Opinione scritta da Molly Bloom

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    17 Aprile, 2019
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Mah

Non mi convince Pereira. Certo è un libro fresco, interessante, scritto in modo originale seguendo quasi uno schema in cui le parole chiave si ripetono all'interno delle frasi, le frasi si ripetono all'interno dei capitoli e le stesse parole troncano subito qualsiasi slancio immaginario o memorie involontarie del personaggio perché "non centrano nulla con la storia che il libro si propone di narrare". Quest'ultima cosa, ovviamente voluta se no non avrebbe accennato a quei germi di fantasie e emozioni personali rispecchia l'idea stessa del libro: no alle idee e alle opinioni personali che vanno in contrasto con il regime salazarista, l'io non conta più nulla nell'estate del '38, no alla propria identità.

Una cosa è certa: Pereira, giornalista appassionato di letteratura, pingue e buffo, buono e riservato, riuscirà a conquistare le simpatie del lettore e si assisterà a un suo cambiamento che comporterà anche le relative sue azioni. Perché non mi convince allora? Diciamo che ho letto libri ben più intensi sull'argomento dei regimi bui alla vigilia e durante la seconda guerra mondiale e a confronto questo è una passeggiata di salute. E' anche vero che in questo libro descrive gli inizi di questo regime e magari per quello lo trovo più blando, non so ma nel complesso, pur riconoscendo che ne vale la pena leggerlo mi lascia una sensazione di incompletezza.

Ambientato a Lisbona, tra colori, caffè letterari e brezze marine, dove l'accenno a Pessoa e altri grandi scrittori non manca, è un libro che si fa leggere velocemente e con piacere, senza però essere un capolavoro.

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    28 Marzo, 2019
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Tradisci, inganna, illudi

"L'arringa di una pazzo" è un libro di Strindberg, uno dei massimi scrittori svedesi. E' anche molto autobiografico in quanto rispecchia il suo burrascoso rapporto con la moglie Siri. Definito spesso misogino (erroneamente a mio parere) è soltanto uno dei tanti uomini che desiderano la botte piena e la moglie ubriaca. Mi spiego meglio...

Il libro parla di una storia d'amore morbosa, iniziata già con tutti i presupposti della fine, e che man mano si trasforma in una guerra di supremazia nel rapporto suggellato successivamente dal matrimonio. E' un rapporto tormentato e che ritengo sia universale, presente oggi e presente nel 1888 anno in cui il libro fu pubblicato e che la sua lezione può essere ricondotta alla seguente conclusione, data dall'autore stesso: "uomo, chiunque tu sia, tradisci, inganna, illudi, se non vuoi essere tradito, ingannato, illuso!". E' un'arringa di un uomo monogamo per eccellenza, impietosamente tradito e ferito dalla moglie, arringa dalla quale le donne (perché non ne parla mai nel libro in modo personale ma in generale) ne escono conciate così: "mezze scimmie, esseri inferiori, bambine malate, malate e pazze tredici volte all'anno nel periodo delle mestruazioni, autentiche dementi nel corso della gravidanza, irresponsabili il resto della vita, disgraziate, incoscienti, criminali per istinto, bestie che fanno il male senza saperlo!".

Lui il monogamo lei bigama, lui disponibile lei manipolatrice, lui brav'uomo lei perversa, lui sincero lei bugiarda, insomma il classico rapporto burrascoso che purtroppo è spesso presente, quando non si incontra la persona giusta o magari non la si incontra volutamente. Si, perché gli uomini amano questa tipologia di donne ed è inutile negarlo: tra una brava ragazza e una dissoluta la seconda ha più fascino, ma non si può pretendere una dissoluta solo con te e brava ragazza con gli altri, impensabile, è un volere la botte piena e la moglie ubriaca. Nonostante tutti i sospetti e prove eloquenti si continua a perdonare e a odiare il fatto di amare una persona sbagliata portando l'inevitabile logoramento alla fine, restando intrappolati in quelle catene in assenza delle quali se ne sentirebbe la mancanza.

La cosa che personalmente mi ha irritato, soprattutto in quanto donna, è stata la sua generalizzazione, anche se sono conscia del fatto che essendo personalmente implicato in questa storia il pathos è maggiore e quindi l'accusa distorta, riflessa sul genere "donna" e non sulla moglie in particolare. Un po' come per le donne: nella maggioranza dei casi tutti gli uomini sono dei mascalzoni dopo essere stata tradita ed ingannata.

E' un libro che ha un pizzico di Madame Bovary di Flaubert (viene persino nominata), un bel po' di Le affinità elettive di Goethe, sa di "Sodoma e Gomorra" di Proust ed è annaffiata dall'ossessione e della gelosia presente in "Sonata a Krautzer" di Tolstoj (uscita l'anno dopo). E' un libro sempre attuale, essendo sempre attuale e contorto il tema uomo-donna, generi che spesso si fanno la guerra e chissà, magari è necessaria all'amore stesso.

Lo stile è classico ma si intravede l'inizio della narrazione moderna, il linguaggio metaforico e ricco di riflessioni filosofiche sul rapporto che iniziò con Adamo ed Eva. Vi lascio questo piccolo estratto piuttosto eloquente ed elegante nello stesso tempo:

"In ginocchio, Sansone; posa la tua chioma sulle sue cosce, premi le tue guance sui suoi fianchi, implora il suo perdono per le dure parole - che lei non ha affatto capito -, rinnega la tua ragione, abiura la tua fede, e amala! Non sei altro che uno schiavo! Tu che credi di avere la capacità di sovvertire il mondo, ti comporti da vigliacco davanti a una calza bianca. E lei, lei ti ama solo quando ti umili; ti compra con un minuto di spasimi che non le costano niente, dato che lei non ci perde nulla, mentre a te tolgono un'oncia del tuo sangue migliore. (...)  Quelle gambe nere, che escono da una nuvola di gonne, mi ricordano una diavolessa! Sono due colonne funerarie che proteggono la tomba in cui smanio a seppellire milioni dei miei semi vitali, l'essenza del mio sangue. E per poter entrare senza remore in quella miscela di cielo e inferno, stringo un patto con il Mentitore."

....involontariamente o no credo sia anche un bellissimo inno alla "malafemmina", che nonostante tutto è amata.

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Madame Bovary, Le affinità elettive, Sonata a Krautzer
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    25 Marzo, 2019
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Nazismo e Cattolicesimo

Questo sarà per me l'anno Bernhard. Scoperto qualche mese fa, e avendo letto qualche suo romanzo mi sto dedicando alla sua Autobiografia, che è composta da cinque libri, "L'Origine" essendo il primo. Ci tengo subito a precisare che tutti questi libri possono essere letti anche singolarmente e non necessariamente nell'ordine della pubblicazione.

Le autobiografie possono non piacere ma questa fa parte di quel genere che analizzano in maniera "verticale" vari eventi e va a descrivere in profondità gli effetti che hanno avuto su di sé e sugli altri.

L'Origine descrive un Thomas Bernhard tredicenne che viene messo in un collegio nazionalfascista a Salisburgo per continuare i suoi studi, collegio che si trasforma successivamente in un ginnasio cattolico alla fine della seconda guerra mondiale.

Questo libro rappresenta una denuncia, l'ennesima, delle mostruosità della guerra ma una denuncia anche della chiesta e del cattolicesimo che viene a sostituirsi in tutto e per tutto, al nazionalsocialismo: "All'interno del collegio non avevo potuto constatare alcun mutamento di rilievo, se non il fatto che la stanza cosiddetta di soggiorno nella quale eravamo stati educati al nazionalsocialismo era adesso diventata una cappella, e al posto del podio su cui prima della fine della guerra era salito Grunkranzper insegnarci la dottrina della Grande Germania c'era adesso un altare, e alla parete dove prima c'era il ritratto di Hitler pendeva adesso una grande croce." E le dette sostituzioni non erano soltanto esteriori ma anche interiori: stessa autorità, stesse punizioni, stessa sveglia mattutina per i riti come la comunione, stessi inni cantati ora a Gesù e non più a Hitler e stessa mancanza di umanità o pietà.

Le descrizioni della guerra sono orribili, vissute dall'autore in prima persona, sopravvissuto ai bombardamenti anglo americani su Salisburgo, questa Salisburgo che oggi sembra aver rimosso qualsiasi ricordo ma che opprime la mente di Bernhard che non riesce a dimenticare avendo pagato un prezzo troppo alto: l'annientamento di tutti i suoi sentimenti, speranze, gioie, sogni lasciando dietro solo macerie. E qui una brutale e feroce accusa contro le istituzione dello stato, il governo, la chiesa e contro le stesse persone che diventano a loro somiglianza a furia di crescere ed essere educate da loro, una educazione distorta, malata, morbosa.

Interpreto il titolo, L'Origine, sia come la sua città d'origine, ma anche e soprattutto come l'origine di tutti i suoi mali attuali, delle sue ferite interiori ed esteriori, dei suoi incubi notturni e dei suoi sogni infranti.

Bernhard ha più volte tentato il suicidio in giovane età e qui ne fa menzione e la scrittura secondo me, oltre che avere una talento incontestabile, lo ha aiutato a sfogare questa rabbia repressa aiutandolo a vivere. Una cosa simile la dice Fernando Pessoa in "Il libro dell'inquietudine", che scrivere gli è necessario per vivere, non potrebbe fare altrimenti.

Lo stile è tipico "bernhardiano" una sinfonia musicale con temi orlati di leitmotiv e variazioni però più morbido rispetto ad altri suoi romanzi dove si lancia in veri e propri virtuosismi; qui invece lo stile è più delicato e lo rende scorrevole e meno impegnativo dei suoi soliti.

Vi lascio con un suo avviso molto importante e sempre attuale da tenere a mente, il nazismo può sempre ritornare:

"Quando si parla del piccolo-borghese come di un essere inoffensivo, si compie in realtà una deduzione errata, grossolana e superficiale, e tale da provocare sovente lo stravolgimento del mondo e la sua distruzione, e questo ormai dovremmo saperlo. Eppure questa gente, in quanto popolazione, dall'esperienza non ha imparato nulla, anzi al contrario. Qui dalla sera alla mattina il nazionalsocialismo potrebbe tornare a manifestarsi e a prevalere subentrando al cattolicesimo (...). Tuttavia, se qualcuno esprime questo pensiero (...) così come se esprime altri pensieri, parimenti pericolosi e presenti nell'aria, costui è dichiarato pazzo, proprio come è sempre dichiarato pazzo chiunque esprima ciò che pensa e ciò che sente."

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    23 Marzo, 2019
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Dolce e amaro

Ho iniziato a leggere questo libro pensando che fosse un libro colorato, fresco, estivo, leggero...ebbene è tutto il contrario. Voglio cominciare dal finale, che lascia spiazzati e da una grande lezione di vita: che nulla è come sembra, la realtà non è ciò che noi vediamo con i nostri occhi, pigri ad indagare, e la nostra visione di vita, fatta dalle nostre idee, dalle percezione che riceviamo dall'esterno e dai nostri pensieri, non può mai essere uguale a quella di un'altra persona, ecco perché non ci capiamo mai tra di noi. A volte bisognerebbe lasciare più spazio al silenzio che alle parole, e apprezzarlo di più perché è più profondo. E l'autore da questa lezione in un modo abbastanza forte, che non te lo aspetti, come se all'improvviso ti facesse uno scherzo e tirasse con forza il tappetto che il lettore ha sotto i piedi.
L'io narrante (che ancora devo capire bene chi sia) espone una storia di tre generazioni, condotte parallelamente durante la lettura, tra neve, pioggia, vento, montagne, gelo, occupazione americana e pesca, attività economica principale dell'Islanda, paese d'origine dell'autore e dove il libro è ambientato. E' lui stesso, ad un certo punto, che spiega al lettore perché: per farci capire che tutto invecchia, che tutto si trasforma, che ciò che era un germe fresco, è sbocciato, bruciato di passione, appassito, invecchiato e poi sparito. La vita è questa, e bisogna fare molta attenzione alle nostre scelte, bisogna cercare di guardare nel migliore dei modi questa realtà oggettiva che ci circonda, perché tornare indietro non si può, e le scelte sbagliate non cadono nell'oblio, ma si trasformano in nostalgia, rimorsi e solitudine, che "sono sassi da portarsi dietro negli anni".

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    20 Marzo, 2019
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Scuola di lettura

Cari amici lettori, faccio parte anch'io da quella piccola parte che ha superato la prova del fuoco anche se in realtà il testo più ostico della letteratura mondiale è un altro. Non starò ad analizzare un libro che ancora oggi da filo da torcere ai critici letterari, lascio questo lavoro a loro, io sono solo una semplice lettrice e quindi cercherò solo di invogliarvi a leggerlo testimoniandovi la mia esperienza.
Per me è stata una lettura rivoluzionaria già dalle prime pagine e mi ha letteralmente spiazzata. E' stato anche la prima che ho letto il flusso di coscienza, è stata un po' dura all'inizio perché non riuscivo a capirle il meccanismo e quindi cercavo sempre un aiuto dal parte del narratore assente, infatti, ho dovuto rileggere il terzo capitolo, Proteo, più volte.

La trama è assente, il libro descrive una giornata di quasi 24 ore vissuta da diversi personaggi a Dublino, e con tutto ciò che essa comporta, incluse le azioni quotidiane dei bisogni personali, fisiologici e intimi. Il parallelismo con l'Odissea, al di là degli aspetti letterari, io l'ho interpretato come la difficoltà della vita quotidiana, che è una battaglia ed un viaggio in cui possiamo vincere/perdere o smarrirci/ritrovarci. Ci sono giornate felici, che trascorrono in un baleno, e poi ci sono giornate difficili, piene di pensieri, preoccupazioni, frustrazioni, che sembrano non passare mai. Ecco, secondo me Joyce descrive proprio una di queste giornate, in cui le brevi giornate gioiose appaiono solo come ricordi. I personaggi sono tutti negativi, forse Molly, la moglie di Bloom è l'unica che vive la vita come viene e se la gode, nel suo monologo finale pare quasi che lei abbia capito tutto. Anche se compare solo in due capitoli, all'inizio (Calypso) e alla fine (Penelope), sembra che tutto ruoti attorno a lei, tramite i pensieri di Bloom. Spesso si fa riferimento al suo tradimento con Boylan, del quale il marito (e non solo) ne era a conoscenza e se ne rammaricava ma nello stesso tempo sapeva che non era ne il primo ne l'ultimo, Molly lo aveva già tradito in passato e continuerà a farlo: (domanda riferita a Bloom) "Se avesse sorriso perché avrebbe sorriso? Nel riflettere che chiunque vi acceda immagini di essere il primo a farlo mentre è sempre l'ultimo di una serie successiva, ognuno immaginandosi di essere il primo, l'ultimo, l'unico e il solo, mentre, non è né il primo, né l'ultimo, né l'unico, né il solo in una serie che comincia e si ripete all'infinito."......ma non è forse vero nella vita di tutti i giorni? Anche Bloom sembra avere una storia platonica con una certa Martha, ma non riesce a distrarlo o dargli soddisfazione, per lui Molly è l'unica donna che ama e alla fine del libro, anche lei si riappacifica con il marito, ripassando mentalmente le promesse "Sì lo voglio", perché in fondo lui è l'unico che la capisce e la vede come un fiore. Qui vorrei sottolineare che spesso nel libro si fa riferimento al lato femminile di Bloom, nel capitolo Circe addirittura è vestito da donna e partorisce, che secondo me è indice appunto di sensibilità, che Molly apprezza. Nello stesso tempo però, per ritornare alla serie infinita di amanti, Molly ha già pensato al suo prossimo amante: Stephan. Anche lui è un personaggio negativo, frustrato della sua condizione, il bardo del romanzo. Come insegnante è un disastro e come scrittore ancora da sbocciare, un personaggio che ancora deve trovare la sua strada. Nel romanzo, insieme a Bloom sono i punti cardinali che descrivono l'Odissea, Bloom è Ulisse e Stephan è Telemaco. Infatti, Bloom lo vede come suo figlio, "sostituto" del piccolo Rudy, morto prematuramente. Ci sono anche personaggi "assenti", nel senso che non compaiono materialmente nel libro ma compaiono invece di frequente nei pensieri dei personaggi, come appunto Rudy, Milly (figlia di Bloom), Rudolphe Bloom (padre suicida di Bloom), la madre di Stephan, Martha, per citare tra quelli più frequenti.

La cosa sorprendente di questo libro è anche la struttura dei capitoli e lo stile narrativo che viene utilizzato. Ogni capitolo è scritto in un modo diverso dall'altro. L'inizio è leggero, classica narrazione, per poi andare man mano a cambiare in base allo stato fisico dei personaggi, come un camaleonte, che alla fine, anche il libro in se assomiglia ad una persona che trascorre una giornata. C'è il capitolo Ade, cupo, soffocante che descrive la morte; poi c'è Eolo, che descrive il lavoro di Bloom e ti sembra di essere catapultato in un ufficio open space con telefoni che squillano, fogli che svolazzano, notizie, persone che entrano ed escono; c'è il capitolo Sirene, tutto onomatopeico, che è una musica unica, e dove l'autore gioca con il linguaggio in mille modi; Il capitolo Armenti del sole, scritto in moltissimi stili letterali; Circe, il delirio assoluto per evidenziare l'ubriachezza dei personaggi per arrivare al penultimo capitolo dove c'è talmente tanta spossatezza che la narrazione non continua più attraverso i personaggio ma il tutto viene esposto da un interrogatorio ?domanda-risposta, tra due soggetti sconosciuti...immagino che chi da le risposte sia il narratore, molto distaccato dalla ?storia però, come se fosse stanco pure lui, dando le risposte in modo automatico, preciso e senza alcun sentimento.

Il linguaggio del libro invece è molto vario, oltre ai giochi di parole come dicevo prima, è molto graduale, va dalla poesia e dalla sensibilità per arrivare alla volgarità più disgustosa, quindi preparatevi a sentire di tutto, Joyce non ha limiti nel stupire il lettore.

Tanto di cappello all'autore per la sua vastissima cultura, infatti il libro è tempestato di riferimenti letterari e simboli, e per la sua originalità. E' stata una lettura che sicuramente non dimenticherò, una lettura che mi ha fatto commuovere, mi ha fatto ridere e soprattutto mi ha stupito per la sua genialità. Per me è stato come entrare in un ciclone, ti scombussola e rovescia tutti i tuoi concetti letterari, facendo dalla banalità, dalla mediocrità, dal volgare e dall'indicibile un capolavoro.

Per finire vi lascio con le sue parole:

"Trovi le mie parole oscure. L'oscurità è nella nostra anime, non credi? Più flautata. Le nostre anime, ferite di vergogna per i peccati, aggrappate a noi ancor di più, una donna aggrappata al suo amante, sempre più."













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Ci sono moltissime letture consigliate come propedeutiche ma per esperienza propria se si ha la serietà e l'impegno di seguire la guida con le note presente nel libro si viene ugualmente appagati. Inoltre è una buona scuola per i lettore: letto Ulisse puoi leggere di tutto.
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    19 Marzo, 2019
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Inno alla natura

Ho atteso la comparsa di Moby Dick dalle prime pagine, mi affascinava la descrizione della sua caccia, vista nel film, e mi aspettavo qualcosa di spettacolare....peccato che è apparsa solo nelle ultime pagine del libro e la sua caccia non mi ha colpito particolarmente. Però, a libro chiuso, mi sono resa conto che di veramente spettacolare è tutto il resto, i nove decimi restanti, inclusi persino i capitoli sulla cetologia, lenza, raffinerie dell'olio e quant'altro. Perché sembrano capitoli inutili, buttati lì per aumentare il numero delle pagine o per la pura vanità dello scrittore, e invece no. Per me, che ignoravo quasi tutto sulle balene, sono stati utilissimi per capire meglio come funzionava la caccia e come riuscivano ad avere successo, infatti, ad un certo punto Ismaele dichiara che le balene venivano cacciate non tanto per il merito dei balenieri quanto per merito della natura stessa, della quale l'uomo approfittava, facendosela alleata. Come avevo già scritto in un post, l'autore sembra che guidi sempre il lettore per mano e non appena quest'ultimo non capisce un determinato fenomeno o si pone dei dubbi sulla credibilità di ciò che legge, eccolo lì l'autore che ti legge nel pensiero e ti illumina al riguardo. Quindi consiglio a tutti di non sottovalutare o trattare con minore interesse questi capitoli ed apprezzarli. Per la loro rilevanza dirò di più: sono spesso associati a pensieri filosofici e descrizioni pittoresche, il capitolo La Fontana, sullo sfiatatoio della balena ne è un valido esempio.

Assieme alla balena il mare è l'altro protagonista assoluto! Ho sempre ritenuto Proust lo scrittore che meglio ha portato omaggi a questo elemento gigante, misterioso e fondamentale della Natura, e invece mi sbagliavo; Melville lo supera. Vorrei riportarvi uno stralcio ma non so davvero quale tra i tanti...scelgo a caso:

"Era un giorno limpido, d'un azzurro d'acciaio. Le sfere dell'aria e del mare si distinguevano appena in quel lago ceruleo. Ma l'aria pensosa aveva una trasparenza pura e soave, come un viso di donna, e il mare robusto e virile si gonfiava in ondate lunghe, poderose, flemmatiche, come il torace di Sansone dormente. Qua e là in alto guizzavano le ali nivee di piccoli uccelli immacolati: erano i teneri pensieri dell'aria femminea; ma giù negli abissi dell'azzurro infinito da ogni parte s'avventavano enormi leviatani e pesci-spada e squali: e queste erano le riflessioni violente, tormentose, assassine di quel mare maschio." .... avevo ragione, vero?!

....E quando c'è il mare c'è la meditazione, perché "come tutti sanno, meditazione e acqua sono sposate in eterno"... quindi se siete amanti dei pensieri sulla vita e sulla morte, sugli uomini e sui loro rapporti, allora questo libro fa per voi; questo filo di pensieri orla quasi tutte le pagine, come ho già detto sopra.

Passo ad Achab, il terribile comandante....o meglio definirlo demonio? Anche se è un termine che non mi piace attribuirgli. Nonostante la sua vita sia ridotta ad una pura e morbosa ossessione per Moby Dick, la bellezza e la quiete spinge alla meditazione pure lui, chiamando le cose per nome, rendendosi conto del vuoto della sua vita e della mancanza di senso, degli affetti trascurati e della sua follia assurda, ma ormai è troppo tardi, i dadi sono stati lanciati e bisogna portare a termine la partita, contro tutti e tutto, persino contro la Natura stessa. Un personaggio fortissimo e ben definito, che in fondo, nonostante tutto lo si ama e si prova pena per lui.

Bellissima esperienza, che mi ha lasciato un sapore di sole, di vita, di mare e tanto profumo.

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    18 Marzo, 2019
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Un buon inizio per conoscere Bernhard

"Perturbamento" è tra i primi romanzi di Thomas Bernhard e secondo me molto indicato a chi volesse avvicinarsi a questo scrittore pungente. Dico pungente perché è irto, spinoso, graffiante, di difficile lettura ma che offre un nuovo orizzonte al lettore. In questo libro le sue spine sono meno pungenti, ci si può rilassare in un certo senso e godere appieno del suo genio senza troppe fatiche.

Un padre di professione medico viene accompagnato da suo figlio a fare le consuete visite ai suoi malati. La trama è questa, un po’ come una breve idea musicale di un compositore che poi la sviluppa e la trasforma in una sinfonia di cinquanta minuti. Stessa cosa fa Bernhard, crea una sinfonia in cui l’orchestra è formata dai singoli malati, ognuno con le proprie sofferenze, ma che rappresentano in realtà casi universali. L’autore da piena voce ad ogni singolo malato che “esibisce” la sua sofferenza frutto non dalla malattia in sé ma si va a scavare alle radici di questa malattia che spesso sorge per causa della società, della famiglia e della natura stessa dell’uomo e il sollievo/rimedio che il medico porta loro è questa possibilità di sfogo. Bernhard non nutriva particolare simpatia per i medici, che considerava dei ciarlatani, probabilmente per questo motivo in “Perturbamento” il medico ha un ruolo puramente umanitario, da confidente, che ascolta non i disturbi di un corpo ma quelli di un’anima, elemento altrettanto importante.

La prima parte scorre più velocemente, ci sono anche delle situazioni grottesche, c’è del humor velato, alcune scene invece macabre e si cammina sempre sul confine tra la tragedia e la commedia. La seconda parte invece è quella più impegnativa ma anche più bella secondo me, in cui l’autore lascia le redini e si lancia a briglie sciole in un soliloquio del Principe Saurau (l’ultimo dei malati che il dottore visita) e in esso si distingue chiaramente lo stile maniacale della sua prosa, che reputa uguale ad una musica. Infatti oltre al contenuto la forma è altrettanto importante e il testo deve avere il suo ritmo, la sua musicalità coordinata al contenuto, e in questo Bernhard è tra i più bravi che ho letto.

Per concludere riporto questo brano di “Perturbamento” che meglio riassume il mio commento:

“Quando guardo la gente in faccia, vedo che la gente è infelice » disse il principe. « Sono tutte persone che portano per strada il loro tormento e così trasformano il mondo in una commedia, che naturalmente fa ridere. In questa commedia tutti costoro soffrono di piaghe di natura spirituale o di natura corporea, e godono della malattia che li porta alla tomba. Quando ne sentono pronunciare il nome, non importa se la scena si svolge a Londra, a Bruxelles o in Stiria, essi si spaventano, ma cercano di non mostrare il loro spavento. Il vero spettacolo tutta questa gente lo dissimula in quella commedia che è il mondo. Quando si sentono inosservati, sfuggono sempre a se stessi rifugiandosi in se stessi. Grottesco. Il lato più ridicolo, però, non lo vediamo mai, perché il lato più ridicolo è sempre quello tenuto nascosto.”

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    18 Marzo, 2019
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Inaspettato

Davvero originale l'idea di Saramago per questo libro, la morte che va in vacanza, e mette in subbuglio un paese intero sia in seguito alla sua scomparsa che in seguito al suo ritorno, critica con una ironia molto fine e intelligente la chiesa e lo stato, che da sempre sono state due istituzioni a capo dell'umanità, e la scomparsa della morte provocherà un guaio non indifferente per loro. Salta fuori anche la maphia, iena dello stato, che in accordo con quest'ultimo, svolgerà i suoi affari sporchi. Ci sono poi le agenzie di pompe funebri, le assicurazioni e gli ospedali che in qualche modo dovranno reinventarsi l'attività.....e poi c'è lei, la morte, che nel finale del romanzo sarà molto umana, da tutti i punti di vista.

Un libro tempestato di ironia, di situazioni paradossali ma alle quali magari a volte abbiamo pensato. L'eternità è il nostro sogno, che lo possiamo raggiungere attraverso la Chiesa e la Resurrezione, nella speranza di una vita futura (ma chi lo sa con certezza?), ma quando questo sogno si avvera nella realtà, è molto probabile che non saremmo in grado di affrontarla, non siamo ne preparati e ne capaci. Mi ha fatto venire in mente Il Grande Inquisitore di Dostoveskij in merito alla libertà, come corrispondente qui di eternità: nonostante sia una condizione ideale e desiderata, paradossalmente noi non siamo capaci di gestirla. Abbiamo sempre bisogno di una guida, di una laccio al collo, di una impostazione, nello stesso modo abbiamo bisogno della morte.

Suggestivo il brevissimo studio di Chopin, opera 25, numero nove, di 58 secondi, citato nel libro, perché "quello che impressionava l morte era il fatto che le era parso di sentire in quei cinquantotto secondi di musica una trasposizione ritmica e melodica di ogni e qualsivoglia vita umana, normale o straordinaria, per la sua tragica brevità, per la sua intensità disperata, e anche per via di quell'accordo finale che era come un punto di sospensione lasciato nell'aria, nel vago, da qualche parte, come se, irrimediabilmente, fosse rimasto ancora qualcosa da dire."

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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    16 Marzo, 2019
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Una piccola gemma italiana

"Diceria dell'untore" è uno di quei libri che lasciano la traccia, perché hanno qualcosa da dire, qualcosa di importante. Questo libro è la testimonianza di un sopravvissuto, un io Narrante, a due grandi disgrazie: la seconda guerra mondiale ("La guerra era dietro di noi, ma sulla giacca era rimasto il segno della bandoliera, e l'agro della polvere nelle narici e nelle mani. Mani che avevano sparato, forse ucciso.") e la tubercolosi ("Grande un cinquecentesimo di millimetro, ma boffice e vitale come quando lo respirai la prima volta. Chissà come giunse da me, con quale sputo da vecchio o bacio di puttana o spora di vento, vallo a sapere.").
L'atmosfera descritta è cupa, come si può dedurre già dall'incipit, con il sogno rincorrente della morte (che "è un paravento di fumo fra i vivi e gli altri. Basta affondarci la mano per passare dall'altra parte e trovare solidali dita di chi ci ama."), che viene tenuta per mano durante tutto il romanzo. Siamo nel 1946, in un sanatorio che accoglie le persone malate di tubercolosi senza più speranza di guarigione, persone che rimpiangono il vigore della gioventù passata e cercano di guardare con rassegnazione la condizione attuale e pian piano imparano dagli altri a morire. L'unico svago e fuga alla vita normale sono le uscite in città, la domenica, e qualche incontro triste, clandestino e insoddisfacente con una donna ("Andare fra la gente, giù in città, portarsi addosso il cencio del corpo, questa somma insufficiente di lena e di sangue, in mezzo a sani della strada, atletici, puliti, immortali...").
E' un libro che da anche una speranza, il Narratore, dopo una degenza di qualche mese, riesce a guarire completamente e a tornare nel mondo dei vivi. Ma dopo aver imparato a vivere sotto l'ala della morte, ad attenderla e a desiderarla come si fa ad imparare nuovamente a vivere?...("Dove ritrovare il me stesso ragazzo, come sanarlo di quell'infezione: l'ingresso dell'idea di morte nell'intimità di un cuore innocente?")...Infatti, dopo aver sofferto e dopo aver affrontato la morte dei suoi amici nel sanatorio e infine della sua amata, contagiata dallo stesso male, dopo aver lottato contro la propria morte uscendone vincitore, tornare alla normalità è molto difficile ed i sogni del sanatorio, il controllo quotidiano della saliva, il ricordo di Marta, la sua amata, continuerà per anni e anni a venire. Generalmente la guarigione e il ritorno alla vita rappresenta una benedizione, una rinascita, qui invece, dal punto di vista psicologico, non è altro che un'ulteriore condanna ad una vita di sofferenze, ricordi, paure e inadeguatezze ("I giorni più infelici della mia vita sono stati i più felici").
Questo libro nasce dall'esperienza diretta dell'autore presso il sanatorio Rocca, descritto nel suo libro e spesso mi ha ricordato la Montagna incantata di Mann. Anche se libri diversi per nozioni ideologiche (Mann tratta un'ampia vastità di idee invece Bufalino la morte, la malattia e un reintegro nella normalità), l'ambientazione nel sanatorio, la cura del riposo sulla sedia a sdraio sulla veranda, il succedersi dei nuovi malati arrivati a quelli da poco deceduti, la radiografia di Marta che il narratore ruba dalla Sala Raggi per accarezzarla nella sua stanza e confrontarla con la propria, la condizione "romantica" del malato, il medico che vive in mezzo ai malati come un loro punto di riferimento.....tutte queste cose mi hanno riportato in mente Mann.
Concludo con questo ultimo frammento di incredibile verità e sublime poesia:

"Certo oscilla fra contrattempi e incastri senza numero il gioc'a tombola della nostra vita. Non si conosce mai chi si vuole, ma chi si deve o chi capita, secondo che una mano sleale ci rimescoli, accozzi e sparigli, disponendo o cassando a suo grado gli appuntamenti sui canovacci dei suoi millenni."


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La montagna incantata di Thomas Mann
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