Opinione scritta da Elisabetta.N
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Game Over
Accendi il computer o inserisci una monetina nell’apposito spazio, aspetti che il gioco si carichi e… Ready Player One
Salta, corri, prendi le monete o le armi dal nemico sconfitto e arriva alla fine sano e salvo o, perlomeno, con la tua ultima vita rimanente!
L’unico problema è che questo è un libro, non un gioco… poco importa, ho comunque giocato una partita eccellente e nel mio inventario, ora, c’è un bellissimo libro!
Leggere questo libro mi ha fatto fare un balzo indietro di almeno 20 anni quando guardavo con gli occhi sgranati da bambina, mio fratello maggiore che giocava e passava di livello in livello…
Wade, il protagonista della storia, è un ragazzo ai limiti della povertà che vive la sua vita dentro OASIS, una simulazione di realtà virtuale. Ma la morte del creatore di OASIS cambierà tutto… Non avendo eredi egli lascia tutto a chi scoprirà gli Easter Eggs sparsi per tutti i mondi della realtà virtuale: 3 enigmi da risolvere, 3 chiavi da trovare e altrettante prove da superare, nonché canzoni, giochi e film degli anni ’80 da sapere pressoché a memoria.
I nostalgici di quell’epoca non potranno che apprezzare l’omaggio che Ernest Cline ha voluto fare basando l’intero libro sulla cultura anni ’80.
Un’ importante considerazione è da fare poi, sulla società descritta in questo libro…
La gente passa quasi l’intera giornata su OASIS in quanto la società praticamente non esiste; la povertà dilaga e ovunque ci sono i rottami di una società che fu…
Nonostante i progressi tecnologici così evidenti e stupefacenti, non mi auspico un futuro così, con una società lasciata allo sfacelo. L’obesità dilaga perché, se passi tutto il giorno su OASIS come puoi fare anche un minimo movimento? Sì, beh, ad un certo punto Wade si munisce di tutta una serie di macchine che lo obbligano a fare attività, ma vuoi mettere con la possibilità di uscire?
E cosa dire poi delle amicizie? Pura virtualità! Non c’è un minimo contatto fisico, puoi “conoscere” una persona per tutta una vita per poi scoprire che è tutt’altro…
Il progresso tecnologico va bene, ma questo non deve poi soffocare tutto il resto.
Lo stile è scorrevole e nonostante il genere distopico, non sono stata confusa da un mondo completamente diverso e anche i vocaboli che non conoscevo, come “Easter Egg”, mi sono diventati talmente familiari da farmi diventare una Gunter che, attraverso Wade, andava a caccia delle chiavi per arrivare al livello finale.
Un libro davvero adrenalinico, capitolo dopo capitolo (o dovrei dire livello dopo livello?) e anche un po’ nostalgico per la cultura anni ’80 (che io non conosco molto bene purtroppo).
Un libro che mi ha conquistata a che mi ha tenuta incollata fino all’inevitabile “GAME OVER” . Sì, ma con quale risultato?
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Nati Liberi
Un bell'inizio per una serie che, sono sicura, appassionerà molti.
Un inizio, è vero, in quanto è fortemente evidente l'intento introduttivo di questo libro e come potrebbe essere diversamente? In fondo è il primo libro di una serie, non dimentichiamolo...
Nei primi 4 capitoli incontriamo subito i 4 protagonisti, i punti di visti del romanzo, attraverso i quali tutti gli avvenimenti vengono descritti. Assistiamo quindi con loro ad una cerimonia che tutti i ragazzi che compiono 12 anni devono affrontare. Così Conor, Abeke, Meilin e Rolland riescono ad evocare rispettivamente una lupo, un leopardo, un panda e un falco, i 4 animali delle leggende un tempo caduti ed ora tornati per salvare Erdas.
Questo aspetto particolare mi ha un po' ricordato la saga "Queste oscure materie" di Philip Pullman dove ogni essere umano ha il proprio Daimon. Ovviamente molte sono le differenze come il fatto che in "Nati Liberi" non tutti riescono a creare un legame con un animale, senza contare che i daimond di Pullman non trasmetto al compagno nessuna capacità aggiuntiva.
Non mi sarebbe mai venuta in mente un attinenza fra i due se non fosse stato descritto il legame che si viene a creare tra umano e animale, impalpabile eppure così forte e potente da provare un intenso dolore fisico se si spezza...
Come tutte le saghe, questo primo libro da il giusto orientamento al lettore: mi ha fatto capire dove mi trovavo (cosa non così scontata dal momento che ci troviamo in un nuovo mondo), il carattere dei personaggi che mi hanno offerto il loro punto di vista, le leggende dei luoghi...
Ho capito tutto questo, ma molte sono ancora le questioni rimaste in sospeso, che saranno sicuramente sviluppate nei libri seguenti.
Lo stile semplice e lineare è adatto alla fascia d'età a cui si propone e diventa un ottimo libro di evasione anche per i più grandicelli!
Ecco una serie che non vedo l'ora di continuare!
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Coldtown
Se qualcuno mi avesse chiesto che cosa mi aspettavo di trovare leggendo questo libro, avrei potuto rispondere con un sacco di cose diverse ma non mi sarei mai minimamente avvicinata alla verità.
In “I segreti di Coldtown” i vampiri perdono tutta la bellezza e la dolcezza che l’esperienza ormai ci aveva insegnato ad associare alle storie di vampiri, per ritornare al loro naturale carattere di terribili e spietati assassini. Addirittura, se bevono molto sangue, si gonfiano diventando lividi e deformi e mostrandosi per i mostri che sono. Ah, questi dimenticavo, il sole li brucia, letteralmente.
Ovviamente in ogni libri ci deve essere un tocco di originalità e questo, a mio avviso, ne presenta molti. Infatti se vieni morsa da un vampiro, e hai la fortuna di rimanere in vita, non ti trasformi subito, ma ti “ammali” diventando una “fredda”. Se poi si ha la possibilità e la tenacia per resistere alla tentazione del sangue, si può anche guarire in 88 giorni… se invece bevi sangue umano, beh, in questo caso muori per risorgere vampiro.
Un altro elemento originale è il fatto che i vampiri vivono rinchiusi in Coldtown (ultratecnologiche e con telecamere che riprendono le feste notturne come in un reality show), per evitare il diffondersi del contagio anche se, in realtà, è evidente che servono più a contenere gli umani che si auto rinchiudono là dentro (per diventare popolari!!! Mah…)
Lo stile molto scorrevole i ha conquistato fin da subito e non riuscivo a staccare gli occhi dalle pagine. Volevo assolutamente sapere come sarebbero andate a finire le (dis)avventure di Tana e, soprattutto di Gavriel.
Devo dire che Tana è una protagonista davvero eccellente! Non è debole né pronta a soccombere al primo sguardo ammaliante che incontra sul suo cammino, ma neanche troppo forte o troppo intraprendente.
Dimostra di avere paura, ma anche di essere tenace e di sapere per cosa vale la pena lottare.
Per questi motivi e per il fatto che la storia è raccontata dal suo punto di vista, non è stato difficile seguirla in trepidante attesa della successiva svolta nei meandri della Coldtown.
E il finale? Questo è, ovviamente, tutto da scoprire, ma posso dire che è abbastanza aperto e da libero sfogo all’immaginazione per l’epilogo o il continuo della storia.
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Tra mamma e Jo
Mi aspettavo decisamente di più.
Di questo libro mi sono rimaste impresse alcune frasi un po’ amare testimoniavano il carattere forte di Nick, il protagonista, altrimenti un personaggio troppo piatto.
Nick ha due mamme, Erin e Jo. Partendo solamente da questo, c’è una marea di argomenti che si possono trattare, peccato però per lo stereotipato personaggio di Jo trasformato in tutto e per tutto in un uomo (beve troppo, fa un lavoro da uomo, pratica sport maschili…) che ha rovinato tutto.
“Ciò che appare all’esterno non corrisponde necessariamente a quello che c’è all’interno, soprattutto con le donne.”
Inoltre sono stati trattati troppi argomenti e, come spesso accade in questi casi, molto superficialmente: la famiglia alternativa, la fecondazione, i tradimenti, la separazione, la malattia…
Tanti, troppi argomenti buttati lì.
“Ci sono un sacco di modi di prendersela con le persone, come ad esempio farle sentire invisibili”
Poi ci sono frasi che stravolgano il giudizio che avevi già costruito e che, da sole, meritano la lettura di questo libro…
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Bambini tremate, le streghe son tornate!!
Questo libro mi ha riportato indietro nel tempo, addirittura a quando frequentavo la scuola elementare e la maestra di italiano ci faceva chiudere gli occhi e ascoltare la sua voce che impersonava i vari personaggi e leggeva il libro… e così non era difficile immaginarsi le streghe pelate, con unghie affilate e senza dita dei piedi…
Rileggendo questo libro ho rivissuto nuovamente quelle sensazioni.
È incredibile come sia coinvolgente questa storia dolce/amara. Un severo monito a tutti i bambini di non fidarsi mai degli sconosciuti, ma anche la consapevolezza che, nonostante le piccole dimensioni, si possono fare grandi imprese.
Lo stile dello scrittore non solo è impeccabile, ma è capace di trasportarti all’interno del libro, di sentire le streghe parlare, di vedere le loro orribili facce e il loro sguardo crudele!!
Insomma, un bellissimo libro che ha avuto il pregio aggiuntivo di farmi ritornare per un attimo un po’ bambina.
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L'ospite
“È uno strano mondo” “Il più strano di tutti.”
Ci troviamo in un futuro dove non esiste più fame, povertà e guerra… una Terra perfetta, come da sempre la desideriamo, peccato che non sia più la nostra Terra…
Nel futuro creato dalla penna di Stephanie Mayer, la Terra è stata invasa dalle Anime, esseri docili e onesti che con la non-violenza si sono presi i corpi degli umani e adesso sembrano tali e quali a loro, solo che non lo sono.
La Viandante è un Anima che ha viaggiato in tanti mondi e che ora si ritrova sulla Terra, impiantata nel corpo di Melanie, una ribelle che si è opposta all’invasione. Ma Melanie, a differenza di molti, non viene cancellata, è tenace e resiste anche se il suo corpo è controllato dalla Viandante. Tra le due diventa d’obbligo una convivenza che poi si trasforma in un’amicizia che spingerà la Viandante a cercar le persone amate da Melanie, non senza rischiare più volte la vita di entrambe.
In alcuni punti il libro mi ha ricordato “L’Acchiappasogni” di Stephen King… le storie sono completamente diverse, ma l’umano imprigionato nella propria mente mentre il corpo è controllato da un alieno c’è in entrambi i libri… che la scrittrice sia stata influenzata dai romanzi di King? Mah…
Lo stile della Mayer è semplice e scorrevole. A mio avviso, le descrizioni e le emozioni sono rese bene anche se il punto di vista è unico, inoltre ho trovato il romanzo coinvolgente.
La storia crea inoltre dei spunti di riflessione sulle migliorie apportate da queste Anime al mondo degli umani.
Ovunque onestà, bellezza e amore. Niente più cattiveria, niente più litigi, solo armonia. Nessuna lotta per il potere o denaro, se ognuno fa la sua parte nel sistema non c’è bisogno di questo.
Peccato solo per l’aspetto “invasione” e conseguentemente per il fatto che l’umanità sostanzialmente, non esisterebbe più.
“Cosa mi faceva preferire l’amore degli uomini a quello della mia specie? La sua essenza esclusiva e capricciosa? Le anime offrivano amore e comprensione a chiunque altra. Avevo bisogno di una sfida più difficile? Questo amore era complicato, privo di regole fisse: lo si poteva offrire in cambio di nulla, come nel caso di Jamie, o conquistare con il tempo e la fatica, come per Ian, oppure era così inaccessibile da spezzarti il cuore come nel caso di Jared. O forse, molto più semplicemente, era migliore? Era una gamma di emozioni più ampia, che consentiva agli umani di odiare con tanta furia, ma anche di amare con più passione, zelo, ardore? Non sapevo perché lo avessi desiderato così disperatamente. Sapevo soltanto che, ora che lo possedevo, valeva tutti i rischi e le sofferenze che avevo affrontato. Era meglio di quanto immaginassi. Era tutto.”
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A sangue freddo
Un caso di omicidio a sangue freddo raccontato dalla penna di Truman Capote.
Non credevo davvero mi potesse piacere un libro del genere e contro ogni mia aspettativa, mi sono ritrovata a leggere attentamente, sperando di individuare il punto in cui i due omicidi si sarebbero traditi lasciando qualche traccia del loro passaggio.
Anche se la risoluzione per un caso fortuito non è lo sviluppo che io preferisco in un libro(datemi indizi e intuizioni, ecco quello che voglio!), ho davvero ammirato lo stile di Capote.
I diversi cambi di punti di vista, l'inserimento degli interrogatori ed un mix di passato e presente nella parte iniziale, non stancano e rendono la lettura molto dinamica.
Il piacere però termina qui, infatti avrei volentieri tolto qualche pagina al finale che mi è sembrato eccessivamente lungo e forse un "di più" di cui avrei volentieri fatto a meno.
mi sono chiesta più e più volte se esisteva un protagonista. La risposta è ovvia, è la storia in se, un fatto di cronaca qualunque seppur efferato, omicidi e motivazioni degli assassini che vengono analizzati nei minimi particolari, intrecciando una trama complessa.
Quando ho terminato la mia lettura non c'era un solo punto oscuro in tutta la vicenda, non un mistero o una domanda lasciata senza risposta. Tutto ho potuto conoscere persino la vita degli assassini e del detective.
Di sicuro non è stata una delle letture più piacevoli, ma altrettanto sicuramente è stata comunque una lettura meritevole della mia attenzione.
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Groenlandia
Questo libro è stata una piacevolissima sorpresa.
Solitamente non amo questo genere, ma gli aneddoti e le storie raccontate all'interno mi hanno fatto davvero appassionare, e soprattutto, riflettere su una cultura praticamente sconosciuta: gli inuit, o semplicemente gli eschimesi.
Noi li abbiamo sempre immaginati come piccoli abitanti in igloo di ghiaccio, e questa immagine infantile ci rimane anche da adulti perchè, ammettiamolo, non è che gli inuit sono molto noti... non compaiono spesso in tv (direi mai), è quasi impossibile che alla domanda "da dove vieni?" qualcuno ti risponda dalla Groenlandia e così per noi sono sempre rimasti quei simpatici ometti che vivono in un igloo e che quando si salutano si strofinano il naso (cosa che realmente fanno perchè credono che il profumo dell'anima esca dal naso).
è stato affascinante scoprire gli usi e i costumi del popolo inuit, le magie e le credenze che fanno di loro quel popolo così particolare.
Gli inuit sono un popolo semplice, dalle usanze fino al linguaggio che, a differenza dal nostro, non ha molteplici parole per rappresentare le tante piccole sfumature di un unico concetto. Loro non sanno cosa significhi essere depressi, demoralizzati, tristi, infelici, scontenti, ecc, loro stanno semplicemente "male". Sembra un atteggiamento semplice, viene da pensare, perchè noi usiamo ogni concetto separatamente e per noi rappresenta un determinato umore, ma ammettiamolo, è inutile girare intorno ad un concetto, quando non stiamo bene, stiamo male. Punto.
è stato meraviglioso scoprire il rispetto che il popolo inuit ha per la natura, il loro atteggiamento verso le cose e verso le persone, così aperto e genuino...
è proprio per questo motivo che sono rimasta così sorpresa nell'apprendere dell'accanimento di associazioni come Greenpeace contro questo popolo così mite. Gli hanno tolto non solo il sostentamento, ma soprattutto la loro unica ragione di vita.
Sì, è vero, la caccia alle foche può sembrare un attività barbara a noi che basta aprire il frigo per poterci sfamare, ma loro non cacciano per sport, lo fanno per vivere, per mangiare, per coprirsi, perchè con le pelli fanno anche questo...
Spero che il destino di questo popolo non sia segnato come invece sostiene lo scrittore Robert Peroni, e la speranza forse è proprio nelle nuove generazioni, più aperte verso le diversità e quindo forse anche verso il popolo inuit, la cui diversità deve essere preservata come quella di tutti i popoli.
Questo e molto altro ho letto in "Dove il vento grida più forte"..
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Orgoglio e pregiudizio 1° parte
Quando leggi Orgoglio e Pregiudizio è impossibile non chiedersi che cosa stava pensando/facendo Mr. Darcy in un determinato momento.
In Per orgoglio o per amore la scrittrice Pamela Aidan da una sua visione dei "retroscena" della mente di Mr. Darcy.
Questo libro rappresenta solo una parte di Orgoglio e Pregiudizio, infatti la scrittrice ha deciso di dividere il romanzo in 3 parti e questa rappresenta solo la prima, dal momento dell'arrivo a Netherfield Park fino alla loro partenza.
Mi è piaciuto sondare la mente dell'imperscrutabile Mr. Darcy, e ho cercato di capire quando tutto è iniziato, perchè, come ben si sa, alla fine Darcy e Elizabeth non lo sanno!
Devo però dire che, nonostante il conflitto interiore di Darcy sia stato reso in maniera impeccabile, altrettanto non posso dire del suo attaccamento verso Elizabeth che, a mio parere è eccessivo e troppo sdolcinato cosa che non avrei mai detto di Mr. Darcy! Insomma in questo punto si distacca notevolmente dal nostro solito Darcy per avvicinarsi maggiormente al carattere di Bingley, e ammettiamolo, per quanto Bingley sia affascinante, il cuore di tutte è rubato da Darcy!!
Lo stile riprende molto bene quello del romanzo originale, anche se le scene che possiamo definire "aggiunte" non sono interamente di mio gradimento, anche se mostrano i retroscena dell'alta società facendo riflettere sulla suddivisone fra classi in quanto non tutte le persona dell'alta società si dimostrano poi rispettabili.
Ho notato inoltre alcune incongruenze come il fatto che a tratti Bingley si accorge dell'attaccamento di Darcy per Elizabeth, cosa che assolutamente non dovrebbe accadere, mentre altre volte afferma che i due non si possono sopportare, che invece è più in linea con il romanzo originale.
Ho trovato interessante l'aggiunta di un amico universitario di Darcy, dal carattere alquanto intuitivo, che però fa un'apparizione troppo fugace (verso la fine) per riuscire a capire se ha importanza o no nello svolgimento del romanzo.
Chissà so lo rincontrerò nei romanzi successivi...
Non mi rimane che continuare a leggere!
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La moralità del Bronx
In questo libro di Tom Wolfe ho notato che la trama non è importante, anzi, se ci si pensa bene non è granché, ma i veri protagonisti di questo romanzo sono i personaggi, tutti, senza eccezione.
Partiamo da Sherman McCoy, finanziare di successo con moglie, Judy, e figlia, Campbell, e una bella casa in Park Avenue, la zona "giusta" della città. un "padrone dell'universo" come lui stesso ama definirsi, ma troppo sciocco e ingenuo. Un personaggio per il quale ho provato una forte antipatia fin da subito... non che gli altri fossero meglio, però!
Passiamo poi a Larry Kramer, procuratore fortemente invidioso della bella vita di quelli che abitano nella zona giusta di New York, in cerca solamente del grande caso che possa portargli notorietà e fama, se questo vuol dire andare contro a Sherman McCoy, di cui invidia tutto, ancora meglio...
Anche lui è un personaggio moralmente mediocre. Anzi potrei affermare che ha più coscienza morale Sherman McCoy che non Kramer, almeno Shermam, qualche dubbio morale se lo pone, invece Kramer va avanti a testa bassa per la sua strada indipendentemente a chi si trova davanti, credendo di essere superiore e migliore a tutti.
Infine troviamo il giornalista alcolizzato Peter Fallow, scroccatore abituale di pasti in ristoranti e anch'esso in cerca di fama.. Fallow è un abile giornalista, che sa enfatizzare anche la notizia più banale e non si cura minimamente se quello che sta raccontando è la verità o solamente un punto di vista. A lui interessa lo scoop e quello che ne deriva, fama e popolarità.
Ecco i tre protagonisti principali e i 3 punti di vista che ci raccontano la trama.
Devo dire che è stato un dolore scoprire questo Bronx così corrotto e amorale dopo aver letto un altro libro dove, il medesimo luogo, prendeva un aspetto completamente diverso. Non l'ho amato, percepivo il sentimento di diffidenza e di paura che impregnavano quel luogo. Tutte le procedure del tribunale per evitare di dover tornare a casa in auto quando calava la notte, per non rischiare, come casualmente si era ritrovato McCoy, a girovagare per quelle strade al calar della notte, senza alcuna protezione, nemmeno quella della luce del sole...
Passiamo infine allo stile. Non posso dire di averlo amato, non posso proprio. Mi è risultato difficile non annoiarmi continuando a leggere... frasi ripetute, continui sproloqui dove ogni concetto si ripeteva centinaia di volte e diciamocelo, una trama fondamentalmente povera di fatti anche se ricca di congetture. Sì, lo so, sicuramente il fine ultimo di questo romanzo era quello di descrivere il Bronx corrotto, mettendoci davanti alla ovvia conclusione che nessuno è perfetto e che tutti colgono l'occasione quando essa si presenta, indipendentemente che sia morale o no.
Mah, non è il genere di cose di cui mi piace leggere soprattutto quando, invece di essere un piacere, la lettura diventa pesante e difficile da portare a termine...
che dire infine? Non c'è dubbio che lo scrittore sia riuscito a cogliere bene gli umori e i caratteri che contraddistinguevano quel particolare periodo storico, ricchi di vanità e di false certezze, ma altrettanto sicuramente, questa non è stata una lettura per me.
MAI comprare a scatola chiusa
A volte mi capita di comprare un libro attratta dal titolo e dal prezzo scontato, se poi il libro è anche di una scrittrice a me già nota non perdo neppure tempo a leggere la trama e compro praticamente a scatola chiusa.
Questo è esattamente quello che mi è capitato con Princess di Lauren Kate.
Nulla di strano quindi se le mie aspettative sul romanzo si sono rilevate completamente sbagliate...
Mi aspettavo un fantasy e... beh, non lo è.
Ma devo ammettere che questo non ha inciso più di quel tanto sul mio giudizio generale...
Ammetto che sono stati i primi capitoli a deludermi profondamente, il motivo? Presto detto, l'inizio è un inutile e lunghissimo sproloquio di come diventare la "Principessa" della Palmetto High School... il mio primo pensiero è stato "...ma che cosa sto leggendo??" e l'impulso di chiudere il libro è stato talmente forte che ho resistito solamente perché non mi piace lasciare un libro a metà (mi viene sempre da pensare: e se dopo migliora?)
In mezzo a tutti questi pensieri mi ero completamente dimenticata dei libri della scrittrice che avevo letto e che mi erano piaciuti e quindi anche del suo stile un po' "gotico" che non si accosta per niente ad un incoronazione di una Principessa di una scuola superiore.
Ma la mia memoria è stata risvegliata nel momento in cui Justin, un candidato a diventare principe della Palmetto High School, muore... cosa che avrei saputo anche solo leggendo la trama... (ben mi sta a comprare a scatola chiusa!)
Da questo momento in poi la trama compie una brusca svolta che mai mi sarei aspettata dai primi capitoli del libro.
Natalie Hargroove, la protagonista di "Princess" è una ragazza molto più complessa da quello che traspare nei primi capitoli. non è così frivola come mi aspettavo, e procedendo con la lettura sono arrivata quasi a comprenderla... in fondo è solo una ragazza con un passato doloroso che vuole dimenticare a tutti i costi...
Lo stile della scrittrice ha quel tocco un po gotico che cambia aspetto anche alle vicende più banali ed è stato un piacere ritrovarlo in un libro dove non me lo aspettavo.
Con un finale al di fuori da ogni mia aspettativa, questo romanzo si è rivelato una sorpresa sotto molti punti di vista, anche se la trama, per quanto connotata da originalità, non mi ha molto colpito..
La magia del Bronx
“Una luna magica a New York” è un libro strano…
… è un libro magico…
Sarebbe davvero troppo riduttivo definirlo come una storia familiare, anche se la definizione calza a pennello, ma così facendo si perdo la magia che connota questo romanzo e, quindi, la sua bellezza.
In tutto questo però non ho ancora espresso un mio giudizio, in quanto, anche adesso non so se questo romanzo mi è piaciuto… so solamente che mi ha trasportato in un magico Bronx che altrimenti non avrei conosciuto.
Questo romanzo e un grande punto interrogativo per me, perché gli elementi per un bel romanzo ci sono tutti un pizzico di magia, un po’ di suspense, ma tutto ciò non mi ha colpito né incuriosito durante il percorso. Credo che la colpa sia proprio della magia… tutto ne è talmente impregnato che risulta davvero difficile credere che le cose possano andare bene anche se poi il finale è completamente inaspettato…
È un romanzo contorto, così come lo sta diventando la mia recensione…
Ma questa consapevolezza, anche se alla fine si è rivelata sbagliata, mi ha tolto la voglia di leggere e la trama mi è sembrata piatta.
Inoltre tutte (e sottolineo tutte) le decisioni erano dettate dal fato e dalla magia, soluzioni un po’ troppo semplicistiche che non consentivano di creare la complessità necessaria alla trama—
Lo stile semplice e lineare mi ha reso piacevole la lettura. Fin da subito è stato evidente l’amore per la scrittrice delle tradizioni antiche e della natura, cosa che ho apprezzato molto. Sarei davvero curiosa di conoscere alcune delle ricette che la famiglia Amore si tramanda da generazioni, soprattutto (vado a memoria) un sugo fatto con le foglie di fragola… sarei davvero curiosa di assaggiarlo..
Mi è piaciuta molto l’ambientazione nel Bronx, così diversa da altri romanzi che, ambientati in epoche completamente differenti, ne sottolineano solamente il degrado, da sembrare quasi surreale… un mondo parallelo…
L’elemento magico, nonostante in alcuni punti renda la trama troppo semplice, rimane comunque il punto di forza del romanzo..
Una magia nata da un particolare dono di preveggenza tramandatosi nella famiglia, ma soprattutto nato da erbe ed infusi che mi da allo stesso tempo la sensazione di qualcosa di mistico e di terreno, di una cultura tramandata da madre in figlia per generazioni, destinate a sopravvivere per sempre…
Una lettura sotto molti aspetti originale ed interessante.
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Sirus Black
Sicuramente mi ripeterò, anzi, ne sono certa, ma per quanto mi sforzi non riesco a trovare un’altra parola che possa esprimere così bene questo libro… Harry Potter è magia!
Sì, può essere solo “magia” quella sensazione che sa portarti in un altro mondo facendoti vivere entusiasmanti avventure.
Io ero lì quando Harry è salito su Nottetempo e Stan Picchetto gli da il benvenuto. Ed ero lì anche quando Harry ha cavalcato Fierobecco e quando ha avuto lo spiacevole incontro con i Dissennatori.
È stato un piacere incontrare, seppur solo di nome, i “4 malandrini”, Lunastorta, Felpato, Ramoso e Codaliscia (beh, di lui avrei fatto volentieri a meno, ma comunque così è la storia..) e riuscire, grazie alla loro mappa, a sgattaiolare in giro per Hogwarts e dintorni.
Pur non essendoci Voldemort, le vicende sono innegabilmente legate a lui e la domanda, "cosa succederà ancora?" è sempre presente.
Lo stile della Rowling mi lascia sempre senza parole (in senso positivo, eh!), ma soprattutto mi incanta la sua capacità di creare questo mondo magico e tutti i particolari che lo caratterizzano.
Mi sarebbe piaciuto davvero molto imparare gli incantesimi rallegranti che servono sempre, e perché no, anche affrontare un molliccio non sarebbe stato un impresa così difficile (probabilmente si sarebbe trasformato in un ragno come per Ron!!), ma per quanto riguarda i Dissennatori, li lascio volentieri tutti a Harry.
E cosa capiterà ancora il prossimo anno? Non mi resta che continuare a leggere…
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Oscar e la speranza
Chorams è…
È un…
mmm….
Penso che si possa definire un libro carino allo stesso modo di quando devi presentare l’amico del tuo fidanzato alla tua migliore amica e per descriverlo lo definisci “simpatico” o meglio “un tipo”.
Non posso affermare di aver amato alla follia questo libro, ma non posso nemmeno definirlo illeggibile.
Inoltre non riesco ad inquadrarlo bene né per quanto riguarda la storia, né per quanto riguarda il genere.
Partiamo però dall’inizio: la storia non è banale, ma nemmeno originalissima, in quanto presenta spunti già visti come ad esempio il protagonista che si addormenta per ritrovarsi in un nuovo mondo che ricorda un po’ “Alice nel paese delle meraviglie,” o se si vuole aggiungere che prima di addormentarsi stava leggendo un libro antico ritrovato nella libreria paterna, “La storia infinita”. Ma va beh, si deve pur partire da qualcosa e se effettivamente è stato ispirato dai libri che ho citato le premesse per una bellissima storia ci sono tutte, no?
Poi, andando avanti con la lettura, mi sono più volte domandata se potevo considerare questa storia una favola…
“C’era una volta un ragazzo di nome Oscar che un bel giorno si addormentò per poi risvegliarsi in un mondo diverso, lontano dal suo. Il regno in cui era capitato aveva perso la Speranza ed era sull’orlo di una guerra. Un’antica profezia diceva che un giorno un giovane sarebbe arrivato da un mondo lontano per riportare la speranza nel regno, ma questo Oscar ancora non lo sapeva…”
Carino no? Quantomeno intrigante…
Quello che mi ha frenato però, è lo stile, ma soprattutto il linguaggio utilizzato. Quest’ultimo, infatti è così ricercato che stonava in un protagonista che, almeno da quanto si poteva dedurre all’inizio, appartiene ai tempi moderni. Spesso addirittura, creava una sorta di effetto comico che mi faceva sorridere.
Io, semplicemente e forse troppo in genuinamente, avrei mirato, con una storia come questa, ad un pubblico giovane che però non è a suo agio con un linguaggio ricercato e cerca, per la maggior parte dei casi, l’evasione in una bella storia con un linguaggio semplice.
Purtroppo però ho notato anche che non sono stata emozionata da questa lettura. I personaggi erano piatti, delle marionette nei loro ruoli. Pensando soprattutto a Oscar, niente lo preoccupava o lo intimoriva, nessuna obiezione in quello che doveva o poteva fare. I momenti che dovevano essere i più commoventi erano così artificialmente enfatizzati da perdere la loro emozione. Non mi sono sentita parte della storia o in sintonia con i personaggi.
Questo è stato enfatizzato anche dai tempi della narrazione che spesso tornavano indietro per raccontare quello che capitava ad altri personaggi. Niente di strano fino a qui, succede in molti romanzi, ma qui veniva evidenziato con frasi, e anche con cambi repentini dalla notte alla mattina prima, spezzando la narrazione e rendendo il tutto molto frammentario.
Dopo tutto questo cosa rimane?
Un libro carino.
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Mistaya
Fino a qualche tempo fa non avevo idea dell’esistenza di questo libro. Mi spiego meglio, credevo semplicemente che il Ciclo di Landover si fosse concluso con la pubblicazione, nel 1995, di “La sfida di Landover”
E chi si sarebbe mai immaginato che dopo 14 anni Terry Brooks avrebbe scritto un altro libro della saga? Di la verità, Terry, sentivi la nostalgia di Landover, vero? Beh, come del resto ogni tuo lettore… potrei azzardare ad ipotizzare che nemmeno “La principessa di Landover” sarà l’ultimo libro della serie… non è così Terry?
Però non aspettare altri 14 anni, 5 sono già passati, ma altri 9, mi sembrano un po’ troppi…
La cosa strana e che il pregio e il difetto il questo libro sono la stessa cosa, ovvero che la protagonista principale è Mistaya, la figlia di Ben Holiday.
È un difetto perché, lo ammetto, Ben Holiday mi mancava e avrei voluto un po’ più di azione da parte sua… altrimenti perché offrirci qualche spunto di riflessione sul Paladino? O farci assaporare un altro, seppur molto breve, viaggio del re di Landover, se la storia è incentrata completamente su Mistaya?
Era per farci tornare alla memoria i vari libri del passato? Può essere, ma il fatto è che io già assaporavo qualcosa che sembrava essermi promesso e che, invece, alla fine, mi è stato negato…
Dall'altro lato Mistaya è, in parte, una degna sostituta di Ben Holiday anche se spesso l’ho trovata insopportabilmente testarda, mentre altre volte coraggiosa e determinata. Ad ogni modo traspariva in modo evidente “l’irrequietezza giovanile” che ben contraddistingue quello strano periodo quando non si è adulti ma neppure bambini… ecco forse l’età dell’adolescenza viene un tantino stereotipata in questo libro…
Sicuramente se lo scopo era quello di far provare avversione per la protagonista nonostante alcuni suoi momenti buoni, beh, posso dire che la principessa di Landover mi è apparsa in tutto e per tutto testarda, cocciuta, capricciosa e un po’ troppo orgogliosa, devo aggiungere altro?
Ma come ho detto ci sono anche i momenti buoni che fanno quasi totalmente dimenticare gli altri o comunque riescono a scusarle quel suo comportamento ribelle, ma in fondo simpatico…
Ad ogni modo l’avventura è avvincente, i personaggi, (buoni o cattivi che siano) sono tutti ben delineati nella loro parte.
È stato davvero un piacere ritrovare i due coboldi Bunion e Parsnip, il mago di corte Questor Thews e lo scrivano Abernathy, ovviamente anche Ben Holiday e Willow non potevano mancare, e perché no? È stato un piacere ritrovare anche Edgewood Dirk!
Un’aventura particolare e avvincente dove compaiono, come vice-protagonisti, i libri e una vastissima biblioteca: Libris.
Spero vivamente di rincontrare Mistaya in una prossima, emozionante avventura!
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Il diario di Isabel
Ero partita con aspettative molto alte per questo libro che attendeva di essere letto ormai da troppo tempo. Avevo letto notizie molto positive e non vedevo l’ora di conoscere finalmente Isabel Cariani… Inutile dire che sono rimasta un tantino delusa, ma in fondo non succede sempre così quando si parte con aspettative alte?
La trama particolare e con uno sviluppo complesso (tutti fattori positivi a mio giudizio), è purtroppo diventata un po’ scontata nella parte finale. Senza svelare nulla sui contenuti, posso dire che quella che doveva essere una grande rivelazione finale era fin troppo ovvia da circa metà libro in poi. Questo mi ha irritato notevolmente per la cecità della protagonista per particolari che lei stessa evidenziava sul suo diario… forse perché l’amore rende ciechi??
Ma non è solo questo che mi ha infastidito della trama. Isabel parla troppo spesso e con leggerezza (considerando che è un’universitaria e quindi dovrebbe essere più matura) di amore. Attrazione fisica? Potrei capirla. Ma amore? Andiamo Isabel, nell’arco di 1 anno di diario dici di amare 3 persone diverse, mi sembra un tantino eccessivo…
Ma perlomeno, non ho assistito all’ennesimo triangolo amoroso né ad altra figura geometrica (considerando il numero dei ragazzi…).
Un aspetto che invece mi è piaciuto molto è la scelta del tipo di vampiro. Ormai possiamo trovare ogni tipologia di vampiro che può stare alla luce del sole, buono, caro e gentile, un cavaliere con l’armatura scintillante pronto a difendere la sua dama con le unghie e (soprattutto) con i denti, o vampiri che bevono sangue di animali o surrogati chimici, ma qui non c’è nulla di tutto questo.
I vampiri e i mezzi-vampiri (un po' di varietà ci sta), sono cattivi ed egoisti, uccidono (ebbene sì) e pensano solamente a soddisfare la loro sete e la loro lussuria.
Sotto alcuni aspetti (quello dei vampiri compreso) alcune vicende mi hanno ricordato la serie “Buffy, l’ammazzavampiri”, che ai suoi tempi (neanche troppo lontani) io ho adorato! I vari strumenti per combattere i vampiri (paletto, acqua benedetta, ecc), ne sono un tipico esempio..
Lo stile, invece mi ha lasciato molto perplessa.
Solitamente la trama sotto forma di diario mi piace, ma stavolta mi è mancato qualcosa. Le pagine di diario mancavano di empatia, non mi emozionavano o, meglio, quando iniziavo ad appassionarmi ad un’azione od ero più coinvolta, venivano inserite frasi come “come ho potuto”, “cosa sto scrivendo”, “forse non riesco a continuare, ma devo farlo” che se da un lato trasmettono bene l'idea del diario, dall’altro mi riportava improvvisamente con i piedi per terra e questo mi disorientava. Leggere questo libro mi ha dato la stessa sensazione di quando qualcuno mi racconta un episodio di un telefilm prima che abbia la possibilità di vederlo: sai cosa succede, ma è impossibile provare lo stesso coinvolgimento. Insomma, mi sembrava tutto una sorta di resoconto molto dettagliato e interessante di una giornata straordinaria, bello sicuramente, ma sempre resoconto rimane.
I personaggi sono ben delineati e ognuno trova la sua collocazione all’interno del libro.
Gli ambienti e le descrizioni danno bene l’idea di una società dove, non troppo nascosti, vivono i vampiri.
Una piccolezza che ho apprezzato, ma che, allo stesso tempo, avrei voluto fosse maggiormente sottolineata, è la passione di Isabel per la lettura, soprattutto per i libri fantasy. È anche vero che la trama non è incentrata su questo, ma è stato un dettaglio che ho apprezzato con piacere e avrei desiderato più rimandi alle letture in genere.
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La rivoluzione
Due ragazzi desiderosi di “vita”, quella vera, il cui simbolo diventa la romantica Parigi, ma che poi vengono calpestati dalla realtà…
Questo libro si potrebbe riassumere in questo modo..
Siamo in America negli anni ’50 e quella che viene descritta è la vita dei Wheeler, Frank e April, una coppia comune ma che non vuole rientrare nel termine “mediocre”, vuole vivere e circondarsi di persone interessanti.
“La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose; nessuno che si appassioni o che creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità”
Lo stesso Frank accetta un lavoro monotono e noioso solo per potersi organizzare… è davvero così Frank?
“Se non provi, non puoi fallire… ci vuole spina dorsale per vivere la vita che si vuole”
La stessa strada “Revolutionary road” rappresenta un’ideologia, quello a cui i wheeler aspirano, ma rimane appunto solo questo, un simbolo perché nella realtà nulla cambia se non si agisce per modificarla.
Lo stile di Yates mi è piaciuto molto. Ho trovato interessante che spesso le frasi indicassero un dialogo interiore del personaggio che ci consente di capire meglio le azioni e i comportamenti di Frank e April.
Sicuramente un libro interessante, ma i personaggi mi hanno fortemente irritato. Li ho trovati mediocri (sì, nonostante la loro fuga da questa parola, rientrano pienamente nella definizione), ma soprattutto solamente capaci di piangersi addosso, cosa che non sopporto minimamente nella realtà figuriamoci in un libro! Sì, lo so, la vita non è per niente facile e ci sono degli avvenimenti che ti deviano irrimediabilmente ed è impossibile ritornare sulla strada che si aveva pianificato all’inizio, ma piangersi addosso o tenere il muso a un nemico invisibile non serve a nulla, non è facile ma bisogna reagire!!
Questo libro mi ha fatto pensare a tutto questo e mi ha fatto riflettere molto, perciò ritengo che sia un libro assolutamente da leggere anche se, per quanto riguarda la piacevolezza lascia alquanto a desiderare, almeno per quanto riguarda il mio punto di vista.
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Karou e Akiva
“Tanto tempo fa, un angelo e un diavolo si innamorarono e osarono immaginare un nuovo modo di vivere, senza ritornati o eserciti bastardi o bambini strappati dalle braccia delle loro madri per fare il giro della ruota dell’uccidere e morire…
…Un tempo gli amanti giacquero abbracciati nel tempio segreto della luna e sognarono un mondo che era come uno scrigno di gioielli senza gioielli, un paradiso che attendeva di essere scoperto e riempito con la loro felicità.”
Dopo un inizio decisamente troppo lento dove non riuscivo a sopportare la stasi degli avvenimenti e le sottomissioni a cui si erano costretti sia Akiva che Karou, devo ammettere che la storia mi ha rapito e conquistato. E dopo un inizio così, non era davvero facile.
Ormai conosciamo dal primo libro sia le chimere che i serafini e sappiamo cosa sono in grado di fare entrambi.
Ma la speranza di creare un mondo migliore non è ancora morta ed è a questo che si dedicheranno i due protagonisti seppur separatamente. Ecco, forse questo è il fatto che maggiormente mi ha dato fastidio e, allo stesso tempo, creato dispiacere, Karou e Akiva compiono le loro missioni da soli, ognuno per proprio conto e ognuno con il suo popolo.
Già conoscevo lo stile della scrittrice che anche questa volta mi ha rapito e piacevolmente intrattenuto. È scorrevole e anche la divisione tra i punti di vista di Karou e Akiva è ben delineata. Scorgiamo il carattere di entrambi ben definito (cosa non sempre scontata) all'interno dei diversi capitoli che si susseguono.
Come già detto l’unica pecca è stata l’estenuante lentezza della prima parte del romanzo, che faceva sospirare e sperare che, in breve tempo, qualcuno avrebbe fatto qualcosa (questa è l’immagine: io che scuoto il libro leggermente contrariata e dico “allora vi decidete ad agire???”).
Nonostante questo, il mio voto è un bel 10 e lode per l’originalità della storia e l’evoluzione della trama.
Mi aspetto grandi cose dall'ultimo libro!!!
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Magia
Leggere Harry Potter è… magia!
Dopo il primo incontro con lui, fremevo per rincontrarlo nelle sue successive avventure, per assaporare i nuovi incantesimi, per osservare le meraviglie che il castello di Hogwarts offre…
Apro il libro ed eccoli lì, Harry Potter. La tristezza è tanta a vederlo ancora lì con i Dursley e con tutti i libri, bacchetta compresa, rinchiusi nello sgabuzzino… è io che assaporavo già qualche bell’incantesimo…
Ho dovuto attendere per vederlo nuovamente fra i banchi della scuola di magia anche se, come al solito, gli imprevisti non mancano!
Pensavo ormai di sapere tutto di Hogwarts, invece in questo libro ho scoperto le mandragole, il club dei duellanti, i anche il complemorte per i fantasmi!!! E poi pozioni, incantesimi e tanta tanta tanta magia.
Lo stile della Rowling ti cattura e… ti incanta. Sa come descrivere i luoghi e i pesonaggi e tutto prende vita come per magia… mi sto addirittura interessando al Quidditch, io che per gli sport non vado matta, grazie alle sue descrizioni!!! Fantasmi, mostri e quant’altro prendono “vita” in un modo affascinante!
Anche in questo libro troviamo amicizia, lealtà, coraggio, intraprendenza, ma anche malvagità e qualche professore un po’ troppo imbranato…
E poi come scordarsi del simpatico Hagrid e della sua passione per le creature fuori dal comune?
Ho rivelato troppo? …chi ha già letto Harry Potter sa di cosa parlo e gli altri… beh che aspettate??
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Il gioco
Non avevo mai letto niente di Herman Hesse, (sebbene abbia “Siddarha” ormai da anni nella mia libreria) e non sapevo proprio cosa aspettarmi da questa lettura.
Il gioco delle perle di vetro è un romanzo narrato sottoforma di testimonianza biografica della vita di Joseph Knecht, Magister musicae della Castalia.
Il romanzo viene diviso in tre parti: nella prima viene spiegata l’origine, la funzione e la storia del gioco delle perle, nella seconda troviamo la vita del protagonista Joseph Knecht e nella terza gli scritti da lui lasciati.
Le regole del gioco delle perle non vengono mai spiegate, ma ci viene fatto intuire che sono complesse e che soli pochi eletti possono saperle (non è quindi cosa da raccontare in una biografia). Il gioco consiste nel trovare associazioni tra cose diverse che, apparentemente, non hanno alcun legame.
Il romanzo, ambientato in un ipotetico futuro, ma privo, come invece mi aspettavo, di innovazioni tecnologiche, vuole esaltare la conoscenza intellettuale. A questo proposito Hesse crea la Castalia, una comunità eterea e utopistica dedita alla conoscenza intellettuale e isolata dal mondo esterno ma che però, viene influenzata comunque da esso.
Nel romanzo si evince una forte avversione per la guerra e anche per la storia in generale.
Un libro davvero molto complesso.
Lo stile non è immediato e ho dovuto prestare estrema attenzione alla lettura. Questo sicuramente ha influenzato il mio giudizio in quanto mi ha ricordato le letture obbligatorie che si dovevano fare a scuola e che, per quanto fossero capolavori, risultavano sempre e comunque sgradite agli studenti.
Il gioco delle perle di vetro è un libro ricco di pensieri e di riflessioni, è complesso e, per questo non credo che sia un libro alla portata di tutti (sicuramente, per il momento, non completamente alla mia portata), un po’ come la società utopistica della Castalia.
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Cosa ti aspettavi?
Cosa ti aspettavi?
Stoner potrebbe essere identificato come l’uomo comune, ordinario, la cui vita è lineare, senza mai una novità, mai completamente felice né completamente triste.
Stoner è un individuo che subisce gli eventi.
Gli viene detto che deve andare all’università e lui ci va.
Gli viene offerto un posto di lavoro all’università e lui accetta.
Gli capita davanti una bella ragazza e lui la vuole sposare.
Stoner non si impone se non in qualche occasione in cui le sue azioni risultano dettate da un emozione che lo estrania dal corpo (quindi non completamente sue) e dalla quale si risveglia sempre abbastanza velocemente.
Stoner è comunque una figura positiva anche se, a mio avviso, eccessivamente passiva. Anche gli eventi storici come la prima e la seconda guerra mondiale lo sfiorano appena dandogli solo un leggero senso di inquietudine e di estraniamento, ma nulla più, come se facesse fatica ad accettare che qualcosa all’esterno del suo mondo è cambiato.
Nonostante tutto ci ritroviamo a fare il tifo per lui contro l’odiosa moglie (ma come avrà fatto a sposare una donna del genere??) e contro il perfido Lomax.
E ci ritroviamo a sorridere per le piccole rivincite e soddisfazioni che, nel suo piccolo, si prende il nostro beniamino.
Non posso descrivere lo stile di Williams. Credo che chi riesca a trasformare una vita povera di eventi in un romanzo degno di questo nome e conferisca ad esso una scorrevolezza e una ricchezza di linguaggio, sia uno scrittore degno di essere ammirato.
Confesso di non aver capito tutte le citazioni letterarie al primo passaggio all’interno del romanzo, ma questo non ha rallentato più di quel tanto la lettura.
Non posso definire questo romanzo piacevole nel vero senso della parola, ma sicuramente è un romanzo che ti fa riflettere sulla vita.
Quando Stoner cerca di riassumere la sua vita dice ”Cosa ti aspettavi?”. Viene spontaneo, una volta lette queste 3 parole, porsi la stessa domanda e le risposte sono infinite…
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Dolce libresco
Ogni tanto ho bisogno di dolcezza e il mio dolce libresco prediletto, quello su cui sono sicura di non sbagliare, è Nicholas Sparks. Eh, sì, con uno dei suoi romanzi la romanticona che è in me si risveglia ed inizia immediatamente a commuoversi!!
In questo romanzo troviamo Taylor e Denise, lui è un pompiere volontario, ma il suo vero lavoro è l’edilizia, lei invece è una mamma single con un figlio, Kyle, dolce ma bisognoso di premure, che per guadagnare un po’ fa la cameriera part-time.
Tutti e due portano con se un bagaglio di esperienze e di ricordi più o meno dolorose, ma per Taylor questi ricordi rappresentano un peso troppo grande e i suoi fantasmi del passato rimangono ancora lì, in attesa di essere affrontati…
Punto focale di questo libro, a mio avviso è Kyle, il figlio di Denise, un bambino con problemi di linguaggio che non lo fanno interagire bene con altre persone, ma senza una provata patologia. È stato splendido poter leggere dell’amore della madre incondizionato e la costanza di voler procedere passo dopo passo per farlo progredire. Davvero molto bello.
Un giorno o l’altro mi piacerebbe visitar la Carolina del Nord per scoprire se davvero lì la gente è così affabile e accogliente come Sparks la dipinge in questo libro.
Lo stile dello scrittore mi colpisce ogni volta. In poche pagine è come se conoscessimo già da anni personaggi della storia e più sono andata avanti con la lettura, più li ho conosciuti meglio attraverso i loro ricordi e piccoli aneddoti.
Un romanzo davvero bello con un inizio molto movimentato e una storia dove non manca di sicuro il romanticismo, ma nemmeno i momenti di tensione.
Proprio quello di cui avevo bisogno.
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L'altro lato della medaglia
Chi come me ama ”Orgoglio & Pregiudizio” non può non essersi chiesta, almeno una volta, quali erano i pensieri e i sentimenti di Mr Darcy durante tutto il romanzo… Che cosa provava Mr. Darcy quando ha fatto, per la prima volta, la proposta ad Elizabeth? E che cosa è poi successo a Londra?
Queste ed altre risposte vengono date dalla magistrale penna di Amanda Grange che, con un’ abile ricostruzione e storicizzazione degli eventi caratterizzanti Orgoglio e Pregiudizio, costruisce il diario di Mr. Darcy.
E chi non ha mai desiderato leggere nella mente di questo imperscrutabile gentiluomo?
E così mi sono ritrovata a ripercorrere gli avvenimenti più salienti dal punto di vista di Darcy, ho conosciuto il suo innamoramento per Elizabeth ma anch'io, come lui, non ho saputo cogliere il momento quando esso è iniziato.
Ho conosciuto, ancor prima di Elizabeth, i suoi rapporti con Mr. Wickham, e la sua amicizia con Bingley.
Uno splendido romanzo dove tutto, seppur ormai ben noto, appare nuovo e sotto una luce diversa.
Adoro lo stile della Grange e l'espediente del diario mi ha conquistato anche se, mentre leggevo, avrei voluto inizialmente dare un pugno sul naso a Darcy in quanto la sua arroganza, che traspariva in ogni parola, me lo rendevano davvero odioso. Ma man mano che leggevo, il suo carattere cambiava e le mie curiosità sulle vicende appena accennate nell'originale Orgoglio e Pregiudizio, aumentavano in ugual misura!
Insomma un romanzo incantevole sia nella sua versione originale (che ho letto l’anno scorso con estremo piacere) sia nella sua versione tradotta.
Davvero imperdibile!
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Angelo senza ali
Quando ho visto questo libro in libreria, mi hanno colpito da subito diverse cose…
Innanzi tutto il titolo con il suo stile mi ha ricordato qualcosa di antico e misterioso. Quando ho tolto il libro dallo scaffale non ho potuto non rimanere colpita dalla copertina bianca e dall’occhio che risulta moto evidente… non potevo non esser curiosa!
Infine quando ho letto brevemente la trama e ho visto che la storia è ambientata interamente in Italia e precisamente a Viterbo, non ho potuto resistere!
Così anche questo libro è diventato parte della mia collezione.
Da subito l’ambientazione è chiara: ci sono angeli che vivono in mezzo alle persone comune, adeguandosi ma restandone, allo stesso tempo, separati, una casta di pochi. E poi c’è Vittoria, un angelo nato senza ali. Lei viene esclusa dalla società di cui però fa parte, in un limbo indefinito. È tecnicamente un angelo, ma il suo aspetto e soprattutto l’assenza di ali, non la rendono uguale agli altri e perciò esclusa.
Ovviamente non si può parlare di angeli senza che, dopo poche righe, appaiano i demoni, più o meno cattivi.
Cadere nelle stereotipo quando si tratta di personaggi sembra quasi inevitabile oggigiorno, e anche in “Angel” devo dire che ci sono diversi tratti che ormai troviamo in ogni angolo o, meglio, in ogni libro, ma ammetto di non aver avvertito quel disagio quando tutto è semplicemente troppo perfetto e quando leggevo, quasi mi dimenticavo dei difetti o delle stonature che avevo trovato.
Certo, forse lo stile andrebbe ritoccato qua e là, ma devo dire che l’età della scrittrice gioca decisamente a suo favore. Avrà tutto il tempo che vuole per migliorarsi, nonostante sia già molto brava e lo stile che usa scorrevole e a tratti divertente (come quando c’è una conversazione in chat).
In conclusione, complimenti alla scrittrice e allo splendido lavoro che ha fatto!
Non vedo l’ora di leggere il seguito!
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Città di carta
John Green sa come colpirmi, questo è sicuro.
Sa come farmi appassionare alla trama, sa come farmi sorridere, sa come farmi commuovere fino alle lacrime, insomma, sa come emozionarmi!
“…Da quassù non vedi la ruggine, la vernice scrostata, ma capisci che razza di posto è davvero. Vedi quanto è falso! Non è nemmeno di plastica, persino la plastica è più consistente. È una città di carta. Guardala Q: guarda quei viottoli, quelle strade che girano su se stesse, quelle case che sono state costruite per cadere a pezzi. Tutte quelle persone di carta che vivono nelle loro case di carta, che si bruciano il futuro pur di scaldarsi. Tutti quei ragazzini di carta che bevono birra che qualche cretino ha comprato loro in qualche discount di carta. Cose sottili e fragili come carta. E tutti altrettanto sottili e fragili. Ho vissuto qui per 18 anni e non ho mai incontrato qualcuno che si preoccupasse delle cose che contano davvero.”
E cos’è che conta davvero?
Quentin, detto Q, pensa di saperlo, ciò che conta è crescere, andare al college e costruirsi un futuro. E come potrebbe essere diverso per lui? Q così equilibrato grazie anche a due genitori psicologi che lo rendono davvero equilibrato. Loro hanno davvero previsto tutto, sì, tutto tranne Margo. Lei, una ragazza popolare, frizzante e spontanea, nonché vicina di casa di Q. Una ragazza che vive alla giornata, apparentemente libera. Ma attenzione a non tradire la sua fiducia perché l’amicizia con lei dopo andrà a “dormire con i pesci”
Non si sa come o perchè, ma una sera Margo decide di far partecipe dei suoi progetti Q, e la sua vita non sarà più la stessa…
John Green con il suo stile semplice, ma che sa andare dritto al punto, è riuscito nello stesso libro a farmi sorridere, preoccupare e persino a farmi piangere con quell’intensità tale da lasciarmi senza fiato.
Nonostante una trama un po’ rocambolesca, la storia rispecchia la realtà soprattutto per quanto riguarda i caratteri dei vari personaggi.
“Gli esseri umani sono sprovvisti di buoni specchi. È durissimo spiegare a noi come ci vedono e durissimo per noi spiegare agli altri come ci sentiamo”
Green racconta le incertezze di una realtà in continua evoluzione, dove i dubbi sono dietro ad ogni porta. Alcuni scelgono di non affondarli e di rimanere nella sicurezza delle proprie convinzioni, altri hanno così fretta di avere risposte da aprire in una volta tutte le porte e poi da scappare da esse non riuscendo a sostenerne il peso.
Ecco la cosa che mi è piaciuta di più, il fatto che, al’interno di una trama a tratti divertente e spensierata, ci siano numerosi spunti di riflessione.
Che dire infine? Davvero una splendida lettura!
“Ognuno all’inizio è una nave inaffondabile. Poi ci succedono alcune cose: le persone che ci lasciano, che non ci amano, che non ci capiscono o che noi non capiamo e ci perdiamo, sbagliamo, ci facciamo male, gli uni con gli altri. E lo scafo comincia a creparsi. E quando si rompe non cìè niente da fare, la fine è inevitabile. Però c’è un sacco di tempo tra quando le crepe cominciano a formarsi e quando andiamo a pezzi. Ed è solo in quel momento che possiamo vederci, perché vediamo fuori di noi dalle nostre fessure e dentro gli altri attraverso le loro. Quand’è che noi ci siamo ritrovati faccia a faccia? Non prima di aver guardato dentro le nostre reciproche crepe. Prima di allora stavamo solo guardando le idee che avevamo dell’altro come se stessimo osservando una tenda dalla finestra e mai la stanza all’interno. Una volta che lo scafo va in pezzi, però, la luce entra. Ed esce.”
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Il mistero di Hanging Rock
Un mistero inspiegabile quello che avvolge Hanging Rock…
Cosa sarà successo alle 3 ragazze e all’insegnante, scomparse durante una passeggiata il giorno di San Valentino?
E come mai una di quelle tre ragazze viene trovata in buono stato fisico sempre su quelle rocce dopo una settimana?
Un mistero inspiegabile che rimane tale fino alla fine…
Ognuno può provare a dare una propria soluzione, logica o illogica, all’enigma, ma tutti, nessuno escluso, rimarrà deluso in quanto una soluzione non c’è o, per lo meno, non viene svelata.
Chi sono i personaggi principali in questo romanzo? Me lo sono chiesta spesso durante la lettura e, quando pensavo di avere la risposta, ecco che cambiavo pagina e, con essa, anche il personaggio.
Credo che l’unico vero protagonista rimanga il luogo, l’ambientazione, insomma, Hanging Rock e il mistero che lo avvolge.
Lo stile della scrittrice è armonioso e riesce a creare la giusta atmosfera, ma l’espediente narrativo che utilizza non mi piace. Mi infastidisce quando salta da un personaggio all’altro, raccontando un pizzico della storia di quest'ultimo, e poi abbandonarlo per passare ad un altro aggiungendo che è così perchè il personaggio “è secondario rispetto ai fatti raccontati…”
Proprio quando incominciavo ad avvicinarmi ad un personaggio e a scoprire qualcosa di più sul suo conto e sul suo futuro, ecco che, con poche parole riassuntive viene tracciata l’intera sua vita senza altri dettagli o particolari che invece di lasciarmi insoddisfatta mi avrebbero avvicinato maggiormente al personaggio creando una sintonia piacevole…
Ciò che invece mi ha colpito di più è il senso di mistero che aleggiava intorno al romanzo. Pochi indizi, posti a regola d’arte nella trama, che a volte mi hanno fatto intuire qualcosa, altre volte mi hanno solamente confuso, come si s'addice ad un vero mistero.
In conclusione un buon libro.
Chi è curioso saprà trovare, come ho fatto io, i capitoli mancanti che svelano il mistero o, per meglio dire, creano altre domande senza risposta…
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Semplicemente magico
Leggere questo libro mi ha riportato indietro nel tempo, a quell’età quando bastava solamente un po’ di fantasia e tutto diventava possibile…
Meraviglioso!!
Non è facile trovare oggigiorno una saga che ti appassioni veramente fin dal primo libro (non impossibile, ma nemmeno molto facile)… immancabilmente c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe, poca azione, troppa introduzione, poca caratterizzazione dei personaggi, etc… tutto questo mi da sempre l’impressione dell’incapacità dello scrittore di introdurre un mondo/una storia e di fare evolvere la situazione iniziale fin dal primo libro.
Ma in Harry Potter non è così!!
Ho iniziato a leggere completamente all’oscuro di cosa realmente significava la parola “magia” e tutto quello che essa comprendeva, e lo stesso accade al protagonista, Harry Potter.
Questo, a mio avviso, è sempre il miglior espediente per introdurre un nuovo mondo: il protagonista ne deve sapere tanto quanto il lettore in modo che ogni scoperta di uno lo sia anche dell’altro.
È così che ho conosciuto Harry, inizialmente ragazzino decisamente poco ben voluto dagli zii, i Dursley, che lo hanno, malvolentieri, accolto in casa. L’ho seguito a scuola, ho fatto amicizia con Ron e Hermione e li ho seguiti per tutto l’anno scolastico tra molte avventure.
E sì, c’è sempre qualcosa che rimane in sospeso (altrimenti che saga sarebbe?), ma è pur sempre un libro che posso definire completo.
Lo stile della Rowling è semplice, ma ti cattura fin dalle prime righe.
Ho adorato da subito il suo magico mondo. È fantastico ciò che ha creato con semplici parole: Hogwarts, i nomi delle cose (babbani!!! Cioccorane!!), incantesimi, pozioni, insomma l’intero mondo di Harry Potter!! Quando mi trovo davanti a scrittori che riescono a fare tutto ciò rimango ammaliata e non posso far altro che ammirarli…
Concludendo, una storia magica, affascinante fin dalle prime righe… non si può che rimanerne stregati!!
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Una storia, un mistero
Un libro davvero eccezionale che, non so per quale motivo, è rimasto nella mia libreria per un sacco di tempo prima che, finalmente, decidessi di leggerlo…
Un libro che parla di libri e di scrittura…
Un libro che parla di una scrittrice…
Un libro che parla di una vita che è anche un mistero…
Vida Winter è una scrittrice molto popolare e altrettanto misteriosa. I suoi libri sanno rapirti e trasportarti in un luogo nuovo e diverso, così come le storie che racconta ai molti giornalisti che le chiedono di parlare della sua vita…
Ma, ad un certo punto, la verità spinge per essere raccontata e svelata. Ad un certo punto nessuna storia può paragonarsi alla verità.
E così viene scelta lei, Margaret Lea, una giovane libraria artigiana che, ogni tanto si cimenta con biografie di scrittori lontani nel tempo…
Ma che cosa spinge la famosa scrittrice a scegliere proprio lei e non un più accreditato professionista?
… una storia di gemelle, tra passato e presente…
Esiste davvero quel legame così intenso fra gemelli? Un legame superiore a quello dei fratelli? Un legame che si sente, si percepisce, anche se non si è mai avuta occasione di conoscere l’altra metà?
A questo non so rispondere, ma tutto quello che viene raccontato sull’argomento mi ha molto affascinato.
Lo stile della scrittrice è molto fluido.
Il mistero aleggia ovunque, sia nel passato che nel presente. C’è anche un sentimento di nostalgia e di tristezza che sfocia immancabilmente in un sentimento di malinconia che permea le pagine con il suo sapore dolce-amaro.
Sono sincera, la storia mi ha ricordato “Una lontana follia” di Kate Morton che ho letto tempo fa. Diversa in alcuni punti, simile in altri al punto che, sono sicura, fra qualche tempo le storie si intrecceranno nella mia memoria…
Questo non toglie nulla alla bellezza di questo romanzo. Le parole del libro mi hanno talmente rapita che mi immaginavo anch'io come la protagonista, china sul suo manoscritto a leggere e rileggere la storia di Vida Winter in compagnia del gatto Ombra nell'enorme casa della scrittrice…
… e le ore passavano come fossero secondi…
Non posso chiedere nulla di più ad un libro.
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Un premio Pulitzer meritato
Nonostante il mio fallito tentativo con “Il Cardellino” di Donna Tartt, ho voluto tentare con un altro premio Pulitzer… Non so ancora se il mio sia stato un atto delirante o se invece a spingermi sia stata la volontà di provare che per vincere quel premio non serve solamente riempire un numero spropositato di pagine…
Con Middlesex, mi trovo in una via di mezzo. Pur non avendolo amato alla follia, non l’ho nemmeno odiato.
Ho apprezzato l’evoluzione della storia, la descrizione, attraverso vari punti di vista, di eventi di importanza mondiale che si intrecciano con le sorti dei protagonisti, che sono sì tanti, ma ognuno ha una collocazione ben precisa sia a livello storico che a livello della storia di Cal.
Inizialmente troviamo Desdemona e Lefti e insieme percorriamo la loro giovinezza fino alla loro vecchiaia. Ma non ci sono solo loro, troviamo anche i figli e i figli dei loro figli, tra i quali, finalmente c’è Cal/Calliope.
“Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1970 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto 1974, al pronto soccorso di Petoskey nel Michigan”
Beh, che dire di questo incipit? Da solo è riuscito a spingermi a intraprendere questa lettura verso la quale avevo profondi dubbi…
Mi è piaciuto molto lo stile dello scrittore.
Capiva sempre quando era il momento di fare una pausa dalla storia del passato per inserire un episodio del presente più recente. Non tanto, giusto un accenno per ricordarci la fine della storia e staccarci da un passato lontano che magari, aveva bisogno di un periodo di pausa.
Il ritmo del romanzo inoltre, mi ha ricordato quello della narrazione. Fluido sì, ma a volte interrotto da eventi che non si possono tralasciare perché stanno capitando esattamente in quel momento e non possono essere messi in pausa come quelli passati, ormai facenti parte della storia e ai quali si può attingere in qualsiasi momento.
Insomma, questo esperimento mi è stato utile per dimostrare che non contano solamente il numero di pagine per fare di un romanzo un buon libro, ma, a volte, anche la storia ha il suo peso.
Magari può anche non piacere, ma è innegabile che un romanzo così ricco di cultura e di storia si sia meritato il premio Pulitzer.
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Fiducia
“Grazie”
“Per cosa?”
“Per avermi aspettato”
Splendido romanzo! Era da un po’ che non avevo tra le mani un romanzo capace di farmi fare le ore piccole per leggerlo!
Avery ha un segreto e anche se è facilmente intuibile fin dall’inizio, questo mi ha tenuta incollata alle pagine.
Qual’è il suo segreto? È così orribile da spingerla ad abbandonare il suo paese e i suoi genitori per poter “ricominciare” una nuova vita altrove? …ma si sa, è impossibile scappare dal proprio passato…
Cameron è il classico rubacuori, bello, sportivo, con una ragazza diversa ogni sera e… anche lui ha un segreto.
Fiducia. Ecco la parola chiave di questo romanzo. Amore certo, ma soprattutto fiducia, la capacità di affidarsi completamente ad un altro, di confidarsi. Perché se manca la fiducia, è difficile che l’amore possa resistere.
“Quasi gli chiesi scusa di nuovo, ma le scuse erano come i desideri: ce n’erano fin troppi nella mia vita”
Devo dire che ho adorato i personaggi.
Avery è timida e schiva, ma anche divertente e simpaticamente buffa.
Cameron è pieno di amici, loquace e spigliato, quasi l’opposto di Avery, ma si sa che gli opposti si attraggono…
Ho adorato questo romanzo soprattutto per i temi trattati che vengono discussi abbastanza profondamente ma senza la pretesa di dover dire tutto sull’argomento. Viene riportata un’esperienza personale e sentita e questo è sufficiente per trattare di un argomento delicato in modo appropriato. La cosa che ho maggiormente apprezzato è che la scrittrice non vuole dettare legge, non vuole dire come si deve agire o trasformare il tutto in un cliquè perché fa vedere anche un diverso modi di agire nei confronti dello stesso evento spiacevole. Sarebbe stato decisamente fuori luogo se certi argomenti fossero stati sviscerati in maniera dettagliata e puntigliosa, in quanto questo non è un romanzo di formazione.. lasciamo quindi gli argomenti seri ai libri seri e concentriamoci sull’armonia della trama di questo libro.
Lo stile è semplice e scorrevole.
La trama intervalla momenti divertenti ed ironici, dove non mancano battute spiritose che molto spesso mi hanno fatto sorridere, a momenti seri e tristi…
Poiché tutto il romanzo è raccontato dal punto di vista di Avery, la protagonista si apre completamente al lettore e ho potuto vivere con lei tutte le sue emozioni. È stato davvero semplice entrare in sintonia con lei.
Che dire infine? “Ti Aspettavo” è un romanzo completo che alterna momenti felici e tristi, divertenti e seri, mantenendo comunque una linea dolce senza eccedere.
“Un tocco, un solo sguardo bastava. Non pensavo nient’altro che a lui. Non mi ero mai sentita così libera.”
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La leggenda di Alantide
Il primo libro di una serie è sempre difficile da giudicare, secondo me, a meno che non si legga immediatamente il seguito. Soltanto in questo caso, infatti, il senso di insoddisfazione e incompletezza che ti lascia il primo volume viene in parte mitigato.
Ma questo non è il caso, pertanto cercherò di tralasciare l’insoddisfazione provata per concentrarmi su altri aspetti.
Come in Fallen, anche in Teardrop regna un’atmosfera un po’ cupa. Eureka è una ragazza infelice. Non c’è altro modo per dirlo. La morte della madre causata da un “onda anomala” le ha lasciato un vuoto incolmabile e insopportabile al punto tale da tentare il suicidio. Il padre si è risposato e la matrigna non è minimamente paragonabile al genitore che ha perso. L’unica cosa bella nata da questa unione è stata, appunto, la nascita di due gemellini vivaci che le fanno sciogliere il cuore.
Eureka non è però completamente sola, ha i suoi due migliori amici Brook e Cat che l’assisono e la consolano.
Lo strano lascito della madre l’attirerà verso una nuova fase della sua vita sottolineata anche dalla comparsa di un misterioso ragazzo di nome Ander e dell’improvviso cambiamento di carattere del suo migliore amico.
“La donna annuì in direzione degli inseparabili. “Mi dicono che ti sta osservando da lungo tempo”
“Chi?” Cat si guardò intorno nella stanza.
“Lei lo sa.” Madame Blovatsky sorrise a Eureka.
“Ander?” Sussurrò Eureka.
“Ssh” fece la sensitiva. “Il canto dei miei inseparabili è splendido e fausto, Eureka. Non lasciati condizionare da cose che non puoi ancora capire.””
Mi è piaciuta molto la leggenda di Atlantide inserita nel romanzo, ma avrei preferito che fosse maggiormente approfondita…
… ora che ci penso, questo aspetto mi ha un po’ ricordato la trilogia Awakening della Angelini basata sulla mitologia greca, ma forse è solo una coincidenza.
Uno stile semplice e scorrevole rendono la lettura molto piacevole e lineare.
Mi piace lo stile della scrittrice e l’atmosfera che crea intorno ai suoi personaggi, dove non tutto è perfetto, e i pericoli sono evidenti e percepiti come tali pertanto da non sottovalutare. Insomma dove i cattivi sono veramente cattivi, anche se non si capisce chi siano i “cattivi” e chi i “buoni”.
Una conclusione un po’ criptica dettata dalle considerazioni sugli ultimi avvenimenti nel libro che per ovvie ragioni non posso svelare.
Non mi resta che aspettare il seguito.
”Devi sopravvivere perché non posso vivere in un mondo senza te”
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Nessuno lo saprà
Ecco un titolo enigmatico che accoglie il lettore che per la prima prende in mano questo libro: “Nessuno lo saprà”.
E cos’è che nessuno dovrà sapere?
Nessuno, a parte il protagonista, saprà mai quanto disagio e senso di insicurezza può creare un improvviso cambiamento di vita.
Nessuno saprà mai che il suo scopo non è solo quello di coronare il suo sogno attraversando l’Italia da costa a costa, ma è soprattutto quello di dimostrare che non è morto, che alla sua età può fare ancora molto, che non è finito solamente perché si è sposato ed è diventato padre..
O forse… nessuno saprà mai il nome del protagonista, in quanto non viene mai citato…
Molti si sbagliano pensando che sia Brizzi il protagonista. Vengono tratti in inganno dallo stile usato e dal fatto che veramente lo scrittore ha compiuto la camminata descritta, ma il resto è fantasia ed è facilmente dimostrabile leggendo il suo ultimo libro dove racconta la sua vera storia…
Tornando a questo libro, il protagonista compie il suo cammino accompagnato dapprima dal fratello (anche in questo caso il nome latita) e poi da altri amici. E così li conosciamo tutti, il fratello che lavora all’università, il Viet (o Luca) l’amico un po’ pazzo, farmacista ma sognatore musicista, Galerio ex libraio che non ha ancora trovato cosa vuol veramente fare nella sua vita ma appassionato di fotografia ed infine Leo, un piccolo industriale genuino e sincero, nonché amante del metal.
Li conosciamo tutti, ognuno con le sue debolezze e il suo carattere, e tutti pronti a fare un pezzettino di strada in mezzo alla natura e a viverne la bellezza e le difficoltà.
Devo dire che lo stile non mi è piaciuto molto. Leggere questo libro è stato un po’ come leggere di un ricordo, una memoria e probabilmente è così almeno per quanto riguarda la strada percorsa. Tutti i “mi” e i “ci” (ci dicevano, mi aspettava, ecc…) sono poco coinvolgenti secondo me.. Mi hanno buttato forzatamente in una storia dove sembravo essere la protagonista ma che in realtà non mi appartiene. Io, per lo meno, mi sono sentita così…
Tutto questo non toglie il sorriso che alcuni vocaboli usati mi hanno fatto comparire… Il mio preferito? Sicuramente “stralùnami”!!!!
In conclusione un bel viaggio e, quindi, un bel libro.
Sicuramente intraprenderò altri viaggi con Brizzi.
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L'isola sotto il mare
Proprio ieri sono stata a ballare in piazza con i tamburi magici di Sanité Dédé. Ballare e ballare. Di tanto in tanto arriva Erzuli, loa madre, loa dell’amore, e possiede Zarité. Allora ce ne andiamo insieme al galoppo a trovare i miei morti nell'isola sotto il mare. Così è.
Ho capito una cosa leggendo questo libro: la letteratura sudamericana non fa per me.
Pur apprezzando il contesto storico, culturale ed ambientale che si delinea, non riesco ad appassionarmi alle vicende, né ai personaggi.
L’isola sotto il mare è un romanzo che rappresenta un periodo, una cultura, un’evoluzione. Voler delineare qualche fatto in particolare non renderebbe giustizia agli intrecci e agli avvenimenti che accadono nel romanzo.
Ma non si può leggere questo romanzo senza voler parlare del personaggio di Zaritè. Diciamo che lei rappresenta il punto di vista maggiormente presente e che pertanto può quasi assumere un ruolo da protagonista, anche se in realtà non è così perché i veri protagonisti sono le credenze le culture e gli avvenimenti storici.
E Zaritè è la nostra finestra su tutto ciò. Ammetto di non essere riuscita ad immedesimarmi nel personaggio, ma mi ci sono affezionata tanto da ritrovarmi a sperare che nella sua vita difficile ci fosse, prima o poi, un po’ di felicità.
Lo stile dell’Allende è abbastanza fluido e semplice. I punti di vista sono molteplici ma fondamentali per l’intreccio della storia. Alcune volte vengono introdotti vocaboli appartenenti a culture particolari ma vengono anche spiegati o comunque il lettore ne intuisce il significato dal contesto e questo fa si che la lettura non venga interrotta né appesantita.
Rispetto ad altre letture appartenenti allo stesso genere, sicuramente questa è stata la più piacevole e scorrevole.
Nonostante l’esordio di questa mia recensione, ammetto che i libri dell’Allende in qualche modo mi colpiscono e sono sicuro che in futuro leggerò qualcos'altro di suo.
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Aspettando...
892 pagine attendendo un messaggio che, ero certa, sarebbe trapelato alla fine… e poi?
892 pagine per sentirmi dire "Che la vita – qualunque cosa sia – è breve. Che il destino è crudele ma forse" (forse? Dopo 892 pagine almeno dammi una qualche certezza!) "non casuale. Che la Natura (intesa come Morte) vince sempre, ma questo non significa che dobbiamo inchinarci e prostrarci al suo cospetto." (Anche perché evidentemente per il protagonista, come più volte lui stesso ammette, non ha funzionato) "Che forse anche se non siamo sempre contenti di essere qui," (ma parla per te!) "è nostro compito immergerci comunque: entrarci, attraversare questa fogna," (Che bella prospettiva invitante…) "con gli occhi e il cuore ben aperti."
Non volevo inserirmi così prepotentemente nel pezzo del brano ma dopo, ripeto, 892 pagine mi aspettavo di più e mi sono sentita un tantino presa in giro.
Prima di leggere avevo visto alcune recensioni positive (non ero andata nel dettaglio, avevo solo visto che erano voti alti) ed aspettavo con ansia il punto di svolta, quel momento in cui mi sarebbero brillati gli occhi e avrei esclamato “Ecco!! È per questo che ha vinto il premio Pulitzer!!”
Invece ho atteso invano e in cambio della lettura di un numero enorme di pagine, ho ricevuto una frase che poteva essere riassunta in “La vita è una ed è breve. Vivila al meglio”.
Riassumere brevemente la trama è un’impresa impossibile, e come sarebbe possibile riassumere in poche righe una vita intera?? Fatti, concatenazioni di eventi, la cui complessità, devo ammettere, è stata sorprendente, ma che però mi hanno completamente e irrimediabilmente annoiata. Le vicende di Theo non mi hanno appassionato o interessato, anzi devo dire che ho assunto lo stesso atteggiamento, nei confronti di questo libro, che il protagonista ha nei confronti della vita: indolente e passivo.
Lo stile della Tartt, invece mi ha favorevolmente colpito. Dolce, limpido e scorrevole (probabilmente non avrei terminato il libro se fosse stato altrimenti), ma forse un tantino troppo descrittivo. Le descrizioni molto lunghe, per quanto efficaci, mi sono apparse fredde e prive di emozioni. Sono riuscita benissimo ad immaginarmi i luoghi in cui si sono svolte le vicende, ogni minimo particolare, ed era veramente sorprendente, ma tutto ciò non mi interessa se da queste descrizioni non riesco a cogliere le emozioni più profonde del protagonista.
Il protagonista, Theo, è un altro degli elementi che non mi sono piaciuti nel libro. I personaggi passivi, indolenti, e tendenzialmente auto-distruttivi non mi sono mai piaciuti, in nessun libro. Fin dall’inizio vediamo che Theo non fa mai una cosa di sua iniziativa, ma viene trascinato da un capo all’altro della sua esistenza, tra alti e bassi (ma soprattutto bassi) che però non lasciano traccia… tutto gli scorre addosso… e le poche azioni che intraprende sono da vigliacco, come un bambino che lancia il sasso e poi nasconde la mano…
Mi sono fatta un’idea abbastanza precisa di come possa essere il suo volto: espressione neutra, mai un sorriso, o se proprio, un piccolo ghigno, occhi assenti con pupille dilatate, forse un fascino da anima tormentata, non certo da bravo ragazzo come sembrano tutti pensare nel romanzo.
Concludendo, non è stata una lettura adatta a me.
La cosa che mi è mancata più di tutte mentre leggevo è stato il coinvolgimento. Quella forza che solitamente mi spinge a rimanere alzata tutta la notte pur di continuare a leggere. Mi è davvero mancata. E per me questo è un qualcosa di fondamentale che ci deve assolutamente essere, anche se in minima parte, e credo che per me sia forse più importante anche della trama, dello stile e dei protagonisti… mi è mancata la scintilla…
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- sì
- no
Parigi!!
Ah, Parigi!!! La città dell’amore e del romanticismo…
Che bellissima e dolcissima ambientazione ha questo libro!!
Quando ho letto il titolo non ho saputo proprio resistere perché Parigi è una città meravigliosa e perché ho conosciuto Jojo Moyes con ”Io prima di te” e non vedevo l’ora di leggere nuovamente qualcosa di suo.
Nonostante la brevità di questo libricino (in fondo è un prequel, che cosa mi aspettavo?) è riuscito comunque a trasmettermi qualcosa ed ad appassionarmi alle vicende di queste due coppie lontane nel tempo ma accumunate dalla meta della loro luna di miele e… da un dipinto!
Uno stile davvero scorrevole ed appassionante mi ha rapito per una notte e non sono riuscita a chiudere occhio finché non ho letto l’ultima pagina.
Il fatto che ho maggiormente adorato è sta la totale mancanza di banalità, cosa non facile se si considera la brevità e l’argomento trattato.
Davvero carino!
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Capra e Montone
”Cara capra,
come ci si innamora? Si casca? Si inciampa, si perde l’equilibrio e si cade sul marciapiedi, sbucciandosi un ginocchio, sbucciandosi il cuore? Ci si schianta per terra sui sassi? O è come rimanere sospesi oltre l’orlo di un precipizio, per sempre?
So che ti amo quando ti vedo, lo so quando ho voglia di vederti. Non un muscolo si è mosso. Nessuna brezza agita le foglie. L’aria è ferma. Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo. Senza neanche un battito di ciglio. Non so neppure quando è successo.
Sto bruciando. È troppo banale per te? No e lo sai. Vedrai. È quello che capita, è quello che importa, sto bruciando.
Non mangio più, mi dimentico di mangiare, mi sembra una cosa sciocca, che non c’entra. Se ci bado. Ma non bado a niente.
Stanotte ho buttato il libro dalla finestra. Ho provato a dimenticare. Tu non vai bene per me, lo so, ma quello che penso non mi interessa più, a meno che non pensi a te.
Quando sono accanto a te, davanti a te, sento i tuoi capelli che mi sfiorano la guancia anche se non è vero. Qualche volta guardo altrove, poi ti guardo di nuovo.
Quando mi allaccio le scarpe, quando sbuccio un arancia, quando guido la macchina, quando vado a dormire ogni notte senza di te, io resto, come sempre
Montone”
Una lettera, un mistero..
Un amore, una passione, ma di chi? E per chi?
Helen è ossessionata da questo mistero capitatole quasi per caso tra le mani. La sua indagine la condurrà verso un amore diverso, ma altrettanto forte a quello proclamato nella lettera.
Helen è una stronza. Lei stessa si definisce tale, e più volte lo ripete nel corso del libro. È una constatazione, non un opinione. Ed è assolutamente vero, soprattutto quando dice al suo giovane aiutante Johnny che deve ascoltare la gente quando lei stessa, per prima, non lo fa, pone una domanda e senza nemmeno aspettare una risposta (o peggio, dandola lei stessa) passa ad altro..
Lo stile è ciò che mi ha fatto più esasperare di tutto il libro..
Nonostante vengano alternati i punti di vista di Helen e Johnny, tutto la storia si presenta come un costante e incessante flusso di pensieri, dove una cosa ne seguita subito un'altra senza che ci sia un nesso di continuità facilmente seguibile. Sicuramente non è lo stile che preferisco perché alla fine mi sembra sempre che tutti i personaggi siano un po’ matti… per non parlare del fatto che questo flusso costante mi impedisce di trovare un varco per entrare in sintonia con loro…
L’ambientazione, essendo una libreria, mi ha colpito e mi è piaciuta, ma per il resto…
Una semplice storia d’amore, forse anche un po’ banale se si considera che nasce dall’ossessione per una lettera che, diciamolo, non è proprio l’espressione più pura dell’amore, ma sembra quasi una presa in giro.
Libro carino ma nulla più.
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- no
Celie & Nettie
Quando inizi a leggere questo libro, inizi anche a conoscere Celie, una giovane ragazza e, in seguito, donna del profondo Sud degli Stati Uniti (precisamente Georgia).
Quando si inizia a leggere, non si può non rimanere colpiti dal trattamento che viene riservato alle donne: oggetti, solo semplici oggetti utili solamente a pulire e a cucinare o buone per essere barattate con altre merci al miglior offerente.
Celie, la protagonista, ne è un tipico esempio: violentata fin dalla più giovane età da colui che credeva suo padre e costretta alla sottomissione e al lavoro duro.
Celie non conosce nient’altro, solo questa realtà ed è convinta, pertanto, che sia l’unica vita possibile per lei e quindi anche l’unica che lei possa meritare.
Ma poi, ho assistito a una sua profonda evoluzione grazie alla presenza di altre donne, così diverse da lei…
Prima compare Sophie, capace da sola di tener testa ai capricci di suo marito Harpo (il figliastro di Celie) e poi Shugar, cantante di successo e donna indipendente. Loro le apriranno gli occhi su come dovrebbe essere la vita e finalmente Celie capirà cosa è più giusto per se stessa.
Difficile non fare un paragone con ”The Help” (che, ammetto, mi è piaciuto di più), ma poiché l’ambientazione è completamente diversa (per non parlare dei personaggi), non si trovano molte similitudini tra i due romanzi.
Solitamente lo stile epistolare mi piace. Ed infatti le lettere che Celie indirizza prima a Dio e poi a sua sorella Nettie, pur mostrando una completa assenza di educazione, esprimono sentimenti forti e chiari.
Le lettere invece che Nettie invia alla sorella assumono tutta un’altra sfumatura. Sono fredde e impersonali ma, anche se in esse è evidente il livello di cultura che manca alla sorella (o forse proprio per questo?), assomigliavano solamente a pure e semplici lezioni sulla vita in Africa.
In conclusione ”Il Colore Viola” è una storia di emancipazione femminile, di maturazione, si può quasi definire di evoluzione, della donna, non solo di Celie, ma di tutte le donne presenti in questo romanzo che riescono a prendere, anche se con modi e scopi diversi, la propria vita in mano, orientandola verso la giusta direzione.
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Cioccolato & Parigi
Leggere ”Ladra di cioccolato” crea dipendenza come mangiare del buon cioccolato che ti si scioglie in bocca… L’ho letto nel giro di pochi giorni e l’ho letteralmente “divorato”!!!
Sarebbe stato perfetto leggerlo davanti ad una tazza fumante di cioccolato, ma non voglio nemmeno pensare a tutte quelle calorie…
L’argomento che fa da sfondo a tutto il libro è, evidentemente, il cioccolato in tutte le sue forme, dalla tavoletta commerciale comprabile a pochi centesimi in un supermercato, fino ad arrivare ai cioccolatini artigianali, quelli che ti costano una piccola fortuna (e non sto parlando delle calorie).
Ma soprattutto questa è una storia d’amore tra due concorrenti nel mercato del cioccolato anche se in settori diversi e con evidenti ambizioni differenti.
Riusciranno a superare tutte le diversità grazie al delizioso cioccolato? Mmmm non resta che leggere!!
E, nel frattempo, parlo dei due protagonisti.
Cade Corey è figlia del famoso produttore di tavolette di cioccolato Corey, vendibili in tutti i supermercati a prezzi bassissimi e pertanto accessibili a tutti, ma la sua ambizione, quella per la quale si trovava a Parigi, era quella di creare una linea artigianale con l’aiuto del più grande artigiano del cioccolato: Sylvain Marquis.
"Il profumo del cioccolato usciva di soppiatto dal negozio diffondendosi per strada... Il cacao le pervase i sensi. Era come un abbraccio. Quell'odore la riportava a casa... Il cioccolato era la materia di cui era fatta la sua vita."
Sylvain Marquise è, in apparenza, il classico parigino nei confronti di uno straniero: arrogante, freddo e presuntuoso. Ma poi si scopre un'altra parte del suo carattere…
"Era gonflèe, pensò Sylvain, mentre con un movimento delle labbra che esprimeva noncuranza versava il cioccolato nel bagnomaria per scaldarlo. Complètement gonflèe. Anzi, era talmente piena di sè che gli veniva un desiderio irrefrenabile di pungerla con uno spillo… "
Lo stile della scrittrice è molto scorrevole e ho adorato le parole francesi che compaiono un po’ dappertutto anche se, lo ammetto, ho dovuto usare un traduttore per qualcuna.. Questo però non ha rallentato la lettura e ha reso il tutto molto più interessante.
L’ambientazione per me ha qualcosa di magico. Parigi mi ha, da sempre, affascinato, e credo che i romanzi ambientati lì ( o comunque in Francia) abbiano una marcia in più per quanto riguarda il romanticismo.
Uno splendido libro da assaporare dove il vero protagonista è il cioccolato!
"Però, che buon cioccolato sapeva fare. Cade aveva iniziato ad assaggiarlo e non era riuscita a fermarsi. Poi lo aveva sognato, aveva immaginato quel cioccolato ricco, vellutato e perfetto che narcotizzava i suoi pensieri; gli aromi delicatamente complessi che l'avvolgevano nelle loro spine in un gioco di seduzioni sfuggenti che la attiravano sempre più giù…”
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Gli animali leggendari
Questo libro è stata una vera e propria scoperta, non mi aspettavo nulla del genere!!
Innanzi tutto la protagonista, Sybel, la maga di Eld, è un personaggio molto insolito. Inizialmente potremmo quassi definirla un anti-eroina perché egoista e quasi priva di sentimenti tanto che viene paragonata al ghiaccio per la sua freddezza (ma anche per la sua bellezza).
In realtà però questa è solo la sua facciata esteriore lei ama in modo infinito quegli animali mitici che riesce ad evocare con la sola forza del suo pensiero..
E così ho conosciuto il Saggio cinghiale Cyrin che risponde a tutti gli enigmi tranne a uno, il drago Gyld che custodisce il più grande tesoro mai esistito, il falco Ter, e la gatta Moria che si dice conosca i più terribili sortilegi.
Tutti rispondono al potente richiamo di Sybel, tutti tranne il Lyralen, il leggendario uccello bianco e maestoso.
E tutti loro la amano e la proteggono…
Come si può definire fredda? Magari diversa, quello sì…
E quando un affascinante principe di un regno vicino le chiede di custodire un bambino, le cose cambieranno radicalmente per Sybil.
“Ho pensato a voi, ai vostri capelli chiari come la neve per tutta la durata del mio viaggio lungo e freddo, dal Sirle a qui. Dentro di me sentivo che eravate preoccupata, e non c’era altro posto al mondo dove volessi essere, salvo che laggiù, sulla strada che portava a voi. Quando avete aperto il cancello per farmi entrare mi sono sentito come a casa mia”
La trama è incalzante e gli eventi non mancano, tanto che non riuscivo a staccare gli occhi dalle pagine, volevo scoprire sempre di più!!
Ho adorato le leggende sugli animali, come vengono introdotte e come raccontano la capacità degli animali di soggiogare la volontà di qualsiasi uomo con la sola bellezza, forza o astuzia… e che personalità! Davvero intriganti, meravigliose e uniche!
I personaggi, unici nella loro particolarità, e uno stile semplice ma incalzante, uniti a un’ambientazione che potremmo definire medioevale (che io adoro in modo particolare) hanno fatto in modo che questo libro scorresse piacevolmente tra le svolte e gli eventi della storia raccontata, davvero affascinante.
Sono stata travolta da questo mondo senza nemmeno rendermene conto e, davvero, avrei voluto accarezzare il gatto Moria, farmi raccontare storie dal cinghiale Cyrin e, perché no, fare un volo sul leggendario Lyralen… ma in fondo, leggendo, è proprio questo che è successo…
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”Se non hai fifa… non sei umano”
”Se non hai fifa… non sei umano”
“Il Labirinto” di Dashner James è sicuramente un libro adrenalinico che ben si presta alla trasposizione cinematografica (come infatti è avvenuto).
Thomas è in una “stanza che si muove”, non ricorda nulla fuorché il suo nome. E poi si ritrova in questa radura dove i ragazzi usano termini strani come pive, fagio e, soprattutto, sploff e caspio…
Thomas è confuso. Non sa e non si ricorda nulla e la sua mente è piena di domande che però non trovano immediata risposta.
La confusione di Thomas è andata di pari passo alla mia e man mano che lui scopriva qualcosa in più anche la mia mente si rischiarava.
Ho apprezzato l’espediente dello scrittore che non mi catapultato in un mondo distopico sommergendomi fin dall’inizio da una marea di informazioni ma, ma poiché Thomas non ricorda nulla, ho imparato le “regole del gioco” in modo graduale insieme al protagonista.
Lo stile è scorrevole e a parte un iniziale fastidio per l’uso di un linguaggio con termini non usuali, la lettura è stata molto piacevole e veloce.
Un difetto però l’ho trovato. I personaggi mi sono apparsi un po’ troppo piatti e vuoti. È ovvio che per quanto riguarda il protagonista, dal momento che la storia è raccontata interamente dal suo punto di vista, questo non è vero ed infatti ho scoperto che non solo è intelligente, ma anche coraggioso e altruista (e forse un po’ incosciente). Ma vogliamo parlare di Teresa? Dovrebbe essere fondamentale, no? Invece nulla, sembra anzi eccessivamente fredda. Si sa che c’è questo particolare collegamento fra i due ragazzi ma nulla in più sul carattere di lei (a parte che anche lei è molto intelligente come Thomas)
Tutto sommato posso soprassedere su questo difetto dato che è il primo libro di una trilogia e sicuramente il finale mi ha suscitato una forte curiosità di leggere anche il seguito.
Non vedo l’ora!!!
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Uno strappo nel cielo di carta
Ammetto di avere ampie lacune relativamente a Pirandello e credo che un conoscitore dell’autore avrebbe apprezzato maggiormente questo romanzo così denso di rimandi a lui e alle sue opere.
Con questo non voglio dire che questo libro non possa piacere a prescindere dallo studio di Pirandello, a me, ad esempio, è piaciuto, ma credo che con le giuste conoscenze, possa essere giudicato più consapevolmente.
Le vicende ruotano intorno a sei personaggi, Silvia, Adriana, Marta, Matteo, Leonardo e Vittorio, attraverso passato e presente.
Le loro vite sono inequivocabilmente intrecciate, nel passato come nel presente, dalla professoressa Contri che li spinge, da giovani, a realizzare un’opera teatrale e, “da maturi”, a rappresentarla nuovamente in sua memoria.
Ognuno di loro ha la sua vita, le sue passioni, la sua famiglia ed è stato interessante notare, grazie al parallelismo tra passato e presente, le differenze tra le aspettative di loro da giovani, così piene di voglia di cambiamento e di avventura (almeno per alcuni) e di come invece si sono risolte le loro vite pur non stravolgendo la loro personalità.
Devo ammettere, mio malgrado, che lo stile non mi è piaciuto particolarmente.
Ho apprezzato i passaggi tra passato e presente, ma avrei preferito che questi fossero maggiormente collegati fra loro e non solamente nel punto della rappresentazione finale… non so, una sorta di “nel passato ero/ho fatto questo, quindi ora mi è successo quest’altro”.
A parte questo, il testo è molto scorrevole e la lettura procede spedita.
Ognuno dei sei personaggi è diverso, ha un proprio carattere e una propria personalità. I due personaggi che mi sono piaciuti maggiormente sono Adriana, per la sua determinazione nel voler trovare un compromesso tra la vita lavorativa così frenetica e la sua famiglia, nonché per la lealtà che dimostra nei confronti della figliastra, e Leonardo, perché penso che possa rientrare perfettamente nella definizione di “bravo ragazzo” e perché non si può trovare nulla di negativo sul suo conto.
Gli altri invece…
Silvia è molto lontana dal mio modo di essere perché non riesce ad accontentarsi di quello che ha e, invece di reagire, non fa altro che lamentarsi, cosa che mi da profondamente fastidio e Marta, anche se credo che a livello professionale sia molto brava, non mi piace la sua confusione e le sue innumerevoli scelte sbagliate nonché la completa differenza fra ciò che pensava in passato e ciò che poi ha fatto in futuro…
Dal lato maschile invece troviamo Matteo che è il classico str… ehm, chiamiamolo libertino? Povera la moglie Maria che per una vita non sente nient’altro che bugie tanto che per lei è impossibile riconoscerle!
E Vittorio? Nonostante all’inizio pensassi fosse il più maturo di tutti, affronta le difficoltà come un ragazzino che si trova per la prima volta davanti a una svolta della sua vita che non aveva previsto: va in panico!!
Queste mie considerazioni, seppur non complete per non rischiare di anticipare troppo la trama, credo che delineino sufficientemente i personaggi presenti in questo romanzo…
È ovvio che poi ogni lettore la potrà pensare diversamente e sentirsi più vicino ad un personaggio rispetto ad un altro, in fondo non siamo tutti “uno, nessuno e centomila”?
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Dolce favola
Che bella favola!!
Ho veramente adorato questo libro a partire dal nome della protagonista, Azalea, e di tutte le sue sorelle, Begonia, Camelia, Dalia, Erica, Fiordaliso, Gardenia, Iris, Lillà, Margherita, Ninfea e Ortensia, tutte rigorosamente in ordine di età!
Azalea, la più grande e l’erede al trono (il cui sposo deve essere approvato dal Parlamento), si ritrova improvvisamente carica di responsabilità a causa della morte della madre.
Una storia intrisa di magia e ballo, ma soprattutto, d’amore. È meravigliosa la descrizione dell’affetto e della complicità presente tra le sorelle. Inoltre, pur essendo davvero tante, la scrittrice riesce a dare a ciascuno di loro spazio e a conferire una particolarità che le rende uniche, tanto che non è difficile distinguerle. Ognuna ha il suo carattere, e una propria particolarità o movenza o caratteristica che la differenzia dalle altre. Azalea non solo è la più grande, ma è anche la meno impulsiva, la più determinata e anche, a mio avviso, la più dolce e delicata.
L’ambientazione in cui si evolvono le vicende è magica, ma non mancano argomenti importanti come il dolore per la perdita di un genitore e il difficile rapporto che si instaura con quello rimasto.
Lo stile semplice consente una letture fluida e veloce anche se, in alcune parti, quando si parla dei vari balli, le tecnicità che vengono spiegate risultano di difficile comprensione soprattutto per chi non è afferrato nelle danze, ma le immagini che le parole mi hanno suscitato erano molto precise e non è stato difficile immaginare i giochi e i balli fra le ragazze.
Ammetto però che la cosa che mi ha rapita e conquistata è stata la magia… e come si può resistere??
Una magia antica, legata all’argento che ti spinge a osare e a sperare…
In conclusione un bellissimo retelling. Ammetto di non conoscere la fiaba originale e, in futuro sicuramente provvederò a colmare questa mia lacuna, ma, nonostante le mie scarse conoscenze, è stato un libro godibilissimo con momenti a volte davvero divertenti.
Buona lettura.
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Il limite
”A volte quando vedi un limite pensi che sia una buona idea superarlo… finché non lo fai”
Ho finito da non molto di leggere questo splendido libro. L’ho divorato nel giro di due giorni nonostante le sue 400 e oltre pagine. Ammetto che ne avrei lette altrettante!!
Non riuscivo davvero a smettere di leggere, volevo assolutamente sapere le vicende dei due protagonisti di questo romanzo: Echo e Noah.
Echo è un artista, ma eccelle praticamente in tutte le materie grazie (o a causa?) del padre che la spinge a primeggiare in tutto. Echo vive col padre che si è fidanzato con quella che una volta era la baby-sitter della ragazza(!!), mentre la madre non può vedere la figlia a causa di un ordine restrittivo (motivo del quale inizialmente non si conosce, ma che in seguito viene svelato). Aggiungiamo poi che il fratello è morto nei marine e avremo solamente una vaga idea di chi è veramente Echo.
Ma la cosa particolare sta nel fatto che neanche Echo lo sa fino in fondo perché ha un buco nella memoria, una giornata intera mancante, che lei vuole disperatamente riempire per capire la direzione da dare alla sua vita. Come si è procurata quelle cicatrici sulle braccia che le creano tanto imbarazzo? Chi l’ha ferita così tanto nel profondo da dover rimuovere l’intera giornata?
È proprio per dare una risposta a queste domande e per superare asocialità in cui si è rinchiusa dopo quel giorno che Echo dovrà frequentare una psicologa, la professionale, ma, allo stesso tempo frizzante e briosa, sig.ra Collins.
Noah invece, è un ragazzo sfortunato. Non saprei come definirlo in altro modo. Dopo aver perso i genitori in un incendio, viene sballottato da una casa affidataria a un'altra, trovando genitori poco amorevoli. Il suo unico scopo è quello di riavere i suoi due fratelli, anch'essi affidati a una famiglia affidataria, in quanto è l’unica vera famiglia che gli rimane ed è disposto veramente a tutto pur di riaverla indietro.
Anche lui, per questo scopo, frequenterà la sig.ra Collins.
Due ragazzi diversi, di ambienti differenti, con storie diverse, ma accomunati dalla ricerca di una normalità, nonché dalla sig.ra Collins!!
Mi è piaciuto molto lo stile scorrevole della scrittrice. Il romanzo viene suddiviso tra i punti di vista di Echo e di Noah. Ho apprezzato la differenziazione del linguaggio e di alcuni particolari nello stile a seconda di chi parlasse/pensasse in quel capitolo. Questo non solo ha creato un immagine precisa del personaggio, ma ne ha anche delineato il carattere.
Mi dispiace, ma un difetto l’ho trovato: la conclusione molto (troppo) prevedibile delle vicende personali di Noah, ma questa è davvero un fatto piccolissimo rispetto a tutto il resto che ha reso questo libro una splendida lettura.
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Vivi bene. Semplicemente vivi.
Questo libro me l’hanno consigliato e io, dopo aver letto la trama, mi sono decisa a comprarlo, ma poi è rimasto in attesa per un po’…
Non so se è lo stesso per tutti, ma io, quando devo affrontare un libro che tocca tematiche delicate come questo, ho bisogno di uno stato mentale particolare, non devo essere troppo giù di morale altrimenti mi trasformerei in una fontana vivente allagando ogni angolo della mia casa, ma nemmeno essere troppo felice perché altrimenti mi allontanerei troppo dai protagonisti.
Una volta trovato questo equilibrio ho potuto assaporare questo delizioso romanzo.
Luisa Clark è la nostra protagonista. È una ragazza semplice che si accontenta di quello che ha e della sua vita semplice, con un gusto eccentrico in fatto di vestiti. Ha un ragazzo da sempre, uno sportivo che non pensa a nulla che non sia correre (noioso!!), due genitori amorevoli e una sorella, ragazza madre, molto intelligente (a quanto è stato detto perché non ha mai dimostrato livelli particolarmente alti di intelligenza durante il romanzo).
La sua banale, monotona e sicura vita verrà sconvolta quando, una volta perso il lavoro, si ritroverà a fare da assistente ad un attraente trentacinquenne tetraplegico, Will Trainor.
Le vite di entrambi verranno sconvolte da questo incontro e nulla sarà più come prima.
Sicuramente l’argomento trattato è molto delicato, ma la scrittrice ha saputo avvicinare il lettore a questa tematica senza necessariamente esprimere la propria opinione in merito. Nemmeno io ho sentito il dovere di prendere una posizione in merito, ma ho semplicemente assaporato il romanzo e le sensazioni che mi ha suscitato.
“Io voglio che lui viva.[…]Ma voglio che viva se è lui a desiderarlo. Se non è così, se lo costringiamo a tirare avanti, non importa quanto gli vogliamo bene: diventeremo solo degli stronzi che gli impediscono di fare le sue scelte.”
Lo stile della scrittrice m è piaciuto molto. Ho adorato il fatto che sia riuscita, anche attraverso momenti divertenti o spiritosi, s trasmettermi sensazioni molto profonde ed intense.
L’intera storia viene raccontata dal punto di vista di Luisa, pertanto conosciamo tutto di lei, le sue emozioni, le sue paure e le sue insicurezze.
Il primo capitolo però è raccontato dal punto di vista di Will, un ragazzo sicuramente diverso da quello che incontra Luisa e che anch’io ho imparato a conoscere durante la lettura. Questo però è un capitolo molto importante, perché ci offre una fotografia della vita di Will prima dell’incidente che lo ha reso un tetraplegico, fondamentale a mio avviso, per capire il suo carattere e la sua evoluzione.
Un libro toccante che non va giudicato, ma semplicemente assaporato.
“Vivi bene. Semplicemente vivi.”
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Ashdown
“La casa del sonno” è sicuramente un libro molto particolare.
Il punto intono a cui ruotano le vite dei protagonisti di questo romanzo è Ashdown, soprannominata la casa del sonno in quanto dormitorio per studenti, poi diventata una clinica per combattere i disturbi del sonno.
La particolarità di questo romanzo è che si articola su due filoni temporali differenti: i capitoli dispari sono ambientati nel 1983/84, quelli pari nel 1996.
E così conosciamo i vari personaggi di questo racconto che si alternano nel punto di vista: Gregory, Veronica, Terry, Robert e Sarah, ma sarà solamente intorno a quest’ultima che si sviluppa la trama.
Leggere questo libro è stato un po’ come fare un puzzle: tassello dopo tassello, capitolo dopo capitolo, prende forma un’immagine, ma finché non ho messo l’ultimo tassello, e quindi non ho letto l’ultimo capitolo, non ero riuscita a comprendere tutto, ad avere l’intera visuale.
La suddivisione del libro ricalca la suddivisone delle fasi del sonno: Veglia, Fase 1, Fase 2, Fase 3, Fase 4, Sonno Rem, ma non c’è uno stacco tra una fase e quella successiva, anzi, alla fine dei capitoli c’è sempre una frase che rimane sospesa e che viene ripresa nel capitolo successivo con un significato (e in un contesto) completamente diverso, quasi a voler sottolineare l’ineluttabilità del destino dove nulla è lasciato al caso e dove tutto si crea grazie a una concatenazione di cause ed effetto…
Pagina dopo pagina il puzzle si compone e quello che ci sembrava incomprensibile trova una sua collocazione, un suo spazio, e tutto acquista senso.
Una lettura davvero interessante.
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Sorprendente
Che sorpresa!!
Non mi aspettavo di trovare un libro così piacevole in Graceling, cioè mi aspettavo di trovare un bel libro, questo sì, ma così capace di trasportarmi via con sé non l’avrei mai pensato!
Innanzi tutto ho adorato l’ambientazione, tendente al medioevo, con descrizioni dettagliate ma mai pesanti o noiose. Mi è piaciuto inoltre il mondo creato dalla scrittrice con questi sette regni tutti lontani tra loro ma accumunati da una caratteristica: la presenza dei graceling.
I graceling sono umani con particolari capacità e si notano in quanto hanno gli occhi di due colori diversi. E appena questa caratteristica si manifesta tutti i graceling vengono mandati alla corte del re per vedere se possono servire il regno con le loro capacità.
Il dono di Katje, la protagonista, le consente di diventare un’arma temibile nelle mani di suo zio, il re Rand.
“Aveva ammazzato già abbastanza, più che altro per ordine di suo zio. Re Rand la trovava utile: quando i banditi al confine davano problemi eccessivi, perché mandare un'intera armata, quando poteva spedire un'unica persona? Era molto più economico.”
Ma c’è sempre speranza e quando Katje comincerà a guardarsi dentro scoprirà che c’è una possibilità anche per lei…
È incredibile come mi sia affezionata a Katje, a come mi sia immedesimata nelle sue emozioni e nella scoperta di se stessa.
Compagno delle sue avventure è il principe Po, anche lui un graceling con una capacità tutta da scoprire!!
La storia viene raccontata attraverso il punto di vista di Katje, pertanto la seguiamo nelle sue avventure attraverso tutto il regno percependo i suoi sentimenti e le sue emozioni..
Uno stile davvero scorrevole, semplice e pulito che mi ha consentito di divorare pagine su pagine senza mai stancarmi…
È incredibile come l’autrice sia riuscita a catapultarmi nel suo mondo così facilmente, arricchendo la mia immaginazione con descrizione ed immagini molto vivide.
Un bellissimo romanzo da leggere tutto d’un fiato.
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Avalon
Devo ammettere che questo libro è stato su uno scaffale della mia libreria per un bel po’ dopo essere stato acquistato. Il motivo? Sinceramente non lo so, forse avevo già un vago presentimento di aver fatto un acquisto non proprio azzeccato…
Parto subito con la storia che è davvero carina. Mi è piaciuta l’idea di Avalon come punto d’incontro tra il mondo umano e quello incantato (con dogane, ecc..) e quindi intriso sì di magia, ma allo stesso tempo così terreno, con lotte per il potere, gelosie… Insomma un mondo più umano che fatato.
Sarà che le fate me le sono sempre immaginate neutre, un popolo con delle regole, sì, senza però essere dilaniato da lotte interne per il potere, ma questa Avalon mi è parsa da subito un po’ inquietante.
Ho apprezzato anche il tentativo della scrittrice di introdurre un argomento serio, ovvero quello dell’alcolismo, con anche descrizioni di momenti di disagio vissuti dalla protagonista, Dana (mezza umana e mezza fata) a causa della madre alcolizzata… Ho apprezzato il tentativo, ma è stato solo questo, un tentativo. Manca di un reale approfondimento e capisco che, dato il genere, parlare di argomenti importanti (che andrebbero sicuramente approfonditi e analizzati) non era uno degli scopi della scrittrice, ma allora perché parlarne? Non credo che venga capita la reale importanza del problema della madre di Dana…
Non voglio neppure tentare di delineare a grandi linee la trama perché questa e l’unica grande pecca del romanzo: non succede sostanzialmente nulla.
Sì, ci sono momenti di trepidazione e di suspense dove temiamo per le sorti dei personaggi, ma nulla di più.
Inoltre non si capisce, neanche arrivati alla fine del romanzo, di chi ci si può fidare e di chi no… sarà perché è il primo romanzo di una serie? Forse, ma ciò non toglie che questo primo libro sia molto carente di avvenimenti e sembra perciò una grande introduzione per il successivo.
Per quanto riguarda i personaggi avrei sicuramente preferito un’analisi più approfondita di alcuni personaggi che sono tutt’altro che secondari, come ad esempio della madre di cui conosciamo solamente che è alcolizzata e ben poco altro o del padre di Dana di cui non sono riuscita ancora ad afferrare bene il carattere (e penso neanche la protagonista…)
Sullo stile non ho particolarità da riferire. Sicuramente è molto scorrevole e questo mi ha garantito una lettura fluida e piacevole. L’utilizzo di termini particolari come “fariewalker” non disturbano perché li conosciamo man mano che anche Dana li scopre.
Anche se questo primo libro non mi ha entusiasmato, sono curiosa di leggere il seguito se non altro per scoprire se succede qualcosa in più. Dato però il mio giudizio tiepido non credo che il secondo libro della serie sarà una mia priorità.
Fanny Price
Non posso non iniziare questa recensione senza prima dire quanto sia meraviglioso leggere le opere di Jane Austen e, anche nel caso di Mansfield Park, il giudizio non poteva essere che uno: favoloso!
Non ho ancora trovato nessuno che, al pari di Jane Austen, sappia trasportarti in un lontano passato dove c’erano le lettere, quelle vere, che aspettavi con ansia di ricevere e di poter leggere nell’intimità della propria stanza per poter gioire o soffrire in privato, quando esistevano quelle arti, ora quasi completamente perdute, come il ricamo, su cui si basavano i giudizi sulle donne insieme ad altre capacità tipicamente femminili.
E nessuno, al pari di Jane Austen, sa delineare il carattere di un personaggio a partire da poche parole o anche da solo un commento di un altro personaggio, insinuando nel lettore un pregiudizio ancor prima che il soggetto entri in scena.
E così sono entrata a Mansfield Park e ho potuto conoscere Fanny Price…
Devo dire che è stato un incontro sconcertante, abituata come sono a Elizabeth Bennet di Orgoglio e Pregiudizio!
Fanny Price è una ragazza timida e delicata, decisamente un po’ troppo timida per i miei gusti, ma che sa cosa solo le cose importanti della vita e si comporta in modo da proteggerle. Forse a volte ha un atteggiamento troppo passivo, ma sa qual è il suo bene e in questo riesce ad imporsi.
Ho conosciuto anche Edmund. Inizio col dire che non c’è assolutamente paragone con Darcy e proseguo dicendo che ha ceduto un po’ troppo facilmente a due occhi belli, ma senza reale sostanza, su un visino grazioso. E qui mi voglio fermare perché come personaggio maschile, non ha suscitato le mie simpatie.
Altri, forse troppi, personaggi andrebbero descritti e commentati, primi fra tutti Mary e Henry Crawford… A tratti sembrano loro i veri protagonisti del romanzo, ma si sa che la nostra amata Jane Austen riesce a trovare spazio per tutti i suoi personaggi.
Inutile cercare di descrivere in poche parole lo stile di Jane Austen, perché è davvero complicato rendere giustizia a quella ironia che utilizza per descrivere gli eventi e i tempi del romanzo. Bisogna leggere per capire…
In conclusione, questo romanzo, non è quello che preferisco tra quelli di Jane Austen, forse perché non è presente un classico lieto fine (punto che mi ha lasciato profondamente insoddisfatta), ma tutta la storia mi ha letteralmente rapita, perciò come facevo a non adorarlo??
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L'Aleph
Non è semplice dare un giudizio su questo libro. Non è mai semplice dare un giudizio, ma nel caso di una raccolta di racconti, il compito si fa ancora più difficile perché spesso, a seconda dell’argomento trattato, un brano può essere piaciuto di più o di meno..
Questo è esattamente quello che è capitato a me.
Ho adorato il primo racconto, “L’Immortale”, per l’immagine che la descrizione del palazzo mi ha suscitato: mi ha ricordato infatti il dipinto “Relatività” di Escher, che tanto avevo amato per la sua irrazionale logica (il dipinto rappresenta la relatività del punto di vista, ciò che è pavimento per uno può essere il soffitto per altro).
Infine mi è piaciuto l’ultimo racconto, quello che dà il nome alla raccolta, per l’idea di un singolo punto che racchiude al suo interno interi e infiniti universi.
Gli altri racconti mi sono rimasti impressi, chi più chi meno, per i personaggi che erano molto particolari, ma che, allo stesso tempo molto umani e rilevatori delle debolezze dell’umanità.
Ammetto che lo stile è un po’ troppo elaborato per i miei gusti e questo non mi ha consentito di leggere il romanzo con il mio usuale ritmo di lettura (in parole povere ho trovato alcuni passaggi molto noiosi…)
Credo che questa sia una lettura molto importante, ma, forse per il momento o i miei impegni, non sono riuscita ad apprezzare appieno questa raccolta.
Un amore fuori dal tempo
Mi ricordo la prima volta che vidi questo romanzo in libreria: mi intrigava tutto, la copertina, la trama, e avrei subito messo mano al portafoglio se non avessi avuto la sensazione che fosse il primo volume di una serie (come in effetti è)… La curiosità però alla fine ha avuto la meglio e con la prospettiva che, se fossi capitata male, avrei comunque potuto non comprare i volumi successivi, mi sono lasciata trasportare e ho comprato il romanzo.
Devo sottolineare subito che non mi sono pentita della scelta fatta, anche se… ma andiamo con ordine!
I viaggi nel tempo mi hanno, da sempre, affascinato e in questo romanzo ne rappresentano sia il pregio che il difetto.
È un pregio perché è un argomento sempre affascinante e intrigante. Diciamo la verità, chi non ha mai desiderato, almeno una volta, di poter viaggiare nel tempo? Anche se solo nel passato come Bennett, il protagonista? E essere contemporaneamente in due posti?
Come accennavo prima, però questi viaggi nel tempo rappresentano anche un difetto perché viene quasi del tutto trascurato l’”effetto farfalla”. Ho detto quasi perché in effetti un piccolo cambiamento c’è, ma è talmente minuscolo che non so se possa essere considerato effettivamente una conseguenza dell’effetto farfalla. Inoltre questo argomento viene ampiamente discusso all’interno del romanzo, ma sono tutte discussioni che alla fine si rivelano inutili perché poi i due protagonisti fanno sostanzialmente quello che vogliono.
Perché, ad esempio, non c’è l’effetto farfalla per il semplice motivo che Bennet sta con Anna? Chissà, forse sono stata influenzata troppo da Stephen King, ma mi sembra che su questo punto il romanzo sia un po’ carente…
…poi ci sono alcune cose che rappresentano un grosso punto interrogativo.
Perché Bennett riesce a viaggiare nel tempo? Qualcuno potrebbe rispondermi che è una sua dote (tipo supereroe). Ok, passiamo per buona questa risposta, ma rimangono comunque dei lati oscuri. Ad un certo punto Bennett è come bloccato, non riesce più a viaggiare, ma perché?
Io se fossi in Anna, la protagonista del romanzo, qualche domanda me la farei, ma evidentemente per lei non è importante..
E di domande ce ne sarebbero tante altre, ma rischierei di anticipare troppo…
Se non si considerano questi dettagli (forse dovrei smettere di cercare di spiegare tutto e di accettare le cose così come sono!!), il libro è davvero piacevole. Infatti nel romanzo è presente una storia d’amore originale e non disdegna di parlare di argomenti più importanti.
Nel libro si parla infatti dell’amore dei nipoti per i nonni e di cosa si è disposti a fare pur di star vicino ad una persona cara nei momenti di maggiore difficoltà…
Inoltre ho veramente adorato l’argomento “viaggiare” (e non solo nel tempo) che fa da linea guida per tutto il romanzo.
Anna non ha mai viaggiato, ma desiderava farlo con tutto il cuore. Ho trovato a dir poco geniale l’idea della cartina del mondo dove appuntare i viaggi fatti.
Lo stile limpido e semplice mi ha fatto immaginare di essere là, nel 1995…
La protagonista, Anna, non è banale anche se alcuni dei suoi atteggiamenti mi sono sembrati troppo egoistici e testardi. Ecco, in quei momenti mi sono sentita così lontana dalla protagonista che il feeling che avevo con il romanzo scivolava via…
A questo punto sono molto curiosa di scoprire gli avvenimenti nel secondo libro… riuscirò ad avere le risposte alle mie domande? Ora non rimane che attendere!!!
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