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Coltivare nuvole per crescere sani
// ATTENZIONE SPOILER//
L’Albero di Nuvola di Enzo Braschi è un racconto lungo (o romanzo breve) che in 90 pagine circa racconta la vicenda di Stefano, quattro anni, un bambino solitario e riflessivo, che si affaccia alla vita e inizia a contemplarla. La prima “finestra” sul mondo è proprio quella della sua casa, quando un pomeriggio in cui è particolarmente annoiato, affacciandosi per guardare fuori in giardino, Stefano vede una palla di pelo bianca che sembra un gattino smarrito e si rivelerà, invece, una nuvola.
Stefano decide di seppellire la nuvola che, germogliando, diventa un albero grande e grosso, che in sé racchiude i sogni di tanti bambini, sogni che saranno raccontati a Stefano, per insegnargli che la vita è una vicenda complessa e che ogni cosa, anche la più piccola, fa parte di un Grande Tutto.
L’albero di nuvola è un libro per bambini e, come si legge sulla copertina, “il libro che ogni bambino dovrebbe leggere ai suoi genitori”. Qua e là è disseminato di insegnamenti e massime sulla vita: “anche quello che non ci pare di alcuna utilità ha il suo valore” oppure “basta che uno voglia veramente una cosa perché la ottenga. E’ che i grandi non vogliono mai veramente quello che dicono di desiderare”.
La storia è ben scritta, indubbiamente. E se vi piace il genere, può essere piacevole nella sua semplicità e schiettezza (qui e là c’è qualche pecca, come la maniera in cui a volte parla Stefano, un po’ troppo da adulto, per essere un bambino di quattro anni). Volendo approfondire un po’ contenuto, la dicotomia tra sogno e realtà, tra età adulta e infanzia è stata sfruttata un po’ troppo e in qualsiasi modo dagli scrittori per l’infanzia. Se devo far leggere a mio figlio qualcosa che parli di sogni e realtà, di adulti e bambini gli consegno Alice nel paese delle meraviglie, che tutt’ora rappresenta al meglio il genere o "Il Giardino Segreto" o ancora "Peter Pan". Il romanzo, insomma, non aggiunge nulla di nuovo al filone ispirato al “Il piccolo principe”, eccedendo in una visione contemplativa e un po’ troppo zen della vita, procedendo per cliché, a volte anche un po’ irritanti (il bambino incompreso, gli adulti che credono di poter risolvere tutto con la “scienza”, le nuvole, il cielo, i sogni, la vita) e culminando in un finale che non è affatto per “bambini” ma per adulti, con Stefano ormai anziano, che ritorna dal suo albero, dopo una vita di solitudine, per tornare a far parte del Tutto.
La debolezza della storia è, insomma, che nasce come favola per bambini, ma in realtà è il racconto di un adulto per altri adulti, che vedono i bambini come piccole copie di loro stessi, solo con più opportunità.