Dettagli Recensione
Me ne vado per un po'
C'e' un piccolo quadro nato nel '600 custodito a New York, raffigura un cardellino domestico, un uccellino legato da una catenella. Prigioniero del rumore, degli odori e dei malumori degli abitanti di un'anonima casa dai muri gialli, ti osserva guardandoti negli occhi. Le piume morbide, nessuna vilta' in quella testolina alta . Guarda proprio te che lo stai osservando , tu che forse sei piu' prigioniero di lui e come lui ti affanni a muovere le ali, senza mai alzarti verso il cielo.
Anche Theo vive a New York, finche' durante una visita al museo con l'amata mamma un attacco terroristico gliela strappa per sempre.
Ed ecco il nuovo Theo, la sopravvivenza di un tredicenne solo al mondo. Come quell'uccellino Theo legato alla vita da una catena sottile, che nonostante i vizi e le tendenze autodistruttive che lo segneranno da adolescente prima, da adulto poi, resta qui. In questo posto maledetto che gli ha tolto tutto eppure non lo ha privato di scintille che lo hanno scaldato anche nei momenti piu' bui. Un amico, un grande, silenzioso amore. L'affetto di un uomo che lo amera' come un figlio, la passione per l'arte e l'immortalita' delle cose belle.
IL CARDELLINO e' un romanzo corposo di novecento pagine, ma la narrativa di Donna Tartt e' talmente limpida, scorrevole ed amabile da rendere la lettura estremamente veloce e piacevole.
Dilata il tempo l'autrice, le descrizioni di luoghi e sentimenti sono tanto intense che se il tempo dilatato e' quello nella storia, inevitabilmente si dilata anche il tuo tempo, affondato nel racconto di un piccolo, disperato outsider.
Questo almeno a me e' successo nelle prime settecento pagine, amando il libro riga dopo riga, incrociando le dita perche' continuasse cosi' fino alla fine. E invece no. Il clima drammatico e fortemente problematico narrato con una penna cosi' delicata e suadente di colpo subisce una frenata e la fiction tipicamente americana irrompe e non risparmia nemmeno la signora Tartt.
I capitoli che seguono -seppur coerenti con la storia- si trasformano in una sorta di thriller in bilico su un filo spinato, Al Capone da un lembo e Bruce Lee dall'altro a dondolare una trama in picchi assordanti ( verso il basso ).
Peccato che peccato, avrei voluto scrivere il meglio e dare il massimo dei voti, assuefatta come ero alla malinconia di un ragazzino solo e dannatamente triste, una canzone di angeli e perle, il potere di un'opera d'arte e la magia di un uomo che resuscita un antico comò.
Un libro molto bello, una compagnia incantevole nonostante tratti di emarginazione e ragazzini allo sbando, il lungo canto di un violino solista con qualche brutta e inspiegabile stonatura sul finale.
Un poco arrabbiata, vi auguro buona lettura e' comunque molto bello viverlo, finche' dura.
Come Theo, come un uccellino di un quadro inestimabile essere liberi di essere felici, anche solo per un poco.
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Quel " c'e' anche un quadro di mezzo" e' un ' espressione pruriginosa dopo aver letto il libro, e' come per una madre vedere relegata dalla critica la figlia prima voce dopo un concerto ineccepibile a coretto in ultima fila.
Il cardellino e' con Theodore il protagonista del libro, un elemento importantissimo, poetico, tangibile, e' il libro stesso.
Aspetto il tuo commento che ( ti piaccia o meno il libro) sara' certamente meno precipitoso di quel giornalista.
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Corriere della Sera » Il Club de La Lettura » Libro » Il cardellino
Autore: Donna Tartt
Editore: Rizzoli
Voto: 110 e lode
Theo Decker è ancora un bambino quando perde la mamma in circostanze altamente drammatiche: un attentato terroristico al Metropolitan Museum di New York. Il trauma e il senso di colpa da quel momento segnano la sua vita. Comincia così l’imponente romanzo di Donna Tartt che è un romanzo come non se ne scrivono più, di quelli che scriveva Dickens, di quelli che scriveva Saul Bellow per citare un’epoca più prossima. Theo viene affidato temporaneamente ai Barbour, ricconi molto snob di Park Avenue. Ma non ha nemmeno il tempo per ambientarsi che riappare dal nulla in cui era scomparso, quando aveva abbandonato di punto in bianco la sua famiglia, il padre di Theo in compagnia di una certa Xandra (la quale si raccomanda di scrivere il suo nome con la «X» e non con la «S» e, credo, non ci sia miglior biglietto di presentazione per lei). Il padre, ex aspirante attore, alcolizzato e giocatore d’azzardo, ha deciso di fare il suo dovere e di portare Theo a vivere con lui (a Las Vegas). Quello di Donna Tartt è un grande romanzo americano (di quelli che non se ne scrivono più e, quindi, non come quelli scritti da Franzen, Foster Wallace o Eugenides) ma a Las Vegas (e si apprezzi l’ironia) il grande romanzo americano di questa eccelsa (e, direi, quasi unica) scrittrice diventa un grande romanzo russo. Non solo per il personaggio di Boris, l’amico per la pelle di Theo, ma per tutto quello che l’aggettivo «russo» comporta quando si parla di anima, tentazione, dissipazione e tormento. La storia (che è appena all’inizio) avrà ancora molte svolte (c’è un quadro di mezzo, il capolavoro di Carel Fabritius che dà il titolo al romanzo), molte avventure (amorose e criminali), molte tragedie. E tutto si svolgerà all’ombra di una minaccia perennemente in agguato che leverà il respiro e la pace ai lettori. È un libro che stabilisce un primato del mondo in letteratura.
Antonio D’Orrico