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68 Opinione inserita da 68    06 Aprile, 2016
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Nichilismo o amore romantico?

C' e' una sensazione nitida, chiara, fluente, un' emozione che si fa immagine e sprigiona un amore profondo, struggente, banalizzando qualsiasi credo secolare, tradizione immutabile o rigida posizione ideologica pregressa.
È' un fotogramma di due anziani genitori, stanchi, soli, deboli, affranti, che si sorreggono, a fatica, l' un l' altro, pieni di considerazione e di affetto per un figlio adorato che ricoprono del proprio amore, scambiandosi qualche parola, con gesti semplici, di fronte all' indifferenza della natura circostante e del tempo.
Lo osservano, lo scrutano, lo accettano, nessuna domanda, sono teneramente ed ossequiosamente orgogliosi di lui, oltre ogni sua strana ideologia, partenza improvvisa, assenza, lo sommergono di un amore inspiegabile e disinteressato, l' amore genitoriale.
Il suo nome è' Evgenij Bazarov ed è' un nichilista. Il nulla è' la sua essenza, riconosciuto ed espresso, suo pregio e condanna.
È' un uomo freddo, irascibile, un cuore ribelle, colpevole, nega qualsiasi principio, non crede nel passato, nella tradizione e cultura del proprio tempo affermando la grandezza del niente.
Vive di empirismo, di puro materialismo, è' un medico, sperimenta, si rivolge esclusivamente alla propria verità' e al concetto insito in questa dottrina.
Ha radici in un passato che considera lontano, si sposta di continuo, non sosta a lungo nello stesso luogo, giudica ogni evento con occhio critico, indagatore, avulso da ogni sentimentalismo o romanticismo.
Non crede nelle relazioni umane, nei sentimenti, nell' amore, nella poesia, nell' arte, nella filosofia.
Un eroe negativo, o, per contro, positivo, per l' amico Arkadij una guida, un mentore, un punto di approdo, dai più' odiato, da alcuni (pochi) amato, inseguito, desiderato, di certo non ignorato.
Attorno a Bazarov un' epoca ed un pezzo rilevante di storia russa, siamo alla metà' dell' '800, periodo di grandi cambiamenti politici- storico-sociali, in una nazione sconfinata in bilico tra passato e futuro, con un presente che vive di contrasti generazionali.
Da un lato i padri, la vecchia cultura nobiliare, aristocratica, slavofila, legata alle tradizioni ed al passato di cui Pavel Petrovic ( zio di Arkadij ) ne è' esponente precipuo, dall' altro i figli, quel movimento radicale, democratico, dei cosiddetti uomini " nuovi ", rivoluzionari, fortemente critici dei rapporti sociali, a rappresentare il contrasto idealismo- materialismo, alla vigilia dell' abolizione della servitù' della gleba.
Tematiche discusse ed irrisolte, tracciate con un realismo descrittivo che solo parzialmente cela rapporti famigliari, personali, temi ed elementi psicologici di figure così' diverse ed antitetiche, tratti caratteriali imperscrutabili, indagine dell' animo umano.
L' intreccio narrativo, una trama scarna, dialoghi fitti, svela per contro la complessità' di quel mondo e delle sue relazioni.
La schiettezza del vero si intreccia al presunto, addentrandosi in un universo dove qualsiasi verità' o idea si abbandona all' incertezza ed alla caducità'.
La pura narrazione soggiace alla ricchezza dei personaggi e delle relazioni, contrapponendo spirito-materia, sperimentazione-sentimento, empirismo-amore.
È' una lotta che segnerà' la vita di Bazarov in nome dei propri principi negativisti, sopraffatto da quel profondo sentire da lui stesso negato, sfuggito, allontanato.
Il ribaltamento dei ruoli, il nichilista che si fa romantico, soffre di pene d' amore, si nutre di amicizia, emozione, cordialità', ed è' respinto nel suo non essere più' se stesso, non può' che portare ad una sofferenza dell' esistere.
Il suo credo è' sconfitto, ma si palesa in quegli stessi personaggi che lo negavano, si pensi ad Anna Odincova che, nei propri atteggiamenti repulsivi e freddi si nutre del nichilismo bazaroviano.
Per contro tutto il vero che egli aveva negato gli si rivolge contro, ed è' possibile che Turgenev si sia in parte identificato in questo eroe all' apparenza negativo, alla vigilia di cambiamenti sociali radicali, per poi lasciarlo trasformarsi in eroe positivo e romantico, certamente funzionale al grande romanzo ed alla narrazione.
" Padri e figli " scorre e si erge a romanzo supremo, completo e complesso, ed accoglie una narrazione che tratta temi oggettivi, di storia, ed esistenziali, di vita, attraverso personaggi multiformi, estremizzati, che sono uno spaccato di universalità', con una scrittura precisa, realista, pulita, e tocchi poetici, di autentico genio narrativo, condito da una semplicità che sa tracciare la complessità'.
Turgenev nasconde e svela verità', pensieri, ideologie, storia, in una trama che è' tanto altro e di difficile connotazione, ma con una certezza assoluta. Trattasi di un capolavoro destinato all' immortalita'.

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68 Opinione inserita da 68    05 Aprile, 2016
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Doppia vita e relazioni pericolose

Lisbona, estate del 1940, ad un passo dalla crudelta' e dall' eccidio bellico, e' qui, nella neutralita' del Portogallo, che si narra l' incontro e si sviluppa l' intreccio di due coppie americane, una, composta da Pete e Julia proveniente da Parigi, apparentemente felice e convenzionale nella forma e nei modi, l' altra, da Edward ed Iris, estemporanea e perennemente in viaggio, quanto misteriosa e intrigante.
L'incontro casuale ne segnera' la vicenda, gli intrecci sentimentali, le crisi matrimoniali, i dubbi e i misteri, in attesa di salpare verso l' America al riparo dal terrore della guerra.
Il ritorno di Leavitt, autore sbocciato agli inizi degli anni ottanta ( ne ricordiamo bene " Ballo di famiglia ", " Martin Bauman " La lingua perduta delle gru " ) ne riporta le tematiche principali, ovvero una intensa indagine psicologica dei personaggi, la difficolta' relazionale e di coppia, il mostrarsi al di là' delle convenzioni e delle apparenze, il tormento di una vita vissuta intensamente ma non corrispondente al proprio sentire.
Nei due Hotel Francfort si respira un'atmosfera sospesa, in attesa di una guerra che al momento risparmia la neutralità' portoghese, ma sono gli intrecci dei personaggi a rubare la scena, e ci si interroga sulla verità', quasi si trattasse di un giallo, al di là' di apparenze e convenzioni.
I quattro protagonisti sono profondamente diversi, e perciò' narrativamente bene intrecciati.
Peter, l' io narrante, venditore di auto, di certo non esuberante, razionale, sospettoso e la moglie Julia, ebrea americana preoccupata del proprio passato e dell' incertezza futura, sono una coppia borghese, cordiale, bene assortita, apparentemente serena.
Edward, scrittore estroso, ammagliante, manipolatore, estroverso e Iris, eccentrica, intrigante, distaccata, misteriosa, sono l' esatto opposto, goderecci, instabili, continuamente in viaggio, spasmodicamente smodati.
Inevitabile l' incontro e lo scontro tra le due coppie che si sviluppa tra intrecci insperati e soluzioni a sorpresa.
Lo scorrere della trama ci svela la complessità' dei personaggi, mostrandoci una realtà' ogni volta diversa, in divenire, ridefinita ogni volta, lasciando agli eventi un che di misteriosa presenza..
L' interesse dell' autore è' rapito dalla profondità' delle relazioni umane, oltre le apparenze, in una commistione di ruoli, di sentimenti, spesso confusi, alla ricerca di una stabilità' emotiva e quotidiana che spesso non trovano.
Leavitt e' maestro nel descriverci l' intricato mondo relazionale, i dubbi, le ansie, le paure dei suoi personaggi le sentiamo nostre, utilizzando un linguaggio dosato, centellinato, che alterna stupore emozionale a descrizioni asciutte, misurate.
È' per questo che è' sempre ben riconoscibile, anche se la profondità' del passato e dei primi romanzi rimane unica, ma sono passati tanti anni e i tempi sono cambiati.
Rimane una buona costruzione narrativa e la certezza di una scrittura che non lascia indifferenti offrendo sempre interessanti spunti di riflessione.

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68 Opinione inserita da 68    02 Aprile, 2016
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Viaggio alla ricerca della liberta'

La lettura di un romanzo di Arto Paasilinna e' immediatamente riconoscibile per alcune caratteristiche esplicative e precipue: lo stile narrativo, che si avvale di un ritmo incalzante, di dialoghi veloci, vivaci, senza fronzoli, intrisi di umorismo e sano cinismo, come il carattere dei suoi personaggi.
I temi trattati, ovvero la descrizione di una realtà', quella finlandese, sua terra natale, partendo dalla singolarità' dei suoi abitanti, viziosi, goderecci, goffi, arruffoni, pur nella solidita' e nitidezza dei propri principi morali, dotati di senso civico e con il culto dell' amicizia, giramondo ma profondamente radicati nella propria terra d' origine, immediadamente riconoscibili anche ad occhio inesperto.
La denuncia dei mali del mondo, delle disuguaglianze, delle ipocrisie, del pressappochismo, del becero capitalismo accompagnato dall' impegno sociale, civile, dal rispetto per l' altro e delle proprie tradizioni, oltre che amore per la natura e per gli animali.
È' un mondo di persone speciali, sempre in viaggio alla ricerca di se' ed in lotta per affermare i propri sani principi, che possono contare su una forte auto-connotazione e riconoscibilità', proprio come lo stile narrativo dell' autore.
È' una miscela di tematiche serie e humour irresistibile, in un vortice di personaggi buffi e fortemente caratterizzati, fiabeschi, tremendamente accattivanti nella propria genuinita'.
È' per questo che ogni romanzo potrebbe essere uno dei tanti o, per contro, unico nella propria caratterizzazione.
In " Il liberatore dei popoli oppressi " il protagonista, il glottologo Viljio Surunen, membro di Amnesty International, in collaborazione con l' amata maestra Anneli Immonen, decide di salvare i perseguitati politici di aree del mondo segnate da dittature che non hanno colore politico, e parte per un viaggio con vista su Monterey, nel Centroamerica, paese capitalista con dittatura filo-americana e successivamente in Delatoslavia, paese filo-comunista dell' est europeo, attraversando anguste prigioni e manicomi, in un caos generalizzato e con l' appoggio di una moltitudine di personaggi stravaganti incontrati durante l' avventuroso viaggio.
Tra colpi di scena, risate e momenti drammatici, il viaggio si rivelerà' un successo e restituirà il protagonista agli affetti più' cari.
In conclusione, potremmo definirlo il classico racconto di Paasilinna, forse con minore verve ed inventiva rispetto al passato, credo che questa storia cosmopolita limiti i tratti di caratterizzazione e peculiarita' immediatamente riconoscibili nell' autore, ovvero la perfetta descrizione della realtà' finlandese e scandinava attraverso la miriade di personaggi e delle proprie rocambolesche professioni, che come sempre è' descrizione di se', considerata la sua avventurosa biografia, ma comunque rimane una lettura piacevole, veloce, tra situazioni tragi-comiche, colpi di scena e romanticismo mai melenso.

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68 Opinione inserita da 68    28 Marzo, 2016
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L' ovvieta' della superficialità' emozionale....

Premessa. Amo la letteratura e sono un lettore onnivoro, certo con predilezione per testi di qualità', ma non scarto a priori cosiddette novità' " letterarie " e mai darei un moralistico, prevenuto, aprioristico o snobistico giudizio dettato esclusivamente dalla non conoscenza.
Per questo motivo, nel fine settimana, ho letto il nuovo romanzo di Fabio Volo, che conosco prevalentemente come intrattenitore radiofonico e show-man, non nelle vesti di scrittore.
Vi si narra il viaggio sentimentale e di costruzione famigliare di Nicola, da maschio single a compagno di Sofia, a convivente, a padre di Leo, attraverso un turbinio di situazioni emozionali, viscerali, di crisi di coppia, di dubbi sul proprio essere e destino, di compagno e di padre.
Vi si descrive la rinuncia alla scapestrata ed adolescenziale vita pregressa, tra uscite, cameratismo, convivialita' maschile e stereotipi maschilisti, ed il nuovo quotidiano, che comporta responsabilità', crescita, impegno costante.
È ' una rinuncia ad una parte di se' per costruire, insieme a Sofia, un "noi ", inteso come famiglia allargata, e per determinare, con Leo, un altro noi, più' grande, più' forte, in nome di un amore incondizionato, misterioso, emozionante ed ogni giorno diverso pur nel proprio ripetitivo mostrarsi.
In sintesi, e' un processo di crescita come uomo, compagno, padre, persona, abbandonando il cinico, egocentrico ed infantile se' per immergersi in un mondo ed universo femminile di impegno quotidiano, di fatica, di laborioso esserci, di vita sacrificata, o meglio, vissuta per raggiungere qualcosa di più' grande, ovvero l' amore.
Questa la trama, veniamo ai significati, stile, contenuti, luoghi, personaggi, tempo, elementi socio-politico- culturali, psicologici, semplici descrizioni, narrazione, insomma a tutto ciò' che caratterizza e dovrebbe essere sviscerato in un romanzo.
E qui, ad essere obiettivi, di poco si parla e si può' dibattere. Scorrendo le pagine si ha la netta impressione, e via via la certezza, di trovarsi di fronte ad un diario, neppure troppo ricco di idee e di sentimenti, scritto da un adolescente ora impaurito, ora gioioso, ora giuocoso, ora affranto, ora arrabbiato, o al tentativo di scrivere di un ragazzo alle prime armi, un ragazzo nell' animo, che dalla sua ha diverse esperienze di vita, anagraficamente, ma che non sa come rappresentarle, metterle su carta, sviscerarle. Ne esce, quindi, un insieme di banalità', ovvietà', moralistiche e frammentarie dissertazioni, superficialismi, di personaggi, di situazioni e di luoghi, che, ahime', nulla ha a che vedere con l' elemento letterario ed il poetare.
Citerei ad esempio alcuni estratti (... "Adesso girati,girati, girati, ma niente, non voleva girarsi...,"..." Ci sono donne che nascono madri ed altre nascono mogli, mia madre e' nata nonna..."; "... Prima di dedicarsi ad una sola persona per il resto dei propri giorni si deve viaggiare, sperimentare,sbagliare, provare a diventare poeti e scrittori. Poi si è' pronti..."; ".. Noi maschi siamo menti semplici..."; "... Era così' bello qualche anno fa quando uscire con una era solo uscire con una..." " ... c'era rimasta male come quando pensi tutto il giorno alla fetta di torta che hai in frigorifero e poi scopri che qualcuno l'ha già' mangiata ..." etc.. etc...????)
Non è' sufficiente la semplice esternazione delle emozioni, l' essere veri in superficie, il sensazionalismo, l' andare al cuore della gente, usando una scrittura colloquiale e satura di banalizzazioni, ci vuole dell' altro.
Lo scrittore, oltre al talento, che comunque va coltivato, e' molto di più', e' vera profondita', sa cogliere ed interiorizzare quel quid di invisibile, di misterioso, di insondabile che è' realtà' ed immaginario, sa contestualizzare e raccontare i sentimenti ed i misteri universali e, tramite il poetare, cogliere e sintetizzare il significato del tutto, ovvero l' essenza, il tempo, l' amore.
Non si limita a mettere su carta pensieri eterogenei e scomposti, da' un ordine al proprio operare e poetare, attraverso lo stile, i contenuti, e la forma che è' anche sostanza.
Tra lo scorrere di queste pagine sembra di addentrarsi in un vicolo cieco, trascinati e scaraventati in un uragano caotico-emozionale senza possibilità' di riparo, di discernimento, di approdo sicuro, non essendo peraltro un viaggio nei misteri insondabili e nella profondità' dell' animo umano.
Infatti lo scrittore e' il risultato, ed il frutto, del proprio vissuto, non si inventa dall' oggi al domani, ogni profondita' e' il prodotto di un processo di acquisizione, assorbimento, interiorizzazione, crescita, studio, oltre che di indiscutibile talento. Qui, di tutto ciò', non vi è' traccia.
Certo, come ho accennato all' inizio, questa lettura e' stata una libera scelta, ed alla fine ha contribuito a chiarire i miei dubbi dettati dalla non conoscenza.
Infatti, con gioia, riprendero' il cammino pregresso solo per qualche ora abbandonato.

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68 Opinione inserita da 68    24 Marzo, 2016
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Rapporto profondo o monologo totalizzante?

Al termine della lettura di Chiru' mi pongo piu' interrogativi al momento irrisolti: quale il significato del romanzo, come definirlo, quale la trama, ed i personaggi, e lo stile narrativo, e l' ambientazione?
Partiamo dalla trama. Eleonora, la protagonista, e' una trentottenne attrice di origine sarda che si imbatte, casualmente, in Chiru', diciottenne violinista in fieri, e sceglie, o forse viene scelta, di divenirne maestra, mentore, educatrice nel suo processo di formazione e maturazione artistica, culturale e sentimentale.
Tra i due nascerà' e si rafforzerà' un legame forte, ondivago, di pelle e di ragionamento, posato e smodato, che si trasformerà' in qualcosa di grande, travolgente, sfuggente ad una definizione precisa se non con il termine " amore" nella propria accezione più' grande, ridefinendo il passato, il presente ed il futuro, tra speranze e rinuncie, sofferenze e ricordi.
Veniamo ai personaggi salienti, Eleonora e Chiru', cosi' diversi per età', formazione, esperienza, provenienza, ma cosi' simili per inclinazione, desideri, carattere.
La loro è' una attrazione di pelle, non una affinità' elettiva, ed è' una costruzione progressiva in una nuova definizione del rapporto, rafforzato dalla lontananza, alternando il presente, il loro legame, e il passato, l' infanzia di Eleonora, il suo rapporto spezzato con la famiglia, la severità' e rigidità' paterna, l' algido distacco della madre persa prematuramente, il rapporto con il proprio io , con una fisicita' cosi difficile da accettare e poi quei legami cosi' forti con i propri allievi pregressi.
In Chiru' Eleonora rivive in parte la propria storia e vorrebbe cambiarla.
Alla fine della lettura vorrei esternare tutte le mie perplessità' per una narrazione che mi pare alquanto confusionaria, fuorviante e distopica, oltre che ricca di banalizzazioni ed inutili complessita' vestite di mera apparenza.
Innanzitutto la storia è' piuttosto debole, disadorna, vive di alti e bassi, di iper-soggettivismo, e si trasforma in un diario monotematico di una sola reale onnivora protagonista, quella Eleonora che domina la scena e decide oltre che indirizzare i destini del romanzo.
La figura di Chiru' scompare, travolta dal proprio mentore, è' diafana, leggera, quasi invisibile, sommersa dalla logorrea e dal monologo totalizzante e totalitario della protagonista.
Da educazione sentimentale e possibile intensa storia a due, il racconto si mostra in parte come una seduta di auto- analisi, in parte come uno sterile vagabondare tra L' Italia, Stoccolma, Praga e ritorno, senza che si avverta la reale presenza dei luoghi attraversati e vissuti .
Tutti i personaggi di contorno sono dei fantasmi alla mercé' della sola protagonista e del proprio ego.
E allora ci troviamo di fronte ad una vicenda dai contorni edonistici ed il rapporto a due scade e si veste di nebuloso tormento interiore.
La trama si scioglie, diventa incerta, alterna tempi e modalità' narrative senza svilupparli organicamente in una struttura avvolta da misteriose dissertazioni intellettive e fragilita' espressiva.
Lo stile si mostra eccessivamente didascalico, artificioso, attorcigliato, quasi barocco, con l' uso di forzature che aggiungono solo prolissita' facendoci rimpiangere testi con una classica semplicità' descrittiva, ma dotati di tocco poetico, e costringendoci invece a rincorrere pensieri e parole aggrovigliate in un complesso ma confuso e disorganico insieme.
Per concludere, rispondendo al quesito iniziale, esso rimane irrisolto, perché' tra le pagine del romanzo la confusione regna sovrana ed il tema trattato non affronta esaustivamente la profondità' agognata; la delusione e la noia ci accompagnano nella lettura e, qualche anno dopo, giunti al frettoloso epilogo, ritroviamo i due protagonisti, o meglio la sola " vera" protagonista; tutto e nulla è' cambiato se non che continuiamo ad interrogarci ( inutilmente ) sul reale senso di questo incessante monologo stizzoso!!!

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68 Opinione inserita da 68    22 Marzo, 2016
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Riflessione di una vita

Frank Bascombe ha sessantotto anni, e' in pensione, e' stato un giornalista sportivo, sedicente scrittore, agente immobiliare, ha vissuto una vita comune a tanti, due matrimoni, due figli, ha sofferto per separazioni e lutti famigliari, ha traslocato ed oggi si ritrova nell' epifania del proprio viaggio esistenziale e ne riannoda i fili, abbandonando ogni speranza in un futuro che non ci sara' e ritornando su avvenimenti passati che hanno determinato il presente.
Riavvolge, così', il nastro di una esistenza comune, fermandosi a sondare e riannodare i temi di una vita.
Se la trilogia precedente ne aveva attraversato la giovinezza, l ' eta' adulta e la piena maturita', accostate a tre stagioni dell' anno, primavera, estate ed autunno, rieccoci, oggi, in un inverno di senilita', alle porte del Natale e dopo un terribile uragano che ha travolto e spento ogni cosa, persino la speranza.
Spogliati di tutto, in quella sottrazione continua che e' la nostra vita, nudi , vulnerabili, e proprio per questo piu' veri, scevri da retaggi storici e culturali, i personaggi di Ford ruotano attorno al nocciolo della vita, i sentimenti, l' amore, i tradimenti, l' amicizia, il dolore.
Frank si ritrovera' a riavvolgere il nastro della memoria, circondato da vecchi amici, dalla ex moglie, da conoscenti scomparsi, da traditori e figure di contorno, che rientrano improvvisamente nella sua quotidianita' in un' ultima sfida che ha poco da chiedere, e da concedere, perche' chi per eta', chi per malattia, chi travolto da quell' uragano pigliatutto, non ci restano se non le macerie di un mondo indirizzato a grandi passi ed inconsapevolmente verso l' autodistruzione.
Frank osserva, dialoga e ragiona prevalentemente con se stesso, perche' il dialogo con gli altri e' precluso dalla propria storia, da un destino segnato, da scelte sbagliate, in quanto " una infinita lontananza e' alla base di tutti noi e ci unisce quanto ci separa, in modo misterioso eppure del tutto adeguato al corso della vita ".
E' per questo che ogni definizione viene meno, o il tentativo di capire e di spiegare il reale ed i sentimenti.
A chi gli chiede " Tu cosa pensi di me ? " non ha una risposta certa da dare, perche' dietro la domanda si nasconde un " io cosa penso di te ".
Nel riassumere la sua vita, Frank vorrebbe semplificare, andare per sottrazione, entrare nel centro delle questioni e togliere la complessita' del linguaggio, ribadendo che la sua e' stata una vita felice.
Ford, come sempre, sa narrare egregiamente, descrive luoghi intrisi di silenzio e di dolore, paesaggi nudi e crudi ma profondamente reali, cosi' come tratteggia in modo esemplare i sentimenti, le relazioni umane e il soliloquio del protagonista, tutti elementi che ne scandiscono la peculiarita' di autore di prima grandezza.
Il suo stile è' asciutto, obiettivo, racconta fatti e persone facendoceli vivere intensamente, assaporare, in una semplicità' descrittiva ricca di contenuti.
I capitoli del romanzo sono quasi racconti unici e scorrono in quella linea continua che e' il percorso di una vita intera.
E la vita, alla fine, con le proprie infinite sfaccettature del quotidiano, rappresenta la sintesi di una esistenza, accettata per quello che è', quasi che il reale significato stia nella presa di coscienza e nella accettazione del proprio essere e di quel destino tracciato e scolpito nella memoria.

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68 Opinione inserita da 68    18 Marzo, 2016
Top 10 opinionisti  -  

Il senso di una vita

" L' essere umano è' soltanto una forma tra le altre che il mondo manifesta ed esprime di continuo, non soltanto in tutto ciò' che è' vivo, ma anche nelle cose inanimate, disegnate nella sabbia, nella pietra e nell' acqua. E la morte, che io avevo sempre considerato la dimensione più' importante della vita, oscura, allettante, non era altro che un tubo che perde, un ramo che si spezza al vento, una giacca che scivola da una gruccia e cade per terra."
Ecco la sintesi del pensiero knausgardiano, e della sua rappresentazione, di una scrittura asciutta ed oggettiva, distruzione continua, meticolosa distillazione e ossessionata cura per il dettaglio.
Partendo dalla " Ricerca del tempo perduto" di proustiana memoria che ne ha caratterizzato l' infanzia ed ispirato l' idea del racconto, l' autore compone questa enciclopedica autobiografia, ripercorrendo quarant'anni di vita in sei corposi volumi, il primo dei quali dal titolo " La morte del padre".
È' un flusso ininterrotto di parole, pensieri, considerazioni, un viaggio libero da condizionamenti, ricercando una strada, un costrutto narrativo, che formi un testo, dia una forma, forgi una scultura plasmata sulla propria quotidianità', ed identità', una creatura meta-temporale con un solo ed unico onnivoro protagonista, Karl Ove.
In questo primo capitolo si descrive minuziosamente la morte del proprio padre percorrendo le stagioni di una vita, l' adolescenza, la giovinezza e la maturita', in un susseguirsi ed intercalarsi di vicende ed emozioni rese con stupefacente obiettivita' e minuzioso iperrealismo.
I temi della trama, il disgregarsi del nucleo famigliare, la separazione dei genitori, l' amore materno incondizionato, lo stretto legame fraterno, la vita adolescenziale con i genitori paterni, i primi amori, la passione per arte, letteratura e musica, il rapporto conflittuale con il padre, sono ridefiniti dalla morte improvvisa di quest' ultimo che segna un netto cambiamento e nuove riflessioni, influenzando presente e futuro, persino l' attuale nucleo famigliare ed il proprio ruolo di marito e di genitore, oltre che di scrittore.
Il cuore dell' opera sta in quel confltto interiore che porta l' autore a chiedersi chi realmente sia e cosa voglia essere, a che punto e fino a dove si è spinto, quali elementi lo hanno formato ed indirizzato.
IL tema centrale della morte del padre si snoda attraverso il racconto di freddi e silenti paesaggi nordici, con una lentezza descrittiva tipicamente scandinava, figure indecifrabili e misteriose anche se tremendamente crude e reali, rapporti mai nati, interrotti, mancati o solo accennati, ed un desiderio di scoprire quella parte di sé che l'oggi ci mostra e che nasce da lontano.
La scissione tra il quotidiano essere padre, marito, uomo, da una parte, ed il tormentato essere scrittore ed artista dall'altro, quella dicotomia che non sembra essere risolta o risolutiva e si trascina stancamente in un contrasto arte-vita, piacere-obbligo, etica-estetica, attraversa ed accompagna Karl Ove lungo percorsi del presente e della memoria, in una affannosa ricerca di altro, un significato compiuto, un senso, o forse solo in un sogno.
Malgrado l' autore depisti il lettore parlandoci di un romanzo che oltrepassa lo stile ed il contenuto e si nutre di forma, e' forma, e fatti, ed oggetti, in realta' sono le figure descritte ed i rapporti interpersonali, ovvero quella miscela di amore, vita, sentimenti, desideri, morte, a definirne la reale forma ed il contenuto.
Ne emerge un grande testo corale che supera le cervellotiche ed egocentriche dissertazioni dell' autore sulla costruzione di un' opera perfetta che rimanga per sempre scolpita nel tempo.
È' una narrazione impregnata di sensibilità' intellettiva, di profonda osservazione di un mondo circostante ostile e benevolo, amorevole ed indisponente, in un viaggio tra la Norvegia, glaciale terra natale, e la Svezia, algida nuova frontiera, ma sempre con caratteristiche peculiari e formative indispensabili a capire l' uomo e lo scrittore che oggi conosciamo.
Certo, questa prima parte si potrebbe leggere anche come capitolo a se', finito, estraneo al resto dell' opera, pur conservando le caratteristiche narrative proprie dell' autore, quel radiografare e descrivere in modo maniacale ogni singolo evento, iper-realisticamente, dettagliatamente, per ricostruire una storia e le emozioni che la racchiudono.
Un po' come un puzzle, gli elementi del racconto si incastrano, la cronologia non importa, via via ci addentriamo nel quotidiano universo di Karl Ove, e forse un giorno riusciremo, oltre l' aspetto propriamente poetico e narrativo, a dare un senso compiuto a questa autobiografia per ora ancora nebulosa, frammentata, ondivaga, che scorre nel fiume della vita del proprio autore e che solo a tratti sentiamo vicina.
La ricerca di un significato da dare alla propria esistenza, quella autoanalisi che nasce da lontano e che si domanda ' chi sono ' partendo dal proprio conflittuale rapporto paterno, e dalle figure che hanno caratterizzato e che continuano a definire il proprio se', in definitiva credo che stoni con l' idea che '' l' essere umano e' soltanto una forma tra le altre e la morte un ramo che si spezza al vento ''.
È' un testo interessante, singolare per i temi trattati, ossimoricamante scorrevole nella propria lentezza narrativa, con intermezzi di narcisistiche riflessioni ed autocompiacimento, tendenti a tratti ad una certa estremizzazione e megalomania, ma sicuramente consigliato, perché' ben scritto e profondo nell' affrontare i temi di arte,vita e letteratura.

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68 Opinione inserita da 68    16 Marzo, 2016
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Universi paralleli ed armonia dell' esistere

Al termine della lettura di " Vita degli elfi " sono obiettivamente combattuto tra due stati d' animo, profondamente diversi, ma forse non cosi' antitetici.
Da una parte ammirazione sincera per la peculiarita' di una narrazione che si avvale dell' elemento fantasy e di un racconto lirico, onirico, magico, di mondi lontani ma inter-connessi, di figure uniche nella propria ineffabile leggerezza, descrivendoci una umanità' smarrita e turbata da un lato e l' armonia e la purezza degli elfi dall' altro.
Al centro due anime totalizzanti, Maria e Clara, bambine prodigio che vivono in nazioni e luoghi diversi, nella Francia rurale ( in Borgogna ) e nell' Italia urbana ( Roma ), distanti ma accomunate da un dono divino, l' una sa cogliere ed indirizzare i poteri armonici della natura e delle sue forze, l' altra suona magnificamente il pianoforte, legge tra le melodie e gli spartiti miriadi di storie che sconfinano in un universo di sogni.
Sono due figure che si ascoltano, si percepiscono, ma non si toccano, cosi' lontane eppure così' visceralmente vicine, espressione di natura ed arte, fondamentalmente di quell' armonioso equilibrio che altro non è' se non l' amore nella propria accezione suprema.
La loro unione, pur senza reciproca presenza, può' indirizzare e cambiare gli eventi, sconfiggere le forze del male, quella guerra generata da un elfo malvagio e quell' umanità' che ha dimenticato il potere dei sogni, del mistero, dell' armonia con gli elementi del mondo naturale.
Ecco, l' altro mio stato d' animo è' dato dalla percezione di una certa dicotomia tra trama e personaggi, tra ciò' che è' semplice narrazione e gli innumerevoli elementi che la determinano e la oltrepassano, indirizzando il racconto verso significati diversi, simbolici, onirici, assoluti, sovrastando l 'identità' dello stesso, nutrendosi di descrizioni minuziose estremamente liriche, di invenzioni narrative, di mondi paralleli, lontani ma trasversali, comunicanti, quasi che la storia sia un semplice strumento e si defili per introdurre tematiche e messaggi espressione di altro.
Ed allora e' necessario e stupefacente spingersi oltre la semplice trama, cercare di immergersi, come le due protagoniste, in un universo dell' immaginario, in ciò' che è' visibile, udibile, regno dei sensi, ed in ciò' che non lo è', in Maria e Clara, che rappresentano il ponte tra natura ed arte, tra umani ed elfi, simboleggiano l' armonia dell' amore, e lottano per riappropriarsi di quel pregresso equilibrio smarrito.
Muriel Barbery si serve dell' elemento fantasy per introdurre temi universali, ma il romanzo, che prevedera' una seconda parte, è' molto altro, è' una storia che scava nel profondo, con un linguaggio volutamente onirico, aggrovigliato, simbolico, di difficile lettura, a volte indisponente, ma con una poetica a tratti sublime.
E' indispensabile coglierne i significati sottesi, il contrasto tra bene e male, l' armonia tra arte e natura, la straordinarietà' dei sogni, che caratterizzano l ' umano sentire, il potere della parola e dell' ascolto, il desiderio di bellezza e di poesia che è' linguaggio universale e tutti quegli spunti che attraversano la narrazione e ci invitano a riflettere sulla stessa.
Il testo è' impegnativo, è' una lettura consigliata a chi sappia leggere e muoversi tra e oltre le righe e, pazientemente, si addentri in quel mondo parallelo e sotteso di luoghi, di tempi, di sogni, di utopia, e di vita, a chi sappia amare il lirismo e il virtuosismo delle parole, per coglierne i messaggi funzionali, le emozioni e la poesia dell' insieme.
Fatto questo, una nuova luce accompagnerà' la lettura rendendola un' esperienza affascinante e gratificante rivelatrice dell' unicita' del romanzo dando un senso a ciò' che ci sembrava solo apparentemente intricato, un po' cervellotico oltre che nebuloso e di difficile traduzione.

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68 Opinione inserita da 68    14 Marzo, 2016
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Presente e futuro inquietanti....

Un famoso e grande scrittore, Giorgio Volpe, che ha fatto del buon scrivere, dell' arte narrativa e del piacere di esprimere la propria essenza, un modus vivendi ed operandi, si ritrova, improvvisamente, risucchiato in un vortice di incredibile bassezza culturale, in un mondo editoriale governato da nuove ed astruse logiche di mercato con la conseguente scomparsa dei buoni autori e della buona letteratura, oltre che dei piccoli editori sostituiti da un' unica, mastodontica oltre che tirannica casa editrice, la " Sigma ", pronta a rivedere, rielaborare, riscrivere, ridefinire i meccanismi della scrittura affidandoli a manager rampanti quanto "ignari" del campo letterario, asservita a logiche di mercato che fanno delle tendenze e del gusto popolare, quindi del numero di copie vendute, l' elemento precipuo di un buon prodotto.
Si innescano a questo punto meccanismi di non ritorno ed interrogativi inquietanti oltre che vicende umanamente controverse.
In questo breve racconto, Manzini, pur con elementi satirici ed accentuando l' aspetto tragico-comico di situazioni che hanno dell' assurdo, servendosi di personaggi che sono macchiette dell' esistere, di metafore, di colorite esasperazioni degli eventi, introduce e riflette su una inclinazione dell' oggi, già' ben presente e con radici in un recente passato, ovvero la morte della " letteratura " e del buon scrivere, della profondità', in nome di altro, che nulla ha da condividere con l' elemento artistico e spirituale, ma esclusivamente con il profitto, le logiche di mercato, i gusti, le inclinazioni dei lettori, spesso indirizzate ad arte, in un contrasto a tinte forti tra arte e capitalismo, tra vera bellezza e godereccio consumismo dell' oggi, elementi dicotomici e di certo non sovrapponibili.
Ne esce una tragi-commedia dell' umano mostrarsi che, inevitabilmente, ci porta ad una riflessione obbligata.
Infatti, più' tardi, camminando per il centro cittadino, ci imbattiamo in vetrine colorate, bagliori accecanti, lustrini, scritte ridondanti, pubblicità', volti sorridenti in vetrina e ci accorgiamo di essere capitati, quasi per caso, in una nuovissima e mastodontica libreria e che al vertice della classifica di vendite alla voce " narrativa "si trovano scanzonati intrattenitori radiofonici, noti calciatori, soubrette imbrillantate, cuochi dagli sguardi accattivanti, giornalisti modaioli, politici corrucciati e seriosi.
Allora, continuando il nostro cammino, cerchiamo una via di fuga, un rifugio sicuro, ma quella piccola, quieta, silenziosa, semi-nascosta libreria d' angolo, dove anni fa sostavamo avidi ed affamati di bellezza, e di sapere, e' scomparsa; forse non ricordiamo bene, no, era proprio qui, ce lo conferma un anziano passante. Ora, al suo posto una "magnifica" caffetteria stipata al proprio interno di giovani volti sorridenti, di sapori ed odori inebrianti, di colori mutevoli e smaglianti ed, in sottofondo, stridii cacofonici e risate isteriche.
Decidiamo di fare una breve sosta, assaggiamo un dolce gustoso, consigliatissimo e dall' aspetto invitante, scattiamo qualche foto a noi ed agli scanzonati presenti, dispensiamo sorrisi, battute sagaci, ed una volta sazi, ci alziamo, salutiamo gli sconosciuti ma amichevoli vicini di merenda e ci allontaniamo, apparentemente sereni, pacificati, sorridenti, ma con un velo di amarezza scavato sul volto e leggibile nel cuore, immalinconiti da un triste quanto vero presagio, da un presente agghiacciante e dal ricordo di un passato che fu, ormai dimenticato, ed ahime', sepolto dalle nostre stesse gioiose risate e da quella maschera che ormai ci appartiene, e' parte di noi, e ci accompagna tragicomicamente nel quotidiano mostrarci, anche noi asserviti al godimento del presente ed avendo riscritto, come Giorgio Volpe, il libro della nostra infelice " felicita' ".

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68 Opinione inserita da 68    12 Marzo, 2016
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Letteratura, vita e speranza.

Ruth e' una ragazzina sola, malata, bruttina, di un pallore esangue, amante della letteratura del xix secolo, costretta a letto per la maggior parte del tempo, in una mansarda di un classico paesino irlandese, dopo avere scoperto di soffrire di una strana malattia del sangue.
Cosi', colpita da un destino funesto, nella propria obbligata immobilita', inizia un lungo viaggio reale ed immaginario all' interno della libreria paterna, tra libri sacri e classici letterari, in totale più' di 3500 volumi, e ci racconta la storia della propria famiglia paterna, gli Swain, bizzarri irlandesi con aspirazioni artistiche, e del proprio padre, Virgil, aspirante poeta, agricoltore di fatto, stravagante, sognatore, inguaribile ottimista e lettore instancabile.
il libro che egli ha sempre sognato di scrivere, e pubblicare, ma che per svariate ragioni, in primis un importante lutto famigliare, non ha mai finito, prenderà' forma nella " Storia della pioggia ", che Ruth lascerà' come dedica e sunto di una vita dedita alla letteratura e stracolma di passione e di amore, di sofferenze e privazioni affettive, oltre che personali, ma unica nella profondità' delle storie attraversate e raccontate.
Il romanzo di Niall Williams, autore irlandese contemporaneo, esperto di letteratura inglese ed americana, da un ventennio alla ribalta pur con alterne fortune, omaggia la letteratura come magister vitae, compagna non di solitudini ed introversioni adolescenziali, ma amica e custode di viaggi inenarrabili, di formazione esistenziale, di coscienze, insieme alle proprie incantevoli storie, alla miriade di personaggi che ci accompagnano e sentiamo cosi' vicini e reali, parte di noi, in uno scambio dialettico vicendevole.
Le tematiche narrative sono quelle care a Williams, un certo lirismo descrittivo, naturalismo, umorismo, oltre la perfetta rappresentazione della realtà' irlandese, fortemente caratterizzata da miti e tradizioni, immersa in quel verde smeraldo cosi' evocativo.
Il romanzo presenta molteplici aspetti e piani di lettura. La poesia si erge a protagonista, insieme ad una narrazione parallela tra la ricostruzione delle vicende famigliari degli Swain, innumerevoli spunti e citazioni letterarie, oltre che il quotidiano vissuto di Ruth ed il suo continuo rivolgersi ai lettori, tra il serio ed il faceto, sempre con quel tono canzonatorio ed autodenigratorio proprio del popolo irlandese.
Lei è' una ragazza estrosa, bizzarra, logorroica, e quel fiume di parole ci travolge in una narrazione stupefacente per ritmo e conduzione, a tratti spiazzante, alternando tempi e modi in un saliscendi spazio- temporale che attraversa storie parallele, le intreccia, le ricostruisce creandone continuamente delle nuove.
È' piuttosto complicato seguirla in quella miriade di descrizioni e di personaggi, veri e propri idoli letterari e compagni di viaggio, ma è' stupefacente accompagnarsi a Dickens, camminare accanto ad Anna Karenina, immergersi in Moby Dick, ascoltare Dostoevskij, scrutare Macbeth o sedersi accanto a Virginia Woolf.
I protagonisti si intrecciano, si fondono, sono sempre in bilico tra passato, presente e futuro, ma mai si confondono, perché' la protagonista sa perfettamente distinguere il reale e l' immaginario e ce lo mostra.
È' una storia in cui si ride, si sorride, ci si commuove, si riflette, e, per chi e' un appassionato lettore, si rispolverano con intelligenza classici della letteratura mondiale, oltre che autori immortali, rivelandone anche tratti peculiari, aneddoti, e porzioni di vita privata.
Il lascito della narrazione, oltre che in una trama interessante, sta nei continui flussi di pensiero di Ruth, che naviga in una barca in piena tempesta, sbattuta dal vento, dalle piogge torrenziali e dalle onde, senza mai essere in reale pericolo, perché sempre e comunque in dolce compagnia.
Infatti lei sa, e ce lo dice, quanto importante sia stato e sia, nella propria formazione e crescita, l' elemento letterario.
Sa che, all' interno di quelle storie, e' descritta vita, sentimenti, verità', che la poesia " migliora gli esseri umani, li fa diventare più' complessi, amorevoli e appassionati, più' arrabbiati, sottili e poetici, più' espressivi e profondi; in una parola, li fa diventare più' belli."
Sa che " ogni libro contiene in se' ogni altro libro " e che " ogni libro e' la somma dei libri letti dallo scrittore."
Sa anche che la vita e' un fiume, che la pioggia cade nel fiume, che a sua volta si riversa nel mare per tornare pioggia in un processo circolare che è' la nostra vita.
Soprattutto sa che tutto questo lo deve a suo padre, al lascito tanto prezioso che da lui ha avuto.
È' per questo che " Storia della pioggia " e' un romanzo singolare, profondo ,consigliato, che avvicina all' universo ed ai misteri letterari, alla vita, all' amore.
D' altronde " tutti noi raccontiamo storie. Le raccontiamo per passare il tempo, per dimenticare il mondo o capirlo meglio. Raccontiamo storie per scacciare il male di vivere."
Ed è' per questo che noi lettori appassionati , voraci, come Ruth, siamo estremamente fortunati: abbiamo la possibilità' di conoscere, incontrare e vivere migliaia di storie, e persone, e luoghi, ascoltarle, carpirne e viverne le esperienze, la vita ed i sentimenti, introiettarli, allargando i nostri orizzonti di profondita' per trasferirli nella quotidianità'.

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68 Opinione inserita da 68    10 Marzo, 2016
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Il senso della vita

La vita di Fiona May, giudice dell' Alta Corte britannica, ormai sessantenne, per anni moglie devota, irreprensibile lavoratrice e stimata professionista, puntigliosa nell'applicazione della legge, si trascina un po' stancamente nella routine e nei propri molteplici impegni quotidiani, quando, improvvisamente, è' travolta e stravolta da vicende personali e lavorative che ne segneranno i contenuti in profondità'.
Da una parte il fallimento del proprio matrimonio a causa del marito Jack, docente universitario in cerca di nuove '' emozioni'' sentimentali, dall' altra un tormentato caso legale che è' chiamata a risolvere riguardante un diciassettenne gravemente malato ( Adam Henry ) e bisognoso di urgenti cure mediche salvavita contrarie al proprio e famigliare precetto religioso.
La giusta decisione '' legale'' definira' rapporti umani ex novo, speranze per il futuro, sensi di colpa, così' come la propria vita famigliare verrà' sciolta e riannodata in una ridefinizione complessa.
L' ultimo McEwan affronta un tema delicato e controverso, ovvero quel confine sottile tra soggettivita' ed oggettivita', libero arbitrio e legalità', auto-determinazione e diritto alla vita, eta' e capacità' decisionale, religione ed etica.
Lo fa in uno psico-dramma che è' perfetta alternanza di vicende personali e riflessioni sul senso della vita, calma apparente e turbinio emozionale, proprio ed altrui, sullo sfondo di una Londra al solito grigia e piovosa.
E la pioggia continua a cadere, tra le pagine, incessante, lenta, penetra i corpi e cosparge le membra, accarezza il pallore di Adam, definendone i tratti, scavati, quegli occhi così' scuri e penetranti, il viso segnato dalla sofferenza, e bagna il tormento di Fiona, segnando il rumore del silenzio e la solitudine di quella casa fredda, svuotata dal proprio fallimento matrimoniale, da un amore spento e sepolto sotto la grigia quotidianità'.
La compostezza, l' estrema ratio, la decisione corretta, un mondo di leggi, ordinanze, responsabilità' morali e civili, contrapposto al proprio passato, al proprio reale sentire, a quell' enorme vuoto generato dalla necessità' di indirizzare la vita degli altri sempre con la scelta più' giusta.
Fiona ricerca un senso che forse non c'e', scavalcando un dogma religioso obsoleto ed incongruo in nome di qualcosa di più' grande, quella legge naturale e morale che privilegia e protegge l' individuo ed il proprio essere nel mondo, espressione del proprio io più profondo e di un giusto fine insito in noi.
McEwan bilancia ed alterna racconto e desiderio, realta' ed emozione, oggettivita' e spiritualita', vivendoli intensamente nei due protagonisti, Adam e Fiona, solo apparentemente antitetici per eta', esperienza, inclinazioni, emozioni, ma talmente vicini da vivere ed assaporare la ricerca interiore che cosi' espressamente rincorrono, ovvero il senso, il gusto e la passione per la vita e l' amore.
Li unisce la ricerca del bello, la poesia, la musica, i misteri dell' universo, lei un giudice intransigente, lui un geniale, giovane poeta, aspirante violinista, ed entrambi sanno e percepiscono, sfiorandosi, che quel legame è espressione di profondita' totalizzante.
Il loro incontro segna la fine di un' epoca ed una fenice, uno stravolgimento emotivo ed esistenziale nella essenza di vita, e la certezza che tutto è' cambiato.
Adam deve vivere, perché' ogni dogma, amore genitoriale stupidamente votato ad un precetto religioso, ad un Dio cosmogenico totalizzante, ad osservanze nebulose, astruse o cervellotiche , non giustificherebbe la sua morte, così' come il desiderio di indirizzarne e prevaricarne la vita e tutto quell' amore, talento, passione e forza che egli possiede, esprime in ogni singolo respiro e porterà' con se' in un futuro prossimo.
E' quello stesso amore di cui Adam si nutre, viscerale, romantico, adolescenziale, estremo, totalizzante, a determinarne l' inizio e la fine, ad indirizzarne l' esistenza, a segnarne la strada.
I temi toccati sono molteplici e di somma importanza, concernono la religione, l' etica, il buon senso, la morale comune, la legge, lo stato, la responsabilità' genitoriale, medica, i protocolli di cura, tutti elementi oggettivamente presenti e fonte di acerrima discussione legale.
Ma vi è' un altro tema, altrettanto importante, spesso sottovalutato, sfuggente, ma determinante per indirizzare una vita, ed è' il significato di una esistenza che sia reale ed autentica espressione di noi, ragione quotidiana, che segua passioni ed inclinazioni individuali, che spinga la mente all' eterno ed alla autorealizzazione, che oltrepassi la semplice oggettività' ed il bene legale o voluto da altri, accecati da ragioni invadenti e che sottendono incomprensibili ed asfittiche questioni prettamente burocratiche.
Perché' e' giusto che Adam continui a vivere, al di là' di cervellotiche dissertazioni e guerre intestine genitoriali o precetti religiosi astrusi ed invadenti?
E Fiona, ritroverà' se stessa, scossa da una decisione tanto importante, da un amore finito ed un altro negato, solo sfiorato ed immaginato, da un senso di smarrimento, da un nuovo se' per anni sopito, dimenticato, indirizzato nella certezza del legiferare?
Ed il nuovo equilibrio segnera' un inizio diverso o il semplice retaggio di un passato irrisolto?
E che cosa succederà' quando la forza dell' amore libererà' il desiderio dell' altro ed una nuova visione del mondo?
Al termine della lettura sono molti gli interrogativi irrisolti, ma non è' confusione narrativa, è' solo abbondanza di temi, ed è' voluta.
McEwan ha affollato e accatastato un locale disadorno di una moltitudine di tracce e di storie che sta a noi scoprire, riflettere, collegare, approfondire, sviscerare.
Una risposta c'è', tra le righe, potrebbe essere un sunto o solo un' altra fonte di riflessione, ovvero: " Adam era venuto a cercarla, chiedendo quello che volevano tutti e che soltanto l' umana liberta' di pensiero e non il soprannaturale aveva da offrire'. Un senso".

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Agli amanti di McEwan e di quella scrittura precisa che coniuga racconto, personaggi e tematiche esistenziali
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68 Opinione inserita da 68    07 Marzo, 2016
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Elogio della natura umana

Non conoscevo Yiyun Li, scrittrice cinese di lingua inglese trasferitasi da più' di venti anni negli Stati Uniti, e devo ammettere che si è' rivelata una gradevolissima sorpresa.
L' ultimo romanzo è' un viaggio spazio-temporale che attraversa in un ventennio le vite dei tre protagonisti, la bella Ruyu, l' introversa Moran, il rampollo Boyang, tutte legate ad un quarto personaggio, collante della storia e tragicamente scomparso, la studentessa e ribelle Shaoai, avvelenata in giovane età' ( da chi e perché'??? ) e sopravvissuta per venti anni ad atroci sofferenze post-avvelenamento.
È' un percorso tra la Cina dei funesti eventi di piazza Tienanmen, conservatrice, tradizionalista, retrograda, che pone barriere tra se' ed il mondo, e gli Stati Uniti della modernita', dove l' individuo può' emergere ed affermarsi dal nulla, protagonista del proprio destino.
Ma trattasi, prevalentemente, di un viaggio nell' interiorità', che accarezza vite spezzate da quel tragico evento che, con gli anni della maturità', chi nell'' espatrio e chi rimanendo nella propria terra d' origine, hanno cercato una svolta, un nuovo inizio ed un cambiamento radicale, per ritrovarsi invece a tirare le somme di un passato ingannevole e funesto e di quelle ombre che ritornano puntuali sotto forma di espiazione.
Così', assistiamo alla ricostruzione di una vicenda intricata con finale thriller, ma il cuore e la sostanza del romanzo e' di tutt' altro genere, ovvero traccia un profondo e preciso quadro psicologico, caratteriale, intimista, a tratti minimale, dei protagonisti, e ci parla di sentimenti, amore, gelosia, rabbia, vendetta, di relazioni umane, spesso impossibili, asfittiche, negate, di solitudini interiori, insomma di paesaggi dell' animo, con molteplici sfaccettature che si alternano a definire lo spessore del romanzo.
E qui sta la grandezza dell' autrice, in quella definizione descrittiva del particolare, l' alternare dialoghi e silenzi, interiorità' ed esteriorita', con tocco delicato, mai banale, tralasciando il superfluo e tracciando un complesso armonico e musicale, un coro di voci nell' individualismo imperante.
I personaggi respirano unicita', sono riconoscibili, uniti dalla propria storia ma profondamente soli, ognuno percorre un proprio cammino, sembra votato alla solitudine per impossibilità' di dialogo e di vera condivisione, ma è' funzionale alla storia, si incastra in quel puzzle che alterna flash-back e contemporaneità' in una miscellanea perfetta.
Ne emerge un racconto non solo piacevole nella trama, sarebbe sminuente, e nella psico-emozionalita' dei protagonisti, parte rilevante, ma un romanzo completo, una narrazione ficcante, ben scritto, con innumerevoli spunti di riflessione.
La peculiarità' dell' autrice sta nella fusione, all' interno della trama, di elementi sino- americani, legati alla propria biografia, e che quindi ben conosce, in una dimensione diacronica che, partendo dalla Cina del 1989, ci parla dell'America contemporanea e della Cina della modernità', affrancatasi da un modello tradizionalista, contadino, obsoleto, per affaccciarsi al capitalismo filo-occidentale.
Eppure, negli anni che passano, i protagonisti percorrono universi spazio-temporali mantenendo un' identita' espressiva e comportamentale, gravati dal peso della memoria e della propria solitudine, estranei in patria e viceversa apparentemente integrati in una realtà antitetica, ma fondamentalmente sempre e comunque anime solitarie e condannate dal senso di colpa della propria coscienza e da quella sofferenza che è' male di vivere e non ha confine ne' possibilità' di ritorno.
Insomma, lettura consigliatissima, caratterizzata dall' unicita' della fusione di elementi orientali, nella peculiarita' dei personaggi descritti, nella attesa, nei ritmi, nelle cadenze, e da una narrazione che si avvale anche della concretezza, dei ritmi quotidiani e dei paesaggi americani, ma prevalentemente di quell'' indagine umana complessa e completa che solo i grandi scrittori sanno così' bene definire, contestualizzare e farci rivivere.

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Gialli, Thriller, Horror
 
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68 Opinione inserita da 68    05 Marzo, 2016
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La certezza di un inganno

Quanto un matrimonio duraturo, un piccolo mondo duale apparentemente perfetto, una simbiosi di intenti, di gusti, di tempi e di modi, costruita su un solido legame erotico-sentimentale, quasi maniacale nel quotidiano ripetersi di gesti e parole, può' rivelarsi d' improvviso ingannevole, fasulla, costruita sulla menzogna, farci dubitare dell' altro, persino di noi, spingerci a seguire, scrutare, mentire, depistare, ricercare in un passato scomodo e nebuloso, vivere il presente come un incubo, progettare un futuro senza speranza?
In " La scala di ferro " assaporiamo e ci immergiamo nel vuoto del protagonista, Etienne, che intraprende un viaggio tormentato ed ossessivo, venato di attesa, alla ricerca della verità', da lui immaginata e presunta, cercando di sviscerare la vera identità' della moglie Louise, che accusa, dopo quindici anni di matrimonio, di volerlo cinicamente e chirurgicamente avvelenare oltre che di tradimento.
L' idea e' costruita nel tempo ed accompagna il protagonista in un percorso investigativo ricostruttivo ed autocritico, ricercando e negando evidenze e speranze, pensieri e parole.
La narrazione e' verticale, vissuta prevalentemente in interni, tra un appartamento ed un negozio contigui collegati e separati da una scala di ferro, così' come la relazione matrimoniale, morbosa quanto distaccata, in quei soliti gesti ripetuti ( la proverbiale cena settimanale con una coppia di amici ) e scanditi dalla routine di una famigliarita' apparente, negata di fatto, esistente solo nel proprio mondo immaginifico, con una miscela erotico-sentimentale che è' calma apparente, idea di certezza, perfetto mondo coniugale.
Il racconto scorre su un duplice piano, la realtà' oggettiva che vive della quotidianità' dei protagonisti, e, per contro, l' interiorità' ed il tormento di Etienne, precipitato nell' abisso del se' e non se', che scava ossessivamente nei pensieri, nelle parole, nella psicologia, nel proprio io, facendo riemergere una storia parallela, già' scritta e vissuta in un lontano passato e comunque ancora presente, visibile, anche se fino ad ora nascosta ad occhi ingenui o in altro affaccendati ( i suoi ).
Ed allora è' un crescendo di suspance, dubbi, frammentarieta', egli si immagina una realtà' parallela, si pente, vorrebbe redimersi, fino al dramma accertato di una cruda obiettivita' senza possibilità' di ritorno.
È' una trama intessuta di ricordi, di supposizioni, di flussi e tensioni spazio- temporali, che accentua e rimarca il contrasto interiorita'-esteriorita', visto non visto, da leggersi prevalentemente in chiave psicologica, un' autoanalisi, un monologo che si colora di certezze e ricerca verità' negate, recitato su un palcoscenico semi-deserto da un attore inquieto ed inquietante che rivive e ripropone in primis a se stesso il proprio passato losco, misterioso, con un' idea nella testa pronta a colpire ed annientare, per sempre, presente e futuro.
Il racconto ribalta continuamente ruoli ed intenti, sorprende per come riesca, con essenzialita' e tocchi sapienti, a legarci ad una narrazione non particolarmente sofisticata, scandita da lentezza ed attesa, e che dosa dialoghi, personaggi, erotismo, descrizione di interni.
I tempi narrativi miscelano ed alternano accadimenti reali e presunti, passato , presente, futuro, personaggi esistiti e immaginari, storie già' vissute e ripercorse, le stesse, creando un thriller psicologico arricchito strada facendo dei pezzi mancanti.
Ci addentriamo in un percorso minimale insondabile, inseguendo ed introiettando i pensieri ed i tormenti ossessivi di Etienne che diventano i nostri, anche noi, come il protagonista, incerti, dubbiosi, meditabondi, in attesa in un angolo, di ansia vestiti, lo sguardo posatosi su quella fredda e cupa scala di ferro, sondando ogni accennato brusio, interrogandoci su movimenti e voci indistinte provenienti dal basso, in attesa di un finale a sorpresa o forse già' scritto....

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A chi apprezza l' attesa e l' introspezione dei personaggi di Simenon oltre che lo stile asciutto, essenziale.
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68 Opinione inserita da 68    01 Marzo, 2016
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Viaggio nell' amore e nella storia

C'è' un mondo che ruota attorno ad una storia d' amore, ed è' la vicenda di un individuo, Mevlut, di una famiglia, la sua, di relazioni umane, di una città', Istanbul, multi-etnica, caotica, terra di contrasti, religiosi, politici, sociali.
E' il mondo così' magistralmente descritto da Pamuk in questo ultimo romanzo, ricco di coralita', in una commistione perfetta tra vicende personali, saga famigliare, e storia di una città' e di un paese attraverso cinquanta anni di accadimenti quotidiani, sentimentali e cruenti, di aspirazioni individuali e lotte politico-sociali, di vita vissuta intensamente, di tradizioni, spesso in contrasto con il proprio essere, di migrazioni di popoli, di sanguinose lotte per il predominio, di contrapposizioni generazionali, e famigliari, di semplice umano sentire.
Lo fa principalmente attraverso il racconto della storia di un uomo qualunque, Mevlut, che un giorno, quasi per caso, si innamora di uno sguardo, degli occhi di una bellissima ragazza, comincia a scriverle per anni sognanti lettere d'amore recapitatele per interposta persona, fino a quando, un giorno, la rapisce per potere finalmente vivere con lei, credendo di coltivare un sogno tanto agognato per scoprire solo anni dopo che la verita' e' un' altra, che la destinataria dei suoi scritti e della sua passione era la sorella della attuale moglie, ma ormai la sua vita e' indirizzata altrove e forse il destino ha voluto così'.
È' un uomo semplice, Mevlut, sincero, sognatore, un eroe romantico, con sani principi morali e religiosi, ed e' un lavoratore instancabile.
Dalla sua infanzia, trasferitosi ad Istanbul, inizia un viaggio che durerà' una vita intera all' interno della città', tra miseria ed illusioni di ricchezza, speranze e dolori improvvisi, seguendo un legame indissolubile e viscerale, di alti e bassi, di pura sopravvivenza ma anche di amore eterno per quelle strade e quei luoghi che non può' lasciare.
È' un venditore di boza, Mevlut, ( bevanda lievemente alcoolica tipicamente turca), e con il proprio carretto percorre il dedalo di strade e gli affollati quartieri della città', da protagonista di vicende personali e famigliari travagliate, e da spettatore di eventi che cambieranno la storia del paese traghettandolo verso la modernità'.
La grandezza del romanzo sta nella sua semplice complessita', nella miscela di storie e personaggi con il racconto in prima persona degli stessi, quasi una cronaca, nell' alternare pubblico e privato, in una commistione perfetta, nel conservare e centellinare il pensiero del singolo individuo, con il proprio umano esprimersi e relazionarsi, e la narrazione quotidiana e storica di un paese e di più' generazioni che lo hanno attraversato.
Il tutto è' sapientemente dosato, miscelato, in una alternanza perfetta e ci introduce in un mondo ricco di poesia e di cruda quotidianita', sognante ed empirico, con un linguaggio ora lirico, ora colloquiale, descrittivo ed intimista, ma sempre con tono critico e profondamente lucido.
Mevlut, alla fine del romanzo e del suo viaggio, capisce la verità': " girovagare per le strade della città' di notte faceva nascere in lui la sensazione di aggirarsi nei meandri della propria mente. Perciò' parlare con i muri , i manifesti, le ombre e gli strani e misteriosi oggetti di cui, al buio, non riusciva a discernere i contorni era per lui come parlare con se stesso." Ma sa anche che " c'è' una sola cosa che tiene in piedi un uomo tra questa massa di gente, ed è' l' amore ".
Ne esce un affresco unico di un mondo complesso ma, alla fine del romanzo, ci sentiamo decisamente più' ricchi, internamente, e maggiormente consapevoli di vicende storiche di difficile definizione e descrizione, con la certezza di esserci avventurati in un viaggio unico che attraversa in profondità' tutti gli elementi umani, psicologici, letterari, politici e storico-sociali, cosa che solo i grandi scrittori riescono a cogliere, decodificare, soggettivare, trasformare in narrazione, arricchire di particolari e di fantasie letterarie e trasferire su carta per il piacere e la curiosità' di noi lettori, coinvolgendoci nella propria ricchezza sapiente ed accompagnandoci per mano nella complessita' della vita e della storia.

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68 Opinione inserita da 68    26 Febbraio, 2016
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Amore incondizionato e mal d' amore.

" A volte perdere una donna significa perderle tutte. Cosi' diventiamo uomini senza donne."
L' epilogo dei sette racconti di Murakami potrebbe esserne l' incipit e riassumerne i contenuti ed i significati sottesi.
Si parla di uomini soli, che hanno vissuto l' abbandono femminile, chi per incapacita' personale, chi per puro tradimento, chi per motivi inspiegabili, chi per eccesso di amore.
Vi e' un ribaltamento di ruoli, almeno nell' ambito letterario ( solitamente e' la donna a subire l' abbandono ), cosi' come l' universo femminile si mostra volubile, superficiale, cangiante, inaffidabile, tratti storicamente di impronta prettamente maschile.
Ma il tema dell' abbandono e della separazione dei sessi non mi sembra cosi' determinante nel delineare la storia ed i personaggi. I protagonisti maschili amano profondamente l' universo femminile e l' amore nelle sua declinazione suprema, sono sensibilmente '' umani ", al di la' del sesso di appartenenza e ne riconosciamo i tratti comuni di profonda sensibilita' intellettiva, peculiarita' dei personaggi di Murakami.
In questi racconti ritornano temi cari all' autore, l' ascolto, il silenzio comunicativo, la delicatezza dell' approccio relazionale, la profonda riflessione psicologica, l' interrogarsi sull' io ( si pensi alla domanda " chi sono io? " che si pone il chirurgo estetico Tokai nel racconto " Organo indipendente " ) il passato che ritorna, l' abbandono, ed ogni singolo racconto e' una trama a due, uomo-donna o uomo- uomo, e spesso e' una trama irrisolta.
In realta' trattasi di una attenta dissertazione sui temi della vita e dell' amore, ( fondamentalmente assimilabili ) che puo' essere una maschera ed una recita quotidiana ( si pensi all' attore di " Drive my car " ), un amore agognato ed impossibile ( " Yesterday " ), il mal d' amore vissuto come tradimento ( " Organo indipendente " ), l' amore come intimita' ( " Shahrazad " ), il tradimento, le scuse e la capacita' di perdonare ( " Kino " ), l' amore incondizionato ed universale al di la' delle apparenze ( " Samsa innamorato " ), il lutto di una perdita e l' unicita' di ogni rapporto d' amore ( " Uomini senza donne " ).
La grandezza dei racconti si esprime nell' inquietudine e nella pienezza emotiva, elementi spesso inconciliabili, che lascia a noi lettori, insieme a quel senso di vuoto e di sospensione che caratterizza personaggi e narrazione.
Ogni trama è' un viaggio a se', è' come se ci trovassimo di fronte ad una tavola imbandita con portate da assaporare lentamente, masticandone la pienezza, la leggera corposita' ', apprezzandone il gusto, i sapori spesso solo accennati, nascosti, ma estremamente vividi, e quelle storie e quei personaggi che si arrovellano alla ricerca di un senso, che si assomigliano nella diversità', sono equilibristi della vita, spesso si perdono per ritrovarsi quasi per caso, basta uno sguardo, un colore, una sensazione, un' atmosfera, un ricordo.
E' un' opera che esprime i tratti peculiari dell' autore, ne riassume i contenuti, l' amore per la musica, per certa letteratura occidentale, tratti pop, e' scandita dai ritmi narrativi di Murakami, linearita', asciuttezza dialogica, linguaggio nitido, quasi infantile.
Egli nel proprio excursus narrativo si spinge a riflessioni di artista e uomo vissuto e maturo, riannodando i fili di una vita ben sapendo che ogni essere umano e' un' isola deserta e che il significato di una esistenza e dell' amore sta tutto negli occhi di chi guarda.

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A chi ama perdersi nella semplice complessita' dell'autore e dei suoi personaggi
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68 Opinione inserita da 68    23 Febbraio, 2016
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Affetti, passato e speranze.

Jonathan Coe e' autore conosciuto per testi di profonda indagine socio-politica, culturale, generazionale, dall' 'Inghilterra Tatcheriana all' inizio del nuovo millennio, si pensi alla " Banda dei brocchi " ed al successivo " Circolo chiuso ", cosi' come alla " Famiglia Winslow ", ascesa e decadenza di un impero economico in una saga famigliare espressione della corruzione capitalistica della modernita'.
Vi e' un altro filone di approfondimento nei suoi scritti, ed e' quella intricata, a tratti cupa, spesso irrisolta, indagine umana a tutto tondo. Si parla di psicologia, di esistenzialismo, di tragedia e commedia, di thriller e farsesco, di attenta analisi dell' umano, nel proprio disarmante mostrarsi, si pensi a " Donna per caso ", " L"amore non guasta ", " La casa del sonno ","La pioggia prima che cada ".
In " Disaccordi imperfetti " si raccolgono ed emergono tematiche intimiste, si riassumono i temi di una vita, la solitudine individuale, la casualita' degli accadimenti, una certa rassegnata certezza dell' imponderabile e dell' ineluttibilita' di un destino che poteva essere diverso.
Sono figure fragili, irrisolte, alla ricerca di un senso della vita che spesso non c'e', o e' solo sperato o sognato, si pensi ai primi racconti, " Nona e tredicesima ", " Versione originale ", "Leida", in cui emergono tematiche note e gia' trattate, giuochi di ruoli, realta', sogno, illusioni, delusioni , aspettative, desideri e passioni svanite in un soffio, il tutto intessuto da quel sottile confine tra sogno ( e sonno ) e realta', cosi' come ci si domanda quale destino si traccia e si compie per un individuo alla ricerca di se stesso, inserito nel mondo ma lontano da esso, in balia di una traccia misteriosa e di una idea di certezza che e' se' e non se', alla ricerca di un quid ( l' amore ) che basti.
La seconda parte dei racconti, da Unrest, segnano , come dice l' autore, l' idea di tracciare la storia di una immaginaria famiglia borghese delle Midlands nel corso del ventesimo secolo, con una forte componente autobiografica, i ricordi d' infanzia, con caratteri intimisti, delicati, sotto forma di diario, connessi al precedente " La pioggia prima che cada ", sviscerando tematiche ed affetti, l' amore per la contea inglese dello Shropshire, dove e' cresciuto, per il nonno, suo mentore, per Sherlock Holmes, per la musica ed il cinema, ma forse, come Coe stesso ci dice, " tutta la nostalgia e' un desiderio struggente di innocenza, tutto scivola via, .... sono andato in cerca di qualcosa di ancora piu' irraggiungibile, ho cercato di ricatturare il senso di meraviglia, di sicurezza, di felicita', e' quel giovane me stesso che ho cercato di riportare in vita. "
In conclusione, l' autore ci fa riflettere su un aspetto totalizzante: tutto e' cambiato o forse nulla, niente sara' piu' come prima, e' gia' stato e non tornera', il passato riemerge ingombrante, puo' essere chiarito ma resta immutabile, esiste il presente e soprattutto il futuro da cui ripartire....

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68 Opinione inserita da 68    16 Febbraio, 2016
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La profondita' della vita e del tempo

Sullo sfondo del lago Huron, in Ontario, tra lo scorrere degli anni ed il succedersi di stagioni dai colori cangianti, Alice Munro ritorna a casa e scrive nei primi anni "80 i dieci racconti di questa raccolta con protagonisti femminili ( in prevalenza) e maschili, madri, figli, amici, coppie, coppie scoppiate, tradimenti, sotterfugi, in un percorso diacronico prevalentemente duale che ricostruisce vite interrotte o sospese, rapporti problematici, relazioni sfumate o discutibili, immergendoci in stati d' animo apparentemente insondabili.
Ogni racconto e' un pezzo di un puzzle che, pur con trame e personaggi eterogenei, segue un filone ed un pathos comune, quell' indagine del profondo che, partendo da un rapporto di coppia o dal singolo individuo, esprime ed indaga animo, spiritualità', amore, relazioni.
Lo fa attraverso descrizioni minuziose, reali, pezzi di quotidianita', paesaggi mutevoli, oggetti, vecchi edifici, ricordi, tutti inseriti in quella giostra della memoria che vede i protagonisti ripercorrere strade abbandonate, smarrite, attraversare un tempo sospeso, alla ricerca di un passato nebuloso o diversamente indirizzato, o semplicemente imboccare vie traverse cercando di dimenticare dolorose presenze.
Alla fine i personaggi spesso guidano la propria vita verso l' indipendenza e la solitudine, affrancandosi da un reale che non sentono proprio, o, semplicemente, consapevoli di non appartenere a quella effimera apparenza, ma ad una sostanza ben diversa.
Ogni racconto profuma di intimità', ha un respiro totalizzante che rapisce il lettore in un' apnea del profondo, aprendolo ad innumerevoli sensazioni d' insieme, gioie, dolori, amori, morte, stupore, rabbia, tutte sfaccettature dell' umano sentire.
In questa odissea parallela tra personaggi e paesaggio canadese, il lago Huron ritorna sempre come elemento di fondo, collante e significante supremo, contemplato, amato, dai colori mutevoli, ora turchese, ora azzurro puro, ora verde, ora argentato.
Attorno a quelle rive ed a quei fondali, ruotano innumerevoli storie e figure che emergono da acque chete, scure e profonde, popolate da misteriose presenze.
I personaggi percorrono un viaggio interiore alla ricerca di un senso, di una parte di se', a volte lo trovano, altre no, sono piuttosto fatalisti, sognatori o semplicemente desiderano apportare dei cambiamenti alla propria vita, ma non sono mai quelli in cui realmente credono.
Ed allora ci narrano storie, vere o presunte, a questo proposito trovo magnifico il racconto "Arance e mele" in cui un' ossessione d' amore scatena un thriller psicologico su un presunto tradimento che rimane incompiuto o forse consumato, chi lo sa, e poco importa, se non il film immaginato dal protagonista ( " Murray vide se stesso armato di binocolo osservare un uomo armato di binocolo osservare una donna. La scena di un film. Un film comico ").
È' una lettura impegnativa, vista lo spessore dei temi trattati e le molteplici declinazioni narrative, oltre che la difficolta' nell' indagare l' essenza dei personaggi. A volte si rischia di perdersi ricercando connessioni e chiarimenti inesplorabili con possibile deragliamento.
La chiave sta nel goderci ogni particolare, racconto, pagina, frase, scavando nel profondo, spesso una rilettura e' fondamentale, per cogliere, oltre la trama, le innumerevoli presenze sommerse ed ingrigite sul fondale di quel lago e che, lentamente, riusciamo a riportare in superficie, assaporandone la grandezza ed il respiro d' insieme.

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68 Opinione inserita da 68    16 Febbraio, 2016
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Armonia narrativa e bellezza poetica

Una voce narrante, sconosciuta, esterna ma non estranea agli eventi, anzi profondamente radicata all' interno del kibbutz di Mezudat Ram, nel nord del paese, circondato da montagne aspre ed invalicabili, un' oasi nel deserto, un luogo di comunione, una roccaforte del socialismo ebraico, ci narra la storia di questa comunità', un insieme di religiosità', di tradizioni, di famiglie, di amori, di incontri, di morti, di interazione, di cultura, e di tanto altro.
Lo fa con sensibilità' estrema, con tocchi poetici, realismo magico e simbolismo d' insieme, oltre che con arte retorica ed affabulatoria, offrendoci un racconto i cui intrecci narrazione-personaggi-storia si incastrano e si fondono dando vita ad un' armoniosa presenza.
Stupisce l' eloquio sapiente dei protagonisti oltre che la ricchezza del loro mostrarsi e del vivere la quotidianità' di una socialità' che e' sia condivisione che somma di individualità', anche differenze, contrasti, ma sempre espressione di un tutto e prodotto di elementi unici, simbiotici ed osmotici, che ha permesso la costruzione, la conservazione e la perseveranza del kibbutz tra le difficolta' della storia.
Al suo interno, dove regna un' armonia di intenti, culturali, lavorativi, sociali, educativi, la figura spirituale di Rubén Harish, poeta, insegnante, abbandonato dalla moglie Eva, fuggita in Germania, li' risposatasi e rifattasi una vita, rimasto solo con i due figli, l' adolescente e ribelle Noga, cosi' simile alla madre, ed il piccolo Gai, si intreccia con quella di Ezra Berger, camionista appassionato della Bibbia che cita di continuo, a sua volta tradito dalla moglie Bronka con lo stesso Harish e lui stesso protagonista di una relazione con Noga dalla quale ava' un figlio. Le apparenti sicurezze della comunità', verranno messe a dura prova dall' arrivo di Zachariah, fratello di Ezra, sibillino, sfrontato, manipolatore, machiavellico, causa e motore di nuovi equilibri all' interno del kibbutz.
Un esaustivo sunto della storia è' problematico perché' assistiamo a continue rivelazioni, cambi di prospettiva, di personaggi e di piani narrativi, oltre che di voci narranti.
Credo che un punto di arrivo stia nel cogliere l' insieme del flusso narrativo, in quel profondo senso di relazione, di umanità', di comunità', in quello sviscerare la storia di un angolo di mondo così' intimo, particolare, unico, cosmopolita, terra di contrasti, di guerre, di contraddizioni.
Ma l' elemento caratterizzante e fortemente presente è' la profondità' emozionale e sentimentale oltre che spirituale dei personaggi, e dei loro tratti caratteriali, così' bene espressi oltre che i mirabili affreschi di un paesaggio e di un paese dai forti contrasti, tanto dolce quanto amaro, fertile ed arido, luminoso e buio, rigoglioso e desolatamente scarno, una lingua di terra accogliente, calda, protettiva, inabissata dal pericolo, dalla provvisorieta' e da un nemico silente ed enigmatico sempre in agguato.
I protagonisti e la propria terra scorrono paralleli e simbiotici nel fiume di una vita ricca di socialità' e pettegolezzi che ne alimentano la crescita ed il quotidiano.
Amos Oz e' unico nel plasmare una scrittura magica, mutevole, avvolgente, nel dosare perle di saggezza ( " non sono gli arabi il nostro nemico, ma è' l' odio. Cerchiamo tutti di non farci contagiare dall ' odio "..." ....Chi sa avere una vita interiore è' il vero ricco"..." ...quando una persona esprime giudizi sul prossimo, senza rendersene conto esprime se stessa..." "....solo chi è' intelligente e' in grado di cogliere l' intelligenza...") e creare una magica atmosfera d' insieme, tra personaggi, luoghi, tradizioni, simboli, cultura ebraica.
La difficolta', o, per contro la semplicità', sta nel leggere tra le pieghe del racconto il senso di compattezza e completezza che oltrepassa la narrazione e prevede un viaggio più' lungo e tortuoso.
È' per questo che ne consiglio vivamente la lettura, con un procedere lento, armonioso, centellinando e gustando ogni singola parola, rileggendo i passaggi più' significativi, soffermandosi ad ascoltare quelle voci, e quei silenzi, ad immaginare ed assaporare le bellezze descrittive di luoghi, gusti, suoni, luci e colori.
È' per questo che trovo riassuntivo ed esplicativo l' epilogo, oltre che di una bellezza disarmante, rivelandoci con pochi autentici tocchi il senso del racconto, la forza della poesia e della scrittura e la grandezza dell' autore: "....Sulla poltrona discosta cade un cerchio di luce. Nessuno ci è' seduto sopra. Non bisogna vedervi uomini e donne che appartengono a un altro luogo. No, si ha da ascoltare la pioggia che batte alle finestre. Guardare solo quelli che sono qui, in questa stanza calda. Guardare nitidamente. Essere lucidi. Assorbire le voci della grande famiglia. Prendere forza. Trattenere il respiro. Forse chiudere gli occhi. Chiamare quest' ultima scena con il nome di amore."
Buona lettura.

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