Joyland
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Erin True Crime
Come rischiarare una nuvolosa e triste giornata autunnale? ma con un nuovo libro di uno tra i propri autori preferiti, ovviamente! Ecco perché, a dispetto di una TBR strabordante di titoli in attesa da anni, lustri e perfino decenni, ho deciso di scegliere "Joyland", approdato sui miei scaffali soltanto all'inizio di settembre come regalo molto gradito. Dal momento che il mio umore in effetti è migliorato, non rimpiango affatto di avergli dato la precedenza!
La narrazione è affidata allo studente universitario Devin "Dev" Jones che, nell'estate 1973, si trasferisce ad Heaven's Bay nella Carolina del Nord per lavorare come Allegro Aiutante nel parco divertimenti Joyland. Qui il giovane scopre che il Castello del Brivido è stato il teatro di un macabro delitto anni prima; decide per tanto di far luce sulla vicenda, dando finalmente pace allo spirito della vittima, che sembra infestare l'attrazione comparendo sporadicamente a visitatori e membri dello staff.
Pur essendomi gustata appieno questa lettura, non voglio nasconderne i difetti. Un primo problema è dato dalla sinossi, che confonde parecchio le idee su quale sia la storia da seguire ed anticipa troppe informazioni, arrivando addirittura a spoilerare un evento legato al finale! Comunque, la poca chiarezza della trama non è da imputarsi solamente a chi ha curato l'edizione: nella prima metà del volume infatti, vengono sottolineati degli elementi molto diversi tra loro, e per questo risulta difficile capire quale sia il filone narrativo principale.
Da un punto di vista più soggettivo, devo ammettere di non aver gradito più di tanto la parentesi romance, a mio avviso troppo fine a se stessa. Neppure il finale mi ha convinto appieno, perché lascia alcune sottotrame in sospeso, oppure fornisce una spiegazione poco chiara; e penso in particolare a come viene risolto il problema dell'infestazione spettrale.
Ma lasciamo da parte le lagnanze per concentrarci sugli aspetti più riusciti. Innanzitutto, ho apprezzato fin dalla prima riga il tono spigliato e irriverente del protagonista, ottimo per rappresentare un narratore maturo che guarda con ironia alla sua giovinezza. Mi hanno colpito in positivo poi le piccole anticipazioni che costellano l'intero romanzo, perché rendono più interessante la narrazione, creando dell'aspettativa. Dopo anni di lodi al caro Stephen sembra ormai superfluo, ma non posso che menzionare anche l'ottima caratterizzazione di protagonisti e comprimari, creati mescolando tratti inediti con qualche cliché, con il risultato di ottenere dei personaggi memorabili ed immediatamente accattivanti.
Personalmente mi è piaciuto molto il modo in cui viene rappresentata la crescita di Devin, all'inizio descritto come un ragazzo insicuro sul suo avvenire, che pian piano impara ad accettare i propri difetti ed a farsi forza dei sui pregi; la risoluzione che leggiamo nel finale è una bella metafora della sua neonata consapevolezza. Un'ulteriore elemento positivo a mio parere è dato dall'atmosfera, che risulta perfetta per la fine dell'estate, trasmettendo un senso quasi sognante di nostalgia. E probabilmente, proprio averlo letto in questo periodo dell'anno mi ha permesso di apprezzarlo così tanto.
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Quando un luogo per bambini fa diventare adulti
Siamo di fronte ad un King più maestro di vita che dell'orrore.
Il ventunenne Devin Jones, universitario in bolletta col cuore spezzato, trascorre l'estate del 1973 in Carolina del Nord, ad Heaven's Bay, dove trova lavoro nel modesto luna park di Joyland, dove due anni prima è stata uccisa una ragazza all'interno del "Castello del Brivido", che da quel momento si dice sia stato infestato dal suo fantasma . Sarà un'estate di nuovi amici fidati, di nuovi amori, di crescita verso l'età adulta ma anche di terrore: Devin dovrà proteggere la donna di cui si è invaghito ad ogni costo.
Joyland è indubbiamente un'opera fuori dalle tipiche corde del Re, ma non per questo deve essere considerato di inferiore qualità. Tutt'altro. Necessita solamente di essere letto con un occhio che non si aspetta di venire terrorizzato, bensì di imparare, di crescere: Devin incarna la maggior parte dei ragazzi della sua età, ovvero un'eta di incertezze verso il futuro, di drammi inutili, un periodo in cui si ridefiniscono le priorità e si iniziano a ponderare in modo più profondo le persone.
E' proprio questo che fa il nostro protagonista nell'arco di tutto il libro, dove il thriller ed il tema investigativo fungono solo da contorno, anzi, da pretesto per crescere. E' infatti un libro molto incentrato sulle prime volte: le prime fantastiche, imbarazzanti e insostituibili prime volte.
Tutto ciò porta all'aspetto che ho amato di più in questo romanzo: l'atmosfera.
L'atmosfera creata da King è di pura magia, fatta di tanti piccoli sciocchi particolari che ti fanno viaggiare con la mente: una spiaggia, il mare, la brezza fresca, persone che vorresti avere davvero affianco nel tuo quotidiano, a cui ti affezioni e che ti spezzano il cuore quando giri l'ultima pagina e trovi il bianco di circostanza. Un'atmosfera estiva che ti fa commuovere, che puoi respirare.
Ma nonostante tutto non state troppo sereni...il plot twist colpisce basso e duro.
Personalmente ho amato questo romanzo perché mi ha emozionato, perché ha sempre saputo suonare le note giuste sia nel contenuto che nel modo di esporlo. Ciò che mi ha lasciato alla fine è quel raro e ricercato agrodolce che ti ammalia la mente.
Ho davvero apprezzato anche la brevità dei capitoletti, poiché riescono a dare un ritmo incalzante.
Voto unico dato nel complesso 9/10
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Prime dolci, nostalgiche, volte
Heaven’s Bay, località fittizia della Carolina del Nord. Estate 1973.
Devin Jones ha 21 anni, è uno studente universitario e per permettersi di iscriversi ad un altro anno accademico decide di trascorrere l’estate lavorando a Joyland. È un parco giochi vecchio stile, lontano dalla mondanità dell’emergente fenomeno Disney World, inaugurato ad Orlando nel 1971, ma ancora in grado di assicurare tanto divertimento.
Mentre la fidanzata, di cui è ingenuamente innamorato, si trasferisce a Boston per quella che ha tutta l’aria di essere una fuga più che un trasferimento, Devin si immerge nel magico mondo di Joyland tra nuove amicizie e bizzarri colleghi di lavoro.
Due anni prima il parco giochi era diventato tristemente famoso per essere stato teatro di un omicidio di una giovane ragazza, Linda Gray. Secondo la leggenda, il fantasma della vittima è rimasto intrappolato nel famigerato Castello del Brivido.
Leggendo la trama di “Joyland”, si rischia di aspettarsi un certo tipo di genere letterario. Il romanzo, al contrario, offre tutt’altro. La componente horror è marginale rispetto a quello che è l’obiettivo di King, ovvero raccontare una storia. Più precisamente una storia di formazione. Quella di un ragazzo ventunenne che nel corso di un’estate diventa un uomo.
E a raccontarcela è lo stesso Devin, nel 2012, in una sorta di diario che ripercorre la magia di quell’estate indimenticabile del 1973.
Nostalgica e struggente è la descrizione degli anni ‘70 della costa Est degli Stati Uniti, tra jeans sdruciti, telefoni a gettoni, i The Doors e i Pink Floyd sulla cresta dell’onda, i parchi giochi e le fiere itineranti che attiravano ancora una moltitudine di pubblico. È una storia di prime volte, tenere e dolci.
Il primo incarico lavorativo, la prima impagabile sensazione di indipendenza, le prime vere esperienze con l’universo femminile.
Nelle retrovie, come un’ombra minacciosa, il fantasma di Linda Gray che chiede giustizia.
Anche per me la lettura di questo romanzo ha rappresentato una sorta di prima volta. È stato infatti il mio primo libro di Stephen King.
E se da un lato la componente horror non sfrutta a dovere le potenzialità che un’ambientazione come Joyland poteva offrire, dall’altro ho divorato le 350 pagine, apprezzandole per la delicatezza e le tante sfumature che King dimostra di saper trasmettere quando scrive storie di formazione.
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Se King avesse ancora le energie e l'ispirazione d
Poco tempo fa mi sono lasciata tentare e ho acquistato questo Joyland incuriosita dalla trama che prometteva un ritorno ai vecchi temi cari a King.
Una storia ambientata in un parco divertimenti americano dove la storia di un ragazzo si intreccia con un mistero, con un bambino dai poteri paranormali e altri temi cari a King come l’infanzia, la giovinezza perduta, l’adolescenza che si porta dietro le sue magie e i suoi dolori apparentemente insormontabili.
Devin Jones è un giovane studente universitario che per la stagione estiva decide di lavorare in un parco divertimenti per racimolare qualche soldo, parte con pochi soldi in tasca e triste perché ha la sensazione che non rivedrà più la sua ragazza Wendy che invece è partita anche lei per lavorare, ma altrove... e forse anche con qualcun’altro…
A Joyland Dev conosce il personale del parco, i suoi compagni/colleghi Tom ed Erin e stringe una profonda amicizia con loro, un’amicizia che durerà tutta la vita. Come sempre King è molto preciso e puntuale nel tratteggiare i personaggi che ruotano intorno a Dev, dagli inservienti del parco all'anziano proprietario Easterbrook.
A Joyland come in tanti luoghi c’è un mistero…il mistero della giovane che è stata uccisa all'interno del tunnel del terrore molti anni prima e il di cui fantasma pare infesti il parco, tanto che Madame Fortuna, una semi-ciarlatana (o forse no?) che predice il futuro poco lontano dal tunnel, ha paura anche solo ad avvicinarsi…
Le sparate di Madame Fortuna pare inizino ad avverarsi…Dev è molto perplesso e il suo amico Tom lo prende in giro…sino a quando vede il famigerato fantasma.
L’estate è agli sgoccioli, tutti i ragazzi stagionali se ne vanno, ma Dev deve rimanere, deve vedere il fantasma e decide di fermarsi lì un altro anno, una sorta di anno “sabbatico” dallo studio, anche un po’ per dimenticare Wendy.
Dopo poco tempo conosce due persone che cambieranno sensibilmente la sua vita: Ann e Mike Ross, madre e figlio, lui affetto da distrofia muscolare e prossimo alla morte, ma dotato di un “dono” paranormale.
La vita di Devin non sarà più la stessa e lo porterà alla ricerca dell’assassino della ragazza del parco (Linda Grey) aiutato anche da Erin che con le sue ricerche si avvicina alla risoluzione del caso.
Ovviamente non vi svelo il finale.
Questo romanzo è piuttosto breve, si legge agevolmente in 3-4 giorni e diciamo che è un po’ una macedonia dei temi classici di King:
• L’adolescenza come età perduta, età di grandi sogni e di grandi ideali
• Un ragazzino dai poteri paranormali: come in Carrie e molti altri romanzi
• Disabilità / disagio: qui è addirittura una malattia mortale, in IT era la balbuzie piuttosto che il non essere “popolari” tra i coetanei.
• Fanatismo religioso: il padre di Ann Ross è un predicatore, la mamma di Carrie era una fanatica religiosa.
In più possiamo mettere l’ambientazione un po’ diversa dagli altri lavori (sud Carolina e non Maine, anche se il protagonista ovviamente è del Maine) e la ricerca di un assassino in stile più poliziesco che thriller.
Come vedete la macedonia ha molti ingredienti, ben mescolati, ben assemblati ma solo accennati e credo che se King avesse ancora le energie e l’ispirazione di un tempo questo romanzo sarebbe stato lungo il triplo.
È godibile e ben scritto, piacevole e sicuramente un lavoro discreto, certo non è al livello di lavori passati e non è certo irresistibile, non rappresenta uno dei romanzi di King che bisogna assolutamente leggere, ma è gradevole.
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Luna park da quasi..paura
E' il 1973. Il costo della benzina e le crisi internazionali sono ben lontane dalla mente di Devin Jones. La sua Wendy lo ha lasciato. Il primo amore, quello che solo a vent'anni è così assoluto e insostituibile ha deciso che è ora di iniziare a camminare da soli. Il ragazzo d'impulso decide che quell'anno il suo lavoretto stagionale per finanziare l'università sarà in un parco diverimenti.
Tra pensieri più o meno convinti di suicidio lo accompagneremo in quell'estate che a detta dello stesso Devin gli cambierà la vita. Con lui entreremo nel mondo dei luna park: industrie che vendono divertimento. ci trasformeremo in Howie, ci incuriosiremo di fronte all'inevitabile fantasma del parco e ci commuoveremo per il non meno evitabile bambio malato.
Questo è un pò diverso della maggior parte dei libri di King. I personaggi sono sempre delineati con sagacia e precisione come piace a me. C'è una storia normale, che pian piano si trasforma in qualcos'altro, abbiamo il sovrannaturale e anche qualche incursione nella violenza. Trovo però che questi due aspetti siano più marginali rispetto a quanto succede in altri romanzi di King. Il centro è Joyland un parco divertimento un pò demodè rispetto alle multinazionali del divertimento. Al suo interno però si aggira una moltitudine di varia umanità che gli dà il fascino di ua vecchia signora con tante storie da raccontare.
Il finale anche se poco credibile, offre comunque una soluzione inaspettata al mistero che aleggia tra tutte le pagine del libro. In definitiva quindi pollice alzat anche per quello.
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uno schifo e mi reputo offesa!
No, non si può leggere un libro di Stephen king e rimanerne delusi completamente!
Non si può neanche dare un voto oltre le due stelline perché questo libro FA SCHIFO!
Ma io mi domando: c'è qualcuno di quelli che ha letto questo libro che ha letto Shining? It? The Cell? Cose Preziose?
E proprio a voi domando: in questo libro c'è davvero la mano di Stephen king?
Potete davvero dire che è stato lui a scriverlo?
Secondo me no ed è per questo che do una stellina a stile/contenuto/piacevolezza.
Stephen King è noto per far entrare il lettore dentro alla psicologia di tutti i suoi personaggi, descrive le scene come se potessi realmente vederle materializzarsi li di fronte a te...
Questa schifezza è merito di un gosth writer, lui c'ha messo solo il nome!
L'idea del romanzo dell'orrore ambientato in un luna park era favolosa e il fatto che fosse stato scritto dal Re dell'incubo mi ha fatto credere che ciò che avevo in mano fosse un piccolo tesoro con cui passare qualche giorno in casa, sotto le coperte con una tazza di te caldo fra le mani.
Fino a pagina 288 si fa qualche breve cenno della ragazza uccisa nel tunnel dell'orrore e poteva essere affrontata alla S. King.
Orrore, angoscia, paura... Tutte cose che sono mancate all'appello!
Da pagina 288 in poi arriviamo davanti al tunnel dell'orrore, vediamo il cerchietto azzurro e scopriamo l'assassino che è ovvio fin dalle prime pagine! (SONORO SBADIGLIO!)
Mi dispiace ma non darò un voto alto solo perché si sta parlando di Stephen King o perché lui è il re indiscusso (faccio questa premessa perché so che ci sarà chi mi dirà contro!) ma sinceramente non posso leggere un libro del genere e consigliarlo o dargli un voto alto solo perché è famoso!
SONO SOLDI SPRECATI!
Da questo libro ho potuto captare una sorta di malinconia, uno strascico dei bei tempi e tante belle idee finite con un buco nell'acqua.
Non è il vero King.
Secondo me è un prodotto commerciale scritto da altre mani e sinceramente tutti i fan di King dovrebbero sentirsi offesi perché è una presa in giro bella e buona!
Sulla quarta di copertina c'è scritto "Chi ha coraggio di entrare nel tunnel della paura?"
A me piacerebbe rispondergli: Ho comprato questo libro per mettermi alla prova ma posso solo dire che il biglietto per entrare l'ho pagato caro ma di tunnel o fantasmi, neanche l'ombra!
p.s: Il caro protagonista "facciamoci seghe mentali sulla morosa che mi ha mollato senza darmela Dev" (scusate la volgarità ma per metà libro si parla solo di questo) è entrato si e no 3 volte in tutto il libro dentro alla famosa e inquietante attrazione e non è neanche dotato sesto senso!
Vi basta?
A me decisamente no!
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Sono piccoli problemi di cuore.
Autunno 1973.
Devin, giovane studente saltuariamente lavoratore, sarebbe stato costretto a trascorrere interminabili e patetiche giornate nel vano tentativo di lenire le ferite lasciategli dalla prima delusione d’amore, se non gli fossero state aperte le porte di Joyland, letteralmente “Paese della gioia”.
Dapprima un impegno estivo, poi una promessa più seria fatta a se stesso.
Joyland sarebbe stata la sua cura, Joyland sarebbe stata la sua sfida.
L’elemento “horror” della storia viene introdotto senza troppi giri di parole.
L’enorme e luminoso parco di divertimenti, anni addietro, fu teatro di un macabro omicidio.
Una giovane fanciulla in compagnia di quel che si supponeva essere il suo fidanzato viene trovata morta nel Castello del Brivido.
Il suo corpo rinvenuto ai margini della rotaia, la sua anima vagante nel luogo che ha ospitato il suo ultimo respiro.
Anni dopo, il caso della fanciulla dal cerchietto celeste desta ancora la sua quota di curiosità.
Curiosità che attanaglia anche il nostro piagnucolone Devin.
Dopo una serie di indagini, di segnalazioni e di confronti, che coinvolgono anche un bambino sensitivo e la sua avvenente madre, si giunge all'assassino attraverso una banale intuizione.
Sinceramente, e personalmente, un racconto abbastanza scadente.
Alcune puntate di Don Matteo risultano essere più avvincenti.
Tra le note positive, accanto alla storia del il piccolo Mike dal destino tristemente segnato, vi è l’analisi dell’altalenarsi delle emozioni patite da Devin dopo la delusione d’amore. King dà speranza e strappa anche qualche sorriso lasciando intendere che la fine di un amore di per sé non è mai qualcosa di completamente negativo od insormontabile.
Per chi va incontro ad un periodo del genere è un buon libro.
Per chi vuole un thriller degno di essere definito tale e non un romanzo a tratti rosa a tratti “giallino” che cercasse altrove.
Brividi D’incanto
Siamo tutti stati in una Joyland. Alle soglie del regno delle meraviglie, palcoscenico per le luci dagli innumerevoli e sfavillanti colori, terra per strambi personaggi dalle stupefacenti e variegate fattezze e per creature fiabesche, che si librano nel loro mondo che sembra materializzarsi come disegnato dal pennello di un fantasioso e magico artista. Quel mondo fatto di divertimento e gioia con le sue macchine strabilianti, di paura e tensione con i suoi castelli stregati e le evanescenti presenze nascoste negli angoli oscuri.
L’aria è pregna degli squisiti odori di zucchero filato e degli hot dog, vibrante dei suoni soavi riprodotti da quei bimbetti estasiati, ed anche della soddisfazione di quei ragazzini cresciuti, ma più nel corpo che nell’animo.
E’ questo il mondo incantato di Joyland, partorito dalla eccellente penna di Stephen King, quel luna park che è stato un po' per tutti oggetto del desiderio e dello stupore dei nostri occhi di bambino.
Il mondo dei “bifolchi” è perfetto scenario per la piacevole storia che lo scrittore ci racconta e che coglie tante sfumature quante sono le sfaccettature del parco che la ospita, talune piacevoli e sfavillanti, altre tenui e dolorose.
E come ogni luna park che si rispetti ha la sua “ectoplasmica” leggenda celata nelle pareti dell’orrore, ogni storia, compresa quella di Joyland, ha il suo “mostro” da sconfiggere. E non è detto che il mostro e l’ectoplasma debbano sempre coincidere.
Stephen King ci porta a Joyland, tra le sue luci, i suoi profumi e i suoi afratti bui, raccontandoci una storia che valeva la pena raccontare, portandoci sulla cima della ruota panoramica, dove sovrastando questo mondo fatto d’incanto, seppur con le sue luci e le sue ombre, ci sembra davvero di volare.
“La gente pensa che il primo amore sia tanto dolce, e lo diventi ancora di più quando il legame si spezza. Conoscerete almeno un migliaio di canzoni pop e country sull’argomento, con qualche povero scemo dal cuore infranto. Ma quella prima ferita è la più dolorosa, la più lenta a guarire e lascia una cicatrice orribile. Che ci sarà di dolce...”
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JOYLAND
E' l'estate del 1973 quando Devin Jones, ventunenne disperato per essere stato lasciato dalla fidanzata, decide di trascorrere le vacanze estive lavorando nel parco di divertimenti di Heaven's Bay: Joyland...il luogo della gioia...
E fra le lunghe passeggiate in riva all'oceano, nuovi incontri e conoscenze, Devin imparerà "la parlata", il gergo del parco, e ad amare il suo nuovo lavoro.
Ma il Re non si smentisce e anche questa volta il brivido fa capolino: una previsione di Madame Fortuna, la maga del parco, lascerà intuire a Devin che nella sua vita sta per entrare un bambino molto speciale, che tutte le mattine lo saluta dal portico della sua villa sulla spiaggia.
E poi c'è il Castello del Brivido che nasconde un segreto: diversi anni prima una ragazza è stata sgozzata e gettata fra le spaventose attrazioni del Castello. Si dice che il suo fantasma sia rimasto imprigionato in quel luogo e qualche volta appaia, mai ai clienti.
Insomma, King non si smentisce e ci trasporta anche questa volta nel suo mondo, dove mistero e brivido si intrecciano mentre l'estate volge al termine e l'oceano si prepara ad accogliere la prima tempesta della stagione.
Un horror non particolamente spaventoso o profondo, con una bella ambientazione, che risulta comuque essere una piacevole lettura.
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Devin cresce al sinistro luna park
In molti hanno accolto con entusiasmo questo nuovo romanzo del Re facendomi ben sperare, considerata la mia accorata militanza da fan di vecchia data.
Purtroppo mi sono trovato ben presto ad accogliere con decrescente trepidazione le peripezie del giovane Devin. La tensione è molto discontinua e il percorso di maturazione del protagonista poggia su basi che lo scrittore ha già sviscerato (e molto meglio) in altri suoi romanzi.
Comunque resta una lettura piacevole e agile, con figure amabili, a tratti anche commoventi, ed un' ambientazione stereotipata forse ma non utilizzata banalmente, in cui il macabro e l'allegro da sempre si fondono in qualcosa di magicamente ambiguo..
King riesce a plasmare secondo le sue regole narrative questo (non) luogo in un habitat quasi onirico, in cui sogni e incubi si affastellano senza soluzione di continuità, mettendo per la prima volta il protagonista davanti alle bellezze della vita, miscelate a quelle inevitabili paure più o meno giustificate.
In questo caso tutto inizia con un omicidio perpetrato anni prima, da cui poi si è generata quella che secondo opinione comune è solo una leggenda, Devin scoprirà suo malgrado che ogni leggenda ha il suo carico di verità. E dovrà rischiare parecchio per venire a capo del dilemma ben sospeso tra ghost-story e thriller classico.
Un King nostalgico come solo lui sa essere, anche ricattatorio ma in maniera mai sgradevole. Prende per il cuore il lettore, lo porta in spazi a lui congegnali e tra rimpianti, occasioni colte e sprecate, stille di vita assorbite fino in fondo e una consapevolezza quasi fatalista davanti all'imponderabile costruisce una storia disponendola secondo uno schema a lui più che congeniale, in cui sguazza che è un piacere.
Storia tutto sommato gradevole ma priva di folgoranti lampi di classe, ottima per il lettore neofita un po' meno per chi il buon Stephen lo segue da più di vent'anni conoscendone ogni malizia.
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WELCOME TO JOYLAND
Benvenuti a Joyland, il parco della gioia come dice il nome stesso!
Qui troverete numerose giostre: le Tazze Ballerine, i Bolidi Infernali, il Muro del Tuono, il Delirio Cosmico, la Ruota del Sud, il fantomatico e pauroso Castello del Brivido e tantissime altre attrazioni, tra cui il mitico Howie, la mascotte del parco, la strega/zingara che vede/prevede/stravede il futuro, meravigliosi e colorati chioschi dove si vende di tutto, dagli hot dog allo zucchero filato, dai cancappelli ai cucciolotti golosi!
Insomma a questo parco non manca proprio nulla, c’è tutto quello che può servire a una famiglia di frollocconi per divertirsi in una calda giornata estiva!
Dev, narratore/protagonista di questa storia, ci racconta nei minimi dettagli della sua estate del 1973, anno in cui decide di guadagnarsi qualche soldo con un lavoretto stagionale che lo porterà nella terra della gioia e del mistero… già perché, al suo primo incontro con la suddetta zingara, gli sarà predetto che nel suo futuro ci sono una bambina e un ragazzino con un cane… quello che non gli è stato detto però è che oltre a questi ci sarà anche un fantasma in cerca di giustizia.
E così leggiamo con grande entusiasmo di questa divertente, calda, misteriosa e atipica estate vissuta nella Carolina del Sud, un pezzo di America battuto da venti che spesso si trasformano in uragani, dove se si guarda attentamente, si esatto proprio lassù, si può scorgere un aquilone volare alto nel cielo.
Un King decisamente diverso da quello che si è soliti leggere, il suo stile inconfondibile si sente anche in queste pagine, dove il divertimento si percepisce in maniera inequivocabile, dove tutto è descritto alla perfezione per non annoiare mai il lettore e spingerlo, ahimè, alla fine di questo libro… allora che aspettate??? Tutti alla Stazione Stellare!!! Il treno del divertimento sta per partire!!!!
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Joyland
Anche con il pilota automatico, il Re sa farsi leggere. Sullo sfondo di una storia gialla con solo qualche tocco di soprannaturale, l’autore del Maine riprende qui uno dei suoi temi preferiti ovvero quello del passaggio da un’età all’altra, di preferenza tra la giovinezza e l’essere adulti (che è esattamente quel che capita al protagonista Devin Jones) e lo ambienta nel mondo dei parchi di divertimento nella prima parte degli anni Settanta. Come spesso accade, quella che dovrebbe essere la trama principale finisce in secondo piano a favore dei turbamenti del giovane Jones e alla descrizione di un mondo (quello dei parchi) in via di sparizione: attraverso l’estate lavorativa di Devin e dei suoi amici Tom ed Erin a Joyland, l’autore si diverte a dar vita a un piccolo universo tra giostre, montagne russe, tirassegni e attrazioni varie inventandosi addirittura un linguaggio apposito (sulla cui resa in italiano si potrebbe discutere). Durante questo periodo, il ragazzo si appassiona alla vicenda di una giovane uccisa nel Castello del Brivido il cui assassino non è masi stato scoperto, lasciandone lo sconsolato spettro a vagare nel Castello medesimo: riuscirà infine a risolvere il mistero con l’aiuto di un ragazzino storpio ma dotato di aura (già sentita questa, eh?) e della di lui fighissima madre. Il rapporto con Mike e Annie si concentra soprattutto nell’ultimo terzo di libro, che è anche la parte più debole (ma si sa che è un vecchio difetto): le due figure sono parecchio stereotipate e se Devin non finisse a letto con lei ci verrebbero risparmiate una decina tra le più inutili pagine mai scritte da King. A proposito di pagine: l’edizione italiana risulta inutilmente gonfiata, tra caratteri molto grandi e interlinee esagerate, forse per arrivare a quota duecentocinquanta e giustificare il prezzo di copertina. Tornando al contenuto, va detto che – al netto dei difetti sopra elencati – ‘Joyland’ resta una lettura che sa coinvolgere, grazie soprattutto alla capacità dell’autore di costruire un microcosmo ben definito in cui si muovono figure che, a parte le due di cui sopra, hanno una propria precisa fisionomia. Il parco è delineato con precisione e più di una punta di nostalgia (come già accennato, simili attrazioni erano ormai a fine corsa nel periodo in cui è ambientato il romanzo) e le angosce – soprattutto sentimentali – del protagonista sono riportate con la consueta, divertita partecipazione: questo, assieme al vago alone di mistero che aleggia sin da subito (grazie anche a un’altra specialità della casa come i flash-forward) porta il lettore a trasferirsi sulla costa della Carolina del Nord e a girare le pagine. Insomma, anche se questa volta la ciambella non è venuta proprio con il buco, l’impasto è più che apprezzabile e la soddisfazione comunque garantita.
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Il RE è tornato, ma questa volta non spaventarvi!
Fare una recensione di "Joyland" di Stephen King non risulta, per il sottoscritto, un'impresa semplice. Premetto, perciò, prima di iniziare una cosa semplicissima: leggetelo! Qualsiasi recensione, anche la più acuta e scritta con dovizia di particolari, non potrà lontanamente darvi un'idea di quello che il Re è riuscito a confezionare con questo romanzo. Dimenticatevi le storie paurose, eventi sovrannaturali, scene raccapriccianti e a tutto quello a cui ci siamo abituati. Qui il Re ci prende per mano e ci racconta una storia che arriva dritta al cuore, che ci fa emozionare, che ci porta in un'epoca ormai andata dove i luna park e i fenomeni da baraccone la facevano da padrone. Preparatevi quindi a passeggiare tra zuccheri filati, tiri al segno e farvi un giro sulla ruota panoramica che vi consente di vedere tutta la costa. Preparatevi a conoscere Devin, il protagonista indiscusso di questa storia, il quale sta attraversando una cocente delusione d'amore, ma che tornerà ad amare ancora... Preparatevi insomma ad entrare nel parco divertimenti più magico e nostalgico di tutti i tempi: benvenuti a "Joyland". Non stupitevi se alla fine della lettura vi rimane un retrogusto amaro, un senso di nostalgia latente per i tempi andati. E' un'altra magia che il RE è riuscito a fare! Buona lettura
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Le due anime dei luna-park
Il primo, vero amore ha in sé un potere straordinario. Può riempirci di una gioia incontenibile, di sogni meravigliosi. E’ in grado di dare la forza di sopportare molti sacrifici pur di ottenere la felicità con la persona amata, ogni ostacolo può essere superato con la semplice tenacia. Allo stesso tempo, il primo amore può trasformarsi nel nostro peggior nemico. Se questo sentimento puro e potente viene improvvisamente svilito e il suo filo rosso viene tranciato dall’altra metà, ci si ritrova sperduti, feriti a morte, in balia di pensieri autodistruttivi.
Certe emozioni sono in grado di scuotere profondamente un adulto, figuriamoci un ragazzo alla sua prima, vera esperienza amorosa. Devin ha messo tutto se stesso in questo amore, solo per vedersi lasciare quasi con indifferenza. Ora, svuotato e sconvolto, privato di tutti i suoi progetti per il futuro, il ragazzo ha un gran bisogno di ritrovare la voglia di vivere e di sanare le proprie ferite. Cosa può esserci di meglio che andare a lavorare in un parco di divertimenti, dove il prodotto più venduto è proprio la felicità?
King ha una passione per i luna park. A parte la maschera di clown di It, incubo tra i più vividi creati dall’autore americano, ricordiamo emblematica anche la piccola giostra che fa da sfondo nel prologo de “Il talismano” o l’appuntamento del protagonista di “La zona morta” con la fidanzata, appena prima dell’incidente che cambierà la sua esistenza. Il parco di divertimenti è un luogo liminare, dove l’allegria e il gioco vivono in una dimensione a metà tra il sentimento spontaneo e il business. Chi vi lavora è al servizio della gente e al contempo si approfitta della credulità e delle mani bucate del visitatore.
Fidarsi o non fidarsi del magico mondo colorato che promette tanto divertimento? Questo ambiguo sentimento, già evidenziato da scrittori come Ray Bradbury (non a caso, a sua volta legato ai temi dell’infanzia e all’ambivalenza del mercato legato al divertimento e al gioco), conferisce all’ambientazione di questo romanzo un’aria decadente e di incerto equilibrio che ben si adatta con lo stato d’animo del giovane protagonista.
Devin viene a conoscere entrambi i volti di un luna park: sia la sua versione estiva, piena di gente, musica e di frenetico lavoro allo scopo di divertire, sia il volto invernale, fatto di silenzio spettrale, duro lavoro di manutenzione e attesa. Questo coincide con i due aspetti del suo sentimento, a ben guardare. Dapprima tutto sembra luminoso e gaio, benché pervaso da una sottile sensazione di forzatura; quando la maschera gioiosa cade, rimangono solo solitudine e desolazione.
Per quanto sia fondamentalmente una storia basata sull’amore adolescenziale e sulla crescita, King non si fa mancare quella nota paranormale che l’ha caratterizzato durante la sua produzione letteraria. Nel caso di Joyland, esso si manifesta nel mondo tangibile tramite tre canali.
Il primo è una chiromante di dubbia capacità, lavorante a Joyland, che però sarà in grado di mettere in guarda Devin da alcuni incontri e situazioni che condizioneranno il suo futuro. Il secondo è incarnato in un bambino, malato, residente con la giovane madre in una casa sulla spiaggia, lungo la via per Joyland. Il bambino è molto più adulto della sua età, consapevole della propria morte imminente e dotato della capacità di vedere nei pensieri altrui e di scorgere ciò che esiste su livelli diversi da quello terreno. Il suo coraggio e la sua amicizia saranno fondamentali per Devin.
Il terzo canale è quello che ha fatto sperare ai più che il racconto vertesse sull’horror: a Joyland c’è un fantasma. Non si tratta di una leggenda, c’è davvero! Una giovane donna, uccisa da un misterioso killer all’interno del Trenino dei Fantasmi, ancora intrappolata dopo la morte all’interno della giostra.
Queste incursioni nel paranormale, però, sono molto delicate, quasi un corollario alla storia di Devin. King dà molta più importanza ai suoi sentimenti, al legame con Joyland, con il bambino e alla presa di coscienza che è necessario andare avanti anche quando si crede di non avere più voglia di vivere. Un finale forse un po’ affrettato porta a svelare anche l’oscuro mistero che si cela dietro al parco di divertimenti che per un anno gli ha fatto da casa.
Un King ispirato, anche se il binario non è quello dell’horror. Un bel romanzo, dolce e avvolgente come un abbraccio.
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Mi viene voglia di lavorare al luna park!!!
CONTIENE SPOILER
Penso di aver letto tutto di Stephen King, finora, a parte pochissime
eccezioni. Ogni suo libro è un universo a se stante, con le sue regole e i suoi svolgimenti.
In tantissime storie assistiamo all’irruzione di presenze inquietanti,
fantasmi, creature ostili di altri mondi nella vita di ignari esseri
umani, portando angoscia e morte, ma ogni volta è come se fosse la prima
volta.
Joyland non fa eccezione.
Devin Jones, l’io narrante, incomincia rievocando l’estate del 1973, quando
era un universitario squattrinato di ventun’anni, alle prese con diversi
problemi spinosi e molto tipici di quell’età. Trovare un lavoro temporaneo
sufficiente per pagarsi gli studi, approfondire la conoscenza della sua
sfuggente fidanzatina, restia a passare a familiarità più complete,
trovare un posto dove abitare, possibilmente vicino al lavoro, capire cosa
fare “da grande”.
Devin risolve il primo dei problemi presentandosi al parco divertimenti di
Joyland, per lavorare come tuttofare, insieme ad altri ragazzi e ragazze
della sua età. Ben presto imparerà che Joyland non è un normale parco di
divertimenti e che non sta al passo con i tempi come Disneyland, ma è un
posto dove si vende divertimento ed improvvisazione alla gente e solo un
"Allegro Aiutante" può realizzare tutto questo.
Quasi contemporaneamente risolve il terzo, affittando una stanza presso la
pensione della signora Emmelina Shoplaw, vedova di un capocantiere del
parco di divertimenti, conoscitrice particolarmente approfondita della
storia di Joyland.
Joyland ha un segreto che la signora Shoplaw conosce bene: quattro anni prima una ragazza, Linda Gray, venne uccisa dal fidanzato alla fine di una gita proprio a Joyland. Il suo cadavere venne ritrovato vicino all’attrazione horror del Castello del Brivido, e da quel momento si mormora che il fantasma “reale” della vittima si aggiri proprio in quella zona del parco, ma non sono molti quelli che l’hanno avvistato, e quando questo capita, nessuno ne parla volentieri.
Devin si ritrova immerso in una nuova vita frenetica, che lo aiuta a sopportare un po’ meglio l’improvviso abbandono della fidanzata, senza spiegazioni, ed effettuato in modo subdolo.
Fino a questo punto, il tono della narrazione e gli eventi descritti lasciano intendere una situazione squallida, dove la mancanza cronica di denaro, la difficoltà di trovare il proprio posto nel mondo, dipingono una vita che è pura lotta per la sopravvivenza. Il lettore si ritrova a compatirlo, per poi meravigliarsi subito di come sia un vincente, suo malgrado. Quasi impercettibilmente, il tono della narrazione cambia; mentre la realtà diventa più solare e più positiva, la dimensione ultraterrena, introdotta dal fantasma, comincia a farsi sotto. Devin, colto da un’intuizione improvvisa che gli permette di ribaltare una situazione potenzialmente disastrosa, riesce a diventare una delle
attrazioni più importanti del parco, nei panni pelosi e caldissimi di Howie, il cane lupo simbolo del parco. Devin guadagna, lavora bene, è apprezzato, fa amicizia con una coppia di ragazzi, Erin e Tom, con cui allaccia un rapporto duraturo, si fa benvolere. Ma Linda Gray è ancora lì. Il fantasma della donna si aggira all’interno del castello del Brivido. Devin scoprirà con l’aiuto dei suoi
amici che l’uccisione di Linda Gray non è un caso isolato ma solo l’ultima vittima di un killer spietato che segue un suo modus operandi e deciderà di svelare il mistero che si cela dietro a queste uccisioni.
Intanto crescono le voci su di lei, le persone che frequentano il parco dei divertimenti sperano di vederla, per poi raccontarlo agli amici. Ma lei non si fa vedere facilmente, e quando lo fa, il terrore che incute è profondo e totale. Lo stesso Devin vorrebbe vederla, ma lei sceglie il suo amico Tom per manifestarsi, segnandolo per sempre. Perché si manifesta? Cosa vuole? Sono interrogativi
cui Devin non sa rispondere, ma dopo poco tempo conosce qualcuno in grado di dargli delucidazioni: Mike Ross, un bambino di circa dieci anni, affetto da una terribile forma di distrofia di Duchenne, che lo costringe per la maggior parte del tempo su una carrozzella e pochissimi anni ancora di vita. E’ un personaggio particolarmente importante, che Stephen King introduce a suo modo, come se fosse un semplice comprimario. E’ tipico del suo modo di scrivere: ciò che è straordinario, nei suoi romanzi, entra dalla porta posteriore, dimesso, quasi distrattamente. Mike Ross è un bambino molto speciale, e non solo per la sua malattia mortale; è un sensitivo e ha una splendida madre trentenne, figlia ribelle di un predicatore molto ricco e famoso, ex-campionessa di tiro a segno. Per quanto debole e costretto a chiedere l’aiuto altrui per muoversi, sarà proprio Mike a salvare Devin dal brutale faccia a faccia con l’assassino di Linda Gray, da lui scoperto quasi per caso.
Probabilmente la trama non è tra le più originali, nemmeno cercando nella produzione oceanica di Stephen King. Essendo uno scrittore di horror, la dimensione che ci fa visitare è popolata soprattutto da fantasmi, vampiri, demoni, cose cattive. E anche i personaggi, riecheggiano diversi “fratelli maggiori” già emersi, come il piccolo sensitivo Danny Torrance
di Shining, il giovane paraplegico Marty Coslaw di Unico indizio la luna piena, o i bambini di It.
In questo romanzo l’autore non vuole affastellare troppi avvenimenti, non
vuole fornire troppi perché, e ha corretto leggermente il tiro nei suoi personaggi. Il fantasma non è il male invasore, da una qualche dimensione oscura: è un segnale del male originato da un disprezzo completamente umano per la vita altrui.
Questo di Joyland é un King rilassato. Niente mostri a turbare i nostri sogni o spargimenti gratuiti di sangue, ma solo poesia velata da una coltre di mistero.
Un mondo in cui la paura si mescola alla purezza di sentimenti quali l’altruismo, la bontà d’animo o l’onestà.
È uno Stephen King nostalgico quello che ci troviamo a leggere, uno storyteller che riesce con il suo stile impeccabile a vendere sogni ed emozioni al lettore. È un romanzo di formazione, una sfida di King verso se stesso nel lanciarsi nel genere thriller che può far storcere il naso a
chi si aspettava un lavoro più complesso e pieno di suspance.
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LA CASA DEGLI ORRORI..BRRRRRR
Ammetto di essere un pò fifona. Mi capita di leggere romanzi “pauroselli” ,ma diciamo che provo per questi libri una sorta di attrazione-paurosa. Anche in questo caso è stato lo stesso; ero profondamente attratta dalla trama di questo romanzo e dalla copertina, adoro i luna park e tutti i parchi divertimento ma accidenti c’è quel castello dell’orrore e io ho una paura tremenda di quei castelli. Urletti isterici, aria compressa sparata a mille, rulli scivolosi sotto i piedi… per non parlare delle maschere mostruose che si incontrano, insomma, per farla breve, io in quei castelli ci sono entrata per la prima volta a 30 anni e ammetto di aver avuto un brividino prima di entrarci.
Forte di questa impresa coraggiosa ho intrapreso anche la lettura di questo romanzo e devo dire che l’esperienza è stata sicuramente simile per certi aspetti; sicuramente un brividino pre-lettura l’ho provato, qua è la ho strabuzzato gli occhi, ma nulla di pauroso della serie “voglio leggere solo con la luce del giorno”.
Questo romanzo è ambientato nel 1973 e il protagonista di questa vicenda è Devin. Devin decide di proporsi per un lavoro estivo a “joyland”, un parco giochi nella Carolina del Nord. Tra delusioni amorose, nuove amicizie e crescita personale, il protagonista di questo romanzo farà alcune conoscenze inaspettate….di più non svelerò.
Mi è piaciuto questo romanzo, l’ho letto velocemente e non mi sono mai annoiata. Non posso fare un confronto con altri libri dello scrittore (avendo io letto solo il “miglio verde”) ma posso definire il suo stile narrativo “magnetico”. Una pagina tira l’altra e quando a forza devi interrompere la lettura (poiché la vita haimè non può essere solo lettura) riprometti a King che tornerai presto per riprendere il racconto. In parte credo da aver assaporato il talento di questo autore, e mi ha lasciato veramente soddisfatta di questa lettura.
Il mio timore iniziale di andare incontro ad una lettura del terrore è scemata dopo metà libro. Mi aspettavo da un momento all’altro che si cominciasse a parlare di fantasmi e affini ma avevo sbagliato tutto. Questo romanzo ha veramente poco di horror, si avvicina più ad un thriller, in realtà poi un soft-thriller.
L’autore fa perno per tutta la narrazione sulle vicende di Devin, in particolare l’attenzione è rivolta alla sua crescita avvenuta in una stagione, si comincia a far strada nel giovane la consapevolezza di se e del mondo esterno, con tutte le sue contraddizioni e storture. Ma Devin è un buono, lo stereotipo del bravo ragazzo e se si vuole non vi sono colpi di scena in questo romanzo. Forse è questo il difetto che si può trovare in quest’opera. Un romanzo che va letto per ciò che è, godendosi la prosa e la “favola” in esso narrata.
Un libro che consiglio a tutti, anche ai più fifoncelli come me.
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Senza infamia nè lode!
L'ultima fatica del Re del brivido, "Joyland", si colloca in quella vasta area neutra di libri che non lasciano il segno ma che allo stesso tempo non possono considerarsi da cestinare.
Il romanzo si sviluppa come una sorta di giallo in cui gli accenti horror-thriller che sono la firma tipica dell'autore sono del tutto assenti. C'è sempre un qualche collegamento con il mondo paranormale, tanto caro a King, ma è così labile che finisce con l'occupare uno spazio del tutto marginale nello sviluppo della trama.
Il protagonista, Devin, trova un lavoro estivo in un grande parco divertimenti che è stato teatro di un omicidio e si mette, quasi senza volerlo, sulle tracce dell'assassino. Qui incontra la famiglia Ross, una giovane madre con il figlio gravemente malato, il rapporto con i due spingerà Devin a maturare, divenendo al termine dell'estate un uomo, una persona del tutto diverso dal ragazzino che aveva varcato la soglia di Joyland qualche mese prima.
La lettura scorre abbastanza rapida e veloce, lo stile di King è sempre attuale, scorrevole e piacevole. Tuttavia non ho trovato nulla che mi abbia davvero catturato, il tono si mantiene sempre su di un livello medio, la trama non decolla mai del tutto e ci si trova alla conclusione , un pò troppo sentimentale a mio parere, con l'impressione di aver letto un buon libro ma nulla più.
Lo consiglierei? No.
Ma non perchè il romanzo sia pessimo o illeggibile, al contrario è assolutamente godibile e ben scritto. Tuttavia King è un autore così prolifico che se dovessi consigliare un suo romanzo suggerirei uno dei suoi tanti capolavori, da Shining al Miglio Verde, di certo non Joyland.
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Gli oscuri misteri del Luna Park..
Una lettura travolgente; questo libro di Stephen King mi è piaciuto moltissimo anche se all'inizio pare cadere più in basso, nella costruzione della trama, rispetto agli altri romanzi.
Non c'è, insomma il macabro susseguirsi di avvenimenti, come in altri libri, oppure la suspance degli omicidi, nè l'horror ben definito, come ad esempio in Rose Madder.
In questo libro si inizia con la storia di uno studente squattrinato, che lavora per mantenersi agli studi e che dopo una delusione d'amore con una ragazza si fa assumere in un fascinoso lunapark: Joyland..vi rimarrà per due anni, molllando momentaneamente la scuola per rimarginare le ferite sentimentali oltre che affascinato dal nuovo lavoro..
Molte pagine del libro sono dedicate alla descrizione minuziosa di questo lavoro...piacevoli tuttavia.
La vicenda è narrata in prima persona da Devin, lo studente, simpatico e generoso che dona tutto se stesso al nuovo lavoro e ai bambini che frequentano il luna park.
Nella vicenda si inserisce ad un certo punto la morte di una ragazza, avvenuta non casualmente a Joyland,
il suo fantasma si aggira nei pressi del castello del brivido ed appare ad alcune persone con le braccia aperte, come se chiedesse aiuto...
Un giallo e un mistero così ben celati...ma che Devin si fionderà a scoprire, anche se un'ombra oscura incombe su di lui come gli ha predetto all'inizio Madame Fortuna....un pericolo...che lo condurrà
a pochi passi dalla morte...intrepido custode della verità ad ogni costo.
La vita e la generosità ripagano sempre...
La vita a volte dona il suo luminoso messaggio alle anime meritevoli, prima di ricadere nelle tenebre
del laconico e a volte deludente scorrere del tempo..
Consigliato e promosso a pieni voti.
Saluti.
Ginseng666
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JOYLAND
Quello che sto per affermare potrà risultare strano, ma questo romanzo mi ha ricordato tanto “Marina” di Zafon. Ho trovato JOYLAND molto particolare con un delle atmosfere diverse da quelle che ci ha abituato l’ultimo Stephen King. Sinceramente se mi avessero fatto leggere questo romanzo senza avermi rivelato il nome dell’autore non avrei sicuramente indovinato il vero artefice. Mi viene quasi da pensare che ci sia lo zampino di qualche bravo co-autore del “Clan King”.
A parte questa precisazione che mi sentivo il dovere di condividere, nel segno della massima trasparenza, vorrei sottolineare che il romanzo gode di una atmosfera magica dall’inizio alla fine; non tanto per la presenza di un ipotetico fantasma, ma più cha altro per il favoloso parco giochi di JOYLAND; ormai datato, ma ancora molto apprezzato dai più piccoli. Mi è sembrato quasi di ritornare indietro nel tempo, quando ancora bambino andavo al Luna-Park con i miei genitori. Tutto mi appariva stupendo e non avevo abbastanza occhi per guardare le moltitudine di luci, stordito dalle grida di divertimento delle varie attrazioni che arrivano da ogni parte. Visti oggi questi vecchi Luna-Park sembrano ridicoli; eppure qualche tempo fà erano per noi il massimooooo!
Questa stupenda sensazione mi ha portato a leggere questo romanzo con molto trasporto ed anche con un pizzico di emozione per il rapporto che si instaura fra il protagonista e il bambino, divenuto dopo poche pagine il fulcro del libro, facendo dimenticare il fantasma e tutto il resto.
Pur essendo un romanzo ispirato al magico, con un risvolto tinto di giallo, il messaggio che mi ha lasciato è comunque quello di vivere la propria vita al massimo delle proprie possibilità; non importa la durata ma l’intensità con cui si vive la propria vita
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Un altro giro Maestro.
Date a Stephen King una storia qualunque sull'adolescenza, oppure sul tortuoso cammino per diventare uomini, poi mettetevi comodi e ascoltate il Re che vi racconta la storia. La prenderà alla lontana, vi descriverà i paesaggi, i suoni, gli odori, i colori, e intanto vi sarete affezionati ai personaggi , alle loro vicende. King vi avrà abilmente messo una mano sul cuore, e avrà silenziosamente riportato indietro le lancette a quando un giorno in un luna Park per niente moderno di una cittadina nemmeno troppo famosa il vostro cuore ha battuto più forte e quel rumore era l'unico che sentivate e l'espressione negli occhi di chi stava fronte a voi era l'unica cosa per cui avesse senso aver vissuto, ognuno nella sua personale Joyland , il proprio angolo di mondo che magari non era niente di speciale ma in quel momento era tutto.
In fondo chi non ha scoperto inaspettatamente la strada parallela , quella più improbabile quando la via che aveva scelto era impraticabile o troppo piena di sogni infranti a ostacolare il cammino per diventare adulto.
Chi di noi non ha vissuto momenti dei quali avrebbe voluto fare una foto per immortalarli, una sorta di amuleto per fare luce nei momenti bui del futuro? .
Che King fosse un Maestro nel creare ambientazioni ed atmosfere in cui ti aggiri senza difficoltà sentendoti a casa era risaputo.
Qui abbiamo un parco dei divertimenti che non è al passo coi tempi , al di fuori dalle luci della ribalta dei vari Disneyworld e compagnia bella in una piccola cittadina americana .
Camminerete tra le giostre di Joyland, tra le attrazioni e le bancarelle di chi vende divertimento, condito di sogni, speranze e qualche più o meno bonaria bugia, incontrerete il ragazzo col cuore infranto, un bambino che non può camminare e allora sogna di volare sulle giostre e avrete a che fare con un misterioso omicidio con fantasma annesso.
Qualcuno si scandalizza per il fatto che il giallo non "tiene" come difficoltà e tensione ? Beh certo perché il giallo è un pretesto, come lo è sempre la componente soprannaturale qui invero molto sfumata, King da buon ultrasessantenne si volta indietro e racconta il passato, e ci fa fare un altro giro sulla ruota che vorremmo non si fermasse mai, quella dei ricordi.
Ancora un giro Maestro.
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Piacevole giro sulla ruota panoramica
Non sono una grande fan di King: ammetto di aver letto poco del maestro dell'horror e che solo ora in "tarda età" mi ci sto avvicinando. Mi ha spinta all'acquisto di questo bel libretto la lettura di quel capolavoro che è 22/11/'63, con il quale è stato amore folle dalla prima all'ultima pagina.
Mi aspettavo un romanzo di stampo meno complicato, con un intreccio più semplice, ricco di sentimento e accattivante dal punto di vista del lettore a caccia di mistero.
Aspettative mai deluse: Joyland è un ottimo romanzo, semplice e scorrevole; l'ho trovato adattissimo al periodo estivo, quando, come in questi giorni, abbiamo i neuroni lessi al sole in cerca di refrigerio mentale. Lo stile brillante e intelligente di King rende la trama, piuttosto semplicina, avvincente e piena di suspance. I personaggi sono ben costruiti, senza troppe introspezioni.
Attraverso gli occhi dello studente Devin, entriamo nel magico mondo di questo parco dei divertimenti che riserva sorprese, magia, splendore e squallore allo stesso tempo. I personaggi che lo popolano sono divertenti e ambigui, la "parlata", il gergo degli addetti ai lavori, è geniale e simpatica, mi è piaciuta un sacco. King riesce sempre a creare un clima nostalgico in me, come se riportasse alla luce sentimenti ormai sepolti nei ricordi: dalle sue pagine amore e dolore emergono sempre in modo coinvolgente; l'ambiguità dei fatti gioca con l'inequivocabilità dei sentimenti, suscitando nel lettore sensazioni profonde e avvolgenti.
Ho l'intenzione sicura di leggere altro di questo autore (...attendo pertanto i vostri consigli!!) che credo continuerà a "vendermi divertimento" ancora a lungo.
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Ecco il King di un tempo
Questo libro ê bellissimo. Coinvolgente, horror thriller commedia romantico, un miscuglio di generi. Stephen King si immedesima in un ragazzo, che in un parco giochi, da ragazzo diventerà uomo, un vero paradosso!
Fine un pò prevedibile ma comunque questo libro è meraviglioso e trascinante, facendo percepire l'importanza di un vero monumento, un parco giochi vecchio stile, con tirocinanti universitari e tutte le sue meraviglie.
Stephen King mai visto così in forma dai tempi di Shining
Uno Stephen un pò lento
Questo libro mi è stato regalato dai miei genitori, in quanto vecchia fan di King.
Le prime pagine, per non dire la metà del libro, ho trovato la storia alquanto noiosa; mi sta bene presentare i personaggi e i luoghi, ma una storia così noiosa di King penso di non averla mai letta. Una storiella assai comune, niente azione e niente horror....nè suspence....molto centrata su ciò che era il passato del protagonista.
Poi, verso l'altra metà delle pagine, si sviluppano altri personaggi e qui un pò la storia inizia a movimentarsi (meno male che mi avevano consigliato di continuare la lettura), ma ahimè, il vecchio Stephen King ormai non ha più l'horror dentro come una volta. Mi sono un pò fatta prendere dall'immaginazione e dal patos proprio alle ultime pagine, che ho divorato. Ma non posso gridare certo ad un capolavoro... La storia è anche molto scorrevole di per sè, ma non mi sembra studiata al massimo, insomma dal re dell'horror mi sarei aspettata molto di più.
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Un "Mucchio d'ossa" di King potrebbe assomigliargli!
La terra della gioia
Ho appena finito di leggere Joyland, di Stephen King. Storia di fantasmi (per semplificare) ambientata nel 1973 in un parco divertimenti della Carolina. Personaggi molto carini, poteri sovrannaturali, un serial killer e un bel viaggio nel passato. Impagabile, quando il protagonista ascolta il "nuovo" disco dei Pink Floyd e il lettore scopre che sta parlando di The dark side of the moon... Nel finale ci sono un paio di scelte un po' assurde, ma in tutti i film dell'orrore il protagonista scappa nella direzione sbagliata, quindi le diamo per buone! Bella lettura, comunque. Ero convinto fosse un Bachman d'annata, ma invece è recentissimo... Finale da brividi, prendetevi il momento giusto per leggerlo.
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L'horror decadente
Joyland di Stehphen King è un romanzo “double face” e forse “sui generis” nella produzione dell’autore. Rappresenta una pausa? E’ il nuovo corso? Costituisce l’addolcimento invitabile che deriva dall’avanzare dell’età?
Nella prima metà del libro la storia procede per passi di danza su un registro tra il romantico e il nostalgico.
Sia per la location (siamo nella Carolina del Nord, in prossimità di Heaven’s Beach), sia per i giovani protagonisti (studenti squattrinati che decidono di lavorare d’estate per raggranellare qualche quattrino e intessono amicizie), e soprattutto per il luogo di lavoro: Joyland “è vecchio e male in arnese, però qui sta il suo fascino”.
I giovani protagonisti sono “i tre moschettieri di Joyland”: oltre a Erin e Tom, in primo piano si muove Devin Jones. In crisi sentimentale con Wendy, diviene factotum al parco dei divertimenti con un compito particolare: recita la parte del cane Howie (“Quando hai addosso la pelliccia i bambini ti adorano alla follia”), sfidando il caldo dell’estate per la gioia dei bambini.
La prima parte del romanzo procede al suono di uno slogan (“Noi vendiamo divertimento”) e sulla scia di un ritornello: “Che dolce, eh?”
Poi, nella seconda parte, in King prevalgono passato e propensione al genere.
Allora Joyland diviene un parco spettrale.
La Ruota Sud si trasforma da romantica passeggiata nel cielo in anfiteatro dell’orrore: “La Ruota del Sud girava nella notte ventosa. A destra la furia delle onde, la spuma dei cavalloni talmente bianca da sembrare fosforescente”.
La luce che illumina la scena è quella dei lampi di Gilda, la tempesta che sta per abbattersi sulla costa atlantica.
Alcuni personaggi da “figli del carrozzone” si trasformano chi nel “Killer del parco”, chi in fantasma.
Devin si è fermato in autunno, a Joyland, oltre che per collaborare nelle operazioni di manutenzione conservativa, per dare pace al fantasma di Linda Gray che si aggira nel “tunnel dell’orrore, il Castello del Brivido” e per regalare una giornata di gioia indimenticabile a Mike Ross, il ragazzino affetto dalla “distrofia muscolare di Duchenne” e che sembra avere poteri speciali (“Sta’ attento Dev. Non è bianco”). Ma soprattutto Devin vuole smascherare il folle omicida (”… a oggi ci sono stati quattro omicidi simili in Georgia e in Carolina. Tutte ragazze. Una accoltellata, le altre tre sgozzate”) che si aggira in prossimità dei parchi del divertimento.
Di questo romanzo ho amato il clima agrodolce, che si trasforma in atmosfera gotica approfittando delle attrazioni, delle giostre, dei personaggi che popolano il mondo del luna park e delle strane malinconie che sono legate a questo ambiente.
E se concludessi dicendo che, a me, King piace anche in questa versione un po’ più moderata?
Bruno Elpis
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La terra della Gioia.
Romanzo atipico del "Re", per lo meno per chi si aspetta il classico King re dell'orrore e del thriller.
Ha una componente molto "emotiva" e verte spiccatamente sui sentimenti che si instaurano fra il protagonista Devin e gli altri personaggi: in questo mi ha ricordato in qualche modo "Duma Key" forse anche per l'ambientazione a ridosso del mare e del modo in cui avviene l'incontro con Annie e Mike.
La componente sovrannaturale classica del maestro non manca, ma qui è passa quasi in secondo piano..la trama sembra cedere il passo più al fattore sentimentale, affettivo e pare fungere da mero pretesto per giustificare il legame tra Devin e il ragazzino malato.
Lo stile dell'autore è come sempre impeccabile, scorrevole e incalzante..la scrittura è fluida, priva di punti morti e mai scema nel prolisso anzi, il ritmo e il susseguirsi degli eventi tiene sempre alto l'interesse del lettore fino all'ultima riga.
Forse è vero, in qualche punto la trama pare essere un tantino incostante e mancante di qualche passaggio chiarificatore..forse una mossa editoriale per evitare di pubblicare un'opera troppo corposa e più commerciale, ma nulla che possa pregiudicare la piacevolezza di questo romanzo.
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Non è il solito King
Attendevo con ansia e trepidazione, da tempo, questa ultima fatica di Stephen King, di sicuro il mio autore preferito. Seguivo indiscrezioni e voci su "Joyland" dallo scorso anno e non vedevo l'ora di immergermi nella lettura di questo nuovo romanzo. E così, tre giorni fa l'ho comprato. La storia, di per sé, è bella, ben narrata - come solo King sa fare - anche se qualcosa manca. Molti rapporti tra i personaggi sono campati un po' in aria e diversi personaggi sono caratterizzati davvero male, con poco spessore psicologico. Il romanzo stenta a "partire", per le prime 160 pagine (quasi metà del libro!), è davvero lento. Non noioso, a differenza di molti che criticano come King spesso "allunghi troppo il brodo" con parti poco interessanti e lentissime, io non mi sono mai lamentato. Il problema sta nel fatto che dopo questa parte lenta, il tutto va TROPPO veloce. Come se il Re avesse avuto voglia di finirla subito con quel romanzo (magari, chissà, per dedicarsi a "smussare" il seguito di "Shining", in uscita pressoché imminente). Ed è così che molti personaggi che nella prima parte sembravano importanti e stavano per definire il proprio carattere, spariscono di botto e lo stile inconfondibile di SK ne risente. Sembra ci siano stati tagli forzati, o roba simile.
Secondo me, uno dei romanzi di King meno riusciti (non dico uno dei più brutti, perché nemmeno il peggiore del Re può essere considerato "brutto"), nel quale molte cose - già citate - mancano. Tuttavia questo straordinario scrittore riesce a trasmettere ugualmente qualcosa, che sia gioia, divertimento, tristezza, malinconia... Per cui, la lettura è comunque consigliata.
Da "kinghiano" accanito, d'altra parte, spero che il Re torni a lasciarmi a bocca aperta, come fa sempre. A cominciare, magari, da "Doctor Sleep", il seguito di "Shining".
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Joybook
Mi ero dimenticato il sapore che lascia in bocca un libro di King di questo tipo.
Prima di essere colto dalla frenesia fantasy, TANTI anni fa, avevo letto tutto del Re, per poi abbandonarlo e ritrovarlo con 22/11/'63, ma quello era un libro diverso e unico per molti versi.
E' stato come ritrovare un vecchio amico. Mi ero dimenticato della sua capacità di presentare l'ambientazione del suo romanzo, dandoci quei particolari così, appunto, particolari di ogni suo personaggio che ci fanno immedesimare in loro come se li avessimo sempre conosciuti.
Infarcendoli di modi di dire e di fare che ci fanno dire, almeno MI fanno dire: "ehi! anche a me è successo! dai! anche io ho fatto cosi!".
Poi all'improvviso, in mezzo al piattume quotidiano dei personaggi, ecco spuntare la nota horror, l'angoscia che sale... Il tutto contestualizzato così magnificamente che tu non puoi dubitare che sia proprio così!
E non puoi fare a meno di credere ai fantasmi. Non puoi resistere.
Che bello assaporare di nuovo certe sensazioni.
Avevo bisogno di qualcosa di diverso che mi desse una scossa.
Forse uno dei migliori libri letti da me negli ultimi mesi.
Ve lo consiglio
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I frollocconi
Devin Jones è un giornalista del Cliveland Magazine alle prese con la più classica delle recherche du temps perdu, quella sull'adolescenza, quella sulle cotte per ragazze che pensavano ad altri, sulla fine del college e l'inizio degli anni universitari.La recherche di Jonesy comincia nell'estate del 1973 che lo vide impegnato ,come prima esperienza lavorativa, in un parco di divertimenti: Joyland nella Carolina del Nord. Orfano di madre, Jonesy, finito il primo semestre universitario, decide di trascorrere l'estate a Heaven's Bay ; si lascia alle spalle l'Università del New Hampshire, Wendy la ragazza che gli ha spezzato il cuore e un padre iperprotettivo, affitta una camere in una pensione con vista mare da una brava donna, la signora Emmalina Shoplaw e fa domanda d'assunzione a Joyland.
Bradley Esterbrook,vecchio giostraio e grande capo di Joyland al colloquio intuisce che il ragazzo ha della stoffa per il mondo dello spettacolo e lo assume. Farà la gavetta vestendo i panni della mascotte del parco, Howie, un simpatico pastore tedesco,ma oltre a intrattenere i bambini e i frollocconi, questo il nomignolo che i dipendenti del parco usano per indicare i clienti, Jonesy sarà un factotum addetto un po a tutte le attrazioni di questo mondo dei sogni. A fargli da cicerone nei primi giorni ci sarà ,Lane Hardy, un tipo d'uomo sempre gentile con i pivelli e originale nel vestire al contrario di Freddy Dean tipo odioso dalle maniere spicce. Come compagni di lavoro, almeno la prima estate che trascorrerà a Joyland , Jonesy avrà la bella e intraprendente Erin Brook (la Sirena di Hollywood) e un altro studente Tom Kennedy,tipo introverso,ma di buon cuore innamorato di Erin. Jonesy per raggiungere Joyland ,ogni mattina a piedi percorre un tratto di spiaggia e ogni giorno a salutarlo da una veranda di una bella casa vittoriana trova Mike, un bambino simpatico costretto sulla sedia a rotelle per una brutta malattia e sua madre, l'affascinante e indomita Annie Ross, ,figlia del noto e ricchissimo telepredicatore,Buddy Ross che in America è conosciuto per la trasmissione ,l'Ora del potere, un padre padrone che detta legge su tutto e a tutti , tranne che a quella pecora nera di sua figlia che di lui non vuol più sentir parlare. Giunti a questo punto vi chiederete , ma è un libro di King o un romanzo di Catherine Dunne? Beh avevo dimenticato di dire che nel parco dei divertimenti, precisamente nel "Castello del brivido", qualche settimana prima dell'assunzione di Jonesy, uno psicopatico ha sgozzato una ragazzina, Linda Hardy e , si mormora,che il fantasma di quest'ultima sia ancora lì che vaga fra scheletri finti,specchi deformanti e Pirati dei Caraibi. La polizia ha visionato tutte le foto che di solito gli addetti dei parchi di divertimento scattano ai clienti per rivenderle come souvenir e in tutte le foto ,l'assassino porta un berretto da baseball,occhiali da sole e giacca, l'unico dettaglio che potrebbe farlo riconoscere un tatuaggio sulla mano destra.Jonesy,Tom ed Erin quell'estate oltre a lavorare la dedicheranno ha scoprire l'assassino che durante le indagini si rivelerà di quelli seriali a maledettamente furbi. Dunque Stephen King torna in libreria con una storia che non si può definire horror, ma neanche thriller né tantomeno romance, perchè in realtà è uno splendido esempio di tutti questi generi narrativi a dimostrazione che i grandi scrittori non possono essere ridotti a mere etichette.
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Lunga vita al RE
"Erano ragionamenti stupidi ed immaturi, le fantasie di un ragazzo con troppa immaginazione e il cuore spezzato... O almeno me la racconto così dopo un bel po' di anni, ma chi può dirlo? Quando c'è in ballo il passato, tutti diventiamo romanzieri."
Joyland è il mio secondo approccio (e mezzo) con il RE, Stephen King; il primo l’ho avuto con “Dolores Claiborne”, il “mezzo” con “La bambina che amava Tom Gordon” (libro che devo ancora terminare). So bene che devo farmi una cultura su King, ma diciamo che prediligendo i classici, non ho mai avuto l’occasione di inoltrarmi in romanzi come It, Shining o Misery, per dirne alcuni, ma li voglio leggere, anche se conto di farlo in orari con parecchia luce.
Joyland, è una sorta di giallo anche se, come è giusto che sia per King, ha anche delle piccole sfumature horror, sfumature per le quali, ho avuto il timore di alzarmi dal letto la notte, era come se mi sentissi "osservata".
La storia, ambientata nei primi anni settanta, viene narrata in prima persona dal protagonista, Davin Jones per cui lascia poco spazio all’immaginazione sulla sorte dello studente universitario, alle prese con la prima delusione d’amore e con un nuovo incarico presso Joyland, un luna park ubicato nella Carolina del Nord, proprio affacciato sull’oceano atlantico.
Attraverso un non troppo anziano “Jonesy”, così rinominato da alcuni membri dello staff di Joyland (ma anche Bamboccio), veniamo alla conoscenza di altri personaggi più o meno piacevoli; il mio preferito è senza dubbio Mike Ross, ragazzino debole nel fisico ma con un cuore talmente grande, da riuscire a riscaldare anche quello della sua stessa madre, fredda come un ghiacciolo; il meno piacevole? Difficile dirlo, perché in realtà i personaggi sono stati creati tutti ad hoc, con un loro carattere più o meno approfondito; a dire il vero, avrei preferito che alcuni fossero stati descritti più ampliamente, tipo Fortuna la veggente, che a tratti mi ha ricordato la Cooman (temo che vedrò una Cooman in ogni libro a venire, ove sia presente una veggente) e a proposito di Cooman, fa piacere leggere che King, abbia inserito alcune righe dedicate al mondo di Hogwarts, senza contare il fatto che Davin, durante la storia, è alle prese con la lettura del capolavoro di Tolkien, “Il signore degli anelli”.
Cosa ho apprezzato molto in questo romanzo? I ricordi. Già, proprio loro, gli onnipresenti simboli vitali della vita di ognuno. Cosa saremmo, tra l’altro senza essi? Forse niente.
Dav, ci racconta i suoi ventuno anni attraverso gli occhi di un uomo che non riesce a staccarsi dal passato, soprattutto da quel passato il quale, tra profumi e balocchi, mi ha fatto tornare alla mente un certo luna park oramai in disuso a Roma, il Luneur, con i suoi cavalli, i suoi tiro a segno e la sua casa dell’orrore e chissà se, come è scritto nel libro, “Non esiste parco divertimenti degno di questo nome senza un fantasma.”
Un’altra cosa che ho ammirato nella trama, è l’amore che la fa da padrone, ma non solo quello tra due amanti, ma anche quella di una madre verso un figlio o di un proprietario di novant’anni verso il suo parco giochi o semplicemente di Davin verso i suoi ricordi.
Le sfaccettature racchiuse in queste pagine sono molte, si sorride, si pensa, si soffre e, anche, si piange, quindi sicuramente non ci si annoia mai, anche se gli amanti dell’horror potrebbero non apprezzare a pieno il fatto che i momenti di suspance siano pochi (magari abituati ad opere come It, potrebbero rimanere delusi), ma le pagine scorrono velocemente, la storia prende ed è difficile trovare il coraggio di chiudere il libro, o perlomeno, per me è stato così.
Concludo scrivendo che lo consiglio certamente anche a chi, come me, non ha una grande cultura su King, ma d'altronde se è il RE, non sarà certo solo per il cognome. ;)
Buona lettura a tutti.
Alla prossima.
Q.
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Kingland…wonderful!
Apprendere la notizia che a breve esce l’ultima fatica di King è sempre un evento che il lettore vive come un bambino che vuole andare nel magico mondo di Disneyland, nel paese delle meraviglie di Alice, nel nostrano Gardland … oppure a JOYLAND, in balia di trepidazione e aspettative, sapere che in Italia è uscito in contemporanea con gli Stati Uniti, il Canada e la Gran Bretagna, rende l’evento ancora più appetibile.
Benvenuti nel magico mondo di Joyland, che la meraviglia abbia inizio!
Devin Jones, raggiunta l’età senile, racconta l’esperienza vissuta nell’estate del 1973 lontano dal Maine, quando in attesa di frequentare l’università si appresta a cercare un lavoro estivo e trova una collocazione a tempo pieno presso il parco giochi più grande del Nord Carolina sulla costa, Joyland appunto. La storia comincia con una narrazione che subito ha fatto presa, Devin è un personaggio bello, positivo, intelligente e molto vitale, riesce ad entrare in perfetta sintonia con tutti i lavoratori del parco comprese tutte le varie peripezie che lo cambieranno dopo quell’occasionale lavoro stagionale. Aleggia il mistero certamente, ma in maniera quasi palpabile e prevedibile, la componente magica è legata alle profezie dell’indovina rumena della baracca dei tarocchi e alla giostra della casa degli spiriti, niente di più scontato.
Niente horror o scene raccapriccianti, l’adrenalina si smorza e finisci per apprezzare il lavoro della narrazione, almeno è quello che mi capita quando leggo un King-non-solo-horror. Il suo modo di narrare è certamente il punto di forza, ha uno stile inconfondibile, non è un RE solo nel nome lo è anche perché nel suo genere non è secondo a nessuno. King è il maestro delle lunghe narrazioni, lente e a volta anche sfiancanti, ma in questo ultimo lavoro, più breve rispetto ai precedenti, arrivi a metà lettura e pensi “che lento”, poi si ingrana la marcia e si decolla sulle montagne russe. Il tono e gli intrecci che si susseguono rimangono pacati ma succulenti. I personaggi appaiono quasi ovattati e facili bersagli per essere etichettati come deboli, ma non fai tempo a pensare questo che King subito dopo ti bacchetta col proporti la sua sensibilità sulle malattie, sull’amore sincero, sulla positività e la grandezza dei gesti coraggiosi e ricci di sentimento. Non è la sua migliore opera, ma ti lascia il segno dopo averlo finito di leggere. E’un maestro che sa dosare l’orrido e il cuore, l’ironia nelle similitudini sulla Oates, sui Pink Floyd, sui Doors, sui favolosi anni 70 a cui King è molto legato sono ottimi ammortizzatori che tra una storia e un’altra li infarcisce come la senape sull’hotdog, non c’è niente da fare, lui è il Re, anche quando scrive un semplice giallo deduttivo.…diffidate dalle imitazioni.
NOTA. Il traduttore, Giovanni Arduini, che è una persona simpaticissima e che si è molto appassionato alla traduzione è stato molto coerente al testo originale(tradurre un americano con i suoi intercalari non è cosa semplice), quindi appena vedrete il conio della Parlata (citata nel libro) di parole come “frollocconi”, “cacatanto”, non è colpa del traduttore, ma sono espressioni volutamente inserite dall’autore.
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