Doctor Sleep
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Che fine ha ha fatto Dan Torrance?
- ATTENZIONE SPOILER -
Ideale seguito di Shining, Doctor Sleep narra i punti salienti della vita del piccolo Dan Torrance protagonista del grande capolavoro di Stephen King.
Come può essere diventato Dan da adulto, perseguitato dal suo potente dono? Quanto può essere difficile convivere con i morti in mezzo ai vivi? È più facile spegnere il dono e vivere una vita da ubriacone fallito o abbracciarlo ed accompagnare, donando serenità, chi è prossimo alla morte alla sua destinazione finale, sino a scoprire quale sia il vero scopo di tutto questo doloroso percorso e trovare qualcuno che ha ancora tutta la vita davanti da aiutare?
Romanzo di evoluzione, apprendimento e crescita Doctor Sleep ci aiuta a capire quanto sia importante aiutare il prossimo, capirlo ed appoggiarlo affinché possa fare qualcosa di grande non solo per sé stesso ma anche per gli altri, il volume risulta un degno erede del suo famoso predecessore.
La crescita può avvenire anche dopo che si è diventati adulti, la consapevolezza e le prove affrontate diventano tempra inarrestabile, quando si trovano amici che hanno fiducia in noi.
L’incredibile sferzata di energia di una giovane colma dello stesso dono di Dan porta grande positività ed incredibili rischi nella sua vita, ma solo dopo che Dan riesce a trovare finalmente un equilibrio scampando alle spire dell’alcol, attorniato da nuovi amici che comprendono almeno la parte più terrena del suo problema, e lavorando in un ospizio dove trova finalmente una sua dimensione ed uno scopo.
La sua missione diventerà aiutare la giovane Abra ad affrontare il male di una comunità di esseri al di fuori dell’umano che si cibano della luccicanza di giovani vittime uccidendole tra mille tormenti, finalmente le sue capacità troveranno uno scopo più alto che porterà alla fusione della sua esperienza con la forza e l’energia della giovane e potente Abra, in una lotta senza esclusione di colpi tra bene e male.
Alcuni colpi di scena rendono la lettura inarrestabile sino alla conclusione, donando anche numerosi dettagli ed approfondimenti al primo libro. Il maestro non si smentisce e ci regala un nuovo capolavoro.
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ABRA KADABRA
Ho letto Doctor Sleep non appena è uscito (ormai un po' di anni fa) e mi è venuta ora la voglia di condividere la mia opinione in concomitanza con l'uscita della trasposizione cinematografica.
Ricordo che il romanzo mi è piaciuto molto e anche i personaggi.
Danny è un uomo che racchiude gli effetti della sua infanzia particolare ed ha il dono della luccicanza, una specie di potere, un'aura, che però cerca di soffocare con una vita miserabile.
Nel suo percorso distruttivo entra in contatto con Abra, una ragazzina con una luccicanza molto forte che corre il pericolo di essere "divorata" dal Vero Nodo , un gruppo di esseri che si nutrono del potere delle persone speciali.
Danny dovrà superare le sue paure, la sua esperienza traumatica all'Overlook, per aiutare Abra che invece impersonifica la positività della vita e la forza di volontà.
L'aiuto che chiede quest'ultima a Danny in realtà dará una svolta alla vita di entrambi, finalmente due persone con la luccicanza possono confrontarsi e confortarsi, peccato l'impossibilità di sfuggire ad uno scontro con il villain del romanzo..
Il personaggio di Abra a parte il nome azzeccatissimo mi è piaciuto ma non lo definirei uno dei migliori usciti dalla penna di King.
Mi è piaciuto moltissimo ritrovare il protagonista di Shining e scoprire cosa fosse successo nella sua vita e ho trovato la trama del seguito molto accattivante per essere il romanzo successivo di un grande capolavoro .
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Daniel vs mostri 2 a 0
Dopo oltre trent'anni dall''uscita di shining King ci propone il seguito. Nel frattempo il piccolo Daniel Torrance, sopravvissuto all'Overlook hotel e ai suoi mostri è cresciuto. Quell'esperienza non poteva che averlo segnato e così il suo stile di vita somiglia molto a quello del padre. Alcool e ira la fanno da padrone. Però almeno sono capaci d tenere a freno la "luccicanza^ e tutto quello che ne consegue in termini di visioni e di lettura del pensieri con conseguente conoscenza di segreti che sarebbe meglio restassero tali. Dopo aver toccato il fondo, grazie all'aiuto di alcuni amici che gli sono affini per la predisposizione all'alcool o per avere in comune con lui un certo sesto senso, tenta di cambiare. Assunto in una casa di riposo, diventa doctor sleep: un inserviente particolarmente sensibile verso gli anziani che stanno morendo. Grazie al suo dono conosce anche Abra una bambina dotata di un potere infinitamente più forte del suo. La sua particolarità le attira anche l'attenzione di un gruppo di camperisti all'apparenza innocui. In realtà si tratta di vampiri moderni: una specie di Dracula in bermuda e ciabatte. Inevitabile sarà lo scontro anche con questi mostri.
Libro molto bello soprattutto nella parte in cui descrive la vita di Daniel e le sue bassezze. A me è piaciuta meno, ma solo per questione di gusti personali, la parte fantasy. Nel complesso, comunque è un libro che si lascia leggere. coinvolgente e capace di far riflettere in alcuni punti, leggero e divertente in altri. Molto diverso sia nel contenuti sia nello stile rispetto al primo capitolo mette ben in evidenze che oltre che per il protagonista anche per lo scrittore sono passati parecchi anni.
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Tale Padre Tale Figlio.... O Quasi.
Danny Torrance è sopravvisuto agli eventi raccontati in Shining, ma i fantasmi dell'Overlook Hotel continuano a tormentarlo. Questo perché il bambino possiede la Luccicanza, un dono (o una maledizione?) che gli permette di prevedere il futuro, rivedere il passato e comunicare telepaticamente con altre persone aventi il medesimo potere. Danny riuscirà a liberarsi dei fantasmi che lo assillano grazie all'amico Halloran, il cuoco che lo aiutò a scappare dall'Overlook negli eventi raccontato nel prequel (non dico come per non rovinare questo passaggio). Ma dietro all'angolo c'è un demone in agguato, un demone di cui non è facile sbarazzarsi e di cui era vittima Jack Torrance, il padre: l'alcool. Danny vagherà per l'America senza un soldo, fino a quando deciderà di stabilirsi nel New Hampshire, in una cittadina di nome Frozien dove entrarà a far parte degli alcolisti anonimi e troverà un lavoro fisso nella casa di riposo del paese.
E qui che, fortuitamente, conoscerà ABRA, una ragazzina che come lui possiede la Luccicanza. Il potere di Abra è molto potente e attirerà le attenzioni del Vero Nodo, il villain del romanzo. Si tratta di una comunità molto vasta e ricca che viaggia sui camper alla ricerca di quello che loro definiscono Vapore, ma che in realtà è la Luccicanza stessa, la sua "essenza", se così posso dire. Toccherà a Danny aiutare Abra a scappare da questa forza malefica che vuole catturarla e prosciugarla.
Questa è la storia per sommi, sommissimi, capi. Non mi dilungo oltre per paura di fare spoiler indesiderati, almeno per quanto riguarda la trama.
Il romanzo è scritto bene, scorre fluido e senza particolari intoppi, cosa a cui King ci ha abituati fin dal suo primo romanzo. Però in Doctor Sleep manca qualcosa. Mi dispiace dirlo, perché adoro King particolarmente e faccio davvero fatica ad essere oggettivo quando devo esprimere la mia opione sui suoi romanzi, però a volte è necessario esserlo. Dunque, cosa c'è che non va nel racconto? Essenzialmente quello che mi ha fatto storcere non poco il naso è stato il villain della situazione, ossia il già citato NODO, il quale appare solo come una mera macchietta se paragonato ad altri "cattivoni" Kinghiani come Randall Flagg. Perché dico questo? Semplice: per tutto il racconto il Nodo non fa altro che subire gli interventi, gli attacchi dei protagonisti... sembra quasi che i ruoli, quello del malvagio e quello del buono, si siano invertiti! Va bene, il nodo ha i suoi problemi interni, che vengono descritti in modo dettagliato attraverso i pensieri e i dialoghi di/tra alcuni suoi membri (senza il vapore, che scarseggia, i membri sono deboli, come dei vampiri senza il sangue di cui necessitano per nutrirsi, insomma.), ma questo non giustifica questa inettitudine da parte di un gruppo che dovrebbe dare filo da torcere agli "eroi" della situazione e che invece si ritrova in un senso unico quasi imbarazzante, dove sono SOLO loro a subire i piani "diabolici" dei protagonisti.
Essendo il seguito di The Shining, ovviamente non mancano i rimandi agli avvenimenti dell'overlook, anche se non sono particolarmente incisivi nella dinamica del racconto, ma si limitano solo ad alcuni, brevi flashback o a qualche veloce comparsa che non lascia il segno.
Le citazioni di altre opere, siano esse musicali o letterarie, si sprecano e a parte un paio di citazioni interessanti di cui ho preso nota, non ho trovato nulla di particolamente interessante. Ho tirato in ballo le citazioni letterarie o musicali perché King ci ha sempre abituati a dei rimandi più o meno interessanti, spesso spronandomi ad informarmi su un determinato autore o un determinato artista, ma questa volta no... anzi, pochissimo.
Per quanto riguarda i colpi di scena.. ci sono ma, strano a dirsi, non sono rilevanti ai fini della trama. Ovviamente non dirò nulla, ma ci tenevo a precisare che se cercare un libro con colpi di scena a go-go, questo non fa per voi.
Dunque, perché ho dato tre stelle al romanzo, che non mi è piaciuto particolarmente, invece che darne due? Semplicemente perché è comunque godibile, è una buona storia senza particolari sorprese, un discreto libro con una buona storia. Penso che King lo abbia scritto per accontentare i fans e per rispondere alle loro (a quanto pare) frequenti domande riguardanti il destino di Danny dopo i tragici eventi di cui è stato il protagonista nel suo passato; non credo lo abbia fatto per soldi, anche perché non penso ne abbia bisogno. Senza contare che King fa tanta beneficenza e che tempo fa ha chiesto addirittura al governo di poter pagare più tasse. Mi piace pensare che tenga davvero ai fans, ecco. Spero sia così. Quello che so per certo, è che le sue storie mi appassionano, anche se non tutte le ciambelle escono col buco... ma chi è quell'essere umano a cui riesce tutto perfettamente?
Solo per Fedeli Lettori doc
Diciamo subito che il romanzo di Stephen King, “Doctor Sleep”, non è una storia per tutti.
Non è un’opera per chi non ha mai letto nulla dello scrittore del Maine, non è il testo più adatto da cui iniziare per conoscere il Re dell’Horror, è quanto di meno indicato, direi controproducente, si rischia di disaffezionarsi dall’inizio al percorso di conoscenza di uno dei più acuti osservatori della realtà sociale della piccola e media borghesia americana, e della squisita maestria con il quale sa scrutare nel profondo dell’animo di tutti i suoi personaggi, in particolare predilige i preadolescenti, spesso protagonisti.
Stephen King ha un talento enorme, un’abilità unica e stupefacente di scrivere e di descrivere, un permearsi completamente nei suoi personaggi, che insieme con un’esemplare disciplina e competenza professionale lo rendono, a ragione, il Re.
Il Re è accattivante con i suoi seguaci, li ammalia con rapidità dopo breve corteggiamento e li fa innamorare di sé e delle sue storie, ma certamente non cominciando da qui, da questo romanzo.
“Doctor Sleep” è un libro del sonno, il sonno ristoratore, l’ebbrezza onirica che si può assaporare avendo ben vissuto altro da svegli: bisogna pur aver vissuto, aver conosciuto l’altro, il vissuto, per riviverlo sotto forma di sogno. Il sogno rispecchia la vita, non viceversa. Serve vivere per sognare.
Non è una lettura adatta nemmeno a chi King, bene o male, già conosce, non è sufficiente aver letto solo alcuni dei suoi libri, neanche basta aver bene impresso il ricordo di “Shining”, libro o film, più volte citato ed indicato come il prequel di “Doctor Sleep”, ma in realtà i due libri in comune hanno ben poco, solo il protagonista prima bambino e ora adulto, e qualche altro particolare.
No, “Doctor Sleep” è un libro per kinghiani doc, e con questo non voglio asserire che esiste, ed io certamente non ho né spocchia nè presunzione per affermarne di farne parte, una consorteria di seguaci di Stephen King che, come in una religione, venerano l’autore e ne celebrano ritualmente le opere. Assolutamente: intendo semplicemente dire che questo è un romanzo della tarda maturità di Stephen King, e come tale contiene in sé i temi, i modelli, gli argomenti, tutto quanto già ampiamente trattato nella vasta bibliografia precedente dello scrittore, non ci sono in questo romanzo nulla di cui Steve non abbia già descritto e discettato in precedenza. Il suo dire è un ribadire, il suo raccontare è un rivedere, lo snodarsi della sua prosa riconduce a un Nodo, un nucleo di fatti e situazioni già noti ai fedeli lettori, che solo chi dell’opera omnia kinghiana ha vasta conoscenza, può apprezzare in pieno.
King non spiega, allude a quanto già detto: e chi non sa cosa disse a suo tempo, non può, non riesce ad apprezzare ora il tutto insito in “Doctor Sleep”.
Perché in “ Doctor Sleep” c’è tutto di King: ci sono vampiri immortali che scorazzano in camper sulle strade americane, come in “Salem’ Lot”, ci sono mostri che vivono delle emozioni genuine di bambini provvisti di una sensibilità particolare, come in “It”, cibandosene come se inalassero un vapore; ci sono violenze domestiche, come in “Rose Madder”, ci sono vecchi, come in “Insomnia”, ci sono ragazzine terribili, come in “Carrie”, ci sono poteri paranormali come nella “Zona Morta” o Il Miglio Verde”, ci sono fantasmi come in “Shining” o “Mucchio D’Ossa” o “Duna Key”, ci sono trenini come in “Joyland”, eccettera. Occorre aver letto, e possibilmente apprezzato tutto questo, davvero. Perché se no è inutile, si leggicchia a fatica una storia per certi versi assurda, assai inverosimile, una storia in cui non funziona affatto quella “sospensione dell’incredulità” di cui Stephen King è maestro e che induce il fedele lettore a leggere con convinzione, fede e certezza assoluta di essere nel vero, resoconti strabilianti di vampiri che scorazzano allegramente in un moderno villaggio della provincia americana o amorfe creature che vivono nelle fogne di un’altra altrettanta moderna cittadina e che prendono magicamente le sembianze dei più comuni babau dell’infanzia.
“Doctor Sleep” è un libro per gli esperti, non per il neofito; è un romanzo per iniziati, non per babbani, è un volume per i fedeli lettori, per coloro in cui il processo di fidelizzazione tra lettore e scrittore è stato da qualche tempo sancito con un giuramento sacro. Questo libro è per chi aspetta con fiduciosa e trepidante attesa ogni nuova uscita del nostro, e centellinano la lettura per gustarla più a lungo possibile quasi fosse nettare d’ambrosia, ritrovando la magia, le emozioni, e il piacere della lettura quale che sia il titolo o il tema trattato, anche nelle opere meno riuscite.
Stephen King, un nome, una garanzia, ma soli per veri intenditori.
Di cosa tratta “Doctor Sleep”? Essenzialmente, come già troviamo nei titoli più conosciuti come “It”, “Salem’ Lot”, “L’ombra dello Scorpione”, King discetta dell’eterna lotta del Bene contro il Male. Il Bene, di per sé, non è appannaggio di eroi, come comunemente si è indotti a pensare, anzi, spesso il Bene ha sembianze un po’ banali, può incarnarsi in un comune pediatra di famiglia, una ragazzina sveglia ben più matura di tante altre coetanee, un vecchio guidatore di trenini da parco giochi, e anche in un giovane ex alcolizzato, un ragazzo già in là con gli anni, un po’ attempato come tanti altri, sopravvissuto quasi per caso ad un padre a sua volta alcolista e parecchio fuori di testa. Ma il bene in ogni caso è Bene, e perciò è luminoso, “luccica”; la “luccicanza”, lo “shining”, è una prerogativa di certi buoni un po’ più buoni degli altri, e perciò sensibili, pronti a “recepire” pensieri e emozioni nella testa altrui, a spingere un pochino sulla volontà altrui perché l’individuo un po’ traballante si rimetta sulla retta via, e dia conforto e coraggio a chi è in difficoltà oppure ha bisogno di essere accompagnato e consolato al momento del gran passo verso il sogno eterno.
Dan Torrance, il piccolo Danny di “Shining” a distanza di trenta anni, questo fa, accompagna i vecchietti dell’ospizio in cui è inserviente a compiere con serenità e dolcezza il loro commiato da questa esistenza, ed ecco perché è detto “Dottor Sonno”, “Doctor Sleep”.
Il potere, o la maledizione, da cui è affetto, è un qualcosa difficilmente definibile in parole: tramite questo Dan vede un luccichio che gli dice qualcosa, talora molto, su chi avvicina; gli legge i pensieri, ne indovina l’indole, vede sprazzi del loro futuro, comunica “mentalmente” con altri provvisti della stessa capacità. Questa luccicanza è ben più diffusa di quanto si ritiene, spesso è riposta in forme esaltanti in preadolescenti, ragazze e ragazzi nel pieno di quell’età magica e fantastica in cui non si è più bambini ma non ancora ragazzi, un’età breve dai confini sfumati in cui non si crede più alle favole ma si è disponibilissimi a credere ed a gestire fenomeni magici ma non favolistici come la telepatia, la telecinesi eccettera. Dotati di questa capacità non sono solo i buoni, giacchè al mondo non esistono solo i buoni, ne sono provvisti anche i cattivi.
I cattivi in questo caso sono individui che dallo “shining” traggono esclusivo personale ed egoistico giovamento e sostentamento, rubandolo a coloro che, per lo più giovanissimi, ne sono in largo possesso; agiscono come vampiri, come parassiti, così come il sangue ristora e giova ai vampiri, a costoro la luccicanza funziona da cibo, da manna, da linfa vitale, rendendoli non immortali ma longevissimi. Sennonché per procurarselo, in gran quantità e di massima qualità, non basta rubarlo, occorre letteralmente estrarlo, e il metodo di estrazione è crudele e disumano, letteralmente costoro aspirano a forza, e con violenza, inalano come fosse un vapore questo fluido particolare, incuranti se tale estrazione avviene, deve e può avvenire, solo tramite torture indicibili, violenza e dolore inenarrabile. Gli sfortunati bambini in possesso di questa facoltà divina di premonizione, la “luccicanza” che gli consente di espandere luce sul buio dell’esistenza altrui, sono rapiti e sottoposti a un rito crudele, lungo, doloroso, che porta a distillare il loro potere, a estrinsecarlo sotto forma di vapore che i vampiri inalano e così cibandosene perpetuano se stessi e la loro zombiesca esistenza. Un vapore, tant’è che può essere conservato in bombole per i periodi di magra. Un vapore, destinato ad esaurirsi, e quindi da rinnovare in perpetuo, ecco quindi i nostri viaggiare in lungo e largo il paese, a bordo di camper, caravan, roulotte, del tutto simili per aspetto e sembianze alle migliaia di persone non più in età di lavoro ma ancora giovani per godersi il loro paese perlustrandolo, e così perfettamente mimetizzati, confusi nella scenografia delle grandi arterie americane, alla continua ricerca sia di vittime che di nuovi adepti.
Il loro peregrinare disegna tragitti intricati, un continuo andare su e giù con traiettorie sempre diverse che disegnano una ragnatela del Male, che riportano a un Nodo, un nucleo centrale cui il Male giunge e da cui il Male riparte, da cui i vampiri nascono e cui finiscono per tornare.
I vampiri moderni non sono tali per definizione, spesso lo sono diventati loro malgrado; può capitare che uno di loro, per esempio, non sia che una povera vittima di un padre incestuoso, lo scempio cui è sottoposta nel corpo e nella psiche da parte di chi più di tutti al mondo avrebbe compito di tutelarla e proteggerla, porta la piccola “Andi Serpente” a divenire una cattiva sui generis.
E il Nodo, i suoi membri, il suo capo Rose Cilindro sono affrontati dal Bene, e dal Bene sbaragliato, come in tutti i buoni romanzi a lieto fine: come dire, tutti i nodi vengono al pettine.
Coloro che militano nel Bene, non sono eroi, e neanche paladini senza macchia e senza paura; il loro elemento di punta è Ambra Stone, una ragazzina terribile, il prototipo della brava ragazzina americana di buona famiglia che è in realtà un autentico peperino, un osso duro: ma non è certamente una eroina casta pura e immune da difetti, non esita per esempio a usare i suoi poteri incazzandosi di brutto a seguito di un rimprovero dei genitori per una sua mancanza o ragazzata.
Il Bene è comunque bene, comprende valori come amore, onestà, e famiglia, i grandi valori della sana provincia americana, in particolare qui si indugia sul rispetto dovuto agli anziani, per i propri avi spesso dimenticati ed abbandonati negli ospizi: si parla perciò anche di intrecci familiari, si parla di persone assai avanti negli anni e pure ancora, e fino all’ultimo, in grado di dare briciole di utilità a quanti rimangono, si parla della morte, e di come sia rincuorante affrontarla con qualcuno che ti tiene amorevolmente la mano e ti aiuti ad andarle serenamente incontro. Il sentiero è scuro, ma lo “shining”, la luccicanza, t’illumina, ti fa vedere dove mettere i passi: un conforto questo che un vero buono non nega a nessuno, nemmeno a un suo nemico, come fa Dan nel finale.
Dan Torrance, il “Doctor Sleep”, l’ex alcolista Dan Torrance, il Danny di “Shining”, non è un santo, ma un ex bevitore, ai tempi brutti ruba dei soldi ad una tossica abbandonandola con il suo bambino, ai tempi belli sbaraglia il Nodo e tutto quanto rappresenta.
Dan è il prototipo del comune americano medio, in grado, con pari probabilità, di essere e divenire buono o cattivo, secondo quale via intraprende, secondo le proprie scelte. Se sceglie la retta via, la sua esistenza luccica, altrimenti è un groviglio, un nodo di brutture.
La vita non è altro che la conseguenza delle proprie scelte.
Il tema di “Doctor Sleep” è tutto qui: e si rinviene costantemente in tutti i romanzi di Stephen King.
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SEQUEL O NON SEQUEL?
Sinceramente non avevo grosse aspettative da questo horror, probabilmente influenzata dal fatto che solitamente i "sequel" vanno sempre peggiorando con il proseguo della trama.
Indubbiamente Dr. Sleep non può reggere il paragone con Shining. Il terrore e la suspance che King riesce a rendere nel raccontare la follia di Jack Torrence non sfiora lontanamente questo libro. Pertanto credo sia meglio non analizzare Dr. Sleep solamente in funzione di Shining, anche perchè in realtà, nonostante il protagonista sia lo stesso bambino scampato alla follia dell'Overlook Hotel, la trama è comunque indipendente.
Ci troviamo quindi Dan Torrence cresciuto, ex alcolista, alle prese con una ragazzina con una luccicanza estremamente più potente della sua, a sua volta minacciata da un gruppo di "vampiri" denominati "Il vero nodo" che si nutrono delle sofferenze e dello shining dei bambini che torturano a morte.
Il re del brivido, con la maestria dei suoi romanzi migliori (IT, 22/11/63), racconta la vita di Dan Torrance catturando completamente il lettore e trasportandolo nel suo mondo come solo lui riesce a fare. Peccato che non riesca però a far paura... il "Vero Nodo" non appare a mio avviso abbastanza minaccioso o impressionante.
Insomma, consigliato sicuramente per lo stile inconfondibile del Maestro, sconsigliato a chi si aspetta di passare le nottate a temere che Jack Torrence compaia dietro la porta della sua camera da letto...
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il mio re e' tornato alla grande
Almeno una volta all'anno ho bisogno di lui: ci penso, come un alcolizzato fa con la bottiglia, nei suoi momenti d'oblio più neri. In realtà, lui mi aiuta nell'impresa diametralmente opposta: disintossicarmi. Mi racconta brutte storie in maniera meravigliosa. Cosa che nessuno fa. Perché lui è artefice di cose che nessuno fa. E' il miglior narratore che ci sia. “Narratore”, figura, quest'ultima, che, al pari dell'artigiano o del ciabattino, non esiste più, o quasi. Sono specie in via di estinzione. Maghi in incognito. Prestigiatori che, dal cappello a cilindro, tirano fuori, a colpo sicuro, capolavori su capolavori. Lui è il Re e io sono un suo fedele suddito: lo venero. A volte, in presenza di uno dei suoi capolavori, posso semplicemente perdere la mia oggettività. Avevo un po’ paura nel cominciare a leggere “Doctor Sleep” ma nel mio inconscio sapevo che mi sarebbe piaciuto. Stephen King crea misteri. Alla fine di ogni suo libro, anzi ho azzardato a dire “ogni”, nel mio caso, regna la più pura ammirazione. Qulacosa che assomiglia vagamente alla felicità. Cosa strana... ma io sono strana, quindi c'è una certa coerenza di fondo. Quando leggo qualcosa di suo, non smetto mai di pensare a quella piccola lettrice che, un ventennio fa, muoveva i suoi primi e cauti passi in un'immensa libreria piena delle sue immense storie. Spiando dal basso ripiani che nemmeno riuscivo a raggiungere, curiosavo, senza meta e fretta, tra dorsi rilegati che mi parlavano di macchine infernali, cimiteri viventi e sguardi che uccidono facendo furore, fuoco e fiamme. I miei amici leggevano libri stupidi, io invece mi trattavo bene già da bambina. Andavo a casa con un tascabile: solo Stephen King. Mi mettevo sul letto e cominciavo a leggere:
E’ stato allora,in quella vita, che ho letto Shining. L'amante dei lieto fine che era in me, non sarebbe stata accontentata però. Chissà a quella bambina come sarebbe parso, allora, questo Doctor Sleep? Ho pensato questo, leggendolo, e mi sono detta che quella bambina che, da qualche parte vive ancora in me, l'avrebbe apprezzato, molto. Proprio come ho fatto io da grande. Il precedente, Joyland, era un'opera piccola con una grande maturità ma che non ho apprezzato a pieno.
Questa volta, stranamente, siamo al cospetto di un'opera grande sicuramente di più in cui Stephen si diverte ancora a giocare coi mostri, il soprannaturale, il trenino degli orrori. Si sente la differenza con il “vecchio King”.
Questo è un King anziano che scrive una storia nelle corde del King giovane. Una lotta contro il tempo, un viaggio nel tempo, i cui round e le cui tappe sono scandite in maniera leggermente più studiata e macchinosa del solito.
Qualche difetto c'è, ma il lettore finisce per limare di suo anche quello che non va. Il lettore, io.
Torna il piccolo Torrance che abbiamo conosciuto in Shining. Kubrick o King, film o libro, cambia poco: il primo finisce nel gelo, il secondo nel fuoco di una caldaia esplosa, ma per Danny non c'è pace comunque.
Sopravvivere è una cosa, vivere è un'altra. Come può farlo, lui che ha visto il padre impazzire, l'Overlook bruciare fino alle fondamenta, la madre spegnersi fino a sparire, in nugolo di mosche in volo sul cattivo odore di antichi incubi e rinnovati deliri. Non può, ma l'alcool aiuta: fare a botte, andare a letto con totali sconosciute, tirarsi giù dal letto e aggrapparsi alla tazza del water, per vomitare, vomitare e vomitare, fino a perdere l'anima, aiuta a non sentire le cose che il buio gli sussurra. Era il segreto di Jack Torrance, e certe cose si tramandano nel sangue. I primi capitoli hanno un elevato tasso alcolemico nell'inchiostro; creano un disorientamento che è una piacevole ebbrezza. Ad ogni pagina non sai esattamente dove ti troverai. Con chi, con cosa. E in che anno. Danny diventa Dan, in un altro Stato nasce Abra. Il primo, ormai adulto, è un uomo che tardi ha imparato a confessare agli altri le sue debolezze: gli Alcolisti Anonimi l'hanno condotto in salvo. L'altra, invece, ha imparato a pensare nella testa di Dan ancor prima di parlare: bambina silenziosissima, prima di svegliarsi in lacrime nel cuore della notte, con il peso di un presentimento che, neonata, non può condividere a parole con gli affettuosi genitori e una curiosa bisnonna d'origini italiane. Ha pianto nella sua culla, ha urlato con tutta la furia contenuta nei suoi minuscoli polmoni, ma l'impossibile è avvenuto lo stesso. I due giganti sono crollati fragorosamente e, solo allora, lei ha smesso. L'undici settembre, Abra mostra al mondo la sua straordinaria luccicanza e Dan capisce che se lui è una torcia, quella piccolina è un dannatissimo faro umano. I tempi sono molto dilatati: da un capitolo all'altro, possono passare mesi, addirittura anni.
Stephen King sa essere piuttosto prolisso, e a me sinceramente piace proprio così, con le sue parole splendidamente di troppo. Finché Abra e Dan s'incontrano, seduti sulla panchina del parco, all'uscita della biblioteca comunale: vicini, ma non troppo. Una ragazzina e un uomo adulto: sapete com'è, se ne sentono tante, in giro... Comunicano mentalmente, comunicano tanto. Tra di loro, ma, soprattutto, a quel lettore che, con interesse, apprensione e sentimento, segue il pericoloso apprendistato di Abra e la coraggiosa espiazione di Dan. Una panchina in un parco, una sedia al capezzale di un malato: Dan come il Dottor Sonno. Tra i piedi, il misterioso Azrael: un gattone grigio, che non a caso porta il nome dell'angelo della morte, con un terrificante sesto senso e tanto di non detto che meriterebbe, per me, di essere raccontato in una novella a sé, un giorno. Quella Abra, che non abbandona mai il suo peluche e che con il potere della mente attacca le posate al soffitto.
Poi…..Il Vero Nodo. Rose, il loro carismatico leader, ha la sensualità, gli amanti e gli anni di una millenaria vampira, il linguaggio colorito di un pirata, un cappello a cilindro che sfida la forza di gravità. Eccessiva, energica, focosa. I suoi complici sono al di sopra di ogni sospetto. Vedendoli, infatti, penseresti a un paio di tranquilli e noiosi pensionati, con l'hobby per la caccia all'uomo. Pensionati, o in attesa del pensionamento.
Billy Freeman, il dottor John Dalton, Concetta… luccicano, tutti quanti, come, nel primo volume, faceva il saggio e lungimirante Dick Halloran. Dopo tanti anni, Doctor Sleep è un secondo capitolo che non aspettavamo, non un sequel in piena regola. Molti personaggi sono diversi e le intenzioni sono diverse, proprio come i toni adoperati. King ritorna all'Overlook, esaminando quello che ne resta. Brutti ricordi, fantasmi evanescenti.
Di Shining, da bambina, ho avuto paura. In questo caso, la paura provata era di un altro tipo: paura di andare avanti, di portarlo a termine. Di trovarmi a leggere un epilogo così emozionante, così bello, così definitivo. Paura di vedere svanire la luccicanza in Dan e di veder balenare, per una volta, un tremulo lucchichio nei miei occhi, mai stanchi di cotanta maestria.
E' chiaro e ovvio che in Doctor Sleep molti cercheranno i piccoli piaceri o la piccola malignità comparativa di chi affronta un sequel, e qualcuno proverà a mettere in connessione ogni riga con Shining.
L'approccio è più che legittimo, naturalmente: ma l'invito è quello di provare a leggere Doctor Sleep senza il peso del libro precedente. Shining è un grande romanzo sulla paternità, la diversità, la solitudine. Doctor Sleep è altra faccenda. Anche Doctor Sleep è un libro sulla paternità, come molti di King: credo che uno dei motivi per cui King non ami la versione cinematografica che Kubrick trasse da Shining risieda proprio nell'aver tagliato via la complessità del rapporto che lega Jack Torrance a Danny. Jack è facile preda dell'entità che possiede l'Overlook perché è un alcolista, ed è un alcolista perché a sua volta è stato un figlio infelice ed è un uomo fragile e spaventato dalla sua stessa rabbia. Prima di diventare il "Dottor Sonno", Danny passa attraverso la stessa paura e vive la stessa fragilità: non solo perché, finita la terribile avventura dell'Overlook, alcuni dei suoi spettri sono tornati a fargli visita, ma perché quell'incontro finale, quel lampo in cui il padre riesce a dominare l'oscurità che lo ha imprigionato per tornare a dimostrargli amore (e altro non dico: chi vuole rilegga Shining, senza guardare il film) pesa ancora sul suo cuore. Sarà un bambino a suscitargli l'orrore verso se stesso e la sua esistenza allo sbando. Sarà un'adolescente, Abra, a restituirgli il senso e il fine della luccicanza e a portarlo a un'ulteriore, definitiva riconciliazione col suo essere figlio e il suo essere, sia pure non carnalmente, padre.
Doctor Sleep è questo e altro. Chi ama il vecchio tocco kinghiano sarà lieto di ritrovare i ritmi serratissimi negli scontri con i vampiri psichici del Vero Nodo, che trovano nutrimento nella luccicanza e in chi la possiede. Rose Cilindro e i suoi seguaci sono, sì, villani, ma sono anche antagonisti sdruciti, crudeli ma infelici, relitti che percorrono le strade americane in camper esattamente come altri reduci di bei tempi andati. Fanno paura, e fanno anche pena: e il duello mentale fra la giovanissima Abra e Rose lascia anche un lievissimo moto di empatia verso la seconda, che non è semplicemente una regina nera sfavillante di perfidia, ma anche un'ombra. Poi ci sono le zampate di King, quelle che ti stringono il cuore di lettore, come il tocco di Danny che allevia il passaggio dei morenti: perché a questo serve (anche) la luccicanza, a rendere meno dolorosa la morte, a dare serenità a chi attraversa i mondi, a stemperare la paura di andarsene. Valgono, da sole, il libro. Sarebbe bello concentrarsi su questo e non sui confronti fra un romanzo e l'altro: nell'impossibilità di farlo, godetevelo. E' un gran libro, se non si fosse capito. Doctor Sleep rimarrà una delle storie meglio narrate in assoluto.
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Uno shining che non brilla
Avete presente un indiscusso capolavoro?
Bene.
Avete presente i sequel che ormai fanno da padrone a qualsivoglia creatura che l'industria cinematografica o letteraria ci propina?
Bene.
Allora potete capire il rapporto che lega "Doctor Sleep" al suo celeberrimo antecendente, l'indiscusso capolavoro di Stephen King: "Shining".
Sono trascorsi quasi tre decenni da quando lasciammo un piccolo Danny Torrence alle prese con le ceneri dell'Overlook Hotel e con le creature maligne che lo popolavano.
Ora lo ritroviamo adulto, alcolizzato e imprigionato nei ricordi violenti che hanno segnato la sua infanzia.
Il Dan che ora King ci presenta è molto diverso dall'innocente bambino chiamato ad affrontare un male più grande di lui. Non c'è più quello sguardo da fanciullo curioso e spaventato che vagava per i corridoi dell'Overlook, fungendo da efficace contraltare narrativo alla mente folle dell'indimenticabile papà Jack Torrence.
Abbiamo ormai a che fare con un uomo che, pur sapendo come gestire i propri poteri, non è in grado di dare un senso alla propria vita.
L'intero romanzo si focalizza infatti sulla continua ricerca di serenità e di stabilità da parte di Dan, chiamato ad affrontare di petto i propri conflitti irrisolti, fino a maturare e divenire mentore involontario della piccola Abra Stone, come lui dotata di immensi poteri mentali.
Inutile soffermarsi sull'ulteriore sviluppo della trama e sui pericoli che i due sono chiamati ad affrontare.
Nulla di quello che King propone questa volta riesce ad avvicinarsi agli orrori claustrofobici di "Shining". Anzi, la cameratesca brigata di " vampiri di anime" che dovrebbe fungere da antagonista finisce spesso con il far sorridere per la pateticità con cui viene tratteggiata. La scrittura vibrante e ammaliante dei capolavopri di King è qui ridotta ad un rigagnolo che si estingue del tutto dopo le prime cento pagine.
La tecnica narrativa è buona, la penna non è certo quella di un principiante, ma non sono riuscito a cogliere quella verve che ha reso l'autore il Maestro del brivido. Qui di brivido non c'è proprio nulla, al massimo qualche risata.
E' mio personale parere che con "Shining", aiutato anche dal grandioso omonimo film, King abbia raggiunto la vetta delle proprie capacità espressive che un sequel molto difficilmente avrebbe potuto eguagliare.
Non dico che dalla lettura di " Doctor Sleep" si possa rimanere delusi, sarebbe infatti da incoscienti aspettarsi un capolavoro, ma certo è che il tutto scorre via con una certa facilità, senza sollevare forti emozioni e ponendosi come un racconto che pur con svariati collegamenti al romanzo precedente ha una sua propria dimensione.
Una dimensione fatta di brevi picchi di tensione, ampi momenti descrittivi, personaggi non esaltanti e a volte poco abbozzati, una trama poco coinvolgente. Come ho avuto modo di verificare già nelle sue ultime fatich,e King sembra abbandonarsi ad una tecnica narrativa ormai solida e ben oliata ma per questo poco originale ed esaltante.
Un sequel che, come tanti altri del suo genere, sarebbe potuto rimanere in un cassetto e nulla sarebbe cambiato.
Non pienamente soddisfatto.
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- no
Doctor Sleep
Innanzitutto, va detto che, a differenza di quanto strombazza la pubblicità, questo non si può definire il seguito di ‘Shining’: è un libro in cui incontriamo di nuovo alcuni personaggi di quel capolavoro - agli effetti pratici, il solo Dan Torrance ormai diventato adulto – che si ritrovano a vivere un’avventura assai diversa per atmosfera, sviluppo e persino tono narrativo. Il fatto in sé non è nè positivo, né negativo, anche se magari qualche lettore, visto lo strillo suddetto, potrebbe risentirsene: l’importante è che la storia costruita attorno alla ‘luccicanza’ del protagonista (dei protagonisti) funzioni. Purtroppo non sempre è così e forse sta anche qui la spiegazione del ritardo dell’uscita statunitense dovuta a un severo editing (ammesso dall’autore nella postfazione): il libro finisce per procedere a strappi, con alcune sezioni riuscite e parecchio inquietanti a cui si alternano pagine in cui la tensione cala in modo sensibile. Al posto della claustrofobica compattezza del romanzo originario, in cui un orrore senza forma prende lentamente vita impadronendosi di un Jack Torrance che ci mette del suo, qui si gioca a carte scoperte sin dall’inizio grazie a quel Vero Nodo che è, con ogni probabilità, uno dei gruppi di ‘cattivi’ più sgangherati messi insieme dall’autore del Maine: dopo un feroce inizio, i capitoli meno interessanti risultano essere quasi tutti quelli loro dedicati perché, presuntuosi e disorganizzati, sembrano far di tutto per farsi spazzar via dalla faccia della Terra (e la loro paura di volare finisce con il tornar troppo comoda a chi li combatte). Sarà forse per questo che i ‘buoni’ possono portare tutti quanti a casa la pelle, compresi coloro che danno l’impressione di essere destinati alla dipartita come l’anziano Billy: una scelta un po’ controcorrente rispetto alla tradizione che priva il romanzo di ulteriori elementi di tensione. A capo di tali truppe del bene stanno la ragazzina Abra – non simpaticissima, in fondo un fatto positivo, in relazione alla quale può brillare una specialità riconosciuta della ditta come la descrizione delle tensioni tra genitori e figli – e, ovviamente, il redivivo Dan, appena uscito da una lunghissima dipendenza dall’alcool utilizzato per smorzare la presenza di un ‘dono’ mentale spesso scomodo: un uomo che ha toccato il fondo (si porta a spasso per tutto il libro una colpa di cui riesce a liberarsi solo alla fine) e arriva a riscattarsi già forse prima dell’epica lotta finale. Un classico fra i classici, si direbbe, ma va anche ricordato che non è dato sapere quanto ci sia di autobiografico nella tendenza ad alzare il gomito del personaggio (e del padre) come indica un altro passo delle considerazioni finali dello scrittore. Anche al netto del confronto con l’illustre capostipite, le oltre cinquecento pagine di ‘Doctor Sleep’ rimangono così a metà del guado, senza deludere davvero, ma anche coinvolgendo assai meno del previsto: salvate dalla scorrevolezza della scrittura e dagli sprazzi di classe comunque presenti in un buon numero, scivolano via in una lettura estiva di poco impegno che si piazza a distanza notevolissima dalle opere migliori del loro autore e pure al disotto della media complessiva. Rimane da aggiungere una piccola nota di dubbio sulla traduzione. Quando vengono citati luoghi tipicamente statunitensi (ad esempio le catene di supermercati) nel testo è inserita una più o meno breve spiegazione; siccome pare improbabile che tali chiarimenti siano presenti anche nel testo originale, dal punto di vista stilistico sarebbe risultato meglio inserirle come note a pie’ di pagina.
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"Luccicanza" poco luccicante senza l'Overlook
All'idea del Re ormai sfornito delle sue migliori cartucce mi sono praticamente rassegnato, però è giusto affermare che "Doctor Sleep" sia un seguito dignitoso di "Shining" e quindi consigliabile agli amanti dello scrittore. E' realizzato secondo uno schema ben noto ai fans, con numerosi rimandi più o meno rielaborati ad altri suoi scritti anche se alcuni personaggi giungono troppo ripresi, se non addirittura ricalcati, da cose già viste..ops, lette.
Il limite di King più evidente è forse questo, quello di non addentrarsi più in sentieri oscuri e non battuti (e per il re del brivido è un bel paradosso) ma preferire viaggiare comodo in prima classe a bordo di situazioni tipiche della sua narrativa, che, dopo una marea di libri, diventano per forza un attimo stantie e polverose.
Inoltre qualche parte descrittiva di troppo è come al solito presente, ma nel complesso il ritmo è di quelli invidiabili. Non male la risalita dall'autodistruzione di Dan, ferocemente provato dai fatti dell' Overlook Hotel, il mastodontico albergo qui scomparso coi suoi labirintici corridoi e le stanze infestate da sinistre presenze.
Lo sguardo nostalgico all'infanzia questa volta è risparmiato grazie alla vitalità di Abra, in quello che è una sorta di passaggio di consegne col protagonista. Aleggia invece oscuro l'avvicinarsi della morte, il timore della vecchiaia con i membri del Vero Nodo, e gli ospiti dell'ospizio in cui Dan lavora, ad incarnare alla perfezione questa paura che King, alle soglie dei 70 anni, probabilmente inizia a maturare. Da qui, probabilmente, una sorta di comprensione nei confronti dei "cattivi", con a seguire sciorinato un altro punto fermo dell'autore: l'immancabile e impari lotta del coraggioso e (in apparenza) mal assortito gruppetto contro un Male potente e atavico.
La chiusura è potabile anche se forse incapace di coinvolgere pienamente. Beh, visti alcuni finali di King (mi rotolo ancora nei rovi per quello di "It") bene così.
Entusiasmo un po' più che tiepido. Comunque ritrovare il vecchio zio Steve anche non su livelli incommensurabili è sempre un piacere.
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Quel maledetto dono
Questa è la storia di Daniel Torrance, un uomo speciale che da bambino è scampato agli orrori di un hotel infestato di mostri ma che da adulto non è riuscito a sfuggire all’alcol e alla droga. Per ripulirsi e tornare a rispettare se stesso, Danny frequenta gli Alcolisti Anonimi e lavora in una casa di riposo per anziani, ove diventa famoso come Doctor Sleep per la sua capacità di accompagnare serenamente i pazienti al momento della morte.
A sconvolgere la vita ancora dissestata di Danny ci pensa Abra, una bambina col suo stesso dono, presa di mira da una tribù di vampiri della “luccicanza”, il potere psichico che li caratterizza. Il Nodo è sulle tracce della ragazzina e vuole ucciderla come ha già fatto in passato con tanti altri bambini. Inizia una lotta micidiale che riporterà Danny nei luoghi più orribili della sua infanzia.
Ovviamente, l’uomo che ha scritto “Shining” non è lo stesso che ha scritto “Doctor Sleep”. Sono passati molti anni, la scrittura di King si è modificata e i tempi sono cambiati. Questo si respira anche nel nuovo romanzo, che ha un modo di procedere e un carattere molto contemporaneo, in contrasto con le atmosfere anni ’70 che si respiravano all’Overlook Hotel.
Questo giusto per tenere buoni i puristi che avranno storto il naso al pensiero di un seguito di una pietra miliare nella storia dell’horror. King ha semplicemente risposto all’impulso di conoscere cosa è successo al piccolo Danny una volta cresciuto. “Doctor Sleep” è un romanzo a sé stante, leggibile anche senza aver gustato il capolavoro che l’ha preceduto.
Non mi soffermo sull’abilità di King nel tratteggiare personaggi e situazioni, non ce n’è bisogno. Voglio però sottolineare il coraggio dell’autore nel recuperare un “buono” per antonomasia e ficcarlo a testa in giù dentro una delle vite più schifose che ci si possa sognare per un bambino speciale e coraggioso. L’alcol che ha irretito e tradito suo padre ha chiesto di pagare dazio anche a Danny, imprigionandolo nella stessa maledizione e quasi cancellando tutti i suoi doni, ivi compresi l’intelligenza fuori dal comune e il buon cuore.
Danny è diventato un perdente, un rifiuto della società che avrebbe deluso sia la madre, ormai morta, che l’amico Halloran, perso di vista da un pezzo. Nessun lavoro che duri più di qualche giorno, la bottiglia sempre accanto, droga quando capita e ogni tanto una rissa scatenata da quella stessa nebbia rossa che ha fatto di suo padre uno dei mostri dell’Overlook. Un fallimento su tutta la linea. Chiunque sarebbe stato più clemente con un proprio, affezionato personaggio. Non King. La realtà fa quasi sempre schifo, e Daniel Torrance non si sottrae al calcolo delle probabilità.
Tirarsi fuori dalla palude e cercare di non morire prima dei quarant’anni prevede un cambio di domicilio, di frequentazioni, un impegno costante e senza sconti. Un vero e proprio riaddestramento presso la Alcolisti Anonimi, un lungo percorso di accettazione di se stessi e dei propri errori. E’ in questo che brilla il vero coraggio di Dan. Affrontare i mostri, salvare bambine in difficoltà, è certamente straordinario. Eppure, di solito il vero coraggio si dimostra nei piccoli gesti della vita di tutti i giorni. Nelle rinunce. Nel tener duro quando si vorrebbe solo annegare. Nell’offrire a chi sta peggio di noi la nostra presenza e il nostro aiuto, anche se fa soffrire. King è sempre un maestro nel tratteggiare persone vere e non stereotipi bidimensionali.
Abra è la versione del 2000 di questo bambino speciale ormai diventato grande. I suoi poteri sono immensi; la spaventano, ma le danno anche una sensazione di potenza che Danny non possedeva e che la rendono più arrogante e spericolata, meno capace di suscitare istinti protettivi. In alcuni momenti, anzi, perfino chi la aiuta è spaventato dalla forza che può mettere in campo e dall’aggressività senza freni con cui affronta chi la attacca. Un prodotto della società contemporanea, che rende i bambini molto meno innocenti di un tempo.
Come sempre, King si sbizzarrisce nel creare i “cattivi”, mostri che si nascondono tra noi travestiti da normali esseri umani. Peggio, un tempo lo erano davvero! Ora, cambiati dall’essersi nutriti dello “shining” come un vampiro del sangue, ne conservano le fattezze ma non la mentalità. Si spostano con camper superaccessoriati, sono ricchissimi e potenti, vivono in una tribù elitaria che gira gli Stati Uniti alla ricerca del cibo che li terrà sempre giovani. Un orrore subdolo perché celato sotto spoglie innocue, sadici torturatori di bambini speciali che non provano nulla verso le vittime ma sono ancora capaci di sentimenti l’uno per l’altro.
Una storia che forse si ammorbidisce troppo sul finire, ma che costringe a divorare una pagina dopo l’altra, come il Re ci ha abituati.
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E poi ci si chiede se davvero li scrive tutti lui…
Del miglior Stephen King ho sempre amato la capacità di inventare personaggi autentici che, con un geniale dosaggio di debolezze, virtù e linguaggio sembrano davvero continuare una vita propria anche quando non sono presenti sulla pagina. Oppure quando il libro finisce e ognuno di loro (almeno tra quelli sopravvissuti) è abbandonato al proprio destino. E’ il caso di Danny Torrance, sul quale insistentemente, e da tempo, i fan del “Re” chiedevano notizie.
Gli ultimi trent’anni di Dan fino ai giorni nostri compongono la prima parte del romanzo. Un racconto toccante che ci restituisce un alcolista cronico sull’orlo dell’autodistruzione, il cui riscatto è però ora necessario affinché possa compiersi uno dei temi cari a King, lo scontro in squadra tra Bene e Male. Questa volta coinvolgendo una ragazzina speciale la cui potente luccicanza è unica al mondo, un dono che da gioco si rivela essere anche una maledizione.
I classici temi Kinghiani ci sono quasi tutti: il passaggio all’età adulta, la comunità della provincia americana, l’alleanza, l’amicizia, il legame genitoriale, e tanta propaganda contro l’alcolismo. Quello che sorprende è una certa piattezza. Me ne ricordo solo un paio, di sani colpi di scena; perfino chiudere il libro a fine capitolo è stato più facile del solito, senza quella bramosia bulimica che fa tirare le ore piccole.
Insomma, senza svelare nulla, dall’iperannunciato seguito di Shining mi aspettavo decisamente qualcosa di più adrenalinico e originale, almeno per quanto riguarda i personaggi del Vero Nodo, creature un po’ ridicole e molto meno inquietanti dei fantasmi dell’Overlook Hotel. Infatti è proprio quando questi ultimi riemergono dal passato che avvengono i passaggi più spaventosi.
Non saprei davvero se consigliarlo o meno. Forse lo consiglierei solo ai fan più affezionati come me, per collezionismo e perché si formino un proprio parere (è un sequel che tende a dividere). Per tutti gli altri resta comunque una lettura trascinante, che fa mantenere alta la guardia fino alla cruciale resa dei conti… questa sì, insolitamente per King, molto più appassionante di molte altre.
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Welcome back psichedelico Stephen King...
Ho letto questo libro in pochi giorni, perché è una storia che ti prende e ti trascina fino all'ultimo nel delirio e nella follia del mondo di Stephen King.
Ancora una volta, uno degli scrittori più famosi del mondo, fa centro!
Se conoscete come scrive , sapete che scrive svariati tipi di romanzi.
Questo lo definirei un thriller con note fantasiose tipiche di Stephen King. Quella magia e quegli esseri che spesso possiamo trovare nei suoi libri, ci portano ad apprendere di una realtà parallela alla nostra, che pero lui decide di affrontare seriamente e che non ti porta a pensare con superficialità all'aspetto magico del libro.
Non voglio rivelarvi niente della trama perché è tutta da scoprire ma vi dico solo che questo libro è il seguito di Shining, ma attenzione non del film bensì del libro.
Se di Shining si è visto solo il film, leggendo Doctor Sleep viene voglia di leggersi anche il libro di Shining, perché si capisce che nel libro rispetto al film hanno omesso molte parti importanti per la comprensione della storia e del mondo del protagonista.
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Branca-branca-branca… Leon-leon-leon!
Il sequel di Shining ha stimolato in me una pluralità di idee e di reazioni.
Così ho suddiviso i miei commenti per tematiche: (molti) vizi e (poche) virtù dei sequel, il fascino indiscreto del “paranormal horror” imputabile alla luccicanza, l’interpretazione che il Doctor Sleep fornice all’eutanasia…
In questo commento mi soffermerò sulla gang dei nemici che devono affrontare i luccicanti Dan-Doctor Sleep (sì, proprio lui: il bimbo in triciclo, ormai cresciuto, ma sempre figlio del fulminato Jack Torrance-Nicholson) e Abra, la bambina prodigio che ha i medesimi, spettacolari poteri telepatici di Dan.
Una regola essenziale del romanzo d’azione è la seguente: quanto più il nemico è forte (intelligente, scaltro, potente…), tanto più risalterà la figura del protagonista eroe. Stephen King trasgredisce questa regola (ovvio, a lui tutto è consentito) e imposta il remake di Shining ingaggiando il conflitto tra eroi luccicanti e… un’armata Brancaleone!
Il “Vero Nodo” (così si chiama il gruppo di mostri) ha infatti caratteristiche al limite del grottesco: in tutto il romanzo si respira la miscredenza di King, quasi egli fosse il primo a non credere alle fandonie che va raccontando.
Il gruppo del vero Nodo è capitanato da Rose, la donna con il cilindro (“il cappello sulle ventitré”), e opera per mano di Papà Corvo e Andi Serpente.
Le creature degenerate si celano sotto mentite spoglie (“L’America è un organismo vivente, le statali e le autostrade sono le sue arterie, e quelli del Vero Nodo le percorrono come un virus silenzioso”) e sono inquiete per via del nutrimento di cui necessitano (“Dovevano trovare un bel po’ di vapore e riempire almeno qualcuno dei vuoti”). Naturalmente sono cannibali proprio come la strega di Hansel e Gretel (“Come migliaia di altri ragazzini sfortunati, era stato inghiottito in un solo boccone”), hanno una strategia di razionamento del cibo (“Noi li ammazziamo quando le bombole scarseggiano o li sottoponiamo al cambiamento se possiedono qualche dote che può tornarci utile…”) e orientano le loro aggressioni su una fascia privilegiata della popolazione americana (“I ragazzini con la luccicanza sono le loro prede… I diavoli vuoti infestano il mondo peggio di un cancro”).
In pratica assomigliano ai più celebri vampiri (“Loro si fanno chiamare il vero Nodo. Per la maggior parte sono vecchi e si comportano tipo vampiri”), ma da questi si differenziano in modo netto (“Di giorno non dormono dentro le bare, di notte non si trasformano in pipistrelli… ma sono dei parassiti e di certo non sono umani”).
La loro crudeltà (“Prima di ucciderli, li torturano. Per purificare il loro vapore…”) viene castigata da un banale incidente di percorso (“Sono malati… hanno il morbillo”), che credono di risolvere con il più efficace degli antidoti (“Sono convinti che il supervapore di Abby sia in grado di curarli”).
Orrore degli orrori: il loro quartier generale è il luogo ove un tempo sorgeva l’Overlook, lo spettrale albergo che fu teatro della follia di Jack Torrance- Nicholson, (“E dove sarebbe questo Vero Nodo?... In Colorado… a Sidewinder, nel campeggio Bluebell”).
La pantomima è esaltata dai nomi ridicoli dei componenti il branco: i gemelli Piso e Pisello, Terri Acciuga, Leccapiedi, Jimmy Pitagora, Phil Sozzone, Annie Grembiule e Doug Gasolio…
Non bastassero i nomi, questi Twilight di serie B sono indisciplinati e riottosi: “Gas li aveva convinti che non ci si poteva più fidare di Rose…”
Il romanzo, beninteso, è divertente e non deluderà i fan del Re.
Io rimpiango la malinconica inclinazione che King sembrava aver imboccato con Joyland…
Bruno Elpis
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siamo lontani dall'Overlook hotel
Stavolta il maestro del thriller horror mi ha deluso un po'. Il dottor Sleep è ormai lontano dai tempi di Shining, nonostante questo libro sia il seguente. A mio parere sono due cose diverse. Qui la storia comincia piuttosto lenta, poi mentre si va avanti l'autore riesce a far vedere il suo valore di narratore. Non capisco il motivo per cui deve essere il proseguo del Sgomina, quando non c'è nulla in comune con quello precedente... a parte Dan cresciuto e che fa una vita da randagio. Ho trovato un po' fittizia questa famiglia di vampiri che gira in camper a fare malanni in giro. Il libro è piacevole perché la tecnica è unica e lo stile molto incalzante, ma, a parere mio, il grande King non è quello di una volta. Lo consiglierei, comunque, con tutto il marciume di libri gialli che ci sono in giro.
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Maledetta luccicanza!!!
L'inizio del libro non è stato esaltante, però nello snodarsi della storia, diviene sempre più interessante.
Nella storia che è la continuazione di "Shining", emerge la figura tormentata di Dan, un giovane afflitto da incubi, visioni di defunti che gli appaiono suo malgrado e deliri, per via della "maledetta luccicanza", potere che è simile alla nostra medianità e sensitività occulta...
Afflitto da questo potere che non riesce suo malgrado a controllare, Dan sprofonderà nell'alcolismo, tentando invano di sfuggire ai suoi fantasmi, con i quali deve combattere ogni giorno...
In relazione con lui emerge la figura di una ragazzina, Abra dotata di medesimi poteri nelle mani di una famiglia allibita e non i grado di gestire i fenomeni che ella inconsciamente scatena...e una setta di vampiri energetici, denominata "Il nodo" che gira con il camper spargendo morte in zone recondite dell'America in cerca di misteriosi "Vapori" che li aiutino a sopravvivere e forse a vivere in eterno.
Dopo una lenta e faticosa maturazione Dan approda a una casa di riposo dove imparerà a utilizzare i suoi poteri per il bene degli anziani, per favorire il loro trapasso, per vincere la loro paura della morte, per aiutarli a passare a miglior vita nel modo meno traumatico possibile.
In questo contesto e grazie alla sua pietosa attività di mediatore con la morte, Daniel viene denominato il "Dottor sonno", un'attività che lo rende finalmente riconciliato con il suo potenziale magico, rendendolo finalmente un dono a servizio degli altri....gli anziani, i più deboli, coloro che comunque hanno bisogno del suo aiuto...
Un triller avvincente e nello stesso tempo commovente per coloro che volessero cimentarsi in questa lettura.
Lo consiglio soprattutto agli amanti del genere thriller.
Emozionante, avvincente, commovente...spaventoso e irrazionale come tutte le letture di King.
Saluti.
Ginseng666
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..Non c'è nulla di cui aver paura...
Mi dispiace dirlo..ma stavolta il Re, a mio parere, ha commesso un errore.
Perché, soprattutto a così tanti anni di distanza, è un'impresa titanica trovare un degno seguito a un'opera monumentale quale "The Shining"...ci vuole una trama coi fiocchi e spunti in gradi di tener testa alla qualità dell'opera di riferimento e questo non è certo il caso di Doctor Sleep.
E' vero, gli ingredienti per un thriller/horror di buona fattura ci sono, ma risultano poco incisivi e con scarso mordente, niente a che vedere con la suspance e il terrore che regnava ai tempi dell'Overlook Hotel.
Inoltre, gli elementi che collegano tra loro i due romanzi sono assai pochi e risultano quasi essere un mero pretesto per reputarli un il seguito dell'altro.
Cambiasse il nome del protagonista (Daniel Torrance) e la luccicanza venisse chiamata semplicemente "telepatia" potrebbe essere benissimo una storia a sè.
Lo stile dell'autore è come sempre di alto livello, capace di trascinare il lettore all'interno delle vicende narrate e catapultandolo fra le righe della sua creazione senza però avere quel tocco speciale da renderlo inconfondibilmente "alla King" - e forse qui nasce il sospetto dell'ausilio di qualche ghostwriter...
Resta comunque sia una piacevole lettura, a tratti commovente e a tratti agghiacciante, come del resto quasi tutti i romanzi dell'autore del Maine e mi sento di consigliarlo anche a chi non ha letto il capitolo precedente, essendone profondamente slegato, un mondo a sé stante.
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Doctor Sleep
Attesissimo sequel del classico The Shining il romanzo segue la storia del figlio di Jack Torrence, protagonista di The Shining ( e chi riesce a vedere qualcun altro a parte Jack Nicolson in quella parte????) . Il figlio Dan alle prese con i demoni del passato e con un incombente terribile pericolo nell’immediato futuro. Gli elementi tipici di Stephen King ci sono tutti: caratterizzazione dei personaggi principali, flashforward e flashback, sequenze oniriche, trame parallele che si intersecano per ricongiungersi al momento giusto, narratore onnisciente che centellina le informazioni al lettore o sapientemente le nasconde, interruzioni in medias res della scena in modo da lasciare in sospeso chi legge, godibilissima trama e horror al punto giusto…
Doctor Sleep deve essere considerato un buon romanzo tra tanti di King ( io li ho letti tutti tranne i fantasy) ma come quasi tutti i sequel non ricrea le atmosfere e il fascino del classicissimo primo romanzo.
Da leggere per chi ama Stephen King
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Doctor Sleep: il ritorno di Dan
Ci siamo.
L’attesa è stata finalmente premiata.
Dopo 36 anni dall’uscita di Shining, il più grande autore di horror degli ultimi anni, Stephen King, regala ai suoi milioni di fan sparsi in tutto il mondo il seguito più atteso ed acclamato, Doctor Sleep (Sperling & Kupfer, 2014) che in America, subito dopo la sua uscita, si è immediatamente piazzato al primo posto in classifica.
Il cuore comincia a battere forte aprendo le prime pagine, ricordando scene mai dimenticate, ritornando con la mente e con l’anima di nuovo in quel corridoio, dietro quel piccolo e indifeso bambino di nome Dan Torrence che adesso è diventato un uomo, un alcolista, un disadattato perché il suo dono, la luccicanza, è diventato la sua più grande malattia. Ma noi ci siamo, siamo di nuovo qui, esattamente dove King ci ha lasciato: fuori dall’Overlook Hotel, mentre osserviamo, impauriti e nello stesso tempo sollevati, l’allontanamento di Dan e di Wendy, dopo che sono riusciti a scampare alla follia omicida del malefico Jack.
Mentre l’Hotel brucia tra le fiamme, ci resta negli occhi e nella mente lo sguardo di colui che in quello stesso hotel è impazzito, rapito dai suoi stessi fantasmi, colto dalla disperazione e della solitudine, facile preda dei demoni e delle paure più recondite. L’immagine di Jack Nicholson diretto magistralmente da Kubrick nell’adattamento cinematografico di Shining si confonde con le righe scritte da King in un miscuglio di paura e terrore, di consapevolezza e brivido, perché niente di quel libro come del film può essere dimenticato.
Ed eccoci allora di nuovo faccia a faccia con Dan, alle prese con la sua vita fatta di disperazione e tentativi di sopravvivenza. Dopo la morte del padre e della madre per un cancro, Dan cade nell’alcolismo esattamente come Jack e butta in questo stato pietoso gran parte della sua vita, minacciato continuamente dai fantasmi dell’Overlook Hotel che non lo abbandonano mai, neanche quando fugge lontano, ritirandosi in una piccola cittadina del New England.
Sarà proprio lì che con l’aiuto degli Alcolisti Anonimi e dopo un lungo processo di cura che guarirà dall’alcolismo ma non dalla luccicanza.
Non può guarire da quello che tutti considerano un dono, non può scrollarselo di dosso soprattutto perché attraverso di esso riesce a trovare uno scopo, un motivo per la sua fino ad allora inutile esistenza. Trova lavoro come inserviente in una clinica per malati terminali e sarà proprio in quel contesto che metterà a frutto il proprio dono: verrà chiamato Doctor Sleep, Dottor Sonno, perché aiuterà i pazienti al termine dello loro vita ad affrontare con serenità e pace l’ultimo passo verso l’abisso della morte.
Il suo dono, che è fatto di premonizioni, telecinesi e comunicazione a distanza, lo aiuterà a dare sollievo a queste persone donando prima di tutto a se stesso una parvenza di umanità. Dan ha dei poteri straordinari, li ha sempre avuti. Lo abbiamo conosciuto mentre da piccolo tentava invano di scrollarsi di dosso le visioni di quelle bambine morte che non smettevano mai di chiamarlo. La chiamata della morte, con i corridoi dell’hotel più famoso di tutti i tempi, mentre si riempivano di sangue, è fissa nella sua testa e batte, continua a battere come il suono insistente di un martello che lavora senza mai smettere. Dan non può superare quello che era, non può perché se lo porta dentro e il suo dono è anche la sua più grande dannazione. L’unica persona che può salvarlo da una fine dolorosa è Abra, una bambina di dodici anni che già appena nata si era messa in contatto con lui attraverso la telecinesi perché dotata del suo stesso dono.
Dan sarà chiamato a salvarla da un gruppo di uomini e donne apparentemente innocui, appartenenti al gruppo dei The True Knot, che vagano all’interno di un camper, di città in città, per cercare tutti i bambini con la luccicanza. Il loro scopo è quello di rapirli e poi torturarli perché soltanto attraverso la tortura i loro corpi producono una speciale sostanza che è linfa vitale per quella strana forma di vampiri.
Se Shining è stato un libro nel quale Stephen King ha raccolto horror, mistero, risvolti soprannaturali ma soprattutto riflessione su temi importanti come la paternità e la solitudine, Doctor Sleep non è da meno. Gli ingredienti sono gli stessi e c’è anche di più. E’ sbagliato fare un paragone tra i due testi, converrebbe leggerli senza aspettarsi qualcosa l’uno dall’altro perché entrambi hanno fatto la storia della letteratura. Insomma quello che oggi viene considerato come il seguito di Shining non ha deluso, anzi ha meravigliosamente sorpreso. Forse c’è meno sangue e terrore del primo, ma a questo cambiamento di stile, l’autore ci aveva già abituato negli ultimi romanzi.
Doctor Sleep affonda le mani nella testa di Dan, afferra tutti i suoi demoni, tutti i suoi fantasmi e li trascina fuori alla tiepida luce del sole. L’inevitabile lotta tra Bene e Male la fa da padrone perché è questa la storia. E’ questo quello di cui King vuole parlarci: la luccicanza come dono per guarire dalla solitudine. Dan si ritroverà padre psicologico di Abra recuperando la perdita terribile del suo stesso padre, la cui visione morente e folle non lo ha mai abbandonato. Come Shining è un libro che parla di diversità, così anche questo affronta le stesse paure e le stesse difficoltà ma in modo più profondo, più maturo. Anche i cattivi di questo libro non appaiono così tremendi come ci si aspetterebbe, anzi in alcuni momenti, nonostante la loro forza ed immortalità, appaiono pietosi, perché perdono la loro carica di superiorità e potenza che li renderebbe troppo inverosimili. Su tutto sembra regnare l’umanità, la saggezza e la consapevolezza che si può guarire da tutto. Stephen King è guarito dall’alcolismo e dalla droga in cui era piombato proprio quando scriveva Shining. Lo hanno guarito gli alcolisti anonimi, l’amore della famiglia e soprattutto il suo dono: la scrittura. Ed è proprio quello che avviene a Dan.
Guarirà grazie alla luccicanza. Guarirà perchè se il primo libro finisce con l’oscurità che prende il sopravvento mentre la follia e la morte strappano a tutti, anche ai sopravvissuti Dan e Wendy, la consapevolezza di poter vivere felici, Doctor Sleep ci dona una speranza di riconciliazione con noi stessi e con tutto ciò che ci portiamo dentro.
Ancora una volta il Re non ci ha traditi. Avevamo atteso Dan per troppo tempo e adesso, con un brivido e con un leggero tremore delle mani, possiamo chiudere il libro e tirare un respiro di sollievo. Ora è davvero finita.
Indicazioni utili
Il passato definisce il presente.
"Perchè quello era allora, questo è adesso; il passato è passato, ma definisce il presente"
In questa citazione c'è il riassunto di tutto il senso di questo libro.
Un libro che parla della redenzione di un uomo che ha toccato il fondo più volte ma che trova nel suo particolare "talento" la propria missione, ma per farlo dovrà affrontare l'incarnazione dei propri demoni, non solo passati, ma anche presenti ed affrontare le proprie nemesi per riprendere in mano la propria vita e fare una volta per tutte pace con il passato.
Narrativamente il romanzo si colloca fra quei romanzi
"fantastico/sovrannaturali" di King come possono essere "Insomnia" o "Il Miglio Verde", in cui il confine tra realtà e metafora molto spesso si fonde.
Inizialmente, per le prime 30/40 pagine non mi convinceva, essendo io stesso forse troppo ancorato alla fuorviante campagna pubblicitaria che lo sbandiera come "il sequel di Shining", costringendomi a leggerlo con quest'ultimo in mente, inizialmente.
Con lo svolgersi della lettura invece il romanzo ti cattura e non ti molla più.
L'ho finito in 3 gg scarsi di lettura, che è un record personale.
Non ha un momento di stanca, la storia si sviluppa senza crepe o lacune narrative, dispiace quasi chiuderlo perchè stai morendo dal sonno e non vedi l'ora di riprenderlo l'indomani per finirlo.
Ciò che un libro dovrebbe fare e King è maestro in questo.
Chi si lamenta (fan compresi) di una certa sua prolissità che lo caratterizza quasi sempre, qui si troverà abbastanza sorpreso nel trovare una narrazione senza fronzoli, asciutta, essenziale e "to the point".
Niente divagazioni, quello che viene narrato è utile alla trama e stop, nessuna lungaggine virtuosistica.
Inutile paragonare il libro ai capolavori della sua giovinezza o al "prequel" stesso, il King 66enne odierno è un autore che scrive in maniera più pacata e meno aggressiva di quando scriveva sotto i fumi di alcool e droghe, pur mantenendo certe accellerate narrative ed una vividezza che sono il suo grande talento.
Sicuramente un libro che non delude, che anzi si staglia al di sopra della media, che sfrutta personaggi (fondamentalmente uno dopotutto) del passato ma che non si limita a riproporre il "prequel" in una salsa diversa, ma offre una storia con degli sviluppi piuttosto originali, che sfiorano il grottesco (in senso positivo) nella caratterizzazione di certi personaggi e che coinvolge appieno il lettore.
Il Re è ben lungi dall'aver perso la sua verve.
Per questo è il RE.
P.S Secondo me ci sono anche dei riferimenti velati a certe teorie complottiste che chi ha Letto David Icke non potrà fare a meno di notare.
Oppure sono coincidenze, chi lo sa.
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