Opinione scritta da ferrucciodemagistris
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Spirito dionisiaco
I campus universitari americani sono l’ambizione di molti giovani statunitensi e non. Ci sono poi i campus famosi per antonomasia dove l’accesso è difficoltoso in quanto richiede una rigida selezione. Il romanzo della Tartt descrive le vicissitudini in un esclusivo e raffinato campus del Vermont da parte di un gruppo formato da cinque ragazzi, provenienti da famiglie benestanti, ai quali si associa, in maniera non immediata, uno studente californiano di modeste origini. Il gruppo di studenti, che sono iscritti a un particolare corso sulla lingua e letteratura greca antica, costituisce l’elite dell’ateneo e hanno come mentore un eccentrico professore di greco antico, che insegna al di fuori delle regole accademiche stereotipate incoraggiando la libertà di espressione in tutti i suoi aspetti.
La descrizione di ogni studente, costituente la cerchia ristretta ammessa alla frequenza di tale corso, è dettagliata con dovizia di particolari caratteriali. Lo studio profondo della letteratura classica greca va, quindi, al di là dei libri di testo e abbraccia eccessi e illusioni, quale risultanza di quella libertà di espressione sponsorizzata dal mentore, che comportano una vita che si dissocia dalla realtà e cerca di insinuarsi nei miti di cui la cultura classica è ricca.
Ma questo atteggiamento di vita fuori dagli schemi nasconde malsani segreti all’interno del gruppo i cui componenti vivono in maniera simbiotica e in dipendenza psicologica uno dall’altro. Questa pseudo-amicizia si innalza sempre di più verso i sentieri scoscesi e tortuosi dell’anima fino ad arrivare a conseguenze estreme…
Un romanzo, non da definire “giallo” bensì “tragico”, che ci fa ricordare come genio e sregolatezza siano quasi sempre collegati in modo deleterio.
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Drammatiche circostanze
Premetto che quando mi accingo a leggere opere scritte dai cosiddetti “pilastri” della letteratura internazionale, le mie aspettative sono molto alte; Wolfang Goethe è la conferma.
A similitudine di quanto avviene nella disciplina chimica riguardo ad alcune sostanze che poste in contatto tra di loro subiscono una compenetrazione molecolare con influenza reciproca, anche nelle persone esiste una chimica mentale e spirituale tale da far nascere particolari passioni e sentimenti a cui è difficile resistere; secondo l’autore sono queste chiamate “le affinità elettive”.
Il romanzo narra, all’apparenza, una semplice vicenda: una coppia di coniugi maturi, Edoardo e Carlotta, che hanno entrambi un passato difficile, dedicano la loro esistenza alla cura della loro tenuta in campagna. Tutto procede tranquillamente fino a quando Edoardo decide di ospitare un amico – il Capitano – caduto in disgrazia e in cerca di sistemazione. La nuova situazione con l’arrivo del terzo “elemento”, appunto il Capitano amico di Edoardo, fa intuire a Carlotta la possibilità che questi possa diventare un pericoloso ostacolo per il rapporto con il marito. D’altro canto anche Carlotta deve risolvere un problema inerente una sua nipote orfana, Ottilia, che vive in un facoltoso collegio non consono al carattere troppo introverso della giovane; per questo motivo Carlotta decide di invitare la nipote nella tenuta di campagna.
Di conseguenza vivono insieme Edoardo con la moglie Carlotta, la nipote orfana, Ottilia, di quest’ultima e, infine, l’amico di Edoardo, il Capitano. Tali decisioni innescano le famose affinità elettive che determinano la passione di Edoardo per la giovane Ottilia da una parte, e dall’altra l’incontro passionale tra Carlotta e il Capitano…le risultanze di tale circostanza saranno drammatiche…
A differenza del normale innamoramento, le affinità elettive hanno una forza immensa, che sfugge alla razionalità, poiché stabilisce una totale sintonia o simbiosi tra le persone interessate; il raziocinio si annichilisce e prevale quel sentimento viscerale inconscio che quasi sempre produce disastri affettivi.
Un romanzo di profonda riflessione che va al di là della semplice storia d’amore, ma scava nell’animo umano scoprendo sensazioni celate di cui, in maniera consapevole, non vorremmo essere partecipi.
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L'ossessione dell'attesa
Ho letto questo romanzo due volte; la prima in età da giovane adulto, la seconda in quest’anno pochi mesi fa. Devo dire, come spesso mi capita con i romanzi-classici, che ho apprezzato molto il capolavoro di Buzzati, in seconda lettura; forse perché mi sono immedesimato nel contesto della storia.
Il protagonista è Giovanni Drogo, un giovane tenente di prima nomina inviato in servizio presso un avamposto ubicato ai confini del territorio di una nazione, non meglio identificata, ma potrebbe essere, a mio parere, l’impero austro-ungarico dell’800, chiamato Fortezza Bastiani; tale fortezza è abbarbicata su un’impervia montagna per il controllo del territorio nemico che si estende su una sconfinata pianura incolta e pietrosa. Giovanni Drogo si rende subito conto dell’atmosfera vigente nella fortezza e della ferrea disciplina cui sono sottoposti tutti i militari del battaglione che hanno il compito costante di sorvegliare al di là del confine in attesa di un possibile attacco da parte del nemico tartaro; egli è convinto di trascorrere solo un breve periodo in quel luogo desolato e quasi dimenticato, e ritornare, quanto prima, alla vita della città da dove proviene. Passa il tempo in maniera inesorabile e Drogo riesce a ottenere una breve licenza per rientrare nella sua città di origine; si accorge, però, che la sua identità non è più idonea ai ritmi del passato e, quindi, prova un forte senso di disagio e un allontanamento dalla vita di routine cittadina e dalle persone. Cos’è dunque successo? In pratica è stato contagiato dal “mal di fortezza”, nel senso che ormai alberga nel suo animo la precipua convinzione che i tartari arriveranno e la difesa della fortezza e del territorio sarà un tributo di gloria per il quale vuole essere presente.
Tale anelito di gloria si trasforma ben presto in un’ossessione; quindi passano parecchi anni sempre nell’attesa di un imminente attacco da parte dei nemici tartari; nel frattempo il battaglione in difesa della fortezza si riduce in modo drastico; i colleghi muoiono oppure sono congedati ma non vengono avvicendati. Giovanni Drogo, che intanto è stato promosso maggiore, rimane attaccato alla fortezza e la sua unica ragione di vita è, ormai, l’attesa del nemico. In un clima surreale trascorre gli ultimi anni di vita fino a quando, finalmente, arrivano i Tartari…la gloria tanto aspettata e desiderata è vicina ma purtroppo…
La narrazione, il contesto e gli eventi, riescono a scrutare l’animo umano fino ai meandri più reconditi; in particolari circostanze l’uomo si “adatta” a qualsiasi situazione; cambia la sua visione del mondo immanente e diventa “schiavo” dei propri ideali di cui è convinto fino all’estremo sacrificio.
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Un'ombra incombente dal passato
L’ambientazione del romanzo ha luogo tra Montecarlo, solo all’inizio, e la Cornovaglia, per la rimanente gran parte della vicenda. La protagonista è una giovane e modesta “signorina” di 21 anni che vive facendo da dama di compagnia per una non certo simpatica signora che la tratta in malo modo trovando mille occasioni per umiliarla a causa di qualsivoglia motivo. Il caso vuole che, nel contesto monegasco, la protagonista riesca a conoscere un ricco e giovane vedovo, Maxim de Winter, il quale le chiede di sposarlo e di trasferirsi nella sua magione di Manderley in Cornovaglia.
Tutto sembra procedere secondo le migliori tradizioni riguardanti la famosa favola della sventurata che il destino vuole incontri un uomo ricco e la faccia vivere negli agi e nella prosperità. Ma non appena la giovane donna entra a far parte della famiglia de Winter, e inizia a vivere e frequentare la grandiosa magione del marito Maxim, ecco che inizia l’ossessione per la defunta prima moglie Rebecca. Tutta la vita diuturna si svolge come se l’ombra della stessa Rebecca fosse sempre presente, poiché, a cominciare dalla austera e inquietante governante, la signora Denvers, tutti coloro che collaborano all’amministrazione della splendida dimora, ricordano costantemente, e con estremo rispetto, la prima signora de Winter come se non fosse mai morta.
Per la novella seconda moglie iniziano gli incubi e le sofferenze, provocate ad arte dalla imperscrutabile governante, che le rendono la vita impossibile. Si rende subito conto che non può minimamente fronteggiare l’algido carisma della sua predecessora e, di conseguenza, la sua mente si avvita addentrandosi in una specie di nevrosi. Ma come mai succede tutto questo? È un segreto ben custodito di cui il lettore potrà rendersene conto sfogliando le pagine del libro fino alla fine e che riserva diversi “coups de théatre”.
Da questo romanzo sono stati tratti diversi film e serie televisive, tra cui quello famoso del 1940 diretto da Alfred Hitchcock.
Una peculiarità: il nome della protagonista non viene mai menzionato nella narrazione.
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Ironia della psicoanalisi
La prima “anomalia” che si nota quando ci si accinge a leggere questo romanzo, è la particolarità e originalità dello stile narrativo: in pratica non esiste punteggiature e il tutto procede come un flusso di parole senza soluzione di continuità.
La vicenda è narrata in prima persona; il protagonista è uno sceneggiatore che in seguito alla morte del padre, malato di tumore, entra in una fase di depressione acuta che sconvolge la sua vita affettiva e lo induce alla sindrome ipocondriaca. E’ ossessionato dalle malattie, tra cui le neoplasie, che lo portano a continui controlli medici senza che gli stessi riescano a trovare e diagnosticare alcun segno di malore e malanni; quindi il risultato è una salute perfetta.
Ecco, allora, interiorizzarsi il famoso “male oscuro”, un male non fisico ma ancor più subdolo in quanto devasta l’anima. La decisione di intraprendere un percorso psicoanalitico fa scorgere al protagonista l’ombra del mal di vivere che ha come base il senso di colpa e il rimorso inerenti accadimenti e vicissitudini creati dal suo inconscio.
La lettura scorre veloce, quasi a perdifiato, in maniera, a volte grottesca, e con frequenti sfumature ironiche; la terapia psicoanalitica mette in luce un forte senso della morale, instauratosi fin dall’adolescenza, che è una delle cause degli attuali malori dell’anima scatenati dall’evento traumatico della morte paterna.
Il romanzo è stato scritto e pubblicato mezzo secolo fa, nel 1964, ma penso che possa ancora essere di estrema attualità.
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Ingiustizia nelle riserve indiane
La vicenda ha luogo in una riserva indiana del North Dakota nel 1988; la narrazione, fatta in prima persona da Joe, un ragazzo tredicenne appartenente agli indiani nativi del gruppo tribale "chippewa", figlio di Geraldine la quale è vittima di un aggressione sessuale e viene poi cosparsa di benzina nel tentativo di bruciarla viva; la donna, comunque, riesce a fuggire e, con l’adrenalina in corpo, riesce a tornare a casa ma rimane attonita e non riesce a parlare a causa del forte shock subito.
L’aggressione a Geraldine è avvenuta nella cosiddetta “casa tonda”, il luogo dove i nativi della riserva praticavano in segreto i riti e la celebrazioni della loro religione, la cui ubicazione è al confine della riserva. Alle indagini partecipano sia la polizia dello Stato, sia la locale polizia tribale; ma nasce subito un conflitto di competenze a causa della giurisdizione e alle leggi vigenti a sfavore della comunità indiana per la quale non è possibile procedere contro lo stupratore qualora bianco; d’altra parte, trovandosi la “casa tonda” in territorio tribale, non sarà neanche possibile l’azione da parte della polizia statale. Questa situazione induce l’adolescente Joe a indagare per conto proprio fino a raggiungere a una soluzione del misfatto.
Il romanzo è un giallo “sui generis”; l’autrice vuole portare alla luce ciò che accadeva nelle riserve dei nativi americani fino a qualche anno fa, e la brama di giustizia che infiammava gli animi di tali persone. Quindi, soprattutto, un romanzo-denuncia relativo a quel particolare contesto.
Interessante anche quanto scritto nella post-fazione in relazione al fatto che, nonostante gli accadimenti narrati risalgano al 1988, evidenzia il garbuglio di leggi che tuttora ostacola l’azione penale nei casi di stupro che avvengono in molte riserve indiane.; una donna indiana su tre subisce violenza sessuale e l’86% degli stupri sono perpetrati da non-indiani dei quali solo alcuni di essi sono perseguiti penalmente.
Da leggere per conoscere una realtà spesso ignorata e poco pubblicizzata dai media.
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"Uomini contro"
La narrazione è basata sulle memorie dello stesso autore inerenti la vita di trincea durante la Prima Guerra Mondiale, in particolare nell’anno che abbraccia il periodo tra Marzo 1916 e¬ Luglio 1917 sull’altipiano di Asiago.
In questo libro vengono raccontati degli episodi di guerra realmente accaduti a quei soldati facenti parte della Brigata Sassari inviati al fronte per mantenere una posizione e contrastare il nemico. L’orrore della guerra, delle battaglie e delle scaramucce si manifesta, in primis, nell’inefficienza del vettovagliamento, nella scarsa preparazione dei giovani ufficiali di complemento e nel fanatismo e ottusità di alcuni generali che non esitavano a sacrificare in modo spregiudicato e cinico i propri uomini pur di ottenere la personale gloria applicando il codice militare di guerra in maniera arbitraria che genera “mostri” e morte.
Da evidenziare l’applicazione della "decimazione" per punire gli atti di codardia di un reparto durante il combattimento in presenza del nemico (l’assalto alla baionetta): un soldato fucilato ogni dieci.
La guerra di trincea sfibra i fisici più robusti e annichilisce la mente; in ogni momento si rimane in attesa della famigerata distribuzione del cognac, preludio di un combattimento contro le mitraglie nemiche e del corpo a corpo. L’assalto è il momento più tragico della guerra, al cui confronto le sofferenze della trincea diventano trascurabili; si tratta di una manciata di minuti in cui il significato di “morte certa” permea l’anima del soldato in maniera fulminea e con devastante rassegnazione.
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Realtà trascendente
Essendo un appassionato di fisica e astronomia, ho letto con piacere questo libro divulgativo, del grande fisico e matematico Antonino Zichichi, per approfondire l'argomento sull'infinito; l’autore, con parole semplici e narrazione di aneddoti curiosi e divertenti, riesce a trascinare il lettore alle soglie di una disciplina che esige profondo studio matematico ma anche la conoscenza di un certo pensiero filosofico. All’uopo mi è gradito aggiungere una mia personale riflessione in merito che scaturisce dalla lettura del libro e si collega al pensiero filosofico sull’argomento.
Infatti, secondo Niccolò Cusano, filosofo, matematico e teologo tedesco del XV secolo, l’uomo può conoscere solo ciò che è “finito”, procedendo da ciò che è già noto a ciò che ancora non lo è. Sempre lo stesso filosofo afferma che possiamo avvicinarci a comprendere l’infinito, da lui paragonato in qualche modo all’essenza di Dio o, se vogliamo, a un’entità superiore imparagonabile con qualsiasi nostro concetto, per mezzo di immagini e congetture; possiamo, per esempio, immaginare la conoscenza umana quale risultanza di un poligono inscritto in un cerchio (che rappresenterebbe la verità da conoscere); possiamo, quindi, aumentare/moltiplicare, quante volte desideriamo, i lati del poligono avvicinandolo sempre di più alla circonferenza; ma, per quanti tentativi volessimo effettuare, non riusciremmo a ottenere la sovrapposizione totale del poligono alla circonferenza e cioè la perfetta coincidenza; il poligono rimarrà comunque tale, indirizzato alle conoscenze umane e finite. Partendo da questo presupposto, è auspicabile che con l’esercizio della ragione si possa sempre di più avvicinare al concetto di infinito, pur nella attuale consapevolezza dei limiti imposti dalla stessa. In maniera del tutto teorica si può infine ipotizzare che il continuo esercizio del ragionamento conduca a un’evoluzione e a un perfezionamento dello stesso, al fine, ritornando a Cusano, di arrivare quanto più vicino possibile a una identificazione del poligono con la circonferenza.
Più lati si aggiungono al poligono, più ci si avvicina alla conoscenza trascendentale; al momento, e forse ancora per secoli o millenni, i lati sono, ovviamente, insufficienti, ma con l’esercizio della nostra mente potremmo sperare a un aumento del numero dei lati e quindi alla comprensione di più cose; molto probabilmente non arriveremo mai al numero di lati infinito, ma tentare di " amplificarne " il numero potrebbe essere la via che conduce nel luogo dove, per il momento, non osiamo neanche menzionare...
è affascinante il sol pensare quello che la nostra mente possa realizzare: l'immanente e il trascendente possono avere molti punti in comune quando si applica la pura matematica; un percorso mentale che riesce a condurci al di là delle cose "finite" esistenti nel mondo che noi conosciamo, o meglio, che i nostri sensi percepiscono.
Il confine tra scienza e filosofia è, a volte, molto labile.
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Quando la morte viene invocata
La letteratura sull’olocausto è vastissima; e io dico: per fortuna. Nel senso che non esiste altra forma di umana consolazione che poter testimoniare e raccontare ciò che appare inconcepibile e difficilmente descrivibile. L’impulso che spinge Primo Levi a scrivere questo libro-verità, nasce, appunto, dal bisogno di narrare e far conoscere l’inferno vissuto in terra nel campo di sterminio di Auschwitz.
L’autore vive una normale vita di studente fino al 1938, anno delle famigerate leggi razziali, per poi continuare gli studi e laurearsi in Chimica. Viene quindi deportato nel febbraio 1944 nel lager di Auschwitz e rimane per un anno fino alla liberazione da parte dei reparti russi; egli condivide insieme agli altri deportati le atroci sofferenze, e gli atti di inumanità perpetrati costantemente dai suoi aguzzini. La morte è sempre presente e pronta a prevaricare in qualsivoglia circostanza, per decisioni arbitrarie, per pura coincidenza.
Primo Levi sa benissimo di essere stato “fortunato” per quell’internamento che avviene in un periodo in cui, a causa della carenza di manodopera, i nazisti avevano deciso di allungare la vita di alcuni deportati per poterli sfruttare nel lavoro; infatti, l’essere un chimico gli consente di venir utilizzato nella fabbrica di gomma interna al lager. In tale orrendo contesto, di annichilimento dell’anima e di ogni forma di pietà umana, nasce e si consolida in Levi la brama e l’anelito in una letteratura di testimonianza da parte di chi è sopravvissuto che consiste non solo nel narrare, ma, principalmente, di essere ascoltato e creduto in quanto tutto ciò che ha vissuto si spinge al di là della comprensione umana.
Quindi un libro-verità sconvolgente, agghiacciante, terrificante, da leggere per non dimenticare quello che l’essere umano è riuscito a commettere e a subire.
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Crudo
Toscana; Piombino con lo sfondo delle acciaierie Lucchini, un tempo funzionanti alla massima potenza di lavorazione, attualmente ridotte a un unico altoforno; siamo nel 2001 e la vita delle persone che gravitano intorno alla “famigerata” industria dell’acciaio, è scandita da una routine che martella l’anima. Le case delle famiglie degli operai sono, per la maggior parte, ubicate nella via Stalingrado, nome che ha retaggi in un passato di immediata e facile comprensione.
In questa non certo idilliaca cornice hanno luogo le vicissitudini e gli accadimenti due adolescenti appena quattordicenni, Anna e Francesca, che cercano di sopravvivere ed evadere, a volte solo guardando il braccio di mare che le separa dall’Isola d’Elba e fantasticando su un altro tipo di mondo, dal degrado ambientale e sociale e dalla promiscuità che permea i casermoni-abitazioni di via Stalingrado.
In una vita fatta di stenti, nascono e crescono sogni irrealizzabili; castelli di sabbia che ben presto vengono disintegrati dalla metaforica marea scura insita nell’altoforno che, oltre all’acciaio e ai suoi fumi venefici, miete vittime, miserie umane, e disperazione.
Linguaggio crudo infarcito di frasi di gergo e lessico grezzo, descrivono l'altra faccia di un contesto reale spesso dimenticato da turisti distratti. Un romanzo che trasuda amarezza e lascia molti interrogativi.
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L'occhio di Osiride
La vicenda ha luogo nella Londra della prima decade del 1900; un famoso egittologo, John Bellingham, scompare, misteriosamente, tempo dopo aver fatto testamento a favore del fratello Geoffrey e del cugino Hurst; ma il testamento, redatto dal notaio di fiducia, contiene alcune clausole tali da non permettere immediatamente l’esecuzione testamentaria. Alla faccenda sono chiamati a interessarsi un medico legale, un suo assistente, dottor Berkeley, che avrà un posizione di ampio rilievo in tutta la narrazione, e altri personaggi tra cui il responsabile del British Museum e le stesse mummie, manufatti e idoli conservati nella sezione “Egitto” del museo stesso.
Dalla lettura, a parer mio molto scorrevole, si evince come anche in quel periodo storico, nel quale la scienza, le tecniche e la patologia forense erano agli albori, l’acume, l’impegno e la passione di alcune persone è di precipuo fondamento per addivenire a una plausibile soluzione.
I passaggi investigativi sono molteplici e legati tra loro da una sequenza razionale e innovativa. Lo stesso “Occhio di Osiride”, simbolo magico e importante per gli antichi egizi, agisce in maniera complementare a tutta l’investigazione.
In definitiva un giallo-classico che ho letto con piacere.
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Un'altra visione del mondo immanente
Ho iniziato questo romanzo con poche aspettative, ma mi sono dovuto ricredere...eccome! un romanzo con canoni di lettura e narrazione al di là degli stereotipi di qualsivoglia genere...
Dal nord Europa tre giovani Signori, per la precisione, uno scultore, un principe e un ricco commerciante, scendono in Italia a Napoli alla fine del ‘700, al fine di incontrare un celebre guantaio, dimorante nel quartiere di Santa Lucia insieme alla sue due figlie che celano qualcosa di inquietante. La narrazione si svolge in maniera tale che il lettore riesce facilmente a immedesimarsi in quell’atmosfera napoletana, in quel dato momento storico, infarcita di inganni, eccesso di formalismo e barocchismo, misteri, storie sotterranee legate ad altrettante città sotterranee, spiriti di morti che vanno e vengono, realtà che si traducono in fantasie e viceversa; menzogne ben articolate poi verificatesi mezze verità...ma anche magie, negromanzia, mondo dell'aldilà che si interseca con il mondo apparentemente reale; tutto ciò fa quasi perdere il senno ai Signori del nord Europa che, scesi per affari, si ritrovano a fronteggiare una realtà sfuggente e, immersa in questa, una delle figlie del guantaio: la conturbante, misteriosa, bellissima e “muta” Elmina...e poi questo "cardillo" che si trasforma in tanti altri personaggi forse mai esistiti o forse apparsi per brevi e/o lunghi periodi; una continua sorpresa di evoluzione narrativa che il lettore non dà assolutamente per scontato...
Un romanzo “sui generis”che ci indica un’altra possibile visione del mondo e come noi lo percepiamo.
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Immaginazione in un mondo surreale
Nella mia lunga vita di lettore, dall’adolescenza alla attuale maturità, non avevo mai preso in considerazione la letteratura giapponese e i suoi romanzi; intendo dire che tale tipo di letteratura non è mai stata nei miei pensieri o, ancora meglio, ha subito una sorta di rimozione non spiegabile al sottoscritto in maniera razionale. Forse , è una possibilità, il mio Es ha valutato quel tipo di cultura troppo distante dagli stereotipi occidentali e, di conseguenza, ho perso del tempo prezioso, e arricchimento interiore, prima di accingermi alla lettura del mio primo romanzo giapponese nella fattispecie di Haruki Murakani.
La conferma di aver perso tempo e arricchimento culturale l’ho avuto, appunto, leggendo, con un certo scetticismo iniziale, “1Q84” (libro 1 e 2).
Un romanzo che mi ha colpito profondamente; uno stile narrativo decisamente originale e dissimile da altri generi di romanzo finora da me letti. La storia di due personaggi, Aomame e Tengo, che hanno vicissitudini completamente diverse. Aomame è una spietata killer che porta avanti la sua visione nella vendetta su coloro che commettono violenza sulle donne; Tengo, invece, è un ghost writer che si accinge a riscrivere un libro particolare e inquietante. Entrambi non riescono a rincontrarsi ma percepiscono, in qualche modo, la presenza l'uno dell'altra; un intreccio armonico di realtà, fantasia, sogno, immaginazione che, a similitudine della trama e dell’ordito, si incontrano in un mondo alternativo creato, e quindi poi vissuto, dal proprio pensiero; la storia appare surreale ma affascinante; la metafisica, intrinseca nella narrazione, regna sovrana fino a far osservare ai due protagonisti una seconda luna nel cielo.
Molti sono i punti interrogativi che non hanno ancora risposta...forse la soluzione ai tanti interrogativi nel seguito del libro (1Q84 - libro 3).
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Una Cattedrale fantastica
Appena mi sono accostato alla lettura di questo romanzo ho subito avuto un attimo di esitazione…oltre 1.000 pagine! Certo mi piacciono i classici dell’ottocento, in particolare la letterature russa, ma, appunto, un classico , a parer mio, merita di poter dedicare tutto il tempo necessario alla sua lettura; quindi, di primo acchito non mi pareva il caso di affrontare un romanzo “contemporaneo” ancorché scritto dal famoso Ken Follett. Poi ho valutato di tentarne l’approccio e immediatamente me sono stato assorbito in maniera avvolgente e affascinante. Una narrazione magistrale, tra realtà e fantasia, che ha luogo nell’Inghilterra del XII secolo; il romanzo ha come punto focale la cattedrale di Kingsbridge - località immaginaria nella contea di Wiltshire in Inghilterra – e la narrazione si dipana tra diversi e variegati personaggi, molti di fantasia e alcuni realmente esistiti, tra monasteri e castelli, tra la vita, gli usi e i costumi di quella popolazione in quel determinato contesto storico; si narra di intrighi, ingiustizie, amori non corrisposti, avidità, crudeltà e corruzione, gente ricca e di casato altisonante e gente che vive di stenti ma fiera e dignitosa; il clero è parte fondante delle varie e molteplici vicissitudini e accadimenti, con i propri abati, priori, monaci, vescovi; si intrecciano i signorotti locali con i propri armigeri, servitori, confidenti e…ruffiani; il tutto indirizzato alla smania di potere e alla realizzazione dei più audaci desideri.
La lettura attenta e costruttiva ha avuto l’effetto di farmi immedesimare come parte attiva nella laboriosa costruzione della Cattedrale di Kingsbridge:
..."la cattedrale di Kingsbridge…uno spettacolo che toglieva il respiro…la navata centrale era altissima, sostenuta da una fila di armoniosi contrafforti volanti. La facciata aveva tre grandi portali giganteschi, sovrastati da file di finestre ad arco acuto, ed era fiancheggiata da torri slanciate..."...ecco! proprio senza respiro...non avrei altre parole adeguate di commento se non quelle che indirizzano alla meraviglia, all'armonia, e al trasporto mentale in quell'epoca!...
"La navata centrale seguiva lo stile dei transetti, ma il costruttore aveva affinato il disegno, aveva reso ancora più snelle le colonne e più grandi le finestre…aveva sentito parlare dei vetri colorati…si era chiesto come mai tutti vi attribuivano tanta importanza, perché immaginava che una finestra colorata non fosse molto diversa da un arazzo o da un dipinto..."...
Insomma un romanzo storico-fantasioso degno della penna e perspicacia di Ken Follett.
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Atrocità rimosse
Una vita parallela scorre al di là delle recinzioni dei penitenziari di massima sicurezza dove vige un contesto di regole non scritte in cui vittime e carnefici spesso si confondono e si alternano; brutalità, violenza, crudeltà estrema, odio profondo, sono la base delle miserie umane che convivono in un immenso bunker di acciaio, vetro e granito che avvolge e nasconde le orrende vicissitudini di persone obbligate a restrizioni di diversa specie; l'essere umano smarrisce la propria umanità e, per sopravvivere cercando di prevalere su i suoi simili, commette atti che lambiscono il confine della comprensione; anche coloro che sono preposti al controllo e alla direzione, celano le proprie miserie mentali e comportamentali che , infine, sfociano in un caleidoscopio di brutture non facilmente identificabile. Un romanzo thriller con spunti di "horror" graffiante e lacerante che non lesina la volgarità di linguaggio e la sofferenza.
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Mare forza 10
Avvincente, avventuroso, colmo di attese, ricco di dettagli e termini marinareschi; un romanzo d’altri tempi in cui, come sempre, gli elementi hanno facile gioco sugli esseri umani e suoi manufatti…una sfida difficile non contro un nemico identificato, bensì contro l’immensità e la forza della natura che non lascia scampo a coloro che , pur involontariamente, si ritrovano coinvolti in una tempesta!...allora ecco nascere la speranza, la preghiera, affinchè il tutto si plachi in tempo utile all’arrivo dei soccorsi…S.O.S. Save Our Souls! “grido” lanciato attraverso l’etere come ultimo atto prima di abbandonare il contesto e sperare in una salvezza miracolosa…oppure no?...l’alternativa non può essere che una sola! soccombere in balia di forze sovrumane non altrimenti affrontabili se non con l’aiuto di Dio!...in queste situazioni, oltre il limite della natura umana, emergono i pregi e i difetti dell’uomo spesso nascosti e dormienti nella vita di tutti i giorni…quindi il coraggio contro la codardia, l’autocontrollo contro il panico, la solidarietà contro l’egoismo…un romanzo, dunque, che ci induce a rivisitare i nostri sentimenti al fine di cercare di poter conoscere meglio se stessi.
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Corpi freddi
La dottoressa Temperance Brennan è la protagonista del romanzo capostipite, di una lunga serie, di Kathy Reichs; si tratta di un'antropologa forense, di origine statunitense (North Carolina), con un passato un po’ problematico dovuto sia al suo matrimonio fallito, sia a una dipendenza, attualmente conclusa, dall’alcool, che lavora, temporaneamente, a Montréal (Canada) quale consulente alla SQ (Sureté du Quebéc).
La Brennan, grazie al suo acume, alla sua perspicacia e alla temerarietà, è la chiave di volta per la soluzione di efferati omicidi commessi da un serial killer il cui modus operandi viene scoperto dagli investigatori locali canadesi con il fondamentale e decisivo ausilio dell’antropologa americana; la conclusione a lieto fine riserva, comunque, colpi di scena che agiscono anche sull’incolumità della stessa protagonista.
Il romanzo thriller-noir è scritto con dovizia di particolari e tecnicismi inerenti l’anatomia e la patologia forense; quindi l’autrice apre un mondo sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone. Consiglio la lettura di questo thriller a cui fanno seguito altri con la stessa protagonista.
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Scuola omicidi
Un giallo magistrale; una trama avvincente che aggiunge, con acume e perspicacia, i successivi pezzi fino alla realizzazione del puzzle conclusivo. I personaggi sono descritti in profondità, così come anche i vari luoghi che compongono la storia; come spesso accade negli altri romanzi dell'autrice, molti sono i sospettati che avrebbero un valido movente per il delitto; alla fine, comunque, la matassa si dipana in maniera sorprendente indirizzata alla giusta conclusione. Un capolavoro.
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Chi è morto alzi la mano
In questo romanzo la Vargas "abbandona" il suo amato commissario Adamsberg e si cimenta in un giallo/noir di elevata arguzia e dovizia di particolari e personaggi; le pagine scorrono velocemente grazie al pathos narrativo che cattura il lettore. Da evidenziare gli accostamenti puntuali e corretti con il classico "Moby Dick". Tutto sembra indirizzare a una certa situazione risolutiva che avvolge di mistero, insieme al noir, l'intera narrazione. Il finale lascia interdetti e "a bocca aperta" per il colpo di scena non facilmente immaginabile. Un eccellente libro di cui consiglio la lettura.
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Corsa verso il baratro
Un giallo appassionante che analizza, dettagliatamente, sia i molteplici personaggi sia i luoghi; lo stile narrativo è piacevole e, inoltre, contornato da numerose azioni finalizzate all’approccio del profondo interiore. L’autrice, con estrema abilità, riesce a far immedesimare il lettore con lo stato d’animo dei vari protagonisti che, fino al termine del romanzo, hanno una parte di rilievo per la soluzione del mistero avvolgente il delitto. La George riesce a catturare la curiosità di chi legge, ampliando la narrazione con divulgazione di altre discipline.
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La donna che vestiva di rosso
In questo romanzo la George dimostra la sua non comune abilità nella descrizione accurata e dettagliata dei molteplici personaggi facenti parte del contesto narrativo all'interno dell'enigma per la soluzione del delitto. Fin dall'inizio si incontrano figure con variegata e complessa personalità psicologica che vengono descritte con dovizia di particolari; tutti possono essere indiziati e, quindi, colpevoli; tutti potrebbero avere un giusto e valido movente per l'omicidio...poi, grazie al trascinante stile narrativo, si susseguono vari episodi che via via indirizzano per dipanare il dubbio fino alla sua conclusione e risoluzione. Non mi è apparso per nulla scontato fino a poche decine di pagine dalla fine. Continuerò a leggere i romanzi di questa acuta e poliedrica scrittrice anche per la sua caratteristica di divulgazione, ancorché superficiale, di altre discipline.
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Memorie di Adriano
Una lettura che si insinua nel profondo dell'animo; traboccante di saggezza e dettagliata negli accadimenti storici. La scrittrice , con elevata erudizione, maestrìa, dovizia di particolari e acutezza, si immedesima nella persona dell'imperatore Adriano, il cui impero è quasi al culmine della massima espansione, nell'atto di raccontare la propria biografia, composta da un giusto dosaggio di pregi, difetti, conquiste, disfatte ed errori, a un giovane Marco Aurelio, diciassettenne (in seguito anche lui imperatore), nei giorni antecedenti alla sua morte. Una sublime miscela di narrazione e fatti storici inerenti quell'epoca imperiale romana nel II secolo dopo Cristo. Un capolavoro da rileggere.
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IL mercante dei libri maledetti
Un giallo storico, ambientato nel basso medio-evo, di facile e scorrevole lettura, anche dovuta alla brevità dei capitoli, in cui si susseguono in maniera incessante intricati enigmi indirizzati alla ricerca di un potere magico e soprannaturale celato tra le pagine di un libro fantasioso che vari gruppi di persone sono disposte a rischiare la vita pur di venirne in possesso; la trama è avvincente per la quasi totalità del romanzo, ma la fine dello stesso lascia a desiderare, e perde di mordente, per la banalità e piattezza della narrazione. Avrebbe meritato un consenso superiore qualora maggiormente curato nei dettagli finali.
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Causa di morte
Un thriller di elevato spessore che associa, con magistrale amalgama di movimenti fanatici pseudo-religiosi, azione, descrizione accurata di discipline balistiche e anatomo-patologhe, il tutto immerso in una narrazione avvincente che lascia senza fiato; inoltre molto ben dettagliati, e facilmente capibili, particolari e situazioni di elevato tecnicismo. In questo romanzo la Cornwell dimostra, decisamente, la sua non comune abilità e maestrìa quale scrittrice di tal genere.
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Di facile lettura
Romanzo ambientato in un quartiere periferico della Napoli anni '50; una narrazione semplice, e di facile lettura, sull'infanzia e l'adolescenza di due ragazze che sognano un futuro diverso dalla realtà in cui sono nate e vissute. Vita di tutti i giorni che rappresenta fedelmente la quotidianità, i fardelli, le speranze ambite, nel periodo temporale in questione. Alla fine il romanzo sembra interrompersi; si evince la possibilità di un seguito dello stesso in future narrazioni.
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Il suggeritore
Un equilibrato connubio tra noir e thriller che lascia quasi senza fiato; durante la lettura del romanzo il pathos è sempre in crescendo senza soluzione di continuità; molto ben scritto, include, anche, una breve introduzione alla criminologia e all’anatomia forense. La catena di situazioni delittuose non continua mai come, teoricamente, potremmo aspettarci; quindi i colpi di scena sono tanti e descritti con dovizia di particolari; persino la suddivisione in categorie dei serial killers.
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I codici del labirinto
Un articolato e dettagliato romanzo storico ambientato nella Linguadoca del basso medioevo; la narrazione è alternata, in maniera magistrale, sia in epoca riferita alla prima metà del XIII secolo, sia all'epoca contemporanea. L'autrice è molto brava nel "miscelare" accadimenti storici, thriller, intrigo e mistero derivati dal movimento càtaro e dal fascino che ha sempre esercitato la storia e le variegate vicissitudini legate al santo Graal. La lettura è scorrevole e coinvolgente, inoltre, ottima fonte di conoscenza storica riferita ai fatti in questione. In sintesi: da leggere.
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Squallori nascosti nella serenissima
Un romanzo ambientato nella Venezia, Repubblica Serenissima, di fine ‘500 dove le contraddizioni sono palpabili: da una parte ricchezza e infinita bellezza, dall’altra lo squallore della povertà associato alla sporcizia e alla corruzione dilagante.
I protagonisti, Michele, il padre Matteo, la madre Zanetta e la giovanissima moglie Bianca, appartengono a una famiglia tra le meno abbienti che sopravvivono grazie al lavoro di muratori sia di Michele che del padre Matteo. Tutto sembra procedere, ancorchè in miseria, in maniera regolare e stabile, fino a quando accade uno scontro tra Matteo con un cliente ricco, che si rifiuta di pagare e, agli insulti del muratore, risponde con una denuncia alla giustizia cittadina formata, all’epoca, dai famosi “dieci”.. Questi ultimi decidono di condannare Matteo al taglio della lingua per far giustizia, ma qui la situazione precipita, al tentativo di arresto dei soldati veneziani, Michele reagisce malamente e Matteo accidentalmente muore.
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Per sfuggire all’arresto, Michele deve fuggire e allontanarsi da Venezia trovando rifugio su un’imbarcazione pronta a salpare; l’immediata conseguenza è il necessario abbandono della madre e della giovane moglie che devono, quindi, affrontare da sole una difficile realtà all’epoca di natura maschilista.
Il racconto si intreccia con il contesto storico della Serenissima e, nel contempo, le vite parallele condotte da Michele che gira il Mediterraneo su galere e brigantini che tempreranno il suo carattere a causa dei continui disagi e pericoli da affrontare, e della moglie Bianca che dovrà sopravvivere in una città ostile e intricata.
Due vite che hanno, comunque, in comune la costrizione di confrontarsi costantemente con i vari fattori avversi che incontrano nel loro cammino e che li conduce a una crescita spirituale e di carattere necessaria per non rimanere avvinghiati nei tentacoli degli eventi.
In sintesi una narrazione di accadimenti popolari, dalla vita sulle galere e bastimenti dell'epoca, alle tradizioni e cultura con brevi riferimenti storici ai dogi, alla società e al dominio oltremare della Repubblica marinara e alla comparazione con altri contesti dell'epoca (regno ottomano e Repubblica di Genova).
Romanzo di facile lettura e che via, via appassiona per le ambientazioni e le situazioni storiche di quell'epoca.
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Il giuramento
Un romanzo avvincente che trascina in modo ineluttabile...trama e ordito che tessono insieme, e in maniera armonica, il noir, il mistero, il trascendente, l'introspezione dell'animo umano e la suspence sempre presente; oltre alla narrazione intrinseca, peraltro ben dettagliata, si ha la possibilità di acquisire conoscenza su vari elementi che abbracciano la botanica, l'entomologia, la chimica e la medicina legale; insomma, nel complesso, un thriller-noir da leggere.
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Sotto i venti di Nettuno
Un serial killer che compie i suoi delitti nell'arco di quasi 60 anni; un'indagine spinosa, un ribaltamento di ruoli, due nazioni a confronto, un antico gioco da tavola cinese, un'anziana signora abilissima hacker...sono questi alcuni degli ingredienti di questo thriller-mistero che tiene fino all'ultimo con il fiato sospeso. Lettura facile e affascinante anche se a tratti un po' contorta; uno pseudo-fantasma che insegue la mente e le azioni di un commissario di polizia parigino fino a fargli percepire fatti e accadimenti non conformi alla realtà. Un'ottima Vargas, un ottimo stile narrativo.
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Il commissario Bordelli
Al di là del romanzo giallo, ben scritto e di lettura scorrevole, ci si addentra in quella Firenze pre-alluvione, caratteristica nei luoghi e nei personaggi; potrei dire "bei tempi passati", frase altamente stereotipata ma che avvolge in maniera stretta il contesto degli anni '60. Insomma, una figura di commissario di polizia che mi ricorda, in qualche modo, il compianto attore-regista Pietro Germi.
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Promettimi che sarai libero
Spagna; seconda metà del XV secolo; in tempi di guerre di corsa , terrore per l'Inquisizione guidata da Torquemada e la spedizione di Cristoforo Colombo, si svolgono accadimenti che inducono al rancore e all'odio un giovane pescatore di un villaggio della Catalogna, che assiste inerme, prima, e con vendetta, dopo, alla distruzione della propria famiglia a opera di marinai di una non meglio identificata galea. Trama storica interessante ma narrazione che non appassiona; inoltre, il romanzo appare come il primo episodio di una serie.
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Le conseguenze del successo
La notorietà artistica è la causa di tragici eventi per i quali non si hanno sufficienti prove per imputare un certo personaggio; gli accadimenti diventano sempre più imprevedibili e solo grazie all'esperienza e al forte intuito di una detective, si riesce a dipanare l'intricata matassa e, quindi, "incastrare" il colpevole dei vari efferati delitti. Un romanzo che inizia a ritmo lento e divaga molto sulla musica e sulle attività connesse alla stessa; il thriller e il pathos si notano solo verso la fine e, di conseguenza, riducono l'incisività narrativa.
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Il bluff del mistero
Un romanzo all'apparenza molto complesso che abbraccia certi accadimenti e misteri collegati attraverso sei secoli. Uno strano, misterioso e subdolo manoscritto viene, accidentalmente, riportato fuori dal suo temporaneo oblio, al fine di poter capire cosa si nasconde nelle sue pagine crittografate. A causa di ciò avvengono vari efferati omicidi la cui soluzione è dipanata dall'abilità e tenacia di una donna eccezionale.
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Efferati omicidi e sconcerto su un'isola sperduta
La storia è affascinante; l'ambiente è ottimamente descritto e mette in luce la routine di un'isola sperduta nelle Ebridi Esterni scozzesi, spezzata da una serie di efferati delitti che danno molto filo da torcere all'antropologo forense David Hunter. Gli accadimenti si svolgono in un'atmosfera soggiogata dagli elementi avversi della natura. Tutto ciò che sembra avere una soluzione è invece illusione; i colpi di scena si susseguono fino all'ultima riga del romanzo.
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I processi psichici non cadono in prescrizione
Una serie di omicidi crudeli ed efferati mettono in crisi una tranquilla regione del sud della Svezia; anche questa volta il commissario Wallander riesce, grazie al suo acume e al suo sesto senso, a trovare il bandolo della matassa in un'indagine complessa di cui si seguono ragionamenti e piste sbagliate. Solo alla fine la verità verrà a galla in maniera sconcertante.
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Il Male nella stanza oltrecortina
Il delitto, il complotto e ideali opposti, fanno da cornice a questo romanzo che ha luogo in Svezia e nei paesi baltici in quel clima politico-sociale caratteristico dell'inizio degli anni '90. Un commissario della polizia svedese è, suo malgrado, coinvolto in uno scontro tra fazioni che anelano alla libertà e altri che vogliono continuare a usufruire di certi privilegi acquisiti tramite il vecchio regime che mostra segni di cedimento. Le varie ambientazioni sono molto dettagliate tanto da potersi immedesimare nelle atmosfere reali in cui vive una certa popolazione; ben scritto con finale a sorpresa.
"Un rifugio dal mondo"
La vita di un professore universitario che si svolge, prevalentemente, tra la propria abitazione e i baluardi dell'ateneo. Un'esistenza grigia, senza lode e senza infamia, che nasconde un profondo disagio dovuto alle ingerenze di alcune persone molto vicine al professor Stoner; l'apparente banalità e il piatto trascorrere del tempo, racchiudono una parossistica passività comportamentale che arriva fino alla fine del segmento vitale. Narrazione limpida nonostante la tristezza e drammaticità che si evince riga dopo riga. Una riflessione sul senso della vita e sul senso della sofferenza.
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Classico per antonomasia
Ecco il classico per antonomasia! Letteratura inglese dell’800, ambientazione nelle brughiere del North Yorkshire durante la seconda metà del settecento e gli albori del 1800. Un romanzo che, oltre alla narrativa di spessore, mette in luce i principali sentimenti, anche contrastanti, in cui alberga l’animo umano; dall’odio, all’amore, dalla disperazione alla vendetta, dall’astio al disprezzo. Tali sentimenti sono espressi a tinte forti tra i numerosi personaggi che tessono trama e ordito di una preziosa tela letteraria: l’autrice riesce a penetrare nelle miserie umane evidenziandone i lati più oscuri che hanno un drammatico traguardo. Una lettura, quindi, da non perdere, e, se possibile, da rileggere perché tal tipo di romanzo ha la peculiarità di poter dare ulteriore arricchimento interiore anche a seguito di rilettura, come, in sostanza, afferma il grande e compianto Italo Calvino nel suo saggio “Perché leggere i classici”.
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Disagi nascosti
Fine degli anni ’70 in un carcere di massima sicurezza ubicato su una piccola isola del nostro mar Mediterraneo; due storie parallele che riescono, per una mera casualità, ad avere molti punti di contatto e comprensione reciproca; la narrazione vuole enfatizzare ciò che spesso passa in secondo piano e, anche, del tutto dimenticato: cioè il disagio profondo che colpisce sia coloro che sono addetti alla sorveglianza, sia i familiari dei detenuti. Un disagio nascosto che conduce, spesso, alla disperazione e al mal di vivere.
Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, un lessico facile e coinvolgente, una scrittrice che è una scoperta.
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Vita di routine
Una storia piacevole ma niente di eccezionale; è già fin troppo scontato il dilemma che accomuna la stragrande maggioranza delle persone in relazione alla quotidianità senza lode e senza infamia che porta, spesso, a domandarsi del perchè dell'esistenza e quant'altro; essere soli nonostante si possa vivere in una metropoli; gesti stereotipati, come anche attività che si ripetono in automatico, che inducono al "mal di vivere". Certo chi non ha pensato, almeno una volta nella sua vita, di mollare tutto e andare a pescare le perle nei mari del Sud? Ovviamente le nostre esigenze ci impongono un certo stile di vita in comune con altrettanti pseudo-sconosciuti...ma d'altra parte qual è l'alternativa? Non è facile abbandonare ciò che si è costruito per un'avventura dai contorni instabili; e allora cerchiamo di vivere ciò che il destino ci ha assegnato, in maniera armoniosa e apprezzando le piccole cose.
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Ritratto noir napoletano
Quali orrori può nascondere una caotica e grande metropoli?
Terribili flashback non ancora del tutto rimossi, delitti atroci al limite della comprensione umana, una squadra variegata di investigatori d'eccellenza, una città che vive e supera i propri drammi quotidiani; sono questi gli ingredienti di un ottimo romanzo di cruda narrativa e dovizia di particolari che trascina il lettore in un vortice inatteso che sprofonda e supera i confini dell'inconcepibile.
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Odio e pregiudizio
Una bella storia d'amore, come tante, che sfocia in tragedia. In poche parole la sintesi del romanzo che, comunque, approfondisce e sviscera la grave problematica insita nei pregiudizi; tra i vari tipi di pregiudizio, uno, in particolare, quello religioso, è considerato il più subdolo; inizia con un fastidio sempre più accentuato e sfocia, qualora non controllato razionalmente, nell'odio implacabile foriero di drammatici accadimenti che portano distruzioni inutili.
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Enormi segreti da ben custodire
Un'affascinante narrazione che molto ben s'intreccia con l'epoca storica dei Medici di Firenze, di Pico della Mirandola, del genovese papa Innocenzo VIII e di altri personaggi reali e immaginari che rievocano le rocambolesche, e spesso tragiche, vicissitudini di quel periodo di transizione tra il Basso Medioevo e il Rinascimento. La descrizione accurata dei luoghi e delle genti, corroborata da una ricca dovizia di particolari, rende la lettura facile e interessante e buon ripasso dei fatti di quell'epoca.
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Il segreto
I personaggi principali sono un'anziana, quasi centenaria, signora e uno psichiatra, che hanno in comune l'istituto per malattie mentali in una città dell'Irlanda occidentale; entrambi scrivono appunti e promemoria in maniera parallela; l'anziana signora si addentra nel lontano passato e nel surreale, lo psichiatra riflette sulla sua attività professionale e sui suoi pazienti. Interessante è il racconto, non sempre lucido, dell'anziana signora in quanto è spesso riferito alla tragica sofferenza dovuta alla guerra per l'indipendenza d'Irlanda nella seconda decade del '900. Le storie e gli appunti/riflessioni narrate sono, come già detto, parallele, ma hanno punti di convergenza fino ad arrivare a un intreccio particolarmente commovente ma, nel contempo, che non riesce a far giustizia di un tragico misfatto.
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Sui generis
Un tentativo di viaggio nel profondo della psiche umana che lascia intravvedere alcuni barlumi di luce nell'immensa oscurità e imperscrutabilità dell'animo e delle sue miserie. La trama avvolge ed è intrigante, in quanto non si è mai sicuri di quale potrebbe essere la realtà; ci si trova quasi sempre ai confini tra reale e fantastico e tale confine è nel contempo mobile e sottile. La narrazione è alquanto elaborata e, spesso, sono usati termini forbiti e di ricca erudizione.
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Eresie e intrighi medievali
Vicissitudini e accadimenti che sono di contorno alla Milano comunale del XIII secolo; la trama si svolge tra le varie strade, vicoli, mercatini ambulanti, chiostri e residenza aristocratiche entro le mura dell'antica Milano e nei suoi immediati dintorni del contado. Narrazione avvincente, ricca di personaggi le cui storie e miserie si intrecciano tra loro al fine di poter dare una certa giustizia a delitti efferati e a passioni travolgenti non immediatamente accettabili dal popolo di allora. Un romanzo, quindi, che può considerarsi anche un ripasso di storia medievale all'epoca dell'imperatore Federico II in contrasto con i comuni della lega.
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Triplo gioco
Può accadere, in certe situazioni, di confrontarsi con personaggi di cui si ha una visione di sospetto, in relazione a certi eventi, che poi si dissolvono rapidamente; la delusione è cocente ed inquietante quando, però, ci si accorge che tutto ciò che all'inizio sembrava solo un mero sospetto diventa poi una certezza. Ecco la mia breve descrizione di "triplo gioco". Il romanzo si incornicia in questo tipo di visione; molto ben scritto e particolareggiato, trascina il lettore in un susseguirsi di colpi di scena fino a un epilogo altamente drammatico e di miserie umane.
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Il broker
Esiste un mondo oscuro e sommerso che agisce in maniera tale che il proprio modus operandi non venga percepito, oppure se ne ha solo una vaga impressione, dalla quasi totalità delle persone che vivono sul nostro globo; è questo il messaggio che il romanzo vuol dare. Attività dei vari servizi segreti di altrettanti paesi/nazioni del mondo che si accavallano, si scontrano, si accordano secondo modalità sconosciute al fine di perseguire determinati obiettivi, seguendo delle regole riservate solo a loro. La ragion di stato prevale, le esigenze del singolo sono fagocitate da un disegno molto più complesso ed ermetico che consente di evitare disastri planetari di qualsivoglia genere. Lettura facile e scorrevole con un Grisham la cui fantasia non ha limiti.
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Impegnativo e affascinante
Un romanzo impegnativo e affascinante; un eccellente e articolato psico-thriller con numerosi riferimenti alla profondità dell'animo umano, così debole, così enigmatico, così calcolatore...così subdolo. Una narrazione trascinante fino al termine che conduce a intravvedere ciò che all'apparenza iniziale era celato e non comprensibile: i sentimenti, le passioni travolgenti, la lucidità cinica sono ingredienti ben amalgamati che riescono a costruire una storia non comune. Di rara bellezza espressiva e lessico ricercato.
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