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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    28 Ottobre, 2012
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AMORE IDEALIZZATO QUELLO VERO E' UN'ALTRA STORIA

Comincio subito la recensione facendo i miei complimenti all’autore che mi ha fatta veramente entrare nella storia, ho vissuto il passare degli anni con Leon e Louise, ho seguito il loro percorso di vita con chiarezza… La struttura della storia è particolare, inizia dalla fine, nel senso che inizia dal funerale di Leon. La storia viene narrata da un nipote, che ripercorre a posteriori tutta la vita di nonno Leon, che ha vissuto le due grandi guerre.
L’unica riflessione che mi viene da fare è che comunque non sono d’accordissimo con l’interpretazione fiabesca che viene data alla storia d’amore tra Leon e Louise; mi spiego:
Leon giovane aitante diciassettenne, biondo con gli occhi chiari, non ama particolarmente la scuola, e dopo l’ultima discussione avvenuta con il padre, che lo mette di fronte ad una scelta definitiva, decide di trasferirsi a Saint-Luc-Sur-Marne,per iniziare a lavorare come telegrafista morse (pur non avendo grande dimestichezza con l’alfabeto Morse!).Percorre il tragitto fino alla nuova destinazione in bicicletta, ed incrocia, quasi arrivato a Sain-Luc, una ragazza in bicicletta, occhi verdi capelli scuri una bella camicetta a pois rossi ed una gonna blu… ne rimane ammaliato; lei è Louise. Successivamente si ritroveranno in paese e passeranno una magnifica giornata insieme in spiaggia, ma la guerra li separerà. Una bomba li ferirà gravemente e si perderanno, ognuno trasportato in un ospedale da campo diverso.
E’ una storia tra giovani di diciassette anni, sappiamo tutti, quanto potenti possano essere le passioni a quell’età, e sappiamo anche bene come la nostra mente sia poi in grado di idealizzare ed edulcorare delle belle sensazioni provate in un contesto così difficile come quello della guerra.
Leon rimane ancorato a vita all’immagine che la sua mente gli rimanda di Louise, la cerca in ogni viso che vagamente possa assomigliarle, ma la sua vita va avanti e sposa Ivonne, che diventerà la madre dei suoi cinque figli, la donna che provvederà a lui per tutta la vita e che, lui non riuscirà mai ad amare pienamente. Alla figura della devota moglie Ivonne si sovrapporrà sempre la figura di una Louise, non veramente conosciuta, non veramente vissuta come una storia d’amore degna di questo nome, dovrebbe essere.
Ecco, per me la storia di Louise e Leon è il sogno, l’idealizzazione, di qualcosa che non è quotidiano, di una persona che non sta al tuo fianco nella buona e nella cattiva sorte, ma, nello stesso tempo è un pensiero che hai talmente “curato” dentro te stesso, e coltivato e idealizzato che, con il passare del tempo diventa per forza una parte di te, della quale non potrai più farne a meno talmente è radicata nel tuo animo.
Penserete; ok ci hai già raccontato tutto, cosa ci rimane da fare? Non è proprio così, la storia è questo e molto altro….. Leggete con curiosità ed io, con la stessa curiosità aspetterò le vostre opinioni, per vedere se collimano con il mio pensiero oppure se siete veramente convinti che la storia di Leon e Louise sia stata una vera e grande storia d’amore.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    20 Ottobre, 2012
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SOLO OTTIME PREMESSE

L’inizio è promettente. Subito si entra prepotentemente sulla scena del crimine. Una donna di mezza età è stata strangolata e, l’assassino, si è poi divertito nell’aprirle l’addome avvolgendole intorno al collo i propri visceri. Il corpo è stranamente pulito e composto, nessuna impronta nessuna goccia di sangue presente, solo un cartone anonimo della pizza, con al suo interno, un foglio con stampato nella parte centrale un evidente punto di domanda.
Tocca al tenente della Omicidi di Los Angeles Milo Sturgis fare luce sull’omicidio e, lo stesso, contatta immediatamente il dottor Alex Delaware, psicologo, consulente della Polizia, per cominciare a farsi un’idea sulle caratteristiche psicologiche dell’assassino.
Un inizio quindi di tutto rispetto, come una bella torta che vedi ben lievitata e colorita nel forno! Subito ho pensato che mi avrebbe aspettato un thriller avvincente.
In realtà, a mio avviso, la storia non prosegue con fluidità e con effettivi e importanti colpi di scena che tengono alta l’attenzione del lettore (ho fatto fatica a terminarlo).
Nessun aspetto riguardante l’indagine viene messo in luce in modo significativo, tipo, la raccolta e catalogazione delle prove , gli esami della scientifica, la costruzione della griglia di informazioni sulle quali investigare; il tenente Milo ed il suo gruppo di lavoro hanno un’importanza , mi verrebbe da dire, secondaria.
Colui che “investiga” è proprio il Dottor Alex Delaware, che assume il ruolo di figura di primo piano, ma, pur essendo un personaggio forte nel libro, non evidenzia al meglio le caratteristiche della sua figura professionale, esponendo ipotesi dettagliate sulle caratteristiche psicologiche dell’assassino, ma è impegnato a fare il detective.
Per non parlare della figura del killer, che risulta a mio avviso non sviluppata al meglio, al punto da arrivare alla fine chiedendosi se un tipo del genere (ipoteticamente parlando), possa essere davvero stato in grado di compiere tali efferatezze, ma ancor di più di essere così accorto ed intelligente da non lasciare tracce….
Oltre ad aver notato diverse incongruenze legate ai legami tra i personaggi e azioni degli stessi.
Quindi, aprendo il forno alla fine della lettura la mia bella torta si è miseramente sgonfiata!!! E, per prendere spunto proprio dal thriller, alla domanda riguardante se la lettura mi ha lasciata soddisfatta, o incuriosita, o piacevolmente stupita rispondo con un unico segno: ?

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Ribadisco il mio pensiero riguardante i gusti differenti di ognuno, ne consiglio comunque la lettura per avere nel mondo delle recensioni più voci simili o anche diverse che diano una visione del libro a 360°
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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    13 Ottobre, 2012
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.. I SERIAL KILLER DI SOLITO LAVORANO DA SOLI.....

Questo thriller, a mio avviso non è convenzionale, poi può piacere o meno, ma, di certo l’autore ha investito molto nella scelta e costruzione dei personaggi.
Il primo aspetto che caratterizza la particolarità di questo libro, riguarda il fatto che gli assassini sono due, due individui totalmente differenti fisicamente e caratterialmente:
Nicklin, occhi scuri, capelli scuri, longilineo, è colui che ha il controllo, che pianifica e decide, intelligente ma altrettanto spietato, crudele e “disturbato”.
Martin Palmer, occhi chiari, capelli chiari, sovrappeso, è il debole, il succube, il pauroso, colui che si ritrova ad eseguire le direttive del “capo”, anche se in fondo al suo animo non vorrebbe fare del male (….o forse sì?)
I due si conoscono fin da bambini,il rapporto malato si instaura nel momento in cui, Nickiln, già soggetto difficile della scuola, difende Palmer da un gruppo di compagni che lo stavano malmenando; Nicklin metterà poi in atto una vendetta che determinerà l’espulsione di entrambi dalla scuola.
I due ragazzi crescono…
Entra in scena l’agente della polizia investigativa di Hendon (zona di Londra),Tom Thorne, quando si ritrova ad intervenire in un caso di omicidio terribilmente crudele; è stata uccisa Carol Garner donna di 28anni vedova da 3anni, madre del piccolo Charlie. Il cadavere viene scoperto dopo 3 giorni nell’abitazione della donna, vegliato dal figlioletto di appena 3 anni.
Che dire di Thorne, è l’indiscutibile anti eroe, personaggio scomodo per i superiori, che non sempre agisce seguendo le regole e gli ordini, è possibile che faccia anche errori di valutazione e non riesca ad acciuffare subito i delinquenti, ha emozioni, cuore, rabbia, che non tenta di censurare e nascondere, ha colleghi che lo amano ed altrettanti che lo odiano,ma, quello che è certo è che la sua ostinazione e caparbietà lo fanno sempre arrivare ad un epilogo, magari l’epilogo non ideale, non perfetto, ma questo è Tom.
Non commettete l’errore di credere che da subito si sa, chi ha fatto cosa e dove si trova…. I due omicidi da adulti hanno vite diverse e distanti e, almeno uno, non riconoscerebbe l’altro se lo incontrasse per strada. Ma allora come fanno ancora ad agire?
La storia ,almeno inizialmente alterna capitoli che fanno riferimento al passato dei killer e capitoli che trattano il presente, la lettura non è velocissima , in quanto i personaggi sono molti, e, nessuno di loro è semplice come dinamiche comportamentali e conseguenti azioni,quindi , questa caratteristica risulta essere un po’ una lama a doppio taglio. Chi considera questo thriller avvincente e ricco, chi lo considera troppo pesante e lento.
Io faccio parte del primo gruppo citato, mi piace come scrive questo autore, il linguaggio che usa, le descrizioni, ma soprattutto mi ha sorpreso piacevolmente la scelta di descrivere non super-eroi del bene, ma una squadra investigativa con problemi, anche importanti, scelte errate, ma indiscutibilmente tenaci, tesi alla soluzione dell’indagine.
Consiglio la lettura agli appassionati del genere e mi riprometto di leggere altro di questo autore.


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Romanzi autobiografici
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    11 Ottobre, 2012
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TUTTO CRUDAMENTE VERO

“ Lui era un serial killer. E io dovevo diventarne amico” Questa è la frase riportata sulla copertina, che mi ha incuriosita e spinta ad acquistare il libro.
Da subito, iniziando la lettura e soffermandomi sulle note inserite sulla coppia di autori, ho compreso che il libro che avevo acquistato non era frutto della fantasia di qualche bravo scrittore di thriller, ma era storia dolorosamente vera ed attuale.
Come a suo tempo, rimasi dolorosamente colpita e sconcertata dalla trasposizione cinematografica della vita del serial killer Ted Bundy, sono rimasta altrettanto dolorosamente sconcertata nel fare la conoscenza di Larry Hall fermato nel novembre 1994 ed attualmente rinchiuso dal 2004 all’istituto psichiatrico per lungodegenti di Butner.
Hall è un individuo insignificante , sia fisicamente che caratterialmente. Ha un fratello gemello omozigote, un padre alcolista ed una madre iperprotettiva che ha sempre fatto in modo che i ragazzi non si assumessero mai le responsabilità delle proprie azioni. A scuola non ha mai brillato, la materia in cui eccelleva era storia, in quanto nutriva una vera passione per le rievocazioni storiche di battaglie tra Nordisti e Sudisti. Impiegato in una ditta di pulizie, svolgeva prevalentemente turni notturni; a tale individuo si attribuiscono circa 50 omicidi.
Il libro narra passo a passo la vicenda che lega il serial killer Larry Hall a James Keene, altro detenuto per reati di tutt’altro genere.
Lascio al lettore la volontà di leggere e documentarsi in merito alla vicenda,il libro, inoltre, contiene,numerose indicazioni che vanno a tracciare le caratteristiche del serial killer e la realtà legata alla gestione delle indagini da parte dei pool investigativi; che risulta, e per certi versi mi viene da dire purtroppo, non avere nulla a che vedere con le svariate serie televisive sull’argomento che ci vengono propinate, nelle quali l’identificazione e la cattura del colpevole, avviene in seguito ad indagini eseguite ad arte, con un insieme di prove raccolte che portano dritti dritti al nome dell’assassino.
Il libro quindi, è un mix tra racconto derivante dalla viva voce di chi ha vissuto parte della storia, e, dall’altra, effettiva esposizione dei fatti prendendo spunto da documentazione ed articoli rielaborati dal giornalista co-autore. Alcuni passaggi non sono scorrevolissimi, ma proprio per la caratteristica dello scritto che non è comunque “romanzata”( o, forse, gli autori avrebbero desiderato “romanzare” la vicenda, ma non sono riusciti in pieno nell’intento..)
Risultato: mi ha lasciato veramente raggelata e sgomenta leggere di atti efferati compiuti, su un numero considerevole di donne. La realtà, supera in orrore la fantasia. Qualcuno potrà obbiettare: “Nulla di nuovo…”. E’ vero che solo in Italia dall’inizio dell’anno circa 90 donne hanno perso la vita per mano di un uomo, ma è anche vero che ciò non è accaduto per mano di un solo individuo, questo non rende gli atti compiuti meno reali o meno gravi, voglio essere chiara, ma il fatto che siamo completamente impreparati su qualsiasi fronte, ad intervenire prontamente nel caso a qualcuno venga la brillante idea di diventare un omicida seriale è un’altra gran reale e brutta verità.
Molto probabilmente la storia avrà anche un prossimo seguito cinematografico, del quale non sono per nulla entusiasta, in quanto, a mio parere, si permette a questi individui di dare ulteriore visibilità, attraverso l’attenzione mediatica,alle loro gesta orribili, con il rischio che possano da ciò “prendere spunto” futuri emulatori….
Il mio voto è puramente simbolico, non riesco ad arrivare ad assegnare un 5 come piacevolezza e contenuto, o stile di scrittura,è semplicemente un portare all'attenzione mondiale efferatezze reali.


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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    05 Ottobre, 2012
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FINALMENTE UN THRILLER DEGNO DI QUESTO NOME!

Ebbene sì, anche Karin Slaughter entra, di diritto, nella rosa dei miei migliori autori di thriller.
Siamo ad Atlanta, il libro inizia subito con un’immagine shock, l’autrice è stata così brava nel descriverla, che mi è sembrato di essere seduta in prima fila mentre le immagine terribili scorrevano davanti ai miei occhi.
Una madre (Abigail Campano), esce dal club dove ha appena finito di giocare a tennis, sale in auto, discutendo al telefono con il marito dell’ultima “scappatella” dello stesso, nel frattempo posteggia e si dirige verso la porta d’ingresso, che trova aperta, con una miriade di vetri infranti sul pavimento, e numerose impronte insanguinate; nonostante il marito Paul le intimi di non entrare, Abigail varca la soglia e gridando il nome della figlia si mette a cercarla spasmodicamente, sale al piano superiore e, davanti ai suoi occhi, si presenta una scena terribile.
Un giovane, sovrasta il corpo crudelmente martoriato, ormai senza vita di Emma e , accortosi della donna, si dirige con un coltello in mano verso Abigail….
Vi domando: voi cosa avreste fatto? Beh! Vi dico solo che non immaginate nemmeno cosa succederà….
L’autrice è abile nel descrivere scene, stati d’animo, azioni di ogni genere. E, allo sbalordimento iniziale, segue un avvicendarsi di azioni ed accadimenti che non avrei immaginato.
Il libro è un continuo susseguirsi di colpi di scena che lasciano il lettore totalmente e piacevolmente spiazzato.
Indaga la polizia di Atlanta, impersonata dall’agente Faith Mitchell,con il supporto dell’agente speciale del Georgia Bureau of Investigation, Will Trent, uomo straordinario, nel lavoro, come nella vita, nonostante un’infanzia difficile passata in orfanotrofio, ed una dislessia che si ritrova tenacemente a nascondere e contrastare, porterà avanti un’indagine estremamente difficile, non solo dal punto di vista investigativo, ma anche dal punto di vista personale.
Sono quasi 500 pagine che l’autrice rende avvincenti in modo intelligente ed imprevedibile, confermo quello che ho scritto su di lei nella precedente recensione del libro: “L’ombra della verità” nel quale facciamo la conoscenza dell’agente Trent.
L’unico appunto davvero microscopico che mi sento di fare riguarda l’agente Will Trent che, a mio parere,risulta essere TROPPO di tutto (l’autrice ha un po’ calcato la mano….) : Troppo gentile , troppo corretto, troppo educato, troppo intelligente, troppo fisicamente bello, ma, nello stesso tempo, proprio questo suo essere TROPPO me lo fa indiscutibilmente apprezzare.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    26 Settembre, 2012
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LA FENICE

Ho acquistato questo libro dopo aver letto “parole sulla sabbia”, romanzo che ho giudicato favorevolmente.
Ritrovo Abigail Harker dove l’avevo lasciata, ossia, nel faro di Chapel Isle; sono passati mesi da quando è giunta sull’isola, dopo la tragedia che l’ha lasciata senza figlioletto e marito. In tutto questo tempo, la protagonista si è chiusa in sé stessa, isolandosi dal mondo,non ha coltivato i nuovi rapporti di amicizia instaurati al suo arrivo, non si è occupata di curarsi, di cibarsi regolarmente, non ha lavorato, si è semplicemente “lasciata vivere”, per riuscire a non morire di dolore (concedetemi il gioco di parole).
Ecco; la sensazione che mi ha colpita poco dopo l’inizio del libro e, che mi ha accompagnata per buona parte della lettura, è un vero e proprio senso di claustrofobia; sono stata avvolta da questo dolore, non gridato a gran voce , ma che trasuda e traspare da ogni azione o stato di apatia di Abigail, il tutto descritto fin nei minimi particolari;( brava l’autrice!) mi sono ritrovata a girare per le strade dell’isola, a vivere questo territorio così circoscritto come una prigione, ad accompagnare passo,passo la protagonista nel percorso difficile,ed inizialmente inconsapevole di rinascita.
E’ arrivata l’estate a Chapel Isle, e, con l’estate una frotta di turisti, un caldo torrido, ed inoltre, vengono rispolverate vecchie leggende riguardanti il naufragio di una nave che pare avesse a bordo un vero tesoro; guarda caso, le indicazioni e indizi che possono permettere di stabilirne l’esatta ubicazione, sembra siano nascosti nel faro dove risiede Abigail…
Mi piace la NORMALITA’ che caratterizza lo scritto, a partire dalla protagonista, che non è un’eroina dalle strabilianti doti intellettive, fisiche o emotive,è una persona come tante, lo stesso si può affermare per gli abitanti dell’isola: l’affittuaria, donna molto abile come affarista, che cerca sempre di ottenere il massimo, con il minimo sforzo (personale soprattutto), manipolatrice e avara, che però ama perdersi nelle letture dei classici romanzetti rosa “stile Harmony”; il ragazzotto, un pochino ingenuo, buono d’animo, non brillantissimo come intelletto, che però stupisce per il suo altruismo, l’uomo vissuto, taciturno e rude, che vive di pesca,che ha un cuore tenero etc.
Lascio al lettore il piacere di seguire Abigail, la sua storia, la sua forza, la sua rinascita.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    20 Settembre, 2012
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STAREMO INSIEME PER SEMPRE....

Mi rituffo tra le pagine di Dorn; mi perdo nella pazzia, nelle menti malate che lui sa così bene dipingere. Ed è un tuffo da un’altezza notevole con tanto di vertigini e scarica di adrenalina, per non parlare del contatto con l’acqua: GELIDA!
Incontro nuovamente Jan Forstner,psichiatra, che dopo le mirabolanti vicissitudini affrontate ne “Il superstite”, mi aspettavo che l’autore lasciasse un po’ in pace.
Invece, mi ritrovo al suo fianco, a vivere l’angoscia prodotta dall’incontrare sulla propria strada uno stalker.
La tensione non è immediata, sale a poco a poco; leggere questo libro equivale ad affrontare una scalata; all’inizio ci si prepara, così l’autore permette al lettore di conoscere i vari personaggi, le situazioni che stanno vivendo, poi inizia lentamente a far entrare in scena l’azione vera e propria. Riscopro con Dorn, il piacere di fare supposizioni su chi possa essere lo stalker, o meglio la stalker; il soggetto preso di mira dalla donna è proprio Jan, al quale viene recapitato un mazzo di rose rosse senza biglietto e, successivamente trova, bloccato dal tergicristallo della propria auto,un disegno molto particolare, carico di significato celato nel simbolismo delle immagini tracciate, che un collega di origini italiane aiuterà ad interpretare.
Vivo insieme allo psichiatra il sospetto, la preoccupazione, il disagio che questa situazione comporta, che matura lentamente, ad un’iniziale, superficiale valutazione portata a considerare i fatti come innocui, segue un’angoscia vera e propria, che si stende come un ombra sulla vita di Jan e su quella delle persone che ama. Nel momento in cui viene ucciso un giornalista, conoscente dello psichiatra il giorno stesso in cui avevano fissato un appuntamento nel quale lo stesso, doveva rivelare fatti importanti non ben specificati al telefono, Jan comincia ad unire i tasselli del puzzle e a provare vera e propria paura….
Mi piace come l’autore ci presenta la stolker, si coglie esattamente l’essenza di una mente malata, che inizialmente, quasi timidamente, lascia segni della sua presenza allo psichiatra, ma, man mano che la tensione del lettore cresce, allo stesso modo aumenta l’audacia della stalker, che telefona direttamente a Jan, più e più volte facendogli capire che è continuamente spiato,osservato, valutato nei comportamenti….
Finalmente un libro dove il “cattivo” non è svelato dopo poche pagine, il dubbio rimane, oserei dire fino quasi alla fine, eccellente Dorn nel seminare tracce, sospetti veri e fasulli, il lettore brancola nel buio a braccetto con Forstner.
Libro eccellente; nulla è lasciato al caso, nulla è detto di troppo, e nulla di troppo poco, la storia raggiunge un equilibrio perfetto tra passaggi di tensione e violenza, sospetti, indagini, pazzia.
A chi non conosce Dorn consiglio vivamente di leggere questo libro ed i suoi precedenti.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    18 Settembre, 2012
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IDEA MOLTO BUONA MA.....

Titolo molto accattivante: TABU’! Dentro di me ho pensato che un thriller con un titolo simile doveva essere mio…. Buonissima l’idea di un serial killer che va a fare leva sui nostri tabù, che, oltre a compiere delitti terribili ed inspiegabili,già “scandalosi” per definizione, vada ad aggiungere scandalo allo scandalo.
Siamo in Irlanda, più precisamente nella città di Dublino, dove la giovane Reilly Steel si trasferisce dalla California , chiamata a dirigere il Laboratorio della Scientifica. La giovane donna nasconde un passato segnato da gravi tragedie, in primis, Reilly deve crescere in fretta, si ritrova all’età di 8 anni a dover badare alla sorellina di 3, in quanto la madre abbandona la famiglia. Così Jess,la sorellina, oltre a perdere la mamma, perde anche la sorella maggiore, come compagna spensierata di giochi.
Reilly successivamente dovrà affrontare una tragedia ancora più grave.
Il lavoro scelto rimane una conseguenza diretta del vissuto che ha caratterizzato la bambina e l’adolescente.
Reilly si ritrova strettamente a collaborare con la polizia in seguito a vari omicidi efferati, per i quali l’assassino prende, per così dire spunto, dalle opere di S.Freud, e per questo, viene definito il killer dei tabù.
Le prime 100 pagine non mi hanno, da subito, risucchiato e intrappolato, come una thriller dovrebbe fare; successivamente la storia ha un’evoluzione più veloce, più ricca di avvenimenti e tensione.
Mi piace l’idea di Freud, anche se rimane appena accennata, per giustificare i vari decessi;Il killer ad un certo punto,sembra che prenda di mira proprio Reilly: ma perchè? Ha seguito il suo eccellente modo di lavorare e quindi sfida ulteriormente una delle persone che possono arrivare ad incastrarlo? Oppure ci sono motivazioni del tutto differenti?
Questo thriller è scritto a 4 mani da Melissa e Kevin Hill, nella vita marito e moglie.
Devo dire che non amo particolarmente storie scritte da più autori, a mio parere vi è sempre una trama molto fitta di particolari, informazioni, indizi, che non sempre trovano spiegazione o motivazione esauriente e rimangono dettagli in sospeso o appena accennati, come fili non intessuti o frettolosamente inseriti nella trama, così da rendere la vicenda un po’ dispersiva.
La storia, ai miei occhi, appare non perfettamente messa a fuoco. Mi sarebbe piaciuto che gli autori mi avessero fatto entrare meglio nei personaggi, mi sarebbe piaciuto che si fossero soffermati di più sulla descrizione delle varie personalità, vissuto e caratteristiche, per rendere gli “attori” più reali ai miei occhi. Permane la sensazione che molti particolari non siano stati perfettamente sviluppati.
Mi sarebbe piaciuto entrare nella testa del killer, “assistere” alle uccisioni, sentire i suoi pensieri e le sue emozioni; ma questo la storia non lo permette, il libro si sviluppa principalmente sulle indagini partendo dalla scena del crimine, la figura del killer è secondaria.
Peccato! In mano a Connelly o Deaver l’idea di fondo, si sarebbe trasformata in un thriller mozzafiato di sicuro.
Rimane comunque un thriller accettabile, con un assassino svelato poco dopo la metà ed un epilogo non da thriller a mio parere, lascio a voi decidere se essere d’accordo con me o meno.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    16 Settembre, 2012
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EPILOGO IMPENSABILE OTTENUTO IN MODO AMBIGUO

Libro di circa 200 pagine, mi viene da dire “striminzito”, in quanto l’impaginazione ed il formato dei caratteri è reso più grande del solito, per “rendere di più” probabilmente; e già questo non mi colpisce favorevolmente.
L’inizio del thriller, devo ammettere, è originale; l’autore dà corpo alle riflessioni del serial-killer che pensa a quanto sia fortunato ad abitare e compiere i suoi delitti in una città come New York, con una popolazione totale di circa 15milioni persone; l’omicida riflette asserendo che, riuscendo a mantenere un “basso profilo” può farla franca tranquillamente.
Il cliche’è intuibile,le vittime sono giovani donne attraenti, e, dal titolo del libro, si capisce il tipo di situazione che il killer pone in essere.
La polizia di New York indaga, e considera un possibile sospettato l’aspirante sceneggiatore Marvin Waller ( come abbia individuato tale soggetto come possibile autore dei delitti non è dato sapere….).
Non ci sono descrizioni esaurienti delle ambientazioni, non ci sono descrizioni particolareggiate delle caratteristiche fisiche e comportamentali dei personaggi principali, certi passaggi risultano volutamente ambigui, e, forse fuorvianti (errore di traduzione o intento effettivo dell’autore?).
Leather ha costruito un thriller mediocre che spiazza il lettore con l’inganno, a mio avviso, non ha avuto la capacità di creare realistica tensione e personaggi altrettanto realisticamente forti.
Non riesco a comprendere il grande successo ottenuto su Amazon. Thriller letto in una giornata che non lascia nulla, se non il disappunto di essere inciampati nella trappola tesa dall’autore stesso, per mascherarne la mediocrità. Non posso dirvi di non leggerlo se siete curiosi, ma almeno non compratelo.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    15 Settembre, 2012
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IMPONE RIFLESSIONI PROFONDE

Ho letto diversi libri di Glenn Cooper e mi è sempre piaciuto molto il suo modo di scrivere; traspare dalle sue pagine la cultura, sicuramente al di sopra della media; la sua scrittura è “piena”: piena di particolari, di informazioni, di citazioni, di storia e di racconto vero e proprio nato dalla fantasia dell’autore.
Leggere un libro di Cooper, equivale a mangiare in un buon ristorante piatti eccellenti accompagnati da un ottimo vino.
Ma torniamo a Noi! “l’ultimo giorno” deve essere digerito con calma e metabolizzato. La storia in sé risulta meno articolata di altri scritti dell’autore; Alex Weller ricercatore all’ Harvard Medical School, in forze anche all’ Ospedale Pediatrico, compie ricerche sui traumi cerebrali, in nome delle quali uccide, asserendo a gran voce che “il fine giustifica sempre i mezzi”; attraverso il prelievo del liquido cefalo-rachidiano scopre, che negli attimi in cui la persona lascia la vita terrena, viene prodotto un peptide molto particolare, che permette di vivere l’esperienza di passaggio da questo mondo all’altro, con la visione di un caro defunto che ti attende oltre un torrente, la conseguenza è quella di provare una grande gioia, unita alla sensazione che alle spalle del defunto ti attenda la grazia di Dio.
Cyrus O’Malley, detective dell’FBI è chiamato ad indagare in merito ad omicidi molto particolari, nei quali, le vittime vengono strangolate, ed inoltre su tutte viene riscontrata la presenza di un piccolo foro alla base del cranio. Il destino vorrà che le strade del ricercatore e del detective si uniscano, non solo per le conseguenza delle indagini, ma anche per la figlia stessa del detective, ricoverata presso l’Ospedale Pediatrico con una forma di tumore cerebrale particolarmente aggressiva, per la quale non è più possibile intervenire…
Le figure principali che si fronteggiano sono: da una parte il ricercatore che fa sintetizzare in laboratorio la sostanza in questione, così da iniziare un vero e proprio mercato che assume dimensioni mondiali, con tutta una serie di conseguenza spaventose che lascio al lettore il piacere di scoprire,e dall’altra, il detective acuto e sensibile che sospetta immediatamente di Weller, e comincia la caccia.
Pensare di pubblicare solo 100 anni fa un libro simile , sarebbe stato impensabile, o, nel caso fosse stato possibile, sarebbe stato uno scritto che avrebbe dato scandalo.
La riflessione che ha innescato in me è inerente al nostro vivere di oggi.I valori si stanno perdendo,non ci sono più certezze di nessun tipo, dal lavoro, alla stabilità della famiglia, al rispetto dei ruoli e degli altri, non ci sono forse più speranze (generalizzando molto, ovviamente). Ecco che l’esigenza dell’uomo che parte dalla sua anima, di qualcosa di più, della felicità, del sapere che non finisce tutto qui, del sapere di essere amati e voluti incondizionatamente, si manifesta. L’autore ha semplicemente tradotto quello che si respira oggi nel mondo, in qualunque cultura, a tutti i livelli sociali, il desiderio di ogni essere umano di amore incondizionato che solo nelle braccia di Dio si può trovare.
Bellissime le citazioni da “Le confessioni” di S.Agostino. Possiamo scegliere cosa fare, se leggere o non leggere “l’ultimo giorno”, se incuriositi dare una scorsa allo scritto di S.Agostino, se mettere a tacere il nostro cuore, certo è che Cooper ha colpito nel segno nuovamente, ed ha romanzato e trasformato in paradossale quello che,almeno una volta, ci siamo chiesti tutti noi…

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    31 Agosto, 2012
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GLI SQUALI NON ESISTONO SOLO NEL MARE!

Ho trovato questo libro in un polveroso mercatino dell’usato ed ho deciso di acquistarlo, spinta dal nome dell’autrice e anche dalla copertina (le mie “brutte “abitudini sono dure a morire!!!) è un romanzo datato,non recente, ma di un’attualità disarmante per certi versi.
Siamo a New York, mi trovo a fare la conoscenza di una miriade di personaggi dell’alta società cittadina, uomini boriosi, sovrappeso viziati e viziosi abituati a trattare affari miliardari davanti a una bottiglia di champagne e caviale, passano da un party di beneficenza ad una cena intima (una sessantina di invitati solamente!)all’altra, accompagnati da consorti non più giovanissime truccate, agghindate e atteggiate all’inverosimile.
Lo sport preferito degli uomini è fare soldi e delle mogli è il pettegolezzo. Mi aggiro incuriosita nelle varie location dipinte dall’autrice, bravissima a mio avviso, a farci visualizzare il “bel mondo” e chi vi appartiene. Leggendo, mi capita di passare da pagine piacevolmente divertenti a parti che mi procurano vero e proprio fastidio, dovuto al classismo spudorato, al cattivo gusto, alla maleducazione edulcorata ed indorata dai soldi… (complimenti ancora all’autrice..)
La protagonista è Jo, moglie quarantenne di un pezzo grosso molto più grande di lei, che si muove benvoluta in questo teatrino, in primis in quanto è benefattrice di numerose iniziative, tra le tante, ha una passione per la Regina M.Antonietta ed ha donato ai musei numerosi pezzi unici di arredamento e non solo, appartenuti alla Regina; successivamente per la bontà e disponibilità che dimostra in società, in quanto non dimentica di non provenire da famiglie titolate , ma da una famiglia come tante…
Lascio a voi il gusto di scoprire cosa succederà quando sulla scena compare la Contessa Monique de Passy, giovane e bella che conquista la fiducia e l’amicizia di Jo e non solo… Alla morte del marito Jo scoprirà che quasi tutto il patrimonio è stato intestato alla tale contessa….
Come reagirà Jo? Quale terremoto, questo evento, scatenerà nell’alta borghesia che Jo è dedita frequentare? Come si comporterà la donna in seguito all’eclatante raggiro?
Bello vedere descritta (spietatamente), la trasformazione delle persone davanti alla tua importanza dettata dal potere del denaro e dal tuo non valere più nulla nel momento in cui non riesci a mantenere un determinato target…
Ma non è tutto qui, il personaggio di Jo riserva al lettore continue sorprese, fino ad un epilogo paradossale ed inaspettato!
Mi piace come la Hitchcock descrive passo, passo le varie scene e i comportamenti che scaturiscono conseguentemente ad esse.
Come lettrice sono rimasta totalmente soddisfatta e anche incredula davanti all’analisi spietata di una società che non è molto diversa da quella che possiamo intravedere anche noi attraverso la lettura di rotocalchi e la visione di determinati programmi.

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Letteratura rosa
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    31 Agosto, 2012
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UN TUFFO IN UN CLIMA LEGGERO PER NULLA SUPERFICIAL

Mi serviva un intermezzo più soft dopo la full immersion nel mondo dei thriller, così mi sono lasciata conquistare dal titolo e dalla presentazione in copertina di questo romanzo.
Molto carina la storia, ripensandoci, il ricordo mi evoca solo immagini positive dai colori pastello, con qualche pennellata più intensa relative a paesaggi campestri primaverili…..
La protagonista principale del libro è Ella, figlia di una ex ballerina di danza classica, di professione pittrice, predilige dipingere ritratti; la particolarità dei suoi quadri è quella di far sembrare i soggetti che ritrae vivi, facendo in modo che i volti manifestino tratti importanti della personalità che non sempre risultano evidenti nella conoscenza superficiale del soggetto.
Ella non ha rapporti con il suo vero padre, che ha abbandonato la famiglia quando la bambina aveva solo 5anni,e considera a tutti gli effetti papà, Roy, l’attuale marito della madre. La pittrice ha anche una sorella minore, Chloe, nata dall’unione successiva della madre con Roy.
Brava l’autrice a mantenere un clima ”leggero” se pur trattando un tema pesante come il dolore dell’abbandono, le menzogne, il crescere senza poter parlare e nominare quell’uomo che ricordi vagamente e che per tutta la vita hai provato a ritrarre solo con la forza dell’immaginazione….
Il libro non è solo questo…Ella conoscerà il nuovo fidanzato della sorella, oltre che ritrattà persone molto particolari…. Non svelo nulla di più.
Scrittura lineare, buone le descrizioni dei luoghi e dei personaggi che risulta da subito semplice conoscere ed interiorizzare. Rimane uno dei romanzi più validi letti ultimamente.
Lo consiglio a chi ha voglia di tuffarsi in un mare di tenerezza….

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Consigliato a chi ha letto...
A tutte le mie QAmiche amanti del genere..
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    24 Agosto, 2012
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PER GLI AMANTI DELLE SALE AUTOPTICHE

Siamo nel Tennessee, all’interno della Body Farm di Knoxiville, unico laboratorio al mondo dove si utilizzano autentici cadaveri e si studiano i processi di decomposizione all’aperto ( Questo luogo esiste nella realtà).
Tom Lieberman, antropologo forense, responsabile del laboratorio prossimo alla pensione, invita il giovane collega, nonché ex allievo David Hunter residente in Inghilterra, per un mese di stage c/o la Body Farm.
David Hunter si sta riprendendo da una pregressa aggressione con accoltellamento avvenuta ai sui danni, ad opera di una donna; in questo libro non viene specificato nulla di approfondito relativo a questo episodio passato della vita di Hunter.
Il TBI (Ufficio investigativo dello Stato del Tennessee), chiede l’intervento di Lieberman e della sua equipe per un omicidio molto particolare. Viene scoperto in un residence un cadavere di un uomo nudo legato ad un tavolo in avanzato stato di decomposizione; l’ipotesi della data della probabile morte non collima con lo stato in cui versa il corpo, e da qui inizia l’indagine ed il lavoro degli antropologi.
Nella raccolta degli indizi viene coinvolto attivamente anche David in quanto le condizioni di salute di Tom non permettono estenuanti tour de force sul lavoro. Da osservatore Hunter diventa esecutore, non senza problemi sollevati dal team investigativo.
Gli aspetti positivi del libro, secondo me, sono inerenti a tutte le nozioni più specialistiche del lavoro degli antropologi descritte, anche al tipo di linguaggio utilizzato, che appare, per alcuni termini ricercato ed inusuale, quasi se si rispolverassero termini non più di utilizzo corrente… (non so se il merito sia principalmente della traduzione italiana!). Anche l’idea della storia è molto buona.
Gli aspetti negativi a mio parere, riguardano la quantità di personaggi secondari, che in alcune parti del libro rubano la scena a quelli principali, ma proprio per questo,appaiono non sufficientemente messi a fuoco. Anche i personaggi principali quali il serial killer stesso, non sono ben tracciati, l’autore non ha raccontato esattamente gli step attraverso i quali l’assassino sia giunto a uccidere per il proprio fine malato; se non si sono lette le gesta dell’antropologo Hunter precedenti è abbastanza complicato anche conoscere questo personaggio, quindi l’empatia con il lettore non si compie perfettamente.
Ciò non toglie che rimane comunque un discreto thriller.

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Romanzi erotici
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    22 Agosto, 2012
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GRANDE INTUITO COMMERCIALE

Lo ammetto, sono stata veramente” snob” a leggere solo il terzo libro, ma volevo un assaggio di questa trilogia che ha fatto letteralmente furore in tutta Italia ( per quello che posso saperne io!).
Devo ammettere che l’idea di articolare la storia componendo una trilogia è di sicuro vincente, mi domando quale donna lascia qualsiasi vicenda in sospeso, letteralmente parlando, senza voler sapere come va a finire.
Vincente è anche l’idea di parlare di una storia d’amore a tinte forti, di sdoganare in un qualche modo il sesso estremo, di renderlo accessibile a chiunque e non una sorta di perversione apprezzata da alcuni, di cui non si deve parlare…..
Ho incontrato innumerevoli donne che grazie al passaparola hanno acquistato tutti e 3 i libri…
La storia in sé è come tante,descritte in migliaia di romanzi definiti rosa, la giovane donna bella e pura che si innamora dell’uomo più grande, benestante un po’ “sciupafemmine”, con una caratteristica particolare: “il bondage”. Le scene forti dipinte, non mi hanno sconvolto in modo particolare, né in senso positivo, né in senso negativo, inteso come donna sottomessa alla figura maschile, quindi donna strumentalizzata e trattata come un oggetto.
Non capisco le estremizzazioni inerenti alla considerazione della trilogia: da una parte chi osanna, dall’altra chi condanna duramente.
Ripeto, è una storia come tante, con alcuni punti più riusciti, altri meno. La critica che mi sento di muovere all’autrice è un’immaturità di fondo, che nella descrizione dei personaggi , in alcuni dialoghi, e nella descrizione di alcune scene, fa capolino prepotentemente, rendendo alcuni passaggi quasi ridicoli.
Se invece devo esprimermi solo da un punto di vista commerciale 10 e lode, in quanto l’autrice ha centrato tutti i bersagli, presto si vedrà anche la trasposizione cinematografica, ed inoltre ha fatto iniziare a leggere molte persone non appassionate…..

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    21 Agosto, 2012
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FOLLIA E' AMORE?

Mc Grath non mi ha delusa nemmeno questa volta.
E’ un libro difficile da digerire, oserei dire scomodo, impegna il lettore ad una riflessione profonda, utile per una completa definizione dei personaggi,ma utile anche per la vita; eh già! Proprio così, dal canto mio l’autore ha la capacità di sondare profondamente i recessi della mente umana, tanto da riuscire a fare leva anche su piccole o grandi nostre caratteristiche, legate ai sentimenti, al rapportarsi in famiglia….
Dipinge una coppia come tante, della medio, alta borghesia con un figlio di 10 anni, un marito che come professione fa lo psichiatra criminale ed una moglie che lo segue nel suo nuovo trasferimento, indice di un prossimo ruolo professionale più importante.
Il rapporto tra i due è germogliato, ma dopo anni di convivenza si è avvizzito e stabilizzato su una sorta di convivenza e quotidianità pacifica e piatta. Nessuno si aspetta sorprese dall’altro,lui, Max Raphael ,uomo dedito al lavoro, silenzioso,malinconico, molto dipendente ancora dalla figura materna,che risulta essere ingombrante ed invadente anche per il potere che esercita economicamente sulla famiglia del figlio; lei, Stella Raphael,donna intelligente, posata, molto bella, che incarna perfettamente il ruolo di moglie e padrona di casa, che ha però dentro sé una grande solitudine e frustrazione che non la rendono una donna appagata; l’altro, Edgar Stark paziente della Clinica uxoricida e artista di aspetto imponente, istintivo, quasi animalesco, che in regime di semilibertà Max ingaggia per la rimessa a nuovo della serra.
E’ in questo frangente che i due si conoscono, si studiano, si annusano mi verrebbe da dire, e crudo e spietato scoppia un sentimento forte e distruttivo che Stella definisce amore.
La storia è narrata da Peter Cleave, maturo psichiatra della Clinica che ha in cura Edgar e frequenta assiduamente la coppia Max-Stella, in amicizia… Una sorta di burattinaio, o anche di un entomologo che viene informato della frequentazione tra paziente e moglie del Collega, ma non interviene, si nutre quasi di questa storia con curiosità e aspettativa, commettendo gravissimi errori di valutazione che porteranno ad un epilogo inaspettato e duro da accettare anche per lui stesso.
Questo libro parla di amore? Amore tra coniugi, tra amanti, filiale, sicuramente sì; parla anche della possibilità che questo sentimento forte e puro possa assumere connotazioni malate quali l’ossessione e la vera patologia.
E’ un libro che parla di follia? Anche….
La domanda forse più esatta è dove rimane il confine tra le due. O forse dovrei citare un testo di una canzone di Povia che dice testualmente: “ Evviva i pazzi che hanno capito cos’è l’amore.”
Riflettete anche voi…….

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    28 Luglio, 2012
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UNO PSICOPATICO DI TUTTO RISPETTO...

Questa volta siamo nella zona di Hannover , Franziska Gottlob, commissario della polizia criminale si trova ad indagare sulla scomparsa di una bambina cieca, Sarah dall’Istituto dove risiedeva; è lei che trova similitudini con un caso di scomparsa, avvenuto 10anni prima di cui non si è mai trovato il colpevole; all’epoca Sina , bimba cieca viene rapita mentre si dondola sulla sua altalena.
Franziska conoscerà quindi Max Ungemach, fratello di Sina, pugile professionista,all’epoca adolescente ,che vive con il grosso rimorso di non aver protetto la sorellina, lo stesso darà un contributo importante nel proseguo delle indagini e non solo…
La storia alterna capitoli riguardanti il presente, e capitoli riguardanti il passato di Max e Sina, la descrizione del loro rapporto, dei genitori, del contesto di vita.
Mi piace il modo di scrivere dell’autore, lineare, scorrevole, in grado di dipingere bene scene e personaggi fino ad un certo punto però, mi sentirei di dire…..
Ho apprezzato la descrizione del rapitore, le caratteristiche psicologiche di un malato di mente, con il bagaglio di piccole ,grandi manie accentuate dalla patologia stessa, in questo caso l’autore è stato geniale proprio nel creare il personaggio (non mi dilungo in descrizioni particolareggiate proprio per non guastare il piacere della lettura, dico solo che controllerete ogni angolo di casa prima di andare a dormire!!).
Quindi, lo scheletro del libro mi permetto di dire che c’è, i personaggi sono ben descritti, l’evoluzione della storia a mio parere ha qualche lacuna, Winkelmann non è stato perfettamente in grado di dare seguito e dirimere, in modo esauriente, tutti in nodi della storia che la sua mente comunque geniale ha strutturato.
Resta comunque un thriller di buon livello che consiglio agli appassionati del genere.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    21 Luglio, 2012
Top 50 Opinionisti  -  

UN BUON GIALLO

Gli ingredienti ci sono tutti per strutturare un bel thriller: un detective poco diplomatico, Carl Mork, con un passato recente che ancora non ha superato, inerente all’uccisione durante un’azione, di un collega, ed un altro rimasto tetraplegico di cui si sente responsabile; la decisione “dall’alto” di rendere il poliziotto innocuo mettendolo a capo di una nuova sezione che deve indagare su tutti i crimini rimasti irrisolti denominata sezione Q; la scelta di riprendere in mano un caso archiviato riguardante la scomparsa da un traghetto di Merete Lynggaard, giovane parlamentare di cui si sono perse le tracce, tutte le piste seguite all’epoca non hanno portato a svelare nulla sul tipo di evento che ha portato a questo epilogo drammatico. Merete è una giovane donna single, dedita al lavoro ed alla cura del fratello, rimasto gravemente menomato ,in seguito ad un incidente stradale avvenuto molti anni prima, nel quale rimasero uccisi entrambi i genitori. Non ci sono apparenti motivi che spingano a credere ad un suicidio. Cosa è successo quindi a Merete? Possibile che sia scomparsa in mare improvvisamente?
Questo caso risveglia in Mork il desiderio di tornare ad investigare. Questo desiderio viene anche aiutato dall’intervento di un personaggio molto particolare e curioso, inizialmente, il suo ruolo dovrebbe essere quello di addetto alle pulizie degli spazi occupati dalla sezione Q, ma in realtà, da subito, legge i documenti dell’inchiesta ed esprime le sue opinioni a Monk; Assad siriano, di religione musulmana viene ben descritto ed integrato nella storia dall’autore.
Siamo in Danimarca, equilibrata la descrizione dei luoghi, dei personaggi, con i dialoghi presenti tra le varie figure; i capitoli si aprono con la visualizzazione di un anno, alternando il 2002 con l’anno 2007 così da dare l’opportunità al lettore di collocare subito le vicende nel passato o nel presente.
Mi piace l’approccio con il lettore, non ci sono grandi picchi di tensione, anche se il filo dell’attenzione viene mantenuto alto, non ci sono descrizioni truculente e nemmeno un pluriomicida, anche se l’idea di fondo e le dinamiche psicologiche sono a mio dire molto buone ed originali, sono entrata subito nella storia… Mi piace il modo stesso di scrivere, che lascia spazio anche ad episodi spassosi e leggeri che fanno spuntare il sorriso, se vogliamo, non certo caratteristica predominante di un giallo. Insomma, mi è piaciuto sì! Il livello, per intenderci ,non è di un Connelly o un Deaver , ma questo autore danese mi ha convinto. Terrò il libro nella mia biblioteca e leggerò sicuramente altro.

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Romanzi
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    12 Luglio, 2012
Top 50 Opinionisti  -  

UN LIBRO NEL LIBRO

Ho letto un libro nel libro e sinceramente non mi ha lasciata soddisfatta nessuna delle vicende narrate…
Susan, la protagonista, donna di mezza età sposata in seconde nozze ad Arnold, un Chirurgo Ospedaliero dal quale ha avuto tre figli, e dal quale è stata più volte tradita, riceve un manoscritto dal suo ex marito Edward, con la nota di leggere e commentare liberamente lo scritto.
Uno dei motivi che ha fatto naufragare il matrimonio di Edward e Susan è proprio la scrittura; Edward non è mai riuscito a terminare il suo libro, allontanandosi non solo mentalmente, ma anche fisicamente dalla giovane moglie, con l’ossessione di dover scrivere e creare qualcosa, determinando così l’allontanamento definitivo.
Edward ha una personalità molto complessa, maniacale sotto molti aspetti, ha un comportamento a volte iroso e vendicativo.
Cosa può spingere Edward dopo così tanti anni a cercare di nuovo la ex moglie, oltre al fatto di desiderare un parere sulla bozza del libro tanto atteso?
Susan, dovrebbe essere la protagonista principale, in realtà, la sua vita, la sua famiglia, il suo sentire, viene totalmente messo in secondo piano dalla trama del libro di Edward “Animali notturni”; Tony il protagonista della stessa la fa da padrone,la storia è un mix di violenza e no-sense trascinati per tutto il racconto, il finale è quasi paradossale. Susan viene completamente assorbita dalla lettura del manoscritto ed il suo personaggio nel libro vive di questo, nulla è impiegato per descrivere la quotidianità di una madre di famiglia, i suoi figli, le caratteristiche di ognuno etc.
Mi sono veramente sforzata a capire le eventuali motivazioni nascoste nella trama dello scritto di Edward, al di là del semplice dimostrare di avercela fatta a scrivere un libro, che in qualche modo possano arrivare a colpire in positivo o negativo Susan, ma non ne ho trovate…. Magari un lettore più acuto di me può arrivare a fare un analisi più approfondita e motivata.
Il libro in sé non mi ha lasciato nulla, alcuni punti sono ripetitivi fino quasi alla noia, i personaggi non prendono corpo ai miei occhi, mi è rimasto solo il disappunto di non poter capire e assimiliare diverse dinamiche comportamentali totalmente fuori da ciò che comunemente viene definito normalità.


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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    07 Luglio, 2012
Top 50 Opinionisti  -  

..ADESSO CHIUDI GLI OCCHI E NON GUARDARE MAI....

Come molti di voi sapranno, il libro è scritto a quattro mani dalla coppia anche nella vita Coelho-Ahndoril, che ripropongono l’Ispettore della Polizia di Stoccolma Joona Linna chiamato come osservatore a fornire il suo contributo per un duplice omicidio avvenuto nella casa di accoglienza di Sundsvall che ospita giovani ragazze disadattate con problemi anche psichici.E' stata uccisa Miranda selvaggiamente, ed è stata uccisa l'infermiera che era di turno quella notte, all'appello, all'arrivo della polizia, manca una giovane ricoverata, Vicky sulla quale cadono i sospetti....Ma se pensate che la storia si articoli solo sulla ricerca della giovane e i rilievi degli investigatori in loco, vi sabagliate di grosso!!
La descrizione dei luoghi è strettamente correlata alle azioni dei personaggi, ed ha utilità solo per motivarne e descriverne i comportamenti.
La trama è fitta, corposa, ben strutturata; l’attenzione del lettore viene catturata dalla prima pagina con picchi di tensione che vengono sviluppati su più fronti.
La figura di Linna è forte, positiva, non viene fagocitata dalla storia, ma è il suo esserci che permette alla storia di avere un’evoluzione ed un epilogo.
I personaggi sono molti, ma non si ha difficoltà a collocarli e conoscere le loro caratteristiche, la coppia riesce abilmente a tracciare per ognuno un volto.
L’unico neo che mi sento di segnalare è l’inserimento quasi a forza di parte del vissuto dell’Ispettore, che lo fa tornare al capezzale della moglie, gravemente ammalata, compromettendo così il successo di scelte passate, che a mio parere è tutta un’altra storia e poco si inserisce nel contesto generale.
L’unica intuizione che rimane al lettore è che grazie a questa minima parte, le gesta dell’Ispettore Linna avranno un sicuro seguito.

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Romanzi
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    02 Luglio, 2012
Top 50 Opinionisti  -  

ESTREMA SOLITUDINE


E’ il primo libro che leggo di questa autrice, devo riconoscere che ha scritto molto ed è membro dell’American Academy of Arts and Letters da più di 30anni.
Questo romanzo lo definisco con una sola parola: “strano”…
Siamo nel Nord dello Stato di New York, a Carmel Heights, dove risiede nella Villa di famiglia lo scrittore solitario trentottenne Joshua Seigl, di origine ebrea , salito alla ribalta della critica con il romanzo “le ombre” che offre il racconto romanzato dell’Olocausto, traendo spunti da racconti fatti dagli avi che vissero quel periodo.
Singolare il modo in cui l’autrice dipinge il personaggio principale, la percezione è di avere di fronte una persona molto più in là con gli anni, sia per l’aspetto comportamentale e caratteriale, sia per quanto riguarda le condizioni fisiche che non sono delle migliori.
Il filo conduttore del romanzo è solo uno: la solitudine.
La solitudine spinge Joshua a cercare un’ “assistente”, che in realtà deve impersonare una specie di tutto fare che si occupi sì, dei suoi scritti, ma anche della casa e della sua persona,se necessario.Il romanzo inizia proprio con tutta una serie di selezioni di individui consigliati e referenziati da amici e conoscenti che affronta lo scrittore, trovando per ognuno motivi anche futili per non porre in essere l’assunzione.
Casualmente Joshua trova sulla sua strada Alma, una donna sola, con un passato non limpido ed onesto, con trascorsi anche di violenza che accetta di lavorare per lui. Singolare anche per quanto riguarda questo personaggio, la descrizione dell’autrice, donna né giovane né matura, in alcuni momenti la descrizione è quasi sgradevole, in altri frangenti sembra affascinante e piacente. La donna non ha titoli di studio che possano avvallare lo status ora conquistato, ma lo scrittore comincia a considerare la stessa insostituibile.
Alma inizialmente cova un odio ed un risentimento profondo, quasi inspiegabile,nei confronti dello scrittore, suo datore di lavoro.
Il romanzo si sviluppa tracciando l’evoluzione di questi due personaggi fino ad arrivare ad un’epilogo del tutto inaspettato. Non bisogna rimanere sulla superficie della storia, brava l'autrice ad accompagnare il lettore con delicatezza all'analisi del comportamento umano ed al suo continuo divenire, in alcuni casi è un divenire migliore ed in altri no.
La lettura è scorrevole, si entra in un’ atmosfera di estrema solitudine ed al termine dello scritto scende sul lettore un velo di profonda tristezza e malinconia.


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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    29 Giugno, 2012
Top 50 Opinionisti  -  

TI INCHIODA ALLE SUE PAGINE FINO ALLA FINE

Questo thriller psicologico mi ha letteralmente conquistata.
Bravissimo l’autore, che tra l’altro nella sua vita reale, ha lavorato come logopedista con malati psichici; il protagonista principale è Jan Forstner, di professione psichiatra che ritorna a vivere, dopo 20anni di assenza, nella città natale, Fahlenberg, in quanto, un vecchio amico e collega del padre anch’egli psichiatra, gli ha offerto un posto di lavoro nella Clinica Waldklinik. Descrizione dei luoghi asciutta, scarna, oserei dire squallida, che trasmette in pieno la reticenza ed il timore del protagonista, nel ritornare nel luogo e nell’abitazione natia.
Jan racchiude in sé una grande sofferenza che non gli dà pace, riguarda la scomparsa del fratellino Sven, avvenuta una notte di molte anni prima, durante la quale il protagonista, all’epoca 12enne, esce di casa di nascosto “rubando” il registratore del padre, per tornare nel parco dove è morta annegata una giovane ragazza, vicina di casa dei fratelli, con problemi psichici, per registrare la “voce” dello spirito della deceduta (desiderio scaturito dalla lettura di un libro su fenomeni paranormali ricevuto in dono per Natale), il fratellino segue di nascosto Jan, e scompare misteriosamente nel momento in cui Jan si allontana pochi minuti dalla panchina dove i bambini erano seduti in silenzio, con il registratore acceso per captare eventuali “voci”.
La storia alterna episodi riguardanti i giorni del dramma ed il presente di Jan. La scrittura è fluida, ma nello stesso tempo ricca di eventi,ricca di descrizioni introspettive del protagonista, ricca di personaggi secondari abilmente descritti, che per il lettore è facile seguire e capire. Il finale non è intuibile, le morti violente che si susseguono sono legate abilmente all’intreccio della storia, senza che l’autore utilizzi pagine e pagine in descrizioni truculente legate alle uccisioni, ma, al contrario descrive le vittime, le loro personalità, il loro vissuto così da renderle in tutto e per tutto persone, non semplici “oggetti” utili allo scopo del carnefice.
L’autore di questi gesti non viene mai citato, si aggira come un’ombra, nei meandri della storia, per me impossibile è stato poterlo individuare, anche se l’autore devo ammettere, ha lasciato dei piccoli indizi e dettagli, nulla è stato affidato al caso, tutti i nodi della vicenda sono stati sciolti ed analizzati, libro che mi ha lasciata pienamente soddisfatta.
Jan è un personaggio positivo, forte, che non si fa piegare dal pesante vissuto che trascina con sé, ma affronta le proprie paure, i dubbi mai svelati con coraggio, anche se l’autore innesca il dubbio strisciante che il protagonista sia ossessionato dal suo passato…
Lo consiglio vivamente ai cultori del genere…

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Romanzi
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    26 Giugno, 2012
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STATICITA' DELLE EMOZIONI

Dopo innumerevoli thriller scritti da autori del Nord Europa, mi sono convinta a leggere un romanzo svedese… Anche in questo caso i commenti letti sono entusiastici, libro considerato un bestseller.
Le prime battute del romanzo si articolano in modo del tutto inaspettato, tanto che mi sono chiesta se avessi confuso la dicitura Romanzo, con Giallo o addirittura thriller; la protagonista principale, Agnes, di professione maitre,sta per essere violentata dal suo datore di lavoro; il lettore si ritrova subito a sostenere una situazione di forte tensione che si protrae per qualche pagina , prima ancora di capire bene dove si svolge la storia e chi sono i personaggi principali.
L’originale inizio viene liquidato velocemente senza grandi ripercussione sulla protagonista, e qui la prima domanda: “Perché iniziare in questo modo “Shock”, quando all’atto pratico, ai fini del romanzo non ha nessuna valenza? (Avrebbe tranquillamente potuto cambiare lavoro…)” e questo mi ritrovo a dire è il filo conduttore di tutto il romanzo…
Agnes subisce violenza, perde il lavoro, lascia il fidanzato perché tradita, muore la madre in modo inaspettato il tutto in un lasso di tempo veramente breve e poco traspare del suo stato emotivo, del suo vivere e “metabolizzare” queste grandi prove che la vita le mette davanti.
Oserei dire che il luogo comune che definisce i popoli Nord Europei freddi e distaccati, poco empatici e inclini a vivere le emozioni, non sia del tutto un semplice luogo comune.
Leggo la fatica dell’autrice nel descrivere situazioni e stati d’animo,emotivamente parlando, impegnativi, ed infatti non ritengo riuscito l’intento. La scrittura è comunque molto semplice e scorrevole.
Piccoli limoni gialli è il nome del nuovo ristorante di Stoccolma dove Agnes comincerà a lavorare (le scarne descrizioni del nuovo locale riportano ad una nota industria di arredamento del Nord Europa),il lettore non viene coinvolto dall’entusiasmo della nuova sfida, dalla scelta dell’arredamento, del personale, tutto rimane sulla superficie, così come il lettore….
Detto ciò non è un libro che non si può leggere, ripeto, la scittura è fluida lineare e semplice, ma non intendo tenerlo nella mia biblioteca.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    26 Giugno, 2012
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OMICIDI TRA I GHIACCI

Torno a recensire un libro che non mi ha del tutto convinta, la scrittrice prende molti spunti narrativi tratti dalla sua vita reale per scrivere questa serie di storie (il personaggio di Kate Shugan è protagonista di altri ben 17 libri in patria), primo fra tutti l’ambientazione: L’Alaska, sua terra di origine, della quale conosce molto bene la storia e si muove con padronanza nella descrizione dei luoghi dei popoli che la abitano, della cultura. Questa ritengo sia la parte più piacevole del libro stesso.
Mi piace anche il personaggio di Kate Shugak, donna forte, solitaria, temprata alla vita semplice e dura, scalatrice esperta, che ama il luogo dove vive, ama la natura che la circonda, infatti, compagna inseparabile di vita è la sua siberian husky di nome Mutt resa quasi umana dall’autrice; Kate è la detective chiamata a tirare le fila di una serie di uccisioni avvenute nel villaggio di Niniltna.
L’assassino viene quasi immediatamente svelato e, oserei dire archiviato, l’indagine prosegue per particolari che non collimano, con la sola ipotesi iniziale.
A mio avviso non vengono descritti in modo articolato e particolareggiato i vari personaggi, non vengono sviscerate le menti ed i cuori, così da non permettere al lettore di entrare veramente nella storia. La trama di per sé è molto semplice e facilmente intuibile, talmente semplice che il lettore si ritrova davvero alla fine ad esclamare: “Tutto qui??”. La scrittura è fluida e veloce, senza colpi di scena, senza suspance e immagini forti, caratteristiche di un thriller rispettabile.
Concordo nella futura trasposizione televisiva della serie, che presumibilmente sarà di successo, proprio per la descrizione appena accennata dei personaggi, che possono così essere liberamente interpretati, senza una particolare “sofferenza” del lettore che può vedere stravolti sullo schermo,idoli,magari abilmente descritti e resi così “persone” effettive, difficili da riproporre televisivamente parlando.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    17 Giugno, 2012
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ORIENTE E OCCIDENTE SI FRONTEGGIANO

Ho appena finito di divorarlo…. Il modo di scrivere di Connelly mi piace sempre molto, come le sue storie, anche se devo riconoscere che non è il suo migliore thriller che ha come protagonista il detective Harry Bosch..
Siamo a Los Angeles, la storia inizia con l’omicidio di un asiatico proprietario di un’attività commerciale in una zona periferica della città ucciso con diverso colpi di arma da fuoco al torace senza che ci siano testimoni. Sembra la classica rapina finita nel sangue, sulla quale per puro caso è chiamato a intervenire Bosch….
Si è catapultati subito sulla scena, sembra di essere presenti all’interno del negozio e all’arrivo di Bosch si vede tutto con i suoi occhi, la descrizione è veramente minuziosa e ricca di particolari come solo Connelly e pochi altri sanno rendere..
Cito testualmente: “ Per Bosch il massimo era pilotare l’azione di persona, tracciare il sentiero. Non era uomo da ruolo marginale. Doveva condurre lui il ritmo. Un caso doveva procedere come uno squalo”.
La partenza è ad altissima tensione ed Harry prende in mano subito la situazione, affiancato da un partner quasi assente a causa di problemi familiari e da un precedente episodio nel quale è stato ferito durante un’azione, che ha lasciato strascichi che Ferras non ha ancora superato..
Viene accompagnato nelle indagini dal detective David Chu facente parte dell ACU (Asian Crime Unit), che grazie alla conoscenza della lingua, delle bande rivali che si spartiscono il controllo dei traffici illeciti nella zona, aiuta Bosch ad entrare nel mondo della criminalità gestita da asiatici.
Il libro ho l’impressione sia stato scritto per chi conosce già il detective Bosch, chi dovesse infatti leggere per la prima volta un thriller con lui come protagonista, fisicamente sarebbe impossibile visualizzarlo e caratterialmente, a parte le grandi competenze professionali, la tenacia e acume nel seguire il caso, poco è descritto, quando in realtà con l’evoluzione della vicenda Bosch verrà coinvolto pesantemente anche sul piano personale a causa del rapimento della figlia tredicenne Madeline che vive ad Hong Kong con la madre.
Bella storia, ritmo incalzante, avrei gradito che l’autore si dilungasse maggiormente nella seconda parte del libro nella descrizione dei fatti, dei comportamenti, degli aspetti psicologici che la scia di sangue conseguente all’omicidio iniziale lascia dietro di sé.
Nulla è così semplice come sembra; Bosch si ritrova a combattere una lotta contro il tempo e contro un avversario che non è in grado di individuare per salvare ciò che gli è più caro al mondo…
Sarà; ma io leggerei Connelly all’infinito… Anche questo ultimo libro, alla resa dei conti non delude e conferma Michael tra i migliori scrittori di thriller contemporanei.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    13 Giugno, 2012
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SCORCIO REALE SULL'ANALISI DEL DISTURBO POST-TRAUM

Mi sono riservata la possibilità di leggere le altre recensioni di questo favoloso libro, al termine della stesura della mia, per non esserne infuenzata in alcun modo, e scrivo quanto segue:
“ Come ormai avrete compreso, sono uno psichiatra.Ho scelto questa professione a causa di mia madre, e non sono l’unico. Sono le madri che hanno spinto la maggior parte di noi verso la psichiatria: di solito, perché le abbiamo deluse.”
Questa è l’unica frase riportata sul retro del libro di McGrath, risulta quindi facilmente intuibile, che se pur breve (circa 250pagine), non è un libro da poter leggere pensando di avere tra le mani una lettura “leggera”…
Capacissimo l’autore a inchiodare letteralmente il lettore alle pagine, almeno questo è ciò che è capitato a me..
La storia è ambientata a New York, ma non aspettatevi di trovare importanti descrizioni delle ambientazioni, che invece, sono ridotte all’osso, giusto il minimo indispensabile per permettere a chi legge di dare una collocazione ai vari personaggi. Interesse di McGrath è invece l’analisi psicologica di ogni personaggio, le motivazioni profonde che spingono gli individui ad assumere determinati comportamenti, l’effettiva alterazione della realtà che può produrre una mente di fronte a fatti che vengono vissuti, ritenuti inaccettabili così come sono; da qui il titolo del libro stesso “TRAUMA”
Charlie Weir è uno psichiatra, che insieme al suo mentore, nonché amico Sam Pike, ha scritto un libro relativo al Trauma, stabilendo criteri di diagnosi e regimi terapeutici nella gestione della realtà dei disordini post-traumatici, affermando l’importanza di ricostruire la storia del trauma, il racconto dettagliato dell’emozione, del contesto e del significato dell’evento traumatico. Questo è il cuore del libro, questa deve essere l’ottica da tenere nella lettura della vita di Charlie, della sua famiglia di origine, del suo matrimonio con Agnes naufragato in seguito alla morte del fratello di lei, curato da Charlie stesso, della nuova relazione che vive lo psichiatra….
Veramente bello, molti sono gli spunti di riflessione, Charlie è un personaggio complesso, non si può fare a meno di vivere con lui il disagio procurato da ricordi della sua infanzia, il senso di inadeguatezza, la difficoltà di amare e farsi comprendere…..
Non delude e tiene alta l’attenzione fino alla fine, sono entusiasta di questa lettura.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    07 Giugno, 2012
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UN PERSONAGGIO DI ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Questo libro mi ha letteralmente spiazzata…. Non so cosa pensavo di leggere quando ho deciso di acquistarlo, l’unica cosa che ricordo è che mi ha incuriosita, e questa sensazione è rimasta pagina dopo pagina….
Mi sono sentita come Alice nel Paese delle Meraviglie, che si imbatte in una grande quantità di personaggi bizzarri e inverosimili, che vanno a comporre una storia forse, alla fine, molto meno surreale di quello che sembra ad una visione superficiale.
Mona Gray ha vent’anni, la madre gestisce l’agenzia turistica del paese ed il padre è medico presso l’Ospedale del luogo, ma sono molti anni che è affetto da una misteriosa patologia (presumibilmente uno stato depressivo),che gli impedisce di lavorare e vivere, rimane tutti il giorno in casa a rimuginare sui suoi sintomi. Mona è da quando aveva 10 anni che vede il papà in questo stato ,nessuno le ha mai dato una spiegazione plausibile, quindi,vive nella paura che il papà possa morire e si rifugia nella razionale logica dei numeri, mettendo in atto tutta una serie di piccoli rituali, come il tamburellare sugli oggetti, che le danno sicurezza e distolgono l’attenzione dalla sua angoscia. Viene assunta come insegnante di matematica della scuola del paese, attraverso lo svolgimento della sua professione, riprende contatto con il mondo, distogliendo l’attenzione pian piano da sé stessa; utilizza la magia dei numeri per strutturare rapporti positivi con i suoi alunni e con il prossimo. Originali e strani i fatti descritti, idem per i comportamenti degli alunni, idem per il vicino di casa ed i professore di scienze.
Mona è un personaggio delicato e dolce, ma nello stesso tempo forte.
La morale che secondo me l’autrice vuole dare,a mio parere, è che nessuno è il risultato di un logico calcolo, basato sulle probabilità: genitori; fatti che si vivono; logico finale, ma molto altro…
Con intelligenza e sensibilità ci si può aprire al mondo e creare i presupposti per aiutare il prossimo a trovare la strada migliore da percorrere, permettendo, nello stesso tempo, di costruire per sè, un futuro migliore.
Volete semplicemente rimanere stupiti? Leggete questo libro. Lettura scorrevole che tra le righe racchiude molte cose non dette.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    04 Giugno, 2012
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RICAMARE LA VITA

L’autrice narra una storia di donne, Kate intraprende un viaggio nell’Irlanda dei suoi avi, dopo che a Seattle l’uomo che amava l’ha per l’ennesima volta tradita, il lavoro di stilista non decolla, e la madre è recentemente morta in seguito ad un male incurabile.
La ricerca delle radici, la ricerca, anche se non del tutto consapevole, di un posto che si possa chiamare “casa” dove leccarsi le ferite, prendere consapevolezza maggiore di chi si e cosa si voglia fare della propria vita, spinge la protagonista, zaino in spalla, a tornare nell’Irlanda dei suoi antenati.
Kate arriva nel villaggio gaelico di Glenmara, non a caso l’autrice vive a Seattle ed è per metà irlandese, brava a riportare la descrizione di luoghi, di usi e costumi di un popolo che si comprende quanto le stia a cuore.
La scrittura è fluida e semplice, il romanzo è, mi viene da dire delicato, punto di forza del romanzo, ma forse per gli stessi motivi la sua debolezza, nonostante vengano trattati temi come la violenza familiare, la morte, la solitudine, l’incomprensione genitori e figli, il pregiudizio,che caratterizzano le donne con le quali la protagonista stringerà nuovi rapporti, nulla viene approfondito in modo particolare.
Bella l’idea dell’autrice di utilizzare questa giovane donna come protagonista, che, come una ventata di aria fresca, porta nuovo entusiasmo ,coraggio , intraprendenza nei cuori delle donne di Glenmara; riottenendo ella stessa, la fiducia in sè e la possibilità di amare di nuovo.
Piacevole e lieve lettura per passare qualche ora in assoluto relax!

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    04 Giugno, 2012
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LOTTA SUL FILO DEL RASOIO

Libro non recentissimo,di quasi settecento pagine che si divora, il ritmo è sempre incalzante ,ricca di colpi di scena e originale la storia. Non ricordo di aver letto altro di questo autore, questo libro lo inserisco naturalmente nella mia biblioteca tra i migliori letti…. Scritto in modo scorrevole, i personaggi e le loro caratteristiche comportamentali sono descritte veramente bene e con dovizia di particolari.
Raymond Thorne è un serial killer cresciuto per uccidere e lo sa fare molto bene…
Peccato che incontri sulla sua strada l’agente Jhon Barron, giovane , caparbio, intelligente.
Folsom intesse intorno ai due personaggi una storia complessa e ricca di avvenimenti .
I due si fronteggiano e legano le loro vite l’uno all’altro in modo inaspettato e sorprendente.
Non svelo ulteriori particolari che portano in primo piano il personaggio della sorella dell’agente Jhon, Rebecca e la madre di Raymond.
L’eterna lotta tra il bene ed il male caratterizza tutta la vicenda.
Interessante è il sondare l’aspetto, di scavalcare il corso della giustizia ordinaria, ed interpretare il ruolo di giustiziere.
Bella anche l’ambientazione: Inghilterra, Nord Europa , Russia, con stralci di storia che richiamano la caduta dello zar.
Ne consiglio assolutamente la lettura, che riserverà brividi non solo dovuti al freddo inverno russo.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    04 Giugno, 2012
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PICCOLI EROI

Faccio una brevissima premessa: LEGGETELO ASSOLUTAMENTE!!
Questa è una storia che parla di dolore e di amore. Questa è una storia che parla di genitori e figli, raccontata da Jamie il piccolo di casa; e proprio perché è raccontata da un bambino è disarmante, la sua voce innocente e sincera riesce a dire le cose più orribili con una leggerezza che va dritta al cuore.
E’ una storia che parla di razzismo, disperazione,alcolismo, abbandono, ma con uno sguardo sempre di speranza in un ottica nella quale, i bambini non sempre sono “solo” bambini, ma dimostrano una maturità e profondità migliore degli adulti.
La trama a grandi linee è questa: La famiglia di Jamie è distrutta dopo la morte di Rose,sorella gemella di Jasmine , avvenuta a causa di un attentato terroristico. Sono passati 5 anni dall’evento ma i genitori di Jamie vivono persi nel loro dolore, disinteressandosi dei 2 figli, accusandoli di non capire la situazione, Jas ora adolescente,viene pesantemente rimproverata in quanto ha cambiato pettinatura e si è tinta i capelli perché così non assomiglia più alla sorella gemella scomparsa, Jamie , che all’epoca del fatto aveva appena 4 anni viene rimproverato in quanto non ha mai pianto da quando la sorella è scomparsa…… Tutto ruota intorno alla figlia scomparsa, il tema che Jamie deve fare per la scuola parlando di una persona speciale, scritto sul suo calciatore preferito, viene cestinato dalla mamma e riscritto da lei stessa parlando di Rose , in quanto Jamie ricorda pochissimo della sorella, papà resta a contemplare per ore l’urna contenente le ceneri di Rose sulla mensola del camino.
Ragazzi, non riesco a rendere l’idea scrivendo di mio pugno tracce del libro, sembra un libro angosciante e tristissimo, in realtà la voce narrante di Jamie , riesce a trattare la tragedia con una delicatezza, una sincerità ed una freschezza che la giovane autrice riesce a rendere al meglio,con una scrittura semplice e scorrevole.
Gli eroi sono i 2 figli che raccolgono i pezzi di questa famiglia distrutta e vanno avanti, sostenendosi ed aiutandosi a vicenda, attraverso mille difficoltà.
La giovanissima autrice è al suo primo libro, non mi lascerò scappare sicuramente il secondo.
Questo libro mi ha fatto piangere disperata, mi ha fatto sorridere, mi ha reso un’adulta migliore.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    20 Mag, 2012
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TEMA CHE FA RIFLETTERE SUL MONDO

Libro particolare, sicuramente non lascia indifferenti. Il tema dei libro è molto delicato, mi piace come l’autrice riesce a intrecciare la storia.
La trama consiste nel narrare la vita di 3 donne, Helen Yardley, Ray Hines e Sarah Jaggard accusate di infanticidio, processate,imprigionate, ma poi in appello scagionate con il verdetto finale che sancisce come causa del decesso dei neonati la morte in culla.
Le prime 100 pagine servono sicuramente ad entrare nella storia e a focalizzare tutti personaggi che ruotano intorno a questa vicenda, le rispettive famiglie delle donne, i medici chiamati a deporre tra cui la dr.ssa Duffy, che con le sue affermazioni come teste è il personaggio chiave nel deporre a sfavore delle madri.
Helen Yardley in appello viene scagionata, grazie anche al fatto che il giornalista e produttore televisivo Laurie Natrass, conosciuto durante la detenzione, da sempre alfiere nella difesa di chi ingiustamente processato, fonda con la stessa Helen il JIPAC (giustizia per i genitori e le baby sitter innocenti), un gruppo molto attivo che ha aperto la strada al proscioglimento di Sarah Jaggard e in appello di Ray Hines dopo quattro anni di detenzione.
Nello stesso tempo Natrass ha abilmente intessuto una battaglia mediatica feroce nei confronti della Dr.ssa Duffy creando un clima di terrore tra i professionisti chiamati ad avvalorare o confutare le tesi della Duffy stessa.
Natrass ha intenzione di produrre un documentario con le tre donne come protagoniste, ma improvvisamente Helen viene uccisa con un colpo di arma da fuoco all’interno della propria abitazione…
Inaspettatamente lo stesso Natrass, in seguito alla morte di Helen demanda la realizzazione del documentario a Felicity Benson,giovane impiegata alle sue dipendenze, donna con un passato difficile, persona con una scarsa autostima che sembra essere facilmente gestibile e manipolabile.
La polizia locale comincia ad investigare, caso vuole che il capo attuale del Dipartimento è lo stesso agente che anni prima ha arrestato Helen, da sempre comunque convinto dell’innocenza della donna.
Spetta al sergente investigativo Sam Kombothekra far luce sulla vicenda.
Sembra che abbia così raccontato l’intero libro, ma quello che ho detto si riferisce solo alle prime battute della storia.
Onestamente non so dire cosa mi abbia lasciato leggere questo romanzo, dove i carnefici forse non sono carnefici,o forse sì, o sono tutte vittime. Dove chi dovrebbe far luce sugli eventi viene a sua volta manipolato e spinto ad ottenere l’esatto opposto. Ho provato una grande tristezza, oltre che tantissima pena. La storia è frutto di fantasia, ma nella nostra realtà tante volte abbiamo assistito a fatti di cronaca crudamente veri….
Io sono assolutamente contro le madri che uccidono i loro bambini, sono totalmente dalla parte dei piccoli che ritengo in tutto e per tutto innocenti vittime, ma cito testualmente dal libro:
“Le madri che soffocano i loro figli, di solito li amano profondamente, come qualsiasi madre che non si sognerebbe mai di fare del male al proprio bambino, anche se questa è un’affermazione difficile da accettare. Ed è tipico che siano davvero affrante,hanno il cuore a pezzi e la loro vita è distrutta; vorrebbero morire, pensano di non avere più nessuna ragione per vivere. Ma perché non evitano di farlo allora?
Fanno così perché soffrono in modo indicibile e non sanno che altro fare, quel comportamento scaturisce dalla loro sofferenza e non hanno le risorse interiori per porgli fine. Se non sei sana di mente, non sempre ti è possibile pensare razionalmente”.
Forse non tutto è completamente bianco o completamente nero, forse bisognerebbe fare in modo che alcuni fatti non succedano, visto che sempre qualche campanello di allarme si manifesta prima del tragico fatto, così da avere ben presenti dei segnali a cui prestare forse più attenzione e delle vere e proprie richieste di aiuto…….forse……

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    11 Mag, 2012
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CHE NOIA MORTALE

Cito testualmente: “la trama più raggelante della stagione”,” Rambe è un maestro nella descrizione dei personaggi” etc.. A questo punto mi sto seriamente interrogando se sto diventando troppo esigente o difficile in merito alle letture che mi capitano tra le mani…. La mia impressione in merito a questo thriller svedese è assolutamente negativa…
La storia è noiosa, ho impiegato settimane per terminarlo, un guazzabuglio di personaggi dai nomi astrusi difficilmente pronunciabili , lo stesso in merito ai luoghi, molti, troppi elencati, da far perdere l’orientamento, e mentre si è impegnati a decifrare nomi e luoghi, si articola stancamente una storia che parla di crimine organizzato, di boss e scagnozzi disposti a tutto pur di compiacere il capo, di una rapina in banca avvenuta con grande spargimento di sangue, di una ragazza scomparsa perché si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, di giornalisti impegnati a recensire un grande festival musicale in programma nella zona, ma anche di seguire le indagini della polizia molto da vicino in seguito alle uccisioni avvenute….
Sembra la trama di quei film di terz’ordine, con un mucchio di persone che occupano l’inquadratura, tanto sangue, tanti spari, ma poca sostanza. E’ un racconto senza “spina dorsale”! Nessun personaggio mi piace nessun ambientazione viene descritta in modo suggestivo. Pensando a questo librol’immagine che mi viene in mente di associare è quella di un lago grigio immobile che non procura nessuna emozione… o forse un’emozione (se così si può definire!!) la procura tanta , tanta, ma tanta noia….

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Gialli, Thriller, Horror
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    10 Mag, 2012
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PECCATO LA FINE...

Primo libro anche per questo autore, che in Norvegia ha ottenuto grande successo ed un premio come miglior romanzo di esordio.
Progetto ambizioso dell’autore è stato articolare la vicenda su tre piani differenti di narrazione; il libro alterna passaggi con episodi avvenuti nel XVI secolo, dove prende spunto da personaggi realmente esistiti nella storia, come i primi anatomisti, che, nella zona di Venezia, potevano requisire cadaveri di delinquenti da portare su rudimentali tavoli autoptici all’aperto dove un pubblico assisteva alla dissezione e spiegazione dell’anatomista delle varie parti del corpo, in questo contesto, la figura di un frate errante alla ricerca di un particolarissimo set di coltelli da dissezione, lascia dietro di sé una scia di morte…
Il secondo piano, viene ambientato ai giorni nostri in Virginia, dove il curatore dell’Edgar Allan Poe Museum, Efrahim Bond, appena si ritrova per le mani una sensazionale scoperta, viene trovato cadavere, barbaramente ucciso, al quale viene asportata gran parte della pelle del tronco, sulla cui morte viene chiamata ad operare Felicia Stone,poliziotta, con un passato di violenza che pericolosamente si intreccia all’indagine in corso.
Il terzo piano è ambientato ai giorni nostri in Norvegia, dove viene trovata cadavere all’interno di una camera di sicurezza della biblioteca nella quale lavora, Gunn Brita Dahle, stesso modus operandi che ricalca una descrizione presente in un libro antichissimo conservato in quella stessa stanza, che risulta essere scomparso, ad indagare in questo caso è Odd Singsaker, appena rientrato in servizio dopo un delicato intervento chirurgico di asportazione di un tumore al cervello.
Aspetto singolare risulta essere che l’assassino, a parte una breve descrizione all’inizio del libro riguardante l’uccisione e occultamento di una donna ed il proprio figlio, non viene assolutamente menzionato. L’autore non permette al lettore di entrare nella mente perversa di un soggetto capace di simili delitti, non permette di poter provare il terrore ed il timore che questo malato risveglia nelle proprie vittime, nel momento in cui compie le sue efferatezze, la pecca più grande del libro a mio parere è questa, oltre al finale affrettato, nelle ultime 50 pagine avvengono una quantità di eventi che non possono essere ben sviluppati, quindi vengono frettolosamente descritti dall’autore, il quale , inserisce diversi tratti discorsivi di spiegazione dei vari avvenimenti e delle motivazioni che hanno portato a tale epilogo.
La storia parte molto bene, mi piace l’alternanza delle ambientazioni tra passato e presente, America e Norvegia, ma il killer dov’è? Non è lui il personaggio principale e quasi nemmeno il personaggio secondario, ho letto un libro scorrevole, dove mancano passaggi importanti sia come indagine che come descrizione dei personaggi per arrivare a piacermi totalmente.
Sembra che l’autore non abbia ben focalizzato la sua attenzione sul genere di libro da scrivere. Romanzo? E’ troppo “forte” ( come immagini evocate) per poter essere definito come tale… Trhiller? E’ troppo poco attento a definire vittime e carnefice…..
Ci sono poi due cadute di stile davvero grossolane e superflue a mio parere, riguardanti il personaggio di Singsaker che non svelo, ma che non aggiungono nulla alla storia, invece, per contro, “rovinano”la sua capacità e correttezza nel lavoro….

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Romanzi
 
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    05 Mag, 2012
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LASCIAMO STARE LA FEDE

L’autrice è una sceneggiatrice di film per la televisione tedesca e olandese al suo primo libro.
Mi viene da dire bella l’idea del trattare l’amicizia tra donne (della quale sono una grande sostenitrice), bella l’ambientazione, intesa come cammino spirituale per cercare risposte dentro di sé, e coltivare la propria fede, ma non capisco il grande successo ottenuto.
Il libro non mi è sembrato brutto nel vero senso del termine, come ho decisamente definito altri scritti che ho commentato, ma in qualche modo rimane allo stato embrionale a mio parere.
E’ una grande sfida scrivere una storia, la storia di esordio, dove i personaggi principali su cui gira tutta la trama sono ben cinque.
Cinque donne ( Judith, Estelle, Kiki, Eva, Caroline) con età diverse, situazioni lavorative e sentimentali diverse, caratteri diversi, dal mio punto di vista l’autrice non ce le ha fatte conoscere al meglio, solo iniziali stringate descrizioni, senza entrare veramente nella profondità dei personaggi. Come si sono conosciute tra loro le cinque amiche, cosa le porta all’irrinunciabile ritrovo del martedì sera?
L’idea del pellegrinaggio a Lourdes, a mio avviso, così come è stata sviluppata non ha né arte né parte. Non è sufficiente utilizzare lo spunto per motivare le vicende tra le amiche, citando qua e là qualche preghiera,nota a tutti i cattolici in francese; quando tra l’altro, nessuna delle cinque donne è praticante ed addirittura qualcuna è atea, nel racconto non manca infatti qualche battuta di cattivo gusto rivolta al credo e all’importanza del pellegrinaggio in sé, per un cattolico.
Non voglio sembrare bacchettona,ma l’autrice così come ha scritto, avrebbe potuto inventarsi qualsiasi tipo di traversata a piedi di qualsiasi tipo di luogo, l’effetto finale sarebbe stato decisamente migliore, lasciando perdere la fede, Lourdes, le varie preghiere etc..

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Sconsiglio la lettura solo di ciò che ritengo totalmente e profondamente brutto, non è comunque questo il caso
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    29 Aprile, 2012
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TROPPO INVEROSIMILE

Thriller psicologico indubbiamente particolare; Le descrizioni delle ambientazioni sono scarne, i personaggi sono pochi, tutta la storia è incentrata si Christine.Può una persona in seguito ad un grave trauma alla testa non avere più memoria a lungo termine? Può la stessa persona addormentarsi la sera ed al risveglio non ricordare più dove si trova chi le dorme a fianco e cosa ha fatto nei giorni e anni successivi al trauma?
E’ quello che accade a Christine, che a quanto sembra, in seguito ad un grave incidente automobilistico si ritrova nella allucinante situazione di dover dipendere totalmente dal marito Ben che pazientemente ogni mattina le ricorda i fatti principali della sua vita, che si sono sposati, hanno avuto un figlio, Adam, che è morto durante una missione in Afghanistan a 19anni etc… Christine all’insaputa del marito viene contattata da Dottor Nash, brillante giovane neuropsichiatra, che le offre il suo aiuto per studiare il suo caso e trovare eventuali strategie terapeutiche che la aiutino a riacquistare memoria del suo vissuto, l’interesse per il caso di Christine è sostanzialmente un’interesse di tipo professionale che permetta poi allo stesso dottore di documentare il percorso mettendosi in luce per l’eventuale successo ottenuto.
La strategia adottata prevede che durante il giorno Christine scriva una sorta di diario dove inserisca quello che vive e quello che il marito Ben le racconta del passato.
Spetta al dottore, quotidianamente, contattarla telefonicamente per ricordarle dove ha nascosto il diario, permettendole così ogni giorno di arricchire sempre di maggiori particolari il suo vissuto.
E’ tutto così semplice?? E’ tutto come sembra? Oppure la vita di Christine è costellata di menzogne? E’ un dato di fatto che sulla prima pagina del diario ci sia la frase: “Non ti fidare di Ben”.
La lettura indubbiamente incuriosisce, anche se a mio parere ci sono situazioni totalmente inverosimili, che lascio al nuovo lettore la possibilità di riconoscere e valutare, altrimenti svelerei troppi particolari della trama, dico solo che essendo un thriller psicologico non viene analizzata e scavata a sufficienza la sfera psicologica con le motivazioni profonde e problematiche che la mente di ogni personaggio racchiude in sé...

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    25 Aprile, 2012
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NON MI HA CONVINTA

Premetto che non sono entusiasta degli scrittori del nord Europa, tranne Stieg Larsson con la sua trilogia e pochi altri, ma continuo comunque a leggere più autori possibili, per arrivare così a modificare la mia opinione definitivamente.
Riconosco inoltre, che leggere questo libro dopo un thriller di Deaver è un po’ come trovarsi a paragonare un testo di Scuola Primaria con un testo Universitario, quindi non posso cadere nel fare paragoni in quanto non è possibile.
L’autrice è una giornalista che durante la sua attività ha seguito diversi casi di cronaca nera, dalle quali ha preso spunto per narrare questa vicenda.
Guarda caso la protagonista principale del libro è una giornalista, dopo il divorzio decide di trasferirsi nuovamente nel luogo dove è cresciuta, trovando difficoltà con l’ex marito nella gestione del figlioletto, professionalmente entra come unica giornalista di cronaca nel giornale locale.
Magda si ritrova a scrivere articoli inerenti la scomparsa di una minorenne,Hedda, la notte dell’ultimo dell’anno e sul ritrovamento, qualche giorno dopo, del cadavere di un’altra minorenne, nella cantina di una casa isolata utilizzata solo in estate, completamente nuda, senza nessun documento e senza segnalazioni di scomparsa a cui fare capo.
Viene descritto come le indagini della polizia si articolano, facendo emregere in modo leggermente più approfondito il personaggio di Petra Wilander, poliziotta e madre di un’adolescente.
Caso vuole che, presumo incosciamente, l’autrice dipinge un pool di poliziotti che brancolano nel buio e guarda caso la brillante giornalista, darà una svolta decisiva alle indagini che porteranno alla risoluzione del caso…
Le vicende non sono perfettamente descritte, non viene assolutamente trasmessa la tensione emotiva delle vittime, la paura, la confusione, il terrore, il freddo intenso che penetra ogni fibra del corpo, la disperazione della famiglia nel non sapere che fine ha fatto la piccola Hedda, la crudelta degli o dell’assassino.
Leggo lo sforzo dell’autrice nel voler trasformare il suo talento giornalistico in autrice di thriller, ma per me non riesce in pieno nell’impresa.
La storia mi vede solo spettatrice non particolarmente coinvolta; irrinunciabile per l’autrice anche la nascita della classica storia d’amore tra Magda e un vecchio amore ritrovato… Mah! Non mi ha convinto fino in fondo anche se il libro è comunque scorrevole e si legge speditamente.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    22 Aprile, 2012
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TUTTO ED IL CONTRARIO DI TUTTO

Ennesimo bellissimo libro di questo autore. Riporto testualmente:“Quando muore un’innocente puoi cercare giustizia .O vendetta.” Questa frase inserita sul frontespizio è la frase chiave che muove l’intera vicenda.
Il libro inizia con un avvertenza dell’autore che ricorda una cosa importante: “scrivere è un’arte che va appresa e affinata con la pratica”.Deaver ha affinato la sua arte arrivando a toccare l’eccellenza. Nulla è lasciato al caso, nulla è scritto in modo superficiale, tutto ha un senso ed un intreccio fittissimo che denota una grandissima capacità dell’autore stesso nel creare vicende intricatissime, appassionanti e scorrevoli nello stesso tempo.
Siamo a New York, all’interno del prestigiosissimo studio legale Hubbard White & Willis.
I personaggi sono molti, tutti perfettamente caratterizzati, nell’aria c’è tensione , in quanto i due soci anziani (uno più conservatore dell’altro) hanno creato due fazioni ben distinte all’interno del gruppo,essi si fronteggiano senza esclusione di colpi nel gestire la fusione con un altro studio per cui uno risulta essere a favore e l’altro meno.
Di fianco a questo braccio di ferro spiccano 2 figure: l’avvocato Mitchell Reece che è in procinto di chiudere una causa milionaria,al quale, qualche giorno prima dell’ultimo dibattimento, rubano un documento chiave per la vittoria, ed una praticante, Taylor Lockwood che viene ingaggiata dallo stesso Reece per aiutarlo a scoprire chi e come ha sottratto tale documento e il recupero dello stesso a tempo di record.
Gli ingredienti per un thriller che va anche oltre il thriller stesso ci sono tutti, la fama di potere, il denaro, le donne, la droga,l’ipocrisia. Tutto può essere il contrario di tutto. Ognuno è sospettabile, ognuno ha qualche scheletro nell’armadio che potrebbe rovinarne la carriera.
Come si muoveranno i due protagonisti principali? Il giovane avvocato di successo , punta di diamante dello studio e la giovane praticante che è già un’ottima promessa per il futuro?
Fino alla fine non si ha la percezione dell’epilogo dell’ ardita trama di Deaver che è un genio!

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    19 Aprile, 2012
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POSSIBILE CHA SIA COSì FACILE FARLA FRANCA?

Jonathan Shelley viene imprigionato a 16anni colpevole di aver ucciso, sotto l’effetto di sostanze stupefacenti,la quindicenne Mary Alice Finney , perpetrando atti di un’efferatezza inaudita, dalla violenza sessuale allo staccarle letteralmente la lingua a morsi.
All’inizio del libro si ha la percezione che l’autore sia di sesso maschile, il linguaggio è molto colorito e crudo. I personaggi principali e le vittime,vengono subito dipinti a tinte forti. Scioccante l’impatto iniziale con il lettore. Man mano che si procede nella lettura si colgono invece tutte quelle attenzioni e finezze riguardanti la descrizione delle personalità e degli stati emotivi del personaggio, caratteristico forse più delle autrici di sesso femminile.
Un sedicenne che si scontra con la realtà del carcere duro, che cresce conoscendo come uomo solo la realtà della prigione e le regole della stessa, ragazzo che ricorda solo il fatto di essere entrato con la ragazza in camera di avere assunto sostanze stupefacenti fornite dal cugino (diventato poi poliziotto), e di essersi risvegliato il mattino nel letto della stessa Mary, completamente coperto di sangue e con al suo fianco il cadavere della ragazza.
L’autrice è bravissima nel descrivere come questa valanga abbia investito con tutta la sua forza ogni componente della famiglia Shelley….
A 35anni Jonathan esce dal carcere, in libertà vigilata, nel frattempo si sono verificate altre uccisioni a carico di minorenni secondo lo stesso modus operandi e la polizia indaga…
Bella la descrizione dell’impotenza dello stesso Jonathan davanti al pensiero comune:“non dare credito ad un assassino” bella la forza che dimostra e l’equilibrio nel gestire la sua vita in prigionia e la sua vita da adulto nella nuova società che ritrova ….
La verità è proprio quella che abbiamo davanti ai nostri occhi? O forse i così detti insospettabili hanno un animo gretto e crudele?
lascio al lettore la voglia di entrare nel mondo creato dalla Slaughter

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    15 Aprile, 2012
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GRAZIE KURT!

Vi ricordate i libri “Le ho mai raccontato del vento del Nord” e “La settima onda”? Spinta dal ricordo di queste piacevolissime letture ho acquistato anche questo libro. Riconosco lo stile, il modo di scrivere dell’autore, che dipinge fatti personaggi e dinamiche emotive in modo veramente originale.
Il libro racconta la nascita della storia d’amore tra Katrin e Max; la conoscenza tra i due avviene, in quanto Max necessita di una dog-sitter per il suo cane Kurt durante le festività natalizie…. Si legge sia davanti ad un bel camino muniti di plaid, sia seduti su un pullman strapieno di ragazzini urlanti, sia nella sala d’aspetto del dentista.. La piacevolezza della lettura rimane, nonostante il libro non regga assolutamente il paragone con i suoi precedenti, mi piace comunque il modo di scrivere dell’autore, mi piace molto l’ironia, le situazioni, ai margini del paradossale, dipinte come fossero vita normale, che poi non è molto diverso da quello che spesso può accadere ad ognuno di noi.


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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    14 Aprile, 2012
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GIOCATORI E PEDINE

Ancora una volta questo autore non si smentisce, è bravo non si discute.
Particolare di questo libro non è la storia in sé, che ha come protagonista Corte,un agente federale che ha come compito la protezione dei testimoni ,che deve vedersela con Henry Loving , implacabile cacciatore di informazioni professionista, specializzato nella tortura con alcool e carta vetrata, per farsi dire tutto ciò che desidera; ma la struttura stessa della vicenda.
L’autore mette in arto una sorta di gioco (come uno dei tanti comunissimi giochi da tavolo), nel quale i “giocatori” non hanno regole pre-stabilite alle quali adeguarsi, ma il fine ultimo è il raggiungimento dei propri obiettivi con l’utilizzo di qualsiasi tipo di mezzo tecnologico o umano, i due protagonisti sopra citati sono gli effettivi giocatori, che muovono all’interno di questo “gioco” tutti i personaggi secondari come pedine, che possono mettere in atto una strategia vincente, ma, qualche mossa dopo, possono trovarsi ad aver adottato la strategia perdente.
A mio parere, l’impegno maggiore dell’autore è stato in termini di logica e nel far corrispondere ad ogni azione una risposta coerente ed articolata.
Come dicevo inizialmente, la storia in sé non è altro che il braccio di ferro tra buono e cattivo, bene e male, con un particolare inaspettato in più, a mio parere, e cioè che ai due protagonisti piace avere come concorrente l’altro, in quanto sono due menti con grandi capacità strategiche, rispettano le abilità che man mano emergono l’uno dell’altro è come se Deaver avesse voluto sfidare sé stesso nello scrivere una storia articolata in questo modo.
L'autore pone in essere una sfida con il lettore stesso, che fino alla fine non è in grado di prevedere chi è l'effettivo bersaglio di Loving e chi è la "fonte" che lo ha ingaggiato.
Chi vincerà? ma soprattutto a quale prezzo?

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lo consiglio vivamente agli appassionati di Deaver e a tutti quelli che desiderano leggere un thriller di alta qualità
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    11 Aprile, 2012
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MITOLOGIA NORDICA

Autrice svedese che ha già scritto diversi libri che hanno tutti in comune le vicende dell’agente investigativo Maria Wern. Questa vicenda in particolare, tratta le indagini inerenti un omicidio con caratteristiche inusuali; sembra che l’assassino abbia messo in atto un vero e proprio rituale, legato in qualche modo alla mitologia nordica. Interessante questo legame tra il gesto efferato e antiche credenze, chi desidera può ulteriormente documentarsi in tal senso ricercando materiale legato all’Asgard (terra degli dei), all’albero della vita Yggdrasill, al Dio Odino etc…
La storia in sé non è perfettamente scorrevole,dal mio punto di vista i personaggi sono molti e poco spazio per delineare le caratteristiche di ognuno in modo esauriente (almeno per quanto riguarda i personaggi principali); in ogni caso gli ingredienti per creare un thriller con momenti di tensione, paura e pazzia ci sono tutti.

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A chi è appassionato del genere e a chi ha già letto altro di Anna Jansson
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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    11 Aprile, 2012
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MA CHI è IL COLPEVOLE?

Secondo libro che narra le gesta del Commissario Lindmark...,anche se non si fosse letto il primo romanzo, la storia contiene riferimenti ben argomentati sulla vicenda precedente, che in qualche modo risulta essere collegata anche a questa nuova vicenda.
E' sparita una bambina di nove anni e fin dalla prima pagina il libro parte con la notizia della sparizione e l'articolarsi della raccolta delle varie testimonianze e la ricostruzione dei fatti, il Commissario Lindmark insieme alla collega Sonja seguono il caso,che da subito risulta essere molto più complicato di quello che sembra; la pista più logica da seguire inizialmente sembra quella della pedofilia, ed i sospetti cadono quasi immediatamente sull'insegnante di floorball di Petra, Nils Dunander, che casualmente abita nello stesso palazzo della bambina,e che risulta già essere una conoscenza del Commissario, in quanto anni prima è stato interrogato a proposito dell'omicidio della moglie,per il quale non è mai stato individuato un colpevole. I sospetti cadono nel momento in cui anche Nils viene ritrovato cadavere in un bosco con segni di un'aggressione evidente.Ma, inaspettatamente la bambina dopo qualche giorno viene ritrovata incolume nascosta in locale utilizzato come magazzino di proprietà della famiglia di una sua compagna di scuola, ma in qualche modo dai rilievi della scientifica sembra che la bambina fosse presente sul luogo dove è stato trovato cadavere Nils.....
Il Commissario si ritrova a dover venire a capo di una situazione davvero incredibile. "sarà davvero possibile il fatto che Petra abbia ucciso Nils?" chi era appostato nel cortile del palazzo residenza di entrambi, su una Toyota scura per parecchie notti di fila?"
Trama scorrevole e avvincente, l'autore Finlandese riesce ad intrecciare una storia ben strutturata, con un finale del tutto inaspettato.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    11 Aprile, 2012
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DINAMICHE COMPORTAMENTALI

L’ autore è al suo secondo libro, la storia è ambientata in Danimarca e narra la vicenda di 4 donne ( Iben, Malene , AnneLise e Camille) , colleghe di lavoro c/o il “Centro danese di documentazione sul genocidio” sito a Copenaghen.
Il libro affronta l’argomento genocidio, introducendo nel racconto dati estrapolati da articoli e studi avvenuti realmente, facendo riferimento in particolar modo alle motivazioni ed ai meccanismi che si innescano,che spingono persone definite “rispettabili”, in determinate circostanze, a mettere in atto torture, violenze , uccisioni.
Ed è proprio questo il cuore del libro, che sviscera le dinamiche di rapporto tra queste 4 colleghe di lavoro, narrando la storia in modo che il lettore, attraverso paragrafi segnalati con il nome della donna, possa leggere e interpretare i fatti secondo i tratti e le caratteristiche comportamentali della stessa.
Il risultato è un thriller psicologico che dipinge chiaramente le dinamiche del mobbing, le dinamiche dell’instaurarsi dei rapporti umani, il bene ed il male che si fronteggiano e si possono manifestare in ognuno di noi nelle maniere più sottili e subdole.
La vittima che, in alcune situazione si può trasformare anch’essa in carnefice.
Inquietante a tratti, ben scritto, bella questa analisi cruda della natura umana, chi legge non può che porsi comunque delle domande.
Il finale non è per nulla banale e scontato. Per i lettori del genere, consiglio di avere nella propria biblioteca questo libro.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    10 Aprile, 2012
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L'AMORE VA OLTRE...


Romanzo lieve e dolce, si legge in modo scorrevole piacevolmente. La storia narra la vita di Arthur, architetto, che non riesce a dimenticare la grande storia d’amore vissuta con Lauren, dal quale si è allontanato, non per volontà propria,pensando fosse la cosa più giusta e ragionevole da fare.
Lauren, giovane neurochirurgo, pupilla del proprio Primario, molto sicura,competente, con una grande umanità, dedica la vita al lavoro ed allo studio, non è cosciente del fatto che la propria madre, e non solo, le ha taciuto un’importante parte della sua vita…
Se pur di amore si parla, la storia è originale, i protagonisti sono belle e buone persone senza nessun torbido passato da nascondere.
Di mio gusto anche il fatto che nel romanzo si parli di medicina (se pur in modo superficiale), inoltre molto intrigante l’aspetto di ciò che vive e prova la persona che entra in coma.
Per chi ama il genere consiglio la lettura. L’autore ha scritto diversi libri tra cui “se solo fosse vero” che è stato anche portato sugli schermi cinematografici nel 2010.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    10 Aprile, 2012
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I DIVERSI VOLTI DELL'AMORE

Bellissimo romanzo a mio avviso, protagonista è Lysange 45enne sposata con due figli grandi ed una storia con Pierre, uomo complesso, duro, cinico,disilluso giornalista che svolge la sua professione come inviato di guerra, assistendo e vivendo in prima persona orrori indicibili.
Mi piace molto tutto l’aspetto introspettivo della protagonista scritto quasi in forma poetica, forte, diretto, molto coinvolgente.
La protagonista decide di allontanarsi dalla propria realtà per riflettere sulla sua vita, in quanto la relazione con Pierre la sta consumando, ed accetta l'invito di Tomas ad andare a Cap Ferret sulle riva dell'Atlantico, in una casa di proprietà dello stesso Tomas.E' in questo luogo che Lysange trova il diario di Suor Madeleine (il modo ed il luogo in cui Lysange trova il diario lo lascio scoprire a chi deciderà di leggere questo libro), la giovane suora raccoglie tutte le sue sensazioni, avvenimenti , conoscenze riguardanti il viaggio per raggiungere una missione in Sud America.
Lysange rimane rapita dallo scritto di Suor Madeleine, che sotto molti aspetti la ritiene simile a lei, mentre il lavoro introspettivo su sé stessa prosegue, come si sviluppa e si articola anche il rapporto con Pierre.
Nulla è scontato, nulla è superficiale, bello anche il finale.
Consiglio la lettura di questo libro, che si fa leggere mantenendo alta l’attenzione fino all’ultima riga.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    10 Aprile, 2012
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ISTANTANEE DI VITA FAMILIARE

Primo romanzo dell'autrice e primo successo a mio parere.. E' un libro che non parla di eroi o carnefici,che non argomenta situazioni del tutto inverosimili, ma parla della vita così come può essere quella di ognuno di noi; parla della nascita e crescita di una coppia Annebelle e Grant che diventano famiglia, genitori e nonni.
Sarebbe semplicistico catalogarlo come racconto scontato e banale, non lo è affatto. La storia si intreccia in modo scorrevole e ricco alternando passaggi sulla vita passata e sul presente dei protagonisti giunti a 26 anni di matrimonio.
Annabelle e Grant si conoscono ad una festa, sono due personalità totalmente opposte: lei giovanissima, spigliata, creativa (lavorerà come illustratrice di favole per bambini),lui il classico bravo ragazzo studiosissimo, un pò goffo,affidabile serio, pacato e gentile che non trasgredisce mai le regole ( futuro professore universitario).
I primi anni della loro vita coniugale li passano a New York coabitando con il collega nonchè datore di lavoro di Grant ,lo storico dei movimenti sindacali Jeremiah, anch'egli sposato con Carly (ballerina ache sta cercando di tornare a lavorare) padre di due gemelli di due anni.
La storia alterna capitoli che parlano del passato a capitoli che trattano il presente della coppia in modo armonioso, non caotico... Mi piace molto la protagonista Annabelle come si descrive , come analizza la sua vita , le sue sensazioni, i suoi desideri, i suoi errori, mi è piaciuto seguire la sua crescita nell'ambito della storia;
nonostante l'ombra del tradimento abbia segnato la sua vita coniugale....
Non racconto altro! Libro senz'altro da leggere, lascia un pizzico di nostalgia abbandonare la famiglia McKay, rimane la curiosità di sapere le vicende future dei personaggi, e questa è la cosa migliore che un buon libro possa suscitare.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    08 Aprile, 2012
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LA GUARDIANA DEL FARO

Lettura non impegnativa, tutto sommato piacevole, Abigail di professione lessicografa,è rimasta sola a causa di un incendio divampato per colpa di un forno difettato all’interno della sua abitazione, che ne è rimasta completamente distrutta, come distrutta è ora la sua vita, in quanto in questo disastro hanno perso la vita il marito ed il figlio di pochi anni.
Decide così di trasferirsi sulla costa del North Carolina, a Chaple Isle, posto nel quale il marito da piccolo trascorreva le estati, prendendo in affitto il faro dello stesso isolotto, pensando di trascorrere lunghi momenti di solitudine in compagnia dei suoi libri e del suo dolore.
Dal momento stesso in cui giunge a destinazione, nulla è come credeva di trovare…..
E forse impara che definirsi con la parola MAI( “il marito con cui non sarebbe MAI invecchiata, il figlio che non sarebbe MAI diventato un uomo, la vita che non avrebbe MAI più riavuto..), non avrebbe portato nulla di buono alla sua vita,non avrebbe fatto tornare i suoi cari e non sarebbe stato punendosi che avrebbe “pagato” la colpa di essere sopravvissuta. Impara che la parola MAI in definitiva è solo un avverbio.
Libro non scontato, pulito, lineare, scritto in modo semplice, carino anche il fatto che all’inizio di ogni capitolo, venga inserita la definizione estrapolata dal vocabolario di un termine che dovrebbe in qualche modo richiamare lo scritto successivo.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    07 Aprile, 2012
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..NON SI RESPIRA NESSUN PROFUMO...

Spinta dal desiderio di una lettura non impegnativa, e dai commenti di “Times”, “Daily Express” e “Vogue”,ho preso questo libro, del quale sconsiglio la lettura…
Tutta la storia è scritta in modo superficiale, come superficiali, squallidi, senza alcun valore morale sono gli adulti descritti nella storia.
Il racconto si basa quasi esclusivamente sui tradimenti vecchi e nuovi che si trovano ad affrontare le coppie in questione. Lascia davvero l’amaro in bocca, in quanto dipinge uno spaccato dei rapporti fra uomo e donna degli anni 2000 che si avvicina in modo imbarazzante (ahimè!) alla realtà stessa.
Non compratelo!! Ci sono decine di romanzi che trattano i rapporti di coppia ed i sentimenti in modo molto più coinvolgenti e piacevoli, rimanendo comunque letture non impegnative.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    06 Aprile, 2012
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MANICARETTI E MAGIA

Ginny deliziosa protagonista di questo romanzo, affetta da Sindrome di Asperger , si fa amare per la sua forza, che consiste nel rifiutarsi di essere incasellata e catalogata come incapace, cucina in modo sublime e fa una vita ritirata con i genitori. Bello scoprire cosa accade alla morte improvvisa degli stessi genitori causata da un’incidente d’auto, e a come affrontano la nuova vita Ginny e la sorella Amanda. Gli ingredienti di questo libro sono quindi, qualche ricetta, un po’ di magia e lo scoprire che la parola NORMALE alla fine è solo una parola…..

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    05 Aprile, 2012
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disabilità non vuol dire solo disabilità

Libro indubbiamente particolare, tratta un tema difficile come la disabilità grave e i minori provenienti da famiglie difficili, se non addirittura assenti.
E’ una narrazione che ha come protagoniste donne:
Desiree affetta dalla nascita da una disabilità grave che la costringe a letto, non in grado di muoversi, alimentarsi, parlare autonomamente (comunica attraverso un bocchino collegato ad un computer), ospitata da una struttura per lungodegenti è comunque colei che tira le file di tutta la storia. Ed è la strega d’aprile così come riporta il titolo, cioè colei che è in grado di uscire dal proprio corpo ed entrare nel corpo di persone diverse o animali, così da conoscere alcuni aspetti del mondo e dei rapporti, che non avrebbe la possibilità di verificare in altro modo. Molto intelligente e sensibile.
Christina madre di famiglia, dottoressa , con un’infanzia difficile dovuta ad una madre psicotica non in grado di crescerla, ed un lungo periodo passato in brefotrofio, persona ubbidiente, tranquilla , maniacale per alcuni aspetti.
Margareta, abbandonata in un locale lavanderia da neonata, cresce in brefotrofio, lavora c/o l’Istituto di astrofisica di Kiruna come ricercatrice, carattere estroverso passa da una relazione all’altra fin dalla minore età , sola, senza marito, né figli,né amici veri.
Birgitta, figlia di una prostituta alcolizzata, in età scolare viene trasferita in brefotrofio, a sua volta da adulta sposerà un uomo violento e delinquente, avrà un figlio che abbandonerà, ed il suo futuro la vedrà ricalcare le orme della madre.
Tutte queste donne hanno una cosa in comune o meglio una persona in comune Ellen.
E’ un libro che fa pensare… Noi siamo molto più di un corpo dice Desiree, noi ce la possiamo fare seppur con ferite, e tratti del carattere che sono il risultato di un’infanzia difficile dice Christina, Margareta invece dietro la sua maschera di donna sicura e forte chiede solo di essere capita ed ascoltata ed amata veramente,Birgitta è la più debole ed è un urlo rabbioso di ribellione contro il suo destino.Tutto mischiato ad un pochino di magia…
Per me che sono assolutamente dalla parte delle donne ed anche di qualche uomo, è un inno alla forza che forse non si crede nemmeno di possedere, ma che compare inaspettatamente ,forse, quando le situazioni ne richiedono l’utilizzo.

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GLICINE Opinione inserita da GLICINE    05 Aprile, 2012
Top 50 Opinionisti  -  

vendere l'anima al diavolo...

Non è un bel libro. Non lo rileggerei, non ne consiglierei l'acquisto. Tratta la stregoneria, intesa come l'acquisizione di capacità e di una vita agiata, come prezzo del vendere effettivamente la propria anima al male.Per fare in modo che le tredici "adepte" mantengano questa illusione vengono richiesti sacrifici umani regolarmente.
Una di loro riesce ad allontanare la propria figlia, incinta, da questo paese fantasma ormai abitato e controllato solo dal male, ma, purtoppo,anni dopo, quest'ultima viene invitata a tornare in quanto la stessa madre risulta essere ricoverata in Ospedale (dove è l'unica degente) non in buone condizioni....
Fino a 3/4 del libro viene raccontato il rientro di Paula e della ragazzina Rowan ormai adolescente in Haven woods, con resoconti sul passato della prima in modo anche noioso e ripetitivo. Vengono raccontate in maniera superficiale le storie dei personaggi secondari, solo le ultime 80 pagine del libro risultano essere meno noiose, se pur sempre poco gradevoli.
Non riesco a trovare una definizione calzante come genere di romanzo, manca la capacità di rendere davvero orrendo e spaventoso qualche cosa come solo S. King sa fare,quindi non lo definirei horror, manca della suspance e descrizione accurata delle azioni che i personaggi compiono come solo M.Connelly sa fare, quindi non lo definirei thriller, tantomeno romanzo rosa!!!
Finale scontato.

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