Opinione scritta da Pelizzari
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Il Mulino Bianco
Fin dall’inizio di questo thriller percepisci un crescendo di tensione emotiva. Ti accorgi molto presto, da piccoli particolari, che la vita di questa coppia è tutta una facciata, che nasconde forme di violenza, psicologica ed anche fisica, che sono storie di quotidiana follia. La moglie si accorge che il marito è un sadico la prima notte di nozze, in un modo tanto strano da sembrare quasi anche vero. Perché il marito si rivela essere un folle, che si eccita con l’odore della paura. In un alternarsi tra passato e presente, fra giochi di astuzia, sopravvivenza ed istinto, come lettore sempre più appassionato cavalchi correndo queste onde di emozione. E’ scontato da che parte stai. Non è per nulla scontato il finale. Né come ci si arriva. Né il ventaglio di donne, sì, proprio loro, che hanno concorso per arrivare al miglior finale possibile, salvaguardando ognuna a modo suo la vita dell’altra.
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I papaveri e il ricordo
In una Parigi che sanguina si intrecciano le storie di una giovane donna che si ritrova ad essere un tassello delle linee di fuga per aiutare i piloti aerei degli Alleati, una ragazzina ebrea che vede deportati i suoi genitori. Volti e forme della resistenza che popolano pagine intrise di sentimenti, di sgomento, di timore, di protezione, di forza, di vita. Fra alternanze temporali e spaziali la storia si snoda, con un finale non scontato, con un ritmo non serrato ma morbido, giusto per farci partecipe di ogni sfumatura di colore, comprese quelle dei papaveri.
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Angeli del bene
Indubbiamente una delle migliori serie che abbia mai letto, episodio dopo episodio, la scrittura di questo autore mi affascina sempre di più, le storie personali dei protagonisti si infittiscono e creano interesse, portando quasi in secondo piano il caso investigativo principale attorno a cui ruota l’episodio. La squadra di Pizzofalcone è un gruppo raccogliticcio di reietti, all’apparenza incompatibili, ma capaci di creare gruppo, che è una delle cose più complesse quando si lavora insieme. Ognuno ha le sue angosce, i suoi dolori, i suoi segreti. Ed è bello, storia dopo storia, aggiungere tasselli. Ti aiuta a mettere ordine nelle loro vite e, per parallelismo, anche un po' nella tua. Senza dimenticare l’arguzia che dimostrano nel risolvere i casi, quando si muovono in uno stato di disordine che precede la corretta concatenazione dei segni che portano a sciogliere i nodi. Sono una squadra di angeli del bene.
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L'atleta
Strano giallo, che ci presenta un triplice omicidio, che affonda i suoi moventi nel passato, da cui riemerge improvvisamente qualcosa di torbido e di non ben definito. Con un ritmo ondulante e stancante, la storia si dipana fino a scoprire le vere identità dei personaggi ed i reciproci legami, in un’indagine criminale in cui è bene non prendere in considerazione le coincidenze. Oltre alla frivolezza della storia mi hanno però disturbato le volgarità gratuite, nonché alcuni insistenti pensieri non puliti, molto fuori luogo in un contesto come questo. Si salva solo la lettera finale, che, nella sua follia, dà comunque un tocco di normalità.
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Come un'orchestra
Sono poliziotti fratturati. Ma sono soprattutto anime vibranti. Sono un’orchestra. Ognuno è speciale già di suo, preso singolarmente. Presi tutti insieme sono una vera forza della natura. Per l’intuito. Per la reattività. Per la prontezza di spirito. Per l’impegno. Per la condivisione dei valori. Anche in questo caso, che si apre con un efferato omicidio che fa traballare la fermezza di Aragona, ognuno dà il meglio di sé. E, nel contempo, le storie personali evolvono, si intrecciano e subiscono bruschi cambiamenti. La primavera frappone differenze. E l’autore è straordinariamente abile ad alternare momenti in cui prevalgono le differenze fra i singoli personaggi, a momenti in cui prevale il gruppo. Con una sapienza narrativa veramente lodevole.
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Qualcosa di femminile
La tradizione vuole che una sposa, nel giorno del matrimonio, indossi qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di prestato e qualcosa di blu. Ed è proprio questo blu che accende la lampadina decisiva per la risoluzione di questo nuovo caso in cui la squadra dei Bastardi è impegnata. Una risoluzione tutta al femminile, con un gioco di squadra, un’alleanza ed un intuito che mette decisamente all’angolo tutti gli altri investigatori. La vittima è una futura sposa. Il futuro sposo è il figlio di un boss della criminalità. Il movente del delitto potrebbe essere duplice, e la squadra si trova ad un bivio, come spesso accade. Il contributo di tutti aiuta ad accendere una luce sulla strada corretta. Come sempre in questa serie il mix tra squadra ed individualità è eccezionale, con una capacità di scrittura unica. Sarebbe riduttivo definirli solo gialli. Sono libri che hanno le infinite sfumature di un arcobaleno.
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Infiniti orizzonti e nessun confine
Se conosci o leggi la biografia dell’autrice, ti rendi presto conto che questo romanzo è quasi un’autobiografia e che trae molte delle sue parti da esperienze di vita vissute dall’autrice, un’esperta in corsi motivazionali. Il libro ha come protagonista una donna giovane che cede i suoi pensieri ad un diario, che si rivela essere quaderno un po' magico, e molte delle sue citazioni più efficaci sono sparse lungo la storia. La storia a mio avviso è più per adolescenti e, in una forma romanzata che non ho trovato particolarmente piacevole, perché mi sembrava di essere nel mondo di Oz, l’autrice conduce comunque il lettore a riflessioni su quanto il mondo ha bisogno di ognuno di noi, per la nostra vera natura, la nostra essenza, piuttosto che della nostra capacità di trovarci in un posto sicuro e di rimanerci per tutta la vita, rinunciando a ciò che siamo veramente. Il libro ci aiuta a riconoscere fra le persone che abbiamo attorno i possibili unificatori, che sono le persone che spingono di più al miglioramento, all’eccellenza, al cambiamento ed i possibili separatori, che sono persone distruttive, consigliandoci di starne alla larga. Fra i suggerimenti più o meno impliciti che la storia ci offre, ne ho individuato uno come, forse, il più importante: ognuno di noi ha un potenziale enorme dentro di sé, dandogli voce si spalancano orizzonti infiniti.
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A più colori
Quella dei Bastardi è una squadra scalcinata e poco ortodossa, ciascuno di loro è stato però capace di rimettere insieme i pezzi della propria carriera e di ricostruirsi una reputazione, proprio grazie alla squadra di cui è entrato a far parte. In questo episodio si aggiunge un elemento nuovo, che ha il compito di sostituire, provvisoriamente, Pisanelli, che avevamo trovato disteso a terra in un lago di sangue nell’episodio precedente. Elsa è la new entry, un vicecommissario piemontese, una donna alfa, dal carattere forte e volitivo, che entra in una prima fase in rotta di collisione con il gruppo, e che però, nel corso di questi primi giorni di permanenza, riesce comunque a smussare qualche suo angolo, capendo le dinamiche della squadra e cominciando ad inserirsi in essa. Il caso attorno a cui ruota questo episodio è la sparizione di una donna, un’insegnante, che ha scoperto di essere sposata ad un uomo che si è rivelato un mostro e che ha scoperto il bisogno di tornare a sentirsi se stessa e quindi libera. L’andamento stilistico è come sempre meravigliosamente piacevole da leggere e lo scrittore è capace di entrare in empatia con il lettore così come raramente succede. L’alternarsi di punti di vista, i capitoli in corsivo che danno la voce non sai bene a chi quando li leggi, e, più di tutti, la seconda parte dell’episodio, quando, con una lentezza quasi esasperante direi, la parola che dà il titolo al libro viene vivisezionata, esplosa, scorporata, quasi impastata, nei suoi più profondi significati, nei suoi mille colori, dal punto di vista di ogni personaggio. Quello è sempre il momento in cui lo scrittore ci dà i suoi messaggi più profondi, che vanno molto oltre allo scioglimento dei nodi del caso poliziesco, sono messaggi di vita, di un’interiorità profonda, in cui molto spesso ti riconosci e ti ritrovi. Prima del colpo di scena finale del caso, che, come sempre è sorprendente. Il ritmo stilistico è veramente unico; normalmente ai colpi di scena arrivi con un crescendo di tensione, con un innalzarsi del climax ed un’accelerazione del ritmo. Nei suoi gialli hai sempre invece questi momenti di lentezza rallentata, che ti danno la stessa sensazione di essere sulle sponde di un lago in una giornata di calma piatta, e che stanno a dimostrare una capacità narrativa eccezionale.
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Il prezzo della libertà
Arcigna, scorbutica ed antipatica. Anche i tratti del disegno con cui è costruito il suo ritratto sono spigolosi e indisponenti. Mercedes è un personaggio negativo, cinico, insopportabile. E’ in fuga, insieme al suo fidato seguito, che provvede ad abbandonare ed a liquidare, uno alla volta. E’ un personaggio anche equivoco, che, grazie ad alcuni flashback della sua infanzia, soprattutto nella parte finale della storia, ci porta a fare belle riflessioni sull’importanza dell’essere liberi. Nel complesso un fumetto discreto, che non mi ha molto entusiasmato.
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Il bisogno della luce
L’autore ci offre uno spaccato molto approfondito sulla personalità di uno dei massimi compositori della storia, attraverso alcune sue brevi note autobiografiche e, soprattutto, delle analisi approfondite di alcune sue opere (in particolar modo Le Nozze di Figaro, Il Flauto Magico, Don Giovanni e Così Fan Tutte), attraverso le quali si comprende quanto è stato grande il suo bisogno di cogliere la luce nel cuore umano. L’autore ci fa conoscere l’uomo dietro il maestro e ci aiuta a comprendere il suo indiscusso potere di trasferire serenità. Mozart aveva un’emotività alta ed appassionata, una capacità assimilatoria non comune e nello stesso tempo spiccate doti di originalità. Il saggio è adatto specialmente a coloro che sono già profondi conoscitori della musica classica (motivo per cui non sono riuscita ad apprezzarlo pienamente), ma fornisce nozioni interessanti anche ai neofiti, perché il pianeta Mozart è sempre tutto da scoprire, rimane inafferrabile anche ai più esperti, e questo è un suo aspetto che è parte della sua bellezza.
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Nel dubbio, corri
Quarto libro della serie delle Cronache da Gotham, si rivela particolarmente interessante, perché si passa da una dimensione tipicamente locale e provinciale ad una dimensione decisamente internazionale, visto che Firenze diventa oggetto di attacchi terroristici efferati ed eventi correlati che si svolgono in sequenza, ad una velocità impressionante, nel tempo e nello spazio, seminando il terrore nella città e soprattutto anche fra gli inquirenti, che si sentono inabili a prevenirli. Troppe cose e tutte insieme. Anche per il giornalista protagonista, soprannominato il principe di Gotham, che, in un momento storico in cui la stampa, per cui lavora, è in caduta libera di copie, peso e credibilità, afferra notizie e chicche dalla prima linea, portando ogni giorno sul tavolo della sua redazione, elementi importanti per impreziosire le pagine del suo giornale. Il finale, imprevisto ed imprevedibile, lo vede protagonista in prima linea, come mai prima d’ora, solo che stavolta non sarà in condizioni di poterne scrivere.
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Una perdita violenta
Ho letto recensioni entusiaste di un romanzo definito d’autore e le mie aspettative erano indubbiamente molto alte. Personalmente però vado controcorrente, perchè l’ho trovato estremamente, ed inutilmente, lungo e, nonostante questo, ho trovato carente il contesto storico, che poteva essere un cuore pulsante della narrazione, visto che le vicende ne sono fortemente determinate. Non ci ho visto quel mordente che cattura l’attenzione del lettore, né quella specie di attrazione che mi aspettavo. C’è tanta psicologia, questo sì, per descrivere il prima ed il dopo di una perdita violenta. Ma mi aspettavo un’intensità emotiva maggiore.
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Una causa nobile
Un pilastro della società benestante o un nazista? Ben è un uomo anziano, di origini ebree, che riconosce, nei tratti di un uomo molto in vista di Chicago, un criminale di guerra che ha fatto parte del suo passato e decide di smascherarlo. Trova l’aiuto di una giovane donna, Catherine, avvocato, che, grazie a questa amicizia inaspettata, riesce a superare le ferite interiori che nasconde ed a vincere la sua vulnerabilità. Ben racconta a Catherine la sua storia, in modo lento, arricchendola di particolari, perché vuole che lei capisca, che riesca ad immedesimarsi, vuole che lei gli creda. E’ un lungo racconto, che è il cuore del romanzo e delle ricerche storiche dell’autore, che rivela le angherie contro gli ebrei, raccontate dal nascere, dal loro punto di vista, nei cambiamenti quotidiani, nei non sensi, nelle speranze, nei dolori più estremi. Il tutto provoca un sovraccarico emotivo non indifferente. Sia nel lettore sia in Catherine ed è questo che le dà la forza per portare avanti una nobile causa e per sentirsi realizzata.
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Dal passato remoto al presente
Un cameriere italiano ed un’attrice americana negli anni ’60 si innamorano. Il destino vuole che le regole della società prevalgano e sono costretti a separarsi, senza dimenticarsi l’un l’altro, anche perché è la vita stessa che li lega l’un l’altro. Dal passato remoto al presente al futuro. Il caso che i Bastardi di Pizzofalcone si trovano a dover risolvere trascende i loro ordinari confini. In particolare Lojacono segue la logica per arrivare alla verità ed il suo modo di seguire le tracce è quasi da cane da tartufo. Supportato da una squadra eccellente, che erano outsider che ogni pronostico dava per sconfitta e che invece, alla faccia di tutti, sta vincendo ogni scommessa. Soprattutto quella di ciascuno di loro con se stesso. Sempre più affiatati. Sempre più speciali.
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Tre amazzoni
Le protagoniste di queste tre storie parallele, ma intrecciate, sono tre donne forti, coraggiose, esemplari. Non si conosceranno fra di loro, ma le loro vite saranno inevitabilmente intrecciate e, in un certo senso, si aiuteranno. Smita vive in un villaggio indiano, è un’intoccabile, un’invisibile e con tutte le sue forze non vuole che sua figlia abbia lo stesso destino. Intraprende un viaggio lungo, difficile, pericoloso, per assicurarle la dignità ed un futuro. Giulia è una giovanissima donna che vive a Palermo. La sua vita subisce due scossoni imprevisti: l’incidente del padre, che la porta a prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia e l’incontro con un giovane ragazzo con il turbante, che la aiuterà a risollevare le sorti dell’azienda, prossima al collasso, con alcune idee nel processo lavorativo che collegano la Sicilia all’India. Sarah è una donna avvocato, che vive in Canada, dedita al lavoro, una moderna executive woman, che viene colpita da una malattia inaspettata, di quelle più cattive, che le apre gli occhi sui veri valori della vita. Ritrovando in se stessa la forza che la stava abbandonando, acquista un oggetto fatto in modo artigianale in Sicilia, con la materia prima proveniente dall’India. Tre splendidi ritratti di giovani donne del giorno d’oggi. Forti e combattive. Con tanti richiami al futuro, positivo, di ciascuna delle tre figure. Tre amazzoni che mi hanno emozionato e da cui trarrò ispirazione e motivazione.
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Un collage di vite
Ogni volta che leggo un romanzo di narrativa contemporanea americana mi sembra di entrare in un metaverso di rapporti umani e di situazioni familiari problematiche. Nel caso di questa storia il tutto si svolge in un quartiere e partendo da un evento, critico, la storia si articola raccontandoci la vita di più nuclei familiari, attraverso le loro vicende del passato così come anche attraverso i legami interconnessi fra di loro che hanno costruito. La parte che mi è piaciuta di più è la storia di Mia e soprattutto il racconto di come è nata la sua passione per la fotografia. Sarà forse perché anche a me la fotografia piace molto, come forma di espressione e come forma d’arte. Ritengo abbia una potenza non comune e, come tutte le vere opere d’arte, una fotografia bella è capace di smuovere sentimenti e può cogliere lo strato nascosto delle cose. Questo collage di vite contiene però tanto altro: i rimpianti del non detto, che fanno un male terribile; i ricordi del corpo, a livello cellulare; le sbandate spettacolari della vita; le criticità dell’adozione; lo sguardo con cui un genitore vede il figlio crescere ed allontanarsi. Anche solo per le parti in cui vengono descritte queste emozioni, vale la pena di leggere questa storia. Peccato per il ritmo, estremamente lento, stancante, ma riconosco che è una caratteristica intrinseca di questo filone di letteratura.
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Il taccuino di Gioia
Un sentimento incontra un articolo determinativo. Ovvero Gioia incontra Lo, che è un soprannome, un diminutivo di Luca. E Lo le dà il là. Per uscire dal suo buio. Per non avere paura della luce. Entrambi sono adolescenti problematici. Entrambi sono estremamente sensibili. Entrambi hanno bisogno di qualcuno che apra con la chiave la porta della loro anima e che, rispettandoli prima di tutto, entri a piccoli passi dentro di loro per ascoltarli. Al centro di questa storia ci sono il difficile dialogo con i giovani, le difficoltà di esprimere se stessi, l’universo pieno di colori e di luce che hanno dentro. Preziosa l’idea delle parole intraducibili, ovvero parole di altre lingue che non hanno un equivalente in italiano ma che, per essere espresse, diventano un’intera espressione che, nella sua completezza, non rende così tanto l’idea del senso che quella singola parola voleva esprimere, perché quelle sono parole che hanno interi mondi dentro. Così come dietro ad ogni nostro nome c’è un mondo. Galiano è un autore che mi era già capitato di leggere ed anche in questo libro ho particolarmente apprezzato il suo stile, vicino al mondo dei giovani, che sono parte integrante della sua vita visto che è un insegnante di lettere, quindi fresco e vivace, ma nello stesso tempo raffinato e maturo.
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La ragazza delle paure
Sole e Stella sono migliori amiche e non potrebbero essere più diverse. Sole è frenata da mille paura e vorrebbe vivere come una talpa. Stella ha un entusiasmo ed una voglia di vivere incontenibile e senza freni. La vita trasforma Stella, in modo inaspettato, in polvere di stelle. Ma un ultimo regalo serve a Sole come leva per reagire e la spinge in un progetto di autoaiuto che va oltre ogni sua aspettativa. Sole comincia a stendere una lista delle 100 cose che le fanno più paura e si ripromette di farne una al giorno. Perché, per superare una paura, la cosa migliore è sempre affrontarla, uscendo dalla propria zona di comfort. Ed anche per superare un dolore, bisogna avere il coraggio di lasciarsi attraversare da esso, accoglierlo, indagarlo, viverlo fino in fondo. Sole riesce ad andare al di là di ogni sua paura e a risplendere come una Stella. Il messaggio che questo libro offre è molto importante per tutti, inteso come per qualsiasi fascia di età e per qualsiasi tipo di dolore. Sono molto intense anche le riflessioni sul senso di colpa, che può condizionare la propria e le altrui vite e sull’importanza del cogliere l’attimo, del non rimandare ad un domani, anche solo l’esprimere certi sentimenti, perché potrebbe non esserci un domani. Ho però trovato il linguaggio, l’imprinting ed il concatenarsi degli eventi molto più per adolescenti. Tenue e delicata la magia di Parigi sullo sfondo.
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Braccialetti non innocenti
Buona l’idea. Un po' truculento lo sviluppo. Il tutto parte in America quando, dopo l’ascesa alla presidenza di una figura contestabile, la società involve, perché le donne, ma anche le bambine, sono costrette a tenere ai polsi dei contatori per tenere sotto controllo le parole espresse nella giornata, che non possono essere più di 100, altrimenti parte in automatico una scarica elettrica tanto più forte tanto più si eccede il limite. Sembra fantascienza, perché nell’arco di una sola generazione, il mondo viene stravolto fino a diventare irriconoscibile. Le vogliono docili, ma alcune di loro diventano guerriere, disposte anche ad uccidere per rimanere libere. Perché trovano la forza per reagire a questo assurdo sopruso. Molto interessante è il fatto che la protagonista sia una linguista, aspetto che ci offre un punto di vista specialistico non comune: apprendiamo ad esempio che se una bambina non apprende a parlare in una determinata fascia di età, porta conseguenze irreversibili anche nell’età adulta, nel senso che non riuscirà più a recuperare queste carenze. Peccato per l’aspetto truculento, che emerge quando si scopre il vaso di Pandora sulla serie di esperimenti illeciti che vengono condotti sugli animali. Caldo come un soffio l’accenno velato all’Italia ed al suo mondo.
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Svalvolata e un pò infantile
Ritorna Alice, un po' svalvolata, come sempre. Sempre in bilico tra vita privata, vita professionale e hobby di vestire un po' i panni di una giovane signora in giallo. Alice non riesce mai a lasciarsi alle spalle i suoi morti e la sua curiosità emotiva degli eventi la spinge oltre il limite del proprio lavoro, favorendo intuizioni e scoperte utili alla risoluzione dei casi che le capitano sotto i ferri del mestiere. Quello attorno a cui ruota quest’ultimo libro è particolarmente ben congeniato. Occorre riconoscere alla protagonista un’indubbia grande capacità di calarsi nella vita degli altri; ed è il tuo tratto distintivo più caratteristico. Ed anche se non siamo di fronte ai massimi livelli della letteratura investigativa italiana, Alice è comunque un personaggio garbato, con cui è bello entrare in sintonia, anche se per me rimangono sempre un po' troppo marcati i suoi tratti infantili. Un’ultima piccola curiosità: è il primo libro che leggo (saggi a parte) dove la pandemia fa una piccola comparsa…Solo qualche giorno fa mi stavo giusto chiedendo quando e come avrei cominciato a trovarne traccia nella narrativa contemporanea italiana e straniera.
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QUALCOSA DI IRRISOLTO
Primo libro della trilogia dell’intrigo, che parte in modo quatto, con due rebus paralleli che sembrano essere parimenti intriganti. Il protagonista è un traduttore che riconosce in una registrazione audio un colpo di tosse della moglie che credeva scomparsa e parte alla sua ricerca. E chiediamoci prima di tutto come si fa a riconoscere qualcuno da un colpo di tosse in una registrazione di un concerto di musica classica… Il secondo rebus è correlato al suo lavoro: riceve un incarico top secret, da uno scrittore che viene poi ritrovato morto, di tradurre il suo romanzo, senza farlo uscire in lingua originale. E chiediamoci il motivo di questa richiesta comunque così strana. La storia, di per sé comunque abbastanza breve, prosegue con questo protagonista che si ritrova come un ragno al centro della tela, pedinato e pedinatore, preda e cacciatore. Al di là del colpo di scena finale, il tutto mi ha però lasciato qualcosa di irrisolto, che non so se troverà spiegazione e spazio nel proseguo della trilogia. La parte che mi ha più interessato è stata l’avvicinarmi al mondo di un traduttore che, quando affronta un lavoro, può avere più modalità di approccio. Quella prescelta dal nostro protagonista è quella di riempire la tabula rasa che ha di fronte gradualmente e sistematicamente, pagina dopo pagina, colorando di mano in mano quello che all’inizio è solo un campo di neve candida. Credo che farei anche io nello stesso modo. E’ un modo per essere condotti per mano dall’autore che si sta traducendo. E’ poi stato interessante scoprire che quando si traduce, l’aspetto essenziale è trovare l’intonazione giusta, perché poi le singole parole ed espressioni possono essere scelte con una certa libertà. Come sempre, dietro ad ogni mondo a cui ti avvicini, c’è un universo da scoprire.
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Poker di brigatisti
Quinto episodio della serie delle Cronache di Gotham, in cui il protagonista, reduce da un incidente che lo ha costretto a mesi di ospedale, ritorna piano piano ad essere pienamente se stesso. Dopo una riabilitazione faticosa e tanti dolori come costanti ed invadenti compagni di viaggio, riscopriamo il giornalista che abbiamo imparato ad amare e che, in quest’episodio, si fa conoscere a noi anche come figlio. Abituato ad usare il suo lavoro come uno schermo che lo protegge dal dolore, ritorna a ripercorrere, a piccoli passi e con una stampella, i corridoi di Gotham, per raccogliere informazioni su un omicidio, un infarto ed un suicidio che hanno confini labili e collegamenti molto incrociati. Vuole con l’occasione trovare una risposta a una domanda che lo ha a lungo perseguitato. Vuole ritornare a vivere, per continuare a raccontare storie. E sfiora la verità.
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Innocenti
Carlo è un giornalista specializzato in cronaca giudiziaria, il che vuol dire che il suo lavoro è costellato da mostri ed incubi di ogni tipo. Questo episodio della serie di Gotham City, il geniale soprannome dell’edificio della Procura della Repubblica di Firenze che è un’originale ambientazione interna dei libri di quest’autore, ruota attorno all’uccisione di due bambini, un tipo di crimini che comporta un carico emotivo aggiuntivo da gestire. Tutte le storie che il giornalista racconta nei suoi pezzi hanno un proprio peso specifico; queste inevitabilmente hanno una portata diversa, considerata anche la difficoltà di individuare la pista giusta da seguire, e l’imprevisto colpo di scena finale. Il protagonista è una punta di diamante di questa serie, con il suo lavoro adrenalinico, ma anche con il suo carattere tendenzialmente pigro, con la sua dimensione privata di giornalistabarracasalingabarramammo, ma anche con il suo orgoglio professionale. Ha un’indole rivolta all’autonomia in cui mi riconoscono pienamente: si autodefinisce la repubblica autonoma della Kamchatka, perché più o meno sul lavoro si sente libero di fare quello che vuole. E ha un’ironia raffinata che mi sorprende ogni volta. Sarebbe senz’altro un ottimo compagno di viaggio.
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Un diamante rosa
In questo episodio della serie dell’allieva, ritroviamo un’Alice un po' più matura, un po' più indipendente, che si trasferisce, temporaneamente, per lavoro a Domodossola, all’inizio forse un po' per scappare, poi più per ritrovarsi. Nel racconto emerge, come sempre, quello che è il suo lato un po' più infantile, così caratteristico della sua personalità e che ben si alterna con i suoi guizzi intuitivi degni dell’attenzione di ogni questore d’Italia. In questo libro l’evoluzione della sua vita sentimentale, abbastanza ingarbugliata, è sicuramente prevalente rispetto alle indagini per la risoluzione del caso che si trova ad affrontare e a risolvere, come sempre, come se fosse una vera e propria detective provetta. Alice è una miscela instabile di contraddizioni, di emozioni, di valori, ma è un piccolo diamante rosa del nostro panorama giallo nero italiano.
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Distacco e coinvolgimento
In questo episodio della serie dell’allieva ritroviamo la nostra Alice più matura, se così si può dire, perché ha conseguito la propria specializzazione, ma resta comunque una dottoranda senza borsa. Durante il suo percorso di specializzazione hanno cercato di insegnarle ad esercitare il distacco, strumento fondamentale per condurre bene le autopsie di cui viene incaricata. Lei però è fatta a modo suo e si lascia trascinare dalle storie degli altri, esercitando quel coinvolgimento che le è così caratteristico, e che è quell’arma che le permette di aiutare la polizia a trovare soluzioni ai casi. In questo episodio prosegue con qualche colpo di scena la sua relazione con il dottor Conforti e, soprattutto, prende spessore la figura di suo fratello, con cui c’è un rapporto relazionale scoppiettante e invidiabile. Lo stile narrativo è sempre tendenzialmente leggero, forse anche un po' troppo.
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Un'Alice agli esordi
Sebbene sia uscito, in ordine cronologico, come terzo libro della serie dell’allieva, questo episodio, in realtà, è il prequel, e conosciamo un’Alice agli albori della sua esperienza di specializzanda in medicina legale. E’ stato scritto probabilmente per dare un giusto avvio all’omonima serie televisiva e quindi per creare, in modo adeguato, la giusta cornice a una storia che non è fatta di un solo fortunato episodio. Andrebbe però a mio avviso letto ancora prima di leggere “L’Allieva”. Alice si presenta fin da subito goffa ed anche molto impicciona, sue caratteristiche peculiari che ritroveremo anche nel proseguo della sua storia personale, in tutti gli altri episodi che la vedono protagonista. Assistiamo anche ai primi approcci con il suo collega Claudio Conforti, personaggio che diventerà centrale, e conosciamo la sua coinquilina giapponese, personaggio secondario che non manca di regalare sorrisi per il suo dolce modo di porsi. La nonna di Alice devo però dire che risulta essere il personaggio più emblematico. Il primo caso poliziesco che Alice si trova ad affrontare è l’uccisione della badante della nonna e in queste pagine emerge primariamente la freschezza e devo dire anche l’immaturità del personaggio. Seguirla e vederla crescere (lei e l’autrice stessa) è il bello di una serie di questo tipo.
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Parenti serpenti
Alice è una specializzanda in medicina legale, anche se sarebbe meglio dire in criminologia, visto che l’autrice ha fatto del suo personaggio, di fatto, una detective provetta, con grande intuito e spirito di analisi. Alice è giovane, entusiasta, vivace, un po' pasticciona, un po' goffa e maldestra, un po' insicura e sballottata, nella sua vita privata, fra storie un po' balorde, che però completano i casi polizieschi con una cornice e una dimensione umana necessaria per avere del personaggio un quadro completo. Il caso oggetto di questo episodio è un suicidio di un uomo anziano, capofamiglia di una famiglia complicata, allargata, dove gli intrecci fra i singoli componenti sono ben di più di quelli immaginabili. Suicidio che si rivela però essere anomalo e quindi merita un’indagine approfondita, che scoperchierà molte pentole.
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Una passione azzurra
Comprendi il titolo del libro quando capisci che ‘o Professore protagonista sta raccogliendo, nel bar di cui è diventato habitué, dati, informazioni ed appunti per capire che mondo ruota attorno alla partita della domenica, in una città con una fede calcistica così spinta come è Napoli. Il pretesto è un puro espediente per farci pienamente entrare in contatto con la napoletanità più pura, più genuina e più bella. Fatta di ricordi speciali del campionato che il Napoli ha vinto, e soprattutto di quell’ultima magica partita allo Stadio San Paolo. Fatta dei più disparati riti scaramantici. A Napoli la passione per il Napoli è furiosa e cieca, ma è anche catalizzatrice di altri sentimenti e legami familiari importanti e solidi, su cui piano piano l’attenzione del lettore si sposta. I tipi da stadio sono vivisezionati, quelli da curva, quelli da tribuna e i Distinti. E con i ritratti così sapientemente dipinti da uno scrittore napoletano d’eccezione, innamorato della sua città, di questa Napoli, fatta di pazzi adorabili, con un’energia ed un’allegria inimitabili, ti rimane addosso tutto. Anche il profumo di caffè che, non per caso, è stato scelto come soggetto per la copertina.
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Nostaglia
L’autore ha la mia età e in questo libro racconta, in forma romanzata, aneddoti di un’infanzia e di un’adolescenza vissute negli anni ‘80. Inevitabile la nostalgia per anni davvero iconici. Inevitabile il richiamo a ricordi che hanno agganciato la mia attenzione. Però, sarà perché normalmente non amo molto i romanzi di formazione, ho trovato linguaggio e stile molto scialbi, il ritmo lento e ripetitivo, il che porta il libro ad essere inutilmente lungo, per una storia poco consistente. Sembra quasi di leggere il diario di un ragazzino e non è uno stile che rientra molto nei miei gusti.
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Ragazza del Nord
Giallo poliziesco polacco con cui è un po' difficile ingranare, complici i nomi, non così semplici da memorizzare e da identificare, considerando anche il fatto che ci sono nomi, cognomi, soprannomi e pure scambi di persone. All’inizio fai fatica ad orientarti, anche per i salti temporali, che riesci a seguire con difficoltà. Ti trovi in mezzo ad un gruppo di persone unite da un segreto che non riesci a districare ed anche solo immaginarne i volti è davvero difficile. Però poi la storia porta a concentrarti su di lei, la protagonista ex poliziotta, oggi profiler, e la sua bambina, adorabile. Ti appassioni sia alla sua storia personale, sia alle sue ottime capacità di analisi e di deduzione. E cominci a distinguere quel filo rosso, che conduce a sbrogliare la matassa di dati così aggrovigliati. Alcuni elementi secondari della storia che mi hanno molto colpito sono stati le incursioni nel mondo degli alcolisti anonimi, la scoperta dell’acronimo HALT e gli accenni al mondo degli orfanotrofi. Spaccati di vita che lasciano sempre segni, anche se solo in un romanzo.
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Il principe dell'alba
La squadra dei Bastardi di Pizzofalcone è composta di soggetti difficili e diversi tra loro, ma riescono a formare un gruppo equilibrato e sempre più consapevole delle proprie potenzialità. Il caso che affrontano in questo episodio non è fra i primi della loro storia e si delinea sempre di più lo spirito della squadra, che prende sempre più corpo e sostanza. Nel rispetto reciproco e nella reciproca valorizzazione. Come in ogni episodio c’è un caso primario, l’uccisione di un fornaio, ed un caso secondario, un reato di stalker. Ed entrambi trovano la loro risoluzione nel perimetro dell’episodio. Ci sono però indagini parallele, quella dei suicidi che tanto suicidi non sono, ed eventi personali che creano legami e che infittiscono la rete. Come sempre, verso la fine, con elementi narrativi che richiamano fortemente il titolo del libro della serie, l’autore rallenta molto il ritmo narrativo e sposta la sua attenzione dal caso poliziesco alle singole vite dei componenti della squadra ed il tutto si contraddistingue per un velo di malinconia che è una parte caratteristica dello stile di questa penna di giallista così raffinata.
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Viaggiatori
In ogni loro fumetto, che ho imparato ad amare, si percepisce quanto sia stata importante per questi autori l’esperienza del viaggio. Ogni loro storia porta il viaggio al centro dell’attenzione. Questo fumetto è ambientato a Plymouth, racconta la storia di alcune ragazze di un bordello, il Pillar to Post, che è crocevia di storie di terra e di mare. Incontriamo un Maori, che viene assunto come buttafuori e guardia del corpo. Conosciamo uno scienziato che si innamora di una di loro. Piccole storie che compongono un mosaico che nei prossimi volumi si arricchirà di tessere e di vita. Le rotte da tracciare, per terra e per mare, sono infinite. E la penna delicata e riconoscibilissima di questi autori/illustratori/narratori ci disegna sentieri colorati da seguire ma lungo i quali perdersi anche un po'.
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Il volto del futuro
Il mondo degli agenti segreti mi ha sempre intimamente affascinato e questo thriller ti permette di entrare in contatto con le loro avventure, in un crescendo adrenalinico veramente scoppiettante. Il tutto parte da un omicidio perfetto in un albergo e ci conduce attraverso voli transoceanici dall’altra parte del mondo alla realtà del terrorismo e delle armi batteriologiche. E’ il volto del futuro e leggerlo in epoca di post-pandemia fa sembrare il tutto molto realistico ed altrettanto terrificante. Più personaggi si intrecciano nella storia, tutti hanno il loro cammeo, il loro perché, il loro posto incastonato perfettamente. Come agente sotto copertura, l’oscurità è la migliore amica del protagonista. Ma il libro è di una luce e di un’energia incredibile.
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Cuccioli in pericolo
Tutti disancorati. Tutti alla deriva. Per questo la loro squadra è così importante. Perché nel gruppo ognuno di loro trova il proprio riscatto. Ognuno di loro porta al gruppo qualcosa di unico e personale, migliorando l’efficienza e la capacità di tutti. In questo episodio la città di Napoli si accanisce contro l’innocenza e ci imbattiamo nell’abbandono di una neonata fra i rifiuti, nell’omicidio di quella che si rivela essere la sua mamma e, come storia secondaria parallela, elemento sempre presente in questa serie di gialli italiani, nella sparizione di animali di piccola taglia. Lo stile dell’autore è sempre impeccabile e ammaliante. Perché ci prende per mano, aprendoci finestre nella mente del colpevole. Vivisezionando la parola che dà il nome al libro. Accendendo anche dentro di noi le luci dell’adrenalina e dell’intuizione nel momento della rivelazione finale. E’ molto bello anche il decrescendo finale, dove, dopo la rivelazione, come in una sinfonia che lentamente si avvia alla conclusione senza brusche interruzioni, l’occhio dell’autore segue ciascun elemento della squadra nella propria vita. Aprendoci altri spaccati, altri interrogativi, altri collegamenti incrociati. Perché la loro storia e la storia della loro squadra prosegue…
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Stella marina
E’ una storia di sofferenza e di dolore privato. Ma è anche una storia di rinascita e di luce. Un padre abbandona il figlio alla nascita, perché la sua nascita ha provocato la morte della madre. Questo bambino viene sballottato fra tante famiglie, si sente senza identità, si sente fragile. Ma anche il padre precipita in un abisso di buio e di vuoto. Poi il destino fa capitare un incontro, che più casuale di così non è possibile, con due figure femminili, due personaggi secondari, che però riescono, in una frazione di secondo, grazie ad un segno distintivo speciale, a fare tutti quei collegamenti necessari a ricostruire la storia. Si fanno carico dell’onere di ristabilire quel contatto perso, senza conoscere ancora come e quando. E’ solo il perché a motivarle. Con dolcezza e con lentezza riescono a picconare il muro di apatia, diffidenza, paura, riescono ad accendere scintille di luce. E poi scelgono che siano il mondo ed il tempo a trovare il modo di ricucire lo squarcio di tempo assente. Il momento della scoperta è inevitabilmente violento, però il lieto fine è assicurato, perché nella vita occorre affrontare i propri fantasmi e non rimanerne vittima. Lo stile è alternativamente lento ed impennante, in piena sintonia con il ritmo di evoluzione degli eventi. I sentimenti sono descritti in modo caldo e molto coinvolgente.
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Significato, sensazione, direzione
Che un breve saggio come questo riesca a dare delle risposte ad un tema così complesso sembra impossibile. Eppure l’autore analizza primariamente la parola “senso” e ne dà tre chiavi di lettura: significato, sensazione e direzione. Pensando a queste tre parole singolarmente nascono mille immagini grafiche e quindi mille risposte alla domanda che penso ognuno almeno una volta nella vita si pone: “Cosa ci sto a fare qui?”. Coltivando il sé, il proprio spazio vuoto interiore, si arriva ad ascoltare se stessi e quindi a cogliere che se senso vuol dire significato, noi dobbiamo andare alla ricerca del messaggio che con la nostra vita ed il nostro esempio lasciamo; se senso vuol dire sensazione, noi dobbiamo dare sapore alla nostra vita; se senso vuol dire direzione, noi dobbiamo essere consapevoli che stiamo percorrendo un viaggio, che può avere una meta, ma che ha mille tappe ed è un percorso. Se, come diceva Papa Giovanni Paolo II, vogliamo rendere la nostra vita un capolavoro, dobbiamo essere pienamente noi stessi ed esprimerci al meglio.
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Il disordine della vita
Breve libro che racconta una storia di vita vera, di infanzia e giovinezza, in una cornice di sentimenti complessi di una famiglia dove si ha fretta di crescere e di consumare vita, salvo però sentire sempre la mancanza di qualcosa e di qualcuno. E in una vita, che di per sé mette disordine nelle nostre vite, sono forti i contrasti tra protezione e prigione, vuoto e volo, contrasti necessari per diventare adulti. Il racconto è strutturato a capitoli brevi, come se fossero fotogrammi di ricordi. Il tutto è velato da una malinconia triste e l’ultima pagina, con la lettera alla madre, è un po' il culmine di tanti pensieri laterali che io stessa ho percepito durante la lettura
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Come una donna libera
Questo libro racconta la storia di un’Emma Bovary dei nostri tempi e tocca corde interiori con acuta sensibilità. L’autore, con una delicatezza raffinata, ci narra la storia di una donna frustrata, infelice, ma capace anche di aggrapparsi ad un giorno di felicità sublime che le dà forza, anche se poi si rivela essere l’inizio di un inferno. Ci narra la storia di una donna sola nella sua famiglia, costantemente ferita dal marito ed isolata anche dai figli. E’ una donna che cerca a fatica di trovare il suo equilibrio personale e se stessa. Nel corso dello sviluppo della trama, la sorella gemella ci racconta l’altra metà della sua vita, che noi inizialmente non avevamo potuto conoscere, e ci offre così un quadro completo, ed amorevole, della persona, dei suoi sogni e delle sue disillusioni. Ci ritroviamo invischiati in una storia familiare assurda, ci sentiamo impotenti, soffriamo, con lei e per lei. Ma, inaspettatamente, scopriamo anche che quell’unico giorno di luce non è stato per lei il solo come pensavamo e questo un po' ci scalda, perché sappiamo che, anche se in modo limitato, è riuscita a sentirsi toccare con amore, sentendosi libera di essere se stessa.
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Donna di sangue
La protagonista di questa storia italiana, ambientata nei dintorni del lago di Bracciano, è una giovane ragazza che vive situazioni familiari difficili, che le lasciano segni, anche profondi, che a modo suo cerca di superare. Colpisce la sua corazza di animalità coriacea e nello stesso tempo la sua sensibilità. La narrazione è lenta ed a tratti anche angosciante. Anche la scelta grafica della copertina restituisce una certa sensazione di inadeguatezza, che è uno dei cerchi concentrici attorno a cui la trama si sviluppa. Mi ha colpito un’italianità di fondo, anche se, con altre ambientazioni alle spalle, le stesse vicende potrebbero svolgersi in altri luoghi del mondo. Fonte di riflessioni. Con un senso di amaro.
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Nucleo intimo
Vincitore del Premio Strega, questo libro mi ha confermato che i miei gusti personali sono un po' lontani da quelli delle giurie dei premi prestigiosi. Indubbiamente molto ben scritto, il libro racconta con uno stile tipico delle biografie, la vita di due scrittori amici dell’autore, che nella vita sono anche stati una coppia. Personalmente amo di più i libri che danno emozioni, quelli che vanno più alla pancia. Questo mi è sembrato un testo riservato più al club degli intellettuali, forse anche scritto proprio per piacere a loro, più che per raccontare. Intriso di riferimenti letterari e storici, però lento, noioso, di una cupezza quasi angosciante, anche nel raccontare l’inatteso incidente di lui e la terribile progressiva malattia di lei. Senz’altro emerge una profonda stima da parte dell’autore, sia personale sia professionale, nei confronti delle due figure che hanno fatto parte del nucleo intimo dei suoi amici, e questo lato così umano è quello che più ho apprezzato.
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La gestione della rabbia
Giallo italiano di un autore che sta diventando uno dei miei preferiti e che, per coincidenza, ho letto, tutto d’un fiato, in una notte insonne, medesima notte in cui l’autore è stato colpito, per fortuna già ristabilitosi, da infarto. Coincidenza che mi ha colpito moltissimo. I bastardi di Pizzofalcone sono un gruppo di scalcinati, che però non mollano l’osso. Da soli erano, o meglio sembrano, dei reietti. Insieme sono la più formidabile squadra di poliziotti della città. In questo episodio della serie indagano sull’omicidio di due giovani, fratello e sorella, fino a riuscire a scovare la figura insospettabile colpevole della loro uccisione. La parte che mi è piaciuta di più è l’approfondimento via via sempre più completo delle vite e dei profili dei singoli componenti della squadra. Sarà anche perché ho cominciato a seguire anche la serie televisiva, che mi aiuta a dare un volto a ciascuno di loro, armonizzandolo con ciò che leggo. Lo stile dell’autore è stupefacente, sia per come riesce a costruire le trame, sia per gli intermezzi in corsivo con la voce ed i pensieri dell’anonimo colpevole, sia per il senso pieno che dà alla parola chiave che sceglie come titolo della storia. In questo episodio ci racconta quanto la rabbia può moltiplicare la forza e quanta potenza può avere il freddo, quando entra nelle ossa e quando si insinua nelle anime. E quanto può cambiarle.
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Una ferita sempre sanguinante
E’ una storia di emozioni familiari che mi ha particolarmente colpito, perché la protagonista ha una mancanza, di cui soffre per tutta la vita. Da bambina lei e sua madre sono state abbandonate da suo padre. Questo evento crea una crepa, una frattura, una ferita, insanabile, che condiziona ogni suo gesto, ogni suo pensiero. Da bambina il dovere dei compiti è stato la sua salvezza. Crescendo, i suoi legami affettivi sono nati dalla riconoscenza per chi ha individuato la sua voragine e fa scorrere la sua vita come se non fosse sua. Il rapporto con la madre è stato fortemente condizionato, entrambe prigioniere di una tempesta personale invisibile all’esterno ma distruttiva all’interno. Tutta la sua vita è costruita attorno ad una crepa sanguinante, che riesce a sanguinare anche quando quel sangue è diventato secco. La ferita si riapre quando la madre la richiama in Sicilia per aiutarla nella gestione della vendita della loro casa. Lì si riaprono vecchie ferite e ne escono fantasmi. Stile delicatissimo, scorrevole, ammaliante.
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Chi di penna ferisce...
Giallo intrigante ed assolutamente non banale che si consuma nel mondo degli scrittori, dove una competizione spinta, e non molto sana, porta a degli eccessi che ci fanno vagamente comprendere quanto possono essere strani gli scrittori. La trama è un crescendo, parte da un duello televisivo in diretta fra due noti numeri uno del mondo dell’editoria, duello che ha lo scopo di accrescere ulteriormente il confronto fra di loro, prosegue con la sparizione di uno dei due, e poi anche dell’altro, con personaggi secondari trasversali, che attraversano la vita di uno e dell’altro e ne sono, a modo loro, protagonisti, una ghostwriter, un notaio, un folle. Il livello di intensità è ottimo, anche se, alternativamente, c’è qualche momento di leggera caduta di tenuta, lo stile accattivante ed incollante per i colpi di scena che l’autrice è in grado di creare.
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Auto aiuto
L’autrice è una nutrizionista diventata famosa a seguito del grande cambiamento della cantante Noemi, anche se dalla biografia dell’autrice presente nel libro comprendi che ha una storia professionale importante alle spalle. Il libro indica i principi base delle diete, suggerisce alcuni schemi alimentari, tratta alcuni argomenti specifici, è completato da alcune ricette a corredo. Ma soprattutto affronta il tema della dieta dal punto di vista psicologico. Perché quello che siamo è frutto della nostra storia e quindi non dobbiamo ridurci al numero che ci indica la nostra bilancia né al numero che desidereremmo che la nostra bilancia ci indicasse. E’ un cosiddetto manuale di autoaiuto, perché tutte le nostre risposte dobbiamo cercarle in noi stessi ed è la nostra volontà la nostra migliore guida, nonché l’amore ed il rispetto per noi stessi. Manuale prezioso, semplice ed illuminante, non miracoloso. Perché siamo noi il miracolo.
Questione di pancia
Romanzo di sentimenti, di famiglia, di vita. Ambientato nel difficile contesto sociale popolare dei Lombriconi, offre uno spaccato su molteplici vite, che si intrecciano e si compenetrano. Una ragazza adolescente resta incinta e deve scegliere se tenere o no il bambino, se crescerlo o farlo crescere da un’altra famiglia, un’altra mamma, più adeguata di quanto lei si sente. Una giovane donna non riesce a rimanere incinta ed attraverso le sue crisi ci rendiamo conto di quanto può essere grande per una donna il problema di scoprirsi sterile e quanto può anche compromettere il rapporto di coppia. Le protagoniste sono donne sole, Adele è sola perché lei, con il suo puntino, così si sente, sola in un modo sterminato, assoluto e totale; Dora è sola perché così diventa a causa dei suoi continui isterismi. La vita però è sorprendente e capace di regalare improvvise svolte, che ne fanno la cosa più preziosa che abbiamo e come tale la cosa che dobbiamo difendere con tutte noi stesse. Storia emozionante, vibrante, viva.
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Il dolore di due padri
L’idea alla base di questo romanzo è estremamente attuale ed interessante. Un uomo israeliano ed un uomo palestinese si trovano a dover affrontare e gestire lo stesso tipo di lutto, la perdita di una figlia, in entrambi i casi per morte violenta, ovvero per colpa di un attentato. La loro esperienza di vita li porta a raccontare se stessi, a cercare la vicinanza, per portare nel mondo la loro testimonianza. Spunti quindi veramente ottimi per riflettere sia su quanto il dolore esige prima di tutto di essere sconfitto e poi compreso, sia sulle problematiche politiche e sociali che interessano questa parte del mondo da anni così martoriata. Peccato per lo stile. Che è estremamente frammentato. Arricchito di particolari che ti permettono forse di entrare di più nella cultura di questi popoli, ma che distolgono l’attenzione. Continui salti avanti e indietro nel tempo. Continui cambi di focus sulle rispettive famiglie. Modalità indubbiamente originale ma a mio avviso eccessivamente dispersiva.
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Una piccola finestra sull'uomo
Si presenta come una lettera alla pronipote. Di fatto è una minibiografia di uno dei maggiori scrittori italiani del nostro tempo, nonché anche un miniriassunto di un lungo pezzo di storia italiana. Mi è piaciuto l’incipit, che è il desiderio di raccontarsi personalmente. Credo proprio che l’intento fosse quello di lasciare una traccia di sé scritta di propria penna, senza farsi raccontare per come gli altri lo avrebbero ricordato. Mi ha dato l’impressione di autenticità, di trasparenza, nonchè di amore per la continuità della vita. Camilleri le racconta, e quindi ci racconta, di come è sempre stato fedele a se stesso, di quali sono stati i suoi ideali di vita e di condivisione, dell’amore sincero per la moglie e per le figlie, dell’amore per la poesia e per il teatro e della nascita, anche un po' casuale, dell’impulso del racconto, di momenti preziosi difficili con il padre, durante i quali è nata quella modalità di racconto che lo ha così tanto caratterizzato, così come anche consegnato alla storia della letteratura, ovvero la commistione fra lingua e dialetto. Così speciale perché la lingua racconta l’oggettività, ma il dialetto racconta l’emozione, l’anima. E’ un breve prezioso romanzo che ti permette di conoscere l’uomo.
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Una favola dark
Sembra una storia alla Edward Mani di Forbice, altrettanto assurda ma gradevole da leggere. Il protagonista di questa favola dark ha un cuore meccanico ed i sentimenti estremi potrebbero risultargli fatali. Ma vuole rischiare di provarli, perché non si può vivere al riparo dalle emozioni. Prova tutti i meravigliosi turbamenti dei primi innamoramenti e gli sconvolgimenti legati alla crescita. La sua storia è raccontata con delicatezza e ci fa capire quanto a volte è comunque importante nella vita costruirsi una corazza con i propri sogni.
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L'abisso del male
I Bastardi di Pizzofalcone sono una di quelle squadre che nessuno dà tra le favorite, ma che, se ci credi, sono capaci di farti vincere le scommesse più assurde. Sembrano un aggregato informe ed improvvisato, ma via via si amalgamano sempre di più e si autostrutturano, si autocorreggono, si autoaiutano. Sono un gruppo strano, ma sono anche uno dei migliori esempi di lavoro in team che si possono pensare. La storia al centro di questo episodio è il rapimento di un bambino, un tema quindi già di per sé doloroso. Se non che il buio dell’abisso che ospita il male si arricchisce di ulteriori dolorose sfumature, fino ad arrivare ad un finale inaspettato, che è il più terribile che potevi immaginare. Lo stile è semplicemente magnifico, così come la capacità di tenere il lettore vincolato alle pagine. L’evolversi della storia è condotto in modo magistrale, con punti descrittivi di sentimenti e sensazioni che sono veramente profondi e di una bellezza impressionante.
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Creatura del momento
E’ un’autobiografia, anche se il vero protagonista è Brenin, il lupo che questo filosofo ha pensato bene di adottare. Ma il libro è anche un saggio. La parte che ho preferito è stata quella più personale; mi ha stupito fin da subito perché nelle prime pagine l’autore anticipa che ha capito cosa significa essere un uomo imparandolo da un lupo. Sembra una provocazione, ma quando entri in sintonia con quello che è stato il loro rapporto, unico, comprendi. Brenin è entrato nella sua vita come un piccolo orsacchiotto distruttivo, è rimasto distruttivo, non piccolo, ma, già nel breve periodo, si è rilevata senz’altro una presenza ben più costruttiva di quanto, praticamente, stava via via distruggendo. Il saggio movimenta riflessioni sulla vita, sulla morte, sulla malattia; illustra la differenza fra essere una creatura del tempo, come sono le scimmie o noi umani, ed essere una creatura del momento, come invece sono i lupi. Nel descriverci alcune caratteristiche dei comportamenti del lupo, come ad esempio il fatto che quando lottano lo fanno in un silenzio totale e spaventoso, ci apre gli occhi su una natura selvaggia che ha un fascino speciale, verso cui dobbiamo portare rispetto.
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