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un albero "miracoloso"
Severino Bellino scrive il suo libro La Quercia del Myr nel lontano 1957, esattamente sessant’anni fa. Il libro ha una sua elaborazione intrinseca alquanto singolare e degna di nota. Severino Bellino nasce a Roburent, in provincia di Cuneo nel 1911, diventa maestro elementare, andando ad insegnare in vari luoghi, fino al ritorno definitivo nel suo paese natale.
Il libro suddetto partecipa ad un concorso letterario, e giunge tra i primi finalisti, ma non vedrà mai la sua pubblicazione. Fino a quando, trent’anni dopo la sua scrittura, alcuni allievi del maestro, tra cui Bruno Vallepiano, decidono di costituire un premio letterario in suo onore. Ed è così che finalmente il testo viene pubblicato dalla casa editrice Baima Ronchetti, nella collana Biblioteca degli scrittori piemontesi, in questo stesso anno. E il concorso letterario, che da lui prende il nome, ha un successo di autori e di opere partecipanti di elevato ed encomiabile successo.
Il libro è di fascinosa lettura, appartenente a quel filone letterario che vede nel libro Cuore di Edmondo De Amicis il suo esponente di spicco. Narra di tempi e di atmosfere lontane, che oggi non esistono più, ma sicuramente è di ottima pregnanza letteraria. Racconta la storia di un bambino di nome Norberto, che vive in un piccolo paesino della montagna piemontese all’inizio del Novecento. Un paesino dove la vita quotidiana era spesso misera e particolarmente difficoltosa, ma intessuto di grandi valori umani e di grande solidarietà. Ci si aiutava gli uni con gli altri, e la disgrazia di uno diventava la disgrazia di tutti. In questo ambiente Norberto prima perde il padre, morto in circostanze misteriose, e poi la madre, che in punto di morte gli sussurra qualcosa attinente la famosa “Quercia del Myr”. Che cosa è? E’ un maestoso albero, metafora della vita stessa, su cui grava una leggenda particolare. Infatti quando una alluvione travolge, in epoche distanti, il paese, si salvano soltanto pochi. Infatti:
“Quando il cataclisma cessò, nel paese non restava che un cumulo di rovine fangose. Campi e strade erano sommersi… su tanta desolata rovina, alta e maestosa, si alzava la quercia di Mirco, coi grossi rami carichi di gente. Anche quelli che erano saliti alla grangia si erano salvati. (…) Il paese venne poi lentamente ricostruito e la vita riprese tranquilla e normale. La pianta divenne famosa col nome di Quercia del Myr!”.
Norberto non comprende immediatamente il significato delle parole materne, perché costretto nell’immediatezza a far fronte alle pressanti necessità della vita. Ha mille avventure, conosce persone di ogni tipo: maligne e cattive, egoiste ed insensibili, ma anche buone ed oneste. Fino a che… scopre la verità, che è sorprendente e tragica al contempo.
Una lettura semplice, brillante. La prosa è scorrevole, e risente particolarmente delle caratteristiche del genere a cui appartiene. Leggere ai bambini di oggi un testo simile, perennemente”connessi” e alle prese con una tecnologia che soffoca sempre di più l’inventiva e l’estrosità, può apparire sorprendente. Ma certamente può aiutare notevolmente a recuperare una “dimensione umana” e anche sentimentale e morale che va, oggi come oggi, perdendosi nel limbo della quotidianità. Un libro che trasmette valori morali ed umani di alta caratura, di cui non dovremmo mai perdere l’importanza. Una lettura di fascino e di bellezza.