Dettagli Recensione
Alta velocità e meditazione lenta
Vagoni, treni, binari, orari, attese, incroci, avvistamenti, il ritrovamento di due corpi senza vita su una spiaggia nel lontano Kyushu, un complesso rompicapo da risolvere.
Il probabile suicidio di una coppia dopo un lungo viaggio condiviso e un’ attesa durata cinque giorni, odore di avvelenamento, quale il movente di un’ indagine archiviata prematuramente, un dubbio tra i binari in attesa di un treno visibile solo per pochi istanti, un incontro apparentemente casuale, forse organizzato, l’ inizio di un’ altra storia, una serie di viaggi tra le isole dell’ arcipelago giapponese inseguendo flebili tracce che possano incriminare un sospettato insospettabile.
Due funzionari di polizia impegnati nella ricerca, il giovane investigatore Mihara supportato dall’ esperto Torigai, niente di accidentale, un intricato puzzle che sfugge a definizione certa.
Otoki e Sayama, quale l’ identità dei suicidi, il motivo del loro gesto, un’ intrattenitrice di un locale di Tokyo e un funzionario ministeriale, che si tratti di una relazione nascosta, complessa, pericolosa, di un’ amicizia di lunga data, di semplice conoscenza, di un tranello costruito ad arte nel quale cadere inesorabilmente ? Come sono giunti nel Kyushu, in coppia o separatamente, e per fare cosa, dirsi semplicemente addio?
La lenta ricostruzione di una trama inserita in una dimensione spazio-temporale di attesa, luoghi percorsi velocemente, coincidenze, particolari apparentemente insignificanti a separare una possibile messinscena dalla certezza di essere soggiogati e distratti dalle apparenze.
Un percorso di numeri, sensazioni, ipotesi da convalidare, di occhi indiscreti, nomi falsi, presenze-assenze, un probabile stato di connivenza, un amore tradito dalla certezza di una malattia invalidante, il lento e inesorabile sbriciolamento di una trama apparente.
Una certa solitudine meditativa scivola nella velocità degli spostamenti, pochi indizi, pochi protagonisti, intrecci pericolosi, la freddezza relazionale nella lentezza situazionale, certezze indimostrabili, un film orchestrato attorno a un orario ferroviario ricordato perfettamente, coincidenze, ritardi, viaggi, presunti, effettivi, mancati, uno stato di evidenza, ciò che è non è come sembra, c’è dell’ altro, nascosto, costruito, successo.
Tokyo Express è un buon giallo scarnificato con un finale privo di suspense che vive su un complesso giuoco di incastri, probabilmente eccessivi nel proprio tecnicismo, su un macabro evento orchestrato scrupolosamente, su una costruzione mentale alla ricerca di una valenza in un campo indiziario circoscritto agli spostamenti di Mihara, tra digressioni protratte, creazioni fantasiose e deduzioni brillanti sulle tracce di un assassino e dei propri complici.
È una peregrinazione ad alta velocità nel cuore di un Giappone infettato da una corruzione dilagante, tra maschere di non appartenenza, tradizioni rafforzate dall’ apparenza, una sottile linea oscura che richiama pazienza per afferrare l’ inafferrabile, l’ ovvio sovente nasconde tenebrose presenze.