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Che voglia di Kanelsnegle!
Circa un anno e mezzo fa ho scoperto la prosa di Engberg con il murder mystery "Il guardiano dei coccodrilli", un titolo che mi aveva decisamente stupito in positivo. Non ho però recuperato subito gli altri volumi di questa serie dedicata alla coppia di poliziotti danesi Jeppe ed Anette perché era stato tradotto il terzo ma non il secondo, ed ingenuamente speravo che si trattasse soltanto di un disguido riguardo all'ordine di pubblicazione. Dopo questa infruttuosa attesa posso dare per certo che non si tratta affatto di un disguido: la CE italiana ha chiaramente fatto suo l'errore di quella statunitense, ignorando "Blodmåne" e trasformando questa pentalogia in una tetralogia.
Dopo aver sventolato bandiera bianca di fronte a quest'inspiegabile scelta editoriale, sono quindi approdata ad "Ali di vetro", in cui lo sbalzo temporale di oltre un anno tra primo e terzo capitolo si nota soprattutto per la trasformazione di Anette Werner in neomamma di una bimba senza nome. Rimasto orfano della sua storica partner, l'assistente di polizia Jeppe Kørner si trova a dover indagare in autonomia su un nuovo caso bizzarro, quello del cadavere di una donna rinvenuto nell'isola pedonale di Strøget, in particolare nell'acqua della fontana al centro di Gammeltorv, la più antica piazza di Copenaghen. Oltre alle loro due prospettive, il volume può vantare un discreto numero di POV tra i quali quello dell'aspirante scrittrice Esther de Laurenti, già comparsa nel primo romanzo.
L'intera vicenda copre poco meno di una settimana nell'autunno danese, tanto cupo quanto suggestivo, che Engberg è estremamente capace nel rendere su carta: la sensazione di trovarsi al fianco dei suoi personaggi è palpabile. Personaggi che rappresentano parimenti uno dei punti a favore del volume, per merito di una caratterizzazione molto attenta e ben equilibrata all'interno di una storia in cui la trama la fa da padrona per ovvie ragioni. Rispetto al primo libro, sono poi riuscita ad apprezzare maggiormente i caratteri maschili, in particolare Jeppe sul quale è stato fatto un bel lavoro di maturazione personale e relazionale; ho trovato parecchio toccanti i suoi confronti nel finale con la madre e con Sara.
Seppur il suo punto di vista sia stato messo un po' da parte, mi è piaciuto anche il contributo di Anette alla risoluzione del mistero, ma soprattutto la sua presa di consapevolezza del nuovo ruolo che si trova a ricoprire ed i piccoli scorci sul suo rapporto con il marito Svend. La sottotrama dedicata ad Esther, per quanto sia altrettanto gradevole dal punto di vista emozionale, mi è sembrata invece troppo slegata dal resto della storia: vederla interagire con Gregers è sempre divertente, ma i pochi elementi che avrebbero potuto unire la sua vicenda all'indagine di Jeppe si dimostrano inconsistenti.
Un altro piccolo difetto -che comunque non inficia a mio avviso la godibilità della lettura- è rappresentato dall'accavallarsi di tanti POV all'interno di un solo capitolo; si rimane così un filino spiazzati dai frequenti cambi di scena, specialmente quando l'impaginazione fa in modo che non si riesca neppure a capire che un cambio c'è stato. In realtà a parte il problema relativo alla mancata pubblicazione del secondo capitolo, non ho particolari critiche verso l'edizione, che anzi merita una virtuale pacca sulla spalla per aver scelto di tradurre il testo dall'originale danese: visto com'era stato imitato l'errore della CE statunitense, temevo che la traduzione fosse passata attraverso l'inglese prima di approdare all'italiano!
I veri punti di forza di questa lettura sono però il suo intreccio e la gestione delle tematiche. Per quanto riguarda il primo, abbiamo una partenza in medias res molto coinvolgente che si sviluppa in un crescendo di misteri e prospettive non sempre attendibili; superficialmente sembrerebbe infatti facile individuare l'assassino come lettori, ma la cara Katrine è stata davvero brava nel bilanciare le rivelazioni, facendoci arrivare inconsapevoli al colpo di scena finale. Altrettanta bravura l'è servita per trattare un argomento delicato come quello della malattia mentale, un aspetto nel quale ha saputo evitare gli stereotipi senza per questo dipingere un contesto inverosimile nella sua positività. Un lavoro ben svolto, che raggiunge in suo apice nella scrittura dei personaggi di Isak e Marie.