Opinione scritta da Riccardo76

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    13 Ottobre, 2015
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La realtà del realismo magico

Di questo romanzo breve mi ha sicuramente colpito l’inizio molto incisivo e forte, la storia è ammantata di un aria cupa e in bilico tra realtà e pura magia. Marquez, con estrema bravura, ci conduce in un mondo parallelo e allo stesso tempo molto attuale e concreto.
Il soprannaturale è il continuo sottofondo di tutta la storia, una caratteristica chiave del Realismo Magico, lo stile di cui Marquez è uno dei massimi esponenti se non il capostipite.
La storia è travagliata, una famiglia nobile con una madre esageratamente distaccata e sconnessa dalla famiglia, un padre assente da principio e poi completamente assorbito dalle sorti della figlia.
Una storia d’amore impossibile, vera e pura, ma che non può esistere, l’emarginazione e l’isolamento per una malattia che troppo spesso veniva confusa con possessione demoniaca, la privazione della libertà e l’amore trovato nel luogo dell’internamento.
Una storia magica ma anche molto concreta, l’amore così intenso e anche così proibito che non può essere vissuto.
Lo stile di Marquez in questa storia è piacevole e scorrevole, lo scrittore ci conduce per mano in un mondo tutto suo, che con estrema abilità rende un po’ anche nostro.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    01 Ottobre, 2015
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Vite disperate

Questo romanzo di Parazzoli mi è parso un po’ ostico e frammentario, certamente fuori dagli schemi tradizionali alla quale sono abituato, sembra quasi un collage di storie frammiste a ricordi, sogni, visioni e immaginazioni.
Bello a mio avviso il colpo d’occhio su Milano, uno sguardo sapiente e piacevole sulla città in cui sono nato e vivo. Interessante anche il punto di vista utilizzato, quello degli ultimi, degli emarginati, dei clochard, l’autore ci porta nel loro mondo, nella loro realtà, ci presenta le loro vite spesso a metà tra realtà e pura fantasia, sogno, “follia”.
Mi sembra di vedere Moses, a tratti credo si sapere chi sia, forse Parazzoli descrive proprio quel clochard che vedo spesso sotto la vetrina della Chicco in piazzale Loreto, sicuramente ha preso ispirazione da lui, e questo mi è piaciuto molto perché ho avuto ben chiaro il suo aspetto durante tutta la narrazione.
Il tono delle vicende è abbastanza triste, la morte è molto presente in tutta la storia, i suicidi, la miseria, la disperazione, la solitudine sono il filo conduttore delle vicende raccontate.
La narrazione è particolare e secondo me poco fluida, a tratti ho fatto fatica a seguire le vicende e in questi casi non mi appassiono molto alla lettura.
Milano però è ben descritta, alcuni episodi storici altrettanto interessanti, la parte finale è un misto di delirio, immaginazione e visioni allucinatorie dovute probabilmente agli effetti di droghe.
Un libro diverso dal solito, che mi è piaciuto a tratti, ma che non mi ha completamente convinto.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    09 Settembre, 2015
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Il difficile cammino della sessualità

Un primo approccio al sesso, alla sessualità, tutta la confusione e l’imbarazzo provato con le prime pulsioni erotiche di un tredicenne. Il passaggio ad una adolescenza turbolenta, la voglia di uscire dagli schemi noti, le prime domande su quelle sensazioni che non si riesce bene ad inquadrare. Il romanzo di Moravia è una storia semplice lineare, non mi ha regalato emozioni forti, ma non mi è neanche dispiaciuto, la scrittura è piacevole, e gli episodi raccontanti sono realistici, concreti.
La storia ha un tono malinconico, un approccio alla sessualità quasi traumatico, ma sicuramente ben calato nel contesto in cui la storia viene raccontata. Agostino scopre una realtà che non conosceva, conosce ragazzi che vivono una vita differente dalla sua, sicuramente più agiata, ragazzi violenti che hanno già visto tante cose storte, o che semplicemente hanno avuto un’esistenza meno confortevole.
Agostino è attratto dalla loro diversità, incuriosito dai loro “giochi”, le loro scorribande, questo breve percorso lo porta alla scoperta di nuove sensazioni, differenti modi di relazionarsi. Rivede il suo rapporto con la madre, iniziando forse quel normale cammino di distacco che lo porterà all'età adulta.
Il tema toccato da Moravia è delicato, lo scrittore ci fornisce una sua visione della sessualità, quasi come qualcosa di traumatico e doloroso.
Un libro che si legge in breve tempo, piacevole certamente, ma non così sconvolgente.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    04 Settembre, 2015
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La piena percezione dell'amicizia

Superlativo.

Un trattato filosofico sull'amicizia sotto forma di romanzo, una storia eccezionale come eccezionale è la vera amicizia, un sentimento talmente forte da essere una delle più nobili forme d’amore.
Il Romanzo di Marai è favoloso, ritengo sia uno dei più bei romanzi che io abbia mai letto. La storia di due amici che si perdono e si ritrovano, scritta con uno stile pulito ed equilibrato, semplice e piacevolissimo.
In tempi in cui tutto viene diluito e reso più tenue, anche l’amore e i sentimenti più nobili rischiano di diventare routine e normalità, la lettura di questo romanzo ci riporta alla dimensione naturale e più intima dell’Amicizia. Una storia che mi ha fatto riflettere su diversi aspetti della mia vita, mi ha fatto tornare all'infanzia, alle amicizie di un tempo, agli amici che ho perso di vista e a quelli che purtroppo non sono più con me. Mi ha aperto gli occhi sui rapporti e, con un po’ di “tristezza”, mi a fatto capire che sentimenti così intensi e veri sono sempre più rari, almeno per quanto mi riguarda.

La parte iniziale è una introduzione al contesto, una descrizione abbastanza particolareggiata degli ambienti, l’autore si sofferma sui dettagli e durante la parte centrale fa capire il perché i dettagli siano così importanti. Un crescendo di tensione fino alla fine, magistralmente tenuto in piedi da una tecnica narrativa eccezionale, un lungo dialogo più simile ad un monologo, scritto quasi come se fosse un continuo flusso di coscienza, ben organizzato e particolareggiato. La chiave di volta di questo dialogo è, a parer mio, sublime e straordinario, Marai descrive i pochi secondi di un evento, accaduto quarantuno anni prima, come se stesse utilizzando una lente di ingrandimento del tempo. Quei pochi secondi si espandono e noi percepiamo un intero universo di sentimenti, respiriamo l’essenza di tutta la storia, vediamo ogni singolo dettaglio, in una parola: Eccezionale.
Dopo aver letto questo passaggio ho avuta una piena percezione di tutto quello che mi circondava in quel momento, è stato come entrare in un’altra dimensione, una specie di sveglia emotiva, non riuscivo a staccarmi dalla lettura, è stata una sensazione bellissima.
L’attesa lunga una vita, l’attesa di quello che avrebbe potuto distruggere tutto diventa per paradosso l’unica ragione dell’intera esistenza, il senso unico e profondo dell’amicizia, la vita stessa.
Non trovo altri aggettivi per definire questo capolavoro di altissima Letteratura.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    31 Agosto, 2015
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Una forte presa di coscienza

La guerra in questo libro è vista dalla prima linea di chi l’ha subita, di quelle persone che hanno dovuto nascondersi sotto terra per sopravvivere, non solo dagli uomini armati che erano al fronte.
La storia narrata in prima persona da Corrado, un insegnante che vive la guerra con distacco e disinteresse, quasi come se la tragedia fosse troppo grande per poter essere vissuta a pieno, troppo dolorosa per reagire, un uomo sostanzialmente solo che si costruisce uno schermo protettivo di indifferenza,
Il conflitto della gente comune, strappata dalle loro belle terre e gettate in una realtà talmente lontana dalla vita, da risultare alienante. Nascondersi, scappare, trovare un luogo sicuro dove cercare protezione, non ci sono scene cruente che facciano clamore, non si legge di dettagli strazianti, eppure la guerra ci entra dentro grazie alle sapienti parole di Pavese.
Questa storia di Pavese sembra essere scritta, almeno inizialmente, in maniera distaccata si ha la sensazione che tutto sia la normalità, le bombe sulla testa sembrano destinate ad altri, come quando si dice: “Tanto a noi non succederà”, si continua una vita, diversa, ma apparentemente normale.
Ad un certo punto una presa di coscienza, la normalità viene stravolta e quel desiderio di solitudine, quella sensazione di bastare a se stessi, di non aver bisogno di nessuno viene a mancare, la violenza disumana della guerra, che fino ad un certo punto annichilisce, ci scoppia in faccia e ci fa male.
Favoloso il finale, come una sorta di monologo, una sorta di viaggio verso se stessi a scalfire quella corazza di protezione che ha coperto la cruda realtà. Una visione completa della tragedia, una condanna e la consapevolezza che ogni morto in guerra sotto i bombardamenti, è una possibilità in più di sopravvivere. Sparisce l’indifferenza e appare un senso quasi di gratitudine verso la vita, e un rispetto estremo verso chi, con la propria vita, ha pagato il prezzo per la sopravvivenza degli altri.
Il protagonista si “sveglia” accorgendosi che i morti non sono semplici morti, ma sono l’unica ragione per la quale egli stesso è vivo.
Un libro molto bello e toccante, scritto con la maestria che solo i grandi possono permettersi, una storia che ci ricorda una delle tragedie a noi più vicine, e che spesso, con i nostri atteggiamenti tendiamo a voler dimenticare.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    27 Agosto, 2015
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La spensieratezza dei 100 anni

Esilarante, simpatico e molto ironico, una lettura leggera e divertente. Un centenario che tenta una fuga inverosimile e si tuffa in una avventura dal film americano. La fantasia pura all'ennesima potenza, una storia molto coinvolgente e piacevole. Bella l’aria di spensieratezza che si respira leggendo questo romanzo, un centenario che non ha nulla da perdere e vive questa fuga con estrema libertà, senza vincoli, senza costrizioni e senza paure. Una surreale girandola di personaggi, con un susseguirsi di eventi a catena, ben arrangiati a comporre una storia veramente spassosa.
La scrittura è pulita lineare, diretta. Un libro da leggere con spensieratezza, portando a casa un certo senso di libertà che spesso manca nelle nostre vite troppo spesso ricche di costrizioni e vincoli di ogni tipo.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    27 Agosto, 2015
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Duplicato di chi?

Un doppio se stesso scoperto per puro caso in un film, ma sarà veramente un caso? Un professore depresso a causa delle sventurate vicissitudini della vita scopre in un film un attore identico in tutto e per tutto a lui nell'aspetto fisico. Inizia una ricerca spasmodica di questo suo sosia, questo alter-ego, questo duplicato, fino al punto della resa dei conti.
Un viaggio alla ricerca di una personalità, alla scoperta che forse non siamo così unici ed irripetibili, la storia è un semplice strumento per aiutarci a pensare sui noi stessi e sull'importanza che diamo al nostro essere, una riflessione che forse al mondo non siamo tutti così diversi.
Siamo spesso certi di essere così unici ed importanti da pensare di essere noi gli originali, e se semplicemente fossimo un duplicato?
Una scrittura complessa quella di Saramago, i soliti periodi lunghi e complessi, dialoghi completamente immersi nella narrazione. La lettura richiede un minimo di abitudine allo stile dello scrittore portoghese, ma una volta presa famigliarità con questo marchio di fabbrica non si rimane delusi, almeno questo è il mio punto di vista.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    26 Agosto, 2015
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I matti siamo noi

Il matto del paese, quello che spaventa, disturba, dà fastidio, rovina la quiete, il matto è un personaggio scomodo, da prendere in giro, ridicolizzare, da tenere alla dovuta distanza, può essere pericoloso.
Il libro di Vassalli è molto bello, toccante, emozionante a tratti, ricostruisce la storia di Dino Campana, poeta di inizio ‘900 nato e vissuto prevalentemente a Marradi, non molto distante da Firenze. La narrazione è un mix di romanzo, racconti, dossier e documentario, si tratta di una originalissima ricostruzione dei fatti che rendono la figura di questo poeta, molto umana e vera. L’autore non racconta nello specifico l’esperienza del manicomio, certamente fa cenno delle torture a cui queste povere persone erano sottoposti, ma senza entrare nel particolare, senza utilizzare trucchetti per colpire maggiormente il lettore. Vassalli ha raccontato la vita di Campana svelandoci il suo intimo e il raccapricciante contesto in cui è vissuto. Il contesto storico, culturale e ambientale in cui Campana nacque e visse può risultare, ai giorni nostri, fuori dal mondo; la madre fu la vera malata di mente di quella famiglia, essa fu una delle principali rovine di questo poeta, o almeno questo è quello che appare dalla lettura di questo libro.
Dino Campana fù sicuramente un uomo eclettico, fuori dal comune, ma quello che al giorno d’oggi risulterebbe semplicemente un artista, a quell'epoca fu internato come pazzo, Campana era sicuramente uomo sensibile e appassionato.
Molto bello il quadro composto da Vassalli, ci restituisce l’immagine di un poeta che prova a percorrere tutte le strade che lo portano alla compimento della sua più intima essenza, a far esplodere la sua creatività, far apparire tutta la sua passione, la sua cultura, la sua profondità d’animo. L’ignoranza di quei tempi ha letteralmente annientato questa fantastica energia, una vera e propria persecuzione, un disumano desiderio di annichilimento perpetrato in primo luogo dai genitori ed in seguito dalle autorità locali.
Questo libro porta con se un favoloso messaggio che è quello che non si devono mai reprimere le proprie e le altrui aspirazioni, non si deve deviare la natura di ogni essere umano, ognuno deve poter esprimere la propria essenza senza restrizioni.
Un uomo distrutto e ucciso fin dalla nascita che avrebbe potuto regalarci molte altre pagine meravigliose, un perseguitato che con questo bellissimo racconto di Vassalli riacquista la luce che merita, un uomo reso pazzo dalla follia umana.
Un storia bellissima che mi ha messo nel cuore un altro piccolo seme a ricordarmi ogni giorno che alla natura non si possono porre limiti.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    21 Agosto, 2015
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Ginia e la sua fragilità

Ginia, giovanissima donna in pieno tumulto giovanile, è la storia di un’iniziazione all'amore, ambientato nelle atmosfere bohèmien degli artisti, in una Torino dipinta in toni grigi. L’innocenza di una ragazza non ancora maggiorenne, timida inizialmente, che si affaccia alla vita, scopre l’amore o quello che crede essere l’amore.
La festa intesa come periodo di vita in cui ci si dona alle nuove esperienze, al sesso, troppo spesso scambiato per amore dall'ingenuità e l’inesperienza che la giovane età porta con sé. Personalmente ho letto solo “La bella estate” primo romanzo della trilogia che porta lo stesso nome, pur non essendo stato particolarmente “rapito” da questo romanzo, ho comunque apprezzato la sua essenzialità, una narrazione senza fronzoli e divagazioni inutili, interessante l’intreccio: sesso, amore, amicizia vissuto e visto da diversi personaggi di diverse età, con diversi punti di vista. La storia è particolarmente incentrata sulle donne e sulle loro sensazioni. Bella l’ambientazione delle abitazioni-botteghe dei pittori e della loro vita atipica, eccentrica, per certi punti di vista peccaminosa. L’amore, forse unilaterale, forse ambiguo, ha, in questa storia la durata di una festa, semplicemente di una bella estate.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    19 Agosto, 2015
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Addio amico mio

Anguilla un orfano accudito da semplici contadini, destinato ad una vita di povertà e duro lavoro nei campi, fra le fantastiche vigne delle Langhe piemontesi, decide di andare in America per fare fortuna. Successivamente alla Liberazione torna ai suoi luoghi d’infanzia e gioventù e si incontra con il suo vecchio amico Nuto, questi lo accoglierà e lo accompagnerà alla riscoperta dei luoghi e delle persone del passato. In questo romanzo Pavese va alla ricerca di quel legame che unisce il paesaggio alle persone che lo vivono, va alla scoperta dei perché e i perché le radici possano essere un richiamo così forte, una parte fondamentale di ogni singola esistenza. Cito dall'antologia della critica una frase di Italo Calvino in relazione a questo grande romanzo:

“Ciò che egli cerca non è soltanto il ricordo o il reinserimento in una società o la rivincita sulla miseria della sua giovinezza; cerca il perché un paese è un paese, il segreto che lega luoghi e nomi e generazioni.”

L’importanza che Pavese da hai luoghi è fondamentale, paesi che sono protagonisti al pari dei personaggi, terre che sono vive, non fanno semplicemente da sfondo, sono “persone” vere e proprie. La ripetizione dei nomi dei luoghi: Canelli, Alba, Neive, Calosso, Gaminella, Costigliole e tanti altri sono, a pare mio, la conferma al concetto di territorio come personaggio.

“La prima cosa che dissi, sbarcando a Genova in mezzo alle case rotte dalla guerra, fu che ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciare un segno. O no? Magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò d’erbe secche e che la gente ricominci.”

Pavese stesso lo testimonia con questa frase che a mio parere è favolosa e ricca di contenuti.

La storia è ambientata in luoghi tutt'oggi favolosi, che in parte conosco personalmente e che sono legati a tanti bei ricordi, tanti profumi, tanti sapori che non dimenticherò mai. Aria di festa e di vendemmia fra amici, bellissime esperienze passate insieme ad un amico speciale che purtroppo ho appena perso. Per questo motivo ho deciso di leggere questo romanzo, proprio adesso che lui non c’è più. In quella favolosa casa di campagna a Costigliole, paese citato nel libro, lascio un pezzetto del mio cuore, Amico caro ovunque tu sia sarai sempre con me, e questa storia che tanto mi ricorda il nostro legame sarà per me fondamentale.

Addio.

P.s. perdonate la divagazione un po’ triste, ma scrivere in questo periodo mi aiuta.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    15 Agosto, 2015
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Il mare visto con altri occhi

Di De Luca apprezzo sempre le ambientazioni e il senso di antico che le sue storie raccontano, anche in questo romanzo emerge quest’atmosfera di un tempo passato. La vera essenza del mare, lontano dagli affollati luoghi di villeggiatura di massa, il mare quello dei pescatori, una storia di amore, molto acerba fin troppo giovane. Ricordo di un’estate di molti anni prima, di un ragazzo ormai adulto, dell’estate che ha marcato un passaggio verso l’età adulta, visto forse con gli occhi di un adulto e per questo un po’ troppo saggio per avere dieci anni.
Il mare però è quello che mi è rimasto dentro, la voglia di viverlo alla maniera dei vecchi pescatori, la storia in se è una storia semplice, forse simile ad altre raccontate da De Luca, e con lo stesso inconfondibile stile, una prosa in chiave poetica, che però ha il lieve difetto di essere in effetti non troppo ricercata, poco originale.
Personalmente ho apprezzato la frase che Erri mette in bocca al suo protagonista:

“Se anche tu vedessi quello che vedo io, non chiuderesti gli occhi”.

Non so perché mi ha colpito, pur essendo poco ricercata, forse ha sollecitato il mio desiderio di vedere le cose con altri occhi, con la curiosità di un bambino, un ragazzino, con la freschezza che negli anni si perde a causa di quella specie di corazza che ci costruiamo spesso per non soffrire.
La sofferenza purtroppo o per fortuna fa parte di questa vita, non è evitandola che si vive meglio, ma per evitarla spesso ci dimentichiamo di vivere la vita. Ho letto questo libro in una giornata al mare, in un periodo un po’ triste, certo non è il miglior libro di De Luca, ma personalmente mi ha favorevolmente colpito.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    13 Agosto, 2015
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La vita senza il tempo

Traumatica successione di eventi, come sprazzi di memoria, fotogrammi senza tempo a costruire la storia. Il romanzo di Vonnegut è sicuramente atipico ed originale, gioca con il tempo tralasciandolo, implicitamente dimenticato, messo da parte. Storia scritta senza cronicità, come se si guardasse un film selezionando una successione casuale di scene. Fortissimo il messaggio trasmesso, una condanna assoluta di ogni forma di violenza e di guerra, l’autore utilizza uni stile canzonatorio, a tratti scherzoso e goliardico. Un senso di alleggerimento di eventi storici di drammaticità estrema.
Una delle pagine più tristi e raccapriccianti della storia ripresa in diversi cortometraggi senza soluzione di continuità. L’alter ego dello scrittore si “diverte” a saltellare nel tempo restituendoci scene che egli stesso ha vissuto in prima persona, salvandosi per miracolo.
Bello e intelligente l’inserimento di una seconda linea del racconto, quella relativa ai trafalmadoriani, un popolo alieno che vede il genere umano con occhi e metriche completamente diverse dal solito. Una sorta di coscienza camuffata da viaggi spazio-temporali, una dichiarazione di come Vonnegut vede o vorrebbe vedere la vita.
Bello anche il concetto che credo di aver recepito: la vita è una specie di insieme di eventi che slegati dal tempo portano a morire più volte e per questo essere sempre vivi:

“…se non che l’autore li ha scelti con cura in modo che, visti tutti insieme, producano un’immagine della vita che sia bella, sorprendente e profonda. Non c’è principio, parte di mezzo o fine, non c’è suspence, né morale, né cause ed effetti.
Quella che amiamo nei nostri libri è la profondità di molti momenti meravigliosi visti tutti in una volta.”

Un romanzo diverso dal solito e forse anche per questo molto apprezzato. Difficile a tratti seguirne il filo, la trama, ma forse proprio questo voleva essere l’intento del suo autore, un’esplosione di vicende che compongono una vita. Tante persone muoiono in questo libro, tante persone muoiono per guerre stupide, ogni guerra lo è, tanta gente soffre… “Così va la vita”.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    07 Agosto, 2015
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Una ventata di leggerezza

Leggero certo, di semplice lettura ma una lettura leggera che qualche volta ci può stare, fa andare libera la mente e ci si può abbandonare alla semplicità. La storia mi è piaciuta, non entro nel merito per non “spoilerare”, è una storia romantica, non si sta parlando di letteratura o di capolavoro, ma la bellezza di questo libro sta nel linguaggio, molto vicino al mio e alla mia età.
Ritengo questo libro il più interessante di Volo, l’autore scrive di storie concrete, alla mano, alla portata di tutti, con ambientazioni a me famigliari e congeniali.
Apprezzo l’ironia e la simpatia di Fabio Volo, non solo come scrittore, è il mio parere ovviamente, ma credo che la sua chiave vincente sia questa, ovvero essere vicini ad una certa fascia di persone che con lui e le sue esperienze vere o inventate si immedesima.
Una ventata di leggerezza ogni tanto può far piacere.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    07 Agosto, 2015
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Non Fatevi spaventare

Un romanzo monumentale ricco di storie nella storia, un cult che è diventato serial, un libro che ha sicuramente fatto la fortuna di Follet. Le mille pagine in effetti possono scoraggiare, ma la lettura di questo romanzo è stata per me una folgorazione, una specie di spinta a leggere quasi l’intera opera dell’autore, che credo in pochi altri casi si sia ripetuto. La storia mi ha rapito e le pagine sono passate una dopo l’altra, difficilmente sono riuscito ad abbandonare il libro per tornare alla vita normale, l’ho letteralmente divorato, catturato dall'interesse per la storia. La narrazione di questo libro è eccezionale, l’autore dimostra con questo libro di conoscere alla perfezione gli strumenti della scrittura, ci fa innamorare, ci fa odiare, ci fa provare compassione per le vicende e i personaggi.
Un bel libro da leggere sicuramente, e che sicuramente non vi deluderà.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    07 Agosto, 2015
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Tra passato e presente

E’ il primo libro che ho letto di Zafon e devo ammettere che mi piacevolmente colpito, la storia è ben scritta, a mio avviso l’autore è stato bravo a tenere vivo l’interesse per tutta la durata della storia. Un bel viaggio tra passato e presente , il protagonista ci porta con lui e come lui entriamo in una dimensione piacevolmente a cavallo tra il reale, il raccontato e l’onirico.
Attratto da questo romanzo dello scrittore spagnolo, ho letto un altro libro dello stesso scrittore che però non mi ha particolarmente stupito.
Una piacevole lettura per tutti.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    06 Agosto, 2015
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Bellodi e lo stato

Una mentalità, una filosofia di vita, un modo di essere e perché no una sorta di cultura. La mafia è talmente radicata e difficile da estirpare da essere una sorta di epidemia che si modifica negli anni.
Il romanzo-racconto di Sciascia, scritto nel ’61, è audace e soprattutto delizioso, la scrittura di questo eccezionale scrittore è come sempre ricercata, studiata, pregevole, lontano dal comune, originale. Un racconto di poco più di cento pagine che racconta le vicende di un paesino siciliano appena dopo l’era fascista, due omicidi e un’indagine ben condotta, ma…
Lo stato, allora come oggi, all'oscuro di tutto, disinteressato, sapientemente ignorante di certe situazioni che in realtà conosce benissimo e nella quale è completamente immerso, se non addirittura il regista occulto.
Una bella storia, bella per come è scritta, bella per quello che vuole denunciare, bella perché mi ha fatto capire ancora una volta, che tutto cambia perché tutto resti uguale a se stesso. Ma come sempre dal fango emergono di tanto in tanto bellissimi fiori di loto, figure come il Bellodi, che per amor di giustizia si spingono oltre e si comportano da veri uomini.
Forte atto di denuncia dell’intesa tra stato e mafia, questo racconto è di un’attualità sconcertante. Fantastico il finale del romanzo e soprattutto la nota finale dell’autore, nella quale Sciascia ci rende noto il lungo lavoro di sfoltimento effettuato su questo romanzo e durato quasi un anno. Con sapiente intelligenza ci fa passare questi tagli come funzionali alla ritmica del racconto, ma è evidente inoltre una sorta di censura più o meno imposta.
Ma tant'è, tagli o non tagli si tratta di un libro da leggere assolutamente.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    31 Luglio, 2015
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La resilienza

Resistere, resistere, resistere, questo il motto neanche troppo sottinteso del libro di Trabucchi, psicologo che applica le sue conoscenze allo sport. Il libro utilizza svariate imprese sportive per spiegare come costruire un’attitudine alla resilienza, al reagire di fronte alle difficoltà non solo sportive, a cambiare la percezione della vita e degli eventi che essa ci porta a vivere ogni giorno, a non arrenderci. L’autore invita a vivere gli eventi negativi e difficili come temporanei impedimenti e a non estendere un evento negativo a tutta la nostra vita, a tutto il nostro essere. Sfruttare le avversità per estendere le nostre potenzialità, le nostre capacità, la nostra affinità con il sacrificio e l’impegno.
Un libro interessante che è in grado di motivare e forse far scattare la molla che permette di affrontare qualche sfida in più.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    23 Luglio, 2015
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Lennie amico mio

Una scrittura semplice con un linguaggio inusuale, una lettura eccezionale e piacevolissima. Una storia di altri tempi che mi ha toccato e impressionato per la sua estrema concretezza, la storia di due braccianti, amici da sempre, un legame forte e indissolubile. La narrazione è sublime, i personaggi sono tridimensionali nell'aspetto e soprattutto nella psiche, sappiamo cosa fanno, come agiscono e come pensano. Steinbeck ha l’enorme capacità di farci “innamorare” di Lennie, con le sue parole riesce a farci entrare nel suo cuore, le sue “malefatte” risultano quasi perdonabili. Utilizza George quasi come suo alter ego di narratore, lo “istruisce” affinché il lettore entri profondamente nelle vicende raccontate, entriamo nelle loro vite, nei loro sogni.
Un romanzo bellissimo, intenso, profondo scritto da un grande scrittore. Leggendo romanzi di tale spessore e di tanta bellezza si capisce a pieno la differenza tra la Letteratura e il resto.
La difficoltà di una vita fatta di pochi progetti, la continua emigrazione alla ricerca di una paga, con il sogno di stabilirsi, di avere un posto e una terra propria, una realtà che Steinbeck conosce bene e sa dipingere per noi alla perfezione.
Il finale è eccezionale, indimenticabile, l’apice di tutto il racconto.
In una parola: IMPERDIBILE.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    19 Luglio, 2015
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Un bouquet di profumi retrò

Come un fiore questo romanzo della See, un fiore dolce a tratti e a tratti crudele, pieno di spine, velenoso. Tre ragazze orientali, la danza, i primi nightclub, amicizie e rancori, paure e dolori, amori, segreti, la guerra, la discriminazione, tutte queste sono le essenze di questo bouquet affascinante.
Un romanzo ben scritto, che mi ha sicuramente appassionato, scritto con un altalenarsi di voci, le tre voci delle tre protagoniste, ognuna racconta la storia secondo il suo punto di vista, conducendo il lettore fino alla fine. L’autrice utilizza la realtà storica per dare una forte connotazione alla sua vicenda, utilizza personaggi reali e “inventa” una trama, quella di tre amiche e delle loro vicissitudini a cavallo della seconda guerra mondiale.
Tre vite che si incontrano e si scontrano, tre passati dolorosi e a tratti disumani, segreti che non possono essere raccontanti e che forniscono la giusta dose di suspense, si vuole conoscere di più, si vuol sapere perché.
La lettura di questa storia porta con se una piacevolissima atmosfera retrò, rende bene le immagini delle ballerine anni quaranta, ragazze orientali: bellissime e affascinanti. Raccontato bene anche il clima di discriminazione e di emarginazione di quel periodo, il desiderio di emancipazione, il senso di rivalsa di queste ragazze, i loro sogni, la loro voglia di emergere, di vivere, desiderio di bella vita o semplicemente di una famiglia. E’ forte in questo romanzo il concetto di odio fra popoli, odio che nasce un po’ da una cultura distorta, ma in gran parte dalle realtà storiche che alcune popolazioni hanno dovuto vivere. Le guerre feroci e le occupazioni inumane per la quale milioni di persone sono state uccise, straziate, violentante e brutalizzate, traumi che rimangono nel profondo per secoli e che forse entrano nel DNA e li rimangono per sempre.
Un bel tuffo nel passato, ben narrato e arrangiato, una lettura piacevole, uno stile elegante e preciso, sarà per la mia passione per l’oriente, per il fascino che certe storie mi suscitano, ci aggiungo anche un senso di esotico che mi ha colpito, ma ho sinceramente apprezzato questa storia di taglio sicuramente femminile, e forse anche per questo assolutamente intrigante.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    08 Luglio, 2015
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La scienza di tutti i giorni

Un libro simpatico che risponde a domande non sempre comuni, ma su temi invece molto presenti nella vita di tutti i giorni. Spiegazioni ai mille perché che in alcuni casi anche un ragazzino potrebbe fare, risposte date in maniera chiara, semplice e comprensibile anche e soprattutto senza avere conoscenze scientifiche. Wolke è un professore universitario di chimica, conosciuto come divulgatore scientifico, con questo libro divertente e interessante ci fa capire come la fisica, la chimica e comunque le scienze in genere, siano in ogni ambito della nostra vita. Un invito prezioso ad approfondire argomenti e fenomeni che ci circondano, un incentivo alla curiosità di porsi quesiti e trovare risposte alle molte domande che dovremmo farci per capire meglio il nostro mondo.
Dietro ogni domanda c’è la conoscenza che l’autore mette a nostra disposizione utilizzando parole semplici, esempi pratici e proposte di facili esperimenti da poter applicare.
Una lettura piacevole che mi piace pensare si possa fare insieme ai propri figli, per invogliarli a porsi domande sui fenomeni che viviamo ogni giorno, ma soprattutto a ricercare le risposte a queste domande.

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Scienze umane
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    03 Luglio, 2015
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La ricerca della felicità

Evidente e interessante l’approccio di questo saggio ci evidenzia tutti i modi con la quale noi, grazie alle nostre abitudini e al nostro modo di pensare, ci rendiamo sostanzialmente infelici. La ricerca stessa della felicità porta sempre più spesso all'infelicità. L’autore ci conduce in un percorso inverso verso la felicità, indicandoci appunto la strada che seguiamo per essere infelici, il percorso che ci porta all'avverarsi di profezie che vengono fatte e che il più delle volte facciamo anche in modo che si verifichino. Un saggio interessante che riporta esempi e concetti in maniera chiara e spesso ovvia, l’autore ha la capacità di farci capire come la psiche umana sia in grado di complicarsi la vita rendendola triste e di come, altrettanto semplicemente, possa essere capace di renderci felici.

Uno degli esempi che più mi hanno colpiti è il seguente:

-Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa. Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa ha perduto. “La mia chiave,” risponde l’uomo, e si mettono a cercare tutti e due. Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto gli chiede se è proprio sicuro di averla persa lì. L’altro risponde: “No, non qui, là dietro; solo che là è troppo buio.”-

La comodità di rimanere sempre sulle stesse posizioni, di non cambiare per paura di dover affrontare una situazione scomoda, questo è uno dei modi per inseguire l’infelicità e non coltivare quello alla quale tutti aspirano, la felicità.

Un bel saggio che si legge in poco tempo e che fa riflettere sulle nostre abitudini e sulle nostre convinzioni sul tema felicità / infelicità

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Scienze umane
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    02 Luglio, 2015
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Riformare l'educazione, educare alla vita

Riformare il sapere educando al sapere, cambiare la società per cambiare l’educazione, e intervenire sull'educazione perché la società possa cambiare.

"Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena". Questa frase di Montaigne, è il senso di questo saggio che elogia l’organizzazione dei saperi in contrasto con il semplice accumulo di conoscenze.

Riorganizzare l’educazione in modo da rendere gli studenti i fautori di questo cambiamento, i protagonisti di questo cambiamento, supportare gli educatori perché possano condurrli in questo percorso. Morin sottolinea l’importanza di creare continui collegamenti tra conoscenze umanistiche e scientifiche. Una visione più ampia del semplice conoscere e capire concetti che portano sicuramente a specializzarsi in svariati ambiti ma che non li supportano nella comprensione della vita.

“Imparare a vivere richiede non solo conoscenze, ma la trasformazione, nel proprio essere mentale, della conoscenza acquisita in sapienza e l’incorporazione di questa sapienza per la propria vita“.

Un saggio interessante, ma non sempre di semplice lettura dato il suo taglio filosofico/pedagogico e le mie limitate conoscenze in questo ambito.

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Storia e biografie
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    26 Giugno, 2015
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Leggetelo, almeno una volta

Leggetelo almeno una volta per capire l’ovvio, per comprendere che quanto di più naturale e spontaneo spesso venga oscurato dai mille impegni, dalle mille preoccupazioni stupide di una giornata. Leggetelo un’altra volta e svegliatevi, leggetelo tutte le volte che litigate con qualcuno che amate, quando dite ai vostri figli di fare silenzio perché siete stanchi e non capite che vi stanno chiedendo qualcosa, a modo loro.
L’ultima lezione è il testamento di un uomo che sta per morire, condannato da un male incurabile, è la sua ultima lezione, il suo lascito alla società e soprattutto alla sua famiglia, ai suoi figli. E’ un libro toccante, che fa riflettere molto, triste sicuramente, ma a tratti ironico, strappa qualche sorriso. Pausch è un uomo che accetta la propria malattia pur essendo una sentenza di morte certa, capisce immediatamente quali sono le priorità, e quali le cose fondamentali, si dedica completamente a quello che ha importanza nella vita.
L’insegnamento che credo ci abbia voluto dare quest’uomo è di immensa importanza, non aspettiamo di essere messi di fronte all'inevitabile per aprire gli occhi e smettere di perdere tempo alla ricerca di cose inutili, di scarso valore.
Torno ancora all'ovvio dell’inizio, usato come una forzatura, quell'ovvio che distruggiamo tutte le volte che anteponiamo tutto il resto alla nostra vita, alle nostre vere passioni, ai nostri desideri. Si dice sempre che si vive una volta ed è vero, ci si dimentica troppo spesso che questa unica vita che ci è concessa potrebbe anche essere troppo breve per avere il tempo di rimediare. Non voglio fare terrorismo, anche perché il libro in questione non lo fa, non esprime pietismo, è un vero e proprio inno alla vita, quella vera, quella vissuta seguendo i propri desideri, magari quelli che avevamo da bambini e che non abbiamo avuto la forza o il coraggio di realizzare.
Leggetelo, almeno una volta, per capire….

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    24 Giugno, 2015
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Un piacevole sapore di passato

La storia raccontata da Vitali è piacevole e simpatica, semplice ed essenziale. Lo stile è particolare, il racconto è composto in prevalenza da dialoghi che calzano perfettamente con il contesto. L’autore rende alla perfezione il sapore di un tempo passato, il clima di un paese lombardo nei primi decenni del ‘900 italiano. Siamo a metà degli anni trenta, l’idea balzana di organizzare un concerto di campane per richiamare in piazza i cittadini per celebrare la nascita dell’impero fascista, risulta essere il pretesto che dà il via alla trama. Un evento altrettanto originale mette in subbuglio il paesino e i suoi paesani che fanno di tutto per svelare il mistero e allo stesso tempo insabbiarlo.

Lo scrittore rende perfettamente l’ambientazione di paese, ogni personaggio ha il suo soprannome, è ben caratterizzato, Vitali è molto bravo a condurci per mano a spasso per la storia, la descrive con le parole dei simpatici abitanti di una Bellano di un tempo che fu.
Il Semola, il Malversati, il Dulcineo, la bella Verzetta e la Selina sono alcuni dei personaggi che mi hanno accompagnato gli ultimi due giorni, mi hanno riportato alla mente le atmosfere dei vecchi film di De Sica, come: “Pane, Amore e fantasia”, o il ciclo di film di don Camillo e Peppone.

La semplicità della storia va d’accordo con la vita di paese dei primi anni dello scorso secolo, dove succede poco o niente, e un evento di poco conto mette in agitazione l’intera comunità. Nonostante l’ambientazione nel periodo meno felice della nostra storia, l’autore riesce a costruire una commedia spassosa e piacevole giocando con i bellanesi dell’epoca, li mette in circostanze al limite del surreale, rendendoli però molto realistici.
Una bella idea, realizzata con maestria e originalità, uno stile a mio avviso interessante che credo sia la firma distintiva di questo scrittore. Un romanzo che si legge velocemente, e che lascia quel piacevole sapore di passato.

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Scienze umane
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    22 Giugno, 2015
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Una semplice consapevolezza

Una semplice consapevolezza può aiutare a cambiare punto di vista, il libro esprime un concetto abbastanza semplice e lampante, ma solo una volta arrivati alla consapevolezza.
Forma mentis statica e dinamica la grande differenza nell'affrontare la vita e il modo di pensare, corredato da una serie di esempi per ogni ambito di applicazione.
La cosa che più colpisce di questo testo è la semplicità del messaggio, la sua immediatezza e comprensibilità, il metterlo in pratica è tutt'altra cosa, non di semplice applicazione. Il piacere di imparare, di approfondire di studiare, di non fermarsi pensando che si sia arrivati, alcuni esempi sono particolarmente interessanti e, a mio parere illuminanti.
Non si tratta del solito libro di auto aiuto basato su congetture e supposizioni fatte con fantasia e immaginazione, ma il frutto di anni di studio, esperimenti e analisi, ogni ricerca è riportata nelle note a piè pagina.
Un libro interessante, che almeno apparentemente ha cambiato il mio modo di vedere le cose e di affrontare la vita e le sfide, mi ha appassionato a ricominciare a studiare al fine di evolvere continuamente la mia situazione e la mia soddisfazione personale e professionale.
Non aspettatevi la chiave a tutti i problemi, ma sicuramente è un bell'incentivo a cambiare forma mentis.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    18 Giugno, 2015
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Siamo fatti della stessa sostanza....

Breve, essenziale e chiaro, nello spazio di poche pagine ci riassume con estrema semplicità un secolo di fisica, per la precisione quella del ventesimo secolo. La stravolgimento scientifico nato con Einstein e la sua relatività generale, la meccanica quantistica che affascina, stupisce e coinvolge qualsiasi argomento abbia a che fare con l’esistenza. Il testo di Rovelli è chiaro e godibilissimo, è un ampio invito ad approfondire lo studio delle scienza in generale e della fisica nello specifico. Personalmente ho percepito a più riprese forti legami con la filosofia, mi è risultato interessante raffrontare le due discipline. Si percepisce come le grandi scoperte scientifiche siano nate da intensi ragionamenti filosofici sulla nostra esistenza e sulla matteria di cui ogni cosa è composta, di cui noi siamo fatti.
Interessantissimo immaginare questi esperimenti mentali fatti da questi geni del ventesimo secolo, pura immaginazione, illuminazione che viene poi concretizzata utilizzando la matematica, riconducendo il tutto a qualcosa di dimostrabile e forse riproducibile. Mi piacerebbe approfondire questo concetto di esperimenti mentali, e metterlo in relazione non solo con la fisica, ma con qualsiasi altro pensiero o argomento la mente umana possa concepire.
Un importante incentivo ad approfondire questi argomenti, un invito a capire come funziona tutto ciò che compone le nostre esistenze. Non ha la pretesa certamente di essere un approfondimento, uno studio di formule o dimostrazioni, ma semplicemente un riassunto reso “commestibile” per ognuno di noi.
Una bella lettura che apre differenti e svariati scenari da approfondire e riflessione se lo si desidera, oppure che si può facilmente “digerire”.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    01 Giugno, 2015
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La magia delle cose semplici

Non ci siamo persi neanche questa volta, siamo rimasti nel quartiere, accanto a tutti i personaggi di questo delizioso racconto. Un uomo, Deragane, distaccato dalla società, isolato, sicuramente solo e nostalgico, altri personaggi che in qualche modo riescono a ridestarlo.
La memoria e il tempo sono ancora una volta le chiavi di questa storia, sono chiaramente un simbolo distintivo di questo eccezionale scrittore francese, Modiano scrive ancora con estrema semplicità, un tratto pulito, essenziale, diretto e conciso. La grandezza delle sue opere non risiede in leziosi trucchi strabilianti, si rimane a bocca aperta grazie alla semplicità delle sue parole, che una dopo l’altra compongono un concentrato di immagini, sensazioni, ricordi e sentimenti.
Modiano ci stupisce ancora una volta giocando con il tempo, ci fa vedere Parigi in diversi periodi storici, e lo fa come se fosse possibile una contemporaneità cronologica. Le sue fotografie sono lampi di luce colorata che imprimono la nostra immaginazione, non è necessario che ci descriva nulla, ha la magia di trasmetterci tutto con pochissime parole.
Un giocoliere che si destreggia con birilli fatti d’aria, il tempo scorre avanti e indietro, sprazzi di memoria si affacciano qua e là nel tentativo di ricostruire una storia o parte di essa, o una nuova interpretazione di quello che è realmente accaduto. L’amore, il ricordo spesso difficoltoso, doloroso, la nostalgia e l’abbandono, tutti temi presenti in questo brevissimo romanzo, gli stessi temi presenti in molte altre opere di questo straordinario autore.
E’ importante sottolineare il fantastico connubio tra tempo e memoria, due aspetti correlati, tanto importanti per la nostra esistenza quanto difficili da miscelare insieme in una storia. Facilissimo sarebbe perdersi tra gli infiniti corridoi di Kronos e Mnemosine, se non fosse per la guida e l’estrema maestria di questo grandissimo scrittore, ci tiene per mano e ci accompagna fino alla fine, non ci racconta tutto, vuole che parte di noi entri nella storia e per quanto mi riguarda ci riesce.
Si può avere la sensazione di non aver capito tutto, ma si rimane affascinati quando si capisce che in realtà Modiano ci ha invitato nella sua storia, ci ha lasciato libertà di interpretazione e ci ha spinto a riflettere, fornendoci semplicemente una chiave.
Adoro leggere Modiano perché ogni volta instilla in me una molteplicità di immagini, senza descrivermi praticamente nulla, mi stimola la fantasia e l’immaginazione, mi suggerisce domande, mi fa pensare, non mi regala un quadro già dipinto, mi fornisce tutte le istruzioni per farlo come piace a me.
Straordinario.

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    20 Mag, 2015
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Dicotomia carnefice salvatore

Vendetta, nelle sue molteplici sfaccettature e perdono sono le due facce della stessa medaglia, entrambe difficili da perseguire e raggiungere. In questo romanzo di Baricco, che forse è meglio definire racconto lungo, ci sono questo concetti, un microcosmo di emozioni e sensazioni.
La prima parte del libro è un vero pugno nello stomaco, fa male, colpisce. La seconda parte è esplicativa e contiene il senso del libro. Il finale è particolare e per me alquanto strano.
La dicotomia tra carnefice e salvatore, tra bene e male e nel bene un po’ di male, una sorta di mix emotivo che può portare a reazioni opposte.
Eventi che modificano il corso di una vita, le scelte fatte dai genitori ricadono sui figli e tracciano un percorso che non è sempre facile abbandonare, ci si deve prima o poi scontrare in qualche modo con questi vecchi “scheletri”, non si può semplicemente ignorarli e guardare altrove.
Un bella storia, molto forte in principio e altrettanto forte nel finale ma con modalità differenti, Baricco scrive come al solito in maniera pulita ed elegante, essenziale e diretta. Un libro abbastanza piacevole a mio avviso, che si legge in pochissimo tempo, ma che suscita forti sensazioni.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    14 Mag, 2015
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Il senso di un'arte, una vita.

Philippe Petit funambolo autodidatta di fama mondiale, artista poliedrico, partendo dalla sua impresa del 1974, analizza i processi creativi che lo hanno portato a realizzare la sua impresa: camminare su una corda sottesa tra i due tetti delle torri gemelle. Petit compie una serie di imprese sempre al limite.
In questo libro viene analizzato il processo creativo, il suo in particolare, ma non solo questo. L’autore vuole farci fare un viaggio nella sua mente, nel suo modo di pensare e di vedere il mondo, il suo profondo senso di equilibrio, che scompare completamente dopo ogni impresa a limite. Racconta la sfida che deve affrontare ogni volta per riconquistare questo equilibrio estremo, fonte di vita e sopravvivenza. Dispensa consigli, e chiavi di lettura della vita, si apre e ci fa capire il suo modo di essere e di esserci. Professa la perseveranza, il continuo esercizio, l’ossessione per la realizzazione delle sue imprese, che non lo abbandonano mai, fino a quando non è compiuta.
Nel libro c’è un capitolo, per spiegare come Petit gestisce la fama e il successo, i complimenti fanno piacere, ma le critiche servono ad andare avanti. Il rispetto per la paura e il continuo studio di ciò che ci fa paura, per evitarla in futuro.
Un bel libro, sicuramente incentrato sulle esperienze funamboliche di questo artista, ma non sul funambolismo, il tutto può essere tranquillamente applicato a qualsiasi forma di arte o di performance si decida di intraprendere.
La parte finale è un insieme di massime, di aforismi, alcune pagine mi hanno dato anche un senso di poesia, e in fine ho quasi pianto.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    06 Mag, 2015
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Un'emozionante teoria su Majorana

Majorana un genio del secolo scorso, una persona fuori dal comune. In questo romanzo, saggio, indagine, ricerca di Sciascia viene tracciato un profilo emozionante e intenso di un uomo, ritenuto dal grande Fermi e non solo, come uno dei più grandi fisici della storia. Il libro, breve ma molto intenso, parte con una narrazione biografica della vita di Majorana sfociando nella teoria della sua scomparsa nel 1938. Vengono citate le ultime lettere scritte da Majorana, riportate e descritte le fonti documentali che delineano la vita e l’epilogo del fisico siciliano.

Lo stile di Sciascia è molto ricercato e sofisticato, molto piacevole e appassionante. Interessante la teoria dell’autore descritta con una bravura e una capacità eccezionale. Fra le tante teorie sulla scomparsa del grande fisico c’è anche questa di Sciascia che è sicuramente tanto emozionante e appassionata quanto realistica e allo stesso tempo romanzata.
Un storia eccezionale scritta con la maestria che solo i grandi possiedono, una tecnica talmente particolare e forte da essere, a mio parere unica per genere e caratura.
Un libro che si legge in pochissimo tempo, ma che rimane dentro intensamente, un’altra perla dello scrittore siciliano, Majorana mi è rimasto nel cuore, come nel cuore porto lo stile e l’immensità di Sciascia. Imperdibile, da leggere assolutamente.

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Arte e Spettacolo
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    04 Mag, 2015
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La connessione con noi stessi

Il sogno di scrivere è anche il mio sogno, è il sogno di molti. Cotroneo ci raffigura la sua visione della scrittura, le sue idee sulla scrittura, il suo libro non vuole essere un manuale di scrittura ed infatti non lo è, non spiega come scrivere una storia, non da consigli su come pubblicare.
Un lettura appassionante, piacevole, che vuole aprire una nuova finestra sul significato profondo della scrittura, e non solo come arte, la scrittura per tutti.
Il sogno di scrivere è quella necessità insita in ognuno di noi, forse sopita e camuffata spesso, ma che prima o poi vuole saltar fuori per sanare i malanimi delle nostre esistenze, il libro è un invito ad accogliere questo dono.
Cotroneo ci porta alla sostanza dell’atto scrittorio, ci regala la spiegazione di quel legame che deve esserci fra lo scrivere e le nostre più intime sensazioni, scrivere per conoscersi, scrivere per “curarsi”, scrivere per individuare la propria voce.
L’autore prova a sfatare alcuni miti sulla scrittura come il concetto di talento, la ricerca di una pubblicazione, la teoria che sia indispensabile leggere molto per diventare bravi scrittori, sono tutte cose che non guastano, ma che non sono alla base dello scrivere. La lettura è importante, ma non basta, il talento è un concetto abbastanza aleatorio, ma non serve se non ci sono i contenuti, se non è presente quell'intimo legame con noi stessi. Scrivere, ritiene l’autore, aiuta a leggere meglio, aiuta a carpire i “segreti”, i metodi che i più grandi scrittori applicano, spesso senza neanche saperlo.
Il libro fornisce alcuni spunti per far partire una storia, dettagli da notare, visioni, illuminazioni, ci indica la strada della scrittura che non abbia come meta unica una pubblicazione, ma come fine principale il conoscere se stessi, la propria intima voce, il resto, forse, verrà poi.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    29 Aprile, 2015
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La seconda persona, che scoperta

Tutto da sola di Lorrie Moore è una raccolta di nove racconti divertenti, pungenti, toccanti, un universo completo di sensazioni. Il titolo in italiano è stato un po’ troppo “italianizzato”, molto più indicativo e significativo quello originale: “Self-help”, la raccolta vuole per l’appunto essere un contro manuale di Self-help, un libro carico di ironia e di molta profondità, scritto in maniera minimalista e con uno stile impeccabile e molto originale.

La maggior parte dei racconti sono scritti in seconda persona: “Alzati, vai verso di lui”, “Non rispondere subito rifletti, digli…”, non sono citazioni ma solo esempi per far capire quanto sia originale. Personalmente non ho mai letto nessun libro in seconda persona, e devo dire che per me è stato molto piacevole.

Lorrie Moore ha uno stile originale, fresco e minimalista, evita gli orpelli e le lungaggini, usa l’ironia per comunicare il suo dissenso per un certo tipo di libri, di self-help appunto, come a dire: “Nessuno ha la mappa per dirci come dobbiamo comportarci in tutte le circostanze”. Alcuni racconti, sono particolarmente toccanti e raccontano la vita, altri forse, sono più leggeri apparentemente, ma il messaggio di fondo credo sia, vivi e non costruire una corazza di buone maniere, di regole, di forzature. Vivi, semplicemente vivi.

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Romanzi autobiografici
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    21 Aprile, 2015
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Mi sono sentito a casa di Steve

Ho preso in mano questo libro diverse volte in libreria, ma non l’ho mai comprato, adesso trovarlo è quasi impossibile, per fortuna esistono le biblioteche.
Ho sempre snobbato questo testo perché ritenevo, erroneamente, di non essere interessato al genere di qui Steve è il Re, in realtà il libro non è assolutamente incentrato su nessun genere, è una vera e propria autobiografia con una lente di ingrandimento puntata su quella che, per King, non è semplicemente una professione, che lo ha reso sicuramente ricco, ma una parte fondamentale del suo essere. La parte strettamente legata alla sua vita passa, dall'interessante e quasi divertente della parte iniziale, al commovente e toccante nella parte finale, quando racconta il grave incidente di cui è stato vittima.
La parte centrale è per me illuminante e bellissima, King ci fa entrare quasi fisicamente nel suo studio, nel suo modo di pensare, nella sua casa, ci presenta la sua famiglia. Un libro ricco di suggerimenti, di spunti di riflessioni sull'arte di scrivere, sul modo di approcciare alla scrittura.
Indicazioni su come creare personaggi, ambientazioni e situazioni realistiche e coerenti, suggerimenti di stile. Ci fa entrare nel suo studio anche quando, come dice lui, si deve chiudere la porta, ad esempio nella prima stesura. King spiega come creare una propria cassetta degli attrezzi, dove rientrano il nostro vocabolario e tutti gli accorgimenti di stile.
La scrittura è vita, anche grazie ad essa e all'amore della sua famiglia, il Re ha superato il grave incidente che lo ha ridotto in fin di vita.
Un libro da leggere per tutti gli amanti della scrittura e non solo, scritto con un stile semplice ed efficacissimo, in maniera pulita e impeccabile, sono talmente soddisfatto e colpito che probabilmente acquisterò la versione in lingua originale, pur di averne una copia e consultarlo all'occorrenza.

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    18 Aprile, 2015
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Imprevedibili eventi

Amore, parola così importante e spesso inflazionata, ma capire profondamente cosa sia è tutt'altro che facile, sarà per la sua volatilità?
Non credo molto nella volatilità dell’amore, ma questo romanzo riesce a dare abbastanza il senso di questa volatilità, di quanto possa essere facile stravolgere la vita, di come sia facile trovarsi e perdersi.
La storia parte con la scena di un uomo che attende una donna su un’isola, è alle prese con la sua nuova occupazione dopo le vicissitudini che lo hanno portato in quell'eremo naturale, un lungo flashback descrive il recente passato, tanto appassionante quanto disastroso, l’epilogo, della quale non scriverò per ovvie ragioni, è sicuramente una svolta che ci lascia pensare.
Una bella storia, una lettura piacevole e scorrevole, un intreccio di vite e di amori, la vicenda di un colpo di fulmine che, come uno tsunami, spazza via tutto e lascia solo uno spiraglio per ricominciare. Una vita agiata, il tracollo e la ripartenza, una sorta di “downshifting” obbligato che restituisce un senso più umano e intimo ad una vita, una realtà più vicina alla natura, ma allo stesso tempo troppo distaccata dal bisogno primario dell’uomo di socialità.
Amore, spesso confuso, spesso offuscato, troppe volte represso, altre, ingiustamente esaltato. In questo romanzo sono evidenti queste difficoltà, ma al contempo è ben descritta la passione che ci porta ad andare avanti e poi, forse, ci fa pentire e scappare.
La complessità della vita e degli intrecci amorosi, l’imprevedibilità degli eventi che ti portano a cambiare vita e a riflettere su di essa.
Non posso certamente affermare che si tratti di un capolavoro, ma è sicuramente una lettura semplice e lineare, non mi ha particolarmente stupito o meravigliato, molto bella però l’atmosfera descritta del luogo isolato sulla quale vive il protagonista, mi hanno trasferito un senso di pace e di semplici suoni piacevoli. Da un’intervista dell’autore si scopre che l’idea per questo libro nasce dalla storia della sua vita, di come è nato l’amore tra lo scrittore è sua moglie, un colpo di fulmine tra due persone impegnate che, a distanza di anni, ancora si amano.

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Arte e Spettacolo
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    09 Aprile, 2015
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Scrivere di ciò che non c'è

Il testo di Parazzoli non vuole essere un manuale come cita l’autore stesso. Inventare il mondo è un’analisi di come alcuni giganti della scrittura hanno creato alcuni dei loro capolavori. Un percorso appassionato e appassionante sulle vie che hanno condotto alla creazione di mondi e opere memorabili ed eccezionali.
Consigli su come vincere il terrore della pagina bianca, suggerimenti su cosa scrivere e come, nella sezione: “Scrivere di ciò che non c’è” l’autore riporta una serie di esempi su come approcciare alla scrittura di un romanzo o di un racconto con l’intento di scrivere, per l’appunto, quello che non c’è, qualcosa di nuovo, in maniera nuova, un incentivo a ricercare la propria voce:

“Non ci sono trucchi, non possiamo ingannare i nostri lettori. Dobbiamo essere bravi a inventare i nostri mondi e a renderli credibili. E non abbiamo altri mezzi se non la scrittura. Ecco cosa significa, veramente, essere scrittori.”

Per superare il blocco dello scrittore l’autore suggerisce semplicemente di scrivere senza pensare troppo, utilizzando una sorta di flusso di coscienza oserei dire io, quello che conta inizialmente sono l’idea e i contenuti, la grammatica, la sintassi e lo stile posso arrivare dopo, ma solo se l’idea è forte e valida.
Interessante la spiegazione data della scrittura come uno specchio o come osservazione diretta della vita e dei fatti reali. L’autore ritiene che una volta scritta, anche la vita reale è una sorta di invenzione, un falso, un po’ come osservarla da uno specchio, rimane una rappresentazione di essa.
Un bel libro che mi è stato indicato durante il corso di scrittura creativa che seguo, non di facile reperibilità, ma interessante per chi è appassionato di scrittura, non insegna a scrivere, non è un manuale, non ha la pretesa di farvi diventare il nuovo Dostoevskij.

La scrittura è uno dei tanti modi per Inventare il Mondo, sicuramente il più bello per noi che amiamo così tanto la lettura.

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Religione e spiritualità
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    08 Aprile, 2015
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Non fermate mai la mano

Scrivere, scrivere, scrivere: potrebbe essere un riassunto ridotto ai minimi termini di questo interessantissimo libro della Goldberg. Zen è il metodo che l’autrice utilizza e sponsorizza per avvicinarsi alla scrittura, non si parla di religioni o filosofie orientali, ma di un approccio disciplinato e continuo alla scrittura. Allenarsi alla scrittura, come tutte le cose che facciamo nella vita, anche la scrittura è una arte che si può migliorare soltanto praticandola assiduamente, tutti i giorni anche solo iniziando con dieci minuti per poi arrivare chissà dove.

Una infinità di suggerimenti e consigli, l’essenza del libro è quella di scrivere, scrivere, scrivere senza mai fermare la mano, senza tornare indietro, senza correggere solo scrivere tutto quello che attraversa la nostra mente, un flusso di coscienza per l’appunto. Lo Zen di questo libro è proprio in questo, rimanere in contatto con la parte più profonda e intima di noi senza iniziali correzioni, il recensore e il revisore possono subentrare dopo.

Una scrittura come pura passione, senza secondi fini, senza pensare troppo a quello che si scrive, forse non ne uscirà mai nulla di particolare, o forse da tutto quello scrivere affiorerà qualcosa di sublime. Darsi un tempo predefinito e scrivere ininterrottamente per tutto il tempo, senza pensare a quello che si è scritto, solo in questo modo si potrà rimanere in contatto con quello che più di profondo abbiamo e solo così si potrà fare esercizio di scrittura. Un buon metodo e tante indicazioni per superare i blocchi di idee, i blocchi dovuti alla mancanza di voglia nell'affrontare l’esercizio di scrittura giornaliera. Un metodo che sto cercando di applicare, ci vuole molta dedizione, e non nascondo che non sempre riesco a scrivere tutti i giorni, ma grazie ad esso ho iniziato a scrivere con più periodicità e questo è già tanto per me.

Un testo che consiglio di leggere a chiunque abbia passione per la scrittura, e soprattutto a chi sente dentro questa pulsione verso lo scrivere e non riesce ad applicarsi. Avevo letto questo libro anni fa, lo sto rileggendo adesso, mi è stato consigliato durante il corso di scrittura creativa che sto seguendo. Illuminante e indispensabile.

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Racconti
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    01 Aprile, 2015
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Racconti di vite intense

Nove racconti, nove vite intense raffigurate con semplice maestria, storie di amore e di lampi passionali. Nove racconti che ci portano una visione interessante della donna, del suo infinito e mai pienamente compreso universo, mai compreso per noi uomini. Amori quasi nati per caso, amicizie, passioni tragedie e dolori, c’è tutto ed è bello leggerlo, perché bella è la scrittura della Munro.
La classe della scrittrice è evidente, la sua prosa delicata, ma allo stesso tempo fulminante è rara.
Storie di donne raccontate da donne e un solo punto di vista maschile per raccontare l’ultima storia.
Ci sono quasi tutte le età, e tutte le vicissitudini che rendono la vita una girandola di gioie e dolori.
I personaggi sono eccezionali, pieni e veri raffigurati con grande bravura.
Un altro premio Nobel che apprezzo, il racconto generalmente non è il mio genere preferito, ma questi racconti, sono quasi come tanti piccoli romanzi, c’è tutto in poche parole.
Consigliatissimo.

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    15 Marzo, 2015
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Quei viali che vanno...

Una foto che svela lentamente un storia, dalla quale partono le prime descrizioni dei personaggi, uomini loschi accompagnati da donne poco signore. Ancora una volta la ricerca di un padre insolito, perso di vista dieci anni primi, più corretto sarebbe dire di un padre che lo abbandona, successivamente ad un episodio agghiacciante, che non descriverò per ovvi motivi. Il romanzo breve si può suddividere in tre parti a mio avviso: la prima una introduzione alla storia, un antipasto del rincontro; la seconda parte il passato, la vicenda del distacco, la terza parte un rincontro, nonostante tutto. Una storia narrata in maniera elegante e, come consuetudine, con classe e lineare essenzialità, pochi eventi chiave raccontanti in maniera talmente efficace da racchiudere un’intera vita. La ricerca di un padre, delle radici, di quella chiave che manca, la chiave che può aprire le porte, chiuse da tempo, una ricerca nonostante tutto, un’incursione in una vita di malefatte ed errori non ancora riparati. I viali di circonvallazione, quelle strade che ti portano ovunque, che di tanto in tanto di forniscono una svolta, un cambiamento di rotta, ma che in realtà possono farti fare sempre lo stesso giro, senza mai raggiungere una meta. Quei viali che ti ingannano e alla lunga ti fanno perdere completamente la direzione giusta, quelle strade che ti fanno addirittura dimenticare di essere padre, o ti rendono talmente ottusi da far finta di non essere padre.
Modiano, inutile ripeterlo, è eccezionale e porta ancora una volta alla luce il rapporto padre figlio, quel rapporto, così naturale per molti, ma anche così difficile e tormentato per altri. Forte il desiderio di ritrovare una specie di marginale rapporto con il padre, andando incontro a frequentazioni pericolose e ambigue, sui viali di circonvallazione che portano ovunque o non portano da nessuna parte.

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    10 Marzo, 2015
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Épater le bourgeois

Épater le bourgeois, letteralmente sbalordire il borghese, questo il motto con la quale Chris e Toni passano le loro giornate da sedicenni nei sobborghi di Londra degli anni sessanta. Un manierismo pseudo intellettuale per ridicolizzare i malcapitati, ma con classe. Amanti delle donne e del sesso, dell’arte, alla ricerca di una vita non convenzionale, immersi in letture di livello.
Un romanzo sull'evoluzione della vita. Sedici anni l’età in cui si crede di avere tutta la vita in pugno, da giovani ci si inventa un futuro, si iniziano a percorrere strade che crediamo ci portino chissà dove, e forse è anche giusto che sia così. In alcuni casi si cresce, si fanno esperienze che non ci aspettavamo e le teorie che pensavamo fossero incise nella pietra lentamente si infrangono. I primi veri Amori, quelli che pensiamo siano per sempre, che mascherano altri sentimenti, o la voglia di trasgredire di evadere. Le esperienze sessuali, quelle che ci rendono grandi, quelle da raccontare agli amici, quelle esperienze che avvalorano, almeno temporaneamente i nostri assiomi giovanili. Si pensa che la vita in fondo sia proprio quella, avere diverse esperienze, figuriamoci una famiglia, figuriamoci un lavoro convenzionale.
Nella storia raccontata c’è un bivio alla quale il protagonista svolta, e questa svolta è fonte di rottura, di crescita forse, sicuramente di cambiamento, come se una luce si fosse accesa all'improvviso. In altri casi questa luce forse non si accenderà mai, e si continuerà a vivere di una eterna fanciullezza, fedeli alle regole originali, le stesse che valevano a sedici anni, a questo punto non si può concepire la “monotonia” di una vita di coppia, l’addossarsi obblighi e doveri.
Ma ognuno ha la sua vita, quella che si è scelto, io credo la vita che ci ha scelto, ci si ravvede e si capisce che l’Amore e la Vita non sono teorie, non sono concetti né tanto meno assiomi, sono un trascorrere, sono un esserci più che un essere. Si capisce che ha più valore osservare un figlio che dorme, che cresce, ha più valore l’amore che l’innamoramento, ha più valore la linearità che non la tortuosità di una vita che vogliamo a tutti i costi complicarci.
Un bel romanzo, lineare e pulito, il primo di Barnes, edito in Inghilterra nel 1980 e solo adesso in Italia, un libro divertente a tratti, ma che lancia diversi spunti di riflessione, si nota in esso una certa nota acerba rispetto al più famoso: “Il senso di una fine”, ma ritengo che sia altrettanto piacevole.
Molto francese nell'impostazione, mi riporta alla mente, come in altri casi, lo stile realista della nouvelle vague.

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Romanzi storici
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    05 Marzo, 2015
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Tra finzione e realtà

L’ultimo lavoro della Oates è decisamente un’opera particolare, purtroppo non ho altri parametri di riferimento essendo il primo libro che leggo di questa scrittrice. Lo stile di scrittura è articolato e prolisso, il romanzo si muove tra ambientazioni gotiche, eventi ed esseri malefici. La storia è scritta dal punto di vista di uno storico che narra le vicende percorrendo i sentieri tracciati da documenti, diari e lettere che non fanno parte di documentazioni ufficiali, ma che danno evidenza degli eventi raccontati. L’università di Princeton e l’omonima cittadina sono sicuramente le ambientazioni predominanti della storia, una storia che vuole essere un pout-pourri di personaggi veri e personaggi inventati, in sottofondo la storia degli Stati Uniti di inizio ‘900, quella vera; in primo piano “Il Maledetto”.
In un periodo in cui apprezzo esageratamente l’essenzialità ho voluto cimentarmi con questa lettura, che mi è risultata poco fluida, poco lineare e un po’ scomoda, ma questo è e rimane una mia personalissima sensazione del momento.
Nonostante tutto l’idea di mischiare verità e finzione, introducendo forti tinte gotiche e demoniache mi è parsa una bella idea, personalmente avrei snellito le svariate divagazioni, ma devo comunque sottolineare la grande cultura dell’autrice e la sua capacità di tenere viva l’attenzione nonostante le molteplici divagazioni, soprattutto nella prima metà del libro.
Bella in particolare la caratterizzazione di un personaggio, uno di quelli veri, interessante l’inserimento e il richiamo a personaggi letterari e a scrittori dell’epoca.
Nel complesso un libro particolare, un po’ pesante per i miei canoni di piacere, ma con una idea molto interessante e ritengo ben sviluppata. Un testo che non mi ha suscitato particolari emozioni, ma che mi ha sicuramente tenuto attento.
Grazie alla sapiente narrazione ho percepito “Il Maledetto” come un aria malsana, una situazione mai ben definita, un fluido invisibile e mortifero, per questo ritengo che la Oates abbia fatto un gran lavoro di caratterizzazione, e di descrizione delle atmosfere. Un monologo finale mette un po’ di chiarezza, forse si tratta di una denuncia urlata, sotto forma di sermone, un lunga metafora non troppo mascherata, un urlo di protesta della scrittrice, o forse è solo un finale come tanti altri.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    04 Marzo, 2015
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Sofia, la fiaba sapiente

Due strade non troppo parallele; spesso intrecciate e indissolubili. Il romanzo più rappresentativo e a mio avviso bello del romanziere Norvegese. Una caratterizzazione da giallo con una suspense ben delineata, in sovrapposizione la filosofia che ha determinato le basi del pensiero umano, un approccio alla filosofia, un forte invito ad essa e al pensiero dei più grandi filosofi di ogni tempo. Un percorso di crescita della protagonista, della quale si percepisce vivissimo l’interesse e la passione per i misteri che il filosofo sottopone alla ragazzina Sofia: sapienza per l’appunto.
Una fiaba meravigliosa con un contenuto forte e molto interessante, un incentivo per insegnanti ed esperti in genere a tenere un approccio più appassionato al fine di appassionare. Trovare un metodo intrigante per insegnare e intrigare al sapere, allo studio.
Ricordo che questo libro mi ha veramente appassionato alla filosofia, per mia incostanza non ho proseguito lo studio di questa materia, è stato in grado di presentarmela e di avermi fornito lo stimolo per interessarmi all'argomento.
Gaarder ha un bel modo di scrivere, in questo romanzo credo sia stato superlativo dato che è riuscito a rendere concetti spesso complessi sotto forma di un fiaba piacevolissima, condendola con le suggestive ambientazioni del nord Europa.

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    19 Febbraio, 2015
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Chinasky e Belane due facce della stessa persona.

Scriverò esclusivamente di questo libro di Bukowski, non avendo ancora letto altro dello stesso autore. La lettura della prefazione mi ha sicuramente condizionato. Il libro, pubblicato solo pochi mesi dopo la sua scomparsa, acquista un valore emotivo particolare, il continuo riferimento alla morte fa riflettere su quali terremoti emotivi possano stravolgere un uomo consapevole della propria fine. Nonostante tutto questo la lettura di questo romanzo mi è parsa divertente e piacevole, certo lo stile può risentire di questo sconvolgimento, ma il contenuto di questa storia mi ha particolarmente colpito, non saprei dirne il perché, tuttavia è un libro che mi è piaciuto molto.
La storia è surreale e spesso paradossale, molto diretto e senza filtri. Un detective alcolizzato, il perfetto contrario di quello che un detective dovrebbe essere nell'immaginario collettivo, ma grazie a questo sicuramente divertente. Le indagini in cui viene coinvolto sono palesemente strampalate, volutamente assurde. Morte, alcool e sesso sono disseminati ovunque, ma trattate con una capacità ed una bravura fuori dal comune, in maniera quasi canzonatoria per quasi tutto il racconto.
Un romanzo nato dalla necessità di esorcizzare, metabolizzare e accettare la fine imminente, l’addio ad un mondo ed una civiltà che forse l’autore ha amato a tal punto da non accettarne le infinite storpiature. Toccante a mio avviso questa chiave di lettura, profondo il significato che ho personalmente elaborato, una sorta di testamento, un lascito.
Henry Chinasky ha ceduto il testimone a Nick Belane. L’alter ego di quasi tutta la sua produzione letteraria ha lasciato spazio ad un nuovo alter ego, forse il più intimo e definitivo di sempre. Chinasky vive e sopravvive al suo scrittore, che ahimè non è più tra noi.

Grazie Charles, non conosco ancora Chinasky, ma se ho apprezzato questo Belane, apprezzerò sicuramente anche Henry, che presto entrerà a far parte della mia cerchia di personaggi letterari preferiti.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    14 Febbraio, 2015
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Jean e Margaret

Modiano è uno scrittore-fotografo che riesce ad inserire ricordi, memorie e vecchie emozioni all'interno di vivissime istantanee cariche di vita. Modiano è uno scrittore che non si diverte a prendere in giro il lettore, il suo stile è come sempre pulito e trasparente, l’enorme talento di questo scrittore è quello di dire tutto con le parole che servono, è quello di creare una vita con poche scene, in una parola è essenziale.
I personaggi di questo romanzo sono intensi, ma al contempo sfuggenti, sfumati, danno sempre l’idea di un ricordo, di un pensiero. Il contesto è sempre, immancabilmente una Parigi vista dagli occhi di chi l’ha vissuta, una Parigi parallela a quella delle agenzie di viaggio o delle guide turistiche. In Modiano l’ambientazione non è solo la scenografia: gli immancabili caffè, le strade solitarie, i nomi dei quartieri, delle vie, sono parte integrante della storia, senza di essi tutto perderebbe molto fascino.
Margaret, Jean e tutti gli altri personaggi sono di volta in volta nitidi e vivi, e poi sfuggenti e appena accennati, questa tecnica, o la mia percezione di essa, rendono con piacere il senso del ricordo, della memoria, quella sequenza di flashback nati da appunti presi su un quaderno quarant'anni prima.
Un amore di tanti anni fa, breve ma molto intenso, un amore che rimane negli anni.
Una continua fuga da un passato scomodo, un passato difficile e forse pericoloso, un tempo che si confonde, che non è più cronologico, quel passato che non ci viene svelato, ma che è talmente presente da caratterizzare il tutto. Un passato nella quale si è rimasti intrappolati e un futuro appena accennato che premette di svelare il mistero, ma non a noi “comuni lettori”.
Anche in questo romanzo trovo i concetti e le sensazioni della Nouvelle Vague, stile cinematografico francese che si prefiggeva come scopo quello di inquadrare “lo splendore del vero” eliminando tutti gli orpelli e gli stratagemmi che avrebbero compromesso la realtà.
Un bel romanzo sui ricordi in età avanzata, ricordi che forse non si limitano ad essere tali, talmente vivi da riportare vecchie sensazioni, un lampo su un periodo di un’intera esistenza, una piccola porzione di due vite che si incrociano e forse troppo presto si separano. In questa breve finestra è comunque racchiusa un’intera vita o quello che l’autore ha voluto farci conoscere di essa.

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Romanzi autobiografici
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    12 Febbraio, 2015
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Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i

Il manicomio è una grande cassa

Il manicomio è una grande cassa
con atmosfere di suono
e il delirio diventa specie,
l'anonimità misura,
il manicomio è il monte Sinai
luogo maledetto
sopra cui tu ricevi
le tavole di una legge
agli uomini sconosciuta

Questa è solo una delle tante poesie scritte dalla grandissima Alda Merini, la sua vita tormentata e intensa ha subito travagli e sofferenze talmente atroci, da chiedersi se i trattamenti subiti dai poveri esseri umani rinchiusi nei vecchi manicomi fossero da considerarsi alla stregua di crimini contro l’umanità. Non scriverò dei manicomi e delle sofferenze, certo il libro ne parla è la storia dei dieci anni trascorsi dalla poetessa in questi luoghi, ma vorrei trasmettere la riflessione che questo bel libro mi ha suscitato.
Mi chiedo in realtà quanto profondo ed elevato possa essere l’intelletto umano, quanto forte e resistente possa essere la nostra anima, quanto immenso possa essere il potere dell’amore.
L’amore, l’unica cosa che credo abbia permesso la vita e la rinascita di questa immensa scrittrice, l’amore di un medico, che ha visto in lei l’immenso e le ha ridato la passione per la scrittura, permettendo a tutti noi, di poter godere di tutta la bellezza dell’opera della Merini.

L’amore quello per le proprie passioni, per i propri figli, per la propria vita nonostante tutto:

“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio.
Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno…. per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”. *

E’ un libro fortissimo, lo stile è semplice, a tratti un po’ confuso, come confusi erano i ricordi di quei terribili anni, un libro che può far male, ma è un male che va affrontato, è il male che ci ricorda che un tempo bastava poco per perdere tutto, per perdere una vita e le gioie che essa può portare, ci dice che dalle situazioni più ignobili possono nascere i più alti atti d’amore, può nascere la vita.

Il 1° novembre 2009 la poetessa muore, le figlie la ricordano così:

“Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle. Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. Mi commuovono”. *

…E commuovono anche me.
Buona lettura


* http://www.aldamerini.it/biografia/quinta-parte

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Romanzi
 
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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    10 Febbraio, 2015
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Un accumulo di eventi

L’evoluzione di una vita, dalla spavalderia di una gioventù senza qualità e con pochi valori, farcita solo di grandi teorie filosofiche e parole ricercate, all'età adulta, dove le teorie lasciano il tempo che trovano. Rimane solo quello che è stato, quello che la vita ci ha consegnato senza troppe domande, senza troppe regole certe, senza chiedere permesso è entrata dentro di noi e ha fatto di noi quello che siamo oggi.

“Con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita? Aggiustandola, migliorandola, applicandovi tagli strategici? E più avanti si va negli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella versione dei fatti , ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato. Agli altri, ma soprattutto a noi stessi.”

Ecco il resoconto di una vita, il “segreto” svelato, dopo tante convinzioni arrivano eventi che cambiano tutto, avvenimenti che con il tempo vengono riletti sotto un’altra luce e ci fanno forse smettere di raccontare quella storia che pensiamo essere la nostra vita, ci aprono gli occhi e sono li a svegliarci.
Un romanzo che tratta i grandi significati di una vita, l’importanza del tempo, del suo passare, della concezione che noi abbiamo della nostra esistenza. Una riflessione in età adulta su quello che è stato, una discussione sulla maturità, un piccolo trattato filosofico sull'esistenza umana spesso troppo condizionata da quello che pensiamo di noi stessi o dall'idea che ci facciamo degli altri.
Crediamo di aver capito tutto, pensiamo che le parole dette o scritte non siano nulla, riteniamo che le nostre azioni siano fini a se stesse, non ci rendiamo conto che non solo decidono della nostra vita, ma spesso indirizzano anche quella degli altri. Insomma spesso siamo certi di aver capito tutto, ma in realtà non abbiamo capito proprio niente.
Un bel romanzo ricco di contenuti che appaiono evidenti se si presta meno attenzione alla trama e più alle riflessioni, la storia vuole quasi essere un pretesto “filosoficamente tautologico” al fine di farci aprire gli occhi sulla nostra esistenza: Forse un accumulo di eventi?

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    04 Febbraio, 2015
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Lo sfocato dei ricordi

Inquadriamo una scena con una macchina fotografica, apriamo l’otturatore al massimo e utilizziamo la miglior distanza focale in modo da mettere a fuoco il soggetto e sfocare tutto il resto. In fotografia questa tecnica serve a mettere in risalto il soggetto principale e creare uno sfondo che, pur essendo presente, rimane abbastanza indefinito. Modiano è tra gli autori più “fotografici” che abbia mai letto, i suoi libri sono istantanee continue e questo romanzo non fa eccezione.
Una storia in bilico tra sogno, ricordo e vaneggiamento, la realtà è forse il soggetto messo di volta in volta a fuoco in ogni istantanea.
La storia è composta dai ricordi di uno scrittore, riportati pian piano in superficie grazie ad appunti presi su un taccuino e dal pellegrinaggio del protagonista stesso per le strade di Parigi. Un’altra storia di ricerca e di ricordi, un’altra storia di ricostruzione, dove il tempo cronologico non ha importanza, si perde indefinitamente insieme alla confusione dei ricordi. Scopriamo pian piano la storia e forse fatichiamo a riconoscerla tra le intercapedini degli appunti e dei pensieri confusi.
Camminiamo per Parigi insieme ai personaggi o al ricordi di essi, per la Parigi di oggi e più spesso di ieri, per una città ancora una volta in toni seppia se non in bianco e nero, dalle luci basse e tendenti al giallo, quelle luci che in una fotografia scattata in notturna darebbero un effetto ocra e oro a tutto.
Poi pian piano si accendono le luci e si utilizza una pellicola a colori, si apre l’otturatore quel tanto che basta per imprime la giusta luce, sparisce lo sfocato e anche gli sfondi sono distinguibili, i ricordi confusi diventano nitidi e chiari.
Un bel romanzo, forse non il migliore, ma sempre di buon livello, Modiano mantiene sempre il suo stile, a mio avviso, gradevolissimo. Un libro che si legge con piacere.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    01 Febbraio, 2015
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Il mare, l'amore e la vita

Una passione, più passioni, in una sola estate, talmente densa da cambiare la vita per sempre, l’essenza che fa crescere ed imparare ad amare. Il mare e la pesca come arte, come via, come filosofia, andar per mare con tutto il rispetto possibile, chiedendo permesso:

“Nicola non sapeva nuotare mi ha trasmesso il rispetto per il fondo. Si ottiene dal mare quello che ci offre, non quello che vogliamo. Le nostre reti, coffe, nasse, sono una domanda… A noi spetta solo la superficie, quello che ci sta sotto è roba sua, vita sua.”

E come ogni forma d’arte tutto nasce dal rispetto e dalla passione, non esiste arte senza.

Un giovane ragazzo in vacanza cerca di apprendere questo rispetto, cerca di conoscere la sua strada, siamo nel secondo dopoguerra, e le storie di quell'estate cambieranno per sempre la sua vita, conoscerà l’amore, un amore superiore, fatto di palpitazioni, un amore che al giorno d’oggi difficilmente riusciremmo a concepire. Incontra una ragazza con un passato difficile, una ragazza che ha vissuto in prima persone le tragedie di quel periodo sciagurato, la incontra e se ne innamora si lega a lei con un legame che è quanto di più romantico e puro si possa pensare, una amore non fatto di passioni, un altro tipo di amore, quasi una magia.

Bello il concetto che De Luca esprime tramite il suo protagonista: comprendere la storia di quel periodo non dai libri, i libri non dicono quello che i diretti testimoni possono trasmettere, la storia che lui vuole sentire è quella di chi ha vissuto quegli anni, di chi ha dovuto rispettare ordini assurdi per sopravvivere, di chi ha dovuto combattere nemici che non erano i suoi, di chi faceva il possibile per vivere e non far male agli altri.

Un’altra perla di De Luca, scritto con il suo solito stile poetico, marchio distintivo e originale di questo autore, un libro che si legge in pochissimo tempo e che lascia un gran bel senso di bellezza e appagamento.

Tu, mio … rimarrai sempre tra i miei autori preferiti.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    30 Gennaio, 2015
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Una famiglia tutte le famiglie

Iniziamo a leggere questo romanzo e rimaniamo letteralmente senza fiato, completamente assorbiti dalla lettura del primo capitolo, rimaniamo costernati e affranti, quasi come se un amico o un parente ci avessero annunciato una loro tragedia.

Un romanzo d’esordio molto intenso e denso di contenuti, una scrittura efficace con un ritmo piacevole, i personaggi sono molto caratterizzati e pieni, vivi e concreti. Non mi sento di confermare o smentire gli accostamenti fatti tra la Mathis e altre grandi scrittrici americane, ma per quello che ho letto posso sicuramente affermare che si tratta di una ottima scrittrice, solo il tempo e sui futuri lavori potranno “emettere sentenza”.

La storia è quella di una famiglia, una storia lunga un sessantennio, una famiglia numerosa, come numerose sono le vite narrate, ogni capitolo è una vita, è un dolore, una difficoltà. Tanti racconti a comporre l’intera storia, a raccontare negli anni i rapporti famigliari, gli affetti difficili e i traumi subiti. Il romanzo è ben contestualizzato alla storia americana del secolo scorso, calato nella realtà del razzismo, della miseria e della povertà, delle difficoltà di emergere in una società che non accetta la diversità, della mentalità razzista attuata e resa “normalità”. L’autrice esprime, in una scena in particolare, l’atteggiamento di alcune “vittime” di questa discriminazione, un atteggiamento di paura, quasi di accettazione e rassegnazione, fino a raggiungere il limite di voler metabolizzare il fatto di essere inferiori in quanto di colore, o peggio ancora, come troppo spesso si dice, negri. La rassegnazione di non voler reagire, di sottomettersi allo strapotere bianco, tutto questo è molto presente in tutta la storia e risulta essere il filo conduttore di tutta la vita di questa famiglia, o almeno di buona parte di essa. Le ragioni di tanta sofferenza, di tanto dolore però non sono solo dovute al razzismo, nascono forse da un desiderio di rivalsa, dalla voglia di elevarsi che improvvisamente si scontrano con uno dei più grandi dolori che un padre e una madre possano vivere.
La miseria che strappa via il cuore, che non lascia il tempo di vivere, che fa prendere decisioni difficili, che una volta prese fanno ancora più male e spingono sempre più in basso l’animo umano.
Una madre che non riesce a dare l’amore che i figli si aspettano, perché travolta dalla vita, dalla società, da amori sbagliati o mal vissuti.
In questo romanzo si racconta di una famiglia che in realtà è la storia di molte famiglie, ogni figlio è una tribù, è il dolore che tante altre famiglie hanno vissuto e purtroppo vivono anche oggi. In questa chiave credo sia utile leggere questa storia, diversamente si rischierebbe di banalizzarla, pensando quanto possa essere inverosimile una concentrazione di tante sciagure e desolazioni famigliari.

Un uno che è tutto, e il tutto che si concentra in uno solo, condensato di vite che arrancano, che si spezzano e mai si ricostruiscono, o che si perdono e prima o poi si ritrovano in una forma diversa. Un libro che ci dice che, nonostante tutto, una vita è sempre una vita, e che i rapporti con i figli portano dentro qualcosa che è connaturato nella sostanza umana, non credo sia una questione di sangue o peggio ancora di responsabilità, ritengo che sia il nucleo indivisibile dell’essere, la più intima, sacra e microscopica parte che garantisce la vita.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    22 Gennaio, 2015
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Il senso analitico di Braggadocio

Ironico, sarcastico e originale sono gli aggettivi che riassumono quello che ho percepito di questo romanzo di Eco. Il sarcasmo è complesso da esprimere in forma scritta, ma la maestria di Eco permette di restituire questa forma retorica in maniera molto convincente.
La storia in se è semplice: una finta redazione messa in piedi con redattori e giornalisti fra i più strani e “falliti” in circolazione, lo scopo creare un quotidiano fatto di tanti numeri 0, tante notizie-dossier, notizie che non dicano solo l’accaduto ma che vadano oltre per raccontarne gli sviluppi.
La storia è ambientata nei primi anni 90, da sfondo ci sono tutti i fatti realmente accaduti nel nostro paese in quel periodo. La storia d’Italia dalla seconda guerra mondiale fino ai tempi moderni riassunta e ovviamente rivista ai fini narrativi.
Mussolini, il fascismo e improbabili legami fra servizi segreti italiani ed esteri, Vaticano e poteri forti, ho scritto improbabili perché per quello che è dato sapere ai più la storia narrata è solo una supposizione romanzata, ma siamo veramente certi che quella che conosciamo sia la verità?
Il libro credo intenda proprio minare queste convinzioni, puntare il dito contro il nostro sistema giornalistico e informativo, vuole denunciare le logiche che spingono a scrivere determinate notizie e nasconderne altre, se non peggio scrivere notizie che nascondano altro.
Gli interessi e i poteri forti comandano l’informazione pilotandola a proprio vantaggio, la notizia dovrebbe essere un fotografia oggettiva di un fatto realmente accaduto, tutto il resto è opinione, è narrativa e altro fuorché notizia.
Eco vuole denunciare un costume comune di accettare per dato di fatto qualsiasi notizia, qualsiasi informazione ci viene fornita come vera, vuol dire la sua sul sistema Italia, ormai logoro e corrotto a tal punto che non è possibile rimediare, una continua arte dell’arrangiarsi, che aiuta nei momenti difficili, ma non da nessuna visibilità per il futuro.
Tutta la storia è ben organizzata, è molto bella l’idea, a mio avviso originale, mi piace il procedere di Braggadocio, analitico e critico, vuole approfondire gli eventi, vuole vederci chiaro, nella sua spacconeria c’è forse un desiderio di notorietà, di grandezza, ma potrebbe essere questo il vero giornalismo?
Un bel libro con un messaggio forte ed attuale, bravo Eco a rendere efficaci i personaggi, a restituire quel senso di amaro sarcasmo che evidentemente gli brucia dentro e che credo debba bruciare un po’ di più in ognuno di noi.

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Riccardo76 Opinione inserita da Riccardo76    18 Gennaio, 2015
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Andre: la vita, “l'amore” e il peccato

Emmaus, luogo dell’apparizione di Gesù a due dei suoi discepoli, così come ci è dato sapere dal vangelo di Luca. Luca il migliore amico del protagonista e la fede, quella un po’ bigotta dei paesi di una volta, e non solo, in un tempo non ben definito, ma forse il tempo non ha importanza.
L’amicizia questa si che ha importanza e le debolezze, le mille incomprensioni e una visione di una vita un po’ condizionata, poco libera, la lotta per una forma di libertà che porta anche alla disperazione, al dolore.
La storia di quattro amici, le loro esperienze con il sesso, la bella Andrea, da tutti conosciuta come Andre, che non ha inibizioni e vive la vita un po’ al limite. Una storia forte, scritta con il solito stile di Baricco, certo il gergo è forte, un po’ meno poetico rispetto al solito, ma a mio avviso adeguato alla storia, un linguaggio spesso ruvido come ruvidi sono gli eventi raccontati.
Un romanzo sicuramente differente dagli altri letti di Baricco ma, nonostante le parole spigolose, riesco sempre a vederci la solita prosa poetica e lo stile, a mio gusto affascinante, che gli è solito.
L’autore si immerge completamente nella storia, usa parola adeguate alle vicende narrate, fotografa le vite di questi ragazzi, ci parla delle loro frustrazioni, delle loro angosce, delle paure e dei loro errori, spesso più grandi di loro, spesso estremi.
Il concetto del peccato inteso come quello che non va fatto, non perché realmente mi ferisce o ferisce il prossimo, ma perché mi hanno insegnato che è così, che non si fa. Il peccato come fonte di conflitto e di condizionamento, il peccato che crea un buco, fa male perché è insito in noi ed è difficile pensarla diversamente, spesso impossibile.
Non credo sia un romanzo forzato, esagerato, è una storia sicuramente estrema, una delle tante realtà, in quei piccoli paesi o quartieri di periferia, dove tutti sanno tutto di tutti, dove la fede viene spesso usata più che vissuta.
Un libro che mi è piaciuto nonostante tutto, un libro che vuole colpire e farci riflettere, e per quanto mi riguarda ha raggiunto l’obbiettivo. Mi ha fatto pensare alla mia adolescenza, chiaramente non ho vissuto queste vicende, ma sono cresciuto in una periferia difficile, e di storie come questa il quartiere era pieno. Gli errori e le esperienze estreme di cui si parlava poc'anzi erano come piccole gocce di pioggia, bastava poco a bagnarsi la maglia.

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