Opinione scritta da ferrucciodemagistris

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    08 Agosto, 2015
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Fantasmi dimenticati

Qualche attimo prima di iniziare la lettura di questo romanzo, ho dato, come spesso accade, un rapido sguardo alla quarta di copertina dove ha colpito la mia attenzione la parola “abbandonologia”; un neologismo indirizzato, nel sostantivo “abbandonologo”, a chi perlustra il territorio alla ricerca di borghi abbandonati, edifici pubblici e privati in rovina, strutture e attività dismesse (luna park, orti, giardini, stazioni, ecc.), di cui documentare l'esistenza e studiare la storia (da Treccani.it/vocabolario).

Alento è un paesino immaginario del Cilento abbarbicato in cima a una montagna che frana in maniera impercettibile ma costante; l’Io narrante è Estella, una giovane donna con un’infanzia difficile scappata da un convento di suore dove era stata programmata la sua esistenza; si ritrova, per sua fortuna o meno, a diventare precettrice di un adolescente presso una distinta e facoltosa famiglia del borgo montanaro i cui abitanti sono descritti con dovizia di particolari nella più vasta accezione caratteriale e di rango nella piccola comunità.

Gli accadimenti e le storie di ogni famiglia, di ogni elemento, sono raccontati da Estella che mette in luce la durezza della vita, le miserie e i fardelli, oltre agli inevitabili lutti, di tutto un borgo con i suoi dintorni di campagna che viene via via abbandonato dalle persone a causa del pericolo incombente dovuto al terreno franoso che gradualmente annichilisce le case, le strade, le piazze di antica origine; la popolazione, nei decenni, si stabilisce in altro luogo lasciando la sola Estella, che nulla vuol sapere di abbandonare il pur insidioso borgo, quale ultimo baluardo a difesa e guardia delle abitazioni ridotte a ruderi e delle strade sconnesse sempre più divorate dalla forza di gravità cui il terreno soccombe.

Nella sua voluta e desiderata solitudine in mezzo a fantasmi del passato, Estella rivede nella sua mente tutte le persone, la maggior parte morte o sparite, e li fa rivivere secondo uno schema diverso dal precedente reale, in un’atmosfera di poesia che rievoca un benessere mai esistito, un avvenire radioso, gli stenti banditi in un clima dove la prepotenza è sepolta e prevale la giustizia.

Una narrazione che, malgrado possa apparire triste, avvolge il lettore in una sensazione che induce a pensare per quanto tempo ognuno di noi (mi riferisco alla stragrande maggioranza che non sarà menzionata nei libri di storia) rimarrà nella memoria futura prima di cadere ineluttabilmente nell’oscurità dell’oblio.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    04 Agosto, 2015
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Pregiudizio ingannevole

Sì, proprio un pregiudizio ma questa volta nell’accezione positiva del termine; voglio dire che il fatto di aver vinto il Premio strega 2015 mi ha influenzato all’acquisto di questo romanzo il cui autore era per me uno sconosciuto. Ho dovuto purtroppo ricredermi dopo aver letto le prime decine di pagine…mi sono chiesto: è vero che ” De gustibus non est disputandum” in linea di massima e, quindi, quando leggiamo qualsivoglia letteratura; d’altro canto il suddetto premio ha evidenziato scrittori di chiara fama tra i quali, quelli che ho letto e molto apprezzato, Ennio Flaiano – “Tempo di uccidere”, Umberto Eco – “Il nome della rosa”, Giuseppe Tomasi di Lampedusa – “Il gattopardo”, giusto per menzionarne alcuni.

Ora la trama e lo stile del romanzo in questione: un dramma familiare in una famiglia agiata la cui fortuna è dovuta ad arricchimenti illeciti nel campo minato del settore edilizio; un “palazzinaro” Salvemini con moglie e quattro figli dei quali uno nato da relazione extra-coniugale. Uno spaccato di vita familiare che cela una disperazione interiore comune in tutti i componenti della famiglia con vicissitudini diverse e travagliate; l’accumulo di ricchezza, proveniente spesso da azioni illecite, l’apparente benessere che si palesa con beni di lusso, non è sufficiente a colmare il male di vivere e, quindi, la ricerca costante di qualcosa di appagante che sconfina in un terreno accidentato, causa di estremi drammi e tragedie.

Una trama, a parer mio, non eccezionale con lo svantaggio di uno stile pesante, continui flashback che diventano ostacoli alla fluidità narrativa e argomentazioni ridondanti; nessun thriller, nessun noir ma solo un continuo intercalare di accadimenti e storie personali che hanno luogo nella Puglia dei nostri giorni.

In definitiva un romanzo che non rientra nelle mie corde, ma, come già scritto all’inizio, de gustibus!
La mia personale valutazione sconsiglia la lettura ma, nel frattempo, ritengo giusto che il futuro lettore si accinga comunque a leggerlo e valutarlo secondo il proprio punto di vista.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    29 Luglio, 2015
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Caduta nel vortice dell'incubo bianco

José Saramago, tramite il suo peculiare stile narrativo letterario, ha il non comune pregio di far immedesimare il lettore in situazioni al limite della razionalità come intesa dalla stragrande maggioranza delle persone nelle innumerevoli e variegate società e culture presenti nel nostro pianeta. Possiamo considerare tale razionalità come risultanza di tutto l’insieme di regole, tradizioni, usi e costumi che si sono sviluppati, in altrettante circostanze, in tutti i continenti e in ogni nazione nel corso di decine di secoli.

In questo sublime ancorché sconcertante romanzo (l’ossimoro è d’obbligo), lo scrittore propone un accadimento in cui gli abitanti di una certa comunità cittadina, non meglio specificata, iniziano a perdere la vista; il fatto è immediato senza che ci siano, almeno all’apparenza, sintomi premonitori e cause. La prima persona che subisce questa grave inabilità sta guidando l’auto durante una tranquilla giornata come tante altre; all’improvviso si rende conto di non vedere più, o meglio di vedere come se fosse stato immerso in un mare lattiginoso; una cecità bianca differente dalla “normale” e ben conosciuta omonima patologia dove le tenebre e l’oscurità hanno il sopravvento.

La malattia, considerata contagiosa dalle autorità, si propaga a macchia d’olio e colpisce in maniera veloce ed estremamente casuale.
Il governo e i responsabili delle forze armate cercano, nella loro inconsapevolezza che li trova impreparati, di arginare l’epidemia segregando i malati in edifici abbandonati e fatiscenti, quali ex manicomi, dove i malcapitati e sfortunati sono sottoposti a una disciplina ferrea e inumana con leggi particolari che prevedono anche la fucilazione immediata qualora si trasgredisca alle disposizioni impartite.

E’ in questo contesto di sub-società formata da ciechi costretti in spazi lugubri, senza igiene e con cibo razionato, che si manifesta quella parte dell’animo umano che non vorremmo mai venisse fuori: crudeltà, violenza, perversione sono gli ingredienti principali di questa nuova vita all’insegna del mal bianco. L’essere umano, quando privato del minimo sostentamento alimentare, si trasforma in una sottospecie abietta che perde tutti i valori coltivati fin dalla nascita e pur di nutrirsi commette nefandezze e orrori che nulla hanno più di umanità; una regressione totale che porta a un livello primordiale dove la dignità, il pudore, il rispetto verso il prossimo e ancor più verso se stessi, sono svaniti in un coacervo di spettri, morti viventi che si aggirano tentoni senza una meta, senza un futuro.

L’essere umano si abitua a tutto: la dualità bene-male, civilizzato-animalesco è insita in ognuno di noi; in determinate situazioni di coercizione psichica e fisica la mente si astrae dalla ragione facendo prevalere il male e con esso la bestia, che si nasconde nei meandri reconditi del nostro animo, è libera di agire.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    24 Luglio, 2015
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L'altra faccia della medaglia

La scrittrice Kathy Reichs è molto nota per i numerosi romanzi che hanno come protagonista la dottoressa Temperance Brennan specializzata in antropologia forense; in quanto tale è un’esperta in tutto ciò che può essere recuperato dalle ossa di un corpo umano trovato seppellito in qualsivoglia sito in periodi tempo di variabile lunghezza. Ha una indiscussa professionalità al servizio della polizia di stato e/o di contea quale prezioso ausilio nella ricerca e soluzione di delitti efferati; la sua vita privata è un po’ complessa ma non interferisce sul suo lavoro.

In questo romanzo, ambientato nel South Carolina, tutto ha inizio con il ritrovamento di ossa recenti durante una sessione di scavi archeologici per gli studenti della locale università. La dottoressa Brennan è quindi coinvolta in una complessa ed enigmatica serie di omicidi commessi nella zona, a distanza di pochi anni, che hanno in comune una peculiare caratteristica, venuta, per l’appunto, fuori grazie allo studio particolareggiato dei numerosi resti ossei appartenenti a diverse persone scomparse in maniera misteriosa.

La situazione si presenta difficile in quanto i vari indizi ritrovati non possono, all’inizio, seguire una specifica pista e il susseguirsi degli eventi rivela inaspettati quanto terribili avvenimenti perpetrati a danno di persone comuni senza alcun collegamento tra di loro; quindi la pista del serial killer è da ritenersi non valida ma, d’altro canto, si intravvede un’orrenda verità da forte suspense e ai limiti dell’inverosimile. Le indagini proseguono in maniera dettagliata, e non sempre ciò che appare corrisponde alla realtà. Un puzzle intricato e perverso che conferma, purtroppo, a cosa può arrivare la mente umana per la brama di denaro.

Il finale è rocambolesco con avvenimenti degni di un thriller-horror a tinte forti.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    06 Luglio, 2015
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La natura che si trasforma e si ribella

La penisola dello Yucatan, in Messico, è famosa oltre che per il turismo balneare anche per la cultura relativa alle civiltà pre-colombiane, in particolare i Maya, con la visita alle antiche vestigia e rovine rimaste nel mezzo della foresta lussureggiante di flora e fauna esotica.

La vicenda del romanzo ha luogo proprio in una splendida radura all’interno di questa penisola a poca distanza dalla nota città di Cancun. Quattro studenti americani al termine della loro vacanza negli assolati Caraibi, decidono di dedicare l’ultimo giorno di permanenza alla visita delle antiche rovine Maya, che si trovano all’interno della foresta, grazie all’apparente guida di un’aspirante archeologa; si aggregano, quindi, altri ragazzi di nazionalità greca e un tedesco. Durante l’ultima parte del tragitto solo sei ragazzi decidono di continuare ad addentrarsi nella foresta…arrivano in vista delle rovine Maya e inizia un’avventura tra horror e surreale.

La radura che sembra innocua in realtà nasconde una terrificante situazione ai limiti della comprensione umana che dovrà essere affrontata dai sei malcapitati; la trama descrive le circostanze più inaspettate per le quali l’essere umano si riduce allo stato primitivo e deve lottare in modi crudeli e terrificanti pur di sopravvivere e fuggire dal luogo che non è più definibile quale sito archeologico culturale bensì un’area maledetta e dimenticata alla quale fanno da “sentinelle” alcuni nativi di arcana cultura maya che non permettono l’uscita da questa specie di prigione verde…e il motivo si scoprirà leggendo.

Un continuo susseguirsi di sensazioni e accadimenti orribili che devono essere contrastati con atteggiamenti al di là di ogni limite di crudeltà e coraggio; il finale è drammatico, per usare un eufemismo, e induce ad anelare le piccole cose della vita come bere acqua pura da una fonte.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    29 Giugno, 2015
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Allucinante realtà tra morte e rovine

Frastornato! Sì, è proprio questa la sensazione che ho avuto durante la lettura ed è rimasta anche alla fine del romanzo; nello stesso tempo ho acquisito notevole consapevolezza su ciò, anche se in maniera remota, potrebbe realmente accadere al nostro mondo. La narrazione è del genere post-apocalittico; due persone, padre e figlio i cui nomi non è dato sapere, camminano lungo un percorso fatto di estremo degrado ambientale, scheletri di città, rovine e morte. Altre persone, molto poche, sopravvissute a una catastrofe termo-nucleare, si aggirano tra la cenere, la nebbia, una natura composta di alberi abbattuti, secchi, anneriti, campi che non producono nulla, strade, sentieri e abitazioni invase da ciò che rimane dopo una distruzione collettiva che, oltre a generare morte, ha cambiato drasticamente la civiltà fino a una immane regressione che ha trasformato i superstiti in fantasmi senza meta, alla ricerca di cibo e di riparo necessari alla sopravvivenza.

Tutto ciò che l’uomo ha costruito negli scorsi millenni, non esiste più; la tecnologia, che ha tanto contribuito al benessere della società, è ormai ridotta a sterili detriti di ferro arrugginito, di chiazze scure a macchia di leopardo, di spunzoni di materiale vario che si ergono verso un cielo plumbeo a similitudine delle dita di innumerevoli mani che cercano un aiuto da qualche superiore entità che non esiste più. I colori sono spettrali e si fondono in un atipico alone di foschia.

In questo cammino di profonda desolazione, padre e figlio cercano di raggiungere una meta che possa dar loro l’esile di speranza di poter ricominciare anche partendo da un nuovo stato primitivo, preistorico; ma devono affrontare l’orrore e le miserie cui gli altri esseri rimasti sono impregnati a causa di una sub-umanità che ha connotazioni più basse e terribili di un animale senza freni inibitori per i quali l’arcano cervello rettiliano ha preso totale possesso.
Il romanzo segue queste grandi linee in un allucinante lotta per la sopravvivenza in luoghi dove la vita ha cessato la sua attività ed è stata sostituita da un vuoto lacerante.

La riflessione è la seguente: ci vuole più coraggio a farla finita con il suicidio oppure continuare a nutrire un barlume di speranza che va conquistato ora dopo ora in situazioni di estrema difficoltà e barbarie?

L’epilogo è un connubio tra una forte tristezza e la possibilità, ancorché teorica, di provare a ricostruire cominciando dall’età della pietra.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    25 Giugno, 2015
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La diocesi maledetta

L’epoca medievale, secondo l’accezione più diffusa, è un periodo storico della durata di circa 1000 anni che s’interpone tra la storia antica e la storia moderna; tale intervallo temporale è spesso, ma non sempre, considerato come il periodo dei secoli bui durante i quali prevalsero le barbarie, la decadenza dei fasti e della cultura classica e nel contempo l’emergere di misteri, enigmi e apparenze fantastiche e surreali.

La Chiesa e la cristianità ebbero un posto di precipua rilevanza sia dal punto di vista temporale che spirituale ed è grazie a questa istituzione, attraverso gli innumerevoli amanuensi accreditati presso monasteri e abbazie, che la cultura occidentale riuscì a essere tramandata.

In questa cornice hanno luogo i fatti e le vicissitudini che si svolsero nel XIII secolo in una regione quasi dimenticata nel sud della Francia; siamo nell’inverno dell’anno 1284 e in un villaggio sperduto della diocesi di Draguan accadono terrificanti delitti che la popolazione locale attribuisce alla presenza di strani individui che vivono, ormai da molti decenni, isolati dal resto del mondo in un misterioso villaggio circondato da boschi e paludi di non facile accesso che sembra pratichino dei riti sanguinosi e diabolici appartenenti a una setta eretica che ha una visione completamente distorta rispetto ai canoni e dogmi della chiesa di Roma e del suo pontefice Martino IV. Per evitare tale barbarie e arrivare a una soluzione il vescovo della diocesi, poco tempo prima che egli stesso sia assassinato in maniera orrenda, fa in tempo a chiamare da Parigi un giovane prete, Henno Gui, per indagare sulla contorta vicenda. Il coraggio e l’intelligenza del giovane prelato riescono a esplorare i meandri di congreghe segrete, attività misteriose e oscure trame, tra alti prelati e monaci corrotti, il cui fine è il potere e la ricchezza per mezzo della diffamazione indirizzata al crollo del potere dello stato pontificio. Henno Gui dovrà affrontare situazioni al limite della credibilità, orrori e devastazioni perpetrate da loschi personaggi molto vicini alla santa sede.

Un thriller medievale con episodi inquietanti, torture, terribili crimini, riti di purificazione e superstizione per la quale è spesso facile perdere la ragione.

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Thriller storici medievali
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    15 Giugno, 2015
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L'eterno ragazzino

Ammiro Simenon per il suo stile narrativo e per la sua non comune capacità nell’accurata descrizione di vari personaggi e di molteplici ambientazioni; riesce, inoltre, a dimostrare la sua poliedricità nei contenuti delle trame dei suoi romanzi.

La vicenda ha luogo a Parigi nel cuore della Belle Epoque di fine ottocento, cui fa da contrasto la miseria e la sopravvivenza da parte della stragrande maggioranza della popolazione che vive nelle strade e vie colme di rifiuti e di povertà, e termina nei più recenti anni ’60. In questa contraddittoria cornice inizia la storia di Louis Cuchas che vive insieme alla madre e ai suoi cinque fratelli e sorelle, tutti generati da padri diversi, in uno spoglio stanzone separato in due promiscui ambienti da un lercio lenzuolo che dovrebbe nascondere le spregiudicate abitudini della madre, venditrice ambulante di frutta e verdura presso i mercati generali Halles di Parigi, indirizzate a cambiare frequentemente gli uomini nel suo letto. In tale contesto abitativo e di qualità della vita, il piccolo Louis assiste a sconcertanti episodi, sicuramente non adatti agli occhi innocenti di un bambino, che potrebbero compromettere la sua stabilità di carattere anche nel futuro; ma Louis prende atto delle varie situazioni in maniera quasi indifferente, continuando a vivere in maniera tranquilla nonostante le avversità che incontrerà lungo il suo cammino da ragazzino, adolescente e giovane adulto.

Le angherie non lo turbano, così come la fatica del lavoro e i continui sacrifici; è per questo motivo, per il suo peculiare carattere che è soprannominato “l’angioletto”. A differenza dei suoi fratelli che avranno destini costellati da morte, malattia e illegalità, Louis riesce a coltivare la sua unica passione: diventare un artista, dipingere quadri. Le avversità e le difficoltà non lo scoraggiano mai; il suo atteggiamento verso le vicissitudini dei tempi sono accettate in maniera candida con la visione di un bambino anche quando, ormai affermato pittore, riesce a vivere in maniera agiata. Il denaro non ha importanza, vuole vivere di sogni e fantasie ed esprimere sulle sue tele ciò che la sua mente percepisce del mondo che lo attornia. Continua il suo cammino vitale senza mai eccedere, avendo sempre una pacatezza che lo aiuta ad apprezzare le piccole cose dalle quali riceve forti insegnamenti.

Simenon fa conoscere un personaggio positivo le cui risultanze inducono a riflettere su come si possa raggiungere un proprio obiettivo semplicemente accettando e adattandosi a tutto ciò che la vita e il destino ci offrono, cercando di trarre massimo beneficio da tutte le sfaccettature visibili e immaginabili.

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Altri romanzi di Simenon "senza Maigret".
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    11 Giugno, 2015
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Il punto di non ritorno

“In tenebris” è il secondo romanzo di Maxime Chattam facente parte della cosiddetta trilogia del male, che segue “L’anima del male”(già recensito) e precede “Il veleno del ragno”.

La vicenda ha tra i protagonisti il detective privato Joshua Brolin, già conosciuto nel primo romanzo della serie con l’incarico di ispettore della polizia di stato di Portland nell’Oregon, e una affascinante poliziotta, Annabel, del 78^ distretto di polizia di New York con alcune problematiche personali; l’ambientazione è, appunto, nella grande metropoli di New York, in particolare sull’isola distretto di Manhattan e sopralluoghi nel New Jersey e città limitrofe.

Lo stile narrativo di Chattam è indirizzato alle oscure perversità che albergano nell’animo umano, su quanto possa essere facile scatenare quel tale meccanismo, celato chissà in quale meandro della mente, che induce l’uomo a compiere azioni così orrende che vanno a lambire territori al di là dell’immaginabile; sull’origine e le motivazioni del male si sono scritti (e si scriveranno) tomi, si sono fatte tavole rotonde con i più illustri luminari della neurologia e della psichiatria comportamentale, si sono seguiti corsi ed esercitazioni complesse per creare i famosi “profiler” dell’F.B.I., tutti con l’unico tentativo di discettare il “perché” certe persone, all’apparenza normali cittadini che partecipano in maniera attiva allo scorrere di tutte le attività della società moderna, possano diventare esseri abietti il cui fine è sottomettere il prossimo con mezzi di efferata crudeltà per procurarsi il piacere del potere e placare, almeno temporaneamente, quell’ammasso inestricabile di malvagità, rabbia e follia che li devasta e corrode all’interno della loro anima ormai perduta.

Non voglio svelare nulla della trama che appare complessa e carica di suspense; posso dire che i protagonisti sono sulle tracce di un serial killer il cui modus operandi è contraddistinto dall’agire in maniera invisibile servendosi di una ristretta setta di adepti. Le atrocità commesse sono un pugno nello stomaco in quanto, come già scritto in precedenza, la ragione umana si astrae e si inerpica sulle pareti di un inferno, dove a ogni passo si incontra l’orrore che fa uscire di senno e fibrillare la nostra anima.

I demoni non sono quelli immaginati dal sommo Poeta; ma si trovano nel nostro spaccato sociale, che vivono e lavorano insieme con noi in maniera anonima. E’ questo il messaggio di Chattam al lettore!

La narrazione è ovviamente romanzata e amplificata in maniera parossistica; vi consiglio, comunque, di leggere questo libro tenendo sempre in mente che si tratta di un romanzo, ma nel contempo di riflettere sugli accadimenti narrati.

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Altri romanzi di Maxime Chattam
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    01 Giugno, 2015
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Il medaglione dei misfatti

Immaginiamo e deduciamo di trovarci in Inghilterra, forse nella regione del Northumberland; deduciamo, inoltre, che il tutto si svolga in un periodo temporale appartenente all’inizio della seconda metà dell’ottocento…questo perché non sono immediatamente percepibili, anche all’attento lettore, sia i luoghi che il tempo in cui la vicenda ebbe luogo.

Il principale protagonista della storia (e che storia!!) è uno sfortunato ragazzo, Roderick, di circa dieci anni che vive la sua misera esistenza in una locanda malfamata dove, oltre a servire quanto vi è d’alcolico e cibarie varie non certo raffinate, è possibile anche trovare “compagnia” con le donne che allo stesso tempo sono inservienti e qualcos’altro. Roderick è, per l’appunto, figlio di una prostituta che si ammala e muore e lascia solo il povero ragazzo. Sembrerebbe, quindi, una vicenda già esaurita la cui fine è stabilita in relazione al pregiudizio della gente di quel tempo. Ma il destino, come spesso accade, riserva una sorprendente situazione del tutto inaspettata per cui il sentiero da percorrere, precedentemente stabilito in linea di massima, svolta in una strepitosa via lungo la quale è in attesa un’immensa fortuna composta da svariati beni immobili, partecipazioni azionarie, beni voluttuari (arazzi di pregio, dipinti, sculture, pietre preziose, abiti e arredi) e “last but not least” un titolo nobiliare di alto rango sociale.

Ma questa immensa eredità è bramata anche da una miriade di personaggi della più diversa fattispecie: brutti, cattivi, melliflui, imbroglioni, millantatori, suore che di religioso hanno solo l’abito, padroni di losche osterie, tirapiedi, damerini e assassini prezzolati. Tutti concorrono, chi in modo chi in un altro, a mettere mano sul vile danaro per un fine che è sempre lo stesso sin dalla notte dei tempi: vivere di rendita senza aver mai faticato per ottenere tale privilegio.

Per il fatto che il piatto è così prelibato e a goderne il gusto in maniera legittima è proprio lo sventurato ragazzo Roderick, i vari figuri, senza distinzione di sesso e ceto sociale, tentano in tutte le maniere, violente e truffaldine dove la menzogna può considerarsi una virtù, di cambiare le carte in tavola servendosi di numerosi espedienti atti al possesso o alla gestione dell'accattivante tesoro. L’avidità e la cupidigia regnano incontrastate, i personaggi interessati non hanno alcuno scrupolo in merito e venderebbero l’anima al diavolo pur di sottrarre a Roderick ciò di cui è legittimo erede. Un medaglione istoriato sarà l’oggetto per il quale le varie vicissitudini porteranno a delitti inutili per i quali Roderick è più volte, suo malgrado, coinvolto ma alla fine la giustizia, forse divina, metterà tutti gli avvenimenti e avventori al posto che si meritano. Roderick conoscerà, all’età tra dieci e undici anni, l’infingardaggine e la cattiveria della gente ma anche il senso dell’amicizia e la solidarietà e l’aiuto disinteressato.

Un romanzo molto complesso con maglie intricate che sono difficili da dipanare; molte sono le citazioni e gli aneddoti “eruditi” che l’autore invita a conoscere/ricordare al lettore…lettore che è parte in causa in quanto è spesso, metaforicamente, guardato in tralice dallo scrittore che gli rivolge affermazioni in maniera sarcastica e ironica.

Una armoniosa commistione di letteratrua classica tra cui “Capitani coraggiosi”, “L’isola del tesoro”, “Oliver Twist”. Il mio consiglio è leggerlo.

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Letteratura classica per ragazzi...e per adulti che vogliono rileggerla
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    24 Mag, 2015
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Angosciante attesa per la lettera viola

Tra le innumerevoli domande che si pone l’essere umano sin dai tempi remoti, emerge in maniera mastodontica il perché del senso della vita; una miriade di filosofi, religiosi e, attualmente, opinionisti, nell’accezione più vasta, si sono avvicendati nell’esprimere il proprio pensiero in proposito inducendo, e spesso convincendo, la popolazione sulle risultanze delle proprie personali convinzioni frutto di mero ragionamento su tale massimo sistema altrimenti difficilmente comprensibile.

José Saramago ci mette di fronte a una utopistica possibilità di vita eterna; in un Paese, non meglio identificato, al rintocco della mezzanotte di un qualsiasi giorno non si muore più; gli esseri umani rimangono nel loro stato senza aver alcun miglioramento o peggioramento della propria condizione di vita, per cui gli invalidi rimangono tali, i moribondi sono sospesi in una situazione di sopravvivenza, gli incidenti di qualsivoglia natura non provocano nessuna vittima. Sembrerebbe, di primo acchito, il sogno che tutti, indistintamente, hanno sempre bramato e che si avvera; l’euforia è dilagante, la felicità è ai massi mi livelli , tutto appare roseo con un futuro in cui non ci saranno più lutti che è ammantato da un inimmaginabile splendore…ma non si è tenuto conto degli effetti collaterali: nel tempo le strutture assistenziali non riescono a sopportare e a gestire il continuo arrivo di persone non più autosufficienti che non moriranno più, il sistema pensionistico arriva ben presto al collasso, la popolazione aumenta in maniera spropositata e non si è in grado di trovare adeguata sistemazione per tutti, la chiesa perde il suo carisma in quanto sprofonda il suo principale pilastro della sua dottrina basato sulla resurrezione; anche le agenzie di pompe funebri sono destinate al fallimento. Insomma un vero e proprio caos! Il governo pro-tempore cerca rimedi per arginare l’enorme marasma fino a quando, “per fortuna”, la morte riprende il suo lavoro consueto.

Un romanzo che, al di là del suo stile, invita il lettore a riflettere sulla necessaria dualità vita-morte che è sempre stata presente sul nostro pianeta sin dall’apparizione/creazione dell’essere vivente; osservando attentamente la natura e l’immanente è facile rendersi conto che tutto è in continua trasformazione ancorchè in modo impercettibile; il ciclo nascita-vita-morte è precipuo per l’equilibrio del mondo. Nel sistema a noi conosciuto sarebbe assurdo non morire in quanto provocherebbe un complesso di circostanze che porterebbe alla follia più sfrenata e a un capovolgimento del futuro di non prevedibile catastrofe. E’ vero che tendiamo a non accettare la morte; speriamo che il nostro turno arrivi il più tardi possibile, a meno di eccezionali casi di sofferenza estrema, e per nostra fortuna non conosciamo il nostro destino pur nella consapevolezza della fine del nostro essere.

Quindi la morte è una normalità che è parte della vita; è questo il messaggio che José Saramago vuol indirizzare ai suoi lettori; le nostre elucubrazioni su cosa potrebbe succedere dopo rimangono genuine ipotesi per placare l’angoscia del vivere in attesa di una prossima fine la cui data è, per il singolo, sconosciuta.

Un eccellente scrittore che riesce a scrutare le profondità del nostro animo. Sicuramente da leggere.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    19 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Incubi che riemergono dal passato

Primo romanzo che leggo di Nora Roberts e primo romanzo di tale genere; per il sottoscritto si tratta di un neologismo il “rosa crime”.

Reece Gilmore è una ristoratrice che ha vissuto un’esperienza orrenda, in una nota città dela costa orientale degli Stati Uniti, causata da un’incursione di malviventi nel ristorante in cui lavorava che hanno effettuato una strage la cui unica sopravvissuta è proprio lei. Il trauma che ha dovuto sopportare è stato trascinato per alcuni anni fino a quando decide di cambiar vita e trasferirsi in una cittadina sperduta nel selvaggio stato del Wyoming.con l’intento di potersi lasciarsi alle spalle ciò che ha terribilmente vissuto e, inoltre, cercare di guarire dalle fobie e dagli incubi che vivono nel suo stato interiore al fine di iniziare una vita “normale”.

Durante il suo soggiorno in tale piccola cittadina, dopo aver trovato lavoro come cuoca in un diner, è testimone involontaria di una scena delittuosa; protagonista una coppia che discute in maniera animosa, in prossimità delle rive di un lago nelle vicinanze alla cittadina, fino al punto quando l’uomo uccide la donna strangolandola. Sconvolta dalla scena, Reece corre per chiedere aiuto e da questo momento inizia una vicenda con alti e bassi al cardiopalma che la conduce a dubitare di sé stessa e di ciò che è reale o solamente frutto della sua immaginazione a causa dei traumi, non ancora risolti, provenienti dal passato :

La storia raccontata da Reece non è totalmente creduta dalla comunità in cui vive in quanto lo sceriffo del posto non riesce a trovare alcuna prova inerente l’ipotetico misfatto; inoltre saltano fuori i pregiudizi sulla personalità di Reece e tutto il suo passato in cui fa da cuspide un ricovero in una clinica psichiatrica. La vicenda si dipana in un clima di suspense e di temporanea astrazione dalla realtà; i personaggi che circondano Reece Gilmore sono numerosi e con tratti caratteriali molto diversi. Sarà solo la determinatezza e la forza d’animo della protagonista a sciogliere ogni dubbio in merito fino a dare un importantissimo contributo per la soluzione dell’omicidio in maniera strabiliante.

Un romanzo che si legge bene ma non particolarmente affascinante, almeno per i miei canoni di lettura. Molto belle le descrizioni della natura selvaggia e incontaminata con le sue foreste, gli animali e le sue montagne.

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Romanzi del genere "rosa crime"
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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    13 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La triste saggezza di un attore comico

Di Charlot ricordo alcune scene di interpretazione nei suoi maggiori film quali Il Grande Dittatore, e Tempi moderni; inoltre quale regista e anche protagonista di “Luci della ribalta” con l’impareggiabile Buster Keaton.

Ho voluto, quindi, leggere questo romanzo in cui l’autore, Fabio Stassi, rappresenta il grande Charlie Chaplin nella stesura di una lettera indirizzata al suo giovane figlio Christopher, avuto alla veneranda età di oltre 70 anni, in cui descrive la sua biografia romanzata e aneddotica dall’infanzia fino a un attimo prima che la Morte, anch’essa protagonista nella trama, lo vada a trovare la vigilia di Natale, nella sua casa in Svizzera, per accompagnarlo nell’ultimo ineluttabile viaggio dopo che lo stesso attore comico è riuscito a posticipare tale appuntamento per ben sei anni grazie a un “simpatico” patto stipulato con la vecchia Signora consistente di rimandare ogni volta di una anno la data finale qualora l’avesse fatta ridere (sic).

In questa lettera, da considerare quale testamento spirituale, Charlie Chaplin racconta la sua strabiliante vita con tutte le sue variegate sfaccettature dalla povertà al successo; descrive in maniera particolareggiata i vari mestieri che ha svolto e l’abilità di passare dall’imbalsamatore, al vetraio, al tipografo e all’incassatore di pugni nella boxe dilettantistica e a scommessa, prima di varcare la soglia dell’allora neonata arte cinematografica. La lettera è ammantata da pillole di saggezza su come comportarsi nelle circostanze sfavorevoli e sulla caparbietà di riuscire negli intenti con sacrificio e fiducia in se stessi. Molto suggestivo l’incontro con Stan Laurel, della famosa coppia comica Stanlio e Ollio, con il quale attraversa l’oceano Atlantico su un piroscafo che li porta in America nella prima decade del XX secolo.

E’ una lettera piena di particolari, all’apparenza, insignificanti, ma che raccontano i lati più profondi dell’interiorità del grande Charlot la cui comicità è basata su un meccanismo sovversivo, con il trucco di far apparire il mondo rovesciato dove il debole e l’emarginato abbiano sempre la meglio; tutto il contrario di ciò che realmente accade nella vita.

Un libro che trasuda tristezza anche nella gioia di vivere e di andare avanti senza farsi trascinare dallo sconforto; come il pagliaccio del circo che deve far ridere la platea nonostante abbia l’animo distrutto. Uno stile elegante che commuove e che ci induce a pensare qual è la felicità! Forse nelle piccole cose di ogni giorno che passano inosservate in quanto di routine…le ricordiamo, poi, con una punta di nostalgia quando intraprendiamo il sentiero che non ha ritorno.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    09 Mag, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il segreto dei vangeli apocrifi

Devo premettere che ho voluto leggere questo romanzo in quanto, di primo acchito, sono stato attratto dal titolo “il Vangelo secondo Satana”; sì, è proprio vero, il titolo seduce in quanto annuncia la promessa di leggere qualcosa che è in antitesi con quanto da noli conosciuto per tradizione, cultura o, semplicemente, studio e divulgazione.

Un romanzo a forti tinte noir con frequenti inclusioni di di horror, mistero e segreti inenarrabili portatori di sconvolgimenti a carattere mondiale. La vicenda, ben scritta e di facile lettura, ha luogo ai giorni attuali con un saltuario alternarsi nel passato del famigerato anno 1348 in cui la peste fece scempio della popolazione in Europa e, nella fattispecie, in Italia. Marie Parks un agente profiler dell’F.B.I. deve affrontare un particolare tipo di serial killer che uccide le sue vittime dopo averle crocifisse nei luoghi più disparati e ameni.

Da questa investigazione la storia si dipana in maniera vorticosa in cui i protagonisti sono organizzazioni criminali, servizi segreti, sette mistiche delle quali non è nota l’esistenza, alti prelati che tramano contro la chiesa al fine di ottenerne il potere sia temporale che spirituale; una trama ricca di suspense con investigatori che inseguono spettri, preti esorcisti messi a dura prova nella loro fede, antichi e misteriosi ordini religiosi che hanno il compito, attraverso i secoli, di studiare, preservare e nascondere presso i propri monasteri manoscritti che risalgono ai tempi della passione e morte di Cristo che potrebbero mettere in serio pericolo l’istituzione bimillenaria della chiesa cattolica e, di conseguenza, provocare effetti collaterali di inspiegabili disastri.

Fatti storici e vicenda romanzata si intrecciano in un armonioso connubio che affascina il lettore che si pone delle domande e riflette sul cataclisma che tali scenari immaginari potrebbero avere qualora ci fosse qualche fondo di verità. Pagina dopo pagina, con capitoli molto brevi e quindi molto fruibili, si rincorrono enigmi, efferati delitti al limite della comprensione umana, misteri e dettagliate descrizioni di eremi medievali di clausura e fosche organizzazioni attuali forse solo inventate dalle dicerie giornalistiche e popolari ma sicuramente inquietanti.

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Romanzi noir a sfondo religioso
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    29 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Vendetta da un terribile passato

Ho sempre pensato che un romanzo, di là dal genere, possa riuscire a rapire l’interesse del lettore qualora la narrazione sia avvincente per le attese dello stesso e anche, in certi casi, potersi temporaneamente immedesimare nella situazione. Tra gli innumerevoli titoli che l’editoria nazionale e mondiale ci propone annualmente, esistono alcuni romanzi che non riescono a essere pubblicizzati dai media e pertanto rimangono “di nicchia” e si acquisiscono e leggono tramite passa-parola; si tratta, alcune volte, di piccole gemme impreziosite da un lessico lineare, scorrevole e, di conseguenza, piacevole tanto da provare qualche difficoltà a staccarsi dalla narrazione.

Il presente romanzo, credo abbia le caratteristiche appena esposte. La vicenda ha luogo nella città della Spezia e dintorni nel marzo 1969; protagonista un giovane commissario di polizia da pochi mesi in forza presso la locale Questura, proveniente da Firenze e inviato, appunto, alla Spezia per scontare una punizione dovuta al suo comportamento non proprio consono, per quei tempi, nello svolgimento del proprio delicato e oneroso incarico. In quel periodo, nonostante la rivolta studentesca sessantottina sia a pieno regime, la cittadina ligure appare tranquilla, imperturbabile e quasi noiosa con riferimento alla delinquenza di altre città. Un efferato omicidio, perpetrato in una villa di prestigio poco fuori la città, sconvolge la routine della Questura e la vita del commissario Simone Sbrana. Chi è la vittima? Perché tale accanimento ed efferatezza? Quale enigma cela?

La situazione investigativa diventa ancor più complessa a causa d’infiltrazione di fantomatici servizi segreti deviati e di personaggi di spicco facenti parte dei ceti più abbienti spezzini che hanno il proprio tornaconto affinché il caso venga archiviato come semplice tentativo di rapina finito male. Il giovane commissario vuole andare fino in fondo, anche se ostacolato e vessato dai suoi superiori e, grazie al suo acume e perspicacia, riesce a scoprire le cause e motivazioni dell’intricata vicenda…è come un vaso di Pandora che viene scoperchiato dopo circa 25 anni ai tempi della guerra civile in Italia, tra partigiani e formazioni fasciste della repubblica di Salò, che fa riemergere i terribili e orrendi ricordi delle nefandezze e crudeltà inenarrabili dovute alla follia di potere e alla mancanza di pietas umana.

Un romanzo, tra l’altro, che descrive, con dovizia di particolari, anche le vicende storiche durante i 600 giorni di Salò e le successive conseguenze che ancora, nel 1969, non hanno trovato giustizia o vendetta.

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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    22 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

L'ironia pietosa della Morte

“Non possiedo una falce. Indosso una veste nera con cappuccio solo quando fa freddo. Non ho quel viso da teschio che sembrate divertirvi ad appiopparmi. Vuoi sapere qual è il mio vero aspetto? …cerca uno specchio.”

L’Io narrante di questo meraviglioso, ma altrettanto drammatico, romanzo è appunto la Morte; ella si è personificata per raccontare tragici episodi accaduti durante l’ultima guerra, nella fattispecie in una città della Germania nei pressi di Monaco.

La storia di una ragazza di quasi undici anni che riesce a leggere qualche libro sottraendolo in maniera furtiva da luoghi dove vive la sua tragedia di bambina che si avvia verso l’adolescenza. In mezzo all’orrore, allo strazio, alla fame e ai sentimenti spesso calpestati, la lettura delle pagine dei pochi libri “rubati”, trasporta la mente della ragazza, Liesel, temporaneamente lontano da quell'assurdo ambiente, al fine di astrarsi da tutto ciò che incombe nella sua città e nella sua via, la Himmelstrasse, dove abita presso una famiglia adottiva.

La Morte narrante descrive la desolazione, l’ingiustizia, la perfidia, la crudeltà perpetrate dagli uomini quando la ragione è offuscata nell’ottundimento voluto, e ottenuto, da un essere che, nella sua lucida follia, ha procurato tanta disgrazia e distruzione inutile. Anche la stessa Morte si “lamenta” del troppo lavoro che è costretta a portare a termine nonostante, in molte circostanze, la sua tristezza nel raccogliere le anime senza distinzione alcuna di età, sesso, posizione sociale; ma è un compito che deve portare a termine…è nella stessa ragione di vita! Solo le parole lette nei libri rubati da parte di Liesel, riescono, per un mistero incomprensibile, a sottrarre la stessa ragazza alla fine prematura comune a molti suoi coetanei e arrivare all’incontrovertibile “appuntamento” solo in età molto avanzata e all’altro capo del mondo.

Difficilmente mi commuovo quando leggo un libro; apprezzo, in genere, lo stile narrativo e la trama ma, appunto, non mi commuovo quasi mai. In questo caso la narrazione così incalzante e, allo stesso tempo, trascinante e avvinghiante, mi ha fatto immedesimare nella tela del romanzo tra ordito e trama…una narrazione che difficilmente potrò mai dimenticare.

Molto consigliato.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    15 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

La morte disturba...non piace.

“L’anima del male” è il primo romanzo della cosidetta “trilogia del male” , cui fanno rispettivamente seguito “In tenebris” e “Il veleno del ragno”, scritto dall’esordiente autore francese Maxime Chattam.

La narrativa genere thriller-noir ha luogo a Portland, Oregon (U.S.A.) e ha come protagonista un spettore della poilizia locale, Joshua Brolin ex agente F.B.I. trasferito, ancor giovane e in maniera insolita, a occuparsi dei crimini circoscritti in una piccola area di giurisdizione. Una vicenda riguardante un serial killer che ha un modus operandi al di fuori di ogni comprensione razionale che agisce in maniera orrenda infierendo sulle proprie vittime, tutte donne di bella presenza, e lasciando una particolare firma con richiami ai versi e all’oscuro significato del canto dell’Inferno della Divina Commedia.

Accadimenti efferati e complessi che inducono le investigazioni, guidate dall’ispettore Brolin, a un accurato e profondo studio del profilo psicologico dell’assassino che va al di là di quanto già schedato negli archivi delle molteplici polizie locali e dell’agenzia nazionale investigativa. Il pathos è continuo e assicurato; molte sono le piste seguite ma tutte conducono a un vicolo cieco in relazione al susseguirsi di colpi di scena che richiedono una ripartenza delle indagini. La scienza forense, l’anatomopatologia e la strumentazione tecnica, fanno parte integrante e fondamentale per la risoluzione, almeno temporanea, e l’individuazione del folle serial killer.

Ma da dove scaturisce il male? E’ insito in ogni essere umano? Ci sono delle situazioni particolari e/o scatenanti che possono trasformare anche il più tranquillo individuo in una macchina di violenza? Sono queste, e tante altre, le domande che affliggono le indagini di Brolin e che lo portano a soffermarsi su lunghe riflessioni sull’animo umano e su cosa possa celare la nostra mente che spesso sconfina in un universo parallelo di cui non conosciamo la struttura e i suoi limiti.

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Genere thriller-noir ad alta tensione emotiva
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    13 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Incubo al n. 11 di Bentley Grove

Ho letto diversi romanzi di Sophie Hannah; molti di essi hanno la caratteristica (almeno per la traduzione in italiano) di enfatizzare la negazione. Insieme al presente romanzo “Non è come pensi” ci sono anche “Non è mia figlia”, “Non ti credo”, “Non è lui”, “Non è un gioco”; quindi, una peculiarità che è intrinseca nella trama di ogni sua scrittura.

Il romanzo in questione può annoverarsi tra gli psico-thriller che hanno la capacità di coinvolgere il lettore in situazioni paradossali nelle quali il senso della realtà si confonde con l’immaginazione senza essere consapevoli di ciò che effettivamente stia succedendo con la conseguenza di indurre la protagonista principale in un dualismo paranoico innescato e voluto da altri per un torbido e oscuro fine.

Connie Bowskill è il personaggio principale della vicenda che ha luogo in una famosa città dell’Inghilterra meridionale. Tutto, all’inizio, appare tranquillo: una famiglia, un doppio lavoro a fianco del marito e collaboratrice dei genitori, una vita normale come tante altre. L’evento che disturba e scatena il tran tran quotidiano è la ricerca su internet di un sito con annunci immobiliari; tale ricerca ha successo, in relazione alle esigenze della famiglia Bowskill, e Connie trova l’appartamento al n. 11 di Bentley Grove. Visionando le varie pagine relative agli spazi dell’abitazione, la protagonista ha un forte shock dovuto a una situazione delittuosa che vede sullo schermo del proprio pc. Ma si tratta della realtà oppure è da imputarsi ad allucinazioni? Perché il marito Kit non vede ciò che Connie ha visto? Ecco dunque instaurarsi i pressanti dubbi sulla sanità mentale di Connie. Lo sconcerto aumenta fino al parossismo e il tutto diventa simile a un gioco di specchi dove il riflesso può rappresentare l’incubo dell’immaginazione…la mente si astrae e libra nell’aria con un senso di ottundimento dal quale bisogna uscirne con una forte volontà e determinazione.

Ma la spiegazione potrà essere messa in luce grazie all’intervento di un investigatore della polizia locale che con il suo acume e perspicacia riesce a trovare il bandolo dell’intricata matassa.

Un romanzo che si legge volentieri e che ci fa immedesimare in certe situazioni-rompicapo forse lontane dai nostri orizzonti ma, d’altro canto, di possibile accadimento…bisogna sempre diffidare degli scherzi che qualsiasi mente potrebbe perpetrare.

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Altri romanzi di Sophie Hannah
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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    02 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

"Eccezioni sempre, errori mai"

Il sostituto procuratore della repubblica, Giacomo Colnaghi, è un magistrato, sotto i 40 anni, che vive la Milano della fine degli anni piombo; siamo, infatti, nel 1981, quasi alla fine del recente periodo storico chiamato, appunto, “anni di piombo – strategia della tensione”. Il segmento temporale, anche se non perfettamente definito, che identifica tale periodo va dalla strage di Piazza Fontana del dicembre 1969 alla liberazione del generale statunitense James Dozier rapito dalle Brigate rosse nel gennaio 1982. Sono tante le sigle terroristiche che si diramano dalle storiche BR (Brigate Rosse), con le varie e famigerate colonne di fuoco tra cui quella denominata Walter Alasia, che, sebbene differenziate in formazioni combattenti “rosse” e “nere”, si prefiggono lo stesso fine: colpire lo Stato nella figura dei suoi più fedeli servitori e attuare la strategia della tensione con attentati terroristici che colpiscono nel mucchio e provocano decine di morti “casuali”.

In questo drammatico e tragico contesto, Giacomo Colnaghi segue con attenzione e duro lavoro di indagine le fasi che ritiene necessarie allo scopo di individuare i terroristi ma, principalmente, capire le motivazioni che inducono diverse persone ad agire in maniera cruenta e idealizzata; il suo pensiero, fuori da ogni schema stereotipato, lo convince che una volta capito il motivo basterebbe smontarlo con valide argomentazioni e, di conseguenza, ridurre drasticamente il fenomeno.

La narrativa romanzata si intreccia con i fatti realmente accaduti in quel tempo e con i nomi di giudici, politici, giornalisti e imprenditori vittime colpite all’improvviso e a tradimento; inoltre il protagonista rievoca mentalmente, con adeguate intervalli dal presente, la vita del padre, mai conosciuto, partigiano ucciso dai repubblichini fascisti nel 1944, raccontata dalla madre e dai conoscenti. L’epilogo lascia un po’ di amaro in bocca anche se intuibile sin dalle prime pagine.

La lettura è piacevole con dovizia di particolari che dà l’opportunità al lettore di ricordare/ripassare i vari e molteplici episodi inerenti il terrorismo politico degli anni ’70.

Un romanzo – cronaca ben scritto che fa riflettere sul perché della nascita di quelle formazioni e sulle contromisure adottate dallo Stato per fronteggiarle.

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Libri e saggi sugli anni di piombo
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    30 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il sacro e la fisica delle particelle

Sul Sacro Graal la letteratura è vasta ed è associata a un alone di mistero che lascia dubbi sulla possibile veridicità o anche parte di essa. Dan Brown con il suo famoso “Il Codice da Vinci” ha dato enfasi a questa leggenda che ha focalizzato l’attenzione di moltissimi lettori su un eventuale risvolto storico della vicenda che ormai appartiene alla notte dei tempi risalenti alla formazione dell’universo da noi conosciuto, e ritornato con la vita di Gesù di Nazareth e la sua crocifissione.

Questo romanzo è un ulteriore tassello che si aggiunge all’ampio mosaico inerente la storia del sacro Graal e i tentativi che si sono fatti sin dal I secolo d.C. per giungere in possesso di questa reliquia che potrebbe cambiare le sorti della popolazione mondiale e rivedere, in maniera drastica, le attuali leggi della fisica sotto altri punti di vista che sconfinano al di là dei nostri orizzonti di comprensione.

Il protagonista del romanzo è un chimico, con la passione per la storia e l’archeologia, forse discendente da un altro personaggio anch’egli leggendario: il re dei britanni Artù con tutti i suoi cavalieri vissuti, secondo la tradizione, nel sud dell’Inghilterra nel V secolo d.C.

Arthur Malory, il nome del personaggio principale, viene a conoscenza di certe scoperte relative al sito dove potrebbe essere nascosto la sacra coppa, da dove bevve Gesù durante l’ultima cena, per mezzo di uno studioso, suo amico, che viene ucciso in circostanze drammatiche in presenza di Arthur. Questo tragico episodio diventa l’esordio per i successivi accadimenti il cui fine è trovare la sacra reliquia per la quale si presume abbia, oltre al fattore sacro, un potere particolare e inestimabile in quanto costituito da materiale sconosciuto con proprietà non appartenenti al nostro immanente. Il percorso di Arthur è costellato da continue peripezie affiancato da una donna, Claire, ricercatrice di fisica teorica.

La narrazione è affascinante anche se intrisa di nozioni di cosmologia e astruse teorie ( ma saranno poi così bizzarre? Mah!) su universi paralleli, smaterializzazione, sostanze con poteri da definire magici in quanto sconosciuti.

Un romanzo cui consiglio la lettura per acquisire maggiori informazioni su un mistero e un’enigma che potrebbe , forse, avere uno spiraglio di verità atto a dipanare qualche filo di una matassa ingarbugliata.


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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    25 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Il confine policromo tra il vero e il falso

Di Donna Tartt lessi tanti anni or sono “Dio di illusioni”, che ho già recensito in questo spazio. Mi sono avvicinato a questo romanzo sia per quanto mi era rimasto dalla lettura del primo romanzo, ma, in particolare, per le forti discordanze che ho avuto modo di leggere in svariati commenti e anche parlandone con altre persone. Sta di fatto che il romanzo ha un’apparenza che invoglierebbe a lasciar perdere (un tomo di circa 900 pagine paragonabile a un classico dell’800 tipo “Guerra e pace” ma senza confronto alcuno), nonostante l’abstract possa attirare l’attenzione in quanto si riferisce a un piccolo dipinto realizzato da un non molto famoso pittore olandese, Carel Fabritius, nel 1654 poco tempo prima che l’artista passasse a miglior vita a causa di un’esplosione che distrusse la sua abitazione nella città di Delft.

Per quanto sopra ho, quindi, affrontato il romanzo con lo spirito di portarlo a termine…ma che fatica!!
Sì, perché la narrazione è lunga e ripetitiva nonostante una trama che si avvicina molto al thriller ma anche al mondo dell’antiquariato, al traffico delle opere d’arte trafugate da musei e/o collezioni private di pregio e all’incessante dissertazione su alcool, stupefacenti e altre pastiglie contenenti intrugli per calmare e combattere (sic!) il mal di vivere.

Tutto ha inizio con un attentato terroristico a un museo dove l’allora adolescente Theo perde la propria madre, e da quel momento iniziano le sue drammatiche vicissitudini che hanno come punto di riferimento, appunto, questo famoso piccolo dipinto, Il cardellino, miracolosamente rimasto intatto e per puro caso in possesso del Nostro, che segue la vita di Theo nelle sue peripezie esistenziali da New York a Las vegas e Amsterdam fino all'età adulta.

Le descrizioni dei molteplici accadimenti sono troppo dettagliati fino quasi al parossismo; gli altri protagonisti, i luoghi, gli ambienti sono analizzati in molte, e spesso inutili, sfaccettature che ne appesantiscono la lettura e, di conseguenza, perde molta della sua verve.

Un lancia, o forse anche due, sono da spezzare a favore dei momenti di riflessione profonda sul senso della vita, sulla casualità degli avvenimenti e sull’esistenza o meno di uno schema prestabilito di cui tutti noi appartenenti all’immanente ne siamo inconsapevoli, sulla solitudine e i suoi mostri.
La parte finale del romanzo riscatta un po’ la pesantezza e, a tratti, la noia della parte iniziale e mediana, con un epilogo che induce alla bellezza della vita e ai valori che un’opera d’arte può dare a tutti coloro di animo sensibile.

Non sono in grado di consigliarne la lettura in assoluto; d’altro canto leggerlo potrebbe essere una sfida dalla quale, almeno per il sottoscritto, si può uscirne vincitori.

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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    08 Marzo, 2015
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L'epopea americana di due famiglie

Una breve premessa: di John Steinbeck non avevo letto nulla; le poche volte in cui mi è capitata l’occasione di parlarne in merito, l’argomentazione è stata indirizzata su altra importante opera, cioè “Furore”. Per pura casualità, quindi, sono venuto in possesso de “La valle dell’Eden” la cui lettura mi ha lasciato affascinato.

Il romanzo è composto da due narrazioni all’apparenza indipendenti ma che si intrecciano in maniera armoniosa, e decisiva per la trama, in cui si descrivono, con dovizia di particolari, tre generazioni appartenenti alla famiglia Hamilton, di cui lo stesso Steinbeck ne fa parte, e la famiglia Trask; inoltre, hanno una precipua presenza le figure di Cathy Ames e di un servitore cinese di acuta intelligenza e fine spirito critico di nome Lee. L’ambientazione ha come luogo principale la valle del fiume Salinas nella California settentrionale in un periodo temporale che spazia dalla seconda metà dell’800 fine alla fine della 1^ Guerra Mondiale nel 1918.

I capostipiti delle due famiglie sono Sam Hamilton l’irlandese saggio, buono, filosofo, che che vive, con la sua numerosa prole di ben nove figli e la piccola e coriacea moglie Liza, in una fattoria nella parte più arida e meno produttiva della valle del Salinas, e Cyrus Trask con i suoi due figli, Adam e Charles, avuti da due differenti mogli che scompaiono prematuramente e in maniera drammatica, che vive in quella parte della valle dove il terreno è più fertile e, inoltre, riesce ad arricchirsi lavorando per il governo americano. Nella seconda generazione della famiglia Trask si frappone in maniera drastica e sconveniente Cathy Ames che rappresenterà la persona più malvagia e spietata delle due diverse saghe.

La trama è un’ininterrotta serie di vicissitudini e accadimenti che snocciolano e analizzano tutte le varie sfaccettature dell’animo umano nei suoi aspetti più profondi in cui spiccano, in antitesi, la bontà e la cupidigia, la malvagità e la riflessione, il senso di colpa e la spregiudicatezza, la magnanimità e la perversione. Sono molti i personaggi presenti in tutta la narrazione; ognuno di loro ha una peculiarità caratteriale che sarà fonte del destino che li attende al capolinea; gioia e dolore si intervallano in maniera armoniosa e inducono a riflettere sui percorsi vitali che , a similitudine di trama e ordito, riescono a tessere una storia emozionante anche se a tratti crudele e ingiusta.

Si potrebbero ancora descrivere alcuni fatti ed episodi di particolare rilevanza, ma penso debba essere il lettore ad assaporare capitolo dopo capitolo, pagina dopo pagina, la grandezza di quest’opera nei suoi più dettagliati e sorprendenti meandri.

Una lettura che innalza lo spirito e ci porta ad astrarsi dal mondo esterno fino a poter fortemente gridare nella propria mente : “TU PUOI!”

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Romanzi autobiografici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    23 Febbraio, 2015
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Caduta nel vortice della mente

Instanbul ottobre 1970; un giovane americano, Billy Hayes, viene intercettato all’aeroporto, poco prima di imbarcarsi sul volo che lo riporterà in patria, con due chili di hashish mal nascosti intorno al torace.
Quindi è subito arrestato e, nonostante l’intervento immediato del console statunitense e del padre del giovane, viene processato per direttissima e condannato a una pena di quattro anni e due mesi per possesso di stupefacenti; tale pena, a poche decine di giorni mancanti alla liberazione, a richiesta del pubblico ministero, è inasprita dall’alta corte di giustizia di Ankara e tramutata in ergastolo, poi ridotti a trent’anni, cambiando la motivazione da detenzione a contrabbando e traffico di stupefacenti.

Con questa condanna esemplare, il cui capro espiatorio è il protagonista, il governo turco vuole inviare un segnale forte al mondo occidentale di quanto è intenzionato a combattere lo spaccio di droga.

Billy viene rinchiuso nello spettrale e inquietante carcere di Sagmacilar dove deve affrontare condizioni di sopravvivenza in un ambiente in cui alberga la violenza, la corruzione, la brutalità efferata da parte sia delle guardie sia degli altri detenuti. La vita umana non ha più valore e le continue vessazioni di carattere fisico e psicologico riducono il reale attore della vicenda a una larva le cui capacità mentali degradano in modo inverosimile fino al punto di essere condotto in una particolare sezione del carcere adibita agli insani di mente; la situazione degenera giorno per giorno, la lucidità mentale è annebbiata, si perde il concetto del trascorrere del tempo e si vive in una dimensione surreale in cui gli uomini sono automi che seguono un’assurda routine giornaliera e sono abbandonati ai loro deliri. Si ha la sensazione di essere avvolto in una spirale che non permette di rendersi conto della realtà dove la razionalità è oramai una meteora. Nulla appare più possibile ma in un momento di lucidità Billy riesce, in maniera rocambolesca e con molta fortuna, dovuta a circostanze che si presentano una sola volta in tal contesto, a evadere dall’inferno e poter rientrare, dopo essere riuscito ad attraversare il confine con la Grecia e dopo un lungo viaggio, in patria accolto miracolosamente dai propri cari.

Una storia vera in cui vengono raccontati, con dovizia di particolari, tutti gli accadimenti e le vicissitudini subite dal Nostro ma anche un libro-denuncia del sistema carcerario turco degli anni settanta, dove le condizioni di sopravvivenza sono ridotti ai minimi termini.

Fuga di mezzanotte è principalmente fuga dalla follia e dall’aberrazione e dalla nefandezza cui si può sottoporre un essere umano.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    10 Febbraio, 2015
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Una metropoli in "bianco e nero"

Attualmente siamo in trepida attesa della magnifica e mastodontica Esposizione Universale di Milano - l’EXPO 2015 con tema “Nutrire al vita, energia per la vita – che inizierà nel prossimo mese di maggio.

Il romanzo in questione ha come cornice fondamentale l’Esposizione Universale di Chicago del 1893 in occasione del quarto centenario della scoperta dell’America. In quel periodo Chicago, che vuole approfittare di questa prelibata chance al fine di ergersi quale metropoli alternativa a New York nonostante le enormi problematiche radicate nel proprio tessuto sociale, fu al centro dell’attenzione mondiale per, l’allora, avveniristico evento con le sue straordinarie opere architettoniche e le decine di milioni di turisti visitatori, in modo tale da voler superare e mettere in ombra la precedente Esposizione del 1889 a Parigi per la celebrazione del centenario della Rivoluzione Francese.

Ma in quello stesso periodo Chicago divenne anche tristemente famosa per l’efferatezza della moltitudine di omicidi compiuti da un serial killer che sconvolsero la vita del popolo. Ecco, dunque, il ripresentarsi dell’eterna dualità tra il bene e il male: Chicago (la città bianca) e il pluriomicida (il diavolo).

La narrazione è tratteggiata e alternata in maniera approfondita con le vicende inerenti due protagonisti tra di loro antitetici: l’architetto Daniel Hudson Burnham, quale progettista per il clamoroso evento, e un certo Henry Holmes che agisce per mezzo dei suoi agghiaccianti delitti a poca distanza dai vari padiglioni dell’Esposizione.

Un libro molto interessante dal punto di vista architettonico-urbanistico e di elevata suspense, il cui “neo” principale è dovuto agli innumerevoli richiami, riguardanti nomi e fonti che si trovano in appendice, che rendono spesso poco scorrevole la lettura..

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    06 Febbraio, 2015
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Quando la realtà invade la finzione.

Capita, a volte, di chiedersi se tutto ciò che percepiamo nell’immanente, le nostre azioni, i fatti e gli accadimenti vissuti possano essere solamente una nostra illusione, un sogno lucido - tipo la trama del film Vanilla sky con Tom Cruise – dal quale prima o poi ci sveglieremo per ritrovarci in tutt’altra dimensione spazio-temporale; certo, in via del tutto teorica, potrebbe essere possibile anche se, in relazione alle nostre convinzioni, altamente improbabile. D’altro canto, comunque, è possibile vivere in certe situazioni/circostanze che hanno come fine di ingannare i nostri sensi e non rendere possibile, per un non definito periodo di tempo, separare in maniera netta la realtà dalla finzione; essere, quindi, protagonisti di un mondo artefatto a similitudine di Jim Carrey nel film The Truman show.

Il presente romanzo lo inserisco nel mezzo di quanto sopra esposto; un thriller a forti tinte psicologiche dove i protagonisti principali, tre studenti di una università nello stato dell’Indiana (U.S.A.), partecipano a un corso integrativo di “Logica e argomentazione” tenuto da uno sconosciuto ed eccentrico professore che organizza le sue lezioni partendo da un tragico verosimile accadimento, inerente la sparizione di una ipotetica ragazza, e fornendo una serie di indizi spesso camuffati ed enigmatici e sempre più subdoli man mano che il corso procede. Più si avvicina la fine del corso, maggiormente gli indizi e gli enigmi si intrecciano tra loro al punto da indurre gli studenti in una specie di paranoia tale da non poter più valutare cosa è reale e cosa è finzione.

La suspense è una condizione costante sin dalle prime pagine fino all’epilogo ; il colpo di scena finale lascia attoniti e frastornati.

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Thriller psicologici
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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    02 Febbraio, 2015
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Saga familiare a cavallo tra due secoli

Ernst Lothar non è, in Italia, molto conosciuto tra gli scrittori europei della prima metà del XX secolo; infatti, della sua moltitudine di romanzi solo il presente è stato tradotto e pubblicato.

.La mia impressione iniziale, valutata la corposità dell’opera, mi ha indotto a una certa perplessità ma, assecondando il proverbio sempre valido di non giudicare ami un libro dalla copertina e /o dal numero di pagine, è subito svanita dopo la lettura dei primi paragrafi.

Una saga familiare, la famiglia Alt costruttori viennesi di pianoforti, che abbraccia tre generazione in un lasso di tempo che va dal 1888 al 1945 e ha luogo nel fabbricato di loro proprietà suddiviso in tre piani con l’ulteriore costruzione, poco prima dell’utima decade del 1800, di un quarto piano dove alloggiano tutti i componenti degli Alt con rispettive famiglie nella famosa Seilerstatte n. 10.

Una narrazione da centellinare, da leggere con attenzione e profondità paragrafo dopo paragrafo; è facile, quindi, immedesimarsi nelle atmosfere sfarzose della Vienna della casa degli Asburgo durante il suo massimo splendore dovuto alla dominazione ed espansione e al livello culturale dell’epoca. La trama è molto curata con dovizia di particolari riguardanti i fatti storici verificatisi in quel periodo; dal suicidio per amore insieme alla sua amante, baronessa Maria Vetsera, dell’allora trentenne Rodolfo erede al trono dell’imperatore Francesco Giuseppe, dei protocolli e vita di corte presso la casa imperialregia, all’apparizione di un imberbe sconosciuto Adolf Hitler non idoneo all’ammissione all’Accademia Belle Arti di Vienna (che peccato!!-sic!), alle conferenze sulla psicoanalisi tenute, a una selezionata elitè, da un “certo” dottor Sigmund Freud.

In questa cornice hanno luogo le rocambolesche e drammatiche vicende della famiglia Alt che, attraverso 57 anni, vive la maestosità dell’impero asburgico fino alla sua graduale decadenza, subendo, infine,lo sfacelo a causa della disfatta alla fine della prima guerra mondiale, e continuando con l’avvento delle camicie brune, propedeutiche al nazismo, il cui leader è ora il non più sconosciuto bensì famigerato Hitler.

Lo stile di scrittura di Ernst Lothar rende palpabile i vari accadimenti e vicissitudini di tutti i componenti della famiglia Alt che dagli onori avuti sotto la dinastia asburgica, sono poi travolti dall’Anschluss dell’Austria alla Germania nel 1938, il cui vessillo è la croce uncinata, fino ai campi di sterminio.

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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    15 Gennaio, 2015
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Ridondante...ma non troppo

Il romanzo è tra i cinque finalisti del Premio Strega 2014; devo dire che negli ultimi anni sono scettico riguardo i libri che vincono, o si classificano, nei vari premi letterari; di conseguenza evito di leggerli a meno che la trama abbia anche carattere storico. Il presente è esaustivo nel merito.

La vicenda ha luogo nella Napoli del ‘600 sotto il dominio spagnolo; la città è capitale del viceregno, sovraffollata, miserevole, sporca e meta di un coacervo di varie figure e figuri di altre nazionalità, pittori, scenografi dell’epoca, artigiani, prelati. In questa non proprio entusiastica cornice, la protagonista è una ragazzina di nome Lisario appartenente a una nobile famiglia spagnola; a causa di un intervento sbagliato per eliminare un gozzo alla gola, la ragazza perde l’uso della parola ma, in gran segreto, impara a leggere e a scrivere dedicando le sue “lettere” alla Madonna. Il giorno in cui viene promessa in sposa a un uomo di non suo gradimento, cade in una specie di catalessi e dorme per diversi mesi risvegliandosi grazie all’intervento di un medico proveniente dalla Catalogna, Avicente Iguelmano, che diventerà in seguito suo marito ma anche il suo persecutore. La trama coinvolge altri personaggi di vario tipo che interferiscono sulla vita di Lisario con descrizione di accadimenti al limite del surreale. Il romanzo e le vicende storiche si intrecciano in maniera armoniosa in una Napoli piena di contraddizioni, con la presenza del famoso Masaniello, il Generale pescivendolo che si ribella alle vessazioni del governo spagnolo, e con le cicliche epidemie di tifo che decimano la popolazione.

Ma cos’è questo piacere infinito delle donne? Non lo voglio menzionare per non togliere la curiosità al lettore…in sintesi un romanzo che, a mio parere, ha meritato essere finalista nel Premio Strega dello scorso anno; l’autrice, non conosciuta dal sottoscritto, ha saputo ben amalgamare i fatti storici con la trama romanzata della vicenda aggiungendo anche un pizzico di fantasia che dà sapore al tutto.

Siamo in piena epoca barocca e, forse, per questo motivo il romanzo appare un po' ridondante…

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    09 Gennaio, 2015
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L'ambizione e l'incoscienza si escludono a vicenda

“Quando la paura e la tensione diventano insopportabili, tentiamo di affrontare da soli il pericolo. Preferiamo vedere in faccia la realtà piuttosto che aspettare che le cose ci accadano improvvisamente alla spalle”

La vicenda ha similitudini con certi gialli di Agatha Christie che si svolgono in luoghi chiusi e dove ognuno dei partecipanti e protagonisti ha un valido movente per commettere un omicidio.
New York, il 28 dicembre del 1989; David Bellino, un ricchissimo industriale ma nel contempo un uomo ambizioso e spietato, fidanzato con una ragazza di umili origini, Laura, nata e cresciuta nel Bronx, decide di invitare nel suo lussuoso appartamento i suoi ex-compagni di college dell’Inghilterra, Mary, Steve, Natalie e Gina, per i quali è convinto uno di loro voglia ucciderlo a causa di gravi atteggiamenti e fatti perpetrati dallo stesso David nei loro confronti e che hanno innescato una svolta decisamente negativa nel futuro della loro esistenza. Gli ex amici accettano l’invito ognuno per un proprio valido motivo il cui fine è una specie di riscatto per il male esistenziale ricevuto. Durante la prima notte avviene l’omicidio di David e tocca a un certo ispettore Kelly individuare chi tra gli invitati possa essere stato l’artefice; da tener conto che tutti odiano David e, di conseguenza, ognuno di loro avrebbe un motivo di vendetta…ma i fatti prendono un’altra piega…

Quanto sopra è l’estrema sintesi del romanzo-thriller che, a dire il vero, di thriller ha ben poco; centinaia di pagine per descrivere con minuzia di particolari le vite di ogni protagonista sin dalla propria infanzia, che poco hanno a che fare con il pathos che la scrittrice avrebbe voluto creare. Devo dire che questa volta la Link mi ha un po’ deluso; mi sarei aspettato una trama a livello dei suoi precedenti romanzi ma, purtroppo, non è stato così. A suo favore può essere indicato la facilità di lettura anche se a tratti noiosa. Insomma un giallo sbiadito non paragonabile ai gialli di spessore di altri autori molto più conosciuti.

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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    01 Gennaio, 2015
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Lapis exilii

“Lapis exilii” è una frase dalle tinte enigmatiche che può avere diversi significati in relazione alle fonti cui si vuole attingere; il significato più comune potrebbe essere “pietra caduta dai cieli” con riferimento al carattere sacro di quest’oggetto.

Il romanzo di Simoni ha come punto di origine, e quindi fondamentale, proprio il ritrovamento di questa pietra che, insieme al sacro graal e alla punta di lancia – chiamata lancia di Longino, nome di un soldato romano - con la quale Gesù sarebbe stato trafitto al costato dopo essere stato crocifisso, costituisce una delle reliquie sacre aventi a che fare con il mistero della resurrezione e del dogma trinitario.

La vicenda ha luogo tra la Francia e la pianura padana, attraverso il fiume Padus (Po), negli anni dal 1346 in poi; sono in tanti che anelano a possedere il lapis exilli spesso per fini che conducono al potere e alla ricchezza; le vite di un’amalgama di cavalieri, alti prelati, nobili, abati, badesse e semplici artigiani in quello scorcio finale del basso medioevo, si intrecciano tra loro in una lotta senza quartiere composta da sotterfugi, ingiustizie, efferati delitti, tradimenti, il cui scopo è l’avidità di conoscere, di ergersi al di sopra dei propri simili, di conquistare un potere che non abbia eguali tra i comuni mortali; fa parte dell’interiorità umana scoprire, in maniera esclusiva, il mistero che avvolge la vita di Gesù e le conseguenze dovute alla sua morte.

Una trama scorrevole che si legge facilmente il cui epilogo ci fa intendere un prosieguo di questo romanzo-storico-avventuroso.

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Romanzi storici ambientati nel medioevo
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Classici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    29 Dicembre, 2014
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Strazio nel convento

Il romanzo è ambientato nella Sicilia, precisamente nel catanese, a cavallo della metà ottocento. Protagonista è la giovane Maria che, a causa di avverse vicissitudini familiari, è costretta in età pre-adolescenziale a diventare, in maniera coatta, novizia in convento. Prima ancora di prendere i voti, a causa di un’epidemia di colera, la ventenne Maria viene temporaneamente allontanata dal convento e fa ritorno nella famiglia dove è nata ma totalmente cambiata dopo che il padre si è risposato e avuto altri figli; in questo nuovo conteso inizia una corrispondenza epistolare con una sua compagna di convento, Marianna, dove racconta la sua vita a contatto con questa nuova famiglia. Maria manifesta il proprio affetto verso i fratellastri e la matrigna ma non è ricambiata; la vicenda continua con l’innamoramento platonico con un giovane vicino di casa, ma l’idillio dura poco perché con l’estinguersi dell’epidemia Maria è costretta a far ritorno in convento e a intraprendere la strada che conduce alla presa dei voti religiosi e alla naturale conseguenza di rinuncia a una vita di amore verso e con la persona amata. Questo dispiacere farà ammalare Maria il cui epilogo della sua storia sarà tragico e sofferente, colmo di alienazione fisica e psicologica.

A similitudine di altri romanzi scritti da altrettanti famosi scrittori dell’800, anche il presente è un atto di denuncia contro l’ingiustizia sociale nei confronti della condizione femminile dell’epoca privata della sua libertà di decidere del proprio destino e spesso assoggettata a uno stato di inferiorità da cui si determinava la vita coatta all’interno di un chiostro. Infatti prendere i voti era una sorte inflitta alle ragazze meno abbienti che non possedevano una cospicua dote e di conseguenza avevano difficoltà a trovare un degno giovane con cui sposarsi.

La tormentosa e tragica fine di Maria si può, appunto, paragonare alla capinera rinchiusa in gabbia e privata della naturale libertà di volare nella natura.

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Altri romanzi del realismo italiano del XIX secolo.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    21 Dicembre, 2014
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I topi non avevano nipoti

La frase nel titolo ha una sua particolarità: si tratta, infatti, di un palindromo cioè una frase che può esser letta, indifferentemente, in entrambi i sensi di scrittura, da sinistra a destra e viceversa.
Le frasi palindrome, i numeri, la topografia del posto e vari simbolismi arcani e palesi, sono alla base della seconda indagine del Commissario Leonardo Giannetti responsabile della stazione di polizia lunense nel comune di Sarzana in provincia della Spezia. Anche in questa indagine l’arguto e paziente Commissario è alla prese con una catena di efferati delitti ognuno dei quali indica dei messaggi enigmatici di precipua importanza che guida sul successivo delitto e per avvicinarsi alla soluzione dell’intricato caso. La vicenda ha luogo nella provincia spezzina tra borghi marinari ed entroterra medievali che celano un mistero risalente al periodo immediatamente successivo alla crocifissione di Cristo, tramandato nei secoli attraverso personaggi di spicco delle varie epoche in armonia con l’ordine dei cavalieri templari, fino ad arrivare a un episodio, all’apparenza irrilevante, accaduto durante la seconda guerra mondiale sulle alture del borgo marinaro di Lerici prospiciente nel golfo della Spezia, tra i partigiani in sorveglianza contro le squadriglie naziste nel 1944.

Eventi storici, simbolismo, avidità, illegalità, speculazione e vendetta fanno parte della complessa vicenda per la quale il Commissario Giannetti e il suo staff devono affrontare un’enormità di indizi, spesso in contraddizione tra loro, dipanarne l’ingarbugliata matassa e, grazie soprattutto alla costanza e all’intuito, arrivare a una strabiliante soluzione.

A similitudine della prima indagine nel romanzo “La prova del 9”, l’antica città di Luni è protagonista indiscussa sia dal punto di vista storico, sia per i subdoli rebus e sciarade che mettono a dura prova gli sforzi mentali degli investigatori.

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Il primo romanzo dell'autore "La prova del 9".
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Racconti di viaggio
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    17 Dicembre, 2014
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Un viaggio nella rassegnazione

La Transiberiana è la ferrovia che attraversa l’Eurasia, che collega Russia europea, e la capitale russa, alle regioni centrali della Siberia e quelle orientali dell’l’Estremo Oriente russo. La sua lunghezza di circa 10.000 km ne fa la ferrovia più lunga nel mondo, rimanendo l’unica che percorre tali distanze dopo l’abolizione, in tempi recenti, del famoso Orient Express molto conosciuto e descritto in romanzi e avventure.

La vicenda ha luogo, appunto, lungo la tratta che collega Mosca a Ulan Bator, capitale della Mongolia, nella Russia degli anni ’80; due estranei si trovano a condividere lo stesso scompartimento: una studentessa finlandese, timida e riservata, e un proletario russo dal carattere rozzo e violento che è molto attaccato alla bottiglia di vodka. Un lungo in viaggio per mezzo della famosa o famigerata transiberiana con tutti i suoi pregi e molti difetti; la descrizione acuta e spietata della natura selvaggia, dei vari personaggi e dei luoghi che si incontrano immersi nella loro tradizione, miseria e crudeltà. Attraverso i finestrini si intravvede il lento disfacimento dell’Unione Sovietica propedeutico al successivo distacco delle tante repubbliche sovietiche dalla grande madre Russia; le soste forzate nelle stazioni sono inquietanti e inducono a una sorta di depressione: la convivenza dei due viaggiatori, caratterialmente così diversi tanto da creare costante tensione, fa riflettere sui ruoli di entrambi e su cosa cercano in un futuro incerto.

Il viaggio fisico si trasforma in spazio mentale che induce alla valutazione su un mondo diverso dai canoni occidentali ma che scorre comunque in avanti fino all'ineludibile arrivo.

Un romanzo che rappresenta, in maniera speculare, la società sovietica degli anni ’80 con tutti i suoi paradossi e contraddizioni, che anela a un altro modello sociale idoneo a una svolta epocale che abbatta tutte le sovrastrutture radicate sin dalla rivoluzione bolscevica del 1917.

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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    13 Dicembre, 2014
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L'ingannevole esteriorità

A similitudine dei confini inesplorati dell’universo anche l’animo umano è imperscrutabile al di là dei vari stereotipi spesso osannati sulle persone al di sopra di ogni sospetto. Penso che la frenologia di Lombroso, dell'800, sia stata, giustamente, superata e archiviata in ogni sua ipotesi relativa all’accostamento dei lineamenti e fattezze del corpo umano circa la potenzialità criminale dell’individuo in relazione, appunto, a certe caratteristiche esteriori.

La vicenda narrata ci induce a ribadire come le apparenze traggano spesso in drammatico inganno. Sullo sfondo di una città (Venezia?) colma di contrasti ambientali, una coppia di turisti si trova a essere protagonista di una vicenda grottesca e misteriosa; essi, infatti, incontrano per puro caso (oppure no? il dubbio rimane) un’altra coppia di residenti in tale città che offre loro ospitalità in un palazzo d’epoca arredato in maniera poco sobria e addirittura “barocca” nel senso di ridondanza; trascorrono alcuni giorni e le modalità di cortesia iniziale vengono ben presto sostituite con vere e proprie imposizioni fino a rendere il soggiorno dei due malcapitati turisti pesante e inquietante.

La lettura è scorrevole e il quadro emozionale diventa sempre più scalpitante e inarrestabile; coloro che ospitano rivelano in maniera crescente la loro vera indole fatta di cinismo, perversità e malvagità creando un vortice che avvolge i due sventurati , oramai prigionieri degli eventi, fino a un epilogo sconvolgente.

Ecco, allora, che si intravvede, troppo tardi, il vero significato di queste “cortesie”.

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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    27 Novembre, 2014
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Il Golfo dei Poeti

A pochissimi chilometri verso sud del levante ligure, lembo di costa ove sono ubicate le famose Cinque Terre patrimonio dell’Umanità, si estende dall’isola del Tino fino a i borghi marinari della bocca del fiume Magra: il Golfo dei Poeti.

In questa suggestiva e romantica cornice si svolge la vicenda narrata da Giuseppe Conte; siamo nel 1822 e i protagonisti sono il poeta inglese Percy Bysshe Shelley, che trova la morte proprio nel luglio di quell’anno durante un naufragio al largo di Viareggio, e un giovane comandante, ex ufficiale della marina napoleonica, Angelo Medusei che vive nel borgo di Lerici con una figlia orfana di madre, la sorella e l’anziana madre. Shelley vive nelle vicinanze di Lerici, insieme alla dolente moglie, alla sorella e alla moglie di un amico del poeta che è sedotta dal fascino dello stesso; questa coincidenza fa in modo che i due protagonisti vengano in contatto tra loro e le loro vicissitudini si intreccino. Il poeta e il comandante hanno due passioni in comune: l’amore per il mare e l’ideale di libertà; la storia si tinge di giallo quando la morte del poeta pone in essere molti dubbi nell’animo del capitano Medusei…non riesce a credere alla disgrazia, quindi inizia un’indagine personale che lo conduce verso trame ben congegnate che mirano a un particolare fine contro il poeta considerato un sovversivo per le sue idee fuori da certi canoni dell’epoca. Il finale è sorprendente…

Un romanzo che ha in sé le fragranze della vegetazione ligure, il sapore del mare in burrasca, gli antichi velieri…

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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    26 Novembre, 2014
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L'inizio da una fine

Tutte le guerre si assomigliano; cambiano i mezzi, le strategie, gli armamenti, ma le miserie dell’animo umano sono sempre presenti in maniera crudele, cinica, spietata. Caratteristica della prima guerra mondiale è la famigerata trincea; uomini che sopravvivono in condizioni di abbrutimento fisico e spirituale, sempre in trepida attesa dell’assalto alla baionetta alla conquista di una postazione contro una linea nemica che sbaraglia e falcidia alla rinfusa senza alcuna possibilità di scelta; solo chi è più fortunato ne esce vivo seppur, spesso, con ferite e mutilazioni a volte indescrivibili.

Protagonisti della narrazione sono un ufficiale, di nobile e decaduto casato, e due soldati francesi, la cui storia inizia a pochi giorni dall’armistizio nel novembre del 1918 e continua, in maniera molto diversa, il ritorno alla vita borghese in una Parigi che non riconosce quasi nulla ai reduci di guerra. Ognuno di loro, quindi, agisce a modo proprio per affrontare l’incerto futuro. L’ufficiale, D’Aulnay-Pradelle, che già ha avuto comportamenti esecrabili sui campi di battaglia, indirizza la sua vita all’arricchimento personale con tattiche illegali e senza crearsi scrupoli. Gli altri due soldati, Albert e Edouard, quest’ultimo gravemente mutilato, organizzano una colossale truffa ai danni di quel governo che li ha trascurati; i destini dei tre si intrecciano più volte e il destino gioca implacabili e alterne situazioni con finali non esenti da colpi di scena.

Il romanzo mette in luce la tragica realtà di coloro che, avendo servito il paese durante la guerra, si trovano ad affrontare un nuovo stile di vita senza alcun aiuto e riconoscimento da parte di quella stessa nazione che li ha chiamati a difendere la Patria.

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Altri romanzi sulla 1^ guerra mondiale
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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    23 Novembre, 2014
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De arte venandi cum avibus

Il principale personaggio del romanzo è il monaco inglese Matthew da Willingham, già protagonista nei precedenti romanzi medievali di Valeria Montaldi, il quale a causa di un forte contrasto con la Chiesa, conseguenziale alla presa di posizione favorevole nei confronti di una giovane accusata ingiustamente, viene trasferito nell’Italia settentrionale dove hanno luogo vari accadimenti cui lo stesso frate è, suo malgrado, partecipe.

La vicenda ha luogo a Parma e nella val padana nel 1248 avendo come soggetto un famoso trattato sulla falconeria, scritto dall’imperatore Federico II, che viene trafugato durante un incendio doloso innescato nell’accampamento dello stesso imperatore.; si scatena, quindi, la caccia al manoscritto che, oltre all’encomiabile esposizione della caccia per mezzo del falco, potrebbe essere interpretato come documento eretico da parte della Chiesa che impone il volere divino per mezzo della famigerata Inquisizione. Il ritrovamento, quindi, di tale manoscritto da parte degli uomini al soldo del papa pro tempore Innocenzo IV sarebbe una prova inconfutabile con la quale Federico II potrebbe essere delegittimato; il coinvolgimento di frate Mattew è importante nelle varie rocambolesche vicende che portano, infine, alla soluzione del misfatto.

L’arguzia e lo stile dell’autrice ricostruiscono fedelmente l’ambientazione in quell’epoca medievale; intreccia, con dovizia di particolari, gli accadimenti e personaggi storici con quelli di pura fantasia, e, nel contempo, descrive gli usi e costumi dell’uomo del Basso Medioevo nei variegati ceti sociali con particolare rilievo a quello sport che è ancora la caccia con il falco.

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altri romanzi di carattere thriller storico di Valeria Montaldi
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Fantascienza
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    19 Novembre, 2014
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L'utopia del Quarto Reich

Dopo molti anni dalla fine della seconda guerra mondiale e, nel contempo, con il suicidio di Hitler e la caduta del Terzo Reich e dell’ideologia nazista, una potente organizzazione criminale, che anela alla nascita di un Quarto Reich, i cui componenti sono personalità sparse in tutti gli angoli del mondo, finanzia l’astrusa idea del famigerato dottor Mengele, medico nazista e torturatore di Auschwitz tristemente celebre per gli esperimenti su cavie umane, rifugiatosi nel frattempo nella giungla brasiliana, di riportare al potere mondiale la razza ariana tramite un delittuoso e atroce piano che prevede l’affidamento di 94 cloni di Hitler a famiglie del nord America ed europee, avendo l’accuratezza di creare situazioni simili a quelle vissute dal dittatore e, di conseguenza, far uccidere metodicamente i padri adottivi quando i cloni-figli raggiungeranno l’età di 14 anni, stessa età del giovane Adolf quando perse il genitore.

Il fine è quello di poter ottenere almeno una copia caratteriale perfetta di Hitler che possa guidare l’avvento del Quarto Reich. Ma di questo diabolico piano viene per caso a conoscenza un famoso “cacciatore” di nazisti Liebermann, che, tramite rocamboleschi avvenimenti, riesce a sventare il progetto. Il finale riserva particolari colpi di scena che aumentano il pathos della narrazione…Liebermann salva l’umanità dalla tragedia ma anche “coloro” che non hanno colpa alcuna pur essendone protagonisti.

Un romanzo che , seppur nella sua fantasia politica, pone una spinosa domanda sugli aspetti, non solo etici, della manipolazione genetica che da una parte può diventare di prezioso ausilio per sconfiggere molte malattie, ma, qualora utilizzata da menti criminali, potrebbe innescare situazioni non facilmente controllabili.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    17 Novembre, 2014
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Cosa si cela dietro la vita di ognuno?

"Non esistono libri belli o brutti...esiste solo la soggettività"

Appunto; e per me è un buon romanzo che si legge piacevolmente grazie all'acuta ed efficace amalgama di thriller e ironia; infatti, l'ironia, quando bene si sposa con la suspense, è di fondamentale importanza per rendere la lettura intrigante e trascinante. La storia narrata ben si intreccia con alcuni spunti di medicina legale e con il sospettare di tutti fino al gran finale che ha similitudini con le precise conclusioni del famoso Poirot.

Protagonista del romanzo è Alicia Allevi, specializzanda in medicina legale, già nota nel romanzo di esordio della scrittrice “L’allieva”, che ha l’incarico, insieme ad altri due colleghi, di valutare la capacità di intendere e volere di un anziano ed eccentrico scrittore Konrad Azais. Il motivo è dovuto alla decisione di quest’ultimo di creare una serie di problematiche circa la cospicua eredità che andrebbe in automatico ai suoi figli ma non è affatto scontata; ottenendo, infatti, l’interdizione del padre, i figli potrebbero immediatamente evitare qualsivoglia ostacolo per il possesso dei numerosi beni dell’anziano scrittore. Ma improvvisamente Azais muore; sembra un caso di suicidio e, qualora fosse così, andrebbe a vantaggio dei legittimi eredi. Alicia Allevi, pur non totalmente supportata dai suoi colleghi e malgrado le proprie altalenanti vicissitudini, vuole andare in fondo alla questione e di conseguenza si avventura in una vicenda enigmatica e complessa che sta dietro alla morte dello scrittore. La tenacia, il coraggio e l’arguzia della giovane specializzanda indirizza alla soluzione del mistero.

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"L'allieva" della stessa autrice
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Classici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    12 Novembre, 2014
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Umanità degradata

Il romanzo, antecedente ai tre capolavori “L’idiota”, “I demoni” e “I fratelli Karamazov”, rappresenta un particolare accadimento nella vita dello scrittore quando venne arrestato, nel 1849, e poi deportato in Siberia ai lavori forzati a Omsk, nel gennaio del 1850, perché colpevole di appartenere a un’organizzazione sovversiva.

La narrazione è per lo più autobiografica anche se, nella prefazione, indica un immaginario ex recluso, deportato per aver ucciso la moglie, che gli ha fornito un manoscritto nel quale racconta i suoi anni passati a scontare la pena in un campo di lavoro della Siberia.

L’autore racconta, nei minimi particolari e con profondità di linguaggio, la vita vissuta in mezzo al ghiaccio e alla disperazione da parte di una variegata comunità di esseri umani che devono scontare una pena detentiva per delitti diversi; dalla divergente opinione politica all’omicidio, dalla corruzione allo stupro. I reclusi condividono, quindi, la sola sofferenza che non fa distinzione tra ceto sociale e tipo di crimine commesso; tutti cercano una ragione per la sopravvivenza in un ambiente degradato dove la fame, la malattia, il freddo intenso e le punizioni corporali inflitte dalle guardie-aguzzini, sono una routine giornaliera senza soluzione di continuità. In un luogo così promiscuo possono, comunque, verificarsi episodi di solidarietà e pietà tra coloro che anelano alla fine della detenzione e a tornare a vivere come esseri umani.

In tali condizioni di vita l’uomo perde la propria dignità e, solo per pochi, l’unico conforto è la preghiera supportata dalla speranza e dalla convinzione dell’esistenza di un Dio che possa ascoltare e alleviare i patimenti che sono spesso estremi.

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Classici della letteratura russa
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Classici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    09 Novembre, 2014
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Miserie nella Russia zarista

Nicolaj Gogol si può considerare il padre della letteratura russa che ebbe il suo apice nell’800; il romanzo “Le anime morte” è uno dei suoi capolavori.

Nella Russia zarista della prima metà dell’800, quando ancora vigeva la figura giuridica del servo della gleba, i contadini ridotti in schiavitù erano censiti da coloro da cui dipendevano; le anime morte erano, quindi, quei contadini deceduti tra un censimento e l’altro per i quali il proprietario (sic) continuava a pagare alle casse della burocrazia zarista una tassa governativa fino al censimento successivo.

Protagonista della vicenda narrata è un certo Pavel Cicikov il cui obiettivo è viaggiare attraverso tutta la Russia e comperare per pochi rubli, appunto, queste anime morte; l’azione è truffaldina perché da una parte sgrava l’ex proprietario dal pagamento della tassa dovuta e dall’altra vi è l’intento di ottenere l’assegnazione di terre in relazione al numero di servitori fittizi che risultano di sua proprietà; in tale maniera, e con il passare del tempo, riesce ad arricchirsi. Ma gli accadimenti successivi mettono in luce la fraudolenta questione e il protagonista, per evitare il carcere, è costretto a fuggire.

Il fine del romanzo è evidenziare gli aspetti grotteschi e patetici dell’enorme apparato burocratico zarista il cui potere organizzativo e di controllo lascia molto a desiderare a causa dell’inadeguatezza, mediocrità e pigrizia dei suoi funzionari e degli impiegati; i personaggi descritti abbracciano una nutrita varietà di caratteristiche dell’animo umano; un coacervo di atteggiamenti e situazioni che offrono uno spaccato reale della vita di quel periodo.

Originariamente Gogol era intenzionato a scrivere un’opera suddivisa in tre parti sulla falsa riga del poema dantesco; ma a pochi giorni dalla sua morte il romanziere, forse in preda a una crisi mistica, distrusse gran parte del suo manoscritto e di conseguenza il romanzo compiuto è inerente alla prima parte in cui viene, appunto, descritta la condizione morale e umana di un immenso impero in decadimento.

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Classici della letteratura russa dell'800
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    06 Novembre, 2014
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Identità speculari

Di Charlotte Link ho letto diversi libri; quest’ultimo, in particolare, mi ha molto interessato per il messaggio che mi ha trasmesso:
"Il forte senso di protezione verso i propri figli da parte di una madre insicura e di un padre distratto, vile e rassegnato, può nascondere un drammatico segreto che conduce su un sentiero di situazioni imprevedibili di parossismo psicologico e di violenze efferate."

La protagonista del romanzo è Janet Beerbaum che decide di trascorrere una vacanza nell’Inghilterra sud-orientale (Kent) in una locanda risalente ai secoli passati. Il fine di questo intervallo è dimenticare, temporaneamente, i forti problemi che la affliggono ; un marito che non ha mai amato, i due figli gemelli Maximilian e Mario, di 24 anni, che hanno vissuti completamenti diversi, malgrado un sesto senso che li unisce. Il periodo di relax diventa, con il passare del tempo, una mera illusione in quanto i fantasmi del passato riemergono in maniera devastante; di conseguenza ci si ritrova in un caleidoscopico turbinio di eventi che induce a una incalzante tensione circondata dall’angoscia. Alcune circostanze fanno riemergere un terribile segreto sepolto nel profondo dell’animo con il quale bisogna affrontare la realtà combattendo senza conoscere l’esito finale e per salvaguardare gli affetti più cari.

Nella rocambolesca narrazione, due principali interrogativi si innalzano e pretendono una risposta: qual è l’enigmatico trascorso della protagonista? Perché i due gemelli vivono in maniera separata ma nello stesso tempo in una specie di simbiosi?

Un romanzo inquietante, un thriller psicologico, che non dà nulla per scontato.

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Altri romanzi di Charlotte Link
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Racconti
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    05 Novembre, 2014
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Intrigo e colpi di scena

Lo stile narrativo di Leonardo Sciascia è sempre indirizzato nella descrizione particolareggiata e peculiare della sua Sicilia e con la maestrìa di far intravvedere, al lettore attento, il profondo dell’animo dei suoi protagonisti.

La vicenda del romanzo in questione ha luogo in un luogo non meglio precisato della Sicilia dove fa ritorno, dopo un’assenza di oltre quindici anni, un diplomatico in pensione per recuperare alcuni oggetti a cui è particolarmente affezionato e che si trovano in un villino di campagna di sua proprietà fino allora abbandonato. L’anziano diplomatico nota delle strane circostanze che sono, nel frattempo, accadute durante la sua assenza; informa le forse dell’ordine locali che inviano un solerte brigadiere a verificare “in situ” ciò che è realmente successo. Il funzionario di polizia trova nel villino, riverso sulla scrivania, il cadavere del diplomatico che si accingeva a scrivere qualcosa su un foglio di carta. Le indagini da parte delle autorità vogliono chiudere presto il caso classificandolo come suicidio; ma il brigadiere è scettico e vuole andare fino in fondo, anche perché accade un altro fatto delittuoso a scapito del capostazione e un manovale della locale stazione ferroviaria che vengono trovati morti senza ragione apparente.

La storia, all’inizio, appunto, semplice, diviene complicata in quanto, agli occhi dello scrupoloso brigadiere, comincia a dipanarsi un intricato scenario in cui sono coinvolti personaggi molto in vista nel territorio i quali avevano scelto proprio il villino temporaneamente abbandonato dal defunto diplomatico, per svolgere particolari attività delittuose a fine di elevato lucro.

Vi è un epilogo tragico che viene comunque “coperto” come fatto accidentale.

Un romanzo piacevole che riserva diversi colpi di scena e strane coincidenze coinvolgenti autorità di forza pubblica, magistratura e rappresentati del clero.

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Altri romanzi dello stesso autore. Per esempio "Il giorno della civetta"
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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    02 Novembre, 2014
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Una donna che infrange la prevaricazione

In questo romanzo, dedicato a una sua antenata, Dacia Maraini descrive in maniera approfondita e con dovizia di particolari, le persone, gli accadimenti, i luoghi, gli usi e costumi, i pregiudizi e le miserie nella Sicilia del ‘700 con particolare riguardo all’allora nobiltà locale.

Protagonista è Marianna, una duchessa appartenente al casato degli Ucrìa, che fin da bambina, a causa di un trauma subìto ma volutamente negato dalla famiglia, è diventata muta (la mutola); riesce a comunicare con l’esterno attraverso la scrittura. La tradizione dell’epoca esige per le figlie femmine della buona società aristocratica, un matrimonio combinato oppure il convento di clausura; quindi il padre decide di darla in sposa, a soli tredici anni, a un anziano zio con il quale inizia una vita regolata da numerose gravidanze e priva d’affetto; Marianna è infelice anche a causa dei molti lutti che colpiscono la sua famiglia, tra questi, il più atroce, la malattia e la morte dell’ultimo figlio all’età di soli quattro anni.

La morte del piccolo figlio cambierà in maniera decisiva l’atteggiamento di Marianna che inizia a rifiutare le attenzioni sessuali del vecchio marito-zio e, nel contempo, si dedica alla lettura degli innumerevoli libri facenti parte della ricca biblioteca di famiglia. Alla morte del marito dedicherà il suo tempo all’amministrazione dei propri beni e aprirà la sua anima a un amore proibito. E’ una ribellione inaccettabile per le tradizioni e la mentalità dell’epoca, come anche la decisione di lasciarsi alle spalle la sua terra e partire per il continente alla ricerca di se stessa.

La narrazione induce a profonda riflessione mettendo in luce la totale prevaricazione sulle donne in una società di stampo patriarcale; d’altro canto il personaggio di Marianna vuole enfatizzare la donna che vince i pregiudizi e affermare la propria personalità al di fuori di certi schemi fortemente stereotipati che la circondano.

Un romanzo che si legge molto bene nonostante qualche passaggio dialettale necessario per il realismo della vicenda stessa.

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Altri romanzi di carattere storico inerenti la fine del '700 e la prima metà dell'800.
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Gialli, Thriller, Horror
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    31 Ottobre, 2014
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Un antesignano di Poirot

Il mondo del giallo classico ha come fulcro Agatha Christie e il suo impareggiabile Poirot, oltre ad altri autori con i propri protagonisti principali. Un antesignano, appunto, di Poirot può essere individuato nel dottor John Evelyn Thorndyke, medico legale e appassionato detective, nato dalla penna di un giallista, forse un po’ meno conosciuto, Richard Austin Freeman. Quest’ultimo, oltre a scrivere romanzi gialli, era un medico inglese vissuto tra l’800 e la prima metà del ‘900.

Il romanzo narra di un noto scultore, Julius D’Arblay, che viene ritrovato cadavere, per puro caso, da un giovane medico, il dottor Gray, che è anche la voce narrante, ex allievo alla facoltà di medicina del dottor Thorndyke. Il caso appare subito risolto e classificato come incidente, ma l’interesse del giovane Gray per Marion, figlia del defunto scultore, induce ad andare a fondo alla faccenda con il prezioso ausilio del dottor Thorndyke; infatti l’autopsia rivela che non si è trattato di un semplice disgraziato accidente che ne ha provocato l’annegamento, bensì di un omicidio per avvelenamento con una iniezione micidiale. La vicenda, quindi, assume una trama molto complessa e intricata in cui avvengono misteriose circostanze di morti che risorgono, tombe vuote e sostituzioni di persona; le vicissitudini e gli accadimenti sono molteplici e rocamboleschi ma alla fine l’arguzia e la pazienza del dottor Thorndyke risolve il fatto delittuoso con un imprevisto colpo di scena.

Si tratta, dunque, di un romanzo giallo classico in cui non esistono mezzi e strumentazioni di alta tecnologia e la patologia medico-legale è ancora agli albori; solo una mente raffinata è capace di scartare le varie ipotesi verosimili e seguire un lineare percorso di pensiero che conduce alla soluzione dell’equazione.

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Romanzi gialli classici
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Romanzi
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    30 Ottobre, 2014
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Sentimenti a tinte forti

Questo romanzo lo definisco come perfetta amalgama di storia, magia, sentimento, violenza e disgrazia.

Le vicende narrate, ambientate in Cile, abbracciano un periodo che va dai primi anni del ‘900 fino all’avvento della dittatura del generale Pinochet, nel 1973, con relative drammatiche conseguenze. Protagonisti sono da una parte una ricca famiglia matriarcale Del Valle a cui succedono nel tempo la misteriosa Clara che è in possesso di doti soprannaturali tali da poter avere premonizioni e interloquire con i defunti,, la figlia Blanca e per ultima, la voce narrante, Alba; dall’altra parte un unico protagonista Esteban Trueba, contadino arricchito dal carattere crudele e violento nei confronti sia delle persone che lavorano come braccianti nelle sue terre sia nei confronti dell'unica sorella Ferula, che riesce a sposare Clara, dai quali nasce Blanca, e anela a diventare un’autorità politica.

Gli innumerevoli accadimenti personali dovuti ai tantissimi personaggi collaterali che hanno, comunque, decisa rilevanza nello svolgimento della trama per oltre mezzo secolo, si intrecciano e si snodano con la vita politica e sociale del Paese che subisce notevoli mutamenti sia di carattere economico, sia di carattere politico-sociale.

Il romanzo induce a profonda riflessione sulla “scontata” lezione di vita sul male perpetrato che, prima o poi, si ripresenta contro con gli interessi.

Come già accennato, la trama è vasta e complessa e i personaggi sono molteplici; nonostante ciò si legge con facilità e avvolge il lettore in un clima quasi surreale. Non voglio aggiungere altro: un libro, consigliatissimo, che affascina e cattura; un contesto familiare di forte sentimento…ma anche di rassegnazione.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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4.0
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    29 Ottobre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Guerra fredda e doppiogioco

Periodo di guerra fredda tra i due blocchi contrapposti NATO versus Patto di Varsavia agli inizi della decade degli anni ’80; l’era di Gorbacev è imminente ma ancora in Unione Sovietica esiste una forte “nomenklatura” carica di privilegi e potere.

Il romanzo ipotizza la presenza di un documento top secret, appunto denominato “Quarto protocollo”, per mezzo del quale attivisti comunisti infiltrati nelle stanze della politica britannica che, per mezzo di particolari azioni segrete e sotto copertura, perseguono il sontuoso obiettivo di far uscire la Gran Bretagna dalla NATO e di conseguenza indebolire tutta l’organizzazione dei Paesi facenti parte del Patto Atlantico e successivamente della supremazia militare in tutta l’Europa.

Pedine e protagonisti fondamentali di questa kermesse sono da una parte un agente del servizio segreto britannico MI6 (controspionaggio) e dall’altra un uomo del KGB sovietico che da moltissimo tempo è infiltrato nel tessuto sociale inglese tanto da passare totalmente inosservato; quest’ultimo ha il compito di far esplodere un ordigno nucleare in una base aerea americana nel territorio britannico, che provochi decine di migliaia di morti, al fine di infiammare gli animi della popolazione e costringere il governo britannico a una graduale uscita dalla NATO:

Ma coloro che hanno ideato questo folle progetto non hanno fatto “i conti” sia con parte della nomenklatura sovietica che preferisce lo “status quo” al fine dei propri interessi personali e di carriera, sia con il fedele e ligio agente del MI6 il cui solo scopo è salvaguardare l’incolumità dei cittadini della sua nazione. I colpi di scena si susseguono in maniera complessa e intricata; nessuno è più affidabile e il doppio-giochismo ha la meglio sulle varie vicissitudini e accadimenti traumatici e letali.

Da questo romanzo è stato tratto un film “Quarto protocollo” i cui principali attori sono Michael Caine e Pierce Brosnan rispettivamente il “buono” (agente segreto inglese) e il “cattivo” e senza scrupoli (infiltrato del KGB).

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Romanzi di spionaggio ad alta tensione emotiva
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Romanzi storici
 
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    28 Ottobre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Una donna al soglio pontificio?

La vicenda ha luogo nell’alto Medio Evo del IX secolo d.C.; la nascita della protagonista, Giovanna, in un villaggio facente parte di un feudo del Sacro Romano Impero, coincide con l’anno della morte di Carlo Magno nell’814.

E’ un periodo di grande miseria e forti disagi per la stragrande popolazione; la cultura è “merce rara” ed è protetta , inscritta e tramandata dai monaci delle svariate abbazie esistenti sul territorio; l’essere donna è una sfortuna in quanto relegata alla sola procreazione e allo svolgimento di tutte le faccende domestiche; non esiste erudizione alcuna per le ragazze, e il solo pensare di poter imparare a leggere è considerato sacrilegio.

In questa cornice trascorre la sua infanzia e prima adolescenza Giovanna, figlia di un prete cristiano, severo all’inverosimile, bigotto e con un’apertura mentale decisamente ristretta consequenziale all’applicazione ferrea dei concetti biblici. Giovanna ha comunque un’intelligenza acuta, e una forte volontà di imparare e conoscere le varie discipline del mondo esterno. Riesce con uno stratagemma a frequentare una scuola cristiana per imparare il greco e il latino e poi passa circa 12 anni in un convento benedettino spacciandosi come uomo. Dopo varie peripezie riesce ad arrivare a Roma quale esperto speziale e presa subito in benevola considerazione dal pontefice; le ulteriori vicissitudini e accadimenti portano Giovanna a farsi eleggere al soglio pontificio per acclamazione, ma questa incredibile condizione ha breve durata e finirà in maniera tragica.

L’autrice lascia nel dubbio se tale storia possa essere inventata oppure essere in bilico tra verità e leggenda e che la Chiesa abbia fatto di tutto per cancellare qualsiasi elemento di prova tale da indurre il benché minimo sospetto.

Un romanzo storico che nasconde un certo fascino e che enfatizza la condizione umana e, in particolare, della donna in quelli che gli storici definiscono “i secoli bui”.

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Romanzi storici riferiti al Medio Evo
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    27 Ottobre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Il vortice della follia

Dopo aver letto con estrema attenzione il romanzo, ho dedotto la seguente mia riflessione:

Il disagio e l’alienazione mentale sono spesso causati da eventi traumatici vissuti nell’infanzia; la psiche non accetta tali circostanze e, di conseguenza, si instaura un complesso processo che da una parte rimuove l’evento negativo ma d’altro canto riemerge inaspettatamente e in maniera improvvisa. La mente subisce, quindi, una specie di shock che astrae il soggetto dal mondo reale e costruisce un altro mondo nel quale si elabora e si vive un’interiorità non comprensibile o difficilmente percepibile all’esterno.

La narrazione si svolge nell’Inghilterra alla fine degli anni ’50; Dennis, il nostro “spider” il cui nomignolo gli fu dato dalla madre quando gli raccontava delle fiabe-storie sui ragni, dopo circa venti anni trascorsi negli ospedali psichiatrici, ritorna, all’età di 33 anni, a Londra dove la sua vita di giovane adolescente è stata interrotta nel lontano 1937; ancora frastornato dall’esperienza passata, cerca comunque di ricostruire gli accadimenti della sua pre-adolescenza che hanno quali principali protagonisti un algido padre infedele e una madre infelice e con scarsa personalità e autostima; tramite continui flash-back ricompone un mosaico le cui tessere sono, in gran parte, inerenti al disprezzo verso il padre, colto in flagrante durante l’adulterio nei confronti della madre, e la stessa madre verso la quale “spider” nutre un morboso attaccamento.

Ma la memoria, la volontà di rendere chiaro il suo sfuocato passato, possono arrecare ulteriori disturbi che sono stati sempre presenti nei meandri della propria mente e che ora, durante la rielaborazione, si ripresentano in maniera devastante. Si può rimanere imprigionati nella ragnatela dei ricordi e non conoscere il modo su come liberarsene.

Rielaborare un passato traumatico è sempre pagante? Oppure la ricostruzione del puzzle della vita può scatenare mostri mentali che invadono e fagocitano le nostre deboli difese psichiche? Il rischio di cadere, nuovamente, nel vortice della follia è altissimo e irreversibile; la mente dell’essere umano è paragonabile a una foresta la cui superficie e gli innumerevoli nascondigli sono per la maggior parte inesplorati; l’immaginazione si confonde con la realtà producendo un circolo vizioso che innesca deleteri e pericolosi stati d’animo; quindi il nostro “IO” cade inesorabilmente in un pozzo senza fondo i cui appigli sono inesistenti.


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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    19 Ottobre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Indecifrabili delitti all'ombra delle antichità

La città di Luni, che si trova al confine tra Liguria e Toscana nella provincia della Spezia, risale a epoca dell’antica Roma quando era un importante porto per l’impero; di questo pregevole sito rimangono al giorno d’oggi delle antiche rovine e un museo archeologico dedicato.

All’ombra di questa cornice storica e suggestiva, vengono commessi efferati delitti che hanno una cadenza temporale novennale. Un serial killer compie i suoi omicidi ogni nove anni che vengono, ogni volta, preannunciati tramite l’invio di biglietti enigmatici contenenti disegni, simboli e numeri.

Il commissario Leonardo Giannetti, responsabile del locale commissariato di polizia nella città di Sarzana (La Spezia), ha il compito di individuare chi si cela dietro quei fogli indecifrabili che appaiono con un’accurata precisione, ogni nove anni, all’approssimarsi di un particolare decreto legge, varato dal governo pro-tempore, in fase di conversione.

Gli omicidi iniziano nel 1985, quando ancora il commissario Giannetti era uno studente liceale nella città di Sarzana, per poi ripetersi nel 1994, nel 2003 e nel 2012. I fogli, per mezzo dei quali l’omicida seriale preannuncia i suoi delitti, appaiono sempre collegati tra loro ancorché indecifrabili e sempre più misteriosi. Grazie all’acume, alla creatività e alla costanza del commissario e dei suoi collaboratori, si riesce a individuare l’autore di tale crimini effettuati nell’arco di 27 anni.

Leggendo il romanzo sarà lo stesso lettore a farsi trascinare nei vari rompicapo che avvolgono i vari delitti che hanno come cornice le antiche vestigia dell’antica città della Lunigiana.

Un giallo-noir dai connotati interessanti che dà la possibilità di conoscere, con dovizia di particolari, le aree e la topografia del territorio dell’estremo levante ligure, con erudizioni storiche inerenti le alterne vicissitudini e i cambiamenti intercorsi attraverso i secoli.
Da evidenziare, inoltre, l’attenta analisi caratteriale e gli stati d’animo dei vari protagonisti.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    18 Ottobre, 2014
Top 50 Opinionisti  -  

Si può subire all'infinito?

Un detto popolare afferma che quando una persona, all’apparenza calma e sottomessa, si arrabbia diventa una furia difficile da controllare le cui conseguenze possono risultare devastanti.

In questo romanzo l’autore Gordon Reece narra la vicenda di due donne, madre e figlia, che a causa dell’abbandono da parte degli affetti più cari, vivono da sole in una casa isolata in campagna con forti problematiche con il mondo esterno che le costringe a vivere a similitudine di recluse in uno spazio angusto…come dei topi. In particolare la figlia, Shelley, è stata indotta a tale isolamento a causa di fenomeni di bullismo da parte delle sue compagne di scuola che, nella loro malvagità, arrivano a deturparle il viso.

Nonostante l’atmosfera negativa, le due donne si adattano a vivere in tale contesto e trascorrono le giornate in maniera “tranquilla” ancorché sempre rintanate e avendo pochissimi contatti con l’esterno; la loro quotidianità viene, però, compromessa da un fatto che accade durante una notte…ed ecco che i “topi” si trasformano; la rabbia accumulata negli anni, le continue angherie che hanno dovuto subire, la mancanza di affetto e l’abbandono da parte dei parenti più stretti, formano una miscela esplosiva tale da farle diventare, in un battibaleno, da prede a predatori. Le conseguenze sono tragiche in quanto dovute alla ribellione verso l’ingiustizia e la prevaricazione.

La trama di tutto il romanzo è inquietante e angosciante; porta il lettore a riflettere sulla questione del famoso “punto di rottura”; ogni essere umano, benché vessato fino all’inverosimile, subendo ingiustizie e maltrattamenti fisici e psichici, ha, comunque, un limite; tale limite, diverso da persona a persona, indica il momento in cui le barriere protettive vengono fatte saltare per far uscire tutto ciò che è stato dormiente per molto tempo ma nel frattempo è stato accumulato nel profondo dell’anima. Lo sfogo, la ribellione, il senso di libertà sono paragonabili all’eruzione improvvisa e inaspettata di un vulcano. Non esiste più alcuna mediazione, il dialogo è azzerato, prevale il solo istinto di vendetta contro tutto quel mondo che ha, in passato, fatto scempio del sentimento umano in tutte le sue sfaccettature.

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