Opinione scritta da Belmi

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    10 Dicembre, 2020
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La donna della spiaggia

L'autrice, che è diventata famosa con “Cambiar l'acqua ai fiori” ci aveva già provato in precedenza con questo titolo, e grazie al successo dell'altro è arrivato dai noi anche il suo esordio.

“Il quaderno dell'amore perduto” racconta della giovane Justine, rimasta orfana molto piccola e cresciuta con i nonni e il cugino Jules a Milly, in un piccolo paesino del centro della Francia.

Justine pur avendo ventun anni si dedica ad un lavoro che solitamente ragazze così giovani non farebbero mai; lei lavora come aiuto infermiera in una casa di riposo.

“Charles Baudelaire ha descritto l'angoscia di un manicomio al calar della notte, quando si riempie di grida. Nelle case di riposo, invece, è il levar del sole a riscaldare gli animi.”

Con i suoi pazienti Justine è gentile, li ascolta e si prende cura di loro. Fra loro c'è anche Hélène e proprio su richiesta del suo nipote, lei inizia a scrivere la storia della donna della spiaggia.

“Hélène mi ha raccontato tutta la sua vita, ma in maniera frammentaria. Come se mi avesse fatto dono del più bell'oggetto della sua casa, ma non prima di averlo inavvertitamente ridotto in mille pezzi.”

Valérie Perrin scrive una storia bellissima e molto ben orchestrata, sono tanti i tasselli che pagina pagina, fra passato e presente, tornano al proprio posto e noi ogni volta ci sentiamo sempre più partecipi.

Vuoti di memoria, insicurezze, dubbi, fragilità ma anche tanta tenerezza, amore infinito e speranza; sono tanti gli ingredienti che l'autrice mette all'interno del suo libro e tutte le domande trovano la giusta risposta.

Una delle cose più belle è il gabbiano, che pagina dopo pagina troviamo all'interno del libro, non solo una metafora ma proprio l'esempio dell'amore vero.

Unica pecca è lo stile, un po' se non proprio acerbo ma comunque da far maturare. L'autrice usa un linguaggio che per una storia così bella avrei preferito più ricercato e meno sempliciotto, anche se le parole vengono da una ragazza giovane.

Comunque in conclusione, un libro sicuramente più vicino al mondo femminile, ho adorato i personaggi e le loro interazioni e la dolcezza con cui la protagonista svolgeva il suo lavoro. Non posso usare nomi per non fare spoiler ma la presenza maschile all'interno del libro è proprio bella.

“Se è vero che quando un vecchio muore un'intera biblioteca va in fumo, quello che faccio io serve almeno a conservare un po' di cenere.”

Buona lettura!!

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Romanzi storici
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    06 Dicembre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

È lo stile il valore aggiunto

“Il colpo di grazia” è un breve romanzo in cui il protagonista e narratore Eric von Lhomond ricorda un avvenimento avvenuto molti anni prima. Dobbiamo tornare indietro alla guerra civile in Curlandia quando i tedeschi combattevano contro il regime bolscevico.
I tedeschi sono in difficoltà ed Eric si ritrova con i suoi compagni al castello, un tempo residenza dell'amico Corrado e della sorella Sofia, ora adattato a base operativa.

Saranno proprio questi due gli altri protagonisti:

“Corrado si sarebbe volentieri attaccato alle loro gonne variopinte se io non avessi ostentato disprezzo per simili infatuazioni; ed egli era una di quelle creature scrupolose e delicate che il disprezzo colpisce sul vivo, e che dubitano delle loro più care predilezioni non appena vengano poste in ridicolo da un'amante o da un amico.”

“La durezza di Sofia si scioglieva di tanto in tanto senza toglierle niente della sua grazia stralunata e selvaggia, come quei paesi che conservano un'asprezza invernale anche al volgere della primavera.”

In questo castello si svolgeranno tutte quelle dinamiche che porteranno al colpo di grazia. Sarà difficile non rimanere toccati dalle parole e dai fatti, la guerra è dura ma spesso la guerra è anche dentro di noi. Ognuno combatte la propria e spesso non riesce ad uscirne vincitore.

Il vero “potere” di questo romanzo è lo stile della Yourcenar, per me una delle migliori scrittrici di sempre. Il suo stile è un insieme di poesia, grazia ed eleganza che non ha paragoni.

“Si dice che il destino sia maestro nello stringere il cappio intorno al collo del paziente; che io sappia, è maestro soprattutto nello spezzare le fila. Alla lunga, lo si voglia o no, ci trae d'impaccio sbarazzandoci di tutto.”

Buona lettura!!!

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Politica e attualità
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    27 Novembre, 2020
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Non sempre gli uomini sanno scrivere di donne

Scrivere un libro interamente dedicato alle donne può non essere una cosa semplice, se poi ci aggiungiamo che è un uomo a scriverlo, il grado di difficoltà è maggiore.

Cazzullo si impegna, su questo non ci sono dubbi, ma il risultato a mio modesto avviso non è dei migliori. L'autore ci prova in tutte le maniere, fa un'analisi storica, un'analisi psicologica e anche un'analisi più moderna e solo in quest'ultimo caso il testo è più sensibile e motivato, forse perché l'esperienza gli è stata raccontata direttamente.

Per il resto ci troviamo davanti una sequenza di fatti con protagoniste femminili che spesso non ci fanno neanche una bella figura.

Sull'argomento ho una buona conoscenza e all'interno di questo testo ho trovato veramente poco di nuovo. Posso consigliare questo libro per chi volesse approcciarsi per la prima volta all'argomento, ma anche in quel caso fossi in voi mi dedicherei ad altri testi.

Per parlare di donne ci vuole un approccio diverso, altri uomini sono riusciti nell'intento ma Cazzullo per me no. Buono l'impegno, un po' scarso il risultato.

Buona lettura!

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Classici
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    18 Novembre, 2020
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Non c'è isola nella peste

"Ma egli sapeva tuttavia che questa cronaca non poteva essere la cronaca della vittoria definitiva; non poteva essere che la testimonianza di quello che si era dovuto compiere e che, certamente, avrebbero dovuto ancora compiere, contro il terrore e la sua instancabile arma, nonostante i loro strazi personali, tutti gli uomini che, non potendo essere santi e rifiutandosi di ammettere i flagelli, si sforzano di essere dei medici."

A Orano, una prefettura francese della costa algerina, un giorno dal nulla incominciano ad uscire topi, se ne trovano ovunque, nelle case, per strada, escono a frotte e muoiono. Quello che all'inizio sembra uno scherzo innocente porta la città nel panico.

"Nel mondo ci sono state in ugual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati."

Camus tramite il suo narratore ci presenta una cronaca oggettiva che racconta tutta l'evoluzione della peste e gli animi di coloro che si trovavano dentro le mura chiuse.

Un libro che visto il periodo storico arriva ancora di più. Siamo negli anni '40, ma si parla di congiunti, di separazioni, di quarantene, di sieri che funzionano e non funzionano, di evoluzioni, di ingiustizie e di come tutte le pestilenze non fanno differenze fra ricchi e poveri.

Uno stile chiaro, poco pretenzioso e diretto. Camus ci rende partecipi ma allo stesso tempo impotenti. Anche noi come gli abitanti di Orano stiamo aspettando che quelle porte si possano finalmente aprire e ricominciare una vita normale, perché è proprio la normalità che ci manca.

Una lettura molto interessante, l'ho preferita a "Lo straniero" che invece non mi aveva particolarmente colpita.

Buona lettura!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Novembre, 2020
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Onirico..anche troppo

Nawal al-Sa'dawi è egiziana ed è conosciuta al mondo come femminista, scrittrice, attivista e psichiatra. In questo romanzo ha messo insieme tutte queste sue caratteristiche aggiungendo l'elemento sempre presente, il petrolio.

Il libro inizia così:

“Donna va in vacanza e non fa ritorno.
Le donne non si allontanavano da casa così: se una donna usciva da sola, lo faceva per soddisfare una qualche necessità urgente, e prima di uscire doveva chiaramente ottenere il permesso scritto dal marito o timbrato dal suo capo al lavoro”.

I protagonisti non hanno nomi, lei parte e da quel momento il presente e l'onirico si uniscono. Lei è un'archeologa, la sua vacanza serve per andare a cercare le divinità femminili, non solo una donna non può andare in vacanza, ma soprattutto non può girare a volto scoperto e lei queste cose le fa entrambe. Dopo poco la troviamo su un'isola, con un altro uomo che non è il marito e soprattutto ovunque c'è il petrolio.

“L'amore ai tempi del petrolio” è un libro difficile, conta poco più di 160 pagine ma mi ci è voluto davvero molto per finirlo. È impensabile seguire la trama, non ci sono capitoli, è tutto un fiume in piena che va avanti e torna indietro. Ora siamo con lei a trasportare un barile di petrolio, poco dopo seguiamo l'interrogatorio che la polizia fa al marito e al capo, poi torniamo nella capanna con l'uomo, aspettiamo sua Maestà, incontriamo donne, speriamo nella fuga e soprattutto dobbiamo affrontare molte ingiustizie.

L'autrice mette in luce la dura condizione della donna e dei poveri che devono lavorare al petrolio mentre altri si arricchiscono; spera nella solidarietà femminile per poter arrivare ad una svolta. Sono temi forti e che condivido, ma il libro resta comunque troppo onirico e troppo pesante, non tanto per l'argomento ma per come ha deciso di presentarlo. Consigliarlo? Non saprei, sicuramente non lo rileggerei.

“L'uomo poteva sparire per sette anni, per poi tornare e pretendere di trovare la moglie ad aspettarlo, seconda la legge, mentre la donna andava in vacanza solo il giorno del proprio funerale”.

Buona lettura!

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Novembre, 2020
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Il profumo perduto

Il titolo che ho dato alla recensione può trarre in inganno, non sto parlando di una ricerca nel senso letterario del termine, qui bisogna andare oltre, perché Elena, la profumiera che avevo già trovato e amato nel libro “Il sentiero dei profumi”, non riesce più a sentire il profumo come una volta, non riesce più ad andare oltre, a cogliere quei dettagli che l'hanno resa famosa e conosciuta all'interno del settore.

Elena l'avevamo lasciata appagata, con un compagno eccezionale e una bambina da crescere e soprattutto un rapporto con la madre non proprio ottimo. Ripartiamo proprio da qui.
Ero un po' pensierosa, quando leggo un romanzo che mi è piaciuto e che ho apprezzato, sapere che ne esce il seguito mi ha sempre fatto un po' di paura. La scrittrice può andare a rompere degli equilibri che mi ero creata nella mente oppure a snaturare dei personaggi a cui mi ero affezionata oppure a stravolgere l'ordine delle cose lasciandomi delusa.

Cristina Caboni invece è riuscita nel suo intento, ha creato un seguito all'altezza del precedente, non ha snaturato niente, anzi ha fatto “maturare” i suoi protagonisti ed è andata a completare quello che aveva lasciato incompiuto nel primo libro. Si parla di genitori, di figli, di amori presenti e passati, di decisioni difficili e scelte che solo il cuore può aiutare a fare.

Un romanzo che mi ha fatto sognare, che mi ha portato in quei campi di rose e fiori e mi ha fatto annusare i profumi e la loro purezza. Un romanzo adatto più ad un pubblico femminile che fa sospirare, sperare e credere nel futuro. Uno stile elegante, mai volgare e soprattutto denso di significato. Questa volta l'autrice ha fatto davvero un ottimo lavoro.

Un libro coinvolgente che consiglio a tutte le amanti dei romanzi d'amore scritti bene e non superficiali.

Buona lettura!

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Il sentiero dei profumi
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Racconti
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    02 Novembre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Le ragazze delle federe bianche.

La nota dell'autore ci porta subito al tema del libro:

“Ho cercato di raccontare, in queste pagine, alcune storie di ragazze sarde che, dagli anni del Dopoguerra, hanno trovato una busta paga lontano dalla Sardegna. Tutte hanno dovuto o voluto varcare il mare. Non tutte a malincuore. Anzi.”

Siamo in Sardegna, in quei paesini in cui c'è poco lavoro e la possibilità di aiutare la famiglia è sempre più difficile. Il periodo storico è quello in cui le bambine-ragazzine vogliono o devono dare una svolta alla loro vita, e la svolta si chiama Continente. Roma, Milano e altre grandi città, non solo italiane, hanno bisogno di domestiche e di manodopera. Siamo in un periodo in cui bisogna emigrare e mandare i soldi a casa.

““Sto andando serva dai Marongiu”. Uno - che aveva passato i settant'anni - le aveva chiesto: - Ma a te chi ti guarda?
-Mi guardo io, mi guardo da me, sono grande, i figli dei poveri diventano grandi prima dei figli dei ricchi. Il bisogno fa diventare donna anche una bambina”.

Queste donne-bambine partono per l'avventura della loro vita, molte non hanno mai preso un pullman, figuriamoci una nave o una macchina.
Sono le ragazze sarde, quelle che partivano con la federa bianca perché la valigia non ce l'avevano e anche se ce l'avessero avuta, avevano poco da metterci dentro.
Dovranno affrontare tanti cambiamenti, la solidarietà fra loro sarà fondamentale e i loro ritrovi diventeranno leggendari: “La stazione Termini, i giovedì e le domeniche pomeriggio, diventava la Piazza Grande delle domestiche d'Italia”.

Il nostro viaggio parte con Pietrina, è lei il nostro filo conduttore, ma sono molte le ragazze di cui l'autore parla, alcune più fortunate altre meno. Sono storie di vita, di speranza. Chi dovrà rimettere a posto padroni con le mani troppo lunghe, ci troverà signore molte serie, anche troppo, ma anche chi troverà l'amore, una nuova famiglia e soprattutto i soldi per diventare a loro volta delle signore.

Un libro diverso, che affronta l'emigrazione femminile, anche le donne hanno contribuito a far crescere e migliorare il paese. Molti di quei paesini che si sino svuotati al tempo per permettere alle generazioni nuove di farsi un futuro, ora sono tornati a crescere e a riaccogliere quelle ragazze che sono partite solo con la federa ma che ora sono tornate a casa per finire la vecchiaia.

Lo consiglio, alcuni episodi mi hanno fatto davvero sorridere.

“Una volta squilla il telefono e la padrona mi dice: “Erminia vai a rispondere e di' che sono impegnata.” Io mi fermo davanti al telefono che suona e dico in buon italiano: “Mi scusi ma la signora è impegnata.” Il telefono però continua a suonare. La signora urla: “Rispondi, rispondi.” “Ma io ho risposto,” le dico. E aggiungo: “Al telefono gliel'ho detto che lei è impegnata, e ho chiesto anche scusa ma quello suona sempre.” La padrona urla: “Alza la cornetta, stupida!”

Buona lettura!

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Arte e Spettacolo
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Ottobre, 2020
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L'Italia deve essere aiutata dagli italiani

Sono un'appassionata di viaggi e un'amante del nostro paese e quale periodo migliore per scoprirlo se non questo? Per farlo come si deve, mi sono affidata ad Alberto Angelo che con semplicità ci fa conoscere anche luoghi meno conosciuti. Al momento in Italia abbiamo ben cinquantacinque siti nella lista Unesco del Patrimonio mondiale.

Alberto Angelo inizia la presentazione con una premessa davvero molto bella “Questo patrimonio italiano costituisce una grande ricchezza ma comporta anche una grande responsabilità. Come genitori, che devono cercare di mantenere in buono stato la casa in cui vivono, affinché anche i figli ne possano usufruire, anche noi dobbiamo conservare integro il nostro patrimonio di bellezza perché ne possano godere le generazioni future”.

La scelta è stata quella di presentare i vari siti seguendo un ordine cronologico, alcuni capitoli iniziano con un QR Code che permette di poter rivedere le varie puntate (quelle della Rai sulle Meraviglie d'Italia) dedicate ai capolavori così oltre alla letture possiamo abbinarci anche le varie immagini.

Alberto Angela ama il suo lavoro e si vede, nel libro percepiamo la passione e l'amore che ha per il nostro paese e usa un linguaggio semplice ma non “sempliciotto”, accessibile a tutti. Lui scrive come parla, ed entrambe le cose gli vengono molto bene.

Consiglio questo libro agli amanti dell'arte, agli amanti del nostro paese e anche a chiunque cercasse spunto per la prossima vacanza!

“Ammirare le meraviglie d'Italia significa anche saper vedere la forza e la creatività di cui sanno dar prova gli italiani. Ed esserne fieri”.

Buona lettura!

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Racconti
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    21 Ottobre, 2020
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Un'autrice con una cultura infinita

Marguerite Yourcenar è una delle mie scrittrici preferite e pur non amando molto i racconti lei con questa raccolta di saggi è riuscita nuovamente a conquistarmi.

“Il tempo, grande scultore” è una raccolta molto eterogenea, i saggi spaziano fra tanti argomenti differenti. Possiamo trovare: scritti dedicati agli stili di scrittura, in cui l'autrice ci aiuta a capire i diversi approcci scelti per la stesura di un testo; altri che mostrano la sensibilità dell'autrice nei confronti degli animali; altri dedicati alla diffusione del cristianesimo e infine anche degli elogi funebri.

Uno dei più interessanti è quello che dà il titolo al libro “Di tutti i mutamenti provocati dal tempo, nessuno intacca maggiormente le statue che gli sbalzi del gusto negli ammiratori”.

Ogni racconto conta non più di una manciata di pagine, ma sono comunque sufficienti a lasciare qualcosa. Ancora una volta l'autrice non delude.

Sempre schietta, diretta e mordace ma anche molto sensibile. Lo consiglio!

“E non mi pace neppure che la raccolta sia esclusivamente riservata a scrittori donne. Non ripristiniamo i compartimenti solo per signore”.

Buona lettura!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    16 Ottobre, 2020
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Questa volta non ci siamo

Il terzo capitolo della serie mi aveva abituata male, fino ad allora era sempre stato un crescendo, libro dopo libro mi sentivo sempre più coinvolta e piacevolmente colpita, fino a questo quarto capitolo.

Se nel terzo il nostro avvocato provava un pò a fare l'investigatore, ma rimaneva pur sempre un avvocato...in questo libro Carofiglio si deve esser dimenticato il vero lavoro del suo protagonista, l'avvocato Guerrieri investigatore, almeno per me, non va.

La storia all'inizio è interessante, una ragazza è scomparsa ormai da qualche tempo e gli indizi sono davvero pochi, tanto che il caso rischia di essere archiviato ed è qui che entra in gioco Guerrieri.

Il problema principale è che per gran parte del libro le mie perplessità sulla trama non sono diminute e se nel terzo capitolo gli "spazi morti" erano quasi spariti, qui farciscono gran parte della storia.

Un Carofiglio per me deludente, mi ero abituata male e questa "doccia fredda" mi fa affrontare i prossimi libri con meno serenità; prima era la piacevolezza di iniziarne uno nuovo, ora la speranza che l'autore non si sia perso del tutto e torni in carreggiata.

Buona lettura!

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    10 Ottobre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Erano gli uomini le belve

Marek è di Cracovia, pur avendo studiato non riesce a trovare un lavoro, lui e sua madre vivono ai limiti della miseria. È un ragazzo che cerca il suo riscatto e crede di averlo trovato il giorno in cui legge su un giornale che in Italia cercano persone per raccogliere i pomodori e che la paga è ottima, tutto sembra girare per il verso giusto fino a quando non scopre che al peggio non c'è mai fine.

"Eccola, l'Italia. Intorno a lui centinaia di mani staccavano i pomodori dalle piante e li gettavamo nelle ceste... testa bassa, niente chiacchiere, piscerai dopo, non ti fermare, quanto ci metti a bere? Pomodori, centinaia, migliaia, milioni di pomodori. Sarebbero finiti nelle fabbriche di pelati, nei supermercati di mezza Europa, e poi nella pasta, sulle pizze, nei tubetti di concentrato, nei sughi pronti. Ma tutto cominciava lì, tra le schiene piegate, in mezzo al sudore. Pomodori rossi come sangue fresco, caldi e pieni di succo. Ci si faceva il Bloody Mary, con i pomodori. Un nome davvero azzeccato."

Aleya è nigeriana, è cresciuta dallo zio perché orfana. Aleya ha davvero un grosso problema, è di una bellezza fuori dal normale, una bellezza che sarà la sua rovina.

"C'erano altri italiani, vestiti molto bene, e stavolta non la trattarono male. Ma si sentì addirittura peggio, perché non sopportava quell'alternanza, era come l'inferno dei riti magici, in cui i diavoli prima di accarezzano e poi ti frustavano con le verghe piene di spine."

Vichi e Gori propongono un romanzo davvero forte, se il secondo autore mi è sconosciuto, Vichi invece l'avevo già conosciuto con il Commissario Bordelli e sapevo già che non è uno che le manda a dire. Il tema è davvero toccante, da una parte la raccolta dei pomodori, dall'altra la prostituzione. Due storie che viaggiano in parallelo, raccontate da due voci che si alternano, ma che piano piano si avvicinano sempre di più.

È un libro che non mi sento di consigliare a tutti per i temi molto forti, ma dall'altra mi rendo conto che bisogna aprire gli occhi e vedere che il marcio purtroppo non è poi così lontano da noi.

Intenso, tragico e reale.

Buona lettura!

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Romanzi
 
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3.3
Stile 
 
3.0
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4.0
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3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Ottobre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Una vita chiama un'altra vita

Siamo su un'isola, dove troviamo un uomo solo che sta cercando di raccogliere i cocci di una vita. La vita può essere difficile, a volte più tenera, altre meno, ma sicuramente è imprevedibile.

Andrea è un capitano, un uomo abituato alle tempeste, al mare calmo, alla solitudine e a guardare l'orizzonte. La sua vita è già scritta, ma poi su un traghetto incontra lei, Edith e tutto il suo equilibrio va in frantumi.

Edith è tutto l'opposto di Andrea, la sua vita è instabilità pura, i legami un problema e soprattutto l'amore qualcosa che non esiste.

Oggi Andrea è solo e in quella casa grande cerca di ripercorrere la sua esistenza e soprattutto di trovare il suo nuovo posto in questa nuova vita, anche perché finora non è stata proprio così tenera con lui.

Di Susanna Tamaro avevo letto solo “Va dove ti porta il cuore”, ma ero così giovane che posso dire di “scoprire” un'autrice nuova. Leggendo il titolo ci si aspetta una storia d'amore, anzi una grande storia d'amore ma se devo essere sincera, la Tamaro ha scritto una storia dura che va ad affrontare i problemi reali della vita.

All'inizio mi sono sentita una semplice spettatrice, leggevo della vita di questo capitano ma non riuscivo ad andare oltre. Il romanzo per gran parte l'ho trovato poco empatico, distante, pur trattando di argomenti importanti. Mancava quel qualcosa che solitamente tocca le corde del lettore e poi quando avevo ormai perso la speranza, senza rendermene conto mi sono ritrovata con gli occhi lucidi, ma ce ne è voluto di tempo!

Un romanzo che pur avendo come protagonista un uomo consiglierei decisamente ad un pubblico femminile appassionato di drammi e storie d'amore. La lettura scorre velocemente e spesso ho trovato parti a cui io decisamente avrei dedicato meno tempo ed altre invece “volate” che secondo me avevano bisogno di un approfondimento.

Lo consiglio a chi vuole una lettura scorrevole ma non sempliciotta ma allo stesso tempo non è “grande” letteratura.

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Narrativa per ragazzi
 
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4.3
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4.0
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5.0
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Belmi Opinione inserita da Belmi    01 Ottobre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Per insegnare a leggere

""E allora perché ci tagliano i pollici se impariamo a leggere... se è tutto qui?" "Perché se noi conosciamo le cose, per loro non è bene. Se conosciamo le cose iniziamo a volerle, e se iniziamo a volerle per loro non è bene. Temono che poi vogliamo quello che hanno loro"".

Sarny ha dodici anni ed ha la pelle nera, in un momento in cui nel Sud se hai la pelle nera sei schiavo. Non ancora diventata "grande" al momento non deve andare a lavorare nei campi e si occupa dei bambini più piccoli.

Un giorno nella loro tenuta arriva John, un uomo con una missione.

"John della notte" è una lettura per ragazzi consigliata dai dodici anni, l'ho letto perché non sono molti i libri che affrontano così direttamente la vita degli schiavi con le relative punizioni. In questo libro, scritto in maniera semplice, non si cela niente e per i ragazzi più sensibili, anche se è bene fargli capire quanto sono fortunati, aspetterei ancora qualche anno; per chi invece volesse aprire loro gli occhi subito su un tema così importante, senza "indorare" la pillola, questo è il libro che fa per voi.

Il messaggio del libro è davvero molto bello e lo stile dell'autore è diretto ma adatto al pubblico a cui è destinato.

"Arriva a notte fonda, quando la luna è bassa e le stelle sono nascoste dietro le nuvole. A notte fonda, quando non è più ieri e sembra che domani non debba mai arrivare...è allora che lui arriva".

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Romanzi
 
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3.5
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5.0
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3.0
Belmi Opinione inserita da Belmi    25 Settembre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Un uomo si affaccia sul suo passato

"Finalmente, grazie a un codice segreto riesci a decifrare ciò che hai vissuto immerso nel caos, senza capire bene... Un tragitto in auto, di notte, a fari spenti, e per quanto tu stessi con la fronte appiccicata al finestrino, non avevi nessun punto di riferimento. E chissà poi se davvero ti chiedevi quale fosse la meta del viaggio? Vent'anni dopo percorri la stessa strada, di giorno, e finalmente vedi tutti i particolari del paesaggio. Ma a che scopo? E' troppo tardi, non c'è più nessuno".

Un uomo, un taccuino e dei ricordi su cui riflettere. Spesso viviamo dei momenti nella nostra vita che ripensandoci in seguito restano un pò sbiatidi, ma poi succede quella cosa che riaccende il tutto e i tasselli cercano di tornare al proprio posto e quelle sfumature diventano più nitide.

Modiano fa questo con il suo protagonista, ci perdiamo in una Parigi meno conosciuta ma forse per questo più "vissuta".

Se la trama spesso mi ha lascita un pò perplessa o persa anch'io nella nebbia del protagonista, quello che invece mi ha reso sempre lucida è lo stile dell'autore, su quello non si discute, Modiano sa scrivere e lo fa anche bene.

Un libro con una trama insolita, letto in un pomeriggio, che ti lascia con la consapevolezza di non aver letto qualcosa di memorabile ma al contempo sei felice di averlo fatto.

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Gialli, Thriller, Horror
 
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
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Belmi Opinione inserita da Belmi    20 Settembre, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Guerrieri convince ancora

Terzo capitolo con protagonista l'avvocato Guerrieri e terza conferma per quanto mi riguarda.

Siamo sempre a Bari e questa volta il passato e il presente del nostro protagonista si intrecciano. Guerrieri viene chiamato per difendere un uomo accusato di aver trasportato 40 kg di droga dal Montenegro all'Italia. L'indiziato si dichiara innocente ma al primo incontro con Guerrieri, sono altre le emozioni che si svegliano nel nostro caro avvocato.

Per lui Fabio Paolicelli è Fabio Raybàn, un viso che ha segnato l'infanzia del nostro Guerrieri e non in positivo. Riuscirà a difendere una persona che lui in prima persona non reputa degno di difesa? Ma soprattutto perché ha scelto proprio lui?

""Di lei si dice che non ha paura".
"In che senso?".
"Si dice che non si tira indietro, se è per una cosa giusta. Si dice che lei è una persona per bene".
Sentii un leggero formicolio, sul cuoio capelluto e poi lungo la schiena.
"E si dice che lei è molto bravo".

Ho trovato questo terzo capitolo al momento il migliore dei tre, il libro scorre velocemente e rispetto agli altri sono meno i "punti morti" o comunque io li ho sentiti meno. La lettura come dicevo è stata fluida e l'ho trovato decisamente diverso dagli altri due capitoli, come se ci fosse stata una svolta o una crescita dell'autore.

Un libro quindi che consiglio; ogni volta Carofiglio ci insegna qualcosina in più sul mondo legale e su tutto quello che ci gira intorno. Per una inesperta come me questo mondo raccontato da chi l'ha realmente vissuto ha il suo fascino.

Anche se ogni libro racconta un caso a sè, consiglio la lettura in ordine di uscita perché all'interno del libro si sviluppano delle dinamiche e si conoscono dei personaggi che capitolo dopo capitolo aumentano di spessore e sarebbe un peccato perdersi gli inizi.

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Settembre, 2020
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Io credo che lei non sia come crediamo

Siamo a Parigi, in un elegante palazzo dove risiede l'alta borghesia. Sono tutte persone che vivono di apparenza e di schemi già prefissati. In questo palazzo però vivono anche due persone che pur di riuscire a passare inosservate si nascondono, prima fra tutti troviamo madame Michel, la portinaia:

“Come sempre, mi salva l'incapacità del genere umano di credere a ciò che manda in frantumi gli schemi di abitudini mentali meschine. Una portinaia non legge L'ideologia tedesca e di conseguenza non sarebbe affatto in grado di citare l'undicesima tesi su Feuerbach.”

Ma Renée non è la sola, in quel palazzo vive anche una ragazzina di dodici anni, il suo nome è Paloma:

“Si dà il caso che io sia molto intelligente. Di un'intelligenza addirittura eccezionale. Già rispetto ai ragazzi della mia età c'è un abisso. Siccome però non mi va di farmi notare, e siccome nelle famiglie dove l'intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace, a scuola cerco di ridurre le mie prestazioni, ma anche facendo così sono sempre la prima della classe.”

Due persone con indosso due maschere che a un certo punto dovranno decidere se mettersi in gioco oppure continuare a nascondersi.

“L'eleganza del riccio” è molto particolare, ho deciso di leggerlo perché è un libro che solitamente divide i lettori, o viene amato oppure odiato. Lo stile è insolito e le pagine si alternano fra le impressioni della portinaia e di Paloma, spesso anche con digressioni che possono un po' annoiare il lettore, ma il messaggio che vuole mandare l'autrice è importante. Tante persone vivono in incognito perché non vogliono mostrarsi e uscire dagli schemi in cui la vita li ha classificati. Ho apprezzato molto anche le interazioni fra i vari personaggi, in particolare Manuela e Ozu.

Sono decisamente combattuta, lo stile non mi ha colpito particolarmente, ma questo è uno dei casi in cui il contenuto e il messaggio riescono anche a far digerire una scrittura non proprio eccellente.

“Madame Michel ha l'eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Settembre, 2020
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Me lo dai un bacetto?

"Si era fatta incapace di pensare al futuro. La sua mente si restringeva all'oggi, fra l'ora della levata mattutina e il coprifuoco. E (dalle tante paure che già portava innate) ora non temeva più niente. I decreti razziali, le ordinanze intimidatorie e le notizie pubbliche le facevano l'effetto di parassiti ronzanti che le svolazzavano d'intorno in un gran vento falotico, senza attaccarla. Che Roma fosse tutta minata, e domani crollasse, la lasciava indifferente, quasi un ricordo già remoto della Storia antica o un'eclissi di luna nello spazio. L'unica minaccia per l'universo si rappresentava, a lei, nella visione recente del figlioletto che aveva lasciato a dormire, ridotto a un peso così irrisorio da non disegnare quasi rilievo sotto il lenzuolo".

Siamo a Roma, prima, durante e dopo la guerra, e seguiamo le vicende di Ida e di tutte quelle persone che gravitano intorno a lei. La storia tutti noi, chi più chi meno, a scuola l'abbiamo sicuramente studiata, ma quella che racconta la Morante è la Storia vissuta. Una Storia che parla di privazioni, di paura, di ingiustizia, di cuore che batte al primo passo, di sorrisi, di solidarietà ma anche di tanta cattiveria.

La Morante con mano ci accompagna all'interno dei ghetti, nelle stanze degli sfollati, nelle vie e nelle osterie, dove solo al presente si può pensare perché il domani non è un lusso per tutti.

I suoi protagonisti diventano così tangibili da essere non più solo persone "sulla carta"; l'autrice ha il dono di lasciare nei nostri cuori anche quelle comparse che in oltre seicento pagine lasciano solo piccole scie, ma indelebili. Alla fine della lettura non ci sentiremo solo abbandonati da Ida, Useppe e Nino, ma saranno tanti i nomi a cui la mente tornerà e che oltre a far parte della Storia diventeranno presenti anche nei nostri pensieri.

Un libro memorabile, che vorresti finire per la crudeltà e il dolore che leggiamo, ma che appena finito ti lascia quella sensazione di vuoto e malinconia che solo i grandi libri hanno il potere di fare. Lo consiglio, le prime duecento pagina partono un pò al rilento, ma non diffidate, anzi affidatevi alla Morante.

""Questi ultimi anni", ragionò con voce opaca, ridacchiando, "sono stati la peggiore oscenità di tutta la Storia. La Storia, si capisce, è tutta un'oscenità fino dal principio, però anni osceni come questi non ce n'erano mai stati".

Buona lettura!!!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Agosto, 2020
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Caro Perdu

"Caro Perdu, che mi sei vicino e lontano come lo sono i sogni più lucidi e ariosi".

Dacia Maraini in gioventù ha perso un bambino al settimo mese di gravidanza e l'autrice, come qualsiasi donna al suo posto, ne è rimasta molto turbata:

"Mi hanno salvata, contro la mia volontà, e quello strappo non l'ho mai dimenticato".

"Corpo felice" è un dialogo immaginario fra l'autrice e il figlio mai nato, chiamato da lei Perdu. Un viaggio lungo in cui Perdu cresce e porta avanti la sua vita, una vita fatta di ostacoli, di decisioni da prendere, di cose da imparare.

Dacia Maraini punta soprattutto a spiegare al figlio perduto l'importanza della donna e lo fa con esempi davvero interessanti.

La biografia che si trova alla fine del libro, offre degni spunti validi sulle letture relative alle donne.

Un testo che punta a far riflettere, diretto e semplice da comprendere. Una lettura piacevole ma che non resta incisiva, almeno per me che dell'argomento ho già una buona conoscenza.

"Mi chiedi cosa intendo per corpo felice. Be' un corpo fertile, capace di partorire figli, ma anche pensieri e desideri, progetti e sogni".

Buona lettura.

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Belmi Opinione inserita da Belmi    22 Agosto, 2020
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Sarebbe stata lei a pagare i conti di tutto

Siamo negli anni Trenta in Spagna, Aloma abita con il fratello, la cognata e il nipote in una villetta con giardino. La sua vita scorre piatta e monotona, solo il nipotino e il giardino riescono a smuovere qualcosa dentro di lei.

Un giorno però arriva la novità, il fratello della cognata che viene dall'America, sarà loro ospite per qualche giorno.

Aloma è una ragazza che vive nel suo mondo, un mondo adolescente ma presto anche lei dovrà scontrarsi con le difficoltà e i cambiamenti della vita e dimostrare che dentro di lei c'è una vera donna.

Povertà, inganni, disillusioni e tanta malinconia riempiono le pagine di questo libro. La Rodoreda con la sua scrittura elegante ci fa seguire il cambiamento di Aloma.

Pur essendo uno degli scritti "giovani" dell'autrice, all'interno già ritroviamo diversi elementi apprezzabili anche nelle sue opere future.
Aleggia quella malinconia che solo una grande scrittrice come lei riesce a non rendere noiosa ma anzi ci fa partecipare alle emozioni della sua giovane protagonista.

Lo consiglio, come consiglio anche gli altri libri di questa autrice purtroppo non molto conosciuta.

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Agosto, 2020
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Una mamma viva

Arturo è nato e cresciuto a Procida, nella casa dei guaglioni, una casa in cui le donne non sono ben accette, solo la sua povera mamma ha avuto accesso alla casa dopo il matrimonio, ma alla nascita di Arturo non è sopravvissuta al parto.

Così il piccolo Arturo cresce con la sua balia anzi il suo "balio" e con un padre che è più assente che presente. Il suo universo è solo composto da figure maschili e a lui fin dall'infanzia gli è stato insegnato che le donne:

"Erano degli esseri piccoli, non potevamo mai crescere quanto un uomo, e passavano la vita rinchiuse dentro camere e stanzette: per questo erano così pallide. Tutte infagottate nei loro grembiuli, gonne e sottane, in cui dovevano tener sempre nascosto, per legge, il loro corpo misterioso, esse mi parevano figure goffe, quasi informi. Erano sempre affaccendate, sfuggenti, si vergognavano di se stesse, forse perché erano così brutte".

L'universo di Arturo subirà un brusco cambiamento con l'arrivo della nuova moglie del padre, Nunziatella, che in quella casa ostile cercherà di trovare il suo posto.

"L'isola di Arturo" mi sentirei di definirlo un romanzo di formazione, l'inizio è molto lento e non si riesce subito a percepire l'intento e il il messaggio che l'autrice vuol mandare, ma superata la prima parte, la storia diventa molto intensa e densa di significato.

Il ruolo della donna e della madre sono visti nella loro presenza e assenza. Elsa Morante crea un romanzo molto profondo che va ad affrontare tante tematiche personali, mostra i pregiudizi della gente e come gli eventi dell'infanzia possano influenzare la vita di una persona. Cresciamo con Arturo e con lui affrontiamo le sue sfide e le sue evoluzioni, ma nel mio cuore è rimasta soprattutto Nunziatella, il cui unico errore è stato quello di credere in una fede che non permette cambi di rotta.

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    05 Agosto, 2020
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Sta diventando grande in fretta

Aaron ha diciotto anni, è croato ma vive da sempre in Inghilterra e lavora in una gelateria. È un ragazzo semplice con un amore solo virtuale. Vive con la madre, una donna molto cupa con crisi depressive molto frequenti.

Un giorno arriva a casa una lettera, Aaron ne è il destinatario, suo padre che non ha mai conosciuto e credeva già morto gli ha lasciato un'eredità, l'unico modo per poter sapere di cosa si tratta è quello di raggiungere Zagabria in treno.

Nicola Lecca ci presenta un protagonista veramente ingenuo ma che grazie alle sfide della vita inizia a creare la sua personalità.

“Gli disse: “Per una gazzella cadere è disastroso. Se la gazzella cade il leone non la perdona. La sbrana: e se la mangia. Per noi no. Per noi essere umani, nella maggior parte dei casi, l'errore è addirittura vitale: perché ci consente di migliorarci””.

Saranno davvero molti gli incontri che Aaron farà, alcuni metteranno a nudo la sua poca esperienza, altri il suo animo semplice e buono e se all'inizio pensa che tutto il mondo sia buono, poi arriva anche lui a capire come destreggiarsi in questa “giungla”.

Un libro semplice e carino, ideale per una lettura estiva ma personalmente niente di più.

“Perché è così che la vita è architettata. Basta un barattolo di trippa scelto male fra quelli esposti in un supermercato, basta comprare un biglietto di prima classe sul treno sbagliato: basta nulla, insomma, per stravolgere ogni cosa e ricordarci che, in fondo, siamo tutti equilibristi da circo: acrobati inconsapevoli che, a fatica, camminano sul filo del destino, lungo il corso dell'abisso.”

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Luglio, 2020
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Il telefono del vento

Yui è una donna a cui lo tsunami del 2011 ha portato via tutto; Takeshi è un uomo a cui una malattia ha portato via la moglie e ha reso muta la piccola figlia. Due vite, due anime, che decidono di intraprendere un viaggio la cui destinazione è Bell Gardia, un luogo magico in cui è possibile, in un giardino, parlare attraverso un telefono non collegato, con le voci del vento.

Posso confermare che la cabina esiste davvero e si possono trovare su internet varie foto, sia del giardino che di questa suggestiva cabina. Quanti di noi vorrebbero ancora parlare con quelle anime che hanno riempito la propria vita?

La storia è veramente molto bella, però quello che arriva è l'immaturità della penna della scrittrice. Ho percepito l'amore che l'autrice ha per il Giappone e per le sue tradizioni, ma tutto il sentimento che una storia del genere avrebbe dovuto suscitare non è arrivato. Sono sempre rimasta in superficie, sono stata attenta ma distaccata, le loro emozioni (e credetemi sono molte) non sono arrivate. Sono sicura che con uno stile più intenso avrei davvero avuto difficoltà a trattenere le lacrime.

La storia come dicevo è bella, affronta temi davvero molto importanti ma non va oltre, non tocca quelle corde del cuore che invece ci si aspetta da romanzi di questa portata. Posso fare i complimenti per l'idea e per avermi fatto conoscere un mondo per me nuovo, ma spero che con il tempo l'autrice riesca a diventare più empatica.

Quindi a voi la scelta se leggerlo o meno, sul tema nulla da ridere ma quello che manca offusca anche questo.

Buona lettura!

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Racconti
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    22 Luglio, 2020
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La mia solitudine di fronte a lui

Simone de Beauvoir è conosciuta come una delle maggiori esponenti del femminismo, il suo libro più famoso è sicuramente “Il secondo sesso”, qui invece si presenza con tre racconti, uno più forte dell'altro.

Gli argomenti scelti dall'autrice sono ben mirati e colpiscono sicuramente l'animo femminile. Abbiamo una moglie, una madre e una donna.

Il primo racconto, che dà il titolo anche al libro, è “Una donna spezzata”, l'ho letto in un periodo di tranquillità psicologica e ne sono comunque rimasta davvero turbata. Monique è una moglie che ha dedicato la sua intera vita al marito e alle figlie; un giorno scopre che il marito ha un'amante:

“Ma che cosa significa la parola “esigere” dopo tutta una vita di amore, di comprensione assoluta? Non ho mai chiesto niente per me che lui non volesse anche per sé.”

Monique è in una fase particolare della sua vita e per questo inizia a scrivere un diario e proprio sotto questa forma che ci arriva il racconto; conosciamo solo la sua “campana”, ma le emozioni che suscita e il dolore che sente la protagonista contagiano anche il lettore. Come dicevo, questo racconto segna e fa molto riflettere e credo proprio che fosse questo l'obiettivo dell'autrice.

Il secondo racconto tocca un altro argomento delicato, il rapporto fra madre e figlio e soprattutto quando quest'ultimo cresciuto sempre seguendo le idee della madre decide un giorno di cambiare rotta. Noi viviamo tutte le emozione che la madre prova e anche se meno toccante del primo, anche questo racconto fa davvero tanto riflettere.

Infine, l'ultimo è un monologo, una donna abbandonata decide di ripercorrere la sua vita fino a quel momento, non sarà facile leggere questo brano, la Beauvoir scrive di getto evitando la punteggiatura, troviamo i punti ma il resto della punteggiatura è davvero minino. Cosa può ridurre in tale stato una donna? Il suo sarà un monologo di vendetta.

Questo libro mi ha veramente colpita e mi ha fatto riflettere, anche a distanza di mesi il turbamento, in particolare per il primo racconto, ancora rimane. Diretto e spietato è lo stile che ci accompagna. Una lettura che consiglio ma che sconsiglio a chi è già un po' crisi, la Beauvoir potrebbe darvi il colpo di grazia!

“Il telefono non ravvicina, anzi, conferma le distanze. Non si è in due come in una conversazione, poiché non ci si vede. E non si è nemmeno soli come davanti a un foglio di carta che permette, mentre si parla all'altro, di parlare a se stessi, di cercare di trovare la verità.”

Buona lettura!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Luglio, 2020
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L'arte della cedevolezza

Dopo la sensazione di piacevolezza che mi aveva lasciato il primo libro dell'avvocato Guerrieri, gli ho voluto dare fiducia e così ho letto anche il secondo capitolo della serie.

Ormai l'avvocato con tutte le sue "peculiarità" diventa sempre più "familiare", ed è qualcuno a cui è facile affezionarsi.

Questa volta il caso che gli si presenta è davvero tosto, una ragazza vuole denunciare l'ex convivente, accusandolo di maltrattamenti e di essere uno stalker, quest'ultima un'arte che l'imputato riesce a fare bene senza farsi beccare e soprattutto con la consapevolezza di uscirne pulito perché lui è uno di quelli che "nessuno avrebbe avuto il coraggio di toccare".

Ma l'avvocato Guerrieri è uno che non si tira indietro e l'incontro con la suora Claudia renderanno queste pagine davvero interessanti.

Gli argomenti trattati sono davvero forti e toccano da vicino l'universo femminile. La violenza fisica e soprattutto psicologica sono elementi che condizionano la vita di molte donne tutti i giorni e Carofiglio ce ne racconta anche il risvolto processuale, in cui spesso la vittima viene trattata alla stregua di una pazza visionaria.

Carofiglio ha il dono di rendere comprensibili le dinamiche giuridiche anche ai meno esperti e di permettere al lettore di capire tante cose che spesso possono sfuggire a chi del mestiere non è.

Anche questo secondo capitolo mi ha soddisfatta, caro Guerrieri, alla prossima avventura, non mancherò di leggerla!

Buona lettura!

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Racconti
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    09 Luglio, 2020
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Ovunque mi trovo, sono a casa mia

Jean Claude Izzo è morto nel 2000, a soli 55 anni, e con la sua morte ha lasciato un grande vuoto per i suoi lettori. La sua produzione non è così ampia e per una appassionata come me dell'autore, direi minima.

Convinta di aver letto ormai tutto di lui mi sono ritrovata questo piccolo opuscolo fra le mani. L'introduzione è di Massimo Carlotto e poi troviamo tutta una serie di piccoli racconti, il problema del Libro? È troppo corto. Comunque tralasciando la lunghezza dell'opera ho respirato grazie a Izzo ancora una volta l'aria della sua Marsiglia.

Ci sono anche due racconti legati a Montale, ma la vera protagonista indiscussa è la sua città. Izzo ci porta fra i suoi vicoli, ci fa annusare i suoi sapori, ci racconta tutti i modi migliore per apprezzarla e viverla e soprattutto ci trasporta nei suoi ricordi e lo fa sempre in maniera poetica.

Consiglio la lettura di questo libretto principalmente a chi già conosce l'autore attraverso le altre opere. In poche ore sarete andati e tornati da Marsiglia.

Buona lettura.

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Classici
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    02 Luglio, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Non il miglior Turgenev

Quando si pensa ad un nido, almeno nel mio caso, l'immagine è confortante, una casa a cui si vuol sempre far ritorno, ma qui non parliamo di un nido qualsiasi ma di un nido di nobili.

Fjodor Lavrètskij è il protagonista di questo libro, un nobile cresciuto in un ambiente un po' particolare, con un padre con idee tutte sue, una zia tirannica e una madre debole; tutto questo ha condizionato la sua vita:

“Disgraziato il cuore che nella fanciullezza non ha potuto amare”.

Il libro inizia con il suo ritorno in Russia dopo che ha scoperto l'infedeltà della moglie, qui spera di ritrovare un po' di pace. Non sono molti i personaggi di questa storia ma sono ben caratterizzati. Troviamo la pura Liza, sua madre che rappresenta bene il ruolo della signora russa, l'egocentrico Pànscin, la furba e opportunista Varvàra, in lei ho ritrovato molto della Principessa Hélène di Guerra e pace ed infine lo sfortunato Lemm, insegnante di musica, questa frase spiega molto di lui:

“Colui che è stato sfortunato, anche da lontano riconosce un altro sfortunato, ma quando è vecchio, difficilmente simpatizzerà con lui; e questo è logico perché con l'altro nulla potrà dividere, nemmeno la speranza”.

Il libro si legge velocemente, ma se Turgenev da una parte caratterizza bene i suoi protagonisti, dall'altra poco indaga l'aspetto interiore. Rimaniamo sempre in superficie, forse anche un po' troppo.

Turgenev è uno dei miei autori russi preferiti, ma siamo ben lontani da “Memorie di un cacciatore” o dal “Primo amore”. Decisamente sotto tono e anche se nel romanzo vengono rappresentate alcune delle “tipicità” della narrazione russa, consiglio, a chi volesse cominciare la conoscenza di questo autore, altri testi.

Buona lettura.

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    25 Giugno, 2020
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La frontiera morta

Il giovane tenente Giovanni Drogo, fresco di nomina, parte per la sua prima destinazione dopo l'accademia. La meta è lontana dal suo paese e all'arrivo l'ansia si farà sentire perché lui è diretto alla Fortezza Bastiani:

“I muri nudi ed umidi, il silenzio, lo squallore delle luci: tutti là dentro parevano essersi dimenticati che in qualche parte del mondo esistevano fiori, donne ridenti, case allegre e ospitali. Tutto là dentro era una rinuncia, ma per chi, per quale misterioso bene?”

La Fortezza Bastiani è l'ultimo avamposto di confine, davanti a sé ha solo il deserto, un deserto che in passato si dice fosse dei Tartari, ma oggi si presenta come una vera frontiera morta o almeno questo è quello che pensano al comando, perché all'interno della fortezza il pensiero è un altro.

Drogo senza rendersene conto entrerà a far parte di questo sistema e soprattutto della mania che aleggia all'interno della fortezza.

“I corvi nidificano e le rondini se ne vanno.”

Dino Buzzati crea un romanzo davvero particolare, che colpisce per cose che all'interno di altri romanzi non potresti apprezzare. Nel romanzo non succede praticamente niente, quasi inesistenti i colpi di scena e la trama procede piatta; ma sono questi per me i punti di forza del romanzo, non siamo distratti, siamo sempre concentrati e possiamo andare oltre le parole e gli eventi.

“A poco a poco la fiducia si affievoliva. Difficile è credere in una cosa quando si è soli, e non se ne può parlare con alcuno. Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre, il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.”

Un romanzo riflessivo, non adatto a tutti e sicuramente incisivo.

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Fantascienza
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    16 Giugno, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Vagabondi all'esterno, biblioteche dentro

Montag è un vigile del fuoco, il suo compito non è quello di spengere incendi ma di appiccarli, lui è un “Happiness Boys” e, come gli altri suoi compagni incendiari, ha fra i suoi principali compiti quello di liberarsi dei libri. Ma un incontro cambierà per sempre la sua vita e il suo modo di pensare:

“Egli portava la sua felicità come una maschera e quella ragazza se n'era andata per il prato con la maschera e non c'era modo di andare a battere alla sua porta per riaverla”.

Montag comincia a ragionare con la sua testa e a farsi delle domande:

““Tu non c'eri, stanotte, non l'hai veduta” riprese lui. “Ci dev'essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare, per convincere una donna a restare in una casa che brucia. È evidente!””.

Fahrenheit 451 è stato scritto nel 1953 ma lo trovo un libro decisamente attuale, specialmente in questa fase che stiamo vivendo. Bradbury mostra con uno stile particolare, come un mondo di persone uguali e poco pensanti possa essere più gestito e manipolato:

“Riempi loro i crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d'essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno”.

Questo libro si legge velocemente, è molto riflessivo e adatto a tutti, soprattutto ai ragazzi, evidenziando il fatto che spesso l'omologazione non premia ed essere se stessi e pensare con la propria testa è un primo passo per avere un mondo migliore.

Buona lettura!

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Romanzi
 
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Stile 
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Giugno, 2020
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Una serie promettente

Gianrico Carofiglio l'avevo già conosciuto con altre opere, poi ho scoperto che questo libro è stato il suo esordio e mi sono incuriosita. Qui ci viene presentato l'avvocato Guido Guerrieri e già dal primo libro direi che la serie è molto promettente.

“Ho ripensato spesso a questo fenomeno. Allora non lo capivo. Adesso forse sì.
Ci si affeziona al dolore, persino alla disperazione. Quando abbiamo sofferto moltissimo per una persona, il fatto che il dolore stia passando ci sgomenta. Perché crediamo significhi, una volta di più, che tutto, veramente tutto finisce.”

Guido Guerrieri è in un momento molto difficile della sua vita, la moglie l'ha lasciato dopo dieci anni e gli attacchi di panico e la depressione sono sempre più presenti. L'avvocato non ha stimoli e capisce che l'unico modo per uscirne fuori è affrontare tutte le sue colpe.

Grazie a una segretaria super efficiente riesce a mandare avanti la “baracca” e un giorno dalla porta del suo studio entra una bellissima donna di colore che gli chiede di aiutare il suo fidanzato che è in carcere, accusato di aver ucciso un bambino di nove anni. Questo e molti altri incontri aiuteranno l'avvocato a superare il momento difficile.

Solitamente sono abituata a leggere gialli in cui il protagonista è un commissario o comunque uno dell'accusa, questa volta invece mi sono ritrovata dalla parte della difesa. Il bagaglio “professionale” dell'autore si fa sentire e anche se l'inizio è un po' lento, il libro scorre, si legge bene e risulta molto piacevole.

Guerrieri è affascinate, ironico, a tratti simpatico e soprattutto tosto:

“Facevo queste riflessioni, su fumatori di pipa e giocatori di racchettoni, e pensai che forse stavo davvero meglio, se avevo recuperato un po' della mia sana intolleranza”.

Leggero, piacevole e istruttivo (sulle procedure di diritto penale).

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    04 Giugno, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Come animali cavati dalle tane

Già il titolo di Pasolini non promette bene e arrivati alla fine del libro l'autore chiude con un'avvertenza:

“...tuttavia vorrei che fosse ben chiaro al lettore che quanto ha letto in questo romanzo è nella sostanza, accaduto realmente e continua realmente a accadere.”

Siamo dopo la guerra, nella periferia di Roma esattamente a Pietralata detta:

“La Piccola Shangai, in fondo alla scesa fangosa con qualche fratta sventrata, non si distingueva nemmeno, tanto era grigia e disordinata, nel pantano.”

Il libro è diviso in capitoli che ripercorrono la vita di Tommaso e il gergo utilizzato è quello delle “borgate” ovvero un romano di periferia.

La vita di Tommaso e degli altri ragazzi come lui è davvero una vita violenta, spietata. Le emozioni che suscita il protagonista sono davvero forti e il suo tentativo di riscattarsi per avere una vita migliore, ha generato in me emozioni contrastanti viste le sue scelte. Se da una parte ho provato pena e sofferenza per questo “ragazzino”, dall'altra predomina la rabbia e l'ingiustizia.

““Io a bazzicà co' questi ce guadagno,” pensava tutto paonazzo Tommaso. “Ce guadagno anche de prestiggio! Che, vòi mette annà a pijà un caffè o annà a un cinema co' questi o cò quei ricottari? Questi, er più disgrazziato sta a panza ar sole, c'ha er padre dottore, avvocato, ingegnere: tutta gente che nun trema!””

Questi ragazzini nati e vissuti nella violenza la giustificano e la condividono e soprattutto non si fermano neanche davanti a quelli “messi peggio” di loro. La solidarietà non esiste e sono molti gli episodi che l'autore ha voluto mettere in risalto, non risparmiando neanche il ruolo delle forze dell'ordine.

Se Pasolini voleva rendere partecipe il lettore e sensibilizzarlo davanti a questa misera realtà, il libro ha veramente raggiunto l'obiettivo. Leggere in romano non è stato semplice, l'autore alla fine ha messo un piccolo glossario, ma devo precisare che leggere come si parla, ha reso il romanzo ancora più reale e molto più partecipativo.

Violento, ingiusto e drammatico, un libro difficile da dimenticare.

Buona lettura.

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Belmi Opinione inserita da Belmi    13 Mag, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Uno scrittore di balene

L'ignoranza è davvero una brutta bestia ed io questa volta ci sono cascata in pieno. Volevo leggere una bella avventura, avevo voglia di qualcosa che mi ricordasse la foresta di Salgari, oppure i fondali di Ventimila leghe sotto i mari, insomma qualcosa che mi facesse viaggiare con la fantasia e mi conducesse in una bella avventura. Come dicevo la mia ignoranza non ha limiti e quindi ho scelto Moby Dick convinta di imbarcarmi su un nave e partire alla caccia della famosa balena bianca con il capitano Achab.

Il problema è che l'inizio mi aveva dato ancora questa sensazione, Ismaele, narratore e marinaio sul Pequod mi aveva erroneamente convinta:

“Se fossi stato del tutto onesto con me stesso avrei letto molto chiaramente nel mio cuore che non ero per nulla entusiasta di essermi impegnato in quel modo, per un viaggio così lungo, senza aver poggiato nemmeno una volta gli occhi sull'uomo che, non appena la nave fosse uscita in mare aperto, doveva diventare il dittatore assoluto.”

Ma passate le prime cento pagine, davvero divertenti e avventurose, la difficoltà della lettura scelta si è subito palesata. Melville scrive un libro davvero molto particolare, ma più che un'avventura è un reportage su cosa si faceva e su come si viveva su una baleniera. Si scopriranno un sacco di curiosità sui ramponieri, su come si arrivava al prezioso olio di balena, sulla disciplina e su tanti altri piccoli dettagli della vita in mare al tempo.

Ma se vi aspettate un'avventura oppure una caccia senza fine alla balena bianca..questo non è il libro per voi. Arrivare alla fine è stato veramente difficile per la ripetitività delle azioni e per la noia che ogni tanto affiorava durante la lettura.

Lo stile inoltre non è semplice, tantissimi termini tecnici e parole non adatte ad un lettore troppo giovane e i continui paragoni con scene della Bibbia rendono spesso la lettura non scorrevole.

In conclusione Moby Dick è un libro profondo, dove si trova la contrapposizione fra il bene e il male, dove l'ossessione supera la ragione e dove chiunque può trovare tutte le informazioni sulla caccia alla balena del tempo. Non posso dire niente sullo stile e sull'argomento trattato, ma posso dire molto sulla piacevolezza; questo libro non mi è piaciuto, ho faticato a leggerlo e consiglio la lettura solo ai veri appassionati.

Una cosa su cui concordo: “L'anima non si può nascondere”.

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    06 Mag, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Anche la verità, dopo un po', muore

Dario Corbo è un giornalista al momento disoccupato e la sua vita sta andando alla deriva perché un giorno invece di abbassare la testa si è ribellato, forse anche troppo. Quando crede che ormai le possibilità per “riabilitarsi” siano finite, arriva la sua occasione, rioccuparsi di un caso di molti anni prima, quando era alle sue prime armi, un caso che lo vede fra i principali protagonisti di allora.

Il libro parte in maniera lenta e si porta dietro questa lentezza per un centinaio di pagine; la narrazione poi diventa più avvincente e le pagine iniziano a scorrere più rapidamente ma arrivati alla fine la delusione non è poca.

Simi con il suo romanzo non mi ha convinta molto, sono stata più volte tentata di lasciarlo ma la parte centrale mi aveva fatto sperare in ben altro, arrivata alla fine non posso pienamente sentirmi soddisfatta di quello che ho letto.

Consigliarlo? Non saprei, sotto l'ombrello può anche andare, per il resto un po' meno.

Buona lettura.

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Belmi Opinione inserita da Belmi    30 Aprile, 2020
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I veri guerrieri sono il tempo e la pazienza

Quando incontri un non lettore, una delle prime cose che ti domanda è se hai letto “Delitto e castigo” e “Guerra e pace”, perché per “loro” il vero lettore deve averli letti altrimenti che lettore è, visto che i due libri sono ben conosciuti come due “mattoni”. A queste persone solitamente mi astengo dal rispondere, ma ora posso rispondere che l'ho fatto e che mi sento la lettrice di prima perché per me non sono stati una fatica ma un arricchimento, queste due letture.

“Guerra e pace” racconta il periodo di dominio di Napoleone e le sue guerre e come questo abbia influenzato la Russia e soprattutto la popolazione russa:

“”Dieu me la donne, gare à qui la touche!” - disse ripetendo le parole pronunziate da Bonaparte durante l'incoronazione.”

L'inizio è molto problematico perché i personaggi sono veramente tanti senza considerare il problema dei nomi russi e dei nomignoli russi (spesso si parla della solita persona ma i nomi sono diversi). Dopo esser riuscita a capirne le dinamiche, entrare nella storia è stato semplice e subito mi sono resa conto che i protagonisti hanno personalità davvero diverse, alcune delle quali rappresentano “le caratteristiche russe” già ritrovate in altri romanzi.

Il narratore oltre a raccontare le vicende dei suoi innumerevoli protagonisti si espone più volte anche in prima persona, mettendo molto di sé nell'analisi degli avvenimenti:

“Tutta questa strana, incomprensibile contraddizione tra i fatti e la descrizione della storia, deriva semplicemente da questo che gli storici che hanno scritto su tale avvenimento hanno narrato la storia dei buoni sentimenti e delle belle parole dei diversi generali, ma non la storia degli avvenimenti veri e propri.”

Quando penso allo stile di Tolstoj la prima cosa che mi viene in mente è l'eleganza, uno scrittore che lo si potrebbe definire anche un poeta:

“Essa non lo sapeva, non lo avrebbe creduto, ma dallo strato di limo che le aveva avvolto l'animo e che a lei pareva impenetrabile, stavano già spuntando i primi, teneri fili dell'erba novella che doveva mettere radici e coprire con i suoi getti vitali tutto il dolore che era in lei e che presto nessuno avrebbe più visto e notato. La ferita si stava rimarginando dall'interno.”

Sarò sincera, leggere “Guerra e pace” non è stata una passeggiata, stiamo parlando di un libro che conta, almeno nella mia edizione (scritta molto piccola e con molti errori di battitura) ben 1200 pagine, con pagine interamente scritte in francese (personalmente non l'ho studiato a scuola ma posso assicurare che anche un buon conoscitore della lingua qualche difficoltà potrebbe trovarla, io per fortuna ho comprato un'edizione con la traduzione passo passo), con lunghe digressioni (sempre legate al lato spirituale e religioso dell'autore) e con la parte che affronta la pace molto più lenta della parte guerra. Ma posso anche dire che arrivati alla fine l'emozione che predomina in me è la tristezza, perché dopo aver passato tanti giorni in compagnia di un libro di questa “potenza” alla fine mi sono sentita come se un amico a cui mi ero particolarmente affezionata mi avesse abbandonato e so già che non sarà facile trovarne un altro di questo livello.

Quindi l'unica cosa che posso fare è consigliarlo, Tolstoj anche questa volta non ha deluso le mie aspettative.

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    22 Aprile, 2020
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Opera minore? Per me no.

“Umiliati e offesi” per molti è considerata un'opera minore del famoso russo conosciuto più per altri titoli che per questo, io personalmente ne sono rimasta piacevolmente colpita.

Come premessa posso dire di aver letto questo libro dopo “I fratelli Karamazov” e “Delitto e castigo”, considerate fra le opere più importanti dell'autore e forse questa scelta mi ha fatto apprezzare ancora di più l'opera.

Stiamo parlando di un libro che al tempo era uscito a puntate e pubblicato su una rivista; l'autore era appena tornato dalla Siberia e per tenere il pubblico incuriosito e pronto a comprare anche il numero successivo della pubblicazione ha creato una storia un po' “soap opera”, ricca di colpi di scena.

Il protagonista è lo scrittore “sfortunato” Vanja, l'autore si è molto ispirato alla sua esperienza personale per descriverlo. Come ogni soap che si rispetti c'è: l'amore non corrisposto, l'amore infantile, il rifiutato, l'amante, il cattivo, i litigi e chi più ne ha ne metta.

Quello che colpisce, oltre alle scelte dei vari personaggi in alcuni casi davvero incomprensibili, è il carattere e le varie interazioni che fra di loro avvengono. Quando parlo di soap opera, voglio ricordare che il titolo dell'opera è “Umiliati e offesi” e le lacrime, i rancori, i dolori e le ingiustizie non mancano, soprattutto se penso alla piccola Elena.

“Tutto quello che accade è molto comprensibile e resta nella memoria; si impara a capire che anche l'uomo più disgraziato, l'ultimo di tutti, è pur sempre un essere umano, un nostro fratello”.

Un Dostoevskij molto lontano dalla sua maturità ma che si fa apprezzare anche per questo. Il libro si legge bene e scorre velocemente e per chi avesse “paura” di avvicinarsi all'autore russo, questo potrebbe essere un buon punto di partenza.

Lo consiglio, sono rimasta incollata alle pagine per seguire la storia, io la rivista l'avrei comprata!

“Dicono che “un sazio non capisce un affamato”; io dirò, invece, Vanja, che non sempre un affamato capisce un altro affamato.”

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Politica e attualità
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    09 Aprile, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Una predica

Oriana Fallaci è a New York e sente dentro di sé una sensazione strana, prende il telecomando e accende la televisione e quello che vede le scatena una rabbia dentro che solo un foglio e una penna possono provare a stemperare.

L'America ha subito un attentato terroristico, siamo nel 2001 e dopo dieci anni la “fiorentina” non può più restare in silenzio.

Viene contattata dal Corriere della sera che le chiede un articolo, la sua rabbia è troppa e l'articolo verrà ridotto molto, ma come lei stessa ha detto “un urlo non si può pubblicare in due tempi”, all'articolo infatti seguirà la pubblicazione del testo integrale ovvero questo libro.

Ho letto altri libri della Fallaci, questo è davvero molto tosto, tutta la rabbia e l'orgoglio sono portati ai massimi livelli. È una donna arrabbiata perché “la gente è sorda” e con questo testo cerca di dare il suo contributo, la sua sveglia.

Non voglio entrare nel merito del libro, posso solo dire che il testo trasuda davvero tanta rabbia e se su alcune cose mi lascia un po' pensierosa, altre mi trovo a condividerle. Quello che si può dire dell'autrice è che è sempre stata una donna in prima linea e che non ha mai avuto paura di esternare le sue opinioni, questo ce lo dimostra anche il finale del libro:

“Stop. Quello che avevo da dire l'ho detto. La rabbia e l'orgoglio me l'hanno ordinato. La coscienza è pulita e l'età me l'hanno consentito. Ora basta. Punto e basta.”

Forte, diretto ed estremo.

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    04 Aprile, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

Perché lei ha voluto vedere

Cesare Annunziata è un uomo di settantasette anni che per tutta la vita ha sempre pensato solo a se stesso. Il suo stile di vita l'ha messo al riparo da molte cose precludendone però altre. Quando ormai la sua routine di uomo cinico scorreva tranquillamente è arrivato l'imprevisto:

““Perché ne sta parlando con me?”
“Perché lei ha voluto vedere. La maggior parte delle persone anche se ha un sospetto ti dedica uno sguardo compassionevole e si gira dall'altra parte.””

Cesare Annunziata si ritrova coinvolto in qualcosa che non si aspettava e tutta la sua vita si mette in gioco.

“Quando il dolore altrui si avvicina troppo, cominci anche tu ad avvertire una fitta”.

Lorenzo Marone ci porta nella sua Napoli e ci fa conoscere diverse persone davvero interessanti. Il suo protagonista è “il trasformista” Cesare che si trova in bella compagnia con la meravigliosa Rossana, la bellissima Emma, il tenero Marino, la particolare gattara e i suo figli che ci raccontano indirettamente tanto di lui e di come a qualsiasi età si può tentare di essere felice.

Lo stile di Marone non mi ha particolarmente entusiasmato, se da una parte l'ho trovato accessibile a tutti, dall'altra direi anche troppo. L'argomento trattato è molto interessante e reale, forse lo avrei preferito raccontato con uno stile meno “asciutto”; è bello essere diretti ma a volte ci vuole la giusta misura.

Un libro comunque piacevole, molto leggero e anche se il paragone non calza molto, in Cesare ho trovato un po' di Pereira di Tabucchi, ad entrambi è bastato un incontro particolare per rimettere in gioco la propria vita.

Buona lettura!

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Gialli, Thriller, Horror
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Marzo, 2020
Top 50 Opinionisti  -  

L'inizio della fine? O la fine della fine?

“Le cose sarebbero andate per un verso migliore se lei fosse vissuta. Ma è morta quand'ero bambino; e benché la colpa di tutto ciò che è accaduto sia solo mia, perdere lei fu come perdere l'unico punto di riferimento in grado di guidarmi verso un luogo più felice, verso un'esistenza più ricca di legami e più congeniale. La sua morte ha tracciato una linea di demarcazione tra il Prima e il Dopo.”

Theo è un ragazzino di tredici anni, la sua vita non è proprio tutta rose e fiori ma per lui quello che conta è la sua mamma. Andare a un museo e vedere “Il cardellino” di Fabritius è purtroppo l'ultima cosa che faranno insieme, da quel momento in poi la vita di Theo e del cardellino saranno legate per sempre, nel bene e nel male.

“Solo di rado mi soffermavo sulla catena alla caviglia del cardellino e pensavo a quanto fosse crudele la vita di quella creaturina il cui breve battito d'ali lo riportava sempre nello stesso identico punto, senza speranza.”

Saranno diversi i personaggi che troverete fra queste pagine ma lui resta il protagonista indiscusso nonché il narratore. Droga, ragazzi perduti, bugie, false speranze e molta solitudine sono alcuni dei temi trattati.

Donna Tartt mi aveva già conquistato con “Dio di illusioni” e ancora una volta il suo stile mi ha coinvolta e lasciata attaccata alle pagine anche se l'argomento trattato non è proprio nelle mie corde. Il libro può spaventare perché conta ben 892 pagine ma la suddivisione in capitoli aiuta molto e la rapidità con cui sono giunta alla fine mi ha sorpresa. A proposito della fine, la mia valutazione non arriva a cinque stelle proprio per l'ultima parte, forse un po' incoerente con il resto, anche se a fine lettura la sensazione è quella di aver letto un ottimo libro scritto da una grande scrittrice.

“Chi se ne frega, se è buono con te? Non ce n'è mai abbastanza di gentilezza nel mondo, no?”

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Romanzi autobiografici
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    28 Novembre, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

Sul momento

Secondo libro che leggo di Bussola e dopo “Notti in bianco, baci a colazione”, eccomi a leggere “La vita fino a te”. Come per l’altro libro anche questo è fatto di piccoli frammenti, ognuno con un suo titolo, divisi in quattro capitoli: Blu, Verde, Rosso e Bianco.

I piccoli frammenti trattano vari argomenti, tutti con protagonista l’autore e si alterna un passato più lontano a uno più prossimo.

Di quest’autore colpisce la sua spontaneità, la sua sincerità, la sua non paura di rivelarsi per quello che è senza mai nascondere il suo vero pensiero e soprattutto senza mai celare i suoi difetti, i suoi pregi, i suoi sbagli e l’amore che ha per la sua compagna e le sue figlie.

Il libro è veramente piacevole da leggere con quel giusto mix di ironia, sarcasmo e divertimento. Il problema, almeno nel mio caso, è che tutte queste qualità prima elencate, arrivano solo sul momento, finito il frammento, si passa a quello dopo e di quello appena letto rimane poco.

Quest’autore scrive veramente bene e mi piacerebbe vederlo dedicarsi a un romanzo. All’interno del libro, in un frammento, abbozza qualche pagina dedicata a un racconto e in poche pagine, mi ha veramente colpito e interessato. Riuscirà ad abbandonare per un po’ il mondo del fumetto per cimentarsi in un’opera più impegnativa?

In conclusione, Bussola scrive bene, molto bene, solo che le emozioni che suscita durano l’attimo di un post. Per chi volesse staccare e leggere qualcosa di leggero, in cui non si rischia mai di perdere il filo, posso dire che questo è il libro che fa per voi..per gli altri direi di no.

Vi lascio con questa frase:

“Sono rimasto sentendo che l’amore che resta può fondersi anche su quello che non torna, ma solo se permetti all’amore che non torna di essere la strada che ti porta verso l’amore che resta”.

Buona lettura

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    23 Novembre, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

Quando si partiva per tornare

Siamo in Calabria, in un paese arbëresh, e davanti al fuoco, in attesa della nascita del Bambinello, un padre decide che per il figlio, ormai ragazzo, è arrivato il momento di sentire le sue confessioni. Non sono più solo un padre e un figlio, ma due uomini con molto da dirsi.

Tullio è un emigrante, per far vivere bene la sua famiglia sacrifica la sua vita spaccandosi la schiena in
Francia, per poi tornare per le vacanze a casa, ogni volta che ritorna, per Marco e la sua famiglia è una grande festa, la festa del ritorno, accompagnata poi anche dalla ripartenza con il dolore e l’attesa del nuovo ritorno. Non è solo, sono molti i paesani che per dare un futuro alla famiglia decidono di emigrare e lavorare in Francia o in Germania o dovunque ci sia lavoro.

Per chi resta l’attesa è lunga e ognuno la vive alla propria maniera, ma quest’anno, durante la festa, qualcosa sta cambiando e mentre il padre racconta, Marco rivive quegli anni, anni in cui molte cose sono successe.

Carmine Abate ci porta nella sua terra e ne racconta le sue tradizioni. Gli uomini che partono e lavorano pensando alla famiglia a casa, le moglie che restano e nell’attesa preparano tutto quello che può rendere felice il marito lontano e crescono i figli e proprio loro, i figli, che vivono con dolore quella lontananza e che un domani ne capiranno l’importanza.

“La festa del ritorno” è un bel libro che racconta la storia di molte famiglie e lo scrittore lo fa con quella partecipazione che fa capire che anche lui in prima persona ha vissuto quel ritorno.

Lo stile è semplice ma coinvolgente, intervallato da termini in lingua autoctona che fanno capire quante peculiarità linguistiche abbiamo in Italia.

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    14 Novembre, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

La baita maledetta

Il protagonista di questo romanzo decide di omettere il suo nome, per quanto riguarda il resto invece, è molto quello che racconta di se, forse anche troppo.

Maledetto è il giorno in cui decide di ristrutturare la vecchia baita che si trova spersa nel bosco, ad attenderlo, nascoste nel muro, ci sono tre mummie, sicuramente di donne, con strani segni addosso scritti in una lingua incomprensibile. Quelle mummie diventeranno la sua ragione di vita e la sua ossessione, saranno le “sue donne”.

Nato in una famiglia maledetta, per tutta la vita il suo pallino fisso sarà l’odio nei confronti delle donne. Un odio che nasce e cresce fin da piccolo, circondato anche da familiari e amici misogini. Per il genere femminile non ci sono mai belle parole, solo pensieri orribili e atteggiamenti non proprio delicati, ma dove lui non riuscirà ad arrivare, ci penseranno gli altri a completare l’opera.

L’incontro con le tre mummie diventa un lungo viaggio, ricco di digressioni in cui il protagonista spesso perde il filo del discorso per immergersi in altri pensieri e altri dettagli che spesso stancano il lettore o che nel mio caso non reputo così fondamentali. Spesso diventa ripetitivo, in alcuni casi monotono con ripetizioni su ripetizioni, che in un romanzo di 280 pagine, tolgono molto alla trama. Una trama che mi chiedo ancora perché scriverla.

In quella natura incontaminata sono molte le cose che accadono, alcune non sappiamo se “fantasiose” oppure “influenzate” dall’uso continuo da parte del protagonista di alcol e belladonna.

Nella prefazione si parlava di un libro commovente, appassionante e intenso. Personalmente ho trovato questo libro pieno di odio nei confronti delle donne e del genere femminile in generale. Un libro che mi ha lasciato molto disgusto e un’immagine delle persone non buono. Tutto il bello che riguarda la natura, nel mio caso è passato in secondo piano anche perché leggere cose così orribili, fatte alle donne, mi ha tolto tutta la fantasia per il resto.

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Scienze umane
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    09 Novembre, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

Era un uomo che volevo

Gianna Schelotto oltre ad essere l’autrice di questo libro è anche una psicologa specializzata in terapia della coppia. Dal titolo si può ben capire l’argomento trattato ma per rendere l’idea uso le sue parole:

“Le donne che si raccontano in questo libro sono prigioniere degli inganni a se stesse e, “perversamente”, si condannano da sole alla compulsiva ripetizione di gesti sempre uguali… Si vuole un uomo non per amore, per simpatia o per attrazione sessuale, ma per convincersi di valere qualcosa. Un uomo dunque purché sia”.

Ho deciso di leggere questo libro perché incuriosita soprattutto dal titolo. Sono sette le storie raccontate, ognuna mostra come il problema è vissuto dalla protagonista, anche se alla fine il risultato è quasi sempre il solito. Quello che colpisce, è che tutte le protagoniste sono donne affermate, la cui ricerca affannata e direi disperata di un uomo mette a nudo il loro lato debole, spesso legato a un’infanzia difficile o comunque non vissuta bene.

L’autrice le definisce donne “girasole”, donne sempre alla continua ricerca di conferme che però alla fine si rovinano la vita.

Le storie vengono raccontate dalla protagoniste, tranne l’ultima in cui la voce narrante è un uomo che si è ritrovato con una donna “girasole” fra le mani. Alla fine di ogni storia c’è una parte in corsivo a cura dell’autrice, che mette in luce i dettagli “psicologici”.

Un libro interessante, che ti rende consapevole che di queste donne, almeno nel mio caso, ne hai incontrate diverse.

L’autrice conclude con una frase per me davvero azzeccata:

“Per uscire dal labirinto è necessario molto coraggio. Bisogna smettere di tendere trappole a se stesse”.

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    07 Novembre, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

Non sono perfetta neppure io

Sara Rattaro con “Andiamo a vedere il giorno”, torna a parlare della famiglia del precedente libro “Non volare via” letto da me diversi anni fa.

I nostri protagonisti sono cresciuti non solo “fisicamente” e la famiglia dopo la burrasca del precedente libro e anni di quiete si ritrova ancora in piena tempesta.

Se nell’altro libro la voce narrante era dell’adultero padre Alberto, questa volta la protagonista è Alice, la figlia che nel precedente libro aveva proprio beccato il padre con l’amante. Alice è una giovane donna che pur studiando e ancora molto giovane, si è sposata con il suo amore di una vita, Andrea.

“Ero lì. Io, la figlia perfetta, la moglie migliore, la sorella più affidabile” eppure il libro inizia con Alice appena lasciata dal marito e come in passato anche in questo caso, l’unica soluzione che trova è quella di fuggire, ma questa volta, mamma Sandra non la farà partire da sola anche per rimediare a delle mancanze che sente “Dalla nascita di Matteo, le nostre vite sono state stravolte e mi capita di pensare che il tempo dedicato ad Alice sia sempre stato troppo poco. Non avevo trascorso molti momenti da sola con mia figlia”.

Questo viaggio le farà crescere, unire e soprattutto riflettere e scoprire che alla fine non sono poi così diverse.

Sara Rattaro porta in questo libro il vero ruolo della famiglia. Ho apprezzato il suo non essere scontata e di rendere la perfezione poi non così perfetta. Alice da giudice si trova sul banco degli indagati e l’unica che può salvarla e “assolverla” è solo lei stessa.

Tutto si ripete ma non secondo gli schemi. L’unico che rimane sempre una spanna sopra gli altri è Matteo, sordomuto dalla nascita, che della sua famiglia ha veramente capito tutto, ma non la giudica, anzi la comprende e la ama fino in fondo.

Lo stile dell’autrice è molto semplice e comprensibile, il libro è diviso in piccoli capitoli in cui i punti di vista sono quelli dei vari componenti, anche se Alice è l’anello di congiunzione. La storia è riflessiva, io mi sono rivista nella vecchia Alice, quella inflessibile e convinta che certe cose non possano capitare a te, ma il vederla così fragile e in balia di se stessa mi ha fatto riflettere.

Non ho apprezzato in alcuni casi la brevità dei capitoli e soprattutto la parte in corsivo messa qua e là, per me invece che un ulteriore punto di riflessione era uno stacco dalla narrazione. Il finale poi è stato troppo breve, chissà se l’autrice ritornerà a parlare di questa famiglia speciale, sicuramente la voglia di sapere altro è rimasta.

Il libro si legge “in un soffio”, lo consiglio, anche se lo vedo più vicino a un pubblico femminile che maschile.

Buona lettura.

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Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Ottobre, 2018
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Spero non di questo

Un titolo così non poteva non attirare un’inguaribile romantica come me, inoltre avevo sentito parlare di questo autore conosciuto per le “short story”.

Il libro è composto da diciassette racconti basati, secondo l’autore, sull’amore, io ne ho qualche dubbio. L’amore ha davvero tante sfaccettature, ma l’autore ne ha veramente preso il peggio.

Da apprezzare il suo stile essenziale e minimalista, che con poche pagine ti fa entrare nella storia e ti lascia lì in sospeso a crearti il tuo personale finale con i pochi elementi di cui disponi.

Un libro questo che si può scegliere di leggere per avvicinarsi a questo stile particolare, non certo per come l’argomento è trattato.

Buona lettura.

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    29 Agosto, 2018
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La ragazza dei colombi

“Con il taglio della mano mi diede un colpo sul ginocchio che mi fece andare la gamba in aria per la sorpresa e mi disse che se volevo essere sua moglie dovevo cominciare a trovare bello tutto quel che a lui sembrava bello. Mi fece una lunga predica sull’uomo e sulla donna e i diritti dell’uno e i diritti dell’altra, e quando mi riuscì di interromperlo gli chiesi:
“E se una cosa proprio non mi piace?”
“Ti deve piacere, perché tu non capisci niente””.

Mercè Rodoreda ci riporta a Barcellona, precisamente nella Piazza del Diamante, dove tutto ha inizio.
Natàlia, ma per molti Colombetta, è la protagonista di questo romanzo, una ragazza, poi donna, in balia delle emozioni che non riesce a esternare, e per questo la sua vita è condizionata dalle scelte degli altri.

Amata dalla madre, alla sua morte cercherà di ritrovare quel calore che gli manca. Un marito autoritario, un padre assente, la guerra e soprattutto i colombi, metteranno a dura prova la semplice e ingenua ragazza.

“Mi costò fatica rialzare la testa, ma a poco a poco tornavo alla vita dopo aver vissuto nel fosso della morte”.

Dopo Cecilia di “Via delle Camelie” anche Natàlia mi ha conquistato. La sua ingenuità insieme alla scelta dell’autrice di utilizzare un linguaggio molto semplice, rendono questo libro un piccolo capolavoro. A differenza di “Via delle Camelie”, qui la guerra è più presente.

Per concludere, oltre a consigliarlo, voglio riportare le parole che ho trovato nella nota di lettura a cura di Sandra Cisneros che secondo me rispecchiano l’autrice:

“Mercè Rodoreda scrive di sentimenti, di personaggi così impietriti o sopraffatti dagli eventi da non avere nient’altro che le emozioni per comunicare”.

Buona lettura!!!

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Via delle Camelie
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Gialli, Thriller, Horror
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    04 Agosto, 2018
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Morte sì, giallo no.

Secondo libro che leggo del Commissario Bordelli ed è ancora un piacere poter tornare a leggere qualcosa su di lui. Voglio subito mettere in chiaro una cosa, questo non è un giallo o un noir, io sto valutando un romanzo perché per quanto riguarda la parte investigativa, è latente per ben 2/3 dell’opera.

Il Commissario Bordelli è molto fuori dagli schemi, lo dimostra il fatto che fra i suoi più cari amici ci siamo un ladro e un’ex prostituta.

““Cos’è che fai adesso, per guadagnarti il pane?”
“Sto parlando al commissario o all’uomo?”
“All’uomo.”
“Faccio quello che ho sempre fatto.”
“Il ladro e il truffatore?”
“Che brutte parole…”
“Non ne conosco altre.”
“Diciamo che applico una politica di ridistribuzione della ricchezza in attesa di leggi più oneste.”
“Sono commosso…””.

Il libro parte con la scomparsa di un bambino di dodici anni, con il passare dei giorni la speranza di ritrovarlo vivo è sempre più remota. Ma l’attenzione viene rapita da un altro evento, siamo nel 1966 e per Firenze, ma direi anche per tutta la Toscana, quello è un anno indelebile. L’Arno cresce e la pioggia non diminuisce, fino a quando una città non è più la stessa, ovunque acqua, fango, detriti e soprattutto tanta disperazione.

Vichi racconta con una minuzia di dettagli tutte le fasi dell’alluvione, dalla sua venuta a tutto quello che ha lasciato lungo il suo cammino, una città e una popolazione “in ginocchio”.

Per il Commissario Bordelli non solo l’acqua ma anche l’amore, sia l’uno sia l’altro toglieranno spazio all’indagine ma non al libro. Per chi ha apprezzato la persona del Commissario, questo libro è completamente dedicato a lui. Turbamenti, rinascita, sofferenza e soprattutto ingiustizia, il Commissario non si farà mancare proprio niente.

Questo è un libro che fa male, che porta il suo carico. Il dolore e la morte aleggiano su Firenze in molti sensi, oltre alla morte umana e a quella di una città, c’è anche la morte della giustizia. Un libro forte, intenso e riflessivo.

Buona lettura!

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Romanzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    26 Luglio, 2018
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Una vita sono tanti giorni

Cecilia è stata trovata da un vigilante in via delle Camelie, di lei non si sa nulla tranne il nome. Una coppia di anziani coniugi decide di prenderla con sé. La piccola Cecilia cresce in un ambiente soffocante e isolato finché non decide di dare una svolta alla sua vita.

Riempire il vuoto che si sente dentro e che si porta dietro da tutta la vita, sarà l’obiettivo di questa giovane donna. La nostra protagonista vivrà una vita sempre sul filo del rasoio.

“Riuscii a resistere altri due anni e quando ormai mi ero abituata cominciai a disperarmi di essermi abituata”.

Cecilia è bella, molto bella, la sua bellezza è il suo punto forte, che lei sfrutta in tutti i modi possibili tanto da domandarsi se la sua bellezza più che una fortuna, sia una condanna.

La Rodoreda ambienta il suo romanzo a Barcellona, con la guerra che rimane sempre sullo sfondo, se ne percepisce la presenza solo a causa dei risultati del “suo operato”.

La scrittrice ha uno stile così particolare e insolito, ma per alcune cose familiare, al punto che mi ha ricordato la superlativa Yourcenar; so che per qualcuno il paragone potrebbe sembrare fuori luogo, ma credo che dopo la lettura potreste sorprendervi, e rendere il giusto merito a questa scrittrice.

Una lettura non adatta a tutti, il testo è intenso. Tormento, solitudine, violenza, disperazione e follia sono fra gli ingredienti che “condiscono” questo romanzo. Una donna in balia di se stessa e di tutte le sue scelte.

“Via delle Camelie” è una lettura che lascia sicuramente il segno, la scrittrice mi ha conquistato e sicuramente leggerò altro di lei.

“La notte era buia e io sembravo una goccia di sangue”.

Buona lettura!!

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Letteratura rosa
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    18 Luglio, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

Per tetto solo il cielo

Leggere la trama di “Lasciami contare le stelle” può trarre in inganno il lettore. Ti prepari a una classica storia d’amore a tinte rosa, ma basta poco per incominciare a capire l’errore.

Inizio con il dire che questa è una storia vera e personalmente questo mi ha doppiamente toccato.

Bianca è stata lasciata dal marito con un semplice “Mi sono innamorato, Bianca, e non ci sto più dentro, stavo pensando a come dirtelo”. Per trovare un po’ di pace le viene consigliato di tenere un diario:

“Era dagli anni del collegio che non tenevo più un diario. Da ragazzina scrivevo a colori, perché io sono Bianca: la somma dei colori. Se un giorno ero felice, la pagina era rossa, azzurro se ero serena e così via”.

Capitolo dopo capitolo, un colore diverso per titolo, e una nuova emozione da scoprire.

Lui è Walter, uno spirito libero e vuole rimanerlo. È subito chiaro con Bianca, ma sembra che lei abbia altre idee per la testa.

Potreste pensare, e questa non è una letteratura rosa? No, non lo è. Questo libro racconta la forza di una donna che si mette in gioco e combatte con le unghie e con i denti per raggiungere quello che cerca. Di una donna che non si ferma davanti all’evidenza e guarda oltre. Di una donna che anche contro il parere di tutti segue la sua strada e rivoluziona la sua vita.

Una storia potente che ti fa sorridere, invidiare la tenacia della protagonista ma soprattutto riflettere sulla vita che come dice il titolo “La vita non aspetta”.

Lo stile è diretto, pochi fronzoli e quasi nessuna digressione. Uno stile a volte asciutto, quasi telegrafico ma allo stesso tempo intenso. Un diario che racconta in profondità la bellezza della vita e la voglia di non fermarsi mai davanti alle difficoltà.

Ho iniziato questo libro convinta di leggere una letteratura rosa, errore mio, qui i contenuti sono forti e intensi. Una lettura che parte con leggerezza ma che alla fine porta il suo carico e come tale va
affrontato con la giusta preparazione.

Buona lettura!

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Belmi Opinione inserita da Belmi    16 Luglio, 2018
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Il richiamo del mare

“Rabbrividì nel capire che, fino a quel momento, si era temprato a mille forme di dolore, dal tradimento all’abbandono, dalla solitudine alla paura. Perfino all’assenza dei genitori e allo straniamento del non sapere chi fossero, si era abituato. Ma al tradimento e all’abbandono di una parte del suo corpo non era affatto pronto e non lo sarebbe mai stato”.

Marco ha diciotto anni, passato da una famiglia affidataria all’altra, ora, compiuta la maggiore età, può contare solo sulle sue forze. È un ragazzo forte, temprato dal dolore ma non ancora del tutto disilluso anche se la vita non è stata generosa con lui.

L’acqua lo richiama a se, come una sirena insistente, lui vuole volare in quel blu intenso perché sa che solo così tutto il dolore scompare. Ma la vita non ha ancora smesso di chiedere a questo ragazzo, o forse gli vuol dare una possibilità?

Salvatore Basile racconta una storia di cui non vorresti mai vedere la fine. Non è un libro che si legge tutto d’un fiato, va gustato lentamente, assaporandone ogni sfaccettatura perché questa storia ha davvero tanto da dire e da far emozionare.

“Tu hai sempre parlato poco, figlia mia, soprattutto con me. Ma che ti credi? Certi silenzi c’hanno dentro le parole. Le parole che non si dicono… e soprattutto quelle che non si vogliono dire. Ma un padre se le impara a sentire, quelle parole… se le va a rubare da dentro al silenzio e poi s’impara pure a capirle. Se no che padre è?”.

Uno stile ricercato, profondo ma mai pesante. Una storia con il gusto del mare, il suo profumo e il suo infinito.

Un libro che consiglio vivamente e di cui mi porterò il ricordo dietro per molto tempo.

Buona lettura!!!

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Narrativa per ragazzi
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    12 Luglio, 2018
Top 50 Opinionisti  -  

L'occhio

“Ma il ragazzo sa benissimo che un nome non significa nulla senza la sua storia. È come un lupo nello zoo: una bestia in mezzo alle altre se non si conosce la storia della sua vita”.

Siamo in uno zoo e un lupo non riesce a capacitarsi dell’insistenza di un ragazzino che continua a guardarlo cercando di scavargli dentro, come se volesse toccargli l’anima. Lui va avanti e indietro nella sua gabbia, con un occhio solo, finché un giorno decide di fermarsi e si rende conto che il ragazzo ha chiuso anche lui un suo occhio.

Parte così la storia, anzi direi il viaggio di Pennac. Seguendo le orme di un lupo e di Africa non sarà difficile trovare molti spunti di riflessione che porteranno inevitabilmente a porsi delle domande che toccheranno profondamente il lettore.

Lo stile dell’autore è molto semplice e un po’ metaforico. Il libro rientra nella “narrativa per ragazzi”; ho apprezzato molto come l’autore abbia affrontato un argomento così difficile ma anche così importante in forma quasi fiabesca ma incisiva.

Un libro quindi che consiglio anche ai più grandi perché non si è mai troppo “grandi” per certi argomenti e soprattutto per educare i più piccoli al rispetto degli altri e al valore dell'amicizia.

Buona lettura!

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Letteratura rosa
 
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Belmi Opinione inserita da Belmi    10 Luglio, 2018
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Kindred Spirit

Sunset Beach è un luogo magico, una spiaggia dove è possibile trovare una cassetta delle lettere chiamata Kingred Spirit ovvero “Anime gemelle”. Qui chiunque, sia in maniera anonima o meno, può lasciare un suo pensiero, un suo desiderio, la propria storia o anche solo un saluto.

I protagonisti dell’ultimo romanzo di Sparks sono Tru e Hope. Tru è un uomo di quarant’anni bianco, nato e cresciuto nello Zimbabwe, dove fa la guida ai safari. Hope è un’infermiera che non sta passando proprio un gran bel periodo, sono molti i pensieri che la assillano. Il destino e il piccolo Scottie li farà incontrare nel North Carolina.

“L’amore vero era spontaneo, imprevedibile, e poteva nascere semplicemente ascoltando un uomo leggere una lettera d’amore trovata in una cassetta delle lettere in mezzo al nulla in un tempestoso pomeriggio di settembre”.

Erano anni che non mi trovavo fra le mani un libro di Sparks e dopo la lettura posso confermare che questo autore ed io, non abbiamo molto feeling. Parto dal presupposto che sono una lettrice anche di letteratura rosa e come tale non sono inesperta. Lo stile dell’autore è molto ridondante e prevedibile ma soprattutto “quasi” surreale. Nella vita può veramente succedere di tutto, su questo non ci sono dubbi, ma pur essendo un romanzo, (cosa che all’inizio non credevo) l’autore ha un po’ troppo esagerato.

La cosa che più mi ha infastidito è il fatto che l’autore parte con un “autoriferimento” che mette i presupposti per una storia con un fondo di verità. Pagina dopo pagina trovavo difficile credere anche minimamente alla realtà, ma la fiducia nelle parole iniziali dell’autore mi faceva provare qualche brivido pensando, wow, la vita può veramente sorprenderci. Alla fine è arrivata la “doccia fredda” e anche quel poco che mi aveva emozionato mi ha sdubbiato.

So che quando cerchiamo questo genere di letture alcuni elementi sono essenziali come la leggerezza, lo schema ben stabilito e l’amore, ma in questo manca la credibilità. So che le amanti di Sparks avranno molto da ridire, ma spero che tutte rifletteranno molto sulla prima scelta di Hope e forse questo le farà pensare con occhi diversi anche al resto della storia.

In conclusione posso consigliare questo libro solo alle amanti dell’autore, alle altre che amano la letteratura rosa o anche i romanzi d’amore, cercate altro.

“Credo che, in un angolino della propria mente, la maggior parte di noi si domandi: Che cosa sarebbe successo se avessi seguito il mio cuore? È impossibile conoscere la vera risposta. Una vita, in fin dei conti, è semplicemente un insieme di piccole vite, ciascuna vissuta per un giorno, e ognuno di questi giorni è fatto di scelte e conseguenze”.

Buona lettura.

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