Marcovaldo, ovvero le stagioni in città Marcovaldo, ovvero le stagioni in città

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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    12 Febbraio, 2021
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Riflettere per non rassegnarsi

Le favole moderne di Marcovaldo ci aprono uno squarcio sull’Italia a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. Ci conducono per mano nel periodo del Boom economico. Calvino, però, lo fa con la sua consueta fantasia e in molte delle venti novelle ci strappa più di un sorriso. Il contesto è solo abbozzato (basta dire che siamo in una grande città, non importa evidenziare se siamo a Milano o Torino), così come conosciamo pochi aspetti di Marcovaldo: è marito di Domitilla (come gli altri personaggi adulti porta un nome quasi da eroina di poema cavalleresco, proprio come Marcovaldo), ha parecchi figli, lavora come caricatore e scaricatore nella fantomatica ditta “Sbav”. Marcovaldo va alla ricerca della natura e delle stagioni, laddove il cemento e l’asfalto sono ormai padroni. Sogna un ritorno ad uno stato di natura. Cerca, infatti, un dialogo costante con piccoli animali, insetti, piante, ma va incontro quasi sempre ad un’inevitabile delusione. Dominano l’alienazione, il conformismo, l’omologazione, il consumismo e i ritmi frenetici del mondo neocapitalista. Sono tematiche centrali per la letteratura di questi anni che si è interrogata in ogni modo sul rapporto da tenere con l’industria. Critici letterari, poeti e narratori hanno espresso il loro parere. Celeberrimo in tal senso il quarto numero della rivista letteraria Menabò, interamente dedicato al rapporto letteratura-industria. Il libro di Calvino è composto da venti favole, ognuna delle quali collocata in una stagione (primavera, estate, autunno, inverno). Le novelle sono state scritte tra il 1952 (anno di uscita de Il visconte dimezzato) e il 1963, quando fu edito il volume di Marcovaldo. I contenuti delle favole moderne di Calvino sono in molti casi attualissimi. Un esempio tratto dall’avvio di Dov’è più azzurro il fiume: “Era un tempo in cui i più semplici cibi racchiudevano minacce insidie e frodi. Non c’era giorno in cui qualche giornale non parlasse di scoperte spaventose nella spesa del mercato: il formaggino era fatto di materia plastica, il burro con le candele steariche, nella frutta e verdura l’arsenico degli insetticidi era concentrato in percentuali più forti che non le vitamine, i polli per ingrassarli li imbottivano di certe pillole sintetiche che potevano trasformare in pollo chi ne mangiava un cosciotto”. Altri due spunti: il bombardamento pubblicitario a cui, seppur in forma diversa, siamo ancora oggi sottoposti è tematizzato nella splendida Luna e Gnac oppure gli abusi edilizi sono al centro de Il giardino dei gatti ostinati. Come detto, la fantasticheria di Calvino non manca e raggiunge livelli meravigliosi ne La città smarrita nella neve e ne La fermata sbagliata, dove domina la nebbia. In conclusione, Marcovaldo è un libro per bambini, ragazzi e adulti. Le sue favole hanno una trama estremamente semplice, ma invitano alla riflessione, perché ci permettono senza eccessi retorichi e con il loro spirito pungente di ragionare sul mondo di Marcovaldo che poi non è così diverso dal nostro. E riflettere significa non rassegnarsi.

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siti Opinione inserita da siti    10 Marzo, 2017
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FANTASILANDIA

Nel marzo del 2011 questo gustosissimo libro è apparso per la prima volta nella collana “Oscar Junior” e la scelta editoriale si è rivelata vincente: è stato proposto il testo illustrato da Sto come nella prima edizione Einaudi datata 1963, arricchito inoltre da una presentazione dell’autore che consiglia ai più giovani di saltarla pure, se vogliono, perché forse sarà più utile in qualità di “istruzioni per l’uso” ai professori. Dunque, una bella edizione per i più giovani, a partire dai nove anni. Eppure proprio in virtù di quanto afferma Calvino nella sua presentazione il libro non può essere catalogato come “libro per bambini” e nemmeno come “libro per ragazzi” o “libro per adulti”. La sua peculiarità è di essere, oserei dire, evanescente, di situarsi a ridosso di generi letterari, di linguaggi attinti dal comico, dalla favola e dalle vignette dei giornalini per l’infanzia, di non arrestarsi al reale, di non produrre denuncia ma di strappare ad ogni novella una sana, genuina, spontanea ilarità. Ci si affeziona al personaggio, filo conduttore di venti avventure- disavventure, ci si affeziona perfino allo scenario urbano nel quale opera, ci si aspetta, pagina dopo pagina , un guaio, un imprevisto, un elemento grottesco o surreale che possa trasfigurarla, ma non troppo, la realtà. La ciclicità delle situazioni è scandita dal succedersi delle stagioni, ogni novella- sono venti in tutto- è dedicata ad una di esse, per un ripetersi del ciclo stagionale per cinque volte. La stessa struttura delle singole novelle è fissa secondo un modulo che porta a scoprire la natura, a sognare un riavvicinamento ad essa, a maturare una delusione che però non annienta mai il protagonista. Spesso , a racconto terminato, potrà capitare di chiedersi quali saranno gli sviluppi ulteriori della vicenda ma si intuisce che anche se il protagonista è in partenza per Bombay, presto farà ritorno nella sua città, nella sua misera abitazione , nella sua squallida esistenza di operaio di fabbrica, coniugato, con figli a carico, perennemente in bolletta. Povero Marcovaldo, intrappolato dalla vita ma così disponibile nei suoi confronti. Suscita, oltre che simpatia, una vena di malinconia. E poi la moglie Domitilla e i bambini, Teresa, Filippetto, Pietruccio e Michelino , a rincarare la dose di ingenuità, incoscienza, accettazione incondizionata, tutti tranne la moglie che invece sbotta, borbotta, subisce consapevole: direi la vera nota realistica del libro.
In sintesi un libro da non perdere, anche e soprattutto se se ne conosce qualche stralcio, qualche episodio.

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Mane Opinione inserita da Mane    03 Novembre, 2016
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Com'è bella la città, com'è grande, viva, allegra.

20 ciak sull'esistenza di un protagonista straordinario nella sua ordinarietà: Marcovaldo.
20 preziosissimi frammenti, scanditi dallo scorrere delle quattro stagioni, che si stampano nella memoria del lettore come ricordi di momenti vissuti in prima persona.
Quasi impossibile non affezionarsi a Marcovaldo, eroe atipico, umile, maldestro e sognatore, insieme alla sua numerosa famiglia, prigioniero indomabile di una grigia ed alienante dimensione cittadina che incarna in modo esemplare tutte le contraddizioni degli anni del boom economico italiano.
La narrazione è coinvolgente e non smette mai di evocare i cinque sensi del lettore, senza cadere nelle prolisse descrizioni che di tanto in tanto appesantiscono alcuni romanzi. Inoltre, la scelta di registro linguistico e lo stile di scrittura, semplici e piacevoli quanto raffinati, rendono il testo adatto alla lettura per qualsiasi età.
Come in pochi altri casi letterari, leggendo queste pagine, si è trascinati in un turbinio di vibranti emozioni: ci si strugge per la penetrante malinconia trasmessa in certi passi, si ride di gusto per la comicità sprizzante in altri. Ma soprattutto, si riflette sulla condizione umana in questo scorcio di secolo scorso, interrogandosi ciascuno sulla propria vita, immersa nel presente e nel futuro verso cui si proietta.
In questo piccolo libro Calvino realizza un capolavoro, facendo poesia del quotidiano e filosofia con il semplice.
Regna incorruttibile allo scorrere del tempo ed alle nuove letture, nell'Olimpo dei primi tra i miei libri preferiti.

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Amante di Libri Opinione inserita da Amante di Libri    17 Settembre, 2016
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L'importanza delle piccole cose

“Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza.”
Il libro intitolato Marcovaldo ovvero le stagioni in città è composto da venti novelle, dedicata ognuna ad una stagione. Il ciclo delle stagioni si ripete in circolo per cinque volte. Alla base di ogni novella vi è il rapporto tra il protagonista, Marcovaldo e il contesto esterno, creando nel contesto immaginativo una storiella a vignette per l’infanzia. Difatti, il linguaggio utilizzato è molto semplice adatto ad un pubblico infantile, tuttavia la lettura di tale romanzo si può rivelare utile anche agli adulti per riscoprire vecchie qualità. Infatti, ogni individuo si può rispecchiare nella figura di Marcovaldo, un uomo gentile, d’animo nobile che cerca sempre di pensare a cosa è bene per la sua famiglia. Incarna lo stereotipo di padre che si spacca la schiena in fabbrica per sfamare la sua famiglia, un eroe alla Charlie Chaplin, che cerca di evitare guai alla sua famiglia. Una famiglia assai povera e sfortunata (non quanto I malavoglia) ma che tuttavia, vivono la vita in maniera diversa rispetto agli altri e non solo per il loro stato di deprivazione economica.

Marcovaldo si propone come un esempio per i suoi figli, un uomo di Natura, un buon Selvaggio, che si sente un estraneo all’interno della città, prestando attenzione alle piccole cose, ai cambiamenti da una stagione all’altra, ai suoi frutti e alle sue peculiarità. In un certo senso si comportano come degli immigrati in un mondo al quale non possono sfuggire. Egli sogna il ritorno allo stato di natura ma ogni giorno va incontro ad un immancabile delusione, perchè il mondo di oggi si basa tutto sull’economia. E’ l’azienda che regna sulle persone e sulle cose del tempo, è la società monetaria quella che vige ai tempi di Marcovaldo. Un chiaro esempio della società di oggi, troppo attenta al denaro per prestare attenzione al cambio di colore delle foglie da una stagione all’altra. Per carità il denaro è importante ed è questo che ci fa vivere ogni giorno. Quello che io mi chiedo, però, è: Vogliamo insegnare ai nostri figli questo o fargli leggere opere come questa del Calvino, dove si rieduca al bambino a “perdere tempo” per stabilire un contatto positivo con la natura?

La città non viene mai menzionata, può riferirsi a Torino come a Firenze, l’indeterminatezza è un effetto ricercato e voluto dall’autore per significare che non parla di una sola città corrotta ma che lo sono tutte. Tutte sono metropoli astratte e atipiche. Un altra cosa che si nota è l’accostare la semplicità infantile del racconto con lo stile poetico e rarefatto delle piccole miserie della vita. Un fondo di malinconia veleggia in ogni novella ma Marcovaldo non è mai pessimista nei confronti della vita: è ostinato, ostile contro chi lo è con lui e non si arrende mai. La nostalgia, il rimpianto per un mondo perduto sono i concetti chiave per progettare il cambiamento.

In conclusione non è un libro solo per bambini o ragazzi, Calvino ha scritto un opera dove il piano infantile e quello dell’adulto si incontrano in un mondo perplesso e contraddittorio. Vi è la presentazione di temi contemporanei per sensibilizzare il lettore ad uno spirito critico in costante riflessione sul mondo in cui vive.

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Per chi ha letto le città invisibili di Calvino o il fanciullino del Pascoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    31 Luglio, 2016
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La città e la natura

Sono venti novelle, ma è come se fossero un romanzo, perché la figura del manovale Marcovaldo è sempre presente, é l’uomo semplice e umile che riesce, proprio per la sua cristallina innocenza, a scoprire una realtà che sfugge ai più. La città, questo agglomerato anonimo di case, con una vita convulsa e che svilisce l’essenza umana, è un mostro di cui siamo artefici e vittime. In queste prose, in cui il ciclo delle stagioni è ripetuto cinque volte, l’ostinazione di quest’uomo nel cercare la Natura in una grande città industriale (forse Milano, ma più probabilmente Torino) finisce sempre in un insuccesso. Marcovaldo é attentissimo a cogliere i più piccoli segni di vita animale e vegetale a ogni variazione atmosferica, ma il risultato è sempre lo stesso: una cocente delusione. Ma lui non si dà per vinto e con ostinazione prosegue a cercare un connubio fra città e natura. Eppure é evidente che ciò non è possibile, poiché entrambe procedono con ritmi diversi: la prima con la velocità imposta dall’uomo, la seconda secondo le leggi dell’universo, di cui cui l’uomo è parte e non artefice. Calvino, come in una parabola, intende descrivere un tipico agglomerato urbano industriale italiano, con tutti i suoi limiti – e sono tanti - e i reiterati tentativi di un individuo semplice che vuole evadere da questa prigione alla ricerca di aria pulita, di un mondo più a misura d’uomo. Lungi dal teorizzare una decrescita felice, perché se è evidente la critica alla società industriale, è altrettanto lapalissiana un’opposizione all’idea di un possibile ritorno a epoche passate, l’opera tuttavia si presenta come un monito agli uomini, affinché, se è vero che il progresso non può essere fermato, è però altrettanto possibile che lo stesso venga indirizzato a un miglioramento effettivo delle condizioni, tenendo ben presente che alla natura non ci si può sostituire.
Lo stile è quello classico di Calvino, semplice e immediato, con un sottofondo salvifico di ironia. Queste novelle si leggono in pochissimo tempo e risultano particolarmente gradevoli non solo agli adulti, ma anche ai ragazzi.

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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    06 Agosto, 2014
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Miraggi, illusioni e delusioni

Quando si è circondati dal cemento, dall'asfalto, dallo smog, quando i ritmi di vita sono quelli frenetici e caotici della grande città industrializzata, anche il più insignificante indizio di una vita vegetale o animale può dare l'illusione di un riavvicinamento alla natura, di un'esistenza più sana e genuina. Così, soffocato e oppresso dalla grande metropoli, frustrato da un lavoro alienante e per niente gratificante che gli permette a malapena di sbarcare il lunario, Marcovaldo, stralunato manovale proletario, vaga per la città senza badare a segnali stradali e insegne pubblicitarie ma attratto da quel po' di natura che sopravvive alla cementificazione selvaggia: una famigliola di funghi cresciuti in una squallida aiola, una fresca cupola di rami di ippocastano, un piccione, una vespa, qualche alberello ai bordi dell'autostrada, una pianta in vaso all'ingresso della ditta creano nella mente del nostro eroe il miraggio di un contatto diretto con un mondo incontaminato che in realtà non esiste. Quella che si trova tra il trambusto di automobili e di tram, tra strade, marciapiedi e palazzi, non può essere la natura fresca e gioiosa che sogna Marcovaldo, ma una natura sofferente, opaca, corrotta anch'essa dal boom economico. E ogni volta che questa triste verità si palesa agli occhi del protagonista, la delusione prende inevitabilmente il sopravvento. Calvino racchiude tutto ciò in venti storielle comiche e strampalate che non nascondono una vena critica e malinconica, i cui tempi sono scanditi dal lento e ciclico avvicendarsi delle stagioni. Alternando una prosa semplice e scanzonata a passaggi più suggestivi e poetici, l'autore descrive il disagio dell'uomo moderno costretto a vivere tra asfalto e ciminiere, obbligato a lavorare in aziende simboli di sfruttamento e di folle consumismo, biasimando il concetto di civiltà industriale ma al contempo distruggendo le inani velleità di chi sogna un ritorno ad una vita più sana e campestre perché, come la storia ci insegna, tornare indietro è quasi impossibile.

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rakovic Opinione inserita da rakovic    26 Ottobre, 2012
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per piccoli e grandi

Un libro piccolo, da assaporare senza fretta, composto da venti racconti scanditi dall’alternarsi delle stagioni: si inizia con la primavera compiendo cinque “giri” completi. Al centro una famiglia umile e numerosa che vive in cattività in una metropoli qualsiasi, presumibilmente del nord, che a tratti ricorda Milano ed a tratti Torino, così vicina all’autore. Nonostante il grigiore, lo smog, il traffico, le fabbriche, l’inquinamento, nei sogni del capofamiglia esiste un mondo ecologico puro ed immacolato da ricercare negli anfratti dell’area urbana.
Siamo nel 1963 e forse ancora le città erano a misura d’uomo, ma in pieno boom economico la civiltà dell’industria e della tecnologia iniziava a macinare le famiglie e gli individui. Marcovaldo è l’antesignano del ragionier Fantozzi, stesse situazioni paradossali stesso eroe- antieroe che pur nella sfortuna totale riesce a cadere sempre in piedi ed a vivere la sua piccola vita cercando un mondo che non esiste nella sua realtà. Calvino dà un ulteriore sfoggio della sua capacità davvero unica: scatenare pensieri profondi negli adulti partendo da storielle che sembrerebbero scritte per i bambini o per adolescenti. Invece tra le righe si ritrovano delle vere e proprie lezioni di vita condite con ironia, sorrisi ed anche un velo di tristezza. Poetico.

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la trilogia di Calvino
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manu chan Opinione inserita da manu chan    27 Giugno, 2012
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Ingredienti: inquinamento e fantasia

Passano le stagioni sulla ruota ferma dell'anno solare, passano gli autobus e i tram sulla solita via dove abita Marcovaldo, la cui famiglia numerosa vive in un umido scantinato in una città alle prese con il boom economico ed industriale. Il cielo è sempre nascosto da una lieve, ma sempre presente coltre plumbea; proprio quella che causa ai bambini di Marcovaldo le tossi e le febbri. Ma il grigiore della città si alterna sempre ai sogni fantastici del protagonista, che cerca di contrastare il ritmo frenetico dei mezzi e della ciminiere con una sconfinata fantasia che lo porta lontano dai rumori e dagli odori della sua metropoli, dove esistono prati verdi (perché esistono, vero?) e dove le mucche possono pascolare in tranquillità.
Ha il suono delle favole, questo romanzo di Italo Calvino, che attraverso la sua penna magica riesce a trasformare l'inquietudine per la nuova trasformazione industriale della città in una storia con la S maiuscola. In fondo non è poi così difficile immaginare una città diversa da quella che abitiamo: basta mettersi alla bocca una mascherina contro lo smog nauseabondo e rivolgere gli occhi al cielo, dove la fascia dell'inquinamento non è più visibile; forse è questa la ricetta per i sogni. Leggetelo, può risultarvi utile.

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isabella82 Opinione inserita da isabella82    06 Febbraio, 2012
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Il grigiore urbano sconfitto dalla fantasia

Scoprire per caso un buon libro e innamorarsene, perchè parla del tuo mondo, di quello che vivi tutti i giorni, quando esci dalle porte della tua grigia ditta e attraversi il traffico delle strade e vieni stordito dai fanali abbaglianti di altri che come te hanno terminato una lunga giornata. Marcovaldo è subito stato un dialogo diretto tra un'autore lungimirante e l'esperienza di vita quotidiana. Calvino ci parla di un uomo qualsiasi e di una città qualsiasi che per comodità chiameremo Torino. E' lì che ambienta i venti episodi che vedono come protagonista un umile manovale italiano, il classico uomo medio che incarna molte delle viltà e dei limiti che ci rendono gli uni simili agli altri. Marcovaldo però ha qualcosa di diverso, egli ricerca la vita oltre il grigiore delle strade, oltre la cortina spessa delle insegne, dei lampioni, dei semafori. Combatte contro il lavoro, il desiderio innato di primeggiare, contro un mondo ostile e spigoloso che egli cerca con la fantasia e l'ingenuità di reinventare.
Gli fanno da contorno una famiglia numerosa, uno scantinato da cui sogna il cielo stellato, un'azienda di fantozziana memoria (o meglio un'azienda a cui Paolo Villaggio si rifarà) e la natura, che spunta timidamente tra l'asfalto e l'indifferenza umana.

Ci fa sorridere Marcovaldo, perchè ci prova sempre, ma non gli riesce mai di uscire dagli schemi. E' una lotta impari tra un'urgenza mediatica globale di informazione, comunicazione e massificazione (che quasi antesignano Calvino aveva già recepito), e il desiderio, il sogno, l'anelito umano verso il paese di Utopia. Questo ritorno all'età dell'oro non avviene per Marcovaldo, ma egli tenta ugualmente di disegnare un mondo nuovo, tutto suo.

Leggetelo, vedrete come parla di tutti noi.

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macchiolina Opinione inserita da macchiolina    02 Febbraio, 2012
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Noi cittadini del niente

La critica alla "civiltà industriale" si accompagna a d una altrettanto decisa critica a ogni sogno di un paradiso perduto. L'amore per la natura di Marcovaldo è quello che può nascere solo in un uomo di città. questo estraneo alla città è il cittadino per eccellenza. Tristezza.Tristezza in ogni racconto: quello del coniglio velenoso è terribile. E ironia. Ironia ovunque.Un libro che si legge in due ore, facile facile, ma che offre tanti, tantissimi spunti di riflessione. Più che attuale. Eppure ha più di 40 anni. Forse perchè i due momenti e sociali, quello a cui appartiene l'opera e quello attuale, in un certo senso coincidono, oppure forse perchè l'essere umano con le sue debolezze, i suoi desideri e le sue miserie rimane sempre lo stesso.
Calvino rimane un grande della letteratura italiana:ironico,pungente e sempre attuale.

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LauraZ Opinione inserita da LauraZ    03 Settembre, 2011
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Davvero divertente

Credo che "Marcovaldo" sia una delle più belle opere di Italo Calvino. Il protagonista, appunto Marcovaldo, è un personaggio deivertente e forse un po' ingenuo, un padre di famiglia non di certo in una situazione economica agiata. Egli è una persona semplice: lavoro, casa e famiglia. In particolare è pronto a fare sacrifici per sua miglie Domitilla e i suoi figlioletti, che hanno nomi un po' bizzarri: Isolina, Filippetto, Michelino e Teresina... Il suo spirito di sacrificio è evidente in "Il bosco sull'autistrada", in cui Marcovaldo si avventa nel freddo della sera per andare a recuperare della legna per la stufa. Al posto degli alberi, però, finisce per tagliare con la sua sega dei cartelli pubblicitari che si trovana a lato dell'autostrada... Insomma, un racconto davvero comico... Italo Calvino riesce a dare tante emozioni e con un po' di umorismo è in grado di far emergere una realtà contemporanea non molto diversa da qualla in cui vive Marcovaldo...

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faye valentine Opinione inserita da faye valentine    20 Ottobre, 2010
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Letto e riletto...

Splendido, spassosissimo, l'ho letto e riletto non so quante volte e ad ogni età: sa regalare sempre emozioni diverse.
Marcovaldo è un protagonista sempre attuale e che non annoia mai, le sue avventure sono surreali ma di grande critica sociale.
Lo consiglio anche ai ragazzini per ridere in modo intelligente ed educativo e ai "non più ragazzini" per riflettere sorridendo. Lo apprezzerete anche se non siete fan accaniti di Calvino: lo specifico perché personalmente lo trovo un autore un po' pesante in alcune sue opere, e Marcovaldo non è nulla di tutto questo!

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