di “Elisabetta I”, donna che durante i miei studi scolastici mi ha sempre affascinato.

La Erickson ci racconta qualcosa che va oltre la storia, ci racconta un po’ di più di questa, da molti definita, “donna strana”. Ci racconta dei suoi umori, delle sue decisioni non sempre semplici, della difficoltà di fare accettare, in quel periodo, che al comando ci fosse una donna; delle delusioni che in settant'anni una vita può darti, senza però dimenticarne le gioie. Una donna colta, vanitosa e irascibile e soprattutto indimenticabile.

La biografia è arricchita anche da citazioni molto d’impatto che rendono la narrazione più piacevole; ovviamente sono frasi tratte da fonti coeve di cui la scrittrice in fondo al volume ci lascia i titoli.

Molti l’hanno definita la “Regina vergine”, direi che “Regina nubile” forse è più corretto.

Solo un piccolo appunto, l'autrice ci racconta la storia senza però dedicare molta attenzione a quello che c'è intorno; siamo in un periodo dal punto di vista artistico importante, ma la Erickson gli dedica pochissima attenzione.

Vi lascio con questa frase; ricordandovi che i suoi genitori erano Enrico VIII e Anna Bolena:

“Siamo debitori più verso le persone che ci allevano che verso i nostri genitori; questi non sono che la causa naturale della nostra venuta al mondo, mentre i primi sono coloro che ci fanno vivere bene in esso.”


Lo consiglio.


Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Un grande esordio

"Il miniaturista" è un bellissimo romanzo ambientato in Olanda alla fine del XVII secolo.

Protagonista è la diciottenne Nella che si trasferisce dalla campagna in città per iniziare la sua nuova vita matrimoniale con il ricco mercante Brandt. Tutto sembra così eccitante ma quello che l'aspetta ad Amsterdam non è proprio il sogno che si era immaginata.

La sua vita diventa come sospesa finché il marito non le regala una piccola miniatura della sua casa; da lì, dopo "l'incontro" con il miniaturista, la sua vita non sarà più la stessa.

"Pensavi di essere una scatola chiusa in una scatola Nella. Ma il miniaturista ti vede, ci vede."

Un romanzo imprevedibile, in cui anticipare le mosse della scrittrice diventa praticamente impossibile; retroscena, scandali, tradimenti, rancori e solidarietà fanno da sfondo ad un'Amsterdam che non ti aspetti.

Travolgente fino all'ultima pagina, la giovane Burton inizio la sua carriera con il botto. Uno stile fluido, coinvolgente e intrigante, che lascia il lettore, almeno nel mio caso, incollato al libro.

Lo consiglio vivamente.

Buona lettura!!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
L'ombra del vento
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    07 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il pescatore di sirene

Vi è mai capitato di assaggiare qualcosa che subito vi ha colpito e di cercare di capirne il sapore ma in pochi istanti tutto è finito, svanito e voi rimanete lì a domandarvi ma cosa è stato, ce ne è ancora?

Questo capita ad un inventore parigino che dopo aver “assaporato” il bacio più breve della storia, la donna che gli ha fatto provare queste forti emozioni si è volatilizzata, scomparsa..

Non si ricorda niente di lei, tutto è accaduto in un attimo, l’unica cosa di cui è sicuro è che deve ritrovarla; per farlo dovrà capire che sapore ha “il bacio più breve della storia”.

Malzieu (autore di questo libro e di “La meccanica del cuore”) è il cantante francese del gruppo rock “Dionysos” e nel suo stile si ritrova un “tocco” di questa categoria.

Questo libro si legge in un soffio (106 pagine) ma è intenso e surreale. Lo stile di questo autore per alcuni tratti mi ha ricordato qualcosa di Baricco.

Per leggerlo ci vuole la mente aperta e pronta anche al non reale. È stata una piacevole lettura, però alla fine mi ha lasciato molto poco.

Comunque leggerlo mi ha fatto piacere, sul consigliarlo ho qualche “pensiero in più”.

Vi lascio con questa frase:

“Mi sembra di correre dietro ad un’eterna estate senza notare il sole che sorgeva davanti alla mia porta”.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    04 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Più film che libro

Fausto Brizzi è regista, sceneggiatore e produttore cinematografico e da poco "improvvisato" scrittore; questo è il suo secondo romanzo.

Ho iniziato con questa premessa perché arrivata alla fine del libro, più che aver letto un buon libro, mi sembrava di aver letto il copione "o quasi" di una commedia all'italiana.

Brizzi con "Se mi vuoi bene" affronta una delle malattie più diffuse in Italia e non solo: la depressione.
Una malattia spesso sottovaluta da chi ti sta intorno, ma che nel depresso è devastante.

Questo, appunto, è quello che succede al protagonista, Diego Anastasi, avvocato di quarantasei anni, divorziato e soprattutto depresso.
Non voglio aggiungere altro sulla trama perché il romanzo è molto banale e prevedibile.

Per quanto riguarda il contenuto, come accennavo prima, l'argomento trattato è moto importante e delicato, ma la scelta dello scrittore mi ha lasciata un pò perplessa.
Capisco l'ironia e la leggerezza, lo sdrammatizzare, ma qui si esagera; troppa superficialità, non si analizzano fino in fondo gli stati d'animo dei personaggi e si passa da un argomento ad un altro voltando pagina.

Posso concludere con: Fausto Brizzi non è ancora riuscito bene a distinguere un libro da un film; avevo già letto di qualche perplessità sul suo primo libro che non ho letto e che dopo questo al momento non prendo in considerazione.

Al buon lettore serve di più, non solo perché è esigente, ma perché è consapevole.

Lo consiglio a chi cerca una lettura leggera, prevedibile e non impegnativa.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    02 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il labirinto del mondo: secondo capitolo

"Archivi del Nord" è il secondo capitolo della trilogia "Il labirinto del mondo". Nel primo libro "Care memorie", la grande scrittrice ripercorre le sue origini materne, mentre in questo volume la fanno da padrone, invece, le origini paterne.

Partendo dai primi antenati, pagina dopo pagina, la Yourcenar (pseudonimo di Marguerite Cleenewerck de Crayencou) ci porta fino ai giorni suoi; Marguerite ci racconta in maniera magistrale tutte le curiosità sui suoi avi e su quello che può aver appreso da loro.

Una dello cose che ammiro di più dello stile di questa scrittrice è che leggendo le sue parole ti rendi conto che scrive in un modo delizioso e che a lei non costa proprio niente perché sembra proprio che gli venga tutto con una facilità impressionante. Inoltre scrive con un'ironia davvero accattivante che ti fa sorridere e riflettere.

Rispetto al primo libro, questo parte un pò più lento ma dopo poche pagine ne rimani coinvolto. La Yourcenar ci ha spiegato anche il perché di questa ricerca delle origini:

"Si tratta di restituire la parola a milioni di esseri che di generazione in generazione si moltiplicano (due genitori, quattro nonni, otto bisnonni, sedici trisavoli, trentadue quadrisavoli), all'immensa folla anonima di cui siamo fatti".

Per chi non la conoscesse, la consiglio davvero, non ne rimarrete delusi. A breve inizierò il terzo capitolo "Quoi? L'Eternité".

Vi lascio con una frase:

"Più invecchio anch'io, più mi accorgo che l'infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono, ma sono i due stati più profondi che ci è dato vivere. In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita...Gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nel ballo mascherato oppure ne è già uscito. E tutto l'intervallo sembra un vano tumulto, un'agitazione a vuoto, un inutile caos per il quale ci si chiede perché si è dovuto passare".

Lo consiglio!

Buona lettura!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Care memorie
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi autobiografici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    26 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Chi è Malala?

Il Premio Nobel per la Pace del 2014 è stato assegnato a Malala Yousafzai, che diventa così la più giovane in assoluto ad averlo ricevuto.

La domanda a quel punto mi è sorta spontanea, ma chi è Malala? Cosa ha fatto per meritarselo?
Le risposte le ho trovate dopo aver letto "Io sono Malala".

Con uno stile adolescenziale, la corrispondente di guerra e giornalista Christina Lamb ci racconta la storia di questa giovane ragazzina nata nello Swat e di come la sua vita sia cambiata dopo l'attentato ad opera dei talebani.

Questo libro mi ha fatto molto riflettere; pensare a questa ragazzina che si è battuta fin da giovanissima per l'istruzione, soprattutto quella femminile e che non si è fermata davanti a niente, in un ambiente così ostile al genere femminile. Tutto questo non può passare inosservato.

Malala ci racconta di come sia innamorata del suo paese ma anche delle ingiustizie che costantemente la popolazione subisce. Della sua voce fuori dal coro, una voce che non si è fermata neanche dopo e che tuttora continua a "cantare" e combattere per il diritto all'istruzione.

Malala mi ha fatto conoscere molte delle tradizioni e della cultura del suo Pakistan; di come l'amore per la patria sia radicato in questo popolo ma anche di come spesso si possa usare la religione come arma, che su un popolo analfabeta può far molto più presa rispetto ad uno istruito.

Credo anche di aver capito cosa ha reso Malala la persona che è diventata: la sua famiglia. Ha avuto la fortuna di avere un padre che l'ha sempre lasciata libera di pensare e una madre che l'ha incoraggiata continuamente; probabilmente con altri genitori così, il mondo sarebbe pieno di "Malale".

"A tutte le ragazze che hanno affrontato l'ingiustizia e sono state zittite. Insieme saremo ascoltate".

E' un libro che consiglio, non certo per lo stile, molto semplice ma diretto, ma per quello che racconta e per come arriva.

Buona lettura!


Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Racconti di viaggio
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    24 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La signora dei cammelli

Nella vita di ognuno di noi può arrivare quel momento in cui abbiamo bisogno di fare qualcosa per noi stessi. A Robyn Davidson (autrice del libro) è successo negli anni settanta quando molto giovane ha deciso di fare qualcosa di veramente unico: attraversare il bush australiano e arrivare all'Oceano Indiano.

Per rendere il suo sogno reale, la giovane australiana si trasferisce ad Alice Springs con l'intenzione di imparare tutto il necessario per affrontare questo viaggio. In primis, si ritrova a dover familiarizzare e imparare il più possibile sui cammelli, animali davvero molto complicati e affascinanti con cui la Davidson prima di allora non aveva mai avuto a che fare.

Quando "l'apprendistato al viaggio" (di cui si occupa la prima parte del libro) è terminato, ovviamente non senza molte difficoltà, la Davidson parte grazie anche ai finanziamenti ottenuto dalla rivista "National Geographic".

1700 miglia (2700 km) da Alice Springs fino a Hamelin Pool, fatti a piedi, con la compagnia di 4 cammelli, un cane e tanta forza di volontà. Lungo il viaggio, durato molti mesi, l'avventuriera farà molte conoscenze e soprattutto per alcune tratte verrà affiancata dal fotografo Rick Smolan (che stava effettuando il reportage del viaggio) e da alcuni simpatici aborigeni.

Ma solo nella solitudine la Davidson riuscirà a trovare quello per cui è partita:
"depurare il cervello di tutti i detriti estranei che lo avevano otturato, non avere la protezione di nessuno, spogliarsi di tutte le sovrastrutture imposte dalla società."

Quello che non si poteva aspettare è il riscontro mediatico della sua iniziativa, tanto da costringerla durante il percorso a nascondersi dai turisti. La cosa la sorprende molto e la descriverà così:
"Sembra che la combinazione di una serie di elementi - donna, deserto, cammelli, solitudine - avesse colpito l'immaginazione di questa era senza passioni e senza cuore; e avesse acceso la fantasia delle persone che si vedono alienate; prive di potere, incapaci di fare qualcosa in un mondo ormai impazzito.""

Con un'abile scrittura, la protagonista ci racconta in prima persona il viaggio. Disperazione, paura del fallimento, follia, solitudine, gioia, amore per i suoi animali e gratitudine si susseguono, pagina dopo pagina.

Ci mostra anche uno spaccato della società australiana degli anni settanta in cui il rapporto bianchi/aborigeni e territorio/turismo ci fa riflettere molto.

Solitamente da un racconto di viaggio ti aspetti delle descrizioni, se non spettacolari almeno allettanti; in "Orme" (Tracks), la Davidson ci racconta molto poco e ci dobbiamo "accontentare" delle emozioni che questi panorami suscitano in lei. Per fortuna il reportage fatto dal fotografo (su internet se ne possono trovare alcuni scatti) ci permette di seguire ancora di più le sue "orme" ; inoltre nel 2014 in Italia ne è uscito anche il film.

Lo consiglio.

Buona lettura!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    15 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Difficile da giudicare...

"Il cecchino paziente" è un libro per me un pò difficile da recensire perché durante la lettura ho avuto emozioni contrastanti.

Se dovessi giudicarlo in base al genere (giallo, thriller) il voto sarebbe davvero molto basso. Questo romanzo non ti lascia con il fiato sospeso, niente suspense o adrenalina, niente di niente.

L'inizio è anche accattivante ma poi il romanzo si perde un pò.

Dove nasce la mia difficoltà? Nell'argomento. Chi ha letto altre mie recensioni, sa che sono un'appassionata di arte, specialmente di quella moderna e contemporanea.
L'intero libro è una dedica al mondo del writing (graffitismo) e della street art.

Per chi non conoscesse questo mondo, alcuni artisti sono diventati un pò commerciali, ma i veri artisti di strada vivono al di fuori della legge: "Se è legale, non è writing".

Questo argomento è trattato in maniera eccelsa e abbastanza reale.

Lex, giovane cercatrice di talenti è sulle tracce di Sniper, l'artista che si firma con il nome appunto di cecchino. Di lui non si sa niente, ne la sua identità ne dove vive. Non è l'unica però a cercarlo; Sniper ha una bella taglia sulla testa perché a causa sua diversi giovani artisti di strada sono morti per seguire le orme del leggendario cecchino. Da qui la lunga caccia.. diventata appunto lunga a causa dell'omertà che vige nel codice degli artisti di strada.

Arrivando alle conclusioni: per chi cerca un buon giallo da leggere con azione e colpi di scena può tranquillamente evitare questo libro; per chi invece come me è appassionato di arte, non ne rimarrà deluso.

Posso solo fare un appunto ovvero che l'autore poteva impegnarsi un pò di più per renderlo un buon giallo visto che l'argomento si prestava così bene a quel genere.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il Ken Follett spagnolo

La I guerra mondiale sta devastando l'Europa, ormai quasi tutti i paesi si sono schierati o da una parte o dall'altra, ma re Alfonso XIII ha preso la sua decisione, la sua Spagna resterà neutrale.

La guerra prosegue il suo corso e la Spagna il suo, finché personalmente al re spagnolo arriva la richiesta di una bambina francese che gli chiede di aiutarla ad avere notizie del fratello fatto prigioniero dai tedeschi. Quella richiesta così inaspettata colpirà molto il re.

Dopo quella richiesta, infatti, Alfonso XIII capisce che non può più restare a guardare ma che deve intervenire; il suo sarà soprattutto un intervento diplomatico. Dopo aver accettato di aiutare la bambina francese, il palazzo verrà sommerso da richieste provenienti da tutta Europa.

Il re creerà (realmente esistito) un ufficio prigionieri con l'intento di aiutare le famiglie ad avere notizie dei propri cari. L'ufficio non farà distinzioni fra le richieste, tutte avranno risposta, sia che sia un francese, sia che sia un tedesco o un russo...

Fra i collaboratori del re spiccano diversi personaggi fra cui la marchesina Blanca, l'anarchico Manuel, l'amico fidato Alvaro Giner e il giornalista Gonzalo.

Lo stile è molto simile a quello di Ken Follett. Diaz ci racconta la storia ma ce la "condisce" anche con intrighi, amori e ingiustizie.

Una sola anomalia rispetto a Follett; l'inglese ha l'abitudine di far partire i suoi personaggi dai luoghi d'origine e poi successivamente li fa incontrare ed interagire fra loro in contesti e modi diversi.
Lo spagnolo Diaz, invece, fa la cosa al contrario. Fa partire tutti i suoi protagonisti dalla Spagna (dove si trovano sia un francese che un tedesco) per poi dirottarli verso le loro terre d'origine.

"La collezionista di lettere" è stata proprio una piacevole sorpresa. Diaz ci racconta il conflitto, ce ne descrive le atrocità ma con delicatezza, senza andare fino in fondo.

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
La caduta dei giganti
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    10 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La gioventù scritta da una giovane scrittrice

Ho letto molti romanzi sui giovani, ma questo mi ha particolarmente colpito perché è diretto, chiaro e vissuto.

Alice Ranucci sa cosa sta scrivendo e di cosa sta parlando perché in primis è lei una "giovane", infatti ha solo diciassette anni.

Con la sua scrittura, la Ranucci, ci catapulta in una realtà che per molti è lontana e difficile da giustificare, perché così distante da noi e dai nostri tempi.

Claudia, la sua protagonista, è una ragazzina romana di sedici anni che ci racconta il suo percorso, di come gli eventi possono modificare la vita e che in fondo al tunnel può esserci la luce per tutti.

Ci racconta delle abitudini dei ragazzi, di come pur vivendo in "branco", rimangono sostanzialmente soli. Di come sia difficile farsi accettare e di come l'omologazione venga vista come una virtù e non come una dimostrazione di poca personalità.

Il ruolo dei genitori è sempre più arduo; da un giorno ad un altro si ritrovano a guardare il proprio figlio e a non riconoscerlo più.

E' un libro che consiglio, spesso con il mio lavoro mi ritrovo a contatto con i giovani e questo libro mi ha aiutato a comprendere un pò di più le loro dinamiche e alcuni dettagli che mi erano sfuggiti.

Un romanzo breve (169 pagine) ma intenso; in queste pagine l'autrice ci parla della sua generazione in maniera chiara, diretta e senza "peli sulla lingua".

Può essere un ottimo libro sia per i più giovani, ma anche per i loro genitori. Può aiutare molto.

Vi lascio con una bellissima frase:

"Ero un merluzzo morto di fame che si imbatte in una briciola di pane in mezzo al mare. Si sente fortunato, quel merluzzo. Mica si chiede se in mezzo a quello strato soffice nel quale ora sprofonda i denti potrebbe essere nascosto qualche amo, e perché mai dovrebbe, che ne sa."

Buona lettura!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Attuale

La prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è stata la copertina. Visto il titolo pensavo di trovarmi a leggere un libro di letteratura rosa, invece in "La libreria degli amori inattesi", c'è qualcosa di più profondo.

Questo romanzo affronta tematiche legate al mondo femminile. Si parla di famiglie allargate, in cui è difficile districarsi, del ruolo di "matrigna" non sempre facile da gestire. Di donne che si vogliono concedere una seconda possibilità e di adolescenti con i loro problemi e le difficoltà della vita quotidiana.

Dimenticavo la parte più importante..i libri e gli animali, in particolare i cani che in questo romanzo hanno proprio un ruolo di rilievo.

Una lettura piacevole, con tematiche delicate e attuali. Personaggi con caratteri e vite molto diverse, si ritroveranno a dover interagire fra loro.

La vita in alcuni casi ci mette a dura prova, ma grazie all'amicizia e alle persone care si può andare avanti e superare ogni ostacolo.

Una frase interessante:

"A volte le brave persone fanno cose terribili perché non vogliono commettere un'unica cattiveria. Questo non le trasforma in persone malvagie in eterno."

Lo consiglio, in particolare al pubblico femminile.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    25 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Tradizioni dure a morire

"Mi ordinate di piantare l'aglio e io obbedisco.
Perché allora poi non me lo comprate?"

Lo scrittore Mo Yan prende l'ispirazione per questo romanzo da fatti politici realmente accaduti e pubblicato in Cina durante gli stessi anni.

"Le canzoni dell'aglio" vengono cantate dal vecchio cieco Zhang Kou e ci accompagnano per tutto il racconto ed esprimono in musica e parole quello che altri non hanno il coraggio di dire.

Ci troviamo in Cina, fine anni '80, durante il periodo delle nuove riforme, quando però le vecchie tradizioni ancora restano. Il popolo che si affida al partito "in tutto e per tutto", si sente tradito.

Siamo in quella fase di precario equilibrio, in cui i giovani hanno lo sguardo rivolto al futuro (ed alle nuove leggi) ed i loro genitori e gli anziani sono ancora aggrappati al passato (e alle loro tradizioni).

Questo romanzo è duro e spietato. Narra di una realtà relativamente recente (e che purtroppo in alcune aree ancora permane) che fa riflettere molto.

Si racconta di ingiustizie, di matrimoni combinati, della libertà che non si può assaporare, della fame e delle rinunce e della speranza che va sempre più ad affievolirsi.

All'interno del romanzo passato e presente si alternano e non sempre è facile distinguerli.

Non è un romanzo piacevole visto l'argomento di cui tratta, ma lo consiglio comunque perché ci può far aprire gli occhi e ricordarci quanto siamo fortunati.

Vi lascio con due frasi che possono rendere l'idea delle vecchie tradizioni e che si commentano da sole:

"-Dottoressa cos'è?
-Una femmina - mormorò il medico.
Sentendo che era una femmina, l'uomo vacillò e cadde all'indietro sbattendo la nuca contro una tegola che emise un crack, come se si fosse rotta.
-Che ti prende? - esclamò il medico. - I tempi sono cambiati, le donne sono pari agli uomini! Senza le donne voi non ci sareste! O credete di essere piovuti dal cielo?
Lentamente l'uomo si mise seduto, restò inebetito per un pò e poi scoppiò a piangere come una donna:
-Zhou Jinhua, Zhou Jinhua, sei una buona a nulla, mi vuoi morto... - ripeteva."

"- Dove sono andate le donne? In città? I maschi di città però non vogliono le ragazze di campagna. E' strano. Quando si alleva una mucca o un cavallo ci si augura che figlino, e se alzando la coda scopriamo che sono femmine siamo tutti contenti, mentre ci rattristiamo se sono maschi. Per gli uomini invece è tutto il contrario, siamo felici se nasce maschio e infelici se nasce femmina, dopo però se uno non trova moglie si dispera."

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    23 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Alcune cose non le lascio passare...

"La lista di Lisette" ci racconta di come una parisienne abbia lasciato parte del suo cuore a Roussillon in Provenza.

Sullo sfondo della seconda guerra mondiale, Susan Vreeland ci racconta la storia di chi resta, di chi è sempre in attesa e aspetta, aspetta...

Lisette è una giovane donna di città che per amore del marito, si trasferisce in un piccolo villaggio della Provenza per accudire il nonno Pascal.

Pascal è un uomo con una grande passione, comune a quella di Lisette, l'arte. Prima della sua dipartita, lascerà in dono alla giovane parisienne sette capolavori.

Una donna, una missione: preservare i quadri, salvaguardarli dalla guerra ed amarli.

L'autrice ci racconta in maniera molto accurata, le difficoltà di una donna che si ritrova a vivere la guerra da sola, con le privazioni che questa comporta e la difficoltà di integrarsi in una realtà molto differente dalla propria.
Una Provenza che si presenta con i suoi indimenticabili colori, stagioni e profumi. Piccoli villaggi in cui una mano aiuta l'altra.

Ora tocchiamo la nota dolente. Il racconto è di pura fantasia anche se cronologicamente attendibile e ben documentato. Nel romanzo si parla molto di arte e gran parte della storia ruota attorno a questi sette dipinti.
Durante la lettura sono andata volta volta a cercarli e cosa scopro? Che ben due dei dipinti rammentati sono di pura fantasia dell'autrice (da qui il motivo per cui non riuscivo a trovarli). Ora posso capire tutto, ma da appassionata di arte questa cosa, proprio non la "digerisco".

Rimane comunque una buona lettura, piacevole e scorrevole.
Noi donne tendiamo a creare la nostra lista e poi con gioia ne depenniamo gli obiettivi ottenuti.

La copertina del libro rappresenta il dipinto di Marc Chagall "La passeggiata".

Una bella frase:

"Non tirarti indietro. Permetti a te stessa di amare. Una nota non fa una canzone, diventa musica quando si unisce ad altre note."

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
230
Segnala questa recensione ad un moderatore
Poesia straniera
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    19 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Profondamente colpita

Un Pablo Neruda ventenne ci dona nel 1924 una raccolta di poesie che parlano dell'amore.

Non un amore qualsiasi, un amore tormentato, malinconico e straziante.

Non sono una grande appassionata di poesia, ho iniziato a leggere questa piccola raccolta e ne sono stata subito travolta. Verso dopo verso Neruda ha toccato una parte di me che non mi aspettavo.

La raccolta oltre alle venti poesie d'amore, raccoglie anche una canzone disperata. Le poesia sono presenti anche nella versione originale.

Per apprezzarle fino in fondo, le ho lette ad alta voce ed è una cosa che consiglio a chiunque pensi di leggerle.

Vi lascio qualche verso preso qua e la:

"Perché tu mi oda
le mie parole
a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge"

"Sono il disperato, la parola senza eco,
colui che tutto perse, e colui che tutto ebbe"

"Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi."

"Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini."

Lo consiglio a tutti, anche a chi non apprezza molto la poesia.

Buona lettura!!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
260
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    17 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il passato non si dimentica facilmente...

La notte può essere corta quando ci si diverte, lunga quando si soffre di insonnia, dolce se passata con la persona del cuore, ma per un agente della stradale, le notti non sono mai facili.

"Pensò alle notti di Reykjavik, così stranamente buie e freddi. Giorno dopo giorno, lui e i suoi colleghi giravano per città con quel poderoso cellulare e vedevano ciò che nessun altro poteva vedere: coloro che la notte provocava e tentava, e coloro che la notte straziava e spaventava."

L'agente semplice della stradale Erlendur mi mostra un volto diverso e inaspettato della capitale islandese. Ho sempre pensato a Reykjavik come ad una città mistica e remota; qui invece la trovo sotto una luce nuova.

Furti, risse, incidenti e violenze domestiche sono all'ordine del giorno, anzi della notte.

Il ventisettenne Erlendur, con un passato ingombrante alle spalle, si ritrova coinvolto nel caso di un senzatetto, morto annegato un anno prima, di cui la polizia, a suo tempo, non si è occupata più di tanto, facendo passare l'accaduto come suicidio visto che il barbone era ubriaco.

Alla ricerca di un gesto caritatevole o di una espiazione o forse per dare pace ai familiari della vittima e anche ai suoi fantasmi, Erlendur si ritrova ad indagare in veste non ufficiale. Presto un semplice suicidio diventerà qualcosa di più grande.

E' il primo romanzo che leggo dell'autore; Indridason ci fa conoscere il suo protagonista con il contagocce, un pò alla volta.

La trama e la lettura sono piacevoli, solo che mi sono sentita per tutto il romanzo come sospesa, una semplice spettatrice, non mi sono mai sentita veramente coinvolta, sono rimasta in superficie. Insomma, non sono stata catapultata a Reykjavik; ho apprezzato la sua scrittura, ma non ne sono rimasta incantata e poi mi ha lasciato un'immagine della città che non mi aspettavo.

Leggerò altro di lui, anche per dargli un'altra possibilità visto che è considerato uno dei migliori scrittori di gialli nordici.

Vi lascio con questa frase:

"La gente andava e veniva senza curarsi troppo del passato, costruendosi una nuova esistenza, un nuovo futuro. Era il ciclo naturale della vita, il tempo non aspettava nessuno."

Lo consiglio comunque.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
I gialli nordici
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    12 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Ogni dieci anni, un nuovo romanzo

Donna Tartt è una scrittrice che quando si mette a scrivere, lo fa sul serio, visto che per ogni romanzo gli occorre un decennio.
Non lascia niente al caso ed ogni suo pensiero diventa parola.

Il suo stile mi affascina, ma mi lascia anche perplessa; è veramente tutto necessario quello che scrive? Arrivati alla fine mi sono risposta che probabilmente se avesse tolto anche qualcosina, il risultato non sarebbe stato lo stesso.

"Dio di illusioni" è il titolo italiano, mentre quello originale è "The secret history"; per una volta preferisco il nostro, molto più accattivante e rappresentativo.

Il romanzo racconta le vicende che sono accadute in un college esclusivo americano, nel Vermont; di sei ragazzi, gli unici iscritti al corso di greco e di quello che le illusioni, il poco buonsenso e l'irrealtà della vita, possono trasformare qualcosa di "perfetto" in tragedia.

Donna Tartt gioca molto con l'equilibrio, e di come una scelta possa far pendere l'ago della bilancia dalla parte sbagliata.

Il protagonista è anche il narratore, che racconta la storia con descrizioni e dettagli davvero minuziosi, lasciando ben poco all'immaginazione e alla fantasia.
I personaggi sono descritti così bene da risultare quasi tangibili, reali.

Leggendo la biografia della scrittrice ho trovato che anche lei ha frequentato il college; ora la domanda mi sorge spontanea: "Le sue descrizioni sono dettate dall'esperienza personale o da altre cose?"
Perché me la sono posta? Semplice, perché per quasi 3/4 del romanzo, i personaggi o sono ubriachi, o sono sotto effetto di farmaci o altro...Non proprio una bella immagine dei college e dei loro frequentatori.

E' un romanzo che non si può definire né giallo, né thriller. Non si legge velocemente (oltre 600 pagine), non tanto per la quantità delle pagine, ma per lo stile dell'autrice.

Ti ritrovi a voltare pagina, non tanto perché non ne puoi fare a meno, ma perché devi continuare, è un'attrazione particolare.
Non crea dipendenza, ma mi sento di consigliarlo comunque.

Vi lascio con questa frase:

"In passato avevo amato quell'idea, che la nostra azione, cioè, fosse servita a unirci: non eravamo amici normali, bensì amici per la vita e la morte. Tale pensiero aveva rappresentato il mio solo conforto nel periodo successivo all'assassinio di Bunny: ora mi dava la nausea il sapere che non c'era via d'uscita. Ero legato a loro, a tutti loro, in modo definitivo."

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
290
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    06 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Quando la sofferenza unisce

La prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è il fatto che è stato scritto a quattro mani, da marito e moglie, i coniugi Anastasios. In alcune parti infatti prevale una parte più prettamente femminile, in altre maschile.

Joshua Connor è un rabdomante, un vero dono per chi come lui vive nelle terre aride dell'Australia. Joshua è capace di trovare l'acqua anche a grandi profondità, ma non è stato ancora capace di trovare e riportare a casa i resti dei tre figli, partiti per la prima guerra mondiale e mai più tornati.

Quando ormai niente lo lega più alla sua terra di origine, decide di imbarcarsi ed iniziare un lungo viaggio, quello che avrebbe dovuto fare molti anni prima, con destinazione Gallipoli in Turchia. Terra inospitale per chi, come il suo popolo, è entrato li come invasore.

Devo ammettere la mia ignoranza (ora colmata) sulla guerra fra australiani e turchi. Il libro all'inizio poi non aiuta molto, quindi ho fatto delle ricerche parallele per comprendere meglio la trama e capire cosa è successo dopo la guerra.

Sono sempre stata affascinata dalla Turchia, una nazione in cui oriente ed occidente si scontrano e si incontrano.

Costantinopoli (oggi Istanbul) è una città da scoprire ed i due autori la rendono ancora più accattivante raccontandone aneddoti, tradizioni e stile di vita; tutto è stato possibile grazie all'aiuto di persone del posto di cui gli autori hanno richiesto la collaborazione
Non ci risparmiano neanche la crudeltà della guerra e le sue conseguenze.

I personaggi non sono molti; mi hanno particolarmente colpito il maggiore turco Hasan detto "l'assassino" e la bellissima Ayshe, donna con il polso di ferro.

Connor si troverà davanti un muro, ma grazie alla sua onestà, alla sofferenza e alla tenacia con cui persevererà il suo scopo, si farà degli amici davvero inaspettati.

Un libro che ho davvero apprezzato, intenso, riflessivo, ingiusto ma reale. Davvero imperdibile. Unica pecca è lo stile dei due, che a volte appesantisce un pò.

Vi lascio con due frasi che rappresentano qualcosa della cultura turca:

"Il capitano Charles Brindley è appoggiato allo schienale della sua sedia e contempla la decorazione che orna il soffitto. Ha scoperto che gli artigiani musulmani lasciano sempre un difetto in ciò che realizzano, perché soltanto Allah è perfetto: da allora cerca con attenzione la pennellata sbagliata o la pietra fuori posto nella sua cupola sopra la sua testa. Sono passati tre mesi, e non l'ha ancora trovata."

"C'è un proverbio persiano che recita: "Possa tu sopravvivere ai tuoi figli". Sembra una benedizione, invece è la peggior maledizione che si possa lanciare contro qualcuno. Non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico."

Lo consiglio.

Buona lettura!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
240
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    06 Febbraio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Illusioni d'amore

Può una donna sopravvivere all'amare di un uomo che nel frattempo inneggia l'amore per un'altra?
Possono gli affetti essere più importanti dei legami di sangue?
Può un uomo dichiarare amore infinito ad una donna e poi cadere nella "rete" di un'altra?
Può una donna essere felice pur scegliendo un uomo stolto, ignorante ma ricco?
Può la felicità di una donna essere ostacolata da se stessa per raggiungere una situazione economica migliore?
Può un uomo sensato e coerente innamorarsi e non riuscire a vedere nell'oggetto del desiderio i difetti?
Può la vanità di un uomo distruggere la sua felicità?

Queste è molte altre sono le risposte che troverete in Mansfield Park.

Jane Austen è una delle mie scrittrici preferite, come in ogni suo romanzo che si rispetti, riesce a trasformare degli eventi a prima vista ordinari in qualcosa di straordinario e viceversa.

Rispetto agli altri devo dire che forse la scrittrice ha "allungato un pò il brodo", per poi, come è nel suo stile, far finire tutto in pochissime pagine, dove gli eventi da quanto sono imprevisti e rilevanti arrivano addirittura ad accavallarsi.

I personaggi sono molti, ma facilmente identificabili. Nella trama compaiano sia personalità della borghesia che famiglie meno abbienti. Si va da parchi immensi e residenze da sogno a piccole case popolari. Si va dall'eccesso alla modestia.

Questo romanzo mi ha fatto riflettere, mi ha trasportato nel passato e mi ha fatto arrabbiare.

Per quanto riguarda la mia ultima emozione, la posso legare soprattutto ad un personaggio. Questa volta la Austen ci è andata pesante nel rappresentare l'umanità creando la "Zia Norris"; donna che nasconde la cattiveria pura con del finto buonismo; la cosa più sorprendendo è che lei crede veramente di essere nel giusto.

Per gli appassionati della Austen e non solo, consiglio questo romanzo. Non è a livello di Orgoglio e pregiudizio o di Persuasione, ma ne vale comunque la pena.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Gli altri della Austen
Trovi utile questa opinione? 
240
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    26 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Sono i luoghi che ti cercano e ti trovano

Carmine Abate vive in Trentino ma è calabrese al 100%.

"Il bacio del pane" è ambientato appunto in Calabria, a Spillace uno di quei paesini che definirei quasi "fantasma", nel senso che d'estate sono vivi e rumorosi (tutte le persone che sono emigrate al nord, ma che al sud hanno ancora i parenti, nel periodo estivo tornano alle proprie origini per riunire la famiglia) e per il resto dell'anno sono un pò spenti, rimangono solo i locali che sono sempre meno e vivono nel ricordo dell'estate passata e nell'attesa della prossima.

I protagonisti di questo romanzo sono due giovani, Francesco (di Spillace al 100%) e Marta (compaesana che vive a Firenze e torna per le vacanze). Fra i primi innamoramenti ed incomprensioni, i due si avvicinano di più quando entrambi devono mantenere il medesimo segreto.

Il segreto ha un nome e si chiama Lorenzo. Vive in un rudere, nascosto, braccato.

Marta subito più espansiva, Francesco più diffidente, ma basta che Lorenzo baci il pane che tutto cambia e al giovane torna in mente il nonno (una madeleine nostrana..), un uomo che gli ha insegnato molto.

Pur vivendo in Toscana, ho radici nel sud e la tradizione vuole che non si butti via mai il pane, neanche se sporco o ammuffito:

"Il pane non si butta così, come una pietra senza valore. Il pane è vita, ci vuole troppa fatica per farlo. Diede un bacio sul lato pulito della fetta e andò a posarla sotto il fico, dove beccheggiavano affamati tre o quattro uccelli. Poi concluse: il pane va rispettato."

Un romanzo breve, che inizia con un pò di lentezza ma basta poco per rimanerne coinvolti.
Abate ci racconta una realtà non così scontata, ricca di tradizioni, di rituali (bellissima la preparazione del pane) e di famiglia.

Per concludere vi lascio una frase di Francesco che forse rappresenta con poche parole il romanzo:

"Ora so che l'esperienza di quei giorni d'estate mi aveva maturato all'improvviso, come succede ai fichi che la sera sono acerbi e al mattino diventano maturi al punto giusto".

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    22 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il potere delle parole

Che potere hanno le parole? Quanta può essere la curiosità di vedere chi c'è dietro a quelle frasi?

"Le ho mai raccontato del vento del nord" è un romanzo costituito da una raccolta "epistolare" in chiave moderna ovvero...uno scambio di e-mail.

I protagonisti sono due, Emmi e Leo.
Per caso, per fortuna o per errore, Emmi invia una e-mail all'indirizzo sbagliato e una cosa tira l'altra, e si ritrova a scambiare e-mail con Leo.

Due perfetti sconosciuti possono farsi travolgere dalle parole?

Tutto quello che è iniziato come un gioco diventa molto di più. Emozioni contrastanti si riversano sui due protagonisti.

Gioa (quando si vede l'icona di arrivo del messaggio); tensione (quando l'attesa diventa logorante); curiosità (di sapere cosa ne pensa l'altro); malinconia ( quando non possiamo stare vicino al computer) ma soprattutto paura (che quelle parole possano corrispondere ad una persona diversa da quella che ormai ci siamo creati nella nostra mente).

E' anche molto affascinante analizzare le varie dinamiche che possono nascere e come un messaggio possa essere frainteso o interpretato male in base all'umore con cui l'accogliamo.

Questo romanzo è del 2006, ma mai come oggi è attuale, in un mondo in cui prima ci si conosce "on-line" e poi di persona. In cui spesso le aspettative vengono stravolte dalla conoscenza.

Il libro scorre velocemente e nella sua semplicità ci può far riflettere.

E poi il titolo "Le ho raccontato del vento del nord" è così evocativo che se qualcuno me lo chiedesse risponderei "no, ma non vedo l'ora"!

Cogli l'occasione, perché potrebbe non essercene una seconda.

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Avventura
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    20 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Le avventure di una volta

Jules Verne è un esperto di romanzi di avventura.

"Ventimila leghe sotto i mari" mi ha fatto ricordare i mirabilia di una volta. Questo libro è un piccolo "scrigno" (493 pagine) che pagina dopo pagina ti lascia meravigliato e con la voglia di partire.

Il romanzo inizia quando la nave Abraham Lincoln si trova a dover partire alla ricerca di un "mostro marino" che ha danneggiato diverse navi.
Dopo l'incontro/scontro con il misterioso animale, tre uomini finiscono in mare e vengono "presi" dal Nautilus.

I personaggi sono pochi e molto diversi.

Fra i tre "naufraghi" troviamo: il professor Pierre Aronnax, naturalista francese; il suo fedele domestico Conseil, ossessionato dalla classificazione degli animali e l'inarrestabile Ned Land, fiociniere di professione.

I tre, come dicevo, si ritrovano nel Nautilus, un sottomarino super tecnologico, con a capo il misterioso Capitano Nemo ed il suo equipaggio. Il Capitano è una figura enigmatica che rende questa avventura più interessante.

Dimenticavo: " chi entra nel Nautilus, non deve più lasciarlo".

L'avventura dei tre prende una piega molto imprevista.

Ho avuto la fortuna di leggere la versione illustrata dal bielorusso Vitaliy Shushko che con la sua interpretazione ha aiutato la mia fantasia.

E' un libro di metà Ottocento; si percepisce la passione della scrittura per Verne che ha cercato di rendere il romanzo più reale possibile utilizzando dati e descrizioni molto dettagliate.

Questa è una frase che mi ha molto colpito:
"Signore, che cos'è una perla - caro Ned - risposi - per il poeta la perla è una lacrima del mare. Per gli orientali è una goccia di rugiada solidificata; per le signore un gioiello di forma oblunga e dalla lucentezza ialina, di una materia madreperlacea, che portano al dito, al collo o all'orecchio. Per il chimico è un miscuglio di fosfato e di carbonato di calcio con un pò di gelatina. Infine per i naturalisti è solo una secrezione morbosa dell'organo che, in particolari bivalve, produce la madreperla."

Quanti significati può avere una sola parola.
Non è un'avventura alla Salgari, ma lo consiglio comunque, non ve ne pentirete.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Il giro del mondo in ottanta giorni
Trovi utile questa opinione? 
250
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Pancia e presenza

La Torregrossa è un'autrice che ama scrivere soprattutto della sua terra, la Sicilia e delle donne.

Questo libro è ambientato nella bella Palermo e non mancano, come sempre, le battute in dialetto (per i non siciliani come me, non preoccupatevi in fondo c'è un piccolo vocabolario).

La commissaria Marò e il sostituto commissario Sasà, si ritrovano a dover seguire due indagine. La prima è quella relativa all'omicidio dell'avvocato Maddaloni seguita da Marò, mentre il collega è sulle tracce di un latitante mafioso.

Il libro rientra nei gialli, anche se definirlo tale mi sembra un pò un azzardo. Si può avvicinare a Camilleri e Malvaldi per quanto riguarda il contesto, però rispetto a questi due autori mancano un pò le indagini e i colpi di scena.

In ogni romanzo la scrittrice inneggia un santo della sua terra e questa è la volta di Santa Rosalia. Inoltre sono presenti sette ricette all'inizio dei vari capitoli da cui si può prendere spunto.

Adoro questa scrittrice, trasmette la passione per la sua terra, è ironica e poi scrive proprio bene.

Una curiosità, "Panza e prisenza" ovvero Pancia e presenza è un'espressione usata per designare chi, invitato, si presenta a mani vuote.

Una bella frase per noi donne:

"Si chiama resilienza, è la capacità di adattarsi alle nuove situazioni che la vita prospetta, sembra che le donne ne siano particolarmente dotate.

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Gli altri dell'autrice
Trovi utile questa opinione? 
210
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    13 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Segui il sentiero

"Il sentiero dei profumi" è un libro che si potrebbe definire sensoriale; oltre alla vista serve anche l'olfatto per apprezzare, fino in fondo, le delizie dei profumi descritti nel testo.

Elena è una profumiera fiorentina, un mestiere il suo che nella sua famiglia è tramandato di generazione in generazione.
Elena dopo la brutta fine di un rapporto decide, grazie all'aiuto dell'amica Monique, di trasferirsi a Parigi.

A Parigi, la protagonista cerca un nuovo "sentiero" per ricominciare e ritrovarsi. Il suo difficile passato non l'abbandona mai e aleggia sempre sulla sua vita.

La scrittrice Cristina Caboni è un'apicoltrice, grazie al suo lavoro è sempre circondata da piante e fiori e ovviamente dal loro profumo e in questo romanzo si sente proprio la sua passione per i profumi e la sua capacità di trasmetterla agli altri (mi sono ritrovata a cercare alcuni dei profumi descritti).

Il libro l'ho letteralmente divorato, è piacevole e scorre bene.
Ogni capitolo inizia con la descrizione di un profumo e delle sue caratteristiche.
L'unico appunto potrebbe essere quello che, la scrittrice si è dilungata molto su alcuni particolari a volte superflui per poi "tirare via" sul finale.

Ho letto anche "Il linguaggio segreto dei fiori", ma questo l'ho apprezzato molto di più.

Vi lascio con questa frase:

"Non si preoccupi, ma chère, la vita propone, Dio dispone, noi però abbiamo l'ultima parola su tutto".

Lo consiglio, mi è piaciuto veramente tanto.

Buona lettura!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Il linguaggio segreto dei fiori
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    13 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La difficoltà della comunicazione nella coppia

"Il disprezzo" è un romanzo degli anni '50. Moravia rappresenta la società del tempo; sono cambiati i tempi ed i contesti ma la realtà nel suo insieme, come la descrive lui, è ancora molto attuale.

Riccardo Molteni è uno sceneggiatore che ha sempre avuto la passione per il teatro solo che per rendere più agevole e tranquilla la vita della moglie Emilia, decide, per soldi, di accettare di lavorare per il cinema, alle dipendenze del produttore Battista.

La sua è una vita normale finché non si accorge di un cambiamento:

"Questa storia vuole raccontare come, mentre io continuavo ad amarla e a non giudicarla, Emilia, invece, scoprisse o credesse di scoprire alcuni miei difetti e mi giudicasse e cessasse di amarmi in conseguenza"

Tutte le certezze di Riccardo vanno in frantumi ed il lavoro e la sua vita diventano intollerabili e insostenibili.

Questo romanzo è principalmente un'autoanalisi con pochi dialoghi. A tutti nella vita succede di farsi alcune domande, come fa Riccardo: "Come ho fatto per ridurmi così? A che punto sono arrivato?"

Moravia ci racconta delle difficoltà di vivere la vita senza più uno scopo, di accettare per necessità lavori senza passione, di come nelle coppie possa mancare il dialogo e la comunicazione.

All'interno del romanzo troviamo anche un'interessantissima interpretazione dell'Odissea nei personaggi di Ulisse e Penelope.

Moravia scrive chiaro e in maniera sintetica, poche descrizioni (le uniche sono dedicate ai quattro personaggi) e pochi dialoghi.

Quello che scrive, arriva. Dopo la fine della lettura, ho continuato a pensare a questo romanzo.
Il disprezzo mi ha fatto porre delle domande a cui sto ancora cercando le risposte.

Lo consiglio.

Buona lettura!!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
200
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    09 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Poche emozioni

"E' iniziato tutto nel giardino di Monet a Giverny" questa è la frase che si legge sulla copertina ed io da buona appassionata di arte mi sono subito fatta incantare.

Solo che l'incantesimo è durato poco. L'idea di Caroline Vermale non era male, anzi poteva essere molto carina solo che a mio modesto parere questo romanzo non è stato scritto nel migliore dei modi.

I personaggi non sono moltissimi, ma nessuno di loro riesce a coinvolgerti o a convincerti fino in fondo.

Le relazioni e le situazioni che crea sono molto profonde, ma al lettore (almeno nel mio caso) arriva poco o niente rispetto a quello che realmente la scrittrice cerca di farci capire.

La cosa che invece gli rende merito, sono le descrizioni ed i dettagli delle opere degli impressionisti, in particolare di Monet.

Il romanzo è breve, scorrevole e leggero ma poco coinvolgente. Avrei preferito un lavoro più ricercato sulle emozioni e le sensazioni visto le tematiche ed il titolo scelto.

Una piacevole frase:

"La famiglia non ha niente a che vedere con i legami di sangue ma con la mano che qualcuno ti tende quando ne hai bisogno".

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Arte e Spettacolo
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuti 
 
5.0
Approfondimento 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    07 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La realtà delle illusioni

Umberto Eco è uno scrittore che si è cimentato, nell'arco della sua lunga carriera, su diversi generi.

In "Storia delle terre e dei luoghi leggendari", Eco va alla ricerca delle terre del passato che oggi come ieri, hanno creato delle chimere e delle illusioni, che molte persone credono, o hanno creduto, reali.

Il libro è suddiviso in 15 capitoli; gli argomenti sono fra i più vari, si passa dalla leggenda di Atlantide, al Paese della Cuccagna, al viaggio di Ulisse fino al Paradiso Terrestre.
Il testo è anche accompagnato da numerose immagini che aiutano il lettore a comprendere meglio quello che lo scrittore vuole farci capire.

Attraverso lo studio della storia, Eco cerca di dare ad ogni luogo una collocazione geografica. Il compito che si è scelto non è certo dei più semplici, ma lui lo fa con maestria.

Questo libro lo definirei un viaggio; mi sono fatta trasportare in giro per il mondo, alla ricerca dei miti e delle leggende, che personalmente mi hanno sempre affascinato.

Scritto bene, con uno splendido "uso" della lingua italiana; scorrevole considerato l'argomento e approfondito visto lo studio che c'è stato dietro.

Infine posso dire che ho molto apprezzato la parte (quasi sul finale) in cui Eco si dedica a Dan Brown "massacrandolo" e definendo i suoi lavori pieni di svarioni.

Lo consiglio soprattutto agli amanti delle leggende e dei miti.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
220
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Moglie e buoi dei paesi tuoi

Amantine Aurore Lucile Dupin, in arte George Sand, è una delle scrittrici più significative del romanticismo.

"La palude del Diavolo" è un racconto del 1846 e rappresenta, dal punto di vista produttivo, la terza fase della scrittrice ovvero quella campestre.

Il racconto è ambientato a Berry, cittadina della Francia centrale in cui l'autrice ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza.
Nel testo si può riscontrare l'amore della Sand per le tradizioni e il folklore; la profonda conoscenza delle abitudini e la durezza della vita contadina.

I temi principali della " La mare au diable" sono il matrimonio e il conflitto all'interno del gruppo sociale.

Il racconto è breve, i personaggi sono idealizzati e sono presenti molti dialoghi.
Dopo un inizio un pò lento (a causa anche di qualche digressione dell'autrice) si entra nel vivo della storia.

Personalmente amo molto la vita di campagna e la Sand ne rappresenta al meglio alcune fasi come quella dell'aratura.

Del brano mi ha fatto sorridere molto questa scena:

"Il canapino, che era anche il barbiere e il parrucchiere del posto, gli aveva tagliato i capelli in cerchio, coprendogli la testa con una scodella e ritagliando via tutto quel che sopravanzava, metodo infallibile, per assicurare il giusto colpo di forbici".

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
1.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
1.0
Piacevolezza 
 
2.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    02 Gennaio, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Come un bestseller può deluderti

Di consuetudine, quando inizio a leggere un libro, cerco sempre il titolo originale. Già quello mi aveva lasciato un pò perplessa, infatti il titolo italiano è "Quando eravamo foglie nel vento" mentre quello originale è "The unexpected guest". Direi proprio due cose diverse...

Comunque, tolte le perplessità iniziali, ho iniziato a leggere quello che "The New York Times" ha descritto come: "Illumina la scena letteraria internazionale di una nuova luce".
Probabilmente quel giornalista non ha mai letto qualcosa che illumina veramente altrimenti avrebbero scelto parole diverse.

Il romanzo, nel suo complesso é scorrevole, solo che non è coinvolgente. Mi sono ritrovata ad essere una lettrice superficiale, cosa che di solito non mi appartiene, perché è veramente difficile immedesimarsi o comunque partecipare alla vita della protagonista.

Il presente e il passato si alternano in quello che in ben 264 pagine rappresenta l'arco di una sola giornata. Inoltre il testo, considerato che l'ambientazione del romanzo principalmente ha come sfondo Parigi, è ricco di frasi non tradotte, lasciate in francese, che rendono a volte difficile la comprensione totalitaria della frase ; una scelta che francamente non condivido ma che probabilmente sono presenti anche nell'originale.

Non è mia abitudine sconsigliare dei libri, ma questo proprio non me la sento di consigliarlo.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
no
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Narrativa per ragazzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    29 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Di un'attualità sorprendente

Louisa May Alcott termina il suo romanzo con questa semplice frase:

"E la chiudo con la speranza che abbia insegnato qualcosa a qualcuno".

E' un romanzo dell'ottocento e posso tranquillamente dire che ha ancora molto da insegnare soprattutto alle nuove generazioni e ai propri genitori.

"Una ragazza fuori moda" è un classico che come molti di questo genere, sembra proprio "senza tempo". Il libro fa parte dei grandi capolavori della letteratura per ragazzi e mi auguro che molti di essi abbiano la possibilità e la voglia di leggerlo.

Le due protagoniste sono Polly e Fanny, amiche ma diametralmente opposte.
Fanny è di famiglia ricca, vive in città, è superficiale e viziata. Polly di contro è di famiglia povera, viene dalla campagna, è ligia al dovere e sempre pronta ad aiutare il prossimo ed è anche molto attenta alle piccole cose.

La scrittrice mette a confronto due ceti sociali molto diversi, evidenziandone le abitudine e lo stile di vita, arrivando anche in alcuni casi ad esasperare le differenze.

Il concetto di base è molto chiaro, semplice ed istruttivo. La Alcott cerca di trasmettere un messaggio che oggi come oggi è fondamentale. La felicità non la fanno i soldi, le cose materiali, le frivolezze e la superficialità. Bisogna riscoprire gli affetti familiari, il piacere per il lavoro e l'amore per le piccole cose e il prossimo.

La sua attualità è purtroppo sconcertante perché molti (ma per fortuna non tutti) giovani hanno proprio bisogno di riscoprire queste cose e di analizzare fino in fondo cosa la società li porta a fare, pensando che forse è meglio ragionare con la propria testa senza farsi influenzare.

Lo consiglio soprattutto ai giovani.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    29 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

The silent wife

"L'idea che ha di sé e di cosa sia giusto è molto meno granitica di quanto immagini, considerato che entro pochi mesi diventerà un'assassina. Se qualcuno glielo dicesse, non ci crederebbe".

Così inizia "La sposa silenziosa", un romanzo un pò atipico e fuori dal comune.
I protagonisti sono Jodi e Todd, conviventi da vent'anni; la loro relazione è sempre stata stabile e tranquilla.
Quindi la sposa silenziosa non è tanto per il "titolo coniugale", ma proprio per il ruolo di Jodi; infatti, la sua dote più grande è il silenzio con cui sopporta le infedeltà e non solo di Todd.

La loro vita continua nella quotidianità finché Jodi subisce una svolta radicale che la porta ha distruggere la donna che era stata fino a quel momento, per diventare una nuova "persona".

Il romanzo è un alternarsi di capitoli dedicati a Lui e a Lei (Todd e Jodi) , permettendoci così di leggere e capire i punti di vista dei due.
Lo definirei un romanzo/thriller non è proprio né l'uno né l'altro.

Ho apprezzato molto il titolo perché mi ha fatto ritornare in mente i matrimoni di una volta (purtroppo ancora oggi ne sentiamo parlare), in cui la moglie aspettava a casa e in "silenzio" il ritorno del marito che spesso e volentieri non aveva proprio un atteggiamento consono al suo ruolo di uomo coniugato.

Alla recensione ho dato il titolo originale "The silent wife" in memoria della scrittrice A.S.A. Harrison che non si è potuta godere il suo successo, a causa della malattia, con cui stava combattendo, che purtroppo ha avuto la meglio su di lei.

E' un romanzo riflessivo sotto alcuni punti di vista, perché a volte gli eventi possono avere il sopravvento su di noi, trasformandoci in qualcuno che per noi era impensabile fino a poco prima.

Piacevole, non così scontato, a volte ingiusto come spesso il mondo ci dimostra di essere.

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    22 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Oltre la fiaba

"La bambina di neve" è un libro che arriva dritto al cuore, scaldandolo, anche se siamo immersi nel freddo del mondo dell'Alaska.

Un romanzo fra l'incantato e il reale che per comprenderlo meglio forse è utile conoscere la fiaba russa di Snegurocka (La fanciulla di neve).

Mabel e Jack, per sopravvivere al dolore causato dalla perdita di un figlio appena nato, decidono di andare a vivere in Alaska, lontani da tutti, in una terra che non ti regala niente facilmente; una terra selvaggia e indifferente agli sforzi dell'uomo.
Una notte durante la prima nevicata invernale, spinti da un'allegria insolita, decidono di costruire un pupazzo di neve chi il giorno dopo sparisce e lascia una scia che porta ad una bambina, Pruina.

Che sia reale o meno, questo evento "riattiva" la vita della coppia che sembra trovare in quella bambina la forza (la speranza) ormai perduta.

Cosa mi ha incantato di questo romanzo
L'Alaska. Coi suoi paesaggi incantevoli, la libertà che si respira e la solidarietà delle poche famiglie che, negli anni venti del novecento, avevano scelto questo luogo per trovare fortuna o almeno un pò di pace.

Chi poteva descriverlo così bene?
Eowyn Ivey, cresciuta e tuttora abitante di queste terre insieme alla famiglia. Solo una del luogo poteva narrare di questo territorio rendendolo così reale e tangibile tanto da spingerti a partire per visitarlo.

Il romanzo è diviso in tre parti più l'epilogo. L'inizio è un pò lento e per chi come me non apprezza molto il reale e il surreale insieme, all'inizio non lo "digerisce" bene, ma basta poco per ritrovarsi immersi in questa storia. Per fortuna il pregiudizio non mi ha impedito di leggerlo, me ne sarei pentita.

Una frase che mi ha molto colpita:

"Noi non sappiamo mai cosa succederà, non credi? La vita ci sballotta sempre di qua e di là. Ma è questo il bello, non sapere dove andremo a finire o come ce la caveremo. E' tutto un mistero e quando affermiamo il contrario stiamo solo mentendo a noi stessi."

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
230
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi erotici
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    19 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Credi nelle tue possibilità

Sei donne, ognuna con la propria vita e con il proprio passato, si ritrovano ad un workshop, tutte con un unico fine: "imparare l'arte della seduzione".

Come insegnante si ritrovano la psicologa Iris che, per non perdere il lavoro, si è dovuta "riciclare" ed abbandonare i propri principi, per dedicarsi a questo corso.
Inoltre Iris, vista la sua vita sentimentale, è proprio la meno indicata ad istruirle.

Il corso parte e la psicologa si ritrova a gestire sei donne, tutte con personalità diverse ed obiettivi fra i più disparati e soprattutto ognuna di esse ha scarsa considerazioni delle proprie possibilità.

"Basta non dire ti amo" ci racconta molto sulle donne; parla delle loro paure, delle difficoltà di osare e di pretendere il meglio dalla vita; non bisogna accontentarsi.

Iris le porterà a ripercorrere le loro vite ed a rivalutare le proprie priorità.

Lora Beccaria è specializzata in Terapia della Gestalt e in questo romanzo si sente molto l'approccio di un'esperta del settore.

Il romanzo è abbastanza lungo (458 pagine). Si legge bene, abbastanza scorrevole anche se in alcune parti cala un pò l'attenzione e l'interesse. C'è da apprezzare il fatto che le protagoniste scelte vanno a rappresentare molti scenari diversi, coinvolgendo gran parte del mondo femminile.

Ho notato, ultimamente, che in libreria molti libri sono di scrittrici spagnole, cosa che qualche anno fa era molto più difficile trovare. Dopo il periodo scandinavo ora è arrivata anche quello spagnolo.

Non è un romanzo erotico.

Lo consiglio, ma non vivamente..

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
La vita immaginaria
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    17 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Ad ogni persona il suo libro

Questa recensione la posso iniziare con un grazie alla Bivald. Era da un pò che volevo leggere un libro in cui la protagonista condividesse "come me" l'amore per i libri.

Sara, ragazza svedese, dopo una corrispondenza epistolare di due anni con Amy (signora anziana dell'Iowa), decide di andarla a trovare nel suo paesino, Broken Wheel. Questa avventura elettrizza molto Sara, non avvezza a questo genere di cose.
Ma il destino sembra non sorriderle, perché appena sbarcata scopre che la dolce signora, con cui ha condiviso la passione per la lettura,e che non ha mai conosciuto è appena giunta al suo "finale".

Sola e spaesata, la gentile svedese si ritrova a dover vivere in un piccolo "mondo" che non ha mai visto ma che grazie alle lettere di Amy sembra aver già vissuto. Un paesino molto chiuso, non abituato ad avere stranieri in giro.

La lettura è ideale per un pubblico femminile (non è pura letteratura rosa, ma lo vedo molto più adatto alle donne).

Sara rispecchia molte di noi, una ragazza che si emoziona davanti ad un libro, che è capace di stare ore a leggere isolandosi completamente dal mondo esterno; capace anche di trovare il libro adatto ad ogni persona.

Per la Bivald è un esordio con i fiocchi; mi ha fatto sorridere il fatto che da brava svedese ha utilizzato per i personaggi americani nomi semplicissimi che "noi" stranieri consideriamo comuni li. Infatti possiamo trovare nomi come Tom, Caroline, John, Carl ecc..

Con la sua semplicità e con il sorriso ci fa affrontare anche tematiche importanti come l'omosessualità, il razzismo, l'immigrazione clandestina, la solitudine e la voglia di vivere la vita perché è una sola e se poi ha il lieto fine...meglio ancora.

Un libro che vi coinvolgerà dalle prime pagine, scorrevole e piacevole. Lo stile è buono e il racconto intervallato da alcune lettere rende il romanzo ancora più coinvolgente.

Lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Ad un pubblico femminile
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Racconti
 
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Dicembre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Più parole meno pensieri

Probabilmente non sono la persona più indicata per recensire questo autore visto che "Sonno" è il primo romanzo che leggo di Murakami.

Il nome e la sua "fama" e le discordanze su di lui, mi hanno incuriosito a tal punto da indurmi alla lettura di questo libro.

In "Sonno" lo scrittore, in meno di 80 pagine, ci fa vivere qualcosa di singolare e riflessivo, almeno al principio.

La protagonista - non posso definirla diversamente visto che non dà un nome a nessun dei personaggi del romanzo - si ritrova inspiegabilmente, dopo un sogno piuttosto reale, a non aver più la necessità e la sensazione di dormire.

Questa situazione la porta ad avere una quantità di tempo libero da poter dedicare interamente a se stessa. Può rispolverare così vecchie passioni e soprattutto si ritrova a farsi delle domande sulla sua vita.

Murakami (con l'aiuto dell'illustratrice Menschik), ci fa riflettere molto sulla vita che viviamo e su quello che ci perdiamo con il passare del tempo; fin qui tutto bene, ma c'è un mah.

Ho letto che molti definiscono lo scrittore un pò particolare e che spesso lascia le cose in sospeso per far riflettere. Io sono sempre d'accordo sul lasciare a volte lì'immaginazione al lettore, lo fanno anche altri, però gli altri ti lasciano del materiale in più su cui fare le tue riflessioni.

In questo caso alla conclusione del romanzo ero delusa, forse Murakami doveva dar voce, anzi parole, ai suoi pensieri, avrei preferito ricevere qualcosina in più da lui, in fondo fa lo scrittore!

Comunque leggerò ancora qualcosa di lui, voglio dargli fiducia.

Personalmente non lo consiglio.

Buona lettura!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
375 risultati - visualizzati 251 - 300 1 2 3 4 5 6 7 8

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

L'antico amore
Fatal intrusion
Il grande Bob
Orbital
La catastrofica visita allo zoo
Poveri cristi
Se parli muori
Il successore
Le verità spezzate
Noi due ci apparteniamo
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Delitto in cielo
Long Island
Corteo
L'anniversario
La fame del Cigno