Opinione scritta da Mario Inisi

635 risultati - visualizzati 251 - 300 « 1 ... 3 4 5 6 7 8 ... 9 13 »
 
Racconti
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Ciao, ciao Luigi, a dopo!

"Mi piacerebbe telefonare a Pirandello,
Nel 31 è venuto a lisbona,
di persona
non ci siamo conosciuti
ma mi piacerebbe pensare che avvenne,
io non gli direi che sono un attore,
gli direi solo buonasera
signor Pirandello,
le telefono perchè ho l'anima in pena."
Un testo poetico, eccentrico che contiene una riflessione poetica quindi non filosofica e logica sulla vita, sui ruoli, sul copione della vita, sul tempo (che stringe) e sulla morte.
A proposito della morte, questo testo mi pare meno malinconico di altri con quel ci vediamo dopo scambiato con Luigi (Pirandello).

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Fantasy
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Nessuno ha il destino segnato

I libri di Silvana De Mari sono sempre belli da regalare ai ragazzi dagli 8 anni in su. Forse la tetralogia dell'ultimo elfo è ancora più bella ma pure questo libro che ho letto isolato dal contesto della trilogia di cui fa parte non è male e soprattutto è pervaso dallo spirito estremamente positivo con cui Silvana guarda il mondo. Non esiste una persona che possa incarnare il male. Anche la figlia del Signore Oscuro potrà scegliere. Chiunque venga a questo mondo ha libero arbitrio, quindi ha possibilità di bene, fosse pure figlio del diavolo in persona. Il messaggio non è scontato in tempi come questi dove anche capi di stato passati e presenti si ergono a capo di crociate del bene contro il male. Secondo me certi libri oltre che essere piacevoli sono anche molto buoni e formanti. Mi pare ci sia bisogno di libri del genere.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
L'ultimo elfo/orco/ profezie ecc...La quadrilogia dell'elfo della De Mari è molto bella, regalatela ai vostri figli ( scuole medie).
Trovi utile questa opinione? 
80
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Guerra e pace

Un altro romanzo bellissimo di "uno dei più grandi scrittori meno famosi d'America. Di questo romanzo mi è piaciuto tutto, a cominciare dall'alternanza di brani scritti in periodo di guerra (il protagonista Bob Prentice è arruolato nella seconda guerra) ai brani che esplorano la vita di Bobby nel periodo di pace. In questi troviamo il padre buono e generoso che paga i conti, ben oltre gli alimenti, la solita madre aspirante scultrice e le sue spropositate ambizioni. Il tono è sempre sopra le righe perchè Bobby non è adatto alla guerra e forse nemmeno alla pace, probabilmente non è adatto al mondo. Nel suo sogno un altro soldato dà voce a quello che Bobby pensa di sè: è una persona fuori dal comune, intelligente, di un tipo di intelligenza non adatta all'esercito. In ogni caso il periodo nell'esercizio, descritto con i toni che somigliano alla prima parte di Comma 22 (assurdo, esasperante, a ragazzini diciottenni è richiesto coraggio ed esibizione di coraggio) lo porta più vicino alla vita e al genere umano del periodo di pace. La madre Alice, asfissiante, egocentrica, egoista è molto peggio di qualsiasi generale nella sua incoscienza e nel suo affetto appiccicoso. Il finale del romanzo appare liberatorio, sia quello della guerra con la simpatica scazzottata tra i peggiori dell'esercito, sia quello del periodo di pace. Certo nel romanzo aleggia il senso di colpa per le aspettative genitoriali deluse, il dispiacere per la morte del padre, solo, dopo aver sempre provveduto a tutti i loro bisogni prendendosi da Alice solo lavate di testa, e l'ansia per quella madre superficiale, infantile, sognatrice e incapace di badare a se stessa ma anche terribilmente castrante. In un certo senso sembra che l'arte impedisca di essere buoni genitori: vedi Alice, la madre di Yates aspirante scultrice, ma esistono diversi altri esempi nella letteratura. Il padre di Yates, George, aveva una bellissima voce ma non si è mai fatto illusioni e per quello che Alice gli ha permesso è stato un buon padre.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Ossessione d'amore

Un libro molto interessante per l'analisi psicologica dei personaggi coinvolti in una situazione abbastanza comune, il triangolo. Si parte dalla situazione idilliaca ma fragile di una coppia giovane. L'equilibrio è rotto con grandissima facilità da un terzo elemento, la sorella di lei. Nasce la passione tra Gilles e Victorine, la sorella, creando tra i due un rapporto possessivo, egoistico e malato. Nella coppia lui pensa solo a sè e la moglie Lisa solo a lui con uno spirito di abnegazione altrettanto insano fino al tragico epilogo. I figli non hanno nessun peso e nessun ruolo nella vicenda e nemmeno nell'epilogo. Il problema di tutti i personaggi è l'amore che resta un' illusione. Lo si cerca, lo si insegue, ma sempre dove manca. Lo svelamento finale dell'assenza dell'amore porta alla conclusione, già preannunciata in un altro punto precedente del romanzo. Le righe finali potrebbero anche essere prese come un ultimo pietoso mostrarsi dell'amore, anche se per tutto il romanzo viene da pensare che l'amore se esiste deve essere qualcosa d'altro da ciò che viene descritto: passione e ossessione e annullamento per una singola persona. La storia però cattura proprio perchè vengono spiegate molto bene dinamiche psicologiche di una situazione piuttosto comune.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Votate don Alejio per un mondo migliore!

Il romanzo ha le atmosfere dei film di Almodovar. Racconta la storia di Manuela, un trans socia tenutaria di un bordello insieme alla figlia, la giapponesina, avuta per una scommessa dalla Giapponese, ex amante di don Alejandro. Il luogo senza confini è una metafora spiegata nella citazione all'inizio del testo: l'inferno. Il romanzo è colorato, vivace, scanzonato, oscuro sul finale. Preso in senso letterale il racconto è piacevole ma quella letterale è solo una chiave di lettura nel senso che il romanzo vuole anche essere una metafora della lotta tra Dio (don Alejandro) che è di umore strano e sta per liberare i suoi pericolosi cani (cavalieri dell'Apocalisse) e i suoi angeli ribelli prepotenti e poco simpatici. Il serioso don Alejandro vuole portare la luce elettrica, si crede un dio, ma farà o gli si augura di fare nel testo, una brutta fine. Il bordello resterà al buio, nel buio assoluto anche se la giapponesina non è molto adatta al luogo e al mestiere. Però è legata al posto e non vuole cederlo a don Alejandro.
Il romanzo è molto carino soprattutto quando racconta di Manuela, la trans. Infatti si parla di lei al femminile quasi sempre ma per la giapponesina è uomo (il padre) e per sua madre è a volte uomo e a volte amica in una confusione grammaticale molto interessante per cui in una stessa frase si può parlare di lei al femminile e al maschile in una grande bolgia pronominale. A inizio romanzo conviene sapere che Manuela è un trans se no si fa fatica a seguire certi passaggi. Carina anche la storia dell'amicizia tra la giapponese (madre della giapponesina) e Manuela. Un romanzo colorato e scanzonato ma non volgare. Nel romanzo molti personaggi, giapponesina compresa, non sono particolarmente simpatici.
La conclusione è opprimente: il luogo buio, la giapponesina sempre persa a far di conto, eppure simile al padre, i prepotenti che hanno la meglio, i cani che ululano. Insomma le due parti in causa non sembrano granché. La voce narrante sembrerebbe quella di parte degli avversari politici di don Alejandro. I personaggi più simpatici sono quelli delle donne, ma le donne più donne non sono donne: la giapponese immagina di essere un uomo e il trans è una donna solo nella fantasia. E' come se le donne per essere donne dovessero esserlo soprattutto nella fantasia e non nella realtà. Infatti l'immagine della Giapponese oscilla tra quella di una bomba sexi e di una donna sfatta mentre l'immagine di Manuela va daquella di un uomo secco come un manico di scopa oppure della vecchia (così la chiamano verso la fine) e quella di una matta irresistibile, per uomini e donne.Soprattutto per gli uomini però.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
70
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Claustrofobico

Il romanzo è ben scritto e ricorda vagamente il Giro di vite come tipologia di storia. Il racconto è fanta filosofico ambientato in un'isola sperduta con un museo, una piscina e un paesaggio bello ma ostile. Un posto pieno di vipere, dove pure la piscina è piena di vipere e uccelli morti. In mezzo a tutti questi segnali di morte nascono storie d'amore anche loro morte, cioè a senso unico. L'unico modo per imprigionare l'amata sembra essere catturarne l'immagine (grazie a un'invenzione) rinunciando alla realtà della persona. La cosa affascinate è la realtà dell'immagine, più reale del reale, che trattiene persino l'anima della persona sostituendo totalmente la realtà anche se in modo ossessivo e freddo. Il romanzo lascia appunto questo senso di gelo, di distanza, di impossibilità dei rapporti umani, di mancanza totale di calore e di comunicazione. Si ha l'impressione di essere di fronte a statue che si muovono e che avranno pure un'anima ma in realtà non pare, L'impressione è di una eterna prigione.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Il giro di vite
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi storici
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    08 Febbraio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Esaltazione moralistica

Buio a mezzogiorno è un libro sull’ideologia. E’ un libro bellissimo che contrappone, almeno in un primo momento due persone provenienti dallo stesso credo politico, due amici, due uomini con una intelligenza e un modo di ragionare simile, così simile che al lettore appare un caso che uno, Ivanov, sia da una parte e l’altro, Rubasciov, in cella. Si capisce che l’accusa per Rubasciov è di stortura ideologica in quanto i fatti che gli vengono contestati, primo tra tutti l’intenzione di uccidere il n° 1, sono evidentemente falsi. D’altra parte si capisce come seguendo la logica a filo di spada dell’ideologia sia indispensabile che molte teste cadano. Teste la cui importanza è pari a zero, in quanto cosa può contare un individuo rispetto a una idea? Niente, risponderebbero i teorici di qualsiasi ideologia dai comunisti stalinisti, ai nostri brigatisti di qualsiasi colore. L’idea che l’individuo conti è legata alla religione e all’etica. Per questo uno dei capitoli inizia con due frasi: una presa dal Vangelo e una da Macchiavelli: due modi di vedere il mondo contrapposti e inconciliabili. Ma trovandosi dall’altra parte, cioè dentro una cella, Rubasciov riconsidera l’io, l’etica a danno dell’ideologia, qualsiasi sia l’ideologia. E in un certo senso l’autoaccusa bellissima di Rubasciov che decide di dichiararsi colpevole di tutti i delitti che gli sono contestati, contiene l’ammissione implicita di questo errore e la sola giustificazione davanti alla storia di non avere cercato scusanti e attenuanti per sé. Anzi. In un certo senso l’accettazione della condanna è l’ammissione di una colpa verso il popolo. Rubasciov ha come dire il senso dell’onore. Un profondo senso dell’onore.
Bellissima l’immagine suggerita da Ivanov di Dio e Satana che si contendono l’anima di San Rubasciov, dato che Rubasciov è un cultore della purezza ideologica, non è uomo che cerchi vantaggi o sconti, quindi un santo laico dato che religioso non è. Dio mangia la minestra dell’esercito della salvezza, mentre Satana è un’asceta, un matematico, uno che vive secondo le leggi del Macchiavelli, che legge Macchiavelli, Marx e Hegel, costretto a massacrare milioni di persone perché non ci siano più massacri in virtù della sua logica senza pietà. Infatti quello che manca a Satana non è l’intelligenza ma l’amore e quindi la comprensione empatica del mondo.
“C’era un errore nel sistema; forse consisteva nel precetto, ch’egli aveva considerato finora incontestabile, in nome del quale egli finora aveva sacrificato gli altri ed ora egli stesso veniva sacrificato: nel precetto che il fine giustifica i mezzi. Era questa frase che aveva ucciso la grande fraternità della rivoluzione e gettato tutti allo sbaraglio. Che cosa aveva scritto egli una volta nel suo diario? “Abbiamo gettato a mare tutte le convenzioni,la nostra sola guida è quella della logica conseguente; navighiamo senza zavorra etica.”
Forse la radice del male era tutta qui. Forse non s’addiceva all’umanità navigare senza zavorra. E forse la ragione soltanto era una bussola difettosa, che faceva seguire una rotta così tortuosa da fare sparire nella nebbia il punto di approdo”.
Se il libro è bellissimo nel finale quasi supera se stesso trasferendo una situazione inquadrabile da un punto di vista storico politico su un piano più universale. Un romanzo bellissimo, intellettuale, difficile perché basato su pochi fatti e su un bisogno profondissimo di riflettere su un periodo storico e le sue storture.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Delitto e castigo
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Racconti
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    24 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

E per cena... coniglio!

E sì, è proprio insopportabile questo gaucho insopportabile!
Non conoscevo Bolano e perciò non sapevo cosa aspettarmi. Il primo racconto è breve e molto carino e parla della fascinazione dell’amico Jim per i mangiafuoco. Fascinazione che porta a una situazione particolare e forse paradossale ma interessante. Segue il racconto che dà il nome alla raccolta. Sembrerebbe una storia biografica con la figura del protagonista, Pereda, padre di Bebe il letterato di successo, che il lettore immagina sia il padre di Bolano. La storia sembra vera e plausibile, ci sono anche riferimenti al famoso default argentino. Ci sono anche però elementi particolari. Per esempio la pampa dove va a stare Pereda è piena di conigli. Questi conigli sono creature curiose e non fifone come vorrebbe la loro fama. Corrono a vedere la vacca (non hanno mai visto una vacca), sembra che vadano incontro alle persone, sono più curiosi che spaventati, finiscono spesso in padella. Naturalmente la base dell’alimentazione della popolazione locale è il coniglio. Ma il punto che mi ha fatto scervellare sulla possibilità dell’esistenza di un simile coniglio, è quando Bebe porta nella pampa il suo editore a fare un giro a cavallo e un coniglio gli salta al collo azzannandolo e ferendolo in modo preoccupante compiendo un salto in alto di almeno un paio di metri.
Il racconto successivo è carinissimo, con un’indagine topo-poliziesca. Anche lì per capire che il poliziotto era un topo mi ci è voluto. Ho passato un po’ di tempo a meditare sulle strane abitudini poliziesche argentine e sulla stranezza di quei crimini ascrivibili quasi sempre a serpenti e predatori. Ma a parte il topo il racconto è molto avvincente così come l’indagine la cui conclusione temo sia legata a considerazioni sulla razza topina generali e non a semplice divertimento. Mi pare ci siano delle frecciate al sistema di polizia argentino distribuite in vari racconti. Come ci sono frecciate e anche sciabolate rivolte al mondo della cultura e dell’editoria. Cultura? Forse la parola non è appropriata. L’autore dà sfoggio di tutta la sua insopportabilità nella descrizione dei colleghi scrittori e del sistema editoriale.
“Gli scrittori attuali non sono più, come bene faceva notare Pere Gimiferrer, dei signorini pronti a fulminare la rispettabilità sociale e tanto meno un branco di disadattati ma gente che viene dalla classe media e dal proletariato ed è decisa a scalare l’Everest della rispettabilità, desiderosa di rispettabilità.
Sono biondi e bruni figli del popolo di Madrid, sono gente di classe medio-bassa che spera di finire i suoi giorni nella classe medio-alta. Non rifiutano la rispettabilità la cercano disperatamente. Per raggiungerla devono sudare molto. Firmare libri, sorridere, fare viaggi in posti sconosciuti, sorridere, fare i pagliacci nei programmi di cronaca rosa, sorridere molto, soprattutto non mordere la mano che dà loro da mangiare, presenziare alle fiere del libro e rispondere di buon grado alle domande più cretine, sorridere delle peggiori situazioni, fare la faccia intelligente, controllare la crescita demografica, ringraziare sempre.”
In fin dei conti è tutto folklore, l’uomo di cultura si è trasformato in opinionista scritturato dai talk show televisivi, il bene e il risparmio sono intimamente legati, la velocità delle immagini ha la meglio sulla durata e Borges è stato crocefisso. Viva Letelier e l’Allende e tutto il romanzo d’appendice!
“E’ nel romanzo d’appendice la salvezza del lettore (e tra parentesi, dell’industria editoriale). Chi l’avrebbe mai detto. Sempre lì a pontificare su Proust, sempre lì a studiare le pagine di Joyce appese a un filo e la risposta era nel romanzo d’appendice. Ah, il romanzo d’appendice. Ma siamo pessimi a letto e probabilmente faremo un altro passo falso. Tutto porta a pensare che non ci sia via d’uscita”.
Nel caso qualche editore volesse leggersi la raccolta, mi raccomando: cave coniglio. Non sia mai che ne saltasse fuori uno direttamente dalle pagine del libro per azzannarlo alla gola. Dopo questa lettura non mi meraviglio più di niente!

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    22 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Era solo

Questo romanzo è bellissimo e la cosa che colpisce è quello che manca: la fede e qualsiasi certezza. Il protagonista è una figura eccezionale. Solo, incapace di comunicare con il mondo, senza legami. L'unico suo legame è stato a base di fil di ferro e con un altro prigioniero. Mai un affetto, solo un vago senso di attaccamento molto poco definito con una donna verso la quale ha un gesto di pietà. Il finale è lancinante. La solitudine di Barabba si fa assoluta e nella comunanza della sorte resta isolato dagli altri cristiani, quelli veri, che condividono un'amicizia, una fede, parole di reciproco conforto. Lui è escluso dalla comprensione del messaggio cristiano, vorrebbe conoscere ma non capisce la parola amore. Continua a osservare e a non capire. La cosa bella è che continua a non capire fino alla fine. Il finale poi è eccezionale. Tutto il finale: dalla visita al regno dei morti, all'incendio, alla solitudine del destino di Barabba evidenziata dalla comunanza con la sorte degli altri, alle ultime parole gridate alla notte senza nessuna certezza di essere ascoltato. Bellissimo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    22 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Dormono, dormono sulla collina

Il libro non è brutto, è scritto meravigliosamente con un linguaggio poetico-filosofico ( nel senso che si interroga sulla vita, sulla morte e sul senso di entrambe) con richiami alla Odissea (la maga Circe). Detto questo, il romanzo, tra l'altro molto breve non è per tutti. A me ad esempio non è piaciuto. Tutti questi bei discorsi un po' campati per aria non sono gradevoli per tutti. Secondo me l'autore ha reso molto di più nel suo romanzo Barabba dove ha appoggiato la sua bella scrittura e la sua visione poetica del mondo a una storia concreta che ha reso, tra l'altro, bellissima. Questo testo assomiglia all'antologia di Spoon river solo che non è poesia anche se la ricorda molto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Coehlo, l'antologia di Spoon river
Di questo autore leggete Barabba
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    22 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Più che l'amor potè il digiuno

Di questo romanzo mi è piaciuta molto la scrittura e molto poco la storia. Un marinaio ex prete, Giovanni e un pellegrino si incontrano e simpatizzano su una nave pirata. L'ex prete racconta all'altro la sua vita segnata dalla grande passione per una donna. La passione, nata per una donna velata, dentro un confessionale se non fosse descritta in modo così bello potrebbe essere quasi comica: lui che dopo la notte di passione vede per la prima volta l'amata riscontrando baffi, una certa età e tette cadenti. Il resto per fortuna non era male, poteva andargli peggio. Lei si rende conto che lui non è l'amato di cui porta al collo la foto su un medaglione. Dopo un attimo di sconcerto passa al Beh meglio che niente. La relazione prosegue dopo lo svelamento reciproco, nonostante tutto e senza nessuna tenerezza.
Qualcuno potrebbe parlare di grande passione, certamente, ma potrebbe trattarsi di una più prosaica grande fame. Devo dire che il romanzo Barabba è un'altra cosa, un milione di volte più bello. Di questo ho apprezzato solo lo stile.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Consigliato a chi ha letto...
Leggete Barabba dello stesso autore
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Racconti
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    22 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Felicità ultraterrena

Questi racconti mi hanno sorpreso. Giulio Mozzi ha la capacità di cogliere aspetti e sfumature della vita di tutti i giorni che contengono poesia e soprattutto dolcezza e tenerezza. Ha la capacità rara di vedere il bene che c'è nel mondo e nella gente e di farlo gustare al lettore. La felicità che sa cogliere, forse è terrena, ma sicuramente ha un'impronta che lo è molto poco. Non insegue una felicità materiale. Nei suoi racconti di felicità ce n'è ben poca ma ci sono sprazzi di felicità ultraterrena: Severo, le suorine, i suoi genitori, Tilli, l'impiegata delle poste.Sicuramente questo dono di essere un rabdomante della bontà e della tenerezza gli viene dalla famiglia, dalla sua infanzia felice, dalla ricchezza dell'adolescenza nei gruppi parrocchiali che è descritta in alcuni racconti. A un certo punto spiega di essersene liberato, ma io spero per lui di no, che abbia invece fatto tesoro del suo tesoro per continuare a usarlo nella scrittura. Anche testi meno autobiografici, per esempio la prima parte del bambino morto, contengono lo stesso tratto di delicatezza (vedi le suorine). Non ho letto gli altri suoi libri ma spero che abbia coltivato questa capacità di far entrare il lettore in sintonia con il "bene visibile". Questi racconti mi hanno fatto riflettere su cosa significhi onestà e sincerità in letteratura. Ho trovato nella maggior parte dei racconti il desiderio di usare la scrittura come un trapano per esplorare se stessi e il mondo. La scrittura è spesso speculativa ma non nel senso di puntare un riflettore sull'autore ma nel senso di puntare una lente sull'uomo e sul mondo spesso osservandoli in una prospettiva allargata, anche di fede ma non di bigotteria. A me questo modo di guardare le cose, di cogliere il bello e il buono non in senso di buonismo e di moralismo, mi sono sembrati confortanti per me e interessanti dal pdv letterario indipendentemente dallo stile che è in crescita andando dal primo racconto all'ultimo. Lo stile non incide sul testo tanto quanto incide questa visione delicata del mondo. I miei scrittori preferiti, primo tra tutti il grande Dostoevskij, hanno guardato le cose con la stessa esigenza di verità e di profonda onestà. Ho potuto constatare in alcuni racconti la seduzione di una scrittura diversa, più accattivante, forse più redditizia come risultati. Mi pare che sia davvero molto difficile per uno scrittore perseguire la stessa estrema trasparenza per tutta la sua produzione. E' come esporsi nudi e rinunciare a tutto in un certo senso (Tilli). I racconti che mi sono piaciuti di più sono stati Tilli e Corsa e anche una vita felice.Mi chiedo se sia possibile nel tempo continuare a scrivere sempre con la stessa limpidezza.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    14 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Idealismo e caduta delle illusioni

Bellissimo il modo di raccontare di Galdos, un narratore realista e un tantino cinico che guarda il mondo, le passioni, l'amore romantico con divertito e ironico disincanto. La storia gli dà ragione: un vecchio libertino, Don Lope, vicino ai sessanta anche se meravigliosamente portati, prende in casa la figlia di un amico con il quale si è comportato da grande gentiluomo. La cavalleria e la generosità di don Lope però hanno dei limiti e don Lope davanti a una bella donna è solito deporre ogni scrupolo morale. La ragazzina, Tristana, diventa l'amante del vecchio che è per lei padre, amante e padrone. La mia schiava, la chiama lui. Questo dice tutto sulla condizione della poverina. La ragazza si innamora perdutamente di un pittore. L'amore risveglia in lei il genio e il desiderio di dipingere. L'arte è per la ragazza soprattutto un modo di comunicare e di avvicinarsi all'amato. Immagina di avere trovato con lui quella profonda comunione di anime che quasi potrebbe escludere il corpo. Vuole dunque parlare la sua lingua da sua pari in modo di spingere la reciproca intesa su un piano altamente spirituale. Infatti è di quel tipo d'intesa che sente la profonda mancanza dato il rapporto con don Lope. Dopo un periodo di separazione, Tristana si ammala e il suo fisico subisce delle trasformazioni. Arriva la prova del nove per la relazione spirituale e per Horatio. L'amore ideale vacilla e così con il tramonto dell'amore anche la passione di Tristana per la pittura non ha più motivo di esistere. La ragazza si appassiona per un periodo alla musica ma anche lì, dimostra uno straordinario talento eppure le manca il motivo di usare quel linguaggio. Non desidera più comunicare con alcun essere umano. Tristana ha per sua fortuna uno splendido carattere, forza e spirito di adattamento e riesce a sopravvivere alla sventura senza mostrarsi abbattuta. Alla fine la vita le concederà piccole gioie dopo averle negato le grandi. Rinuncerà alle grandi ambizioni, alla presunzione, alle aspettative che poteva riporre su altri esseri umani. Rinuncerà all'idolo rappresentato dal pittore Horatio e all'amore romantico. Le resta come al vecchio don Lope la soddisfazione per l'albero che cresce, per le galline, per i pulcini e per l'uovo che trova la mattina nel pollaio e il gusto di una torta fatta in casa. Ultima ambizione a essere deposta sarà la sua aspirazione a una onorata libertà. E questo è un po' triste. Alla fine il vecchio don Lope, grande donnaiolo e conoscitore del mondo, avrà ragione su tutto compresa la natura di Horatio e di quell'amore molto più fisico di quanto la povera ingenua credesse. Il vecchio don Lope si dimostra più tenero dell'uomo ideale e disposto per l'amata al sacrificio. Cosa resta alla povera ragazza se la persona più buona con lei è anche il suo carceriere? Solo Dio è all'altezza dello sfrenato idealismo di Tristana: nessun uomo può amare come intende lei l'amore. Tra l'altro anche se lei non si fosse ammalata la storia avrebbe avuto un andamento analogo perchè la grande passione di Horatio non sono le donne ma l'arte. La malattia di Tristana è altamente simbolica della condizione della ragazza e della donna. Il finale è tenero, realista ma anche malinconico perchè il lettore ha sempre presente il più grande desiderio di Tristana: cioè di non essere più schiava.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    13 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Le chiavi delle parole

Di questo romanzo mi ha colpito l'uso della lingua insolito e espressivo. L'idea che è la chiave di ogni parola, catturata dalla scrittura cinese in ideogrammi, è la cosa avvincente del romanzo tutto pieno di parole cinesi. Un esempio: la chiave della parola odio è la notte nel cuore.
In un certo senso un italiano si sente fuori della porta della piena comprensione delle parole e dell'esistenza a contatto con una lingua così bella, e soprattutto con una scrittura così ricca, misteriosa, eccessiva, sfuggente, mai del tutto interiorizzabile. Uno studente fatica a trovare le chiavi giuste e a capire l'idea che rende ogni parola magica e quasi un mondo a sè, certamente più espressiva di una semplice parola europea. La prima parte del romanzo è particolarmente bella. In un certo senso anche la storia mi è sembrata funzionale alla scrittura e alla parola e alla sua forma: la madre che non parla, i vestiti storpiati che assomigliano alle parole cinesi scritte male. La storia non mi pare molto importante. La cosa bella è il come, è l'espressione di un malessere interiore che forse è distanza dal senso vero delle cose (e quindi delle parole) che trova voce in una storia un po' storta e rappezzata come i vestiti cuciti male con pezzi di altri vestiti. La storia d'amore con il cinese sembrerebbe in grado di dare un po' di senso a tutte quelle parole e di raddrizzare le cose invece si storpia anche quella.Certo, la protagonista grazie a quel modo tutto originale di raccontare sembra al lettore capace di tutto e quindi anche di vivere una esperienza estrema, insensata, assurda. La storia secondo me è zoppicante e poco comprensibili sono i rapporti tra i personaggi, in primis tra i due fratelli. Lo sviluppo anziché spiegare rende il tutto più oscuro e incomprensibile. Il finale non apre spiragli ma sembra chiudere porte anche se potrebbe aprire spiragli. La storia non mi ha colpito, anzi.
Però devo dire che la scrittura mi ha affascinato.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    10 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

L'infelicità e Cristo

Sotto un certo rispetto io so certamente che il
giorno che verrò liberato, passerò da un carcere ad un
altro e vi son momenti in cui il mondo intiero non mi
sembra più vasto della mia cella e non mi pare meno
colmo di terrore. Tuttavia in origine Dio creò un mondo
per ogni singolo uomo, ed è in questo mondo intimo a
noi che dobbiamo cercare di vivere.

Oscar Wilde dal carcere, dimenticato dal suo pubblico, deriso da molti e abbandonato dall'amante (a causa del quale è finito in carcere) e da molti amici, scrive alcune pagine molto intime e profonde di riflessione sulla sofferenza e sulla figura di Cristo. Superata la tristezza, la malinconia, la disperazione, la rabbia, l'odio si ritrova in una situazione che vede stranamente fertile di contatto con la vita vera. Si rende conto di avere avuto finora un rapporto superficiale con il mondo, nel senso di essersi fermato e limitato alla superficie delle cose che era quella che un tempo l'attirava come esteta e come artista.
Ora ribalta non solo il suo modo di percepire la vita ma anche la religione, la società e l'arte.La sofferenza gli dà modo di guardare in profondità dentro di sè e dentro la vita e di sentire il contatto con una esistenza più vera. Da qui riflette anche sulla verità nell'arte e sulla figura di Cristo come artista: l'arte richiede infatti immaginazione e l'immaginazione è un atto d'amore. La sofferenza lo lega alla verità. Verità della sua condizione, della vita e verità anche nell'arte.
La verità in arte è l'esteriore come diretta emanazione dell'interiore, dice nella prima parte di riflessioni.
In un certo senso il dolore e la sofferenza sono il terreno più fertile da cui può quindi nascere l'arte.
La sofferenza avvicina Wilde anche al cristianesimo che ne dà un valore positivo. Per il cristianesimo la sofferenza è la vera moneta del mondo nel senso che mentre il piacere e la ricchezza non sono mali in sè ma allontanano l'uomo dalla sua interiorità e da Dio, la sofferenza al contrario ha una funzione importante nell'avvicinarli e nel richiamare ogni uomo alla sua anima. Ma quello di Wilde non è un dolore o una sofferenza generica ma la cosiddetta infelicità. Sull'infelicità c'è un saggio di poche pagine scaricabile in pdf da internet di Simone Weil, che io ho trovato interessantissimo. Simone parla dei tre requisiti per l'infelicità di cui quello imprescindibile è la caduta sociale (la prigione per Oscar).
E paragona la persona infelice alla gallina ferita che è l'equivalente dell'uccello dipinto dell'omonimo libro. La ferita induce le altre galline alla crudeltà e a infierire come spesso sperimentano appunto nella loro vita le persone infelici. Perchè se la sofferenza è passeggera, il dolore idem, l'infelicità spesso diventa una sorta di condizione permanente dell'individuo, una specie di maledizione. Anche Simone osserva questa maledizione da un punto di vista cristiano e dimostra come sia una condizione di estrema vicinanza a Dio pur nella sua massima distanza.
Dalla sua posizione "privilegiata" , Oscar ha una visione della vita più profonda e vede come Cristo non solo abbia avuto una tolleranza estrema, una simpatia speciale per le persone infelici, maledette. Ma abbia avuto un po' in antipatia gli atteggiamenti presuntuosi, perbenisti e arroganti di chi si sente nel giusto e dalla parte dei buoni o dei saggi (filistei, farisei, scribi, sacerdoti).
Colpisce come Oscar si senta ormai predestinato all'infelicità e al martirio sociale. E come veda questa dolorosa condizione come la sua possibilità migliore di riscatto umano di riabilitazione della sua anima che sente sia stata indegna della moglie e di alcuni amici fedeli e che sente di avere in qualche modo sporcato e tradito anche se magari non per le cose per cui è in carcere.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Consiglio di leggere il saggio sull'infelicità di Simone Well scaricabile da internet di circa 27 pag.
Trovi utile questa opinione? 
170
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    08 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Giochiamo alla questione sociale

Decisamente non il miglior James.
Lo stile è il suo: pulito, tagliente, ironico, sarcastico, cinico al cianuro nella frase finale che mi ha fatto cadere dalla sedia dal ridere. Non me la aspettavo nemmeno da uno come James in quel contesto.
E' la storia che non mi è piaciuta molto. L'inizio è carino e molto dickensiano anche se James non ha l'ingenuità candida di Dickens, tutt'altro. Però il tipo di personaggi (la buona sartina, il figlio del nobile e della prostituta) e la situazione iniziale me lo hanno ricordato.
La storia è questa: un bambino (figlio di un nobile e di una prostituta) viene preso in affidamento da una buona sarta e cresciuto con tutte le premure da lei con l'aiuto di un amico violinista. Il ragazzo è intelligente e abbastanza idealista e viene in contatto con persone che si interessano alla questione sociale, primo tra tutti Paul. I due amici diventano amanti della stessa donna, la Principessa Casamassima del titolo, che li avvicina perchè interessata a sua volta alla questione sociale.
Ora la questione sociale è affrontata nel romanzo in modo fastidioso. C'è un vasto complotto di cui chi ne fa parte ha solo una vaga idea. Nessuno conosce le idee che ci sono dietro per non parlare dei piani. Si giura fedeltà e si promette di mettere in ballo la propria vita senza sapere cosa si dovrà fare, con chi e perchè. Quando la principessa si mette in testa di saperne qualcosa di più e di contribuire alla causa, la cosa si fa caricaturale perchè gli interessi della donna sono discutibili, la sua più grande abilità è quella di essere una intelligente conversatrice, e le cose che vorrebbe sapere non le sa nemmeno James. Piano piano si scopre che della questione non importa poi molto a nessuno. La Principessa è una donna intelligente che vivendo in ozio la maggior parte del tempo deve pur procurarsi delle emozioni. Il personaggio più interessante è lei, speculare al personaggio maschile di Paul: mi sembra di riconoscerci l'autore. Credo che l'autore come Paul sia in grado di capire le debolezze dei suoi simili e di ricavare dai suoi simili quello che possono dare. Nel caso di Paul quello che cerca è un tornaconto materiale mentre la Principessa pretende di essere sorpresa e divertita o interessata, quindi cerca un tornaconto intellettuale. Non per niente quando la Principessa invita Paul ad andarla a trovare, Paul come prima cosa le chiede cosa gliene verrebbe e rifiuta di andarci, lasciandole capire che l'aspetto intellettuale non è sufficiente. Sono due personaggi attrezzati a vivere perchè sono riusciti ad escludere il cuore e i sentimenti dalle loro relazioni. Questo li rende poco vulnerabili, sicuri di sè e affascinanti. D'altra parte c'è una contropartita che è probabilmente la noia. La principessa lo ammette chiaramente di avere bisogno e di ricercare nelle sue frequentazioni degli stimoli intellettuali. Il suo interesse ai poveri e la sua intenzione di frequentare i luoghi malfamati è nello stesso spirito di chi va a caccia della sua adrenalina in qualche modo. D'altra parte le relazioni che non contengono una componente affettiva si consumano e vanno cambiate. Il fascino della Principessa è che prova un interesse autentico per la persona che ha davanti, quasi una fascinazione, e questo a sua volta avvince l'interlocutore. Ma altrettanto sinceramente se ne stanca. Paul è simile a lei solo che non gli interessano gli esseri umani ma le idee e il suo approccio alla questione sociale o alla ideologia è simile a quello di lei con gli esseri umani. Non c'è nessuna fede o passione in Paul. Paul nella relazione con la Principessa non si lascia consumare, non le dà tutto se stesso ma prende quello che gli fa comodo. Mantiene la sua mente per sè e quindi continua ad avere la fonte del suo fascino. Gli altri invece svelano se stessi senza riserve. In un certo senso è come se James dicesse che nelle relazioni il più forte deve essere cinico, tenere il cuore in cassaforte, restare lucido in modo da giudicare l'altro sforzandosi di smascherarlo e guardandolo per come è. Ma Paul è migliore, più forte della Principessa perchè conosce anche meglio se stesso. Questo lo rende più calcolatore ma come personaggio lo preferisco a lei. Immagino che James ci si rispecchi. Credo che avesse anche lui una sorella malata cui era molto legato. Hyacinth invece non mi è piaciuto particolarmente come personaggio. Dovrebbe essere il più idealista anzi lo è, ma mi pare che sia soprattutto un individuo con poca personalità. Corre troppo dietro alla Principessa e depone all'istante la sua passione per la causa ai suoi piedi. Non mi pare probabile che appena una donna, fosse pure la più bella del mondo, vuole sapere i nomi dei congiurati, uno che fino alla riga prima giurava fedeltà assoluta alla causa, vuoti subito il sacco. Il romanzo ha qualcosa che non va nella costruzione, troppe pagine e poi quella Principessa sempre al centro di tutto. In questo romanzo James riesce a essere esasperante soprattutto nella seconda metà e con quella questione sociale in cui i congiurati sembrano essere del numero giusto per una partita a briscola.
E comunque James è troppo riservato. Per capire che i due amici sono stati amanti della Principessa bisogna arrivare alle ultime pagine e intuirlo perchè chiaramente non è mai detto. Eppure è un elemento utile a inquadrare le relazioni.
In ogni caso non credo che la questione sociale sia mai rientrata tra gli interessi di James.
La conclusione non mi sembra legata al maggiore idealismo di Hyacinth ma al fatto che le sue illusioni (tra cui rientra l'idealismo) si scontrano con la realtà e che il suo mondo affettivo vacilla.
Il romanzo nel complesso sembrerebbe un invito a deporre gli ideali davanti alla cruda realtà del proprio tornaconto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Meglio gli altri
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

L'amore secondo Cartesio

"Meglio pensare che l'universo sia razionale e che si possa giungere a conoscere una piccola parte della sua verità per quanto falsa sia".
Il romanzo racconta la storia di una studentessa di filosofia povera sia di soldi che di affetti dato che la madre è morta poco dopo la sua nascita di tumore e che il resto della famiglia la incolpa di quella perdita. Per questo nonostante sia brillante e intelligente, troppo perchè la sua intelligenza le sia utile, è definita disadattata e asociale. In realtà la maggior parte dei suoi problemi le viene dalla socievolezza cioè dal desiderio di essere accettata e amata e di avere delle sorelle. Le "sorelle" approfittano del suo desiderio di inclusione per avere vantaggi scolastici. Con lo stesso esagerato spirito di adorazione, la ragazza si innamora di un compagno di corso molto più grande di lei, anche lui disadattato perchè nero (siamo in un ambiente stranamente molto razzista) oltre che poco socievole.
"Tra uno e nessuno si stende l'infinito". Forse su questo si basa la strana storia d'amore, se d'amore si tratta, essendo adorazione da parte di lei e un mezzo rifiuto da parte di lui. In un certo senso il cammino è utile a entrambi, dato che lei sembra liberarsi dalla schiavitù del desiderio dell'approvazione altrui e lui fa uno scalino che lo avvicina a un altro essere umano. La storia del loro rapporto non è chiara e lui soprattutto è abbastanza oscuro (ha moglie e figlio ma non ne parla subito con lei). Lei, Anelia, è riassunta in quel nome che richiama l'idea di anelare e annullare e di non essere come se la sua essenza consistesse nel sacrificio di sè per amore. Anellia fatica a capire le leggi del mondo o forse le capisce ma non sa farle sue e regolarsi di conseguenza. La storia d'amore è una negazione del corpo in quanto il rapporto tra i due è soprattutto intellettuale: lei è quasi anoressica e lui è soprattutto una voce dentro un corpo che avrebbe potuto essere anche molto diverso. Una voce che parla e non ascolta. Non chiama mai Anellia con il suo vero nome come se lei non fosse importante ma esistesse solo in funzione di lui. Eppure, anche se la storia inizia con un certo palpabile odio da parte di lui per la pelle bianca di lei, poi sembra fare stentati passi avanti.
La storia fa pensare che l'universo non sia razionale, dopo tutto. Che la fiducia nella razionalità e nella logica siano mal riposte, che la filosofia sia il sogno del disadattato che cerca di mettere ordine, un ordine per lui rassicurante e comprensibile, dove non ce n'è. In un certo senso il desiderio di capire è un'esigenza di controllo sul mondo che nasce dalla sfiducia estrema nel mondo che va tenuto a bada come un animale pericoloso. Ma la domanda che cosa vuoi da me che il nero fa in continuazione alla ragazza non ha una risposta razionale perchè la risposta razionale prevederebbe di stare alla larga da una simile situazione. Il nero vorrebbe capire l'amore ma non può capire ciò che non si afferra con la mente. Forse il rapporto di reciproco affetto può far digerire ai due la possibilità che non tutte le risposte siano raggiungibili con una intelligenza brillante ma razionale e logica.
La conclusione "se fra noi andrà tutto bene ti porterò quaggiù" è molto carina ma ci vuole un filosofo per prenderla con filosofia, qualsiasi altra persona farebbe un gesto poco elegante a quel punto del racconto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Candore: terapia d'urto

La storia di una ragazza ingenua, candida, trasparente, onesta, buona che deve fare i conti con un corteggiatore attirato dai suoi soldi, una zia cretina e un padre intelligente ma cinico. Il tutto raccontato in modo intelligente e ironico, con un'ironia anch'essa spietata nello sviscerare la durezza di cuore di tutto il parentado nei confronti del quale la ragazza cercherà di difendersi con il suo riserbo, e un contegno in apparenza freddo e distaccato. Il romanzo è molto piacevole, certo il padre è quasi spietato, forse troppo. La mancanza di cuore di quasi tutti i protagonisti è esagerata dall'apparente mancanza di reazioni della ragazza che non esprime il dolore e non denuda mai l'anima di fronte a quel pubblico avido di lacrime e sangue e di ferite esposte. E' come se tutti si fossero messi d'accordo per spezzare la ragazza cui rimproverano una libertà interiore così poco femminile, così inadatta al ruolo di debole femmina cui si addicono pettegolezzi, lacrime e sospiri. La ragazza è un bellissimo personaggio. Anche il narratore sembra unirsi al coro con il suo modo di raccontare a tratti quasi cinico.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

Con lacrima (disegnata)

Questa storia ha il sapore dello spettacolo del circo e la stessa poesia, gli stessi elementi felliniani e un po' stereotipati e sempre poetici. Pierrot è il pagliaccio, quello che fa la corte alla bella figliola del proprietario del parco di divertimenti, quello che viene buttato fuori, licenziato e che, per quanto la ragazza è disinvolta, non riesce a avere il facile successo. E' l'innamorato triste, innamorato dell'amore. Assomiglia a Augusto Perez di Nebbia, innamorato delle donne. Forse per questa sua passione così universale e vaga non ha molto successo con la singola maschietta. Carino l'incipit che contrappone i pagliacci ai filosofi. I filosofi sono quelli che prendono la vita con filosofia cioè con ardente materialismo, sono i guardoni del palazzo della risata. Alla loro filosofia da bottegaio è contrapposta la leggera spensieratezza del clown superiore alla vita che prende come uno spettacolo da circo con più poesia, leggerezza e meno serietà.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Gennaio, 2017
Top 10 opinionisti  -  

L'amore platonico

Ecco perchè il lupo di Cappuccetto Rosso voleva mangiarsi la nonna: ma purtroppo in casa Mishima non è arrivato in tempo, forse sapeva che anche lì avrebbe fatto una brutta fine. Questo romanzo è molto interessante dal punto di vista letterario e soprattutto dal punto di vista umano perchè racconta una realtà così indicibile che l'autore ha dovuto per buona parte della sua vita indossare una maschera. La maschera del titolo è richiamata all'inzio del romanzo dal gusto per il travestimento di Yukio bambino. Però essa ha un valore simbolico di nascondimento dell'identità piuttosto che di desiderio di mutare di identità (in una femminile). L' omosessualità di Yukio è parziale e strana, unita a una vena di sadismo, non sembra una omosessualità effettiva. La confessione contenuta nel romanzo è un grande atto di coraggio: gli potrebbe far perdere il suo solo amico, ma il peso della finzione gli è diventato insostenibile. La vita di Yukio inizia nel peggiore dei modi: sottratto alla madre dalla nonna inferma vive recluso per il timore della nonna che la madre se lo riprenda. Il padre riesce a tenere lontano dalla terribile vecchia gli altri figli ma impiega 9 anni a riprendersi Yukio.
Il carattere di Yukio ne esce minato alla radice: nessuna figura femminile di attaccamento, nessun salutare complesso di Edipo ma allo stesso tempo un certo rancore verso il padre che non si è imposto sulla nonna lasciandolo nelle sue grinfie fino a 9 anni e psicologicamente anche oltre ( se non passava un giorno a settimana in casa della nonna cascava il mondo). Per di più il padre che non si è mai imposto sulla vecchia lo costringe a studiare legge e quanto la materia gli interessi si capisce perfettamente.
Detto questo Yukio-ragazzino si scopre invertito come dice lui ma purtroppo non del tutto: sente attrazione per gli uomini ma si innamora delle donne. Da qui una condizione terribile di non poter unire anima e corpo in un rapporto d'amore di cui avrebbe estremamente bisogno. Bellissimo il suo rapporto d'amore platonico con la sorella del suo più caro amico, Soniko; che però non osa sposare per mancanza di attrazione fisica.
Il romanzo in sè è una richiesta di amore e di accettazione. La conclusione fa sentire anche al lettore quanto Yukio si sia potuto sentire tagliato fuori dal mondo e lontano dall'umanità, condannato a una percezione negativa di sè e a un senso di peccato e di stortura morale incancellabile. Solo il rapporto d'affetto con Soniko ha su di lui un effetto purificante e di sollievo. Ma crede che un simile rapporto non possa esistere o sopravvivere nel mondo degli adulti, ma solo in una strana nicchia residuo dell'infanzia destinata a sparire, la cui esistenza è precaria. Forse la scrittura del romanzo potrebbe contenere il rimpianto di non avere avuto abbastanza fiducia in Soniko e nell'amore. A un certo punto la porta si chiude o così pare per la sua non disponibilità a togliere la maschera.
"Innanzitutto è forse ammissibile un amore che non abbia alcun fondamento nel desiderio dei sensi? Non è questo un assurdo ovvio e lampante? Ma poi mi si affacciò un altro pensiero: ammesso che la passione umana abbia la virtù d'innalzarsi al disopra di ogni assurdo, come si può sostenere che non abbia anche quella d'innalzarsi al disopra dei propri assurdi?"

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    28 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Essere e quasi non essere

"A quell'ora il mio amico Franz Tunda, 32 anni, sano e vivace, un uomo giovane, forte, dai molti talenti era nella piazza davanti alla Medeleine, nel cuore della capitale del mondo e non sapeva cosa dovesse fare. Non aveva nessuna professione, nessun amore, nessun desiderio, nessuna speranza, nessuna ambizione e nemmeno egoismo. Superfluo come lui non c'era nessuno al mondo".
Franz Tunda, tenente dell'esercito austriaco per desiderio del padre, non fa nulla a modo suo nella vita. Deve rinunciare alla musica che ama, fare l'accademia militare dove riesce benissimo in ciò che non gli interessa e infine deve andare a combattere. Finito prigioniero dei russi riesce a scappare grazie a un polacco che lo ospita per anni per poi diventare per puro caso e senza convinzione alcuna rivoluzionario bolscevico. In genere sono le donne a tirarlo di qua e di là, dirottando la sua vita. Certo, a partire dalla rinuncia alla musica la sua vita si diluisce. Il rapporto con il fratello si perde nell'invidia (lui può studiare musica) . Una serie di circostanze indirizzano le sue scelte politiche, di donne, di luoghi in cui vivere. La fuga del titolo è quasi più una ricerca del primitivo Tunda che si è perso, senza peraltro trovarlo mai. E' un passare da un luogo a un altro da una donna all'altra apparentemente alla ricerca della fidanzata quasi fosse stato il lasciarla l'errore principale della sua vita. Tunda incontra donne che lo distolgono dal ritorno a Irene, la fidanzata, molto facilmente. Forse non sentendo se stesso teme di non essere amato da lei. Una donna tra le tante le assomiglia molto. Tutte hanno una certa leggerezza di costumi. Ma probabilmente Irene non è il vero problema di Tunda. E certo non è il solo. Anche l'idea di cercare Irene quando è ormai sposata è un tentativo falso di affrontare un problema. Avrebbe dovuto cercarla prima o almeno farsi riconoscere da lei e parlarle. Alla fine Tunda è così insicuro di se stesso che non tenta di avere un rapporto vero con nessuno: da Irene, al fratello, alle sue mogli e donne varie. La sua mancanza di prese di posizione, di scelte, di atti di volontà lo rendono invisibile come uomo alla sua stessa coscienza. E gli fanno temere di essere invisibile agli altri. Significativa la scena dell'incontro con Irene. In realtà è un uomo che ha una grande facilità di rapporti: dal polacco alle donne (tutte), chiunque si lega a lui. Non sono i rapporti con gli altri il vero problema ma quello con se stesso e dunque con la fidanzata come conseguenza. Lei lo conosce, lo ha conosciuto, teme le sue aspettative.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Lindbergh Presidente

Cosa sarebbe successo se.... Se Lindbergh, il noto aviatore, si fosse candidato e avesse vinto le elezioni a presidente USA ai tempi di Hitler (anni 30-40)? Lindbergh era infatti noto per le sue simpatie filo naziste e per il suo antisemitismo. E' possibile immaginare un ribaltamento dello scenario mondiale e un deterioramento delle condizioni di vita per gli ebrei in America, un dilagare anche nella buona America delle stesse idee razziste che circolavano ovunque in Europa e certamente, in modo sotterraneo anche oltreoceano.
Questo è il terreno da cui nasce Complotto contro l'America. Devo dire che pur apprezzando Roth moltissimo, questo romanzo non mi ha entusiasmato nè nell'idea nè nei contenuti nè nella forma. Certo Roth scrive bene e rende la vicenda politica e familiare molto credibile.
Ma, non so. Mi sembra di cattivo gusto immaginare i guai della famiglia Roth in un periodo in cui le famiglie ebree nel resto d'Europa se la passavano così male e fantasticare su una vicenda dai contorni tuttora oscuri che ha portato a Lindbergh stesso tanto dolore. Mii sembra un libro abbastanza fuori luogo pur nel suo spirito americano.
Mi sembra anche stupido pensare di essere superiori come paese, come moralità, come gente al resto del mondo e supporre che comunque le cose in America troveranno sempre un argine nel buon senso della gente e nella sua volontà di bene, che certi orrori non potranno mai verificarsi in America, anche se questa idea in un certo senso fa onore a Roth, è tenera in un uomo intelligente come lui. E' un libro troppo vicino alla realtà per introdurre l'elemento Ubik alla Dick. Il Simpatizzante che ho appena letto narra di una vicenda storica, la guerra in Vietnam, ma introduce l'elemento irrazionale e in qualche modo astratto dato dalla follia dei campi di rieducazione che pure sono effettivamente esistiti in tutti i paesi comunisti ma nella loro farneticazione sembrano uscire dal registro del racconto storico.Invece questo romanzo di fantapolitica è troppo realistico, troppo "autobiografico". Non mi piace il fatto che un romanzo con un tema razziale ampio e con una base di fanta politica tocchi soprattutto una famiglia o due. Soprattutto il romanzo suona falso. Insomma, questo non è il mio Roth preferito.
Forse ora sarebbe il momento per lui di riscrivere Un complotto contro l'America sulla base delle ultime news dall'America azzardando un finale alla Dick o riproponendo la sua fiducia a priori al suo paese per rassicurare chi non ha la stessa fiducia a priori.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    19 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Schizofrenia globale

Il romanzo Il simpatizzante, premio Pulitzer 2016, mette il dito su una ferita ancora aperta nel cuore americano: la guerra in Vietnam. L’autore lo sa fare con intelligenza in modo critico (ma nel finale la critica si diluisce e si disperde). In realtà quello che nella prima metà è un romanzo saggio sulla guerra in Vietnam e sui suoi retroscena diventa andando avanti soprattutto un Orwell ambientato nel passato e nel presente, cioè nell’attualità. Il romanzo porta il lettore a guardare il mondo con occhi disincantati, spietati, cinici senza trovarci un’ombra di umanità.
Il romanzo parte con il bellissimo incipit: Sono una spia, un dormente, un fantasma, un uomo con due facce. E un uomo con due menti diverse, anche se questo probabilmente non stupirà nessuno.
Il Capitano, l’io narrante, ci racconta di se stesso, un uomo con una natura doppia, padre europeo e madre vietnamita. Un uomo diviso dall’amore per la madre e dall’odio per il padre ( un prete che ha abusato della madre-ragazzina tredicenne). Diviso dalla sua razza che lo considera un bastardo, dai suoi parenti che lo trattano da inferiore. Ha al mondo due soli amici e un deserto affettivo e sociale da cui sa solo di voler emergere a ogni costo. “Promettimi che sarai migliore di tutti loro”, gli chiede la madre. Questo desiderio di farsi avanti è la molla che lo spinge, una molla spietata puntellata dall’odio più che dall’amore per la madre. Mai una volta il Capitano sembra muoversi all’insegna dei sentimenti. E’ sempre la sua mente divisa a dettare le regole del gioco, a suggerire cosa conviene e non conviene fare. Unica eccezione il rapporto con gli amici.
Il Capitano, fuggito dal Vietnam in America grazie a un alleato dell’esercito americano, analizza alla perfezione la società americana affetta dalla stessa schizofrenia,che affligge anche lui: l’ipocrisia ovvero la doppiezza. La società americana mostra una faccia amichevole e sorridente ma ha una mente nera e le mani sporche di sangue. Il Capitano odia questa società perché assomiglia molto a suo padre che spiegava alla gente i sermoni e la parola di Dio che non applicava. L’odio per il padre biologico si estende dalla società alla religione cattolica e alla parola di Dio (considerato una estensione del suo padre biologico). Il romanzo è pieno di citazioni religiose a scopo non religioso anzi allo scopo opposto di smontare/irridere il senso religioso. Quale ideologia potrebbe cullare l’odio per religione e per il capitalismo meglio del comunismo? Perciò il Capitano è una spia, un dormiente, un simpatizzante comunista. Lavora per il Vietnam del Sud ufficialmente ma fa la spia per il Vietnam del nord. In un certo senso per allontanarsi dal padre ne segue le orme ricalcandone la doppiezza. In fondo, gli verrà detto a un certo punto, basterebbe scegliere: tra nord e sud del Vietnam, tra capitalismo e comunismo, tra bene e male, tra essere un soldato o un amico. Ma di fatto il peccato originale del Capitano è non scegliere. Vivere nel solco di due vite vivendo sia l'una che l'altra a scapito degli affetti che non si può permettere perchè farebbero oscillare la sua identità. Unico suo lusso sono quei due amici.
Il Capitano è un Bastardo. Un Bastardo non solo dal pdv del DNA ma soprattutto dal pdv del comportamento con i suoi simili. Manda a morte i due personaggi migliori dal pdv umano del romanzo: un ufficiale gaudente e Son, il personaggio a lui più simile (come origini) ma in una versione idealista. Il Capitano è diviso anche interiormente: agisce ma ha una Coscienza, non trova piacere a tradire, spiare, uccidere. Il suo senso di colpa si esplicita nella insolita capacità di parlare con alcuni morti e fare beneficienza alla vedova.
In ogni caso avrà modo di espiare le sue colpe.
Il romanzo è intelligente, lucido, spietato. Mancano i sentimenti e gli ideali e in 500 pagine la mancanza del cuore pesa, nonostante l’autore compensi bene con la sua intelligenza brillante. Il mondo descritto è invivibile e insopportabile. Lucido il riferimento all’arte a al suo scopo didascalico e propagandistico. La visione del mondo è spietata a 360 °C. Non salva nessun uomo e nessuna ideologia. Il romanzo è freddo ma non disperato. Ha la freddezza di chi è ben consapevole che per sopravvivere occorre un coltello tra i denti ed è ben deciso a usarlo. In un certo senso una simile storia non riconcilia con il mondo e con l’umanità ma nega l’umanità. Afferma il nulla come unica cosa più importante della libertà e dell’indipendenza. Nega i sentimenti. E’ un romanzo raggelante. Forse esiste l’amicizia, ma il paio di amici che ci sono in 500 pagine non scaldano il cuore.
A me sono sembrate di troppo le ultime dieci pagine ( un po’ didascaliche) che accompagnano il lettore in modo superfluo, smorzando l’effetto del romanzo. Avrei terminato il tutto lasciando il lettore con indosso gli abiti leggeri e alla rovescia del niente, abiti che solo un Bastardo o un uomo senza faccia può indossare.
Un romanzo bello ma gelido che non riconcilia con il mondo e con la vita, anzi… Ne emerge un mondo disumano e senza speranza dato che l’unica speranza è sopravvivere. E i buoni ( Son) non ce la fanno. Ma forse non ne vale la pena.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Orwell
Trovi utile questa opinione? 
190
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    14 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

L'abitudine all'attesa

Bellissimo questo romanzo, triste, malinconico ma bellissimo. Andrebbe riletto per come è denso di parole e di immagini. Una madre si suicida buttandosi con l'automobile nel lago, lo stesso lago in cui era morto suo padre in un disastro ferroviario anni prima, e lascia due bambine Ruth e Lucille alle cure della nonna. Alla morte della nonna le bambine passano sotto l'ala di zia Sylvie che fino a quel momento aveva fatto una vita di vagabonda. .
Da quell'attesa delle bambine (del ritorno della madre) piena di fiducia e di speranza, nasce una vita che riproduce quel momento in modo quasi perfetto riempiendo ogni istante di attesa, facendo sentire in ogni circostanza il personaggio e il lettore sulla banchina della stazione o sulla sponda di quel lago che è un posto dell'anima non solo fisico. In ogni momento ogni personaggio e soprattutto Ruth sembra in attesa di e separato da.
Bellissimo il modo in cui vengono descritti i rapporti tra le persone. L'attesa nei rapporti umani diventa distacco, separazione, incapacità di essere uguali agli altri. Da questo stato di diversità, stato doloroso, le due sorelle prendono strade diverse. Lucille decide di diventare normale e si applica a questo con feroce determinazione. Ruthy si sente all'opposto proiettata ancora più indietro nella nebbia dell'attesa, della diversità, della randagità anche perchè questa sua diversità viene a un certo punto colta dagli abitanti della cittadina e posta sotto osservazione. Come sempre succede alle persone strane quando si fa caso a loro, la loro diversità si impenna e si fa insostenibile.
I rapporti umani sono anche essi strani: profondi, intensi, ma fatti di abbracci che non trattengono, di dita che non stringono quasi fossero alghe e non mani, qualcosa che sfiora ma non chiude. Perciò, l'affetto è sempre mescolato alla nostalgia, al senso di perdita, al senso di provvisorietà e di attesa riproponendo ogni volta quell'attesa unita al timore che sempre in ogni momento potrà esserci il nuovo distacco. La stessa presenza contiene in sè i semi del distacco. Questo stato oltre che doloroso ha qualcosa di bello, per cui la vita randagia, la casa disordinata e sconnessa, la passeggiata sul lago sulla barca malmessa e sulle traversine sotto il vento impetuoso hanno qualcosa di affascinante che attira e induce all'allontanamento dalla normalità. La normalità ha i contorni della realtà e i suoi spigoli mentre la randagità ha tutte le sfumature e le bellezze e anche la tristezza del sogno. E' uno stato che crea una sorta di dipendenza e di assuefazione. Tutto è provvisorio. La zia potrebbe prendere il treno, gli abitanti potrebbero pretendere l'affido delle ragazze a famiglie normali. Bella anche la trasformazione delle cose. L'incapacità a vivere e a tenere relazioni normali si specchia nella casa disordinata dove si accumulano oggetti inutili mentre i vetri, le finestre, le ante dei mobili si rompono e restano con quell'aspetto di rovina che nessuno e niente riesce a contrastare come tradissero con il loro aspetto la natura delle persone dichiarando a gran voce la loro stranezza e incapacità e impresentabilità.
Belle le descrizioni della natura. Il ponte sul lago su cui passa il treno, un treno sull'acqua che ricorda le immagini indimenticabili del film di Miyazaki La città incantata, è un ponte tra il mondo dei viti e il mondo dei morti, tra realtà e sogni, un ponte che avvicina Ruthy alla madre e al nonno in modo pericoloso. La malinconia è come il canto della sirena e spira tra le pagine e chiama Ruthy e Sylvie dentro il lago. In un certo senso la vita di vagabondaggio che attira le due donne è per loro l'equivalente di essere accampate sulle sponde del lago, guardando il lago in attesa. Bellissimo il finale sempre sotto il segno dell'attesa e della speranza, della vicinanza unita al distacco e alla nostalgia e al senso di perdita come se gli esseri umani fossero ormai incapaci di stringersi una mano e fossero diventati tutti ombre o nuvole.
"Quel giorno mia madre era felice, noi non sapevamo il perchè, e se il giorno dopo era triste noi non sapevamo il perchè. E se il giorno dopo era scomparsa,noi non sapevamo il perchè. Era come se raddrizzasse continuamente la rotta contro una corrente che non cessava mai di spingerla. Oscillava senza sosta, come una cosa nell'acqua, ed era una danza aggraziata e lenta, una danza triste e impetuosa.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
LIla
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    12 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

L'addio

Bellissimo questo romanzo di Tabucchi. Pieno di nostalgia, di malinconia, di tristezza, di intelligenza con una scrittura surreale e onirica che non racconta ma nasconde una storia come dietro una serie di veli per cui si intravede l'ombra di una storia senza distinguerne i protagonisti e gli eventi. La traccia raccontata cambia ogni volta leggermente, scorrono i protagonisti, si mescolano e si confondono. Non si capisce chi sia Tristano, se sia lo scrittore morente, se l'altro scrittore, arrivato al capezzale del morente sia reale o meno. Il testo è onirico, confuso, con la mutevolezza dei sogni e tutta la loro bellezza. Si capisce tra le righe che si racconta di un amore (anche dal nome del protagonista Tristano) e di un tradimento. Forse la storia è così confusa perchè anche chi la racconta non ha il coraggio di ricordarla senza cambiarla, senza sfuggire a se stesso e al suo ruolo in un gioco di specchi e di fughe in cui la morfina è complice e confessore al tempo stesso. Pure Dio in cielo si trasforma, viene sostituito da un altro dio: pippopippi, forse dio dei traditori e dei non pensatori. La vera libertà è non pensare, è essere pensati. La scrittura è bellissima.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Racconti
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    07 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

La trota che guizza tra le pietre mi ricorda la tu

Questi racconti sono molto suggestivi. Certi sono bellissimi, di una qualità letteraria difficile da raggiungere. Alcuni si connettono gli uni agli altri, altri no. Forse, pur nella bellezza delle pagine, alcune incredibili, l'intermittenza delle connessioni appare come limite, se vogliamo trovare un difetto a questa raccolta. Alcuni racconti restano in sospeso e lasciano il lettore con la sensazione di non avere in mano un pezzo del puzzle e quindi con il desiderio di voler capire senza avere sufficienti elementi. Per il resto i racconti sono sul male: il male è impersonato ora dal potere politico, ora dalla morte incombente, dalla vecchiaia, dalla scrittura che è menzogna e separa dalla vita, dall'amore perduto, lasciato andare e rimpianto, da una persona che può esercitare qualche potere sugli altri. Il racconto che ho preferito è il primo, che però è incompleto e insoddisfacente anche se molto suggestivo; e soprattutto il racconto "la trota che guizza tra le pietre mi ricorda la tua vita". Le corde migliori di Tabucchi sono la nostalgia e la malinconia e questo racconto è pieno dell'una e dell'altra e anche di un velo di ironia e forse di un tocco autobiografico nella descrizione del vecchio poeta: solo, solo con i suoi ricordi e i suoi morti fatica ad avere contatti reali con il presente e con le persone vere. Vuoi perchè le persone che conosce non gli piacciono, rimpiange un amore passato, si diverte a giocare con la bionda che ha davanti che non è niente per lui: è stupida, bella, vuole qualcosa, non ha quella piacevole intuizione del male delle persone maliziosamente intelligenti, non è l'altra donna, quella che ha lasciato andare via, lo tratta come se fosse il grande poeta che non sente di essere, lo asseconda nella finzione che è ed è stata finora tutta la sua vita perchè la scrittura, l'arte è finzione di cui chiedere perdono a se stessi. Il discorso sulla falsità della scrittura e sul peccato che si fa scrivendo (verso se stessi) è estremamente interessante.
Terribili le parole del Requiem di Verdi che il poeta canticchia tra sè "Confutatis maledictis" che sembrano sancire la doppia condizione di confusi e maledetti per i poeti come lui e gli scrittori in genere. Sembrano accompagnare il poeta in una atmosfera gotica verso la notte, la morte che lui sembra attendere lì solo nella sua casa, sicuro e fiero della sua colpevolezza di fronte a Dio, vuoi perchè poeta, vuoi perchè poeta mediocre che si finge grande, vuoi perchè ogni sua azione, parola è ormai la recita orgogliosa di una parte. L'uomo con il cappotto è teneramente lontano. Forse lui stesso ha voluto lasciarlo in un angolo della memoria per diventare il Poeta pur sapendo di non esserlo. E così ci sembra di vederlo boccheggiare tra le pietre bollenti come la povera trota. Eppure dipenderebbe solo da lui dire qualcosa di vero magari alla stupida bionda.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    07 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Le ali della libertà (quando mancano)

L'uomo in bilico è il diario di un uomo mediocre. Non mediocre come intelligenza o come capacità di relazionarsi con gli altri, ma con la mediocrità di chi non ha grandi slanci, e allo stesso tempo ha abbastanza intelletto da subire la vita nella sua gretta materialità: soldi, lavoro, discorsi scontati tra amici, problemi con i vicini. Il guaio di Joseph è avere una enorme libertà e un animo incapace di farne uso. La più bella pag del libro è la 167 in cui viene fuori il senso del romanzo che sta nella cura della mente secondo Spinoza. La mente rappresenta quell'io che dobbiamo governare e l'umanità di cui siamo responsabili (legata alla libertà e alla dignità propria). La responsabilità è grande, la libertà è solo un germe debole, mancando della comprensione per essere completa.
La paura fa nascere il desiderio che qualcuno decida per noi. Il desiderio di arruolarsi in un esercito, per esempio. Nel romanzo è la paura a decidere alla fine dei conti. Il romanzo non è bellissimo da pdv letterario ma è interessante. Sembra che l'autore l'abbia scritto per sè tenendo poco conto del lettore. Forse non era ancora abituato ad avere il lettore al suo fianco. Il discorso sulla mente si collega a quello di Doctorow della coscienza di Andrew ( bellissimo). Anche lui parla della trasformazione del cervello in mente e della coscienza nello stesso modo laico ma con una maggiore positività. Andrew fa l'atto da matto di fronte al Potere, mentre Joseph si arruola rinunciando a esercitare la sua libertà con un atto di profonda sfiducia nell'uomo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
La coscienza di Andrew di Doctorow
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi autobiografici
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    07 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Pulp Dickens

Ho iniziato la lettura nella convinzione che il romanzo fosse autobiografico. Ma la storia sembra troppo feroce e cruda per essere vera; se fosse vera, è davvero meglio diventare albero come nel romanzo La vegetariana piuttosto che appartenere alla razza umana. In ogni caso la valutazione del libro è legata all'autenticità della storia. Se vera, quindi se è una testimonianza il punteggio sul contenuto salirebbe a 5 . Se la storia non è vera, d'altra parte, non capisco dove sia diretto tutto questo fiume di violenza e bestialità disumana che permea ogni pagina dalla prima all'ultima facendo pensare alla camera a gas come a una sorte di benevola forma di eutanasia per cui bisognerebbe ringraziare.
Il titolo dà perfettamente l'idea del romanzo. In Polonia era un divertimento per gli abitanti del villaggio catturare un uccello, dipingere le sue piume e poi lasciarlo libero. Lo stormo lo faceva a pezzi. In questo romanzo l'ebreo, il narratore (un bambino di 7 anni all'inizio del romanzo e di 11 alla fine) hanno la stessa funzione di quell'uccello. Ma se l'uccello-uomo non muore per la violenza degli attacchi dei suoi simili non gli resta che adeguarsi e imparare la violenza fino a passare all'uso della violenza come difesa (uso quasi involontario e comunque necessario) alla violenza come forma di potere. Il romanzo è inquietante. C'è una escalation di depravazione, di torture che il bambino deve subire e di violenze a cui assiste. C'è anche una descrizione dettagliata di come una persona possa arrivare a vendere l'anima al diavolo e cosa possa sperare di ricavarne. L'arrivo dei calmucchi al villaggio e l'orgia di violenza che ne segue è quasi insopportabile. Il finale è pseudo-Dickensiano. Ma ormai dopo tutto quello che è successo non dà al lettore nessun sollievo ma la sensazione di desolazione per la lepre che spontaneamente va verso la gabbia.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    01 Dicembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Il male di vivere

Di questo romanzo le prime due parti non mi sono piaciute (se non per i sogni) ma la terza voce narrante è bellissima.
Nella prima parte la voce narrante è quella del marito della vegetariana: un uomo mediocre, come si definisce stranamente lui stesso. Stranamente perchè è ben raro che la mediocrità riconosca se stessa. Ma non è la mediocrità a stancare il lettore quanto la materialità, il fatto che il mondo dell'uomo sia fatto solo di cose solide: di cibo, di sesso, di denaro, di rapporti umani che seguono regole dettate dalla decenza e dalla convenienza, mai dall'affetto. La narrazione è stancante come l'io narrante e le lunghe disquisizioni sul vegetarianesimo con la moglie o con i suoi parenti sono abbastanza ripetitive e noiose. Solo i sogni accendono la narrazione anche se hanno una crudezza spiccata e forse eccessiva. Comunque i sogni sono belli. Il rifiuto della donna di mangiare appare subito come un rifiuto del mondo di carne del marito e l'espressione di un desiderio di spiritualità che non trova sfogo altrove: una religione, per esempio. La seconda parte è narrata dal cognato, l'artista. Per quanto artista è anche un uomo, e come uomo è fatto di materia e repellente come il marito. In quanto artista riesce però ad avvicinarsi al mondo segreto di lei intuendone la natura. Ne dipinge il corpo di fiori e si scopre che la vegetariana non vuole in realtà nutrirsi di piante ma diventare lei stessa pianta: nutrirsi di acqua e sole, sprofondare nella terra per un estremo desiderio di libertà, di spiritualità e anche di innocenza. Usa la sua intuizione per trarne un tornaconto materiale. La terza parte è molto bella. La voce narrante è quella della sorella che riconosce in sè gli stessi sintomi di male di vivere della vegetariana anche se forse per lei il rimedio non può essere lo stesso: il mondo vegetale è un mondo freddo, dice. Gli alberi non hanno compassione. Questa terza parte mi è piaciuta molto compensando ampiamente le altre due che mi avevano lasciato parecchie perplessità. La descrizione dei pensieri della sorella è veramente interessante e coinvolgente. Il lettore si sente immerso nella sua visione del mondo con poche aperture, con poca speranza, con poca luce se non quella del sole, con desiderio di calore e comprensione che non possono venire dal mondo vegetale e che si intravedono nella donna che si è presa cura della vegetariana nella sua degenza accudendola con amore. Nell'amore disinteressato della donna si intravede il calore che può portare una scintilla nel mondo che per il resto è un posto inquietante, rosso, con il sangue che sgocciola ovunque, come una grande macelleria. Il romanzo esprime il rifiuto dell'homo homini lupus a cui contrappone un allora è meglio morire. il tempo che scorre scandisce questa terza parte come una musica. Fino alla fine, cioè fino a quando non c'è più tempo.

Consigliato a chi ha letto La donna da mangiare della Atwood

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Novembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

La famiglia di Elisa

Di questo romanzo colpisce il titolo e l’incipit che proiettano il lettore in un racconto a metà tra realtà e sogno, tra verità e menzogna, tra certezze e sortilegio. Elsa, con la voce della narratrice Elisa, ci racconta la terribile storia dei suoi genitori, destinati a non amarsi in vita, imprigionati in uno strano rapporto illusorio, simile a un gioco crudele, che congela i giocatori in un quadrato amoroso in cui ognuno ama e non è riamato. Edoardo non può amare nessuno se non se stesso; Rosaria ama Francesco, il padre di Elisa; Anna, madre di Elisa, ama il cugino Edoardo; Francesco ama Anna, sua moglie, che non lo può vedere.
La fonte di ogni disarmonia sembra essere il Cugino Edoardo, una specie di folletto, sempre a caccia di piaceri e di amore ma incapace di piaceri e di amore per cui sembra sentire solo per sottrazione e desiderare solo ciò che non ha: geloso, tirannico, crudele, volubile, bugiardo, ambiguo, infantile e candido. Il suo fascino è la fonte di ogni menzogna e sortilegio.
Edoardo ruba Rosaria a Francesco, forse geloso del sentimento dell’amico che lui non riesce a provare e fa sì che lui sposi invece la Cugina Anna, sostituendolo. Sia Anna che Francesco amano moltissimo Edoardo che, venerato da tutti, è impossibilitato ad amare altri che se stesso e forse invidia, a chi può, questa libertà di amare per cui scompagina e rovina gli amori altrui insinuandosi come un perfido folletto, una creatura ambigua e senza pace con cui è impossibile arrabbiarsi. Solo Rosaria lo riconosce per quello che è ma viene ugualmente sedotta dalla sua ricchezza (ma non dal suo fascino per cui il suo appare al lettore un peccato veniale). Il rapporto d’amore assoluto tra i due Cugini, così simili nell’aspetto, diventa una riscrittura del mito di Narciso in cui il Cugino diventa per Anna la propria Immagine riflessa e viceversa (significativo lo scambio dei vestiti). Nel rapporto d’amore tra i Cugini tutto c’è meno che l’Amore la cui parvenza è appunto il sortilegio. L’Amore, quello reale, starebbe nel rapporto con le persone vere: tra Anna e il marito, tra Anna e la figlia Elisa e tra Anna e Rosaria. La sua mancanza è anch’essa sortilegio: Anna stregata, riconosce l’amore di Francesco solo per un attimo e solo dopo la sua morte, nell’unico suo momento di lucidità, nella terribile scena delle ciabatte. Il romanzo dimostra, portando la dimostrazione fino alle estreme conseguenze, come l’Amore quando è un’idea e non si sporca diventando imperfetta realtà, resta un’irraggiungibile illusione. Perciò ha qualche connotazione infernale: come demoni sembrano i due Cugini eroi del romanzo: lui ambiguo, crudele, doppio, fascinoso, dispettoso come un eterno adolescente e lei altera, orgogliosa, arrogante, disposta al sacrificio come un’eterna vergine nella sua gelida purezza. L’Amore come idea, come Pensiero passa nel mondo portando illusione e rovina mentre la Carità negli umili panni della cortigiana Rosaria si veste di umanità e di compassione. E’ Rosaria la vera madre di Elisa, la narratrice. In un certo senso Elisa è figlia del quadrato e superamento del quadrato. E’ migliore dei suoi genitori perché ha conosciuto l’amore (di Rosaria). Bellissimo il finale in cui Elisa dice che a questo mondo ci sarà sempre un posto per l’innocenza e l’amicizia, fosse pure vestita con le umili spoglie di un gatto.
Il romanzo è molto bello anche se dal pdv della scrittura preferisco la seconda metà di Araceli e L’isola di Arturo. Di questo libro mi piace il clima sospeso tra sogno e realtà e quel senso di mistero, di magia, di sortilegio incombente che rende fascinosa e coinvolgente una storia di ordinaria patologia.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Novembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Tu stai cambiando

Il romanzo racconta la rinascita di un uomo. L'uomo è un tipo pericoloso, un killer, uno tsotsi (cane giallo), uno di quei "cani" cattivi che attaccano e uccidono un uomo per pochi spiccioli e forse quasi più per crudeltà, per esercitare potere sull'altro che per soldi. Tsotsi sembrerebbe senza cuore e senza possibilità di sentimenti, il nome che si è scelto, Tsotsi= cane giallo la dice lunga. Invece un Dio c'è per tutti e chiama ogni uomo con le parole adatte. Per Tsotsi sceglie un neonato che gli viene dato chiuso in una scatola maleodorante dalla madre. La preoccupazione per il piccolo (all'inizio abbastanza relativa) lo porta a riappropriarsi della propria umanità, della propria storia e del proprio nome: il mio nome è David Macondo. Prima Totsi si preoccupa del bambino, poi ricorda qualcosa della sua infanzia, poi decide di non uccidere un uomo, infine ricorda il suo nome. L'incipit è bello ma davvero terribile. Lo stile è interessante. Non è un libro perfetto ma lascia il segno sia per la forma che per il contenuto. Il finale è molto bello. Se c'è rinascita per Totsi c'è speranza per tutti.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Novembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Odore di Nobel (puzza di zolfo)

Libro leggero, commerciale, forse piacevole che non ha niente a che fare con la letteratura e di cui mi meraviglia la presenza tra i titoli di narrativa straniera Minimum Fax che in genere compro a occhi chiusi: Purdy, Malamud, Tevis e Yates. Dovrò guardare meglio la prossima volta. Il romanzo racconta soprattutto la travagliata relazione tra una ragazzina sedicenne aspirante scrittrice e un maturo scrittore in odore di Nobel, Claramunt, famoso seduttore. Claramunt è colpito (alla Venditti) dalla ragazzina, aspirante scrittrice, che assume come sua segretaria, soprattutto dal suo fondoschiena. Tenta anche di trafugare e pubblicare a suo nome il manoscritto di lei La storia della sorella cattiva, la triste storia di una ragazzina che vive con una madre pazza in un piccolo paese ma la sua editor e amante capisce al volo che una storia così empatica non può essere stata scritta da lui e così Claramunt si limita a prendere dalla casa editrice un lauto compenso come procacciatore del manoscritto. Il lauto compenso se lo è meritato leggendo il romanzo in cui le righe migliori sono i pensieri di lui, soprattutto quelli sul mondo editoriale, sugli scrittori, sul fatto che la notorietà di uno scrittore non abbia niente a che vedere con il talento, che il successo di un libro è comunque un malinteso. In questo caso gli diamo ragione. Strano che con il suo odore di Nobel abbia cercato di trafugarlo. La scelta sarebbe stata avventata.
La scrittura è molto semplice e dunque risulta di facile lettura anche se è abbastanza insipida. Curioso il personaggio di Claramunt.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
1.0
Stile 
 
1.0
Contenuto 
 
1.0
Piacevolezza 
 
1.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Ottobre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Labes

Dopo aver letto il bellissimo Via Gemito ho affrontato con molte perplessità la lettura di questo romanzo in cui la fiacchezza morale e la mancanza di valori si traducono nella lentezza della narrazione che disturba il lettore per il vuoto affettivo assoluto su cui si apre. Una coppia si lascia per il desiderio di lui di una ragazza giovane. La nuova relazione è vista soprattutto da un punto di vista opportunistico in un disinteresse totale per l'altro, nel senso che l'amore per l'altro non va mai tanto oltre da nuocere ai propri desideri e interessi. Nel rapporto colpisce la incapacità assoluta del padre di vedere gli altri: non lascia soldi alla moglie casalinga, non va a trovare i figli, torna a casa per una mera considerazione egoistica e dopo aver preso quello che poteva dalla relazione con l'amante, dell'amante dice che era generosa a offrirgli i divertimenti e che sapeva godere la vita spendendo del suo nel farlo divertire. Il denaro è il centro della famiglia descritta, il valore trasmesso ai figli che discutono fastidiosamente della vendita dell'appartamento miliardario la cui presenza irrita il lettore che ricorda che la moglie era stata lasciata senza mezzi di sostentamento all'inizio del romanzo. I legami diventano lacci mancando ai personaggi il minimo d'affetto per gli altri. Tutti vengono dopo il proprio piacere e i propri interessi. L'amore è amore per la bellezza o la giovinezza, non per una persona. I legami quindi di fatto non esistono. Sono i lacci del senso di colpa. In quest'ottica è meglio non avere legami e mantenere rapporti falsi e cordiali con tutti. La visione del mondo toglie e spegne ogni voglia di vivere e in effetti la scrittura procede in una zona grigia di tristezza inespressa e di vuoto, in un mondo senza ossigeno e aria. I rapporti umani dovrebbero poter contenere simpatia, amicizia, solidarietà, sostegno, amore in qualsiasi senso lo si voglia intendere non necessariamente come sentimento forte e totalizzante.Ma anche l'amicizia richiede di vedere l'altro e qui gli altri sono invisibili e non si capisce la necessità di avervi a che fare. Il modo proposto di vedere le cose appiattisce la vita rendendola insensata e vuota, così vuota che il deserto che riflette si trasmette al lettore attraverso le pagine. Purtroppo l'egoismo così radicale porta a uno svuotamento interiore che non può essere riempito da una nuova passione ma che è svuotamento dell'anima e bisogno inespresso e sottinteso di amore non fisico. Questo modo di vedere il mondo toglie ogni desiderio di vivere. Le pagine non trasmettono affatto il piacere di chi si sa godere la vita, ma il vuoto assoluto e la fame dell'affamato che cerca di riempirsi l'anima di cibo totalmente indigeribile come la moneta, i complimenti,ecc...
Questa lettura per me è stata disturbante anche se non posso dire che il libro sia scritto male o artificioso. Penso quindi che il mio giudizio rifletta il rifiuto emotivo per il contenuto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
no
Consigliato a chi ha letto...
Leggete Via Gemito
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    20 Ottobre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Bravo Mimì, che bello Strega!

In questo bellissimo romanzo (meritatissimo premio Strega), Mimì, l’io narrante, ci racconta la storia della sua famiglia nel periodo che va dalla sua nascita fino ai dieci anni, cioè fino alla morte della madre anche se ci sono cenni su episodi successivi.
Nell'ascoltare il racconto il lettore percepisce subito un certo contrasto tra la portata reale degli eventi- Mimì è figlio di un terremoto emotivo che si ripercuoterà sul suo carattere deformandolo e mutandolo in modo sensibile e permanente- e la narrazione brillante e piacevole, per quanto percorsa da una rabbia che non si è attenuata nel tempo alimentata dal rammarico dell'adulto al tempo bambino e quindi incapace di capire e di reagire.
Le dinamiche famigliari sono abbastanza classiche e il disamore si trasmette di padre in figlio di generazione in generazione. Don Mimì (nonno del nostro Mimì) taglia le ali al padre di Mimì, Federì, cioè lo fa studiare ma non gli permette di frequentare la scuola d’arte come voleva, mentre la terribile nonna Filomena picchia Federì e a un certo punto lo manda a vivere da una nonna e non se lo riprende più in casa (però lo stipendio o parte dello stipendio se lo prenderà sempre). Federì non nutre odio nei confronti dei genitori ma certe ferite che pure non appaiono covano sotto la cenere e Federì matura un’autostima bassissima (anche se dà a vedere il contrario con le sue vanterie insopportabili) solo in parte compensata dalla consapevolezza del proprio talento. Certo, questa consapevolezza è avvelenata dalla constatazione della propria ignoranza per il fatto di non avere studiato anche se si dà da fare come autodidatta. Federì sposa una donna bellissima di cui non si sente all’altezza, con una famiglia d’oro di persone amorevoli che gli fanno sentire ancora di più il contrasto con la miseria affettiva della sua famiglia (e che perciò deve denigrare). Federì assilla tutti con le sue manie di grandezza che sono una richiesta d’aiuto e di sostegno infantile e a lungo andare insopportabile mentre la situazione e le frustrazioni accumulate si fanno sempre più pesanti anche per lui creando nella sua testa la bomba e allontanandolo alla fine anche dalla moglie che ama per quello che può (poco non avendo mai visto l'amore). Rosa è una donna concreta e non lo incoraggia nè lo sostiene nelle sue aspirazioni e non comprende il suo desiderio di esprimersi che probabilmente va al di là di un infantile bisogno di imporre la sua personalità come sanno tutte le persone in qualche modo, con talento o meno, incatenate all’arte. Ma essendo di fatto una persona infantile persegue il suo obiettivo facendola scontare alla moglie in tempo e spazio che toglie alla famiglia senza il coraggio di uomo maturo di prendere la decisione di lasciare il lavoro e seguire la sua vocazione. La moglie è chiamata a decidere per lui, non è uomo nemmeno in questo come non lo è nel negare a Don Mimì la parte del suo stipendio. La moglie è molto diversa da lui, è una persona semplice, allegra, di compagnia e lui sa di non darle il calore di cui avrebbe bisogno, che delega ai figli. Le fa fare figli sperando che lo sostituiscano nel bisogno di lei di affetto e di cura ma i figli richiedono anche loro amore e cura. Purtroppo Rosa è anche lei una ragazzina e i figli non le bastano. Forse nemmeno lei basta ai figli. In qualche modo Rosa si rende conto di non essere adatta a quel marito talentuoso e di non incoraggiarlo a scelte coraggiose ma di sicurezza. Cerca di tenerlo a sé con la sua bellezza, infatti se cerca di avvicinarsi al mondo dell’arte lui la caccia via perché si sente soppiantato e oscurato: la bellezza della moglie attira più dei suoi quadri. Se cerca di capire e di dare opinioni si offende perchè gli sembra che lei voglia soppiantarlo anche nel suo campo. La competizione si respira nell'aria e si trasmette come una maledizione. Tuttavia la competizione nasce in parte dalla paura del padre che il figlio sia migliore di lui e dalla paura del figlio di non essere abbastanza per quel genitore grandioso. La grandiosità è la messinscena che nasconde l' insicurezza. L' insicurezza di Federì è anche sessuale come dimostrano le ripetute assillanti vanterie così fastidiose per i figli e come è naturale dato il padre castrante che ha avuto (stunz eri e strunz si rimast) al quale non si è ribellato da adulto in nessun modo ( Federì gli dava parte del suo stipendio che don Mimì buttava al gioco e poi accusava la moglie Rosa di sprecare soldi). Sente di dover dimostrare al mondo di essere uomo e intuisce di non esserlo, forse a un certo punto la cosa si fa irrimediabile e da lì il distacco anche fisico dalla moglie per inseguire e cercare conferme e appoggio altrove. Di queste conferme ha assoluta necessità.
Il figlio Mimì vede le cose con gli occhi della madre con la quale ha una maggiore vicinanza affettiva ma si sente uguale al padre (in una variante introversa) per tante cose, per esempio nelle pulsioni per cui il giudizio negativo e severissimo che dà sul padre e che si respira a ogni pagina è anche una condanna della sua persona. Il problema principale quando ci sono in casa soggetti che hanno avuto esperienza famigliari terribili a mai digerite come nel caso di Federì è che queste persone diventano come dei buchi neri e assorbono completamente la luce dell’amore e dell’attenzione di casa. I figli in questa famiglia sono totalmente oscurati dal padre. Forse riescono ad avere parte nell’affetto degli zii o di qualche nonno ma i genitori sono troppo assorbiti l’uno dall’altro nel bene come nel male come si intuisce nel bellissimo finale. Del resto Federì ha bisogno dell'amore della moglie e forse si è scelto una donna ingenua e buona nella speranza che non veda come è veramente e che creda alla sua messinscena.
Bellissima la scena del pavone che ci dà la misura esatta della cecità di Federì alla vita e ai figli (la vita è bella solo quando è pittata) ma anche della sua insensibilità intesa come incapacità di rendersi conto delle esigenze altrui. Federì non vede il pavone, non vede i figli e non vede nemmeno la malattia della moglie così come i genitori non vedevano lui, probabilmente non vede nemmeno le proprie cattiverie nel senso che cresciuto come un lupo senza amore capisce solo la sua fame. Del resto le ferite profonde inferte dai genitori lasciano sempre conseguenze importanti. Anche Mimì ha in sè le cicatrici di un simile genitore. Per di più, per la su sensibilità e intelligenza considera il fatto di vedere una sua colpa per non avere fatto benchè bambino da guida al padre e per avere subito come tutti benchè bambino il suo fascino. Forse pensa che se avesse capito i guai che poteva fare avrebbe potuto porvi argine, cosa chiaramente impossibile a un bambino di quell'età. Avendo le stesse pulsioni di Federì(sessuali, la rabbia, l’invidia, la gelosia) si fa di se stesso l’idea di una persona pericolosa (un lupo come suo padre) che dovrebbe stare isolata dal mondo e blocca la sua ricettività alle emozioni per paura di ricevere nuove ferite. Ma a differenza di Federì Mimì ha avuto la benedizione dell'amore di sua madre per quanto offuscato dall'ingombro paterno e non ha i suoi limiti di comprensione del mondo e degli altri nel senso che i suoi occhi glieli ha dati la madre insegnandoli a distinguere il bene e il male. Certo le situazioni hanno tolto efficacia alla sua vista tagliando via le emozioni e quindi rendendolo più limitato e amputando la sua possibilità di attingere al bene che può venire dal mondo pur schermandolo dal male. Del resto dal mondo esterno a lui non pare che arrivi nulla di buono, vedi l'episodio del ballerino. Il meccanismo di difesa di Mimì è molto punitivo nel senso che immagina di avere solo lui in sè il lupo che tutti hanno dentro. Mimì è moralista a modo suo e condanna in sè le pulsioni, i sentimenti e i pensieri (che hanno tutti ma per i quali si sente simile al padre) quando solo le azioni dovrebbero essere guardate e fanno la differenza. Ha lo stesso approccio irrazionale con la religione imputando a Dio credo il libero arbitrio umano e il male che esso provoca oltre che il male del mondo. Il romanzo è interessante, bello e la lettura è molto piacevole. E' toccante ma non drammatico nella lettura, anzi fa spesso sorridere. Alcune immagini sono veramente bellissime: il finale, il pavone, la chiusura della prima parte con quel’ “Io l’uccido” e la madre che risponde “Sei più scemo di lui”.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    18 Ottobre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Aiutami

Non credo che “ Che tu sia per me il coltello” sia esattamente una storia d’amore. Del resto il riferimento alla frase Che tu sia per me il coltello con cui frugo dentro me stesso è abbastanza chiaro. Forse il romanzo contiene anche una storia d’amore ma è soprattutto una richiesta d’aiuto di un uomo che sta morendo congelato e disidratato per le ferite del suo passato a una sconosciuta che non si capisce perché dovrebbe corrispondere con lui mancando completamente nel loro gioco la molla dell’attrazione fisica (lei non sa chi è lui), sostituita probabilmente dalla curiosità per la situazione anomala. Il romanzo quindi è in forma epistolare (richiama le lettere a Milena di Kafka)e le lettere per la maggior parte del libro sono quelle di lui mentre le lettere di lei sono solo citate e vengono riportate solo dopo che finiscono le lettere di lui. Le lettere sono o vogliono sembrare d'amore. Le lettere di lui sono cioè d’amore ma contengono la strana richiesta di restare lettere e non diventare mai incontri, cosa che fa sorgere dubbi sulla loro vera natura. Le regole del gioco amoroso letterario sono infatti che i due non devono incontrarsi mai e che in un dato giorno smetteranno di scriversi completamente. Le lettere di lui sono molto belle, e all'inizio il romanzo mi è sembrato bellissimo. Forse poteva essere tagliato, nel senso che dopo un po' la lettura diventa un tantino esasperante e ripetitiva. In ogni caso i due riescono a creare un universo parallelo dove si sta bene, fin troppo bene e non si capisce il motivo della data di scadenza della loro corrispondenza. Sembra che lui sia un habitué dell’amore virtuale e cambi donna come un bravo orologiaio fa girare le lancette dell’orologio per un suo bisogno di femminilità che non è una esigenza sessuale ma mentale. Dopo alcune lettere di lei a lui, che però non le risponde più, arriva il finale criptico in cui anche la scrittura si ingarbuglia e c'è una telefonata reale di lui a lei e la narrazione diventa confusa in un alternarsi dei pensieri di lui e di lei. Lui sembra impazzito e le telefona, dopo tante lettere d'amore, per dirle che ha chiuso il figlio fuori casa al freddo e non intende farlo entrare. Si sente l'angoscia del tempo che passa, del freddo, di lei che non sa che fare, della pioggia che cade. Io credo che il finale sia chiaramente simbolico. Penso che il bambino stia a rappresentare una parte dello stesso essere umano che deve essere accolta e amata. Lei è stata scelta da lui come corrispondente in quanto madre in grado di accogliere e curare il bambino congelato che sta in lui e salvarlo. Io voglio credere che lei ci riesca, cioè mi fa piacere pensarlo anche se il finale non è del tutto chiaro. In effetti l'amore quando è amore non ha bisogno di niente altro che di esserci e in un certo senso può non essere molto diverso esserci come madre o amante. La gravidanza di lei mi pare simbolica di questo strano rapporto che consiste nell'accogliere il bambino Yair. Il finale è abbastanza a sorpresa dopo una storia che sembrava nella sua mancanza di avvenimenti molto lineare. E la richiesta d’aiuto e di amore è tenera e lancinante, più di quanto apparisse dalle lettere.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
160
Segnala questa recensione ad un moderatore
Classici
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    14 Ottobre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Quel rissoso, irascibile, carissimo monsieur Paul

Forse non all'altezza di Jane Eyre ma in ogni caso un gran bel romanzo che magari avrebbe necessitato di una abbondante sforbiciata soprattutto alle pagine dedicate al dottor Paul, personaggio meno interessante con un' alta levatura morale ma non insensibile al fascino delle apparenze e ai condizionamenti del suo tempo. E perciò abbastanza convenzionale.
Alcune parti sono molto belle soprattutto quelle che l'autrice dedica alla descrizione dei suoi disturbi nervosi e al caro monsieur Paul, uomo bruttino, eccentrico, dalle pessime maniere ma piuttosto originale, insensibile al fascino della superficie forse perchè attento osservatore del genere umano ( soprattutto femminile). Alcuni personaggi come Pauline, il padre di Pauline, la cugina Ginevra e il dottor Paul Graham non sono particolarmente originali e interessanti. Invece è bellissima la descrizione dell'io narrante Lucy e di Monsieur Paul che escono dal tracciato delle buone maniere del loro tempo e delle convenzioni. Il finale mi è piaciuto molto, come anche il fatto che l'autrice l'abbia lasciato in un certo senso al lettore anche se, la malinconia che alberga in quelle pagine fa propendere per la soluzione più triste. E' bello che l'ultimo capitolo sia scritto al presente e non al passato creando uno scarto dalla narrazione precedente come se quelle due pagine finali tentassero di uscire dal normale scorrere del tempo in un'attesa che si protrae e che prolunga la felicità dei tre anni di lontananza fisica protendendosi verso un tempo ancora immaginabile se non possibile .
Poetica la percezione della fragilità forse illusoria della felicità per cui il protendersi è un allungarsi fuori e oltre il presente, magari verso una vita non più terrena.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    05 Ottobre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Una bugia

Billy era una persona speciale, un idealista capace di vivere di sogni. In un certo senso, tutti quelli che gli volevano bene hanno cullato la sua fragile anima proteggendola dal mondo e dalla verità, gli hanno costruito intorno uno schermo protettivo impedendogli di crescere e di mettersi a confronto con la realtà. Perciò quando Eva la ragazza di cui Billy si era perdutamente innamorato è partita per tornare in Irlanda, il cugino e anche altri hanno aiutato Billy a raccogliere i soldi per pagare il viaggio di ritorno a lei e alla madre e quando Eva si è sposata con un vicino di casa in Irlanda tenendosi i soldi del viaggio per aprire un'attività, il cugino ha detto a Billy che Eva era morta. Billy è vissuto nel ricordo del suo amore per Eva cui ha tributato una fedeltà assoluta per scoprire solo poco prima di morire alcolizzato che Eva era quella che era, una donna che non meritava mezzo pensiero.
Il romanzo è sull'amore e sui sogni, sul fatto che la poesia va protetta dalla vita secondo alcuni. Potrebbe essere soprattutto un romanzo sulla verità che merita sempre e a qualunque costo di essere detta e che va sempre guardata in faccia.
Il romanzo è bello, ben scritto, ma mi aspettavo qualcosa di più. Forse ho appena letto Lila che mi è piaciuto molto di più sotto ogni punto di vista. A volte gli argomenti mi sono sembrati deboli come il continuo insistere sulla bellezza di uomini e donne volendo collegarla per forza alla bellezza interiore.
E i fatti sono pochi. La narrazione mi è sembrata ripetitiva. Comunque è un libro che merita sicuramente di essere letto.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    04 Ottobre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

La colpa e la grazia

Questo è il mio primo romanzo della Robinson ma non sarà certo l'ultimo. Un libro bellissimo, molto religioso ma la religiosità dell'autrice non è d'ostacolo alla lettura anzi dona al lettore una visione del mondo gentile e rasserenante, è uno di quei libri che ti fanno sentire meglio. Lo spirito dell'autrice ricorda A. Tyler e la Strout, quelle donne tenere, gentili ma mai melense che sembra abbiano una bacchetta magica al posto della penna e che riescono a rendere migliore tutto quello che toccano. Questo romanzo non è mai banale e la storia scorre allo stesso tempo piacevole, rasserenante e profonda. L'umanità, qualcosa ormai scomparsa dalla faccia della terra non solo dalla letteratura, sembra esistere alla luce della grazia di Dio. C'è una tregua alla solitudine e all'esilio dal genere umano, al senso di colpa e di inadeguatezza. La tregua è regalata ai due protagonisti dalla tenerezza che arriva come dono insperato e inatteso dalle mani dell'uomo ma probabilmente come regalo di Dio. Lila è un personaggio molto bello, una ragazza ruvida che ha fatto una vita randagia, ma profonda per l'intensità degli affetti e dei legami. In primo luogo, è attaccata a Doll, la donna che l'ha rapita in fasce da una famiglia probabilmente inadeguata e accudita, poi al marito. Lila è una creatura molto selvatica e diffidente, allo stesso tempo capace di amore e delicatezza. Non so come la Robinson abbia potuto descrivere così bene la vita nomade come se l'avesse sempre fatta. Fa venire al lettore voglia di quel tipo di vita: intorno al fuoco, nei campi di mais. Le poche cose che si possiedono diventano importanti: lo scialle consunto, il coltello, un fiore. E' bello il rapporto con la natura e leggendo sembra di essere in un campo e di sentire l'odore dell'erba e il fruscio delle foglie. La Robinson riesce a descrivere la solitudine nella sua tristezza e allo stesso tempo dà l'idea del suo fascino e del richiamo che continua a esercitare. L'essere più tenero dopo averla conosciuta resta per sempre in parte selvatico come un lupo, quindi tentato dalla fuga, sensibile al richiamo dei campi e del fiume. Il rapporto con la natura è stretto, caratterizzato dal desiderio di essere come un fiore in un campo o un uccello nell'aria senza radici e senza una dimora fissa di mattoni. Allo stesso tempo rende l'idea dell'importanza di avere intorno dei mattoni, una stufa, dei biscotti, del te, un albero di Natale tante piccole cose che insieme al calore umano rendono una vita più sopportabile.
Il romanzo è bellissimo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Strout e Tyler
Trovi utile questa opinione? 
180
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    30 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

L'addio alla musica

In questo romanzo scritto in prima persona, William, appassionato e talentuoso musicista, dice addio alla musica dichiarandosi pentito di non averla studiata quando era il momento e di essersi affidato soprattutto all'improvvisazione come i musicisti Jazz. La storia è piena di musica, ci sono anche dei piccoli brani che io non sono in grado di valutare e ogni capitolo si apre con una frase di una canzone di un certo gruppo (gli Smiths o Morrissey).
La scrittura è leggera, frizzante e anche il romanzo è un po' jazz con salti temporali, invenzioni nella trama che in effetti risulta un po' strampalata. Tutto sembra andare storto a William ma poi non così storto. Succede di tutto: omicidi, tentati suicidi, rapporto strano con la fidanzata (?), e con l'amica, rapporto strano-simpatico con i compagni di musica. Non credo di avere capito tutto e pur essendo una storia piacevole non mi ha coinvolto più di tanto. Peccato che William abbia lasciato la musica per la quale sembrava così tagliato. Forse era destino, è per questo che le cose gli sono andate tutte storte e ha incontrato certe persone e non altre. Forse la sua strada era la scrittura e non la musica anche se lui a inizio romanzo dice di aver detto addio a entrambe le carriere. Forse questo romanzo non voleva avere un senso preciso se non quello di un saluto alla carriera di musicista che a un certo punto William e chissà, magari anche l'autore, hanno abbandonato.
VO non l'ho capito. Sono passati anni e William si occupa di cinema, forse anche di musica e con le donne il suo rapporto non sembra migliorato, anzi. E la vita non ha smesso di riservargli sorprese.
VO è scritto dopo i ringraziamenti perciò non è il finale, infatti l'ho visto per caso dopo aver letto la recensione di un altro. Non credo che sia il finale. E' più come un p.s. in una lettera, qualcosa che non c'entra molto.
Forse William vuole sottolineare di avere fatto passi avanti nella vita. In passato, era sempre in pericolo con le gente e con le donne mentre ora la persona "pericolosa" è lui per cui può stare relativamente tranquillo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    28 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Glielo auguriamo tutti

Elliot ha detto che il genere umano non può sopportare troppa realtà. In effetti, la frase è particolarmente vera dopo la lettura di un libro del genere, quinto romanzo che chiude le vicende della famiglia Melrose, romanzo purtroppo autobiografico. L’inizio è molto bello e interessante e getta una luce ancora più sinistra sui rapporti umani in casa Melrose. L’aggettivo umani, in effetti, è una esagerazione in questo caso. Leggendo questo romanzo è difficile ricordare il barlume di pietà per David che avevano suscitato nel lettore i precedenti romanzi. Di David vengono fuori crudeltà, sadismo, cattiveria che hanno chiaramente una origine patologica ma non trovano ostacoli di nessun tipo né nei domestici, in Eleanor o negli amici di famiglia. Viene voglia di bruciare non solo il cadavere di Eleanor ma di cremare tutta questa società bacata e decadente, dove è falsa anche la miseria dato che la gente diseredata è stra-miliardaria e che pure una ciabatta è valutabile in mesi di stipendio. St Aubyn fa un’analisi interessante e spietata delle sue difficoltà di relazione: narcisismo, mancanza di empatia, tendenza a considerare gli altri esseri umani in funzione della propria utilità, incapacità di tollerare il ricordo del bambino impotente che era e quindi delirio di onnipotenza, scarsa autostima e bisogno di affetto e di accudimento, tendenza autodistruttiva. Rispetto agli altri romanzi la consapevolezza della inutilità di certe sue azioni e relazioni compulsive lo portano a individuare con maggiore chiarezza le persone sane della sua vita. Per fortuna qualcuno c’è. Certo, la ricchezza esagerata, la non necessità di lavorare, tirano fuori il peggio dall’essere umano. Anche le persone che sembravano migliori come Annette e Eleanor tendono a una vacuità, a una superficialità, all’evasione dalla realtà. Questo ultimo difetto manca a Edward che se ha un pregio è la sincerità e la lucidità. Il suo romanzo è molto interessante dal pdv psicologico. A volte però il peso dato alle vicende economiche della famiglia è eccessivo data la mancanza di conseguenze pratiche: quel Seamus che imperversa dal quarto libro stanca o il fatto che tutti i diseredati restano straricchi innervosisce il lettore normo-stipendiato. A parte questo, a me sembra promettente la simpatia e il calore (certo non esagerato) che St Aubyn mette nel descrivere Mary e i due figli e l’amico Johnny. E’ stato fortunato a incontrare un paio di persone normali, in fin dei conti. Il lettore non essendo psicologo si aspetta che la riflessione ossessiva e maniacale su se stesso porti Patrick a superare i propri limiti, cioè comporti una evoluzione e certo, io credo che questa ci sia anche stata, ma il cammino è lento e impegnativo. Certo, visto l’inferno da cui St Aubyn viene, è già un miracolo che sia una persona che non nuoce agli altri, e che parli di alcuni esseri umani con simpatia. Magari l’intelligenza e gli amici aiutano, anche se non è facile uscire da certe dinamiche così perverse e invalidanti. Certo, la tentazione è fare da sé ma fidarsi solo di se stessi credo che sia parte della patologia, così come il desiderio di usare gli altri e di assumerne il controllo in qualche modo. Il desiderio di controllo sugli altri e su se stesso è comprensibile dopo aver subito simili violenze, così come
la tentazione distruttiva/autodistruttiva. La soluzione credo che ci sia da qualche parte, anche se è difficile trovarla in quel marasma interiore e non solo. Leggendo un libro così viene voglia di cercarla.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    28 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Le parole

Le parole sono ambigue, si prestano a molte interpretazioni ma la tranquillità interiore dà sempre quell'idea di sicurezza e di conforto che va oltre le parole e dice più di qualsiasi discorso. Non è che Chance sembri particolarmente profondo, è che fa sembrare le cose semplici e toglie ansia alle situazioni e aggiunge senso di libertà ala vita sua e altrui.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    28 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Le strane combinazioni della vita


Anche Il filo dell’orizzonte così come Per Isabel inizia in modo “normale” con l’inchiesta di un giornale e in particolare di un giornalista,Spino, sulla morte di un uomo il cui nome già dà qualche indizio sulla vicenda: Carl Nobody. La prima parte del libro è fatta di normali indagini che ricordano la ricerca di Isabel nel romanzo Per Isabel. Ma poi il filo della normalità si perde e le situazioni, gli incontri si fanno sempre più enigmatici, così come la vita è piena di strane combinazioni.
“Solo Dio conosce tutte le combinazioni dell’esistenza, ma solo a noi spetta scegliere la nostra combinazione tra tutte quelle possibili”.
Il romanzo si fa andando avanti più strano. Ogni cosa diventa enigmatica e si carica di eco che vanno da Carl all’infanzia di Spino in un insieme a volte poco comprensibile ma di effetto. Le pagine sfumano di nostalgia, di echi, di mistero, di attesa così come se il lettore fosse intento a scrutare il filo dell’orizzonte e come se l’identità perduta di Carl fosse legata a quella di Spino stesso.
Gli appuntamenti si fanno oscuri, il passaggio da un capitolo all’altro delirante. I gabbiani spiano, le tombe con le loro lapidi sono messaggi, fino all’appuntamento finale a cui non si presenta nessuno. Del resto Carl non si chiamava Nobody?
Alla luce delle ultime pagine Carl diventa una specie di vittima espiatoria al non senso dell’esistenza.
La sua morte consente di stabilire un nesso e di disegnare una trama.
Il nesso è anche tra l’altro e il sé, tra presente e passato, tra l’adesso e l’infanzia perduta. Il nesso è il recupero dell’innocenza.
“E la notte ho fatto un sogno. Era un sogno che non tornava più da anni, da troppi anni. Era un sogno infantile, e lui era leggero e innocente, e sognando aveva la curiosa consapevolezza di avere ritrovato quel sogno e questo aumentava la sua innocenza come una liberazione”.
Il finale non so se sia però all’insegna di tale liberazione. Più del mistero direi, del buio che avanza. Il mistero della morte cui probabilmente Antonio Tabucchi pensava con attrazione e anche con poche certezze e il mistero che ogni uomo rappresenta per se stesso.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Come stile mi ricorda un po' Modiano anche se con tematiche e interessi molto diversi.
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    28 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

L'amicizia

Alessio Torino ci propone un romanzo di formazione che mi è piaciuto soprattutto da quando entra in scena Tetano. Tetano è un personaggio che arriva al cuore con il suo bisogno del padre, del babbo, e con la sua fragilità. Da quando compare la vicenda della barca diventa bellissima perchè non è solo la barca per l'avventura e per l'impresa ma soprattutto per combattere e vincere lo spettro della malattia mentale che pende come la spada di Damocle sulla testa di Tetano. Perciò il lettore segue con trepidazione la storia e con tenerezza l'arrivo delle crostate dell'Edda con il loro profumo, calore e significato. Il romanzo è pieno di nostalgia dell'infanzia, pieno di luoghi dell'entroterra pesarese: il Candigliano, Isola del Piano, il Burano e Pieve Lanterna che non conosco e non so se sia un luogo preciso ma di certo assomiglia a tanti paesi che ancora ci sono e che sono minacciati dalla modernità che incalza così come l'aquila è ancora presente nel Nerone e nella gola del Furlo ma si sta in pena per lei. Bella l'immagine di Sanremo, dell'aquila che viene a mangiare la carne del pollo dalle mani dell'uomo e della vetreria che sembra sia l'unica possibilità di lavoro per tutto il paese. Il romanzo è pieno di nostalgia e di poesia e di delicatezza. C'è pure il rimpianto per il Tetano ragazzo, ma il lettore a fine libro è più contento così.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
90
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    28 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

L'affido

La storia è interessante: un ragazzino conduce una vita tremendamente infelice, quasi insopportabile dopo la morte di madre e fratello. Il padre non ha per lui nessun affetto e vorrebbe farlo rinchiudere in un istituto considerandolo mezzo pazzo. Per fortuna il ragazzo viene accolto nella famiglia piena di calore e di affetto dello zio paterno. La storia e l'idea sono interessanti, però lo svolgimento e la psicologia dei personaggi non mi sono sembrate molto convincenti. Lo stile del romanzo è certamente buono. Non so, è un libro con buone idee, buone intenzioni, buona capacità di scrittura ma a cui comunque manca qualcosa. Forse la storia, la psicologia e alcuni dialoghi andavano pensati meglio. Anche i brani scritti dal ragazzino non mi sembrano convincenti.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    27 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Il ricatto

Il tema di questo racconto è il tradimento, quindi la colpa. La colpa porta alla consapevolezza di meritare una punizione, e alla paura di non poter avere il perdono. Porta anche alla vergogna e quindi alla necessità di mentire e alla impossibilità di guardare in faccia le cose confessando.
Una donna ha un amante che tra l'altro non ama, anzi preferisce decisamente il marito, ma le piace il brivido dell'avventura. Quando il brivido aumenta d'intensità e diventa paura di perdere la famiglia e le sue certezze però tutto cambia. Il racconto non è male, però il rapporto moglie marito è un po' dall'alto: la donna sembra una bambina viziata, il marito un padre onnisciente. Il racconto è scritto benissimo, il messaggio è buono, ma non mi ha colpito particolarmente. Mi è piaciuta di più la lettera.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
150
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    26 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Le rose bianche

Storia dell'ossessione d'amore di una ragazzina per uno scrittore suo vicino di casa che, stranamente, continua per tutta la vita rendendo la ragazza schiava di un uomo che mai una volta incontrandola la riconoscerà. Il racconto procede abbastanza monocorde sull'amore di lei e sulla leggerezza/smemoratezza di lui. L''immagine delle rose bianche che lui regala a lei dopo un fuggevole incontro e che da allora lei regala a lui ogni anno per il compleanno è molto bella e toccante fino a ravvivare il finale infondendo una corrente sotterranea a tutta la storia: vuoto, nostalgia, senso di perdita e di mistero. Il finale è bellissimo.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
140
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    23 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

L'ingiustizia e la sua denuncia coraggiosa

Il romanzo è bello, forse preferisco Sostiene Pereira e Per Isabel dal punto di vista della scrittura, ma questo è uno di quei romanzi che oltre a essere belli sono anche buoni e si ripropongono una missione importante che nel caso è la denuncia delle torture e delle sopraffazioni e degli illeciti traffici della Garda National portoghese che ha torturato e ucciso un ragazzo, Damasceno Monteiro, per essersi appropriato (o averci provato) di una partita di droga. Non è che la situazione è come si suol dire sfuggita di mano in un impeto di difesa della legge (cosa che comunque...) ma perchè la Garda aveva i suoi interessi nell'affare.
Perciò immaginate un romanzo con lo spirito di Marlowe e un po' del Buio oltre la siepe ma scritto da un intellettuale. Bello il personaggio dell'avvocato filosofo che conosce a memoria gli orari dei treni e bellissimo il finale e le parole dette sul testimone Wanda: transessuale, prostituta, qualche problema psichico ma soprattutto una persona. Tabucchi oltre che uno scrittore da Nobel era certamente una bravissima persona, anti perfezionista per eccellenza. La perfezione genera ideologie e dittature, diceva. Sicuramente nei suoi libri si vede che c'è una grande testa pensante e ben attaccata al collo e collegata al cuore.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
120
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    17 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Arthur, l'incorreggibile

Libro piacevole, racconta le monellerie di un operaio dal cuore di bambino che vive con estrema innocenza amori, tradimento di amici/he; un birbante che spara alla vicina con il fucile ad aria compressa in faccia, va contemporaneamente con due sorelle sposate e non solo contemporaneamente per modo di dire ma riesce a gestire la doppia relazione anche nello stesso luogo. Ovviamente non mancano bugie, sbronze e scazzottate e situazioni comiche e paradossali, anzi ci sono solo quelle anche se il finale è più serio. Il romanzo è divertente, l'operaio è un gran monello, e sembra che non metterà mai e poi mai la testa a posto per non parlare di crescere. Invece...
Alcune pagine sono molto belle ma credo che i racconti di Sillitoe siano più intensi rispetto al romanzo e io in genere non amo i racconti.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
100
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    17 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Patrick

Il romanzo è diviso in quattro volumi di cui il primo è bellissimo. Tutta la storia è autobiografica e scritta da St Aubyn dietro al desiderio di auto-comprensione e terapia, di uscire dalle proprie ossessioni e fare una vita normale, cosa quasi impossibile per un ragazzino abusato dal padre dai 5 agli 8 anni. D'aiuto a Patrick/Edward possono essere il carattere forte e tenace e il fatto che all'età di 8 anni il rapporto di forza con il padre si è rovesciato e il padre è stato messo da Patrick di fronte alle proprie responsabilità e con le spalle al muro. Credo sia positivo anche il fatto che il rapporto con il padre fosse di odio e non di ambivalenza, quindi un rapporto chiaro. Rovesciato il rapporto con il padre, ormai reso incapace di nuocere, bisogna dire che Patrick fa di tutto per sostituirlo e per distruggersi.
Diventa il proprio peggiore nemico, con un meccanismo subdolo e incalzante cui è difficile sfuggire. Patrick cerca di evadere da se stesso con ogni mezzo (alcool, droghe, sesso), poi cerca di farsi una famiglia normale e sposa una donna materna come non era sua madre ma poi quando hanno figli il matrimonio entra in crisi per il contrastante desiderio di Patrick di essere padre ma soprattutto figlio e come figlio entra in competizione con i propri figli. Certo, bisogna dire che sua moglie Mary è un tantino esageratamente materna. Il libro è duro, ironico, di un' ironia fredda e cinica, a volte per questo stancante, che è la cifra della noia esistenziale del mondo aristocratico che a volte contagia il lettore. Per questo i dialoghi dell'alta società stancano pur nella loro ostentazione di intelligente e gelida ironia, spesso denigratoria degli assenti o anche dei presenti, stancano per il loro assoluto e visibile vuoto. La sincerità e la lucidità d'analisi sono assieme allo stile (raffinato ovviamente dato il pedigree dello scrivente) il principale pregio del romanzo. In fondo, non è nemmeno così spietato e cinico, è soprattutto sincero. Porto ad esempio il terzo libro in cui viene espressa l'idea della necessità del perdono per chi perdona perchè l'odio è un veleno soprattutto per chi ne è il soggetto e non l'oggetto. Patrick arriva a un modo di vedere la vita e le cose molto cristiano, non essendo cristiano e ne è abbastanza consapevole e sorpreso lui stesso. Si avvicina anche a una quasi comprensione del padre, genio frustrato, forse vittima a sua volta di abusi. Bisogna dire che l'essere Patrick così concentrato su se stesso in vari momenti nuoce al romanzo che diventa un po' troppo monocorde. Però la sincerità in letteratura è impagabile. I romanzi sono in decrescendo, non come stile ma come interesse del lettore. il primo è meraviglioso, avrei solo voluto che Patrick fosse più presente.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Trovi utile questa opinione? 
110
Segnala questa recensione ad un moderatore
Romanzi
 
Voto medio 
 
5.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    16 Settembre, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Les adieux, l'absence, le retour

Questo romanzo forse avrei preferito non leggerlo, almeno non in questo momento anche se è bellissimo dal punto di vista letterario. Parte come uno di tanti romanzi portoghesi post Salazar, con la ricerca di una persona di cui si sono perse le tracce durante la dittatura e che magari è stata in prigione o ha svolto attività clandestina. Per es. ho già letto Parlino le pietre che è di tema simile, apparentemente.
In realtà il romanzo è strutturato come un mandala per cui la ricerca della persona scomparsa, Isabel si svolge in cerchi concentrici avvicinandosi al centro sempre di più. I primi cinque cerchi sono una ricerca fisica, con colloqui con persone che hanno incontrato Isabel in tempi sempre più recenti. Dal sesto la ricerca si fa metafisica con colloqui telepatici, intervento di fantasmi, lama, animisti fino al violinista finale che è il direttore d'orchestra della ricerca che comunque arriva al centro, Isabel ma con risvolto buddista. Il romanzo è bellissimo, non immaginavo che Tabucchi scrivesse cose del genere.
Il romanzo è struggente, visionario e abbastanza disperato. Dietro la malinconia c'è la poesia del vuoto e l'addio. Come dice lui, l'importante è cercare. Mi fa impressione che l'abbia scritto poco prima di morire.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Rayuela
Trovi utile questa opinione? 
130
Segnala questa recensione ad un moderatore
635 risultati - visualizzati 251 - 300 « 1 ... 3 4 5 6 7 8 ... 9 13 »

Le recensioni delle più recenti novità editoriali

Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Identità sconosciuta
Valutazione Utenti
 
3.3 (1)
Incastrati
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)
Chimere
Valutazione Utenti
 
3.5 (1)
Tatà
Valutazione Utenti
 
3.0 (2)
Quando ormai era tardi
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Intermezzo
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
La fame del Cigno
Valutazione Utenti
 
4.8 (2)
L'innocenza dell'iguana
Valutazione Utenti
 
4.0 (1)
Long Island
Valutazione Utenti
 
3.0 (1)
Volver. Ritorno per il commissario Ricciardi
Valutazione Utenti
 
4.1 (2)
Assassinio a Central Park
Valutazione Utenti
 
3.8 (1)

Altri contenuti interessanti su QLibri

L'antico amore
La famiglia
Fatal intrusion
Il grande Bob
Orbital
La catastrofica visita allo zoo
Poveri cristi
Se parli muori
Il successore
Le verità spezzate
Noi due ci apparteniamo
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Delitto in cielo
Long Island
Corteo
L'anniversario