Opinione scritta da Riccardo76
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Solo tre ragazze sole
Tre ragazze giovanissime, tre ragazze sole, tre ragazze sconosciute, senza nome a comporre i tre racconti distinti e pur uniti dallo stesso sottofondo, da simili ambientazioni. La solitudine e l’abbandono sono i temi principali di questo libro di Modiano, la ricerca di una strada, la conquista della libertà o l’illusione di libertà.
Parigi con le sue strade, i suoi locali, la sua vita e la sua inimitabile atmosfera, come simbolo di indipendenza. Vite turbate da infanzie e adolescenze disturbate, private dagli affetti fondamentali, la ricerca della sostanza che può colmare il vuoto esistenziale.
Le ragazze sconosciute di questo libro non hanno un nome, e forse non hanno un futuro, raccontano la loro storia, la loro vita, raccontano gli incontri e i lavori fatti per cercare di crescere, per cercare di evadere dalla “prigionia” di giorni uguali e imposti.
Modiano ci racconta queste storie di solitudine, storie alla quale è complesso fuggire, le descrive con la sua inimitabile maestria, calandosi coerentemente nell'animo femminile, scrivendo come fosse egli stesso protagonista di queste storie.
Il solito stile pulito, pieno di grazia, con un ritmo piacevolmente lento, un lessico semplicemente comprensibile eppure ricercato, armonioso equilibrato. Scrive a bassa voce senza urlare, senza inutili orpelli, senza fronzoli. La penna di Modiano, anche in questo libro, è piacevole, essenziale e completa, non serve altro c’è tutto quello che serve in poco più di cento pagine, la sua classe è proprio questa dire tutto e dirlo subito.
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Un uomo e un bambino
Un lunghissimo cammino di cenere, terra, catrame e morte. Il libro è quasi completamente scritto in “bianco e nero”, le scene che lo compongono lasciano pochissimo spazio ai colori, i colori sono dei pochi ricordi pre-apocalisse e del finale, dove i colori sono appena accennati.
Favoloso il clima che lo scrittore riesce a creare, porta il lettore ad un livello tale di interesse, che si è sempre in attesa che succeda qualcosa di eclatante, di sensazionale e ad un certo punto ci si rende conto che tutto il racconto è eclatante, sensazionale. Il padre ed il figlio in perenne lotta con gli eventi, in continuo conflitto tra la semplicità di lasciarsi morire e l’estrema difficoltà di sopravvivere.
Un padre che anche in tanta disperazione, in tanta devastazione, riesce a proteggere il figlio educandolo e rendendolo uomo. Il bambino è il simbolo di pura e genuina bontà, toccante quando incontrano un altro bambino, forte il significato del dialogo con il padre, il più alto gesto di carità e solidarietà in uno scenario di disintegrazione totale.
Un uomo e un bambino, non Peter e Andrew, non Paul e John due personaggi eccezionali, ma senza nome, come a voler sottolineare il fatto che si tratta di due persone qualsiasi, alla quale è stato tolto tutto, anche il nome. Un uomo e un bambino, l’umanità tutta, tutti noi che dobbiamo lottare tutti i giorni, e camminare su quella strada, magari verso sud, quella strada che potrebbe anche ucciderci da un momento all'altro o che forse ci salverà.
Il bene e il male, l’odio e l’amore, il conflitto tra queste dualità sono insite nella nostra natura, l’apocalisse è cenere, è un sole che non si vede più, è un mare gelido e in burrasca, l’apocalisse sono corpi devastati e brutalizzati e senza un nome, non vi fa venire in mente l’olocausto?
“...Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.”
Questa è una citazione di Primo Levi.
Questa invece è la bellissima frase che McCarthy fa dire al suo Uomo:
“… ma ancora una volta si ripeté quello che già si era detto in precedenza. Che la fortuna poteva anche non essere tale. Erano poche le notti in cui, sdraiato nel buio, non provava invidia per i morti.”
Sempre a sottolineare il concetto di lotta per la sopravvivenza e identità fino all’ultimo respiro.
Un romanzo sulla lotta, sulla vita, nonostante sia disseminato di morte, sui conflitti, sul coraggio e sulla forza di volontà. Un libro importante da leggere, nonostante il fortissimo impatto emotivo, da leggere per capire di cosa può essere capace l’uomo, nel bene e nel male, un libro che fa riflettere.
McCarthy vinse il premio Pulitzer nel 2007 per questo libro e la cosa non mi stupisce, la sua pulizia e linearità nello scrivere scorrono paralleli a quella strada che è al contempo la via per chissà quale salvezza e il luogo dalla quale stare lontani per evitare di morire.
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I surreali limiti dell'indefinito
Surreale, a tratti delirante, scritto da infiniti scatti fotografici, atipico e inusuale, una serie di non storie che compongono la storia fatta di luoghi che non sono luoghi, fatti di mare, oceano mare.
Il mare immenso che purifica, perdona, pulisce, cancella, rimuove, compone, dipinge, il mare che è infinito proprio nella sua finitezza, quando si pensa di aver individuato il limite del mare si percepisce la sua illimitata e incontenibile essenza.
I dialoghi surreali, come surreali sono i personaggi, e surreali sono i luoghi rendono il romanzo un collage di sensazioni, di pensieri, di emozioni. Il bianco della schiuma del mare quando al suo limite finisce, pur non finendo mai, è una moltitudine di bolle d’aria, l’aria talmente importante per la nostra esistenza, da essere fonte di salvezza e fonte di morte. Un tempo indefinito o non indicato, sembra di essere in una perenne sospensione spaziotemporale.
Mi è risultato difficoltoso entrare nell'essenza del libro fin da subito, ma una volta addentratomi ho vissuto in esso come in perenne stato confusionale. La locanda, insieme al mare credo siano i veri protagonisti del racconto, la locanda in particolare ha una presenza forte e, seppur appena accennata, è rimasta ben salda nella mia mente, per paradosso la locanda è proprio il non luogo per eccellenza, a rappresentare un insieme di scomparti della memoria, una raccoglitore di emozioni della nostra anima, il libro stesso che contiene la storia.
Un universo di contrasti, tra realmente concreto e assolutamente astratto ed evanescente, proprio questi forti contrasti che ho personalmente percepito, mi hanno fatto apprezzare questo libro che va letto assolutamente fino alla fine.
Lo stile di Baricco in questa storia è molto poetico, metaforico, onirico e intimo, non è forse tra i miei preferiti dell’autore fino ad ora, ma credo sia uno di quei libri che vengono apprezzati meglio dopo una certa riflessione. Non ho mai riletto un libro una seconda volta, perché ritengo che ci sia talmente tanto da leggere e talmente poco tempo per farlo che mi sento in difetto nei confronti dei libri che non potrò leggere. Nulla è definitivo nella vita, magari un giorno la penserò diversamente.
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La seconda sofferenza
In storie sulla pelle Lilin raccoglie sei racconti che hanno come rotta da seguire l’arte del tatuaggio siberiano. La storia di fondo a tutti gli episodi è la sua evoluzione fino a diventare un kol'sik, l’artista, il “guardiano” della tradizione criminale siberiana e della sua manifestazione nei tratti di inchiostro sulla pelle. Il suo apprendistato, gli strappi alle regole, il suo rapporto con il suo grande maestro burbero, severo ed intransigente. Non si tratta chiaramente di un trattato socio-antropologico sul significato del tatuaggio siberiano, ma per chi è affascinato dall'arte del tatuaggio è sicuramente una lettura interessante da fare, non ci si deve aspettare un capolavoro.
Traspare sicuramente la passione del protagonista per questa forma di arte, di tradizione, di cultura. Il tatuaggio al giorno d’oggi ha differenti connotati, purtroppo in svariati casi si tratta di una moda, molto in voga, ormai ci si è quasi abituati a vedere corpi completamente dipinti, in molti casi con soggetti tutti uguali e sempre più spesso privi di significato profondo per chi li porta.
Differente è il messaggio che il libro vuole trasmettere, ogni singolo segno ha uno specifico significato, spesso molto criptico e intrinseco alla tradizione.
Bello a mio avviso il concetto per la quale il tatuaggio è “sofferto” sulla pelle, un modo per marchiare a vita una sofferenza vissuta e sofferta una seconda volta sulla pelle, la parte di noi più esposta agli altri. Come si dice nel libro le parole non bastano per raccontare la propria storia, la sofferenza quindi va portata addosso.
Come nella tradizione degli Irezumi tradizionali giapponesi, anche nella tradizione siberiana, i simboli, sono “marchiati” per sempre e rigorosamente utilizzando aghi a mano, senza l’utilizzo di macchinette elettriche, ecco spiegato il concetto della seconda sofferenza accennata poc'anzi.
I tatuaggi dicono tutto dei criminali siberiani, più di ogni parola, più di ogni azione.
Un tatuaggio fatto da un vero kol'sik non può mentire, diversamente sarebbe un sacrilegio o un “pastrocchio” fatto senza cognizione, un modo come un altro per imbrattare la pelle e ingannare gli altri.
Le storie raccontante sono simili a quelle raccontate anche in Educazione Siberiana, in alcuni casi con gli stessi personaggi. Dal punto di vista letterario non è sicuramente un capolavoro, lo stile di Lilin è pulito e chiaro, ma non certo indimenticabile.
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Abbracciando Bijou
Una giovane ragazza e un incontro con il passato vestito con un cappotto giallo, nel caos di una Parigi fotografata sia a colori che con i nostalgici toni seppia di un passato tormentato. Solo due righe a far da trama ad un romanzo, breve ma intenso e toccante. Un racconto sulla ricerca delle proprie radici, l’introspezione più dolorosa e profonda che si possa affrontare, allo scopo di trovare punti fermi e certezze dalle quali ripartire.
Bijou, questo il soprannome della protagonista, un appellativo che la tiene troppo ancorata ad un passato traumatico, crede di aver visto la madre in mezzo ad una folla di gente, ne è quasi certa, quella madre che credeva morta, e che invece forse è li, la segue, indaga e giorno dopo giorno tenta un avvicinamento:
"Ho provato la sensazione non tanto di aver salito con fatica una scala, quanto piuttosto di essere scesa al fondo di un pozzo".
Il pozzo ancora come metafora, come emblema del profondo guardarsi dentro alla ricerca di se stessa, ma anche come simbolo di sconfitta, dolore, frustrazione dopo aver toccato il fondo. La lotta e il conflitto con se stessa, con l’essenza della propria vita, il duello tra il passato, troppo ingombrante e struggente e il futuro incerto e privo di fondamenta.
Spesso si dice il passato è passato, volendo con questo intendere che si deve vivere il presente non potendo organizzare il futuro, ma il passato non può essere passato se è ancora vivo dentro, se non si è trovato il modo di vincerlo, metabolizzarlo, sconfiggerlo. I traumi affettivi infantili, lasciano turbe e danni che non sempre è possibile sanare.
Modiano con questa storia, come già aveva fatto in Pedigree, affronta il tema delle carenze affettive, dell’abbandono, del distacco, della sofferenza per la mancanza di quell'amore che è il più importante e formativo di ogni singola vita, quello famigliare.
Bijou, ancora alla ricerca di sua madre, in conflitto con la voglia di andare in fondo e il desiderio di "tagliare i ponti", dice:
"... a mano a mano che procedevo, il viale si faceva sempre più scuro come se quella sera portassi gli occhiali da sole."
e poi ancora :
"... vedo l'insegna luminosa di una farmacia. La guardavo fissa , per paura di piombare nell'oscurità."
Anche in questa occasione, come nella precedente, “la discesa nel pozzo”, l’autore fa vivere perfettamente la sensazione di buio, l'oscurità del proprio inconscio, della propria paura, del proprio passato.
Un libro importante, scritto con la solita pulizia e linearità che contraddistinguono lo stile di Modiano, una storia forte, condita dalle caratterizzazioni parigine di oggi e di ieri. Un romanzo che va respirato, abbracciato, come idealmente verrebbe voglia di abbracciare Bijou, con le sue fragilità, le sue vulnerabilità, le sue ferite. Una lettura intensa, che fa riflettere, che consiglio, che rimane dentro, come tutte le storie di Modiano lette fino ad ora, come tutti i suoi personaggi.
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Terra e mare guerra e pace
De Luca ci consegna altre pagine di prosa poetica. I tre racconti che compongono il libro non sono collegati tra loro se non da colui che gli raccoglie e ce li racconta, dal mare e dalla lotta per la vita.
In storia di Irene, il più intenso e significativo dei tre, De Luca ci narra di una ragazza di 14 anni, in attesa di un "bimbo", rimasta orfana e adottata dal mare e dai suoi abitanti, nello specifico delfini, a mio parere i più nobili abitanti del mare. Irene è come una sirena, più pesce che donna. La terra e il mare contrapposti come guerra e pace, gli uomini la emarginano, i delfini ne fanno una di loro anche se diversa.
Una bellissima storia a metà tra fiaba e leggenda. Poetiche alcune frasi: "Sono stato investito dal suo vento che mi passava a fianco e sotto la schiena. Era una carezza profonda che partiva dai piedi e percorreva il corpo fino a proseguire oltre la nuca. Ho chiuso gli occhi e ho nuotato i più leggeri metri della vita."
Poi di Irene sostiene: "tu sei la congiunzione - e - che tiene insieme terra e mare".
La seconda storia è quella di Aldo De Luca, papà di Erri, che conduce alla salvezza se stesso e altri cinque compagni, su una piccolissima barca, attraversando il tratto di mare che separa la vita dalla morte.
Il terzo, brevissimo racconto, è quello di Don Saverio, anziano e umile uomo che racchiude simbolicamente il suo essere e la sua esistenza in una mandorla.
Tre storie distinte a far da cornice ad un unico messaggio: il regalo della vita, per essa si deve combattere, lottare, ringraziare prendendosi cura degli altri, nonostante le difficoltà dei contrapposti guerra e pace, morte e vita.
Racconti molto intensi, scritti con la solita eleganza "De Luchiana", con la solita cadenza poetica. Bel libro per il suo significato, non tra i miei preferiti di De Luca, ma comunque sempre di buon livello.
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La luce del tempo
La luce dell'alba come una rinascita, come un cambiamento, una svolta, la luce giusta. L'alba come resa dei conti, un rientro a casa, l'alba alla fine del buio. Tre storie, una storia, tenute insieme dal caso, dal destino o semplicemente dallo scorrere dei giorni e delle notti. Bel racconto che sembra non dire nulla e invece dice tutto con la semplicità di eventi apparentemente comuni e che in comune hanno sicuramente tre distinte albe e due personaggi. Baricco sembra quasi voler sostiuire il tempo con la luce e solo in questa dimensione può essere possibile la storia.
Un bel gioco di logica e tempo-luce rendono bellissima questa storia fatta di dialoghi brevi e intensi, essenziali, indispensabili alla narrazione. Una storia multidimensionale nella quale i due protagonisti si incontrano in tre vicende distinte ma con molteplici punti comuni, eventi indispensabili affinché tutto sia coerente, possibili insieme solo se si esclude il tempo e si guarda con attenzione l'alba e la luce che essa porta con sé.
Lo scorrere di questa storia è la luce, quella giusta per amare, giusta per cambiare, giusta per capire, giusta e basta.
Baricco ha uno stile che affascina e rapisce, un modo di scrivere essenziale e delicato, luminoso direi. In questo romanzo scrive con la luce ,facendoci dimenticare lo scorrere del tempo, o semplicemente ricordandoci che il tempo é solo una convenzione per rendere logico ciò che diversamente non potremmo concepire.
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Luisa Rosello, che passione
Un romanzo di ispirazione giallistica, ma che in realtà è qualcosa di più, è uno spaccato di una Sicilia e di un essere siciliani che non mi appartiene personalmente, ma che mi ha affascinato.
Il genere in questione non è decisamente il mio preferito, ma l’autore ha uno stile talmente bello e originale, che non si può non apprezzarlo.
Una storia ben congegnata con continue evoluzioni, vista da una soggettiva che fa scoprire i pezzi del puzzle, capitolo dopo capitolo. Un mistero che pare non sia così misterioso, all’italiana si potrebbe dire, dove nessuno sa nulla e tutti sanno tutto.
Eccezionale il modo di descrivere le scene, e i personaggi, in particolare la bellissima signora Luisa Rosello, per la quale Sciascia cerca e utilizza parole talmente ben studiate da far vivere al lettore tutta la sua sensualità. Sembra quasi che lo stesso Sciascia si sia innamorato di questa donna, a tal punto da renderla molto reale, da far percepire al lettore tutta la sua femminilità e passione.
Il professor Laurana, si invaghisce della giovane vedova, così come si invaghisce il lettore, che immagina una procace donna siciliana in tutto il suo fascino.
La premessa che il farmacista non ha nulla a che spartire con la politica, e forse è anche vero, ma la politica in qualche modo rientra in tutta la storia come alcuni atteggiamenti prettamente mafiosi.
Bellissima la scena del caffè nella quale il professor Laurana aspetta Luisa Rosello, perfetti i dialoghi, palpabile l’ansia che ci trasmette l’atteggiamento del professore.
Un romanzo affascinante, scritto con uno stile e un lessico particolare e ricercato, alcune frasi suonano bene anche ad orecchio e rendono imperdibile la storia.
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Una chiave socio-antropologica
Il romanzo distopico, Battle Royale, narra le vicende di una classe di 40 ragazzi sorteggiati per partecipare all'annuale Programma di un ipotetica Repubblica della grande Asia dell’Est. Il Programma prevede che i ragazzi si scontrino fino a quando uno solo rimarrà vivo. Un romanzo molto crudo e avvincente, l’autore è bravissimo a tenere alta l’attenzione nonostante le oltre 660 pagine, ci si può sicuramente appassionare ed affezionare ai protagonisti.
Takami dimostra una fervente fantasia nel trovare modi sempre diversi di far morire i personaggi, ha inventato regole del gioco cruente e cervellotiche, ha l’indiscusso merito di aver dato il via e l’ispirazione per altri romanzi molto simili a Battle Royale; Hunger Games è palesemente ispirato a questo romanzo.
Imperdibile per gli amanti del genere è sicuramente un grande spunto mediatico, da questo libro sono nati un film e una serie di manga. Romanzo decisamente lontano dal genere che prediligo, ma che non mi è dispiaciuto affatto leggere fino alla fine.
Visto da un punto di vista sociologico e antropologico è sicuramente significativo, mette in evidenza come un essere umano possa reagire posto di fronte alla necessità di sopravvivere.
Non dimentichiamoci, e l’autore lo sottolinea diverse volte, che questi ragazzi fanno parte della stessa classe, e che in molti casi si conoscono fin dall'infanzia. La diversità di comportamenti dei ragazzi è molto indicativa e spazia dalla follia pura al più alto livello di compassione e carità.
Credete realmente che sia pura e semplice invenzione? Io credo semplicemente che sia un modo come un altro per descrivere quello che purtroppo, sempre più spesso, avviene nelle continue guerre civili che affliggono diversi popoli del nostro pianeta. Anche grazie a questa chiave di lettura ritengo di poter valutare positivamente questo romanzo.
Un libro che mi sento di consigliare principalmente agli amanti del genere, ma che credo possa essere apprezzato anche da chi non ami particolarmente il genere, ritengo che sia scritto molto bene.
Attenzione però, ricordo che si tratta di un libro molto violento e non adatto a persone particolarmente sensibili o particolarmente giovani.
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Un uomo un esempio
Questa è una storia d’amore, un “trattato” di giornalismo, un pezzo di storia, una rivoluzione, un tributo, un testamento, un manifesto, una vita. La vita di Alekos Panagoulis, politico e rivoluzionario greco, che si oppose al regime dei colonnelli, organizzò un attentato fallito e fu arrestato. La sua prigionia fu un calvario di torture e violenze inaudite, soprusi e umiliazioni.
Il racconto è molto crudo e forte, viscerale. Il coinvolgimento emotivo e amoroso della Fallaci è evidente e intenso, uno sposare la causa dì un uomo che ha letteralmente dato la vita per il suo paese anche quando, riuscito a scappare in Italia, ha continuato a cercare appoggi e aiuti per sovvertire il regime, purtroppo fallendo. L’ostinazione e la passione per questa rivoluzione sono il messaggio di questo libro, tenere sempre la testa alta, non arrendersi mai, combattere fino alla morte, che ovviamente venne in seguito ad un attentato fatto passare per incidente.Il popolo greco lo acclama durante il funerale come se fosse vivo, forse troppo in ritardo per risolvere le cose.
Il libro nasce da una intervista della Fallaci a Panagoulis, in seguito a questa intervista nasce un amore, e per amore la Fallaci accetterà la richiesta di Alekos di scrivere la sua storia una volta morto, per testimoniare lo spirito combattente e mai arrendevole di colui che ormai è considerato dai greci un eroe contemporaneo. La storia, un po’ romanzata, pare essere un resoconto dettagliato e fedele di quello che è stato, un libro intenso e affascinante che consiglio di leggere a chi abbia voglia di conoscere questa storia, ma soprattutto a chi abbia necessità di nuovi stimoli per affrontare le difficoltà. Formativo.
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CHAPEAU! PER UN DOLORE DA NULLA
Intenso nella sua brevità, un racconto che ha dentro una vita, scritto come le scene di un film proiettato a doppia velocità quasi a voler dire: “Ho bisogno che si sappia, e che si sappia in fretta.”
Lo stile è il solito di Modiano, pulito, essenziale, preciso, onesto. Un libro che non cattura dalle prime pagine, ma che in fretta ci proietta in una storia di freddezza, durezza, dolore represso e affetti mancati. Il rapporto con una madre inesistente e sempre di passaggio, alla ricerca di una fama planetaria che mai arriverà. Il padre una persona gelida, appassionato solo dei suoi strani e misteriosi affari. Profondo il dolore represso di un Modiano giovanissimo, che passa la sua vita tra un collegio e l’altro, sempre lontano dai genitori.
Il ritmo incalzante del racconto, oltre ad essere un segno distintivo del modo di scrivere di Modiano, è anche un simbolo della volontà dell’autore e protagonista di raccontare quello che è stato. Come a volersi liberare velocemente di questo peso, che ha segnato sicuramente il suo essere a tal punto da voler supporre che tutto quello che accadde in quegli anni non fosse in realtà la sua vita, come una forma di dissociazione.
C’è una frase nel libro che racchiude in se il significato del libro e forse parte della vita dello scrittore, credo valga da sola il tempo dedicato a leggere il libro:
“A volte, come un cane senza pedigree, e che è stato abbandonato un po’ troppo a se stesso, provo la tentazione di scrivere nero su bianco e in dettaglio quello che mi ha fatto subire, per colpa della sua durezza e incoerenza. Taccio. E la perdono. Tutto è ormai così lontano…”.
E poi chiude con: “Ma il mio dolore era un dolore da nulla, di quelli su cui non si può scrivere nemmeno una poesia.”
Chapeau!, mi vien voglia di alzarmi in piedi e applaudire tanta bellezza e profondità.
Un dolore da nulla è per paradosso il dolore più profondo e intimo che si possa provare, un dolore che può far perdere la rotta, può far impazzire. Modiano è diventato un grande anche grazie a questo “dolore da nulla”.
Pare superfluo dire che consiglio assolutamente questo libro, il più intimo e personale di Modiano, il più toccante.
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EDUCARE ALLA VITA
Avete presente il mare cristallino d’estate? Immaginate di essere su una spiaggia, da soli, alle prime luci dell’alba, quando il sole sale dal mare e si vedono tutti gli scintilli sull'acqua, sentite quella sensazione di pace e di bellezza? E’ la stessa sensazione che ho provato io leggendo questo libro fantastico.
Adoro lo stile di De Luca, pulito ed essenziale, la logica della “lingua” napoletana trasformata e resa fruibile a tutti, la filosofia dietro questa “lingua” che da sola è insegnamento e modo di pensare.
Eccezionale la figura di Don Gaetano, filosofia pura, la guida e il faro nella vita dello Smilzo, fa crescere il ragazzo, che rapito dal suo magnetismo ascolta i suoi racconti di vita. Ci insegna l’importanza dell’educare che etimologicamente significa appunto “tirar fuori ciò che sta dentro”, “condurre”. Don Raimondo, il libraio, educa con i libri: “Il vuoto in faccia a un muro, lasciato da una libreria venduta, è il più profondo che conosco. Porto via con me i libri mandati in esilio, do loro una seconda vita”.
Un romanzo sul rispetto, sull'amore, sulla vita, un destino parallelo che porterà ad una sorpresa finale, affrontare la vita a testa alta, senza timori o paure. Don Gaetano è sempre li, fino alla fine, ha già capito tutto, lui sa, capisce le persone.
Il giorno prima della felicità è la felicità stessa? E’ quello che ci porterà ad essere pieni e felici?
E’ un libro, come altri di De Luca, che mi ha profondamente toccato ricordandomi l’ultimo periodo di vita di mio nonno, una scena in particolare, quando una sera mi raccontò della sua esperienza di vita in Africa, durante la guerra. Mio nonno morì qualche mese dopo, il ricordo di quella sera sarà con me per sempre, come il nome Riccardo che condividevamo, come questo libro e la commozione che ho provato nel leggerlo.
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Gli ordini sono ordini?
Due racconti in uno solo, due storie che si intrecciano e si toccano. La rappresentazione del Male dell’olocausto e due diverse retrospettive, con dolori e traumi differenti che hanno afflitto l’umanità. Uno scrittore che deve tradurre un libro di Israel Yehoshua Singer dalla lingua yiddish all'italiano, un vecchio uomo criminale di guerra nazista e sua figlia, questi i personaggi di questo racconto intenso. Lo scrittore alla scoperta di quello che è stato l’olocausto è seduto in un locanda del Tirolo e incrocia lo sguardo della ragazza e di suo padre.
Una storia sui disastri della guerra e dell’olocausto, delle convinzioni incredibili che hanno portato morte, dolore e disperazione anche a distanza di anni. Due punti di vista sulla storia: il torto è aver obbedito ad ordini assurdi e inumani? oppure il torto è avere perso ed avere l’ossessione di essere braccato?
La paura che rimane per anni, per una vita intera, che forse non è più vita, o forse non lo è mai stata.
Un’altra perla di De Luca con un intreccio interessante e l’intensità dei sentimenti, delle sensazioni, delle paure. Bello il modo di rappresentare la dualità di sentimenti della ragazza, in bilico tra l’amore per un padre e il dissenso per quello che ha fatto, la condanna di una vita ad aver accettato ed eseguito ordini folli e la compassione per un uomo solo e pieno di fobie insostenibili.
Quello che l’olocausto ha portato è disperazione ovunque, la bellezza di questo racconto sta a mio avviso nel metter in evidenza tutta questa ingiusta ed inumana sofferenza, evidenziando anche i traumi inflitti ai carnefici che spesso non hanno neanche compreso la bestialità delle loro azioni.
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Morfeo tra amori e ossessioni
Il sonno tra passato e presente, il sonno come ossessione sia nell'abbondanza che nel difetto. Coe utilizza, con sapienza, una piacevole ed intrigante tecnica di scrittura saltando e intrecciando due storie, una negli anni 80 e una negli anni 90, lasciando sempre in sospeso un capitolo allo scopo ti tenere viva l’attenzione su entrambe le direttrici.
La sovrapposizione dei luoghi, di personaggi e del tema di fondo sono il filo conduttore di "entrambe" le storie. Il sonno fonte di grandi gioie e grandi disperazioni, momento in cui l’uomo è più vulnerabile e più a contatto con la propria intimità, momento del ristoro o periodo interminabile. Nella clinica sorta al posto del vecchio dormitorio vengono studiati e curati i disturbi del sonno, la narcolessia e l’insonnia, e forse qualcos'altro?
I personaggi descritti e le loro storie formano un intreccio molto articolato, è un romanzo da seguire con attenzione, ma che è sicuramente in grado di catturarla, un romanzo che incuriosisce.
Bello lo stile narrativo e la costruzione dei dialoghi, molto concreti e a servizio della storia, non superflui. Apprezzabile il ritmo del racconto, pregevole il modo in cui passa da un decennio all'altro, di capitolo in capitolo fino alla fine.
E’ l’unico libro che ho letto di questo autore e credo che ne leggerò sicuramente altri, mi piace molto il suo stile e la sua pulizia.
LA MEMORIA DI DORA
Si dice che solo l’uomo sia capace di tanta brutalità verso i suoi simili, così come solo l’uomo sia in grado di emozionare scrivendo. Modiano è sicuramente uno scrittore che sa emozionare e in questo romanzo scrive proprio di queste atroci brutalità, sicuramente l’abisso più profondo che l’uomo, se così si può definire, abbia raggiunto. Non farò un simposio sull’olocausto e sull’occupazione anche perché non sono un esperto, ma di questo è fatta la storia del libro.
Il libro è una ricerca, una analisi, una introspezione verso le origini, a capire eventi, circostanze motivazioni. Un elenco di vie, piazze, luoghi che sono stati e ormai non sono più. La ricerca continua analizzando ogni singolo documento, ogni singola pagina di un archivio, partendo da un semplice annuncio di giornale: genitori, che chiedono aiuto, che sono alla ricerca della figlia scomparsa, in seguito ad una fuga.
Fantastico a mio avviso il parallelismo che l’autore rivive nei luoghi che sono stati di Dora e che lui ha ripercorso negli anni, e che ha percorso suo padre. Come a voler dire eravamo tutti coinvolti, non si è trattato solo di una ragazza scomparsa che ha colpito l’interesse di Modiano, ma una tragedia di tutti, persone che scappano, persone che si perdono, persone che scompaiono o muoiono, insomma persone. Modiano parte da documenti e fa supposizioni, incrocia tempi, luoghi e possibili incontri di persone sconosciute con Dora che diventa quasi una di famiglia. Dora che cerca forse la libertà, cerca un sogno, ma non ci è dato saperlo è giusto che rimanga dentro di lei che tutto questo serva a ricordare ciò che troppo spesso ci auguriamo non accada mai più, e sempre troppo spesso si affaccia alle nostre finestre come una minaccia.
Romanzo di livello scritto da un autore di grande livello, ne consiglio la lettura anche solo per rispetto alla Memoria.
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UN MONDO, IN UN MONDO, IN UN MONDO……
In una qualunque città K, martoriata da una guerra qualsiasi, ci sono due gemelli che vivono le più grandi atrocità che la guerra e l’occupazione possano “offrire”. La freddezza e la piattezza dei personaggi, il punto di vista praticamente univoco dei due fratelli, rendono il romanzo abbastanza singolare e sicuramente originale sin dalle prime battute. Il punto di vista cambia continuamente fino alla fine del racconto, rendendo la storia ancora più interessante. La crudezza e la violenza alla quale i gemelli sono sottoposti è a tratti insopportabile, ma credo non troppo lontana dal vero. Si percepisce la sensazione che si può vivere dopo grandi lutti, grandi sofferenze, una sensazione di alienazione e di distacco dalla realtà, è un romanzo freddo e “aggressivo”, molto forte.
L’unione quasi simbiotica dei fratelli sembra quasi surreale da principio, ma il dolore e la violenza che devono vivere può giustificare questa vicinanza, quasi a volersi far forza l’un l’altro. La nonna che se ne prende cura è una figura altrettanto surreale, un iceberg arcigno e insensibile, almeno per quello che ci è dato sapere dal romanzo e quindi dal punto di vista utilizzato per raccontarlo. Ma certo si può trovare una “giustificazione” a tutto questo, c’è una guerra, si soffre e l’animo umano può deteriorarsi.
La stessa guerra trasforma una unione simbiotica in una dissociazione radicale e quasi schizofrenica, due vite separate a cercare due strade differenti verso la sopravvivenza. La storia si fa via via più articolata e meno lineare, si fa fatica a non essere travolti da una logica che è sempre sul filo del rasoio, si confondono realtà, immaginazione e credo anche malattia.
E’ sicuramente un libro da leggere, che lascia alquanto sconcertati, ma fa riflettere sulle ferite che possono essere inflitte alle menti e ai cuori di poveri bimbi costretti a vivere i drammi e le violenze delle guerre, di faide e tragedie famigliari. Non voglio entrare troppo negli avvenimenti raccontati in questo romanzo per non rischiare di rovinare il piacere della lettura, e per non fornire una chiave di lettura personale che potrebbe condizionare il vostro giudizio su questa opera. Posso solo dirvi che si fa fatica a staccarsi dalla lettura, almeno questa è stata la mia esperienza.
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La scrittura dell'anima
“Una luce è giusto uno spicchio di una storia”, la storia che racconta Baricco in questo piacevolissimo romanzo è composto di luci, suoni, “colori” che non colpiscono gli occhi ma l’anima. L’idea centrale del libro, intesa come contenuto, è a mio avviso originale, quanto meno per quello che conosco e che ho letto finora. Il romanzo sembra avere due ritmi distinti: uno un po’ più lento nella prima parte, nella quale Baricco ci propone una serie di evidenze, di dati di fatto, e uno più incalzante, quello che contiene l’idea, quello che tiene maggiormente attaccato il lettore al libro.
Il romanzo con la sua dualità di protagonisti ci mostra quanto possa essere forte e profonda la scrittura, quanto possa essere efficace nel “fotografare” o “dipingere” l’anima delle persone.
Spesso ci innamoriamo profondamente dei nostri scrittori, proprio perché loro ci offrono la loro parte più intima e personale. Per me potrebbe essere l’inizio di un nuovo “amore”, spero sia così per chi vorrò avvicinarsi a Baricco così come sto facendo io.
Scrivere l’anima, scrivere ciò che nessuno di noi sa di se stessi, scrivere non per fama ma per comunicare, per mettere in mostra la propria anima. La scrittura è la più intima forma di espressione, più intima e profonda della nudità dei nostri corpi. Scrivere significa toccare le corde più profonde del nostro cuore e trasmettere questa interiorità a chi ci legge.
Credo che Baricco abbia voluto dirci proprio questo, con la scrittura si possono raggiungere profondità e luoghi talmente nascondi del nostro inconscio da renderci più sensibili e consapevoli.
Questo è il primo libro che leggo di Baricco, ne ho apprezzato lo stile, la pulizia e la bravura nel condurre il lettore, senza ingannarlo, ma stupendolo.
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UN PUNTO DI VISTA
Il punto di vista può cambia una storia, in questo breve romanzo Murakami vuole porsi come osservatore neutro e sopra le parti quasi fosse un oggetto dotato di spirito di osservazione. Particolare questa scelta dell’autore che descrive le storie e gli incontri di diversi personaggi che in qualche modo concorrono insieme agli eventi raccontati. Tutto si svolge in una notte, una notte come tante nelle vite descritte, una notte nella quale un incontro casuale innesca una catena di eventi che porterà riflessioni e aperture. I personaggi del romanzo vivono in una realtà alienante e solitaria, nella notte che rende tutto un po’ “deforme” e vago e allo stesso tempo più vivo è vero. Il solito mix di sogno e realtà caratteristico dell’autore.
Il sonno le perdita di coscienza e uno stato sempre distaccato dalla realtà e allo stesso tempo molto reale e molto vivo. Le storie pregresse, appena accennate, ma molto chiare ed evidenti nei personaggi che sono molto vivi e concreti, molto reali, non comuni ma veri.
Un bel romanzo che consiglio di leggere, scritto con una tecnica apprezzabile e l’intreccio della trama, pur nella sua brevità, risulta molto piacevole. Come al solito Murakami lascia qualcosa di irrisolto e di “incompiuto” come se volesse invitare a pensare, lasciare libero sfogo all’immaginazione del lettore che può fantasticare sui destini dei personaggi.
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UNO SPECCHIO MULTIDIMENSIONALE
Una realtà a meta tra sogno e introspezione, come se la vita fosse uno specchio multidimensionale. Il romanzo è una storia tra le storie, difficile individuare cosa è reale e cosa è onirico, anche perché ritengo che i fatti realmente vissuti dal protagonista non siano poi così normali e consueti. I personaggi sembrano usciti dalla fantasia di un cantastorie, l’ambientazione e i luoghi sono a tratti vividi e a tratti evanescenti. Il protagonista vive tra: l’angoscia, della perdita e la ricerca, e l’interesse nel conoscere i vari personaggi, reali o immaginati che siano. Una ragazzina con la quale affronta discorsi surreali, storie nella storia appartenenti quasi ad una “realtà” introspettiva piuttosto che realmente accaduta.
Murakami introduce nella storia un pozzo che, nell'interpretazione dei sogni assume un significato introspettivo e di analisi dell’inconscio. Per vederla in un’ottica freudiana, il protagonista ritiene indispensabile scandagliare il proprio più intimo Es mettendo a tacere momentaneamente il proprio Io, alla ricerca di ciò che ha perduto nella vita e alla quale è molto attaccato.
Leggere questo libro è come vedere un film di Fellini, storie oniriche, simboliche e reali che conducono il lettore da una scena all'altra, la bravura di Murakami sta proprio nel riuscire mantenere il controllo di una storia non sempre lineare e semplice.
Il primo libro di Murakami che ho letto, inutile dire che mi ha colpito particolarmente e, come per “Norwegian Wood”, ho portato con me i suoi personaggi per giorni, mi hanno stimolato e interrogato. A distanza di qualche anno dalla lettura, non mi sento più “perseguitato”, ma un senso di piacere per questa opera e per il suo autore sono rimasti in me.
So che Murakami possa anche non piacere, difficilmente però lascia indifferenti.
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SEMPLICE DISTOPIA?
Amore e riflessione sono le parole chiave di questo meraviglioso romanzo, a distanza di anni dalla sua lettura ancora mi porto dietro il ricordo delle sensazioni che ho vissuto giorni dopo averlo finito. Inutile dire che, è uno dei miei libri preferiti, quelli che difficilmente dimentichi, quelli che ti fanno pensare. In questo la grandezza di Ishiguro: nel lasciare dentro un seme che cresce e fa pensare ai riferimenti alla nostra vita di ogni giorno, al grande significato che sta dietro questo romanzo e ai dubbi che ci lascia. Un romanzo distopico, alcuni quasi lo definisco fantascientifico, io lo definire al livello del filosofico, siamo proprio sicuri che sia così distopico?
Non vorrei entrare troppo nel merito della storia per non rovinare il gusto della lettura, il colpo allo stomaco che si prova nel momento della rivelazione, sempre che non si sia letto minimamente la trama, ma poco cambierebbe in merito agli spunti di riflessione che offre. Insomma una storia ben congeniata e ben scritta, come solo i grandi di questa arte sanno e possono fare. Un libro letto più di cinque anni fa che è ancora ben impresso per emozioni dentro di me.
La nostra società non ci dai poi tutta questa libertà ed alcune logiche che ci regolano sembrano a volte più distopiche di questo romanzo, le aberrazioni che spesso viviamo ogni giorno ci sembrano ormai una consuetudine, la normalità, e questo vi fa sentire liberi?
Consiglio assolutamente la lettura di questo libro, eccezionale e imperdibile.
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UN VENTAGLIO DI EMOZIONI
“Per l’arte della memoria con cui ha evocato i più inafferrabili destini umani….” Questa è una parte della motivazione con la quale l’Accademia di Svezia ha insignito Modiano del premio Nobel. Non è mia intenzione discutere di questo, ma partire da questo frammento di motivazione per parlare di questo libro che mi ha particolarmente colpito per stile e pulizia. La storia, costruita raccontando diversi punti di vista, è proprio incentrata sulla memoria raccontata a regola d’arte, una memoria che parla esclusivamente di destini umani, e di quando possa essere complicato conoscere intimamente anche le persone più vicine. E’ un racconto intenso, ma scritto in maniera essenziale e raffinata.
Un esplicito rimando alla teoria dell’Eterno Ritorno di Nietzsche per la quale il destino umano è intrappolato in un ciclo a causa della propria storia personale che ne impedisce ogni cambiamento e quindi progresso, solo rompendo questo ciclo, e quindi dando un taglio al proprio passato, è possibile il progresso.
Favolosa mi è risultata l’ambientazione e l’atmosfera bohèmien della Parigi dei caffè e dei bistrot, dei locali in cui lasciarsi andare senza vincoli. Un romanzo di vita, romantico senza sdolcinature, senza troppi orpelli, usati troppo spesso per riempire pagine inutili che appesantiscono la storia e non fanno altro che annoiare.
Modiano ha una “penna” eccezionale e la sua classe e maestria mi rimandano allo stile realistico ed essenziale della Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard in “Questa è la mia vita”. Louki (Jacquelin) è un personaggio di cui non si può fare altro che innamorarsi, sfuggente e misteriosa e allo stesso punto fragile e indifesa. Eterea e quasi evanescente, quasi come fosse sospesa fra due mondi che raramente comunicano.
Credo sia un libro eccezionale, a prescindere dal fatto che l’autore sia anche un premio Nobel. Consiglio la lettura a chiunque, soprattutto a chi ha voglia di essenzialità e pulizia, al giorno d’oggi, caratteristiche non comuni e per nulla scontate. Libro intenso nelle sue poche pagine che lasciano un senso di Bellezza. I personaggi di questo romanzo mi accompagnano ormai come fossero miei amici, non è questo il massimo che uno scrittore possa fare?
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ARTE E TRADIZIONE CRIMINALE
E’ possibile considerare il crimine e la violenza una forma d’arte e una tradizione da tramandare?
A quanto pare leggendo questo libro il messaggio di fondo è proprio questo. A cavallo tra biografia e romanzo questo libro racconta la vita di un ragazzo siberiano e del suo “clan” all’interno di una comunità criminale siberiana. La violenza e la crudeltà è ampiamente descritta in combattimenti, imboscate e risse. L’autore utilizza un linguaggio semplice e crudo per descrivere quello che, a detta sua, è la sua storia, dall’infanzia alla post adolescenza.
La bravura dell’autore sta nel descrivere la tradizione criminale siberiana, l’odio e la ribellione contro l’ordine costituito e di presentarla quasi come un atteggiamento necessario, indispensabile da non condannare, ovviamente non approvo nessuna forma di violenza, ma il fatto che riesca a far riflettere è, a mio avviso, lodevole.
La cultura e il simbolismo dietro i tatuaggi siberiani sono a mio avviso affascinanti e lo scrittore riesce bene a trasmettere tutto il loro mistero e fascino. Nel libro: “Storie sulla pelle” approfondisce l’argomento raccontando storie in cui il protagonista si avvicina all’arte del tatuaggio siberiano diventando tatuatore a sua volta.
Interessante, in Educazione siberiana, la cultura e la tradizione che viene raccontata, bravo a mio avviso l’autore nel descrivere scene di vita quotidiana e tradizioni di questo popolo a me sconosciuto.
Un libro da leggere a mio avviso nonostante la sua crudezza e la possibilità che racconti fatti inventanti o semplicemente ispirati a racconti sentiti dallo scrittore.
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Un altro Murakami
Murakami è l’enigma per eccellenza, quello che ti aspetti avvenga e in realtà non avviene. Un autore sicuramente non facile, per questo lo si ama o non lo si capisce. Norwegian Wood è sicuramente uno dei libri meno onirici dell’autore, ma non per questo più semplice. Una storia tormentata scritta quasi in toni autobiografici: l’amore tormentato, l’amore impossibile e l’amore più naturale quello che non consideri molto, che tieni un po’ di scorta. In questo romanzo sono toccati diversi aspetti di una vita che non elenco per non rovinare il gusto della lettura, ma che sono tutti importanti e fortunatamente non sempre presenti nelle vite di ogni giorno. La scrittura di Murakami è sicuramente complessa, mi piacerebbe capire come suonerebbe in lingua originale, magari alcuni concetti risulterebbero più fluidi, si sa con le traduzioni molte sfumature della lingua originale si perdono o vengono rese più complesse.
E poi c’è da contestualizzare la sua opera alla cultura e al modo di pensare giapponese, qui si aprirebbe un mondo, completamente differente da quello che conosciamo noi.
Attenzione però, Murakami, a detta di molti è lo scrittore meno giapponese fra i giapponesi, e questo lo rende forse unico nel suo genere e per questo discusso.
La storia a mio avviso è ben congeniata e fa trasparire bene l’angoscia e l’indecisione di questo ragazzo che si è trovato a vivere sentimenti contrastanti e tormentati e li sta raccontando a noi, a distanza di anni, stimolato all’improvviso da una canzone, Norwegian Wood appunto.
Un flashback talmente vivo e ben descritto che pare presente, le sensazioni dei giorni di pioggia, la tristezza e l’angoscia dei viaggi fatti dal protagonista, l’amore in ogni sua forma.
Un libro sicuramente diverso da altri dello stesso autore, come “L’uccello che girava le viti del mondo” assolutamente onirico e estremamente più articolato. Il tema però che credo sia abbastanza ricorrente è la ricerca di se stessi nonostante le avversità della vita.
Un libro che consiglio di leggere, non posso dire che troverà tutti d’accordo, Murakami è … Murakami, ed è forse questa la sua principale caratteristica. Non è importante che se ne parli bene o se ne parli male, l’importante e parlarne.
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Voglia di Napoli e di napoletanità
Una vita vera, dall'infanzia all'adolescenza in pochissime pagine. Talmente incisivo e entusiasmante il modo di scrivere che non serve altro a creare questo “universo”. De Luca è un poeta, un “pittore”, un “fotografo”, un “compositore”, tutto questo racchiuso nel suo essere scrittore. La sua bravura è indubbia ed indiscutibile, tocca le corde più intime e sensibili del nostro essere, con semplici “fotografie” o “dipinti” appena descritte, ma con estrema maestria.
Speciale la storia raccontata, non smielata, non romanzata, non finta, non fantasiosa, ma reale, vivida e concreta a tal punto che sembra di leggere di persone che hai conosciuto e di esperienze che hai vissuto.
Ho scoperto da poco questo autore e me ne sono innamorato e come in “non ora, non qui” sono rimasto rapito da queste poesie senza versi e senza rime.
La presenza delle figure guida nella storia è fondamentale, insegnano a questo ragazzino le basi per passare all'età adulta. La storia d’amore, anch'essa non condita troppo, ma profonda e naturale. Maria è l’esempio di forza e coraggio, incentivo a rialzare sempre la testa, anche se si è toccato il fondo, anche dopo tanto schifo, l’amore e la voglia di essere famiglia soprattutto nei momenti peggiori.
Mi sembra di vedere i vicoletti, le stradine, le botteghe, il pizzaiolo della pizza più buona del mondo servire i due ragazzi, mi sembra di essere li di vivere l’aria di Napoli e la brezza del mare che arriva sui terrazzi. Sento la melodia del dialetto napoletano, e il loro smisurato senso di appartenenza alla loro terra, la sensazione del “cornicione” della favolosa pizza napoletana accarezzarmi il palato, e tutto questo senza mai esserci stato.
Un libro imperdibile che resterà nella mia memoria per sempre.
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Poesia senza versi
Un poesia senza versi. Lo stile di de Luca in questo libro è a mio parere favoloso, la scelta dei singoli termini e della composizione del testo è quanto di più simile ad un componimento musicale, armonioso, equilibrato, dolce. La storia narrata è una sorta di lettera aperta alla madre che fa trasparire episodio significativi della giovinezza dell'autore. Bella la scelta di usare la fotografia a supporto della storia.
Meravigliosa l'idea di sovrapporre l'età della madre a quella dell'autore da ragazzo, fino ad arrivare al punto che l'autore ha più anni della madre in fotografia. Quasi a voler stabilire, tramite la fotografia, un dialogo fra madre e figlio, che diversamente non potrebbe più esistere. Un tentativo di dimostrare alla mamma cosa è diventato il figlio.
Il testo è a tratti per me evocativo, nonostante la differenza di anni che c'è tra me (il lettore) e de Luca, è stato capace di far riaffiorare in me svariati ricordi della mia infanzia, risvegliando in parte le sensazioni, o almeno il ricordo di esse, nel viverle.
Un testo da non perdere, si può leggere tutto d'un fiato, ma attenzione a pensare che sia semplice e banale, richiede, a mio avviso, una buona dose di partecipazione e attenzione.
Un grande libri di uno dei migliori scrittori italiani contemporanei.
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