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L'importanza delle piccole cose
“Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l’attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c’era tafano sul dorso d’un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza.”
Il libro intitolato Marcovaldo ovvero le stagioni in città è composto da venti novelle, dedicata ognuna ad una stagione. Il ciclo delle stagioni si ripete in circolo per cinque volte. Alla base di ogni novella vi è il rapporto tra il protagonista, Marcovaldo e il contesto esterno, creando nel contesto immaginativo una storiella a vignette per l’infanzia. Difatti, il linguaggio utilizzato è molto semplice adatto ad un pubblico infantile, tuttavia la lettura di tale romanzo si può rivelare utile anche agli adulti per riscoprire vecchie qualità. Infatti, ogni individuo si può rispecchiare nella figura di Marcovaldo, un uomo gentile, d’animo nobile che cerca sempre di pensare a cosa è bene per la sua famiglia. Incarna lo stereotipo di padre che si spacca la schiena in fabbrica per sfamare la sua famiglia, un eroe alla Charlie Chaplin, che cerca di evitare guai alla sua famiglia. Una famiglia assai povera e sfortunata (non quanto I malavoglia) ma che tuttavia, vivono la vita in maniera diversa rispetto agli altri e non solo per il loro stato di deprivazione economica.
Marcovaldo si propone come un esempio per i suoi figli, un uomo di Natura, un buon Selvaggio, che si sente un estraneo all’interno della città, prestando attenzione alle piccole cose, ai cambiamenti da una stagione all’altra, ai suoi frutti e alle sue peculiarità. In un certo senso si comportano come degli immigrati in un mondo al quale non possono sfuggire. Egli sogna il ritorno allo stato di natura ma ogni giorno va incontro ad un immancabile delusione, perchè il mondo di oggi si basa tutto sull’economia. E’ l’azienda che regna sulle persone e sulle cose del tempo, è la società monetaria quella che vige ai tempi di Marcovaldo. Un chiaro esempio della società di oggi, troppo attenta al denaro per prestare attenzione al cambio di colore delle foglie da una stagione all’altra. Per carità il denaro è importante ed è questo che ci fa vivere ogni giorno. Quello che io mi chiedo, però, è: Vogliamo insegnare ai nostri figli questo o fargli leggere opere come questa del Calvino, dove si rieduca al bambino a “perdere tempo” per stabilire un contatto positivo con la natura?
La città non viene mai menzionata, può riferirsi a Torino come a Firenze, l’indeterminatezza è un effetto ricercato e voluto dall’autore per significare che non parla di una sola città corrotta ma che lo sono tutte. Tutte sono metropoli astratte e atipiche. Un altra cosa che si nota è l’accostare la semplicità infantile del racconto con lo stile poetico e rarefatto delle piccole miserie della vita. Un fondo di malinconia veleggia in ogni novella ma Marcovaldo non è mai pessimista nei confronti della vita: è ostinato, ostile contro chi lo è con lui e non si arrende mai. La nostalgia, il rimpianto per un mondo perduto sono i concetti chiave per progettare il cambiamento.
In conclusione non è un libro solo per bambini o ragazzi, Calvino ha scritto un opera dove il piano infantile e quello dell’adulto si incontrano in un mondo perplesso e contraddittorio. Vi è la presentazione di temi contemporanei per sensibilizzare il lettore ad uno spirito critico in costante riflessione sul mondo in cui vive.
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Per me, che non sono lettore di racconti, non è stato agevole apprezzare questo libro.