Il mastino dei Baskerville Il mastino dei Baskerville

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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    17 Settembre, 2020
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Sherlock Holmes e la creatura infernale

Senza alcun dubbio questo è il più noto e rinomato romanzo di Conan Doyle e anche coloro che non l’hanno letto non possono onestamente dire di ignorarne il contenuto, non foss’altro perché è stato adattato in decine di pellicole cinematografiche e televisive e pure la Disney ne ha tratto alcune godibili parodie, una delle quali vede Topolino e Pippo nelle vesti della coppia di investigatori e Gastone in quelle di sir Baskerville, erede e potenziale vittima del mastino.
La storia, quindi, si fa presto a riassumerla. Sull'antica casata dei Baskerville grava una tragica, oscura maledizione. A causa del dissoluto comportamento di uno degli antenati, gli eredi del titolo sono perseguitati da una figura infernale, incarnata in un demoniaco mastino fiammeggiante, che dà loro la caccia e li porta a morte violenta e prematura. Quella, peraltro, è proprio la fine che ha colto Sir Charles, ultimo erede diretto del nome, pur essendo, egli, uomo probo e generoso. Questa, infine, è la fine che rischia di fare pure l’ultimo erede, Sir Henry, nipote di sir Charles, giunto dall'America per assumere onori e oneri connessi al titolo.
Il dott. Mortimer, medico di famiglia e buon amico di Sir Charles, si reca a Baker Street per chiedere l’aiuto di Holmes nella speranza di evitare il ripetersi della tragedia. L’investigatore, adducendo precedenti, indilazionabili impegni si defila e manda in avanscoperta l’amico Watson a protezione del baronetto. Installatosi a Baskerville Hall, nelle desolate brughiere del sud ovest dell’Inghilterra, Watson cercherà di raccogliere più indizi possibili da comunicare a Holmes, in quotidiani rapporti epistolari, per consentirgli di dipanare l’intricata matassa pur da lontano. Ma anche il buon dottore faticherà a sfuggire alle suggestioni del luogo e i lontani lugubri ululati che talvolta risuonano nella notte non aiutano a mantenere la mente fredda. Solo in un convulso finale tra le mortifere paludi della brughiera, tutti i retroscena verranno svelati.

Proprio per la notorietà dell’opera è impossibile affrontarne la lettura senza essere già preparati e pronti a prevedere i vari colpi di scena che si susseguono nella narrazione. Cionondimeno il romanzo resta affascinante e avvincente. L’ambientazione è ottimamente tratteggiata e le brume del moorland, splendidamente descritte, contribuiscono ad accrescere l’atmosfera, minacciosa, gotica e soprannaturale, preservando, almeno parzialmente, la tensione emotiva.
L’assenza di Holmes per gran parte del romanzo, lungi dall'essere un difetto, al contrario migliora sensibilmente il racconto: in effetti i saccenti e supponenti atteggiamenti dell’investigatore alla lunga tediano e il reiterato cliché di stupire gli interlocutori con rivelazioni apparentemente geniali non ne aumenta la simpatia. In questo caso, però, la storia si dipana tra uomini “normali” animati da “normali” sentimenti e sensazioni e il soprannaturale, che occhieggia continuamente e di cui Conan Doyle alla fine si fa beffe, aggiunge pepe alla narrazione. Inoltre, a differenza di quanto avviene nelle precedenti storie con protagonista Sherlock Holmes, in questa circostanza l’A. non lesina a seminare indizi ed elementi di valutazione che consentono al lettore di procedere autonomamente nelle indagini. Proprio per questo (oltre che per la già sottolineata popolarità dell’opera) le rivelazioni finali non giungono certo inaspettate, ma solo come la conferma di ciò che era possibile dedurre nel corso della lettura. Tuttavia non è nella agnitio conclusiva che va ricercato il pregio del romanzo, quanto nell'abilità di reggere, con una prosa scorrevole e intrigante, per quattordici capitoli una storia sostanzialmente lineare, ma decisamente accattivante. Anche l’inevitabile affettazione tipicamente britannica e quell'atteggiamento discriminatorio lombrosiano, secondo il quale i malvagi lasciano trasparire la loro indole pure dall'aspetto, volgare, animalesco, marchiato da vili passioni, pur se presente anche ne “Il Mastino dei Baskerville” infastidiscono meno e, tutto sommato, risultano tollerabili perché chiaramente filtrati dalle percezioni personali del Watson-narratore.
Quindi, effettivamente, il romanzo si conferma come il migliore della serie e quello che, ancor oggi, risulta il più attuale e godibile.
Mi viene da concludere con una riflessione che fa sorridere: è singolare come Conan Doyle irrida in questo libro (ma anche in altre sue opere) ogni suggestione di influenze ultraterrene e, poi, abbia dedicato gli ultimi decenni della sua vita a coltivare ogni genere di interesse per la parapsicologia. Chissà cosa avrebbe pensato di lui Sherlock Holmes se si fosse liberato della prigionia delle pagine in cui era stato confinato?

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archeomari Opinione inserita da archeomari    25 Aprile, 2019
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Misteri di famiglia

Se vi piace la narrativa “gialla” e trovate il filone contemporaneo troppo affollato e saturo al punto di sentirvi completamente disorientati, fate come me, risalite alla fonte, all’archetipo e non sbaglierete.
Il tempo per “discernere il grano dal loglio”, per dirla insieme a Dante, è davvero poco , perché rischiare?
Ecco perché quasi tutto ciò che leggo è considerato narrativa classica, come i grandi racconti di Sir ARTHUR CONAN DOYLE, che vedono come protagonisti il famoso “poliziotto non ufficiale” (gli ho fatto un grave torto a chiamarlo così, però…) Sherlock Holmes e il suo aiutante, il dottor Watson.
“Il mastino dei Baskerville” mi è piaciuto tantissimo, più de “Il segno dei quattro”, l’ho trovato più gotico, più misterioso, più noir. E’ stato pubblicato a puntate sulla rivista “Strand Magazine” tra il 1901 e il 1902.
L’ambientazione – caso raro, ma non unico- è fuori da Londra e, particolare che mi ha colpito, Sherlock Holmes compare solo nei primi e negli ultimi capitoli (in tutto 15): in realtà il dottor Watson raccoglie per lui tutti gli indizi e tutti i dati utili alla ricostruzione del misterioso caso e glieli manda tramite dettagliati resoconti in Baker Street, nel suo studio. E’ una strategia, questa, non soltanto utile a Sherlock Holmes per lavorare con obiettività , ma è utile anche all’autore per riscattare in qualche modo, secondo me, la figura del secondo, di Watson, che nei vari racconti e nelle varie avventure non si è mai mostrato di mente particolarmente brillante, rendendo ancora più notevole, se possibile, l’acume di per sé geniale di Sherlock Holmes.
Veniamo alla storia che, per rispetto del lettore, non rivelo se non tramite pochi tratti. Si tratta di indagare sui fantasmi del passato che da duecento anni incombono sulla ricca famiglia dei Baskerville, incarnati, a quanto pare, da un infernale, diabolico mastino che aveva ucciso già due componenti di questa sfortunata famiglia: Ugo, due secoli fa, e Charles, ai tempi della narrazione. Il medico ed amico del defunto Charles racconta la leggenda, diffusa tra i contadini della contrada, riguardante la maledizione dei Baskerville, dimostrando di “non essere superstizioso, ma non si sa mai” e dichiarando di aver visto delle impronte di un gigantesco cane vicino al cadavere del suo amico paziente. Il dilemma consiste però nel fatto che sul corpo del signor Charles non ci sono segni di aggressioni, l’uomo è morto in seguito ad un attacco cardiaco, probabilmente dopo aver visto la creatura infernale, la cui esistenza sfugge all’ordine della natura. Il racconto si complica sempre di più, con nuovi indizi che rendono più interessante ed intrigante questa storia “gotica”, riportataci dal dottor Watson, come sempre.
È un libro che lascio scoprire a chi vuole leggerlo, la prosa è asciutta, le descrizioni sono funzionali all’economia della storia, non ci sono passaggi noiosi o ridondanti, la ricostruzione dell’intera vicenda si presenterà solo alla fine del libro. Una avventura avvicente e mozzafiato.

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Consigliato a chi ha letto "uno studio in rosso", prima opera in cui vengono presentati i protagonisti, ma anche per chi non ha ancora letto nessuna opera di Doyle in quanto ogni racconto è conclusivo
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    15 Gennaio, 2016
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Uno Holmes senza Sherlock

Caro Doyle, tu sei stato il mio trampolino di lancio del mondo della lettura, e dopo centinaia di libri, nella mia rilettura sei stato in grado di apparirmi ancora migliore di allora. Per me, questo basta e avanza per considerarti un vero e proprio maestro.
Forse questo è, tra i romanzi di Sherlock Holmes, quello più suggestivo. La minuziosità (a volte anche prolissa) con la quale l'ambientazione di questo romanzo viene presentata, ci porta in un viaggio nel bel mezzo dell'immensa brughiera inglese. Veniamo assorbiti da quel paesaggio paludoso, sconfinato, dove la terra umida e la sterpaglia hanno il predominio, avvolte in un grigiore carico di suggestioni. Ci sembra di essere lì, come fossimo al fianco di Sherlock Holmes e del caro Dottor Watson, guardandoci intorno con timore, come se il famigerato mastino infernale potesse sbucare dal nulla e aggredirci senza preavviso.

In questo romanzo, veniamo investiti come al solito dal grande genio dell'investigatore londinese, ma soprattutto da quello del suo creatore. Perché? Andiamo per gradi.
Il penultimo successore di una ricca famiglia, i Baskerville, muore di crepacuore nel bel mezzo della brughiera. Non lontano dal suo corpo, le orme immense di una feroce bestia che pare perseguitare i membri di quella stessa famiglia da secoli, e ribattezzato per questo motivo come il "mastino dei Baskerville".
A indagare su questi misteriosi eventi, e a vigilare sulla vita dell'ultimo discendente, Sir Henry Baskerville, ci sono le nostre due vecchie conoscenze. Beh, non proprio. Ecco qui il genio Doyle: non saranno entrambi a recarsi nella dimora di Dartmoor, bensì il solo Watson. Ebbene sì: nel più famoso romanzo di Sherlock Holmes, quest'ultimo compare per forse meno della metà del tempo in cui si svolgono i fatti. In un certo senso. Ma nonostante la sua assenza come persona fisica, è come se fosse comunque presente in ogni pagina letta. In che modo l'autore faccia questo è un mistero; anche se il caro Dottor Watson ha indubbiamente attinto a piene mani dalla personalità e dai metodi del suo maestro, non è certo lui in carne ed ossa. Eppure, seguendo le vicissitudini del caro dottore durante la sua permanenza al maniero dei Baskerville, e come se Sherlock Holmes fosse accanto a lui, accompagnandolo nella risoluzione di questo intricato e misterioso caso.
Nella incalzante narrazione di Doyle, carica di mistero, intrighi, genio e colpi di scena, leggerete uno dei più bei gialli di sempre. Il mastino esiste o no? Scopritelo, e non ve ne pentirete.

"Quanto più un particolare è esagerato e strano, tanto più merita di venire osservato e meditato con attenzione, e proprio il punto che pare complicare un caso, se debitamente studiato e scientificamente approfondito, è quello che di solito finisce per chiarirlo."

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Agata Christie
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    18 Settembre, 2015
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Sottotono

Londra, Sherlok Holmes e Watson ricevono una visita da Henry Baskerville che espone loro che il maniero del Devonshire e tutti i componenti della sua famiglia vivono come sottoposti ad una maledizione dove autore di vessazioni è un grosso mastino che li importuna da generazioni. Charles, lo zio del nuovo erede, è la più recente ed ultima vittima di questo.
Holmes e Watson decidono di seguire il caso. Mentre sono ancora in Baker Street ricevono una missiva anonima composta da ritagli di giornale all'interno della quale è consigliato al baronetto di non recarsi alla residenza poiché ne potrebbe andare della sua incolumità.
Cambio scena, siamo nel Devonshire, la solitaria e misteriosa brughiera fa da scenario dagli avvenimenti e si dimostra il luogo perfetto dove commettere un omicidio.
Dopo aver scoperto che il maggiordomo si dirige nella distesa per portare cibo e vestiti al cognato evaso, gli investigatori si rendono conto che anche un altro soggetto si aggira per questa. Nel mentre il caposervizio rivela di aver trovato una lettera nello studio di Charles che dava appuntamento allo stesso la notte della sua morte; questa appartiene a Laura Lyons la quale si dimostra grande fonte di informazioni per il proseguo delle indagini.
Il romanzo non affronta particolari tematiche, i fatti sono i protagonisti indiscussi del componimento tanto che vengono elencati con meticolosità insieme ai pensieri e allo svolgimento delle ricerche volte a dare risoluzione ai crimini efferati che si susseguono.
La percezione della realtà della brughiera è fatiscente, cupa, monotona e irreale; tanto da far scemare l'interesse di chi legge. Lo stile adottato ricorda quello del diario sul quale il protagonista annota tutte le scoperte, i pensieri e le constatazioni sul caso.
L'unica vera peculiarità dello scritto risiede nella diversità di ambientazione rispetto alla costante Londra, per il resto si presenta quale una lettura piacevole, un giallo interessante ma pur sempre sottotono rispetto alle altre opere di Conan Doyle.

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aislinoreilly Opinione inserita da aislinoreilly    03 Marzo, 2015
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Nel pieno dell'avventura.

Arthur Conan Doyle, è uno scrittore, medico e poeta scozzese, nato nel 1859 e morto nel 1930. Assieme a Edgar Allan Poe, è considerato il fondatore del giallo e del fantastico come generi letterari ed è capostipite del sottogenere noto come “giallo deduttivo”, reso famoso dal personaggio dell’investigatore Sherlock Holmes. Studente brillante e uomo dalle forti convinzioni, tanto da intervenire in alcune battaglie (sostenne la riforma per il divorzio, intervenne contro le atrocità in Congo nel 1909 ecc.), spinto da un personale senso dell’onore senza secondi fini. Cercò in tutti i modi di esercitare la professione medica e mettere da parte abbastanza soldi da poter aprire uno studio medico tutto suo, cosa che in realtà avvenne, ma lo scarso successo della sua impresa, lo avvicino ancora di più alla scrittura, portandolo a dare alla luce il primo romanzo sul famoso detective: “Uno studio in rosso”, del 1887. “Il segno dei quattro”, rappresenta il seguito della prima avventura di Sherlock, ma anche l’opera che lanciò l’autore sulla cresta dell’onda. Nonostante tutto, Arthur odiava il suo personaggio più popolare, perché divenuto più famoso di lui.

Detto questo, passiamo alla trama (in breve, come al solito):
Sherlock e Watson, vengono ingaggiati per far luce su un omicidio che ha a che vedere con il soprannaturale: l’anziano sir Charles Baskerville, pare essere stato ucciso da una bestia leggendaria… Sarà reale o frutto di superstizioni popolari e suggestioni psicologiche? I Baskerville sono, infatti, vittime di una maledizione legata ad un loro antenato, sir Hugo, reo di aver cercato di inseguire una ragazza sfuggita al suo corteggiamento e vittima di un misterioso mastino uscito dagli inferi per sbranarlo. L’investigatore ed il suo compare, verranno contattati direttamente dall’erede di Charles, intimorito e bisognoso di rassicurazioni da parte dei due esperti. Toccherà a Watson il compito di essere “l’ombra” di Henry Baskerville, nel tentativo di smascherare l’assassino di Charles e svelare il mistero del Mastino proveniente dagli inferi. Mistero, azione e sotterfugi, saranno il sottofondo di uno dei più famosi episodi del famosissimo investigatore, un mix perfetto per una storia avvincente.

Detto questo, ammetto la mia totale estraneità al genere thriller/poliziesco/giallo o come lo si voglia chiamare. Libro comprato per caso, nemmeno sapevo chi fosse Doyle (eh lo so, sono scandalosa) ma piacevolissima sorpresa. D’altronde cosa mai mi sarei dovuta aspettare? Ho visto che è veramente apprezzato da tutti ma sono sempre scettica perché si sa, i gusti son gusti.
Resta il fatto che la narrazione scorre da 10, un bel racconto lineare ed ho apprezzato veramente molto che fosse scritto in “flashback” da parte proprio di Watson. Nei film e nell’immaginario comune, il vero genio è Sherlock e spesso Watson pare essere un soprammobile. Sì, qualche momento di gloria lo vive anche lui talvolta, però il vero “fenomeno” della situazione sappiamo tutti chi sia. Personalmente, credo che mi sia piaciuto così tanto questo libro, proprio perché Sherlock c’è e non c’è, Watson è così modesto e “umano” ed io nutro molta più simpatia per lui, non lo nego. :)
Mi avvio alla conclusione dicendo che è un classico e anche se il genere può non piacere eccessivamente, risulta essere apprezzabile. I protagonisti sono conosciuti e straconosciuti ma si riesce comunque ad apprezzare varie sfaccettature della loro personalità e ci si sente proprio coinvolti nella vicenda. Spesso ho faticato a interrompere la lettura tanto mi aveva preso.
Buona lettura a tutti!

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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    07 Ottobre, 2013
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Quel mastino di.....Holmes

Avventura in trasferta per il nostro Holmes.
Questa volta lasciamo Londra per un po' e ci trasferiamo nella suggestiva regione del Devonshire, dove la brughiera, le paludi, le coltri nebbiose e i manieri isolati creano l'ambientazione ideale per il delitto.
Tra queste grandi tenute spicca quella dei Baskerville, un'antica e nobile casata che pare essere perseguitata da una terribile maledizione che ha origini nel passato stesso della famiglia e che vede i suoi membri cadere vittime di un grosso cane assassino dall'aspetto demoniaco.
La gente del posto ci crede fermamente e così il dottor James Mortimer, amico di Sir Charles Baskerville deceduto da poco in circostanze poco chiare.
Mortimer si presenta ad Holmes per cercare un aiuto concreto per il nipote di Sir Charles, Henry, appena arrivato dall'estero e che deve rimpiazzarlo nel lussuoso maniero.
Sir Henry, infatti, potrebbe trovarsi in serio pericolo se le dicerie sulla morte di Sir Charles risultassero reali.
Uno scettico Holmes, chiamato in causa, accetta di buon grado il caso e manda il fidato Watson ad effettuare il sopralluogo e come bodyguard di Sir Henry.
Dal maniero, verranno inviati periodicamente dei rapporti ad Holmes che, essendo rimasto a Londra per impegni improrogabili, dovrà risolvere il caso a distanza.
Questo romanzo breve è, dalla sua prima comparsa in pubblico, l'avventura più amata del grande detective e anche quella più gettonata dalla cinematografia ufficiale.
Effettivamente le ambientazioni suggestive e la trama surreale ben si prestano al retroscena del giallo.
Tuttavia, credo che tra le avventure del detective, questa sia la più banale e scontata.
La figura del cane/demonio non convince sin dall'inizio del racconto e tra i personaggi si individua subito la "campana stonata". Resta comunque una lettura piacevolissima e ben scritta ma meno appassionante e appassionata.

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Le altre avventure di Holmes
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silvia t Opinione inserita da silvia t    26 Giugno, 2013
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Il mastino di Baskerville

La forza di questo giallo sta tutto nell'atmosfera che riesce a creare, nelle sensazioni e nei suoni che evoca, nella capacità, in sintesi, di trascinare il lettore nella brughiera inglese, nebbiosa, fredda e umida, nella quale si celano pericoli, misteri e assassini.
Mentre le pagine scorrono, veloci e asciutte, la scena scivola da Baker street, dove Sherlock Holmes discorre con il fedele Dr. Watson caratterizzandosi in pochi tratti, mettendo in luce, anche per chi non conoscesse le sue doti investigative, il suo intuito e il suo acume nel risolvere i misteri, al Devonshire, dove la brughiera impera e avvolge.
L'espediente narrativo utilizzato appare molto azzeccato per almeno due validi motivi, in primo luogo perché il non far condurre le indagini al protagonista permette di rendere il lettore attivo nelle indagini, utilizzando gli indizi messi a disposizione da Watson come se le missive da questo inviate fossero ricevute proprio dal lettore stesso e in seconda battuta perché l'utilizzo del “romanzo epistolare” si presta bene a creare quella suspance su cui poggia tutta la struttura narrativa.
Come accennato poc'anzi i personaggi sono caratterizzati molto bene, sia gli attori principali della vicenda, ma soprattutto i secondari dei quali viene delineata la personalità quel tanto che basta a far intuire i moventi o a mischiare le carte; ma ciò che manca è l'approfondimento psicologico, che è del tutto marginale, quando non del tutto assente.
Doyle attinge a piene mani da Poe ed è inevitabile sentirne gli echi lontani, ma a non si riesce a rievocare quella purezza linguistica, quel lessico ricercato, quella melodia che paralizza e inquieta; Doyle da vita ad un romanzo che si trova a metà strada tra un giallo e un horror, ma senza essere né l'uno né l'altro, troppo razionale per far paura, troppo scontato per stupire nel suo finale.
Ciò che però trasmette sono sensazioni fisiche soprattutto il freddo che penetra le ossa, la terra che cede, facendosi melmosa sotto i piedi, la nebbia che avvolge obliando tutta l'umanità intorno e celando misteri inspiegabili; questa è la grande caratteristica che trascina la lettura, perché non si ha la voglia di scoprire il colpevole o di sciogliere le piccole sottotrame, si ha la voglia di tornare a Londra a Baker street, al sicuro, al caldo di un camino, alla stabilità dell'asfalto asciutto.
Per il grande merito di essere entrato a far parte dell'immaginario collettivo merita di essere letto; il grande merito di Conan Doyle sta nell'aver creato un personaggio unico e attraente, ma lo stile risente molto del passare degli anni, purtroppo privo di quell'alone di eternità tipico delle grandi opere d'arte.

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SARY Opinione inserita da SARY    21 Marzo, 2013
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La maledizione

Uno strano caso da risolvere per il geniale Holmes e il fido Watson, fra umano e soprannaturale.
Una presunta maledizione si abbatte sulla famiglia Baskerville, residente in un magnifico maniero nella brughiera inglese, fino all’ultimo discendente, Henry. Cosa ne sarà di lui e degli investigatori interpellati? Chi o cosa si nasconde dietro la leggenda? Ordinaria cattiveria umana o bestia diabolica?
Un’indagine complessa condotta con acume, astuzia ed abilità obbliga ad una lettura febbrile.
Lo stile è chiaro, pulito ed elegante; il contenuto è ricco di colpi di scena, mai scontato o pesante.
Le descrizioni dei fatti, dei luoghi e dei personaggi sono curate nei minimi dettagli. Nulla sfugge agli occhi critici della coppia vincente, così attenta al profilo psicologico delle comparse, anche quelle secondarie, da poterla accostare ai moderni criminologi forensi. Una narrazione precisa dove tutto si incastra a perfezione.
Fra queste pagine si respira l’odore di terra bagnata, si percepisce l’umidità della desolata landa. Il lettore vive l’atmosfera cupa della brughiera avvolta nel mistero e ne resta contagiato; si avverte un senso di inquietudine, viene spontaneo controllare che in quel momento in quella stanza tutto sia al suo posto e che non vi sia nessuna presenza di qualsivoglia natura dietro le tende!
L’unico punto a sfavore del signor Holmes è dovuto al suo atteggiamento dispotico nei confronti del caro Watson, lo definisce un amico ma lo tratta, a volte, come un servo e ciò mi infastidisce.
A parte questo personalissimo screzio con l’investigatore, il resto è impeccabile.
Un romanzo ben confezionato, coinvolgente ed intrigante al punto giusto.

“Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si cura mai di osservare”

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P.P. Opinione inserita da P.P.    01 Marzo, 2013
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Un capolavoro di Conan Doyle

Perfetto! Ho amato sin dall'inizio Holmes ma questo è sicuramente uno dei romanzi più avvincenti di Conan Doyle! Una casa isolata nella desolata brughiera del Devon, un omicidio in insolite circostanze, una misteriosa e inquietante leggenda... Un'atmosfera perfetta per un capolavoro! Ancora una volta le avventure Holmes e Watson non mi hanno lasciato fiato, era come se fossi io stesso a svolgere le indagini, improvvisando supposizioni e congetture. Eccezionale!
Conan Doyle è riuscito ad intrecciare abilmente il thriller con il giallo, dando anche una "pennellata" di horror qua e là, dando alle vicende già di per sè abbastanza inquietanti, una suspance che tiene incollati al libro. Sembra sempre che il mistero sia giunto alla conclusione, ma Conan Doyle tira fuori un' altra complicazione, un nuovo sospetto, che Holmes con la sua arguzia e le sue mirabili capacità riesce sempre a dirimere, considerando ogni possibilità. Mai scontato e, ripeto, eccezionale!

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un qualunque libro giallo ed è in cerca di qualcosa di particolare...
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_sectumsempra Opinione inserita da _sectumsempra    27 Febbraio, 2012
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Immancabile per gli amanti dei gialli

Questo è il primo giallo di Sir Arthur Conan Doyle che ho letto e ne sono rimasta davvero soddisfatta!
Mi sono sempre piaciuti i gialli, le storie misteriose che ti tengono con il fiato sospeso, ma, prima di questo, non ne avevo mai letto "veramente" uno. Direi che ho cominciato bene.
Già dai primi due capitoli il libro è riuscito a incantarmi e inquietarmi allo stesso tempo. Esiste davvero questo orribile e feroce cane nero destinato a porre fine alla famiglia del Baskerville? Ci pensa subito Holmes a risolvere il mistero grazie, ovviamente, al nostro amato Watson che andrà di persona nell'enorme villa dei Baskerville per proteggere il nuovo "ereditiere" e cercare di svelare il mistero.
L'ambientazione è perfetta per un giallo, una dimora sperduta che di notte ti fa rizzare i peli sulla testa. Meraviglioso!
Difficile riuscire a indovinare il colpevole ma non puoi fare a meno di staccarti dal libro per sapere come va a finire e, con Holmes, il caso non può che essere risolto!
Consigliatissimo agli amanti dei gialli.

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ilardo Opinione inserita da ilardo    20 Gennaio, 2012
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il mastino di arthur

Imponente, suggestivo, la più avvincente avventura di Sherlock, dalle atmosfere cupe, misteriose e a tratti surreali, tant'è che si arriva addirittura a immaginarne risvolti fantasy. ma, ovviamente l'acume del nostro investigatore preferito saprà svelar l'arcano non senza le dovute difficoltà relative al caso. Holmes e Watson ormai li conosciamo, ma è sempre sorprendentemente piacevole vederli all'opera e esaminarne le sfaccettature. un Holmes imperscrutabile, ingegnoso, dalle stramaledette doti deduttive (motivo di invidia per noi aspiranti detective), e si, a volte cinico, ci guiderà alla soluzione del miglior enigma firmato "dottor Doyle"

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MATIK Opinione inserita da MATIK    13 Settembre, 2011
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Il cane dei Baskerville

"Elementare, Watson!"
Che bello leggere questo libro di Conan Doyle, scoprire il personaggio di Sherlock Holmes, il precursore di tutto il genere "giallo", grandi abilità deduttive, grande acume e scaltrezza che l'aiutano a risolvere anche i casi più difficili! Anche ai giorni nostri farebbe piacere avere personaggi di tale elevatura per poter risolvere casi irrisolti della nostra cronaca nera!
« [...] il suo sguardo era acuto e penetrante; e il naso sottile aquilino conferiva alla sua espressione un'aria vigile e decisa. Il mento era prominente e squadrato, tipico dell'uomo d'azione. Le mani, invariabilmente macchiate d'inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, possedevano un tocco straordinariamente delicato, come ebbi spesso occasione di notare quando lo osservavo maneggiare i fragili strumenti della sua filosofia. »

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LauraZ Opinione inserita da LauraZ    10 Settembre, 2011
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Sherlock Holmes ritorna in scena...

Con questo romanzo, Sir Arthur Conan Doyle fa ritornare in scena il celebre Sherlock Holmes, reclamato da migliaia di lettori dopo la sua scomparsa nell'ultimo episodio dei suoi mitici racconti... Nel "Il mastino di Baskerville" alla base della storia c'é una maledizione, quella appunto di un mastino infernale che, dopo aver ucciso l'antenato Hugo Baskerville, perseguiterebbe tutti i suoi discendenti. L'avventura e i mille colpi di scena iniziano proprio con la morte di uno dei discendenti dei Baskerville, Sir Charles. A chiamre il famosissimo investigatore è l'amico medico del discendente, Henry Mortimer. Questa volta Sherlock Holmes non domina da subito la scena, poiché decide di inviare nel luogo del delitto il suo fedele compagno Watson, che conduce le ricerche. Durante la sua permanenza, Watson è però intimorito da uno strano personaggio che si aggira sulle colline di quella zona e che si rifugia in una piccola caverna, al sicuro dal lungo sguardo del cannocchiale di un naturalista del paese... Il dottor Wastson scoprirà che il tizio misterioso è nientemeno che il suo amico Sherlock Holmes! Da qui cominceranno le vere indagini e le deduzioni che solo il mitico Holmes riesce a sempre a ricavare...

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I racconti di Sherlock Holmes, C'è un cadavere in biblioteca di Aghata Christie
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Francj88 Opinione inserita da Francj88    07 Settembre, 2011
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Holmes non deve morire!!

"Holmes non deve morire!" sembrava essere il pensiero dei lettori, quando nell'ultimo numero dello Strand Magazine Sherlock Holmes era precipitato, insieme al suo acerrimo nemico Moriarty, in un crepaccio. Un pò riecheggiando la psicopatica infermiera del libro di Stephen King, "Misery non deve morire", la quale non riesce ad accettare la morte della sua eroina letteraria, gli affezionati lettori del mitico Holmes "costringono" Conan Doyle a continuare la pubblicazione delle avventure del famigerato investigatore. Dopotutto quando un personaggio diventa un mito acquista una specie di vita indipendente, o meglio, collettiva, a cui il pubblico si affeziona e si identifica inesorabilmente.

Ed ecco dunque vedere la luce Il mastino dei Baskerville! Un testo anomalo se vogliamo, poichè si tratta di un romanzo. Quasi tutte le 60 avventure "canoniche" di S. H. non superano la misura del racconto, le quindici venti pagine al massimo. Un altra particolarità è il fatto che l'azione si svolge prevalentemente in campagna. Mentre quando pensiamo a S.H, siamo portati a vederlo molto "urbano", contro uno sfondo londinese, o davanti al caminetto, in Baker Street. E' presente poi tutto l'armamentario della letteratura gotica: antico manoscritto, maledizione di famiglia, morte per terrore, cupo castello nella brughiera, strane luci in movimento, ombre mostruose, infernali..

Holmes invece è sempre lo stesso: berretto da cacciatore, mantellino a quadri, pipa e il solito formidabile intuito. Già in apertura, Holmes, esegue una piroetta di presentazione, dà immediatamente un saggio delle proprie capacità a proposito di un bastone da passeggio. In tutte le sue inchieste, non manca mai questo mini-enigma introduttivo, una specie di marchio di garanzia. E' questo forse il difetto che riscontro nella prosa di Conan Doyle, questa specie di "ammiccamento" al pubblico che senza dubbio ha un valore ed un intento commerciali, che annuncia il prodotto in serie e fa pensare al lettore: "vediamo cosa combina stavolta il caro vecchio Holmes!!". E' normale che quasi tutti i personaggi le cui avventure proseguono nel corso del tempo vivono in parte di ripetitività e che in generale sono le peripezie che devono variare, ma Holmes è sempre identico a se stesso. Non invecchia, non ingrassa, non si modifica. Per suoi successori, Poirot, Miss Marple, Maigret e tanti altri, gli anni passano crudelmente, banalmente.. per lui no. Manca di profondità psicologica. Ma lui è un monumento..e forse è anche giusto così..

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Le altre raccolte con le avventure di Sherlock Holmes

Irrinunciabile poi per chi ama i gialli
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