Opinione scritta da Pelizzari
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Un trittico di luce
Come sempre, Musso è capace di raccontare l’impossibile, di dare un senso all’inspiegabile e di sorprendere con naturalezza, facendo di ogni suo libro un dipinto pieno di luce. In questa storia ci racconta più vite, quella di una donna che ha passato un difficile momento personale, quella di un drammaturgo, arrabbiato con il mondo, che ha come unici amici i personaggi delle sue pièces, quella di un artista, con il suo concentrato di energie e debolezze, un uomo che è anche un padre che ha perso un figlio, un dolore che consuma. In ogni vita coesistono zone d’ombra e zone di luce e forse il fatto che uno dei protagonisti sia proprio un pittore dà all’intera storia una chiave di lettura originale, con tante sfaccettature e punti di vista inusuali. Il modo di scrivere di quest’autore è sempre accattivante, assorbe come in una spirale, ti senti trascinato e senti le pagine palpitare di mano in mano che le sfogli e che ti immergi in esse. Musso sa parlare di sentimenti come pochi altri scrittori sanno fare. Particolarmente bello ed emozionante il finale.
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Freeze
E’ il secondo libro in cui incappo, nel giro di pochi mesi, che sembra un microscopio sul mondo noiosissimo dei fossili…ed è una strana coincidenza. Qui la protagonista è una bimba, molto solitaria, che parla con gli oggetti e con gli animali molto più volentieri di quanto parla con le persone. Ma è un libro che non mi ha trasmesso nulla, né interesse per la trama, né empatia con i personaggi, né tenerezza nei confronti della bambina protagonista. Un libro da freezer. Totalmente anonimo e tenuissimo nei toni, tanto da non lasciarmi dentro un minimo di impronta.
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Una madre ingombrante
Questa è la storia di un ragazzo che si vuole emancipare da una pesante storia familiare ed il personaggio che sovrasta tutti, nella sua famiglia, è proprio la madre, decisamente ingombrante, ma bonariamente, perché ha un’indole molto protettiva, un po’ “alla vecchia maniera”. Questo è un libro che fa riflettere sia sulla questione della libertà personale e di scelte di vita, sia sull’importanza della tradizione familiare, sia sull’importanza dell’integrazione nella società moderna, tema decisamente di scottante attualità. Il modo di presentare questi temi però non mi è piaciuto particolarmente, a volte perché troppo freddo, a volte perché fin quasi troppo giocoso. Un libro comunque strano e comunque curioso ed originale da leggere.
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Il sempre dell'assenza
Libro forte, intenso, vibrante, che racconta del fragile equilibrio interiore che hanno i ragazzi adottati. La storia è raccontata dalla mamma adottiva a cui crolla il mondo addosso quando la figlia si suicida, perché la morte di un figlio è un qualcosa che rompe l’ordine naturale delle cose e perché da quel giorno, tanti perché e tanti se costellano ogni istante della vita della mamma. E’ un libro pieno di sfumatura, una per ognuno dei colori che sono disseminati nel racconto e nei ricordi. E’ un libro pieno d’amore, perché l’amore è l’unica cosa che resta, è un amore che non salva nessuno, ma c’è, ed è veramente tutto. E’ un libro delicato e nello stesso tempo è un uragano. Perché il vuoto che rimane è assenza ed è incolmabile, è vuoto tutto, senza alcun colore. E’ un libro che apre una finestra sulla sofferenza a volte silenziosa di tante persone, perché ognuno ha le proprie fratture e le proprie infelicità, ma occorre fare la pace il dentro di sé, qualsiasi cosa accada nella nostra vita, perché è la nostra vita, e viverla è un dovere ed una fonte quotidiana di piccole importanti possibilità di rinascita, senza mai dimenticare nulla, ma imparando a convivere con tutto. La scrittura di quest’autrice è meravigliosa, perché è frammentaria, a scatti, con rapidi flash, fa capire come si sente dentro questa mamma, a pezzi. E’ un modo di scrivere che crea un legame particolare con il lettore, è empatico ed adorabile. Sembra fatto su misura del fragile equilibrio di tutti i personaggi che vivono in queste pagine.
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Sibilante
A mia memoria, è la prima volta che leggo un libro ambientato in Grecia e l’orientarmi fra i nomi dei personaggi da una parte mi ha fatto un po’ effetto, perché mi ha catapultato dentro i suoni tipici di quel paese, dall’altra mi ha reso la lettura un po’ ostica, perché tutte queste “esse” greche mi sibilavano nella testa, portandomi a confondere i personaggi, forse anche non troppo bene tratteggiati. Interessante il mondo degli armatori, buona la scelta di narrare questi omicidi con un io narrante che espone in prima persona, però davvero troppi gli attori, che fanno perdere le fila del canovaccio narrativo, facendo anche perdere un po’ l’interesse in merito all’esito della doppia inchiesta.
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Cercare se stessi
Un uomo si risveglia su una spiaggia senza ricordare nulla di sé. Che shock che deve essere… Piano piano, con qualche indizio, riesce vagamente a ricostruire una parvenza di propria identità, ma i punti di domanda sono tanti e vanno di pari passo con l’angoscia che queste pagine ti trasmettono, in un crescendo che è veramente molto adrenalinico. Tanti sono i momenti in cui avverti che il protagonista si sente totalmente e violentemente solo. Tanti sono i colpi di scena. Bellissima la trama, anche se c’è un punto che è proprio un cerchio che non mi si è chiuso… Bella l’ambientazione nelle isole Ebridi, con i loro panorami incantati ed il loro fascino. Bella l’idea del sentiero, che è un filo di Arianna per intraprendere sia un viaggio dentro la propria anima, sia un viaggio dentro il futuro dell’umanità, perché questo ecothriller è in larga parte dedicato al mondo delle api ed alla necessità di salvarle, per salvare noi stessi.
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Uno strano senso di equilibrio
Un artigiano che fabbrica marionette riceve una lettera che sconvolge la sua vita. Da quel giorno comincia una specie di caccia al tesoro che si sviluppa per tutto il libro con continui indizi e piccole scoperte che portano alla rivelazione finale, che dà luce a tutto il libro. Luce in tutti i sensi, perché, come lascia presagire il titolo, la storia ha un’impronta volutamente inquietante, è ambientata per buona parte vicino al cimitero del Père-Lachaise di Parigi e in un palazzo di una bellezza glaciale, fa muovere i personaggi in un’atmosfera gotica e a volte surreale, ha tutti i toni cupi del buio e della notte, ma alla fine trovi un senso a tutto, e si aprono spiragli di luce, da cui comunque vedi tante forme di amore, quello di un padre verso un figlio, quello di un uomo verso una donna, quello di un uomo verso la vita. Così come il protagonista muove marionette di mestiere, l’autore muove i suoi personaggi di inchiostro e di carta con fili sottili, tessendo una trama bizzarra, ma bellissima. Tanti gli spunti di riflessione anche in merito alla solitudine, all’erosione dell’anima ed alla follia, che sono i più grandi pericoli che incombono su chi fa lo scrittore di mestiere. Delicato e splendido il senso di equilibrio che tiene con il fiato sospeso per tutta la lettura: ti porta a pensare che la consapevolezza di una felicità inaccessibile va contrastata almeno con la costante ricerca di un equilibrio personale che deriva da un lungo percorso interiore.
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Quasi come a casa non è a casa
Un libro dalla copertina nera, che raffigura una lettera ed un paio di occhiali da lettura si pone già solo guardandolo come un libro quantomeno malinconico e forse anche un po’ inquietante. Lo cominci a sfogliare e ti accorgi che racconta fatti storici e stralci della vita di uno scrittore molto noto, Thomas Mann. Allora nei confronti del libro ti scatta come una sorta di senso di rispetto ancora maggiore. Almeno questo è quello che è successo a me, anche se non amo i libri storici e neanche troppo particolarmente Thomas Mann. Però è un libro che parla di sofferenza, di inquietudine e sono sentimenti veri, non romanzati. E’ uno stato d’animo che l’autrice ha voluto trasferire in un romanzo, raccontando una parte di vita vera di uno scrittore che ha segnato il nostro tempo, la parte della sua vita legata all’esilio volontario che lo ha visto lontano dalla propria terra per tanto tempo. Conoscere Thomas Mann attraverso la penna di qualcun altro è stata una bella esperienza, vissuta lentamente anche se il libro è molto breve. Ho sentito il suo dolore a tratti acuto e pungente, a tratti sordo e grigio, l’ho percepito come un’infiammazione cronica dell’anima. Ho pensato a come può essere il dover vivere lontani dalla propria casa, per obbligo o per una scelta che equivale ad un obbligo. Deve essere un’esperienza interiormente devastante.
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Scegliere il padre
Storia di guerra e storia d’amore. Denso. Emozionante. Vibrante. Racconta la vita di un gruppo di giovani che entrano a far parte dei servizi segreti inglesi nel periodo della seconda guerra mondiale. Racconta quel mondo, quel tempo attraverso gli occhi di giovani che non sanno neppure loro bene a cosa vanno incontro. E’ un libro che racconta il bisogno di affetto, sotto tante luci ed il grande amore che i padri hanno per i figli e che i figli hanno per i padri. L’addio del padre di Pal al figlio che sta per andare in guerra è straziante ed hai voglia, per tutta la lettura del romanzo, di ritrovare ogni tanto questo papà, come se potessi rivederlo, guardarlo, confortarlo. E’ un personaggio di una bellezza immensa. Attraverso la sua fragilità capisci il coraggio del figlio, la forza del figlio, perché anch’io nei suoi panni avrei scelto il padre. Si dice che gli ultimi giorni dei nostri padri non debbano essere giorni di tristezza, perché, attraverso di noi, sono giorni di futuro e di perpetuazione. Non è sempre così, soprattutto se dopo di noi sappiamo che non ci sarà nessuno: gli ultimi giorni dei nostri padri sono pieni di tristezza, di tenerezza e di rimpianti, per non aver fatto, per non aver detto, per aver dato per scontato. E’ un libro che mi ha emozionato profondamente.
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Una Beautiful tutta italiana
L’italianità esce da ogni riga e da ogni angolo di pagina e questo è forse l’aspetto più bello di un libro che però, nel suo complesso, mi ha un po’ stancato ed annoiato. Sembra un po’ una telenovela alla “Beautiful” all’italiana, noioso e ricorsivo, con due giovani, conosciutisi direi poco più che bambini, che si ritrovano…tutto sommato dopo molti pochi anni…quindi non un fatto così sconvolgente…e si riscoprono innamorati…ognuno a modo suo…forse comunque più di se stessi che non l’uno dell’altro. Marina Bellezza è il prototipo della ragazzina italiana che punta al successo facile, una cantante che potremmo definire una velina dei nostri tempi ed il suo personaggio porta a riflettere sul mito della bellezza, così come viene inteso e vissuto dai giovani d’oggi, un mito fine a se stesso. Marina non è un personaggio positivo, è piena di stereotipi e falsità. Il personaggio più bello è la madre di Marina, personaggio sempre sullo sfondo, sempre tenue. Peccato proprio per la storia, perché il modo di scrivere di quest’autrice secondo me nasconde grandi potenzialità.
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Camilleggiante
Non basta qualche incursione di siciliano per rendere un libro così bello e piacevole come quelli scritti da Camilleri. In questo libro si racconta la storia di un’accusa di omicidio, protratta negli anni; è una storia ambientata in una Sicilia arcaica e la cosa forse più sconvolgente è che è un fatto vero, simbolo di quelle profonde ingiustizie di cui è capace a volte solo l’Italia. Il ritmo della narrazione è lento e pedante, spezzato solo da alcune frasi scritte in siciliano stretto, che non bastano, da sole, ad alleggerire la noiosità della lettura. Si tratta di un omicidio senza cadavere e tu ti chiedi: “Ma come mai accuse così pesanti se non c’è nemmeno il cadavere?”. Ma siamo negli anni ’50, siamo al Sud e capisci, lentamente, che tutto ciò è davvero possibile. Termini la lettura con tanti punti interrogativi sociali e con un senso di sollievo perché il libro è finalmente finito.
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Scultoreo
Questo romanzo narra di un triangolo, nato per caso, vissuto intensamente, con una forza che esce addirittura dalle pagine del libro. La tecnica narrativa utilizzata è quella dello spostamento della prospettiva, ovvero tre sono i protagonisti di questa storia, il marito, la moglie, l’amante di lei e, in modo ordinatamente alternato, ogni capitolo è narrato dal punto di vista di uno dei tre, intanto che il canovaccio narrativo avanza. Tecnica stilistica che adoro, l’avevo già apprezzata in “Lei e lui”, del medesimo autore, e da allora mi è rimasta nel cuore. L’autore è un maestro nello stile, dimostra una conoscenza ed una padronanza della lingua italiana direi quasi senza paragoni. Il suo stile è ricercato, elegante, particolare ed in questo libro l’ho trovato riuscitissimo, mentre in “Villa Metaphora” mi aveva un po’ stancato. La storia parte da un elemento scatenante, fortuito, la caduta del marito dal tetto, punto d’origine del motivo della casualità dell’incontro con il terzo personaggio, Ivo, che entra nelle loro vite e le sconvolge. I sentimenti e gli stati d’animo raccontati, di qualsiasi natura, sia la passione, sia l’odio, sia l’incertezza, sono forti, violenti. Bellissimo fin dalle prime pagine, senza mai rallentare il ritmo. Direi quasi scultoreo talmente ti segna e ti resta addosso.
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Affresco londinese
Italiani a Londra. Amanti di libri. Un negozio di libri che è un simbolo e che rischia di scomparire. Non sono tanti gli elementi di questa storia, ma sono ben combinati, tanto da rendere la lettura piacevole e comunque scorrevole, anche se la trama è molto semplice, fin troppo. Il tutto è parzialmente anche autobiografico, così come si scopre leggendo i ringraziamenti. Questo libro è un affresco di una giovane generazione e, come tale, appare comunque fresco ed anche un po’ spensierato. E’ in bilico fra il lato humour inglese ed il lato malinconico italiano. E’ una storia di rinascita e speranza, perché nella vita si cade, ma ci si rialza anche. E’ una storia che celebra l’amicizia e penso sia tanto più apprezzabile quanto più si conosce la città di Londra.
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Scambio di vittima
Il giallo è ambientato in Islanda, nel 1941, in piena seconda guerra mondiale, quindi oltre alla trama c’è anche più di un pizzico di storia. Però il libro, di per sé, non ingrana. Si apre con un omicidio, che, oltre all’efferatezza, ha un particolare raccapricciante: sulla fronte della vittima l’assassino ha tracciato col sangue una svastica. Simbolo inequivocabile, che, in un qualche modo, aiuta a prendere alcune direzioni nel corso dell’indagine. L’indagine però è strascicata: si perde metà libro a chiedere in giro “dov’è Vera?” e “chi sono i ragazzi?”, con una pedanteria tale che, a metà libro, non hai più alcuna voglia di sapere dov’è questa tipa e chi sono questi benedetti ragazzi. Perdi proprio ogni interesse anche su come va a finire la storia ed è quanto ti peggio può succedere nel leggere un giallo! E’ anche un peccato che una storia ambientata in Islanda richiami così poco l’ambientazione in una terra così particolare, dove le notti sono chiare come il giorno ed avvolte nel silenzio. Lo stile è freddo, lento, non si crea pathos, non si sente l’adrenalina. Non si crea affiatamento con chi indaga. Ed è strano, perché finora ho trovato le storie di Indradason interessanti ed avvincenti. Questo è il primo volume di una nuova serie: speriamo che l’autore travasi al più presto anche in questa serie le sue capacità.
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Come l'acqua scorre la vita
Una bambina, sulle rive di un canale, perde la sorellina e fugge dalla sua famiglia, viene adottata da una compagnia di attori. Sono gli scavalcamontagne, dei saltimbanchi curiosi, con cui affronta un pezzo di vita: fra di loro c’è Leo, un bambino che subito le si affeziona e lei si prenderà cura di lui. Finchè non ritornerà a sentire il bisogno di fuggire. Il filo conduttore che ci accompagna in queste pagine è l’acqua. Che è il primo elemento che tradisce Carola, portandole via la sorella e che, ciclicamente, ritorna nella vita di questa ragazzina, che diventa via via donna, fino al momento in cui il cerchio, in qualche modo, si chiude. E’ un libro che arriva ad un piano intimo, perché tocca alcune corde private. E’ un libro che parla di sentimenti e di solitudine, perché è difficile vivere con un carico di assenze. E’ un libro che celebra anche la potenza e la bellezza del teatro, di strada e non solo: un mondo nel mondo; non è solo uno spettacolo, ma è come vedere la vita moltiplicarsi ed ingrandirsi. Ben scritto, con uno stile fluido ed armonico, che scorre, come un fiume tranquillo; ambientato ad inizio secolo, parte in Italia parte a Parigi, ci offre anche uno scorcio di storia.
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La forza della famiglia
Un libro che parla di sentimenti, che ti raggiunge dentro, che ti commuove è molto di più di un buon libro. Questo è un libro che parla al cuore, che fa capire la forza di una famiglia, da tanti punti di vista, da tanti punti di osservazione. Fin dai primi capitoli l’innocente allegria della piccola protagonista ti conquista, perché il mondo di una bambina di cinque anni è di una semplicità e nello stesso tempo di una ricchezza immense, arrivi a non sopportare più la mamma, anche se poi si rivela un personaggio più positivo di come ti aspettavi. La prima serata romantica bimba-papà è meravigliosa e ad ogni pagina ti rendi conto di come un amore, un affetto si costruisce giorno per giorno, con le piccole cose. E’ un libro che parla, in modo molto semplice e meravigliosamente scorrevole, delle strade impreviste che può prendere la vita. Perché l’unica via d’uscita dalle situazioni difficili è “attraverso”. Perché nessuno nella vita dovrebbe camminare da solo.
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Un personaggio strano
Diciamo che non è stato amore a prima vista… Questo libro raggruppa tre gialli aventi come protagonista un investigatore privato per cui non ho provato una grande simpatia, fin dalle prime battute. Fumatore di pipa, un po’ strampalato, calamita di omicidi, tanto da far impallidire “la signora in giallo”, ci porta nella Francia degli anni ’50 e mette a nudo i suoi peccati. La storia “Chilometri di sudari” è davvero brutta, leggermente migliori le altre due “Baraonda agli Champs-Elysèes” e “Morte a Saint-Michel”. Tutte sono accomunate da una forte prevalenza di dialoghi che, da una parte vivacizzano, dall’altra però ti scaraventano dentro scene in cui a volte fai un po’ fatica ad orientarti. Terribile il fatto che in ogni storia ci siano omicidi a ondate. Bisogna avvisare lo scrittore che non è questo a fare la differenza in un bel noir e che una Parigi di quegli anni poteva offrire spunti migliori.
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Intrecci italiani
Piccolo giallo all’italiana, che racconta, di fatto, tre enigmi tutti ambientati in Liguria. Potremmo definirli un sequestro di un giovane un po’ scapestrato dell’aristocrazia italiana, Giovanni, una rapina di una coppia dell’alta borghesia e un enigma da spiaggia. Lo stile con cui è scritto rende la lettura piacevole, in un’alternanza fra una storia e l’altra che stimola il proseguimento della lettura, anche se i personaggi non brillano di luce propria, nemmeno gli investigatori. Devo dire che, in particolare, il mio interesse era concentrato, fin dalle prime battute, soprattutto sulla storia di Giovanni, seppellito vivo, e del suo racconto della sua lotta contro il tempo. Punto di vista senza dubbio originale per sviluppare il racconto. Ancora più originale e sorprendente quel colpo di scena finale che, in una manciata di righe, di fatto, ricostruisce totalmente il piano di lettura del racconto, dando un senso anche al titolo del libro.
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Il prezzo della libertà
Splendido libro. Commovente. Emozionante. Vero. Attuale. Umano. Racconta la storia di una famiglia costretta a lasciare l’Afghanistan, per la grande paura di restare nella propria Kabul dopo l’arrivo dei talebani. Ed anche se questa è una storia di fantasia, è terribilmente corrispondente a tante storie vere. Ci fa capire, come se non bastasse ascoltare le storie che ogni giorno popolano ormai il nostro quotidiano, quanto è alto il prezzo della libertà e quanta disperazione c’è in tutte le vite che accettano di pagarlo, in nome anche solo della speranza di un futuro migliore, per sé e per i propri figli. La chiave di lettura che ho amato di più è proprio la forza della famiglia, perché è un libro che può essere letto dal punto di vista di una madre ma anche da quello di un figlio, ribelle e buono, capace di portare sulle spalle il peso dell’intera famiglia, così come puoi leggere la storia anche con gli occhi del padre o della sorella o del fratellino più piccolo. Il cuore di una mamma non sbaglia mai quando sceglie la strada per i suoi figli e dal cuore di questa mamma mi sono sentita scaldata anche io, perché ti rendi proprio conto che l’amore cresce a dismisura nei giardini della sofferenza e che i figli sono frammenti di paradiso: ogni respiro, ogni risata, ogni carezza è come un sorso d’acqua per un nomade del deserto.
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6 SFUMATURE DI GRIGIO
E’ sempre bella ed originale l’idea della casa editrice Sellerio di dedicare una raccolta di racconti ad un prescelto argomento. Nel caso di queste sei storie, il tema comune è la città di Milano. Ne viene però presentato un quadro estremamente grigio: in un racconto emerge il suo carattere di città purgatorio, in un altro le sfumature di grigio della città, delle sue costruzioni e della sua popolazione, in un altro la litigiosità tipica della gente del nord. Un paio di racconti sono a mio avviso addirittura tremendi da leggere, come per esempio quello della Janeczek, specchio di quello che pensa e di come vive la gioventù dei nostri giorni. Il mio racconto preferito, per stile e scelta contenutistica, è stato “Primi giorni di scuola” di Marco Balzano, devo però dire che l’intera raccolta pecca di aver gettato lo sguardo solo sugli aspetti meno belli di una città che è comunque estremamente vivace, cosmopolita, moderna e, a modo suo, anche davvero bella.
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Una spolverata di superficialità
Giallo italianissimo, incentrato su moltissimi dialoghi e tanti personaggi, anche secondari e minori, a discapito di una narrazione e di una ricchezza descrittiva che, a mio parere, avrebbe potuto dare una cornice più completa, valorizzando anche la trama. Personalmente ho inoltro trovato la storia abbastanza scontata, al punto da sembrare quasi goffa. La lettura è sì scorrevole, ma non è un elemento sufficiente a rendere questo giallo convincente, ha una trama traballante e comunque anche personaggi molto poco profondi.
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Due leoni d'argento
Romanzo breve di un autore che ancora non conoscevo. Racconta la storia di due settantenni, non ancora inariditi né nel corpo né nell’anima, che decidono di attraversare le notti insieme. Da questo libro è stato tratto un film, con protagonisti Robert Redford e Jane Fonda, che, proprio in questi giorni a Venezia hanno ricevuto il premio per la loro carriera. Leggendo il libro, non poteva essere che loro i protagonisti. Perché è un libro delicato, elegante, sussurrato. Infonde malinconia, poesia, rispetto, tenerezza. I due protagonisti sono due leoni dai capelli d’argento, che hanno vissuto vite non facili, con tutti i loro errori e la loro forza nel risollevarsi. Trovano l’uno nell’altro un rifugio per continuare ad amare la vita. Gli altri sono contrari a questo rapporto. Molto spesso gli altri ed i loro pregiudizi possono rovinare un bel rapporto, anche se strano. Lo stile in cui il libro è scritto è particolare: i dialoghi non sono contraddistinti e questo crea come un flusso continuo, come se fosse un fiume che ti trasporta. Elegante questo libro. Umana questa storia.
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Il fascino del collezionismo
Bel thriller con pochi morti e pochi assassini…perché il caso non è il classico omicidio, ma è incentrato sul furto di preziosissimi manoscritti dell’autore Francis Scott Fitzgerald. Il libro si apre con l’inquadramento del furto, poi entrano in gioco personaggi che non sai bene che ruolo avranno nella vicenda e quindi i piani di lettura si sdoppiano, perché tu sei portato a fare collegamenti che però, almeno subito, non vedi, ma sei impaziente di scoprire. E’ una storia che si sviluppa a mezza via tra un thriller ed un romanzo più semi-romantico, per questo è strana ed è strana soprattutto se confrontata con il classico stile di questo autore, normalmente più orientato ai legal-thriller. Il ritmo è comunque molto buono e vivace, la storia accende la curiosità del lettore e si conclude con un buon finale, unitamente ad un importante messaggio di fondo, perchè lascia nel lettore profonde tracce di quanto sia affascinante il mondo dei libri antichi e del collezionismo.
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Inganno e veleno
Il romanzo è ambientato a Lisbona, nell’estate del 1940 e protagonista di questa storia, a quattro facce, è indubbiamente l’inganno. Perché tutti, in questa doppia coppia di “conoscenti per caso” (perché definirli amici direi che è proprio un eufemismo…), fanno il doppio gioco e sono tutti personaggi equivoci e comunque, a mio avviso, estremamente negativi, soprattutto dal punto di vista etico e morale. La brutta “situazione”, così come viene definita nel romanzo, comincia quasi per caso; un caso un po’ pilotato, ma comunque un caso e prosegue, in un modo che è comunque molto poco verosimile. Una coppia è di fatto solo il veleno dell’altra. L’aspetto positivo, non trascurabile, è che il libro è scritto davvero bene e comunque cattura la tua attenzione, fino alla fine. Forse perché vuoi scoprire fino a dove si può spingere la grettezza umana, maschile e femminile. Ce n’è per tutti.
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Un originale punto di vista
Il libro è ambientato nella città di Anversa, nel mondo dei commercianti e tagliatori di diamanti, tutti di nazionalità ebrea, e, nella sua seconda parte, nella Londra degli esuli, nel periodo della prima guerra mondiale. Personalmente, ho apprezzato più la seconda parte che non la prima parte, che ho trovato oltremodo lenta e noiosa. Particolare le incursioni yiddish nel testo e comunque particolare è il focus su una tradizionale famiglia ebrea, esposta ai primi anni dell’età moderna ed ai primi drammi del secolo scorso. Di solito si legge degli ebrei solo da altri punti di vista.
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Troppo crudo
Dall’incipit sembra un diario e la scelta stilistica di raccontarlo in prima persona, già avvicina il lettore alla storia. Però molto presto delude, sia per la lentezza, sia anche per le scene descritte, che ho trovato eccessivamente crude e, devo dire, anche molto assurde, al limite proprio dell’inverosimile. Il personaggio femminile protagonista è davvero eccessivamente negativo. Troppo negativo per riuscire a trovare, pur nell’intero libro, qualcosa di bello da valorizzare e ricordare. E tutto questo è molto strano, visto anche l’alto livello a cui si colloca l’autrice.
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La forza della semplicità
Questa è una raccolta di racconti o, per meglio dire, vere e proprie favole, per bambini e per adulti, impreziosite da schizzi e disegni in bianco e nero davvero belli. In tutto sono sedici e sono raggruppate nei quattro capitoli delle stagioni. Da ognuna di esse, che veda o meno personaggi umani come protagonisti, trasuda il grande amore dell’autore per la montagna ed in molte di esse direi che si possono trovare spunti autobiografici. Le mie preferite sono state “Maternità” che mi ha lasciato addosso una dolcezza infinita, “Il camoscio-cervo” che mi ha ricondotto alla semplicità della vita e “La piuma” che, a modo suo, mi ha insegnato la forza, l’intelligenza e l’amore incondizionato.
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Alterne emozioni
Bella raccolta di racconti, di uno scrittore italiano che adoro. Tutte le storie sono abbastanza brevi e ho notato che il tema ricorrente, in forme anche molto diverse, è la morte. Il primo racconto, il cui titolo dà il nome alla raccolta, è forse il più bello, sia come storia, sia come stile, a tratti anche molto sperimentale. Nel racconto “Immensi cieli” mi ha molto colpito il dialogo fra il poeta e la bambina, che ho trovato di una delicatezza straordinaria. I due che mi hanno più colpito invece sono stati “De cuius”, dove ho trovato una tenerezza che mi ha commosso e “Corpo mondo”, che, seppure lungo solo due pagine, è da una parte agghiacciante e dall’altra stupefacente. Inimmaginabile cosa riesce a fare un bravo scrittore anche in una finestra così piccola.
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Spaccati di vita...
…attraverso il prisma della morte. E’ strano questo libro. Profuma di America già dalle primissime pagine, ma, molto presto…e fino alla fine…ti trasmette il profondo senso della malinconia e della tristezza tipiche della fase dell’invecchiamento. Ci racconta spaccati della vita di un uomo che hanno a che vedere con il crollo umano che ci può essere quando si perde un figlio, con il lento avvicinarsi dell’ultima età della vita, con la distruzione che certi eventi naturali comportano, con la distruzione che certi comportamenti umani possono provocare. La parte che ho più apprezzato è stato il dialogo lento, lentissimo, con la signora Pines, attraverso il quale si è potuta ricostruire la storia sua e della sua famiglia ed il suo desiderio di ritorno alle origini, per trovare, per quanto possibile, la pace. Dopo la lettura, mi resta forte addosso il senso di solitudine, di ricerca di senso, in questa vita, che è sottrazione graduale, fino ai nostri ultimi istanti.
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Nella grande bellezza...
…si celano grandi segreti… Giallo all’italiana…o per meglio dire…alla romana…scritto da una donna e con protagonista una giovane donna, estremamente simpatica, semplice, alla mano, intelligente e buona, seppur dal carattere fumantino, nonché decisamente testarda. Sì, perché di professione fa la tassista, ma, a causa di un senso di colpa, che la dice lunga sulla sua bontà d’animo, si improvvisa poliziotta alla ricerca del vero colpevole di un delitto che, forse, lei avrebbe potuto evitare. Ci viene così proposta una trama non banale, con un ritmo vivace e con intercalari tipicamente dialettali che rendono la lettura estremamente scorrevole e piacevole. Ed i sentimenti negativi che emergono dall’analisi di questa indagine, ovvero l’invidia, il rancore, la gelosia, ci portano a riflettere sulla vita dei ricchi, che ha molte più ombre di quante ce ne possiamo aspettare.
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BENVENUTO IN ITALIA, CAPITANO RHYME
Follia e genialità. Velocità e tecnologia. Ritmo e suspence. Questi sono gli ingredienti di questa nuova indagine dei detective Rhyme e Sachs, unitamente a deduzioni audaci, che fanno di ogni storia una vera perla. Ciò che più colpisce è sia la mente aperta di Rhyme, una delle risorse più importanti che un investigatore possa avere, sia la curiosità che fa di lui un uomo davvero unico. Chapeau, di cuore, alla sua intelligenza e a quella di chi lo ha creato. Buona la storia, ambientata per la prima volta in Italia. Particolare il personaggio del compositore, che, a modo suo, aiuta anche a risolvere un caso gemello che nella storia si è concatenato. Splendido ciò che questo artista del suono riesce a capire da una semplice registrazione. Quando le menti sono eccelse, non c’è che da inchinarsi a loro, dimenticando da che parte stanno. Chapeau, Mr. Deaver.
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Gli eterni "se"...
E’ un thriller che ha ritmi alterni. Inizia in modo molto promettente offrendo lo scenario di un padre che non si è ancora dato pace per la scomparsa del figlio e che sente addosso a sé tutto il peso della colpa di essere stato, proprio in quei momenti, in un posto dove non doveva essere. Poi il libro si perde, si sfilaccia, offre scenari diversi, la pedofilia, dei vicini di casa, i sospetti sul padre stesso, ti confonde, ma in modo molto dispersivo, tanto da disorientarti più che incuriosirti. Per poi ritrovare notevole ritmo verso la fine, quanto tante tessere del puzzle si ricompongono e si scopre la verità. Quello che rimane addosso è purtroppo però la parte centrale e quindi la parte, a mio avviso, meno bella. Oltre ad una delle migliori definizioni del senso di colpa che abbia mai sentito, ovvero “il dolore per il peccato che strazia dall’interno il cuore colpevole”.
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Amici e complici
Tre amici, un filosofo, uno psichiatra, un monaco buddhista decidono di fare una full immersion congiunta in loro stessi e di condividere con il mondo i loro pensieri in merito a tanti temi della vita, che interessano davvero tutti noi. Ne nascono pensieri e riflessioni che sono il frutto di un lungo loro lavoro interiore che ha radici profonde, anche nella storia della loro vita. Interessanti sono i diversi punti di vista, che, se in alcuni aspetti divergono, in altri hanno punti di contatto interessanti, pur essendo loro personaggi così diversi, tanto che questi tre sono molto più che amici, sono complici. Nel bene. Il tutto è offerto a voci alternate, che a volte sembra quasi fuse insieme ed è impreziosito da citazioni di scrittori e pensatori. Il messaggio che più mi ha colpito è che ognuno di noi ha un centro del proprio essere che sfugge ad ogni sguardo e, proprio perché il centro è la parte più vera di noi, ognuno di noi deve essere fedele alla propria natura profonda, senza farci inasprire dalle loro sofferenze e pur con le montagne russe interiori che, prima o poi, tutti ci ritroviamo ad affrontare.
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Un Montalbano padano
I ritmi di questo giallo all’italiana sono lenti, offuscati, opachi. Complice l’ambientazione nella Pianura Padana dove è la nebbia a fare da padrona, a stringere i confini della vista, ad impiastricciare di umidità ogni pagina di questo libro. Il protagonista è un vero e proprio Montalbano padano, con tanto di compagna Angela, che, da vera macchietta, dà vivacità a tratti alterni a tutta la storia. Mi è piaciuto moltissimo il finale, perché non è un vero e proprio interrogatorio, ma uno stimolo alla confessione, con domande che spogliano il mistero strato dopo strato, accanendosi sui dettagli, con una domanda finale che è la medesima che avrei voluto porre io e la risposta mi ha spiazzato.
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I LUOGHI DELLA VITA
E’ bella l’idea di dividere la storia in tre capitoli, ciascuno dei quali dedicato ad una terra promessa, il continente, la Sardegna e l’America. Bello il messaggio di fondo che indica che la terra promessa non è poi così distante dal posto in cui si è vissuti tutta la vita, perché basta un piccolo sforzo per superare ciò che ti allontana dal tuo solito mondo, per riuscire ad andare in un mondo straordinario, che è lì accanto. Molto meno bello tutto il resto, i personaggi, la trama, gli scambi. Tutto questo passa proprio inosservato e non lascia il segno.
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Semplicemente bambini
Piccolo libro, che si legge in un soffio, che racconta una storia un po’ strampalata di una sagra paesana ambientata in un immaginario paesino della Sardegna. Viene organizzata in modo litigioso perché il paese viene di fatto spaccato a metà ed ognuna delle due metà organizza la sagra praticamente per conto proprio, in concorrenza con l’altra metà del paese. I più saggi sono i bambini, che, con un piccolo espediente, riescono a fondere questa guerriglia paesana, a modo loro, creando un punto d’incontro fra queste due faziosi schieramenti. La morale della storia ci porta a riflettere sulle capacità innate che hanno i bambini…e che purtroppo perdono via via che crescono. Per tutto il resto, comunque, il libretto è davvero un po’ noiosetto.
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Una doppia vita
Thriller ricco di suspence e di spunti di riflessione anche umani. Una donna conduce una doppia vita. La conosci come mamma premurosa, la scopri fin da subito manipolatrice, spietata e senza scrupoli. Il ritmo, davvero elevato, è dettato da tutti i sospetti che ruotano attorno alla sua figura, ma anche attorno alla figura del marito, che, pagina dopo pagina, ne scopre sempre una nuova sulla donna che credeva di conoscere. Oltre alla trama di per sé davvero intrigante, il libro ci fa riflettere sul fatto che il passato spesso torna a chiedere il conto ad ognuno di noi. Dolcissima, anche se personaggio secondario, è la figura del figlio della coppia. Di spessore l’appoggio che i genitori di lui offrono, totalmente ed incondizionatamente, al figlio nonchè marito, come solo una mamma ed un papà sanno fare.
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Sotto la canicola estiva
Questa è una raccolta di racconti gialli, commissionata dalla casa editrice Sellerio agli autori che scrivono per lei. L’idea è stata quella di dare a tutti il medesimo tema dell’umida e terribile oppressione d’agosto, per raccogliere, da ciascuno di loro, spunti eterogenei, per poter proporre una raccolta di racconti a tema. Come in tutti questi tipi di raccolta, ci sono alcuni racconti meglio riusciti di altri, tutti però devo dire di assoluta piacevole lettura. I miei preferiti sono stati il racconto che vede Pedra Delicado ed il suo fedele Garzon come protagonisti, forse perché li adoro comunque e sempre e quindi anche quando sono ko e un po’ poco sopportabili causa la calura estiva, il racconto dei vecchietti del BarLume, davvero molto spassosi e, assolutamente, indiscutibilmente, il racconto di Camilleri, perché come sempre, con il suo stile inconfondibile, la sua è una vera pennellata di colore, nonché pennellata d’autore.
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Senza respiro...
…ma in un’accezione negativa…Questo libro mi ha tolto il fiato fin dalle prime pagine. Soprattutto per lo stile che, seppure forbito e segno di una profonda conoscenza della nostra lingua, per me è stato un grandissimo ostacolo alla lettura, tanto che, pur essendo cosa per me impossibile, ho abbandonato la lettura. Mi sono sentita risucchiata come se la scala a chiocciola della copertina fosse un mulinello, ma invece che catturare la mia attenzione ed il mio interesse, lo ha respinto. La storia è una lunga ipotesi, da cui il titolo, che è, se non altro, molto azzeccato, visto l’incipit del libro. Sicuramente può piacere a chi è più appassionato di storia di me, sicuramente può piacere ai lettori che hanno gusti letterari di più alto livello dei miei. Io però personalmente l’ho trovato davvero molto pesante, al punto da essere per me davvero illeggibile. Con rammarico.
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Trappola per scimmie
Già adoravo questo autore e questo personaggio. Dopo questa lettura posso tranquillamente sostenere di essere a tutti gli effetti una Holeomane. Perché non è un caso che questo Harry Hole sia il più leggendario investigatore della polizia di Oslo. Perché non è un caso che la serie dei libri dove lui è il protagonista sia così ben riuscita. Questo thriller ti aggancia fin dalle prime pagine, come farebbe una dentiera di metallo. Stringe e stritola. Ti spaventa. Ti tiene l’adrenalina a livelli altissimi. Non vorresti mai smettere di leggerlo, perché devi capire, devi scoprire, devi sapere. Ti accorgi, strada facendo, che quello che a breve scoprirai non sarà sufficiente, perché c’è altro. Lo sai ma non sai cosa ti aspetta. Bellissimo. Sconvolgente. Uno dei suoi migliori in assoluto.
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Il polmone nero
Legal thriller di un maestro del genere, di cui avevo letto qualcosa molto tempo fa, senza apprezzarlo particolarmente e che un amico mi ha caldamente consigliato di rispolverare, passandomi questa sua opera. In effetti l’incipit mi ha particolarmente attirato, per il ritmo, avvincente ed incalzante, per l’ambientazione, che va dal mondo dei grandi studi legali newyorkesi ai paesini della catena montuosa degli Appalachi, per le tematiche di fondo di salvaguardia dell’ambiente e di tutela della salute dei lavoratori, quindi temi molto vicini al mio mondo di tutti i giorni. In particolare la fa da padrone la sindrome del polmone nero dei minatori e tutti gli annessi e connessi, nonché la caratterizzazione del personaggio principale, una giovane avvocatessa per cui ho fin da subito provato empatia. Tutta la prima parte della storia mi ha entusiasmato, poi il tutto si è forse un po’ sfilacciato nella seconda parte, diventando più lento ed assomigliando più un romanzo che ad un thriller legale vero e proprio.
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L'ultimo montanaro
Splendido libro, vincitore del Premio Strega e lo avevo sul comodino proprio nei giorni in cui gli è stato assegnato il premio: una bella coincidenza. Malinconia e solitudine sono le protagoniste di questo romanzo, in cui da ogni pagina traspare l’amore per la montagna, in tutte le sue forme: la montagna vista come cornice da ammirare, d’estate e d’inverno, la montagna vista come rifugio per ritrovare se stessi nel silenzio, la montagna da vivere, la montagna da scoprire, la montagna da riscoprire. Il modo di scrivere è pacato, lento, segue anch’esso i ritmi della montagna. La storia è incentrata sulle relazioni: quelle all’interno di una famiglia, tra marito e moglie, tra padre e figlio, quelle della vita, tra due amici, tra un uomo e una donna. C’è tanta verità in queste pagine, tanta umanità, tanta semplicità. Tanta malinconia. Un senso di inevitabilità. Tanti ricordi. Perché è nel ricordo il più bel rifugio.
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UN’ADULTA INCOMPIUTA
Questo libro narra una storia personale. Penso, leggendo anche le ultimissime pagine, molto vera e quindi, di fatto un’autobiografia. Cominci la lettura e tutto ti sembra quasi un non-sense. Sei alle prese con una scrittura nervosa, fatta a scatti, ma anche densa e, a modo suo, affascinante. E’ un modo di scrivere che un po’ ti spiazza, ma ti attira. Più quello che non la storia. Quando poi alla fine la riscopri una storia vera, la riconsideri e la apprezzi di più. E’ un grande ritratto di una famiglia dell’alta borghesia italiana, dipinto dal punto di vista in una figlia. Con momenti di serenità familiare che si alternano alla guerra fredda. Ne esce un quadro a tratti destabilizzante, che ti fa entrare un po’ nella testa di una giovane donna, che, attraverso la ricerca della ricostruzione della propria storia, forse vuole cercare di ricostruire un po’ anche se stessa. A modo suo è un bel libro, ma per apprezzarlo pienamente, bisogna essere capaci di entrare in sintonia con l’autrice e, all’inizio, non è semplice. Consiglio di leggerlo e di non desistere. Perché io alla fine l’ho apprezzato molto di più.
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Un crimine di guerra
Quando un autore di thriller crea un personaggio carismatico, nel lettore si innesca un meccanismo particolare, perché si crea sia aspettativa per il nuovo caso che, di libro in libro, è al centro della scena, sia curiosità per la vita del detective che, di libro in libro, evolve e ci permette di conoscere il personaggio, e forse anche l’autore, sempre meglio. Connelly è un maestro in questo. Ha ideato la figura di Harry Bosch, che è un protagonista d’eccellenza con cui compiere questi viaggi all’interno dell’universo dell’autore. In questo libro, il caso è la risoluzione di un cold case, su cui vent’anni prima aveva indagato lo stesso detective e per cui ancora prova un senso di rimorso per la mancata giustizia per la vittima. Il caso è riapribile grazie all’evoluzione scientifica e tecnologica che permette nuovi metodi di analisi delle prove, ma soprattutto ciò che fa la differenza è la caparbietà del detective, che cerca di arrivare a quella scatola nera che, come negli aerei custodisce i segreti e permette di capire le cause, anche negli omicidi può essere quello scrigno da cui far emergere la verità. Una mano dal passato risale dalle profondità, si apre un varco in superficie e ghermisce un gruppo di soldati che pensavano di essere ormai esenti da qualsiasi pena. Bello l’attaccamento ideale del detective alla vittima, Biancaneve. Bella la sua storia personale parallela, che vede nella figlia un personaggio minore, a completamento della personalità del protagonista. Forse in alcuni tratti un po’ dispersivo o forse un po’ troppo dettagliato nelle descrizioni, al punto di rallentare la suspence in modo altalenante.
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L'uccello della notte
Un predatore spietato e calcolatore è il protagonista di questo thriller. Ma anche una persona mite, riservata e fragile. Ma anche un poliziotto, alle prese con i propri fantasmi personali. Ed una psichiatra, che è uno scrigno senza chiave e che è capace di cambiare la memoria di una persona, cancellandone elementi del passato. Ritmo altissimo ed estremamente avvincente, tanto che non riesci a smettere di leggere. Continui colpi di scena. Intrecci fra vita professionale e vita privata. Bellissimi i personaggi, protagonisti e minori. Una lettura vivace e frizzante, che stimola l’attenzione e l’adrenalina. La definirei una lettura ipnotica. Bella anche la copertina, che offre una suggestiva immagine della nebbia che avvolge il ponte simbolo di San Francisco, città in cui la storia è ambientata ed uno degli elementi protagonisti della storia.
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Il piccolo girasole
Van Gogh. Ogni suo dipinto è folgorante. Per la potenza del colore. Per la decisione dei tratti. Per il carattere. Per la sferzata di energia che infonde. Questo libro ce lo racconta, attraverso gli occhi di una giovane donna che lo ha amato tanto. Lui dipinge quello che sente. E sente quello che dipinge. E’ riuscito a rendere su tela la bellezza della solitudine; i suoi quadri sono un incanto, solcati da tratti vivi che danno il capogiro. Spighe, alberi vibrano come se fossero vivi. Esalano calore. I colori fremono. C’è movimento. C’è respiro. C’è vita. E’ un bel libro perché ci fa entrare in contatto con questi momenti di creazione, con l’essenza del genio. Per tutto il resto è uno stile un po’ strano, intervallato da stralci di articoli di giornali dell’epoca o spezzoni delle lettere al fratello Théo. Sembra però quasi più un libro volto a tratteggiare la forza e l’impertinenza della donna che lo ha amato, che non il personaggio del pittore: è stato un punto di vista che non mi aspettavo e forse non l’angolo ideale dal quale osservare un genio del nostro tempo. Meravigliosa la copertina. Una sua opera. Non poteva essere diversamente.
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Compagni di viaggio
Una giovane donna scappa in Alaska con i suoi due figli alla guida di un camper. La sua è una fuga esistenziale, che la riporta alla scoperta di se stessa e dei propri equilibri. Sopravvissuta ad un mondo personale andato in frantumi, mette un po’ di giorni in fila, per scoprire un nuovo modo di pensare. E, grazie ad una terra di montagne e di luce, rinasce. La parte più bella è la descrizione, a volte impalpabile, delle dinamiche familiari che si intrecciano in questo camper fra lei ed i suoi figli e fra fratello e sorella. Sono intensi questi scambi familiari, molto emozionanti, e mi hanno fatto pensare che, se è vero che tutti amano viaggiare (e forse per tanti il viaggio è una fuga), di fatto, tutti noi abbiamo compagni di viaggio con cui stiamo camminando da sempre e con cui sempre cammineremo: la nostra famiglia. Josie si chiede in più momenti come mai le è stata negata la felicità più semplice, quella che hanno tutti: questa è una parte che mi ha molto colpito, così come il vedere che lei stessa, guardando negli occhi i suoi figli, quella felicità l’ha riscoperta, con coraggio. Perché il coraggio è un altro modo di andare avanti.
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Un arcobaleno
Bellissimo affresco di una vita e bellissima fotografia di una città. Questo libro racconta la storia di una rinascita dell’anima di una giovane donna che ritrova se stessa in una città dai poteri direi magici. Marsiglia è un caleidoscopio, cambia colore in continuazione e cambia le persone. I suoi colori liberano la protagonista dal buio che si porta dentro e riescono a toglierle quella maschera che le vela l’anima. E’ un libro pieno di luce. Invitante fin dalla copertina che ha colori che ricordano un acquerello. Anche solo leggendo il libro senti che via via sfuma la monotonia del bianco, che nel libro ha un suo ben preciso senso perché rappresenta le origini, fino a perdersi nell’infinita coloratura del caos. E’ un libro che infonde serenità e gioia.
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Dalla parte di lei
Un libro che racconta gli anziani da un punto di vista originale, quello di una badante, con i suoi sacrifici ed i suoi affetti, le sue umiliazioni e la sua umanità, la sua umiltà ed i suoi sogni. All’inizio io pensavo che gli orfani bianchi fossero i vecchietti che lei assiste. Invece leggendo la vita della donna scopri che gli orfani bianchi sono, come suo figlio, i bambini che, pur avendo almeno un genitore, vivono in strutture che sono delle specie di orfanotrofi, perché i genitori non possono comunque occuparsi di loro. E’ bello conoscere Mirta anche attraverso gli occhi delle persone che le ruotano attorno, amici che la aiutano, donne che vivono condizioni analoghe alla sua, personaggi minori che lei incontra per caso: sono tutti piccoli attori che aiutano a tratteggiare lei, a volte con la loro ironia, tratto distintivo della scrittura di questo autore, a volte con la loro umanità, a volte semplicemente con il loro modo di starle vicino. Attraverso la storia di questa donna, che è davvero toccante e commovente, scopri che nella disperazione si è davvero tutti uguali. Ognuno a modo suo. Ma tutti uguali.
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L'abbraccio mio preferito
Raccolta di dieci racconti noir, tutti all’italiana, incastonati in una copertina semplice ma accattivante ed efficace, perché i nomi degli autori sono riportati vicino ai numeri dei rispettivi racconti come se fossero quei cartelli segnalatori che vengono messi dalla scientifica sulla scena di un crimine, il tutto su sfondo in tema, perché di colore nero. Fra questi racconti due conferme, il racconto di Arpaia ed il racconto di Vichi, che sono due scrittori che già conosco e che apprezzo, ed una piacevole scoperta, la Bucciarelli il cui racconto (“L’abbraccio”) è stato in assoluto il mio preferito. Ricco di umanità, racconta la storia di una donna ricorsiva, in cui mi sono molto riconosciuta: torna sulle cose infinite volte, a più riprese, finchè non le ritiene risolte; è il suo punto di forza sul lavoro e quello di fragilità nella vita.
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