Opinione scritta da Cristina V
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OTTIMO
CAROFIGLIO non mi delude mai! La malinconia di fondo del suo protagonista mi ricorda un pò l'ultimo Montalbano...
Invecchiando, il suo protagonista ha assunto questa patina di tristezza, ma è sfumata, si percepisce in modo leggero....
Interessante anche il rapporto di Guido Guerrieri col "sacco" da pugilato, che diventa una figura vera e propria del romanzo; un amico-confidente con cui di volta in volta sfogarsi, riflettere, ricordare.
La storia è impostata alla solita maniera: parte in sordina, non sembra cioè neppure un giallo che si rispetti; poi si snoda a poco a poco, e ti accorgi che diventa intrigante, ti riserva qualche sorpresa....
A me piace moltissimo la storia personale di Guerrieri, dietro la vicenda da risolvere; interessanti le figure di donna che ruotano intorno a lui...
In questo caso, la migliore è senz'altro Caterina, l'amica della ragazza scomparsa : giovane, bella, quasi sfrontata... e Guerrieri ne è attratto, anche se non vorrebbe...sapete, la differenza di età!
A questo proposito, ci sono un paio di brani veramente gustosi, che fanno ridere e pensare!!
Altro personaggio femminile di tutto riguardo è Nadia, amica di Guido, ex sua cliente ed ex prostituta d'alto bordo..una donna intelligente e piacevole, come lui circondata da una tristezza impalpabile, affascinante!
Per chi ama questo tipo di poliziesco, senz'altro da leggere!
Voto:ottimo
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Gradevole lettura.
Anch'io ho letto questo romanzo della Agnello Hornby dopo "La mennulara", splendido affresco siciliano.
E' indubbio che questo non sia all'altezza dell'altro, ma non per questo manca di pregi.
Chi ama ( come me)le storie ambientate in Sicilia, piene di intrighi, di segreti di famiglia,di passioni... non mancherà di apprezzarlo.
Il romanzo è comunque un gradevole ritratto di una grande famiglia siciliana della buona borghesia.
E' pervaso da un alone di mistero che accompagna tutti gli eventi, anche i più insignificanti, fino quasi alla fine della storia, quando una rivelazione metterà a posto tutti i tasselli ancora oscuri.
Ci sono nel romanzo varie figure interessanti: Tito, il protagonista, poi Dante, ospite misterioso ed ambiguo, infine la zia Rachele, che parla poco ed è , più che altro, "raccontata" dagli altri, ed alla fine si rivelerà personaggio primario nella storia. E' lei la Boccamurata.
E' 'una bella saga familiare dei giorni nostri, e a tratti si tinge anche un pò di giallo.
Come anche nella Mennulara, le figure maschili e femminili trasudano spesso sensualità, e danno alla storia un'impronta intrigante.
giudizio: buono
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POESIA PURA.
IL PESO DELLA FARFALLA è di una poesia senza fine.
Non mi è facile trovare parole adatte ad esprimere la mia lode e la mia ammirazione.
Perciò, solo alcune semplici considerazioni su ciò che mi ha colpita.
L'amore sconfinato per la montagna, i suoi paesaggi, certe piccole sfumature nelle descrizioni...
La Poesia che si respira in ogni singola riga.
Il linguaggio usato, che è proprio quello di Erri De Luca, ed è assolutamente unico ed inconfondibile... mette i brividi su per la schiena!
Chi l'ha sentito parlare- sono stata lo scorso anno ad una sua serata intensa e meravigliosa..- sa che cosa io intenda!
Tutto meriterebbe di essere citato, ma ci sono alcuni brevi passaggi che mi hanno toccato il cuore..
Cito solo il primo ...
"...Era l'ultimo passo dell'auunno, poi sarebbe venuta la neve e il suo magnifico silenzio.
Non ce n'è un altro che valga il nome di silenzio, oltre quello della neve sul tetto e sulla terra."
Magnifico.
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PIACEVOLE LETTURA!
Ho acquistato questo libro "siciliano" all' aeroporto di Palermo, con altri dello stesso genere -e della stessa...ambientazione...
Non so perchè, la trama mi aveva ispirata.
In effetti mi è piaciuto molto, e sento di doverlo segnalare .
E' una di quelle storie apparentemente normali, badate bene, solo apparentemente! che parte in sordina, senza grossi colpi di scena, con personaggi fin troppo comuni....e poi sorprende!
La figura di Enzo Baiamonte, l' "investigatore" - e lo metto tra virgolette, perchè è tutto, tranne quello!- è veramente una trovata originale.
Un ometto insignificante, con una vita piatta, abitudini un pò maniacali, secondo me...che arrotonda gli introiti da radiotecnico facendo ricerche di vario tipo.
E stavolta la nuova ricerca parte in quarta, perchè la donna che gliela commissiona lo ...attizza moltissimo.
La idealizza, al punto da soprannominarla la "Creatura", che sa di mistico, di soprannaturale..
Peccato che poi la ...coglierà in situazioni che di mistico hanno ben poco, e qui il suo ideale di donna traballerà, e dovrà rivedere le sue posizioni.
Come ciliegina sulla torta, si troverà coinvolto in cose ben più grosse e pericolose; verrà a contatto con malavitosi che non scherzano e la storia si rivelerà, alla fine, ben più complicata dell'inizio.
Non è questo un giallo a tinte forti; ma è gradevole, si legge d'un fiato; ha uno stile tutto particolare, con descrizioni simpatiche ed efficaci , che non risultano affatto pesanti, perchè nel contesto ...ci stanno bene.
E poi c'è una parlata sicula da...sballo! vero dialetto, e non quello "camillerese"che peraltro io adoro. Solo una frasetta ogni tanto, eh: per chi si lamenta di non capire.
Consigliato agli amanti del giallo italiano!
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Promosso!
Piacevole, piacevolissima sorpresa!
Ho comprato quasi per caso questo giallo italianissimo e - per quanto mi riguarda -mai sentito nominare.
Ho leggiucchiato la storia: mi sembrava bella.
Si svolgeva in Sicilia: amo le storie che si svolgono in Sicilia!
L'ho comprato e non ho avuto modo di pentirmene.
Ho scoperto poi che questo giovane autore palermitano, Ugo Barbàra, ha scritto anche altri due romanzi; uno, "In terra consacrata" è già nella mia libreria..
La vicenda è scorrevole ed intrigante.
Bella la storia del rapporto tra questi due uomini così diversi, diametralmente opposti.
Il Corruttore , L'avv. Tanlongo, e l'Incorruttibile, Pietrasanta.
Interessante la storia di queste due famiglie, le loro; dello stile di vita, del rapporto tra moglie e marito....anche questi diversissimi.
Parlando del rapporto con la moglie Elisa, apparentemente perfetto, scrive:
"“Quando sognava di fare l’amore era sempre con Elisa. Vittorio era convinto di essere l’unico marito a sognare di andare a letto con una donna che già aveva”.
Una famiglia del Mulino Bianco , insomma. Quelle quasi finte.
Anche se...ma non voglio anticipare nulla!
La vicenda parte così: è necessario ottenere il permesso per la costruzione di un aeroporto ad Agrigento. A qualsiasi condizione. E qui entra in gioco questo personaggio, che fa il corruttore di professione, che sa quali pedine muovere, e in che modo, e fino dove spingersi, mantenendo le mani rigorosamente pulite.
Così si dipana il romanzo, sempre piacevole, mai lento, con un buon approfondimento dei personaggi. Si incontrano, nella lettura, altre figure interessanti, che movimentano la storia, ed il finale non delude.
Giudizio: consigliato a chi apprezza i gialli di casa nostra.
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Bravo!
Premetto che il mio giudizio concorda in pieno con quello di Mara, ma proverò comunque a scrivere qualche impressione.
Innanzitutto anche stavolta, come altre, ho iniziato dal secondo romanzo e, come in tutte le serie con gli stessi protagonisti, avrei dovuto "conoscere" i vari personaggi partendo dall'inizio!
E qui si parla proprio di Personaggi: il BARRISTA Massimo,i quattro vecchietti arzilli, habituès del BarLume, sono di una simpatia travolgente!
La mescolanza di italiano e dialetto toscano rende il tutto più gustoso, e strappa parecchie risate.
Poco importa che la trama gialla sia inconsistente! io lo chiamerei un...gialletto; del resto, parecchi altri autori italiani scrivono romanzi gialli che di giallo hanno poco, vedi Camilleri! ma non per questo sono meno apprezzati....
Una rivelazione,dunque, per me, che amo il giallo italiano,tranquillo , senza colpi di scena,senza descrizioni trucide.
E' uno di quei romanzi che ho letto d'un fiato, e nello stesso tempo avrei voluto durasse mesi: è la misura del mio gradimento!
Questo giovane autore, Malvaldi, merita senz'altro una conoscenza più approfondita da parte mia!
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terapeutico!
Premetto che ho molta simpatia per Giulio cesare Giacobbe, non perchè sia genovese, ma perchè mi pare sia riuscito, con i suoi "manuali" vari, ad avvicinare la gente comune a problematiche , che altrimenti ignorerebbero. E già questo non mi pare poco.
Per questo, non per spirito di contraddizione, discordo da Faye valentine.
Ho comprato questo libretto, per farne dono a mia madre, regina delle seghe mentali di ogni tipo e dimensione. Non speravo in una guarigione miracolosa, ma magari, leggendolo e ragionandolo.....chissà.
L'ho letto anch'io e, pur riconoscendogli dei limiti ( credo voluti, essendo rivolto ad un pubblico eterogeneo..)ho trovato in esso numerosi spunti di riflessione sull'argomento: come riconoscere le seghe mentali...come curarle...quali siano benefiche e quali malefiche..
Insomma,un vero manuale pret-à- porter per nevrotici! il tutto condito da simpatia.
Tanto per sdrammatizzare un argomento che simpatico non è!
Consigliato.
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Coinvolgente!
Ho letto questo romanzo di Indridason per primo, scoprendo solo dopo che fosse il secondo di una ..trilogia, con protagonista il Commissario Erlendur.Forse iniziare dal primo romanzo (Sotto la città) sarebbe più logico, per conoscere i personaggi e le loro vicende nel giusto ordine.
Erlendur:un personaggio triste e sfortunato negli affetti familiari, che si porta addosso come una seconda pelle questa sua malinconia senza scampo....
La storia è coinvolgente più che mai ed è strutturata su due piani temporali, ben distinti tra loro. Anche le vicende sono due- quella presente, legata all'inchiesta , e quella passata, legata ad un fatto doloroso di violenza familiare, avvenuto molti anni prima.
Solo alla fine , dopo un intrecciarsi di vicende dolorose , si camprenderà il nesso che lega le due storie.
Bellissimo giallo, anche se non leggero come argomento e, nel complesso, piuttosto "triste" come atmosfera generale. Ma la figura dell'agente Erlendur, che emerge da queste pagine- padre dolente e tormentato, e uomo reso scorbutico dalla solitudine e dalle preoccupazioni, è per me indimenticabile.
Così come la storia è originale.
Consigliato a chi desidera leggere un ottimo giallo "nordico", ma senza attendersi leggerezza e buonumore!
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Solo e sempre...amore!
Sempre l'amore...al centro di tutto.
Parrebbe noioso leggere lettere su lettere...e risposte annesse, ma sono così interessanti che non si riesce, veramente, ad interromperne la lettura.
Anche le risposte di Gramellini sono di volta in volta , argute, dolenti, spiritose, comprensive, ironiche , velate di rimprovero....
E' come se arrivassero da una persona con la mente giovane, il cuore ancora di più...; fresco di ricordi della sua esperienza ( che generano la comprensione), ma con la saggezza di un vecchio, di una persona che ha molto vissuto, molto visto....
E quello che ne risulta è un campionario assortito di umanità, che di volta in volta sgomenta, stupisce, commuove, diverte, indigna, addolora.....
Concludo con le parole dell'autore, nell'ultima parte della sua prefazione.
...."non è vero che i protagonisti delle storie d'amore, cioè tutti noi, parlino solo di soldi senza sogni e di sesso senza amore.
I miei cinque armadi pieni di lettere sono lì , ad urlare che esiste un mondo diverso. Intriso di sofferenza, ma anche di slancio e di speranza. Vi si respira la voglia di provare emozioni pure, di ridare significato a uno stile di vita che ne ha sempre meno, di nobilitare con valori etici la monotonia ormai incomprensibile di tanti gesti quotidiani.
Tutto questo, naturalmente, convive con i compromessi, la vigliaccheria, le tentazioni e gli opportunismi.
Questo libro è il resoconto parziale del viaggio compiuto in dieci anni...
Troverete storie di tutti i colori e di tutte le età.
E' questa la cosa più importante che ho imparato A FORZA DI SPECCHIARMI NEI CUORI DEGLI ALTRI: l'amore non ha un perchè, l'amore è il perchè.
Consigliato a tutti, indistintamente, ma soprattutto alle amiche donne. In tante parole, situazioni, stati d'animo, vi ritroverete.
Concordo con Faye Valentine: da leggere a piccole dosi: si apprezza maggiormente!
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Tosto ma indimenticabile
Regalo di un'amica, era accompagnato da questa dedica: "Il TOTEM DEL LUPO è uno dei romanzi più belli che abbia mai letto.
Non è un libro facile, ma mi ha fatto ridere, sognare, tremare, ed anche piangere. Spero possa darti tante emozioni, come ha dato a me."
Con una dedica simile, è chiaro che io sia stata subito colta da curiosità, anche se è un romanzo, ne sono certa, che non avrei mai comprato di mia iniziativa...
Il romanzo in effetti è bello tosto, non sempre scorrevolissimo, tanto da essere stato dichiarato dalla critica, più SAGGIO che romanzo classico.
Ma la storia, le vicende sono così affascinanti, diverse dalle solite, che anche se procede con lentezza in molti punti, causa citazioni, digressioni storiche e sociali, il bilancio finale è sicuramente positivo.
Questo romanzo è stato per molto tempo in testa ai best sellers in Cina.
Pensare che i lupi, animali complessi e pieni di fascino, possano riempire 650 pagine di un libro,fa un pò impressione; almeno, a me!
Eppure vi assicuro che è così.
Di contorno alla vicenda, abbastanza semplice, ruotano lo stile di vita, le usanze del popolo mongolo, i disagi nelle varie stagioni, le tradizioni, le superstizioni... e poi le abitudini degli animali, cavalli, pecore, marmotte, uccelli predatori...tutto il mondo della prateria.
Sopra a tutto e tutti, il re: il lupo, fiero, indomabile, coraggioso fino all'estremo, intelligentissimo.
Il lupo,capace di strategie di guerra e di conquista inimmaginabili...che penso possano essere di esempio all'uomo!
Protagonista della storia è lo studente cinese Chen Zen, costretto a vivere per vari anni in Mongolia come pastore, (il padre era un intellettuale dissidente) , che, alla fine del suo ...soggiorno obbligato, sarà un perfetto mongolo, avrà acquisito non solo le loro usanze, ma molto più...penserà come loro.
L'esperimento del giovane di catturare ed allevare un cucciolo di lupo mongolo, per capirne il comportamento, lo metterà davanti a scelte dolorose, a momenti drammatici, ma da sola questa vicenda vale tutto il romanzo!!
Interessanti le analogie con il popolo tibetano, che mi ha sempre affascinato. A parte le abitudini alimentari, il modo di gestire la pastorizia, mi ha colpito sopra a tutto la sepoltura dei defunti.
Mentre i Tibetani portano i loro morti nell'altopiano desertico ed aspettano che gli avvoltoi ne facciano il loro pasto, i Mongoli portano i defunti nella prateria, in pasto ai lupi. Nudi e con il volto rivolto al TENNGER, il cielo, dopo tre giorni devono essere stati divorati completamente. Solo così vorrà dire che la loro anima è salita nel cielo.
Conclusione: Ho riso poco, ma ho sognato, tremato , pianto.
giudizio: consigliato a chi ha voglia di una lettura avventurosa, un pò più impegnata dei soliti romanzi.
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Colpita al cuore!
Già da tempo ho terminato la lettura di questo libro, ma non veniva mai il momento di scriverne un commento…. Perché questa storia mi ha colpita al plesso solare, così violentemente, da lasciarmi vuota di pensieri e di parole.
Così , nei giorni successivi , riflettevo su ..luoghi comuni( forse), che ricorrono spesso nei nostri pensieri, proprio in quanto comuni.
Pensavo a tutte le brutture che ogni giorno i mezzi mediatici ci propinano, ci fanno conoscere; a quanto stragi, bombe, famiglie trucidate, guerre…ci scorrano addosso, nei vari telegiornali, suscitando dolore, disappunto, fastidio, ma senza “realmente” entrare dentro di noi…
E pensavo ai clandestini; quelli che arrivano in condizioni disumane sui gommoni, suscitando indignazione per chi li accoglie, li soccorre.
Ecco; Enaiatollah Akbari è stato uno di loro; uno dei pochi fortunati , che è riuscito, dopo peripezie incredibili a raggiungere il suo scopo.
Ed io,lo confesso, per la prima volta in vita mia ( ma non è mai troppo tardi!) ho realizzato, leggendo la vicenda di questo coraggioso ragazzo, che cosa debba rappresentare questa esperienza, veramente!!
La storia è magistralmente narrata dallo scrittore Fabio Geda, con uno stile scarno ma efficacissimo, in prima persona, come se fosse lo stesso Enaiat a parlare.
Ed infatti lui racconta, si racconta, per mano dello scrittore torinese.
Il racconto è preceduto da una cartina , su cui è tracciato l’itinerario percorso dal ragazzo, che aveva circa dieci anni alla partenza. Dico circa, perché nessuno sa quale sia la sua data di nascita reale.
La data del suo compleanno l’ha decisa la questura: 1 settembre. Ora ha 21 anni.
I capitoli del libro portano come titoli i nomi degli stati attraversati nella fuga: Afghanistan, Pakistan, Iran, Turchia, Grecia, Italia.
Già l’inizio è doloroso, ma non è nulla, in confronto a ciò che verrà in seguito…
Il padre di Enaiat è morto lavorando per un ricco signore. Il carico del camion che guidava è andato perduto, e il ragazzo deve esserne il risarcimento. Invano la madre si affanna a nasconderlo in una buca fra le piante di patate..prima o poi lo prenderanno…ed allora la donna prende la decisione: Enaiat deve fuggire lontano, in salvo.
Lo porta in Pakistan; accarezzandolo gli fa promettere tre cose: che non prenderà mai droghe; che non ruberà mai; che non userà mai armi per uccidere.
E lo abbandona.
Dopo lo sgomento di sentire il giaciglio vuoto, vicino a sé, e la consapevolezza di ciò che è successo,del buio che lo attende, questo bambino – perché a dieci anni si è ancora bambini ! – decide di partire.
E da qui comincia un’avventura, che parrebbe frutto della fantasia, e basta; invece è tutto vero.
Il lavoro come inserviente, venditore, muratore…le innumerevoli volte in cui è stato riacciuffato e riportato indietro, la fame, le botte..
I viaggi spaventosi nel doppio fondo di un camion, nel gommone sul mare in tempesta ( nel mare ci sono i coccodrilli? Si domandano questi poveri ragazzini ), su altri mezzi di fortuna…
Il peggiore viaggio è a piedi. Una montagna da “scalare” per passare in Turchia; avrebbero dovuto essere tre giorni di marcia , e sono alla fine ventisette!
Ventisette lunghe notti e giorni, al gelo, senza abbigliamento adatto, con altri settanta disperati, con la determinazione di arrivare.
C’è un brano, in proposito, tremendo, se si considera che è vissuto da un ragazzino, all’età in cui i nostri giocano con la play station…
….”Il diciottesimo giorno ho visto delle persone sedute. Le ho viste in lontananza e subito non ho capito perché si fossero fermate.
Il vento era un rasoio e briciole di neve mi otturavano il naso, e quando cercavi di toglierle con le dita non c’erano più.
Dietro una curva a gomito, d’un tratto, me le sono trovate di fronte, le persone sedute. Erano sedute per sempre. Erano congelate. Erano morte. Erano lì da chissà quanto tempo.
Tutti gli altri sono sfilati di fianco, in silenzio.
Io, a uno, ho rubato le scarpe, perché le mie erano distrutte e le dita dei piedi erano diventate viola, e non sentivo più nulla, nemmeno se le battevo con una pietra.
Gli ho tolto le scarpe e me le sono provate. Mi andavano bene. Erano molto meglio delle mie.
Ho fatto un cenno con la mano per ringraziarlo. Ogni tanto lo sogno.”
Enaiatollah ha incontrato , nei lunghi anni di peregrinazioni, anche persone buone; sono quelle che lo hanno aiutato a non abbandonare mai la speranza di farcela, che non gli hanno mai fatto perdere il sorriso.
Quel sorriso aperto e cordiale che colpisce, nei filmati che lo vedono protagonista.
La sua meta è Torino. Qui molte persone, ma soprattutto una meravigliosa famiglia, lo aiutano a “fermarsi”, a realizzare il sogno di studiare, lavorare, non avere più paura, NON FUGGIRE PIU’.
Solo allora, dopo tanto tempo, Enaiat ripensa alla madre, ai fratellini e decide di cercarli, per dire loro che è riuscito. E un giorno , durante una telefonata, “sente” che dall’altra parte, lontanissimo, c’è sua madre. E qui , riporto l’explicit del romanzo, che trovo struggente.
…”Ho detto: Mamma.
Dall’altra parte non è arrivata nessuna risposta.
Ho ripetuto. Mamma.
E dalla cornetta è uscito solo un respiro, ma lieve, e umido, e salato.
Allora ho capito che stava piangendo anche lei.
Ci parlavamo per la prima volta dopo otto anni – otto –e quel sale e quei sospiri erano tutto quello che un figlio e una madre possono dirsi, dopo tanto tempo.
Siamo rimasti così, in silenzio, fino a quando la comunicazione si è interrotta.
In quel momento ho saputo che era ancora viva e forse, lì, mi sono reso conto per al prima volta che lo ero anch’io.
Non so bene come . Ma lo ero anch’io.”
(…. scusate se mi dilungata tanto, questa storia mi ha preso il cuore. Rosy -Cristina V)
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Fa pensare!
Ho divorato in due sere questo libro nel settembre scorso, durante una vacanza. Mi ripromettevo di scriverne, dal momento che mi aveva colpita, ma ...non sapevo dove collocarlo. Romanzo non è, poesia neppure.. così l'ho piazzato fra i saggi, dato che la collana Strade Blu della Mondadori si riferisce alla saggistica in genere...
Questa è la frase con cui inizia il libro: "Non importa quante volte cadi. Quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi."
Tante storie di vita: sono quelle che ci racconta Mario Calabresi.
Storie di gente di ogni tipo che è caduta e si è rialzata, con più o meno fatica, con tanto coraggio.
Calabresi ha girato gli Stati Uniti in lungo e in largo , come inviato di Repubblica, al seguito della campagna elettorale del (futuro) presidente Barak Obama.
Ha avuto modo di conoscere molte persone , e di sentire le loro storie.
Sono ritratti dell'America di oggi che vuole rialzarsi dalla crisi del 2008, e tutte, in modo diverso, coinvolgono e colpiscono per questo "fine" comune: rialzarsi.
Così si passa dalla storia degli operai della General Motors che - licenziati dopo una vita nella stessa azienda (quasi una mamma!) si sono trovati a reinventarsi da zero : chi si è iscritto alla scuola per cuochi, chi a quella per infermieri, ed ognuno di loro , con umiltà e tenacia, magari a fianco dei proprii figli.....
O la storia -fra tante- della comunità di senza tetto che dorme nelle auto sulla spiaggia di Santa Barbara, dove tutto parla di benessere...ma ospita anche queste persone. Alcuni, molti!, erano benestanti ed hanno perso tutte le cose più care - anche i mobili, perchè se uno lascia la casa per non sapere dove andare, che senso avrebbe portarseli via? per metterli dove?
Una storia fatta di storie vere, quindi, raccontate con stile asciutto, ma intrise di commozione e partecipazione....Una lunga serie di incontri con persone che sono state capaci di ri-nascere una seconda volta.
Un particolare commovente e curioso : la prima storia di "rinascita"si svolge..in Italia: è quella della nonna di Calabresi, Maria Tessa, che , nata nel 1915 in condizioni drammatiche , era stata data morta...Un medico la prese in cura, non arrendendosi al destino che pareva inevitabile, e la riportò alla vita a poco a poco. Questa donna, di 94 anni , dice di essere arrivata fino lì perchè qualcuno ha avuto il coraggio di scommettere sulla vita, la sua, e di non mollare mai.
Una storia triste, che infonde però speranza ed ottimismo.
Rosy-Cristina
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Lettura di qualità.
Ero una fan di Gianrico Carofiglio, il fratello dell'autore. Ora lo sono anche di Francesco.
Ho acquistato questo libro dopo avere assistito ad uno spettacolo teatrale, dove i due fratelli Carofiglio leggevano brani dei loro romanzi.
Mi interessava l'argomento; inoltre volevo cogliere le differenze fra i loro due stili di scrittura.
Le mie aspettative non sono state deluse: una storia delicata,intensa, intrigante dalla prima all'ultima pagina...
Mi ha ricordato certe magiche estati della mia adolescenza, quando tutto era attesa, di che cosa non si sa; quando si scopriva a poco a poco il mondo degli adulti, per noi affascinante.
Poi, l'avvento dei primi turbamenti, raccontato non con sentimentalismo o con luoghi comuni, ma con grande delicatezza.
Un'atmosfera di impalpabile mistero avvolge tutta la storia: che sia poi data dal "mostro" nero, o dalla scoperta della grotta, o dagli amori proibiti dei grandi..non ha importanza.
E' inquietante, ma nello stesso tempo piena di fascino.
Consigliato!
Bravo, Francesco Carofiglio; leggerò gli altri suoi romanzi.
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