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Nella vita si ha bisogno di andare avanti
Il romanzo inizialmente mi ha preso molto, tanto da farmi isolare dal mondo pur di proseguire con la lettura e cercare di conoscere meglio i personaggi.
Forse mi aspettavo qualcosa di diverso, una trama comunque lineare, invece più si va avanti con la lettura più il romanzo sembra che abbia moltissime frasi ad effetto messe lì sapendo che, paragrafi sulla sofferenza psicologica di una persona riescano ad attrarre un numero maggiore di persone curiose di leggere il libro. In fondo, non c’è felicità senza dolore.
Il problema, però, è che l’autore, secondo il mio punto di vista, si perde e non riesce a seguire la trama che lui stesso si era prefissato.
Non c’è nessun colpo di scena, nessun movimento, nessuna chiarificazione.
I personaggi non si muovono dal punto nel quale stavano inizialmente e a fine romanzo sei esattamente al punto di partenza, come prima di iniziare la lettura di questo libro perché i personaggi non mutano, non si evolvono e quindi il lettore si domanda perché sia stato scritto questo romanzo. Come nella vita stessa, così nei romanzi, si ha bisogno di andare avanti, di mutarsi, di cercare uno scopo, un qualcosa che possa farci stare bene; cosa che in “Chi sta male non lo dice” non accade.
Persino alla fine, con il finale del libro, non si sa se sia successo qualcosa che possa smuovere le cose o lasciarle tutte immutate. Non ha, quindi, un vero finale.
Credevo che il romanzo, dopo aver letto i primi capitoli, mi sarebbe potuto piacere perché vi erano delle frasi molto interessanti, invece l’autore si perde in un bicchier d’acqua.
I personaggi infatti risultano piatti e senza carattere.
Peccato, perché secondo me sarebbe potuta essere una storia interessante se la trama fosse stata chiara e portata avanti come invece non è stato fatto, se i personaggi fossero stati caratterizzati invece di dipingerli come persone che non sanno far altro se non lamentarsi, soffrire e non lottare.