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MIRABOLANTI PERIPEZIE di Maria Elisa Consiglio
MIRABOLANTI PERIPEZIE di Maria Elisa Consiglio - Pinocchio, prototipo del bugiardo a cui cresce il naso a ogni bugia che dice e che fa rivivere ai suoi lettori molte emozioni, è e sarà per sempre vivo. Il tronco di pino di Benigni, che rotola, rotola, rotola, urtando tutte le forze del Paese, dai gendarmi ai baroni, ai personaggi più autorevoli, arriva nel laboratorio di Geppetto, che ne ricava un pupo di legno, nella segreta speranza di vederlo trasformato in un bambino vero. “Un solo colpo di bacchetta della Fata turchina e il burattino acquista vita propria, affiancato dal Grillo Parlante, istanza superegoica continuativamente pronta ad afferrarlo per i capelli” (M. Perriera,www.novefirenze.it, 7/7/2011). Tante sfaccettature in PINOCCHIO. Libero, scanzonato, birichino, di volta in volta ammaliato dalla musica dei pifferi, dalla lusinga dell’albero di monete d’oro, dai colpi di grancassa del Teatro dei Burattini, dalle attrattive del Paese dei Balocchi, da varie figure inaffidabili e ingannevoli, corre dietro alle farfalle, ignorando il senso del dovere, l’affetto di un padre, la sollecita tenerezza della fata turchina, ancoraggi sicuri dalle sabbie mobili dell’anarchia impulsiva. Censura di ogni inadempienza? Esaltazione dei principi dell’Italia appena unificata? Celebrazione di una pedagogia volta a reprimere comportamenti ritenuti devianti? Bisogna andare cauti nelle risposte. Il burattino di Collodi, con il suo essere continuamente in bilico tra la disposizione verso atteggiamenti spiritualmente propositivi e la chiara condivisione di comportamenti trasgressivi da cui è profondamente affascinato, fa sentire il suo scetticismo polemico contro le rigide emanazioni amministrative, i programmi ministeriali inadeguati, la preparazione dei maestri comunali incapaci di svecchiare il neonato stato italiano ancora in cerca di una propria identità culturale. Carlo Lorenzini, insomma, con inconsapevole lungimiranza, dice basta all’imposizione passiva di precetti sterili travasati da libri artificiosi, è arrivato il momento di allargare gli orizzonti degli allievi, favorire l’insorgere spontaneo degli interessi, tendere alla formazione di una mentalità aperta al confronto dialettico; nel suo bifrontismo, con la protettiva lente dell’umorismo, dice senza esporsi, nell’implicita riprovazione della marionetta che, rientrando nell'ordine, indossa “la maschera” tanto condannata da Pirandello e soffoca la libertà creativa del “fanciullino” di pascoliana memoria. “Il fascino dell’opera risiede proprio in questa dicotomia, con una conclusione della fiaba che è drammatica solo in apparenza; se il neo Pinocchio, infatti, diventa la brutta copia del ragazzo ”perbene”, una lettura più attenta fa puntare l’attenzione sul finale aperto, in cui Pinocchio-Bambino va a scuola, mentre la sua ombra si allontana per continuare a giocare allegra e tranquilla” (M. Perriera, Ibidem). La vera trasformazione è, dunque, quella psicologica interna al soggetto che accetta le regole per intima convinzione, senza, però, rinnegare le mirabolanti peripezie della sua precedente vita burattinesca.